CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 maggio 2015
443.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 6

SEDE REFERENTE

  Martedì 12 maggio 2015. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Intervengono la ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Maria Anna Madia, e il sottosegretario di Stato per la semplificazione e la pubblica amministrazione, Angelo Rughetti.

  La seduta comincia alle 13.50.

Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
C. 3098 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, avverte che, per l'intero esame del disegno di legge in titolo, il deputato Rosato è sostituito dal deputato Carbone, nominato relatore, e che la deputata Lombardi sostituisce la deputata Federica Dieni.

  Ernesto CARBONE (PD), relatore, riferisce sul disegno di legge di cui oggi la Commissione inizia l'esame, che reca una organica riforma della pubblica amministrazione. Ricorda che esso è stato presentato al Parlamento nel mese di luglio del 2014, a chiusura di una consultazione pubblica lanciata con una lettera aperta ai dipendenti pubblici e ai cittadini.
  Il disegno di legge, collegato alla manovra di finanza pubblica e già approvato dal Senato, è composta da 18 articoli, che contengono prevalentemente deleghe legislative da esercitare nei dodici mesi successivi all'approvazione della legge.
  Tale disegno di legge si inserisce all'interno del più complessivo processo di riforma dello Stato che si sta attuando: la riforma del titolo V della Costituzione, l'attuazione della legge n. 56 del 2014 (cosiddetta legge Del Rio) e la riforma della pubblica amministrazione, appunto, rappresentano tasselli di un unico disegno complessivo di cambiamento della Repubblica.
  La pubblica amministrazione è l'insieme di attività a presidio degli interessi pubblici. Da questo elemento occorre partire per comprendere la ratio della riforma che non è rivolta esclusivamente ai 3 milioni di lavoratrici e lavoratori pubblici ma è una riforma per 60 milioni di italiani.
  Questa è la chiave di lettura fondamentale per descrivere i singoli provvedimenti contenuti nella riforma e il filo rosso che tiene insieme ambiti e settori apparentemente distanti e diversi tra loro.
  Il primo grande cambiamento è dunque nell'approccio: non una riforma di settore, ma una «riforma Paese». La riforma, infatti, tocca tutti gli aspetti dell'amministrazione, sono 15 articoli e 11 grandi materie oggetto dei decreti attuativi che saranno successivamente esaminati dal Parlamento.
  Interventi che si muovono lungo una precisa direzione, quella di creare una pubblica amministrazione più democratica, più semplice e più competente.
  Passando all'esame del contenuto del disegno di legge, sottolinea come esso si apra con la delega al Governo in materia di erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni con la finalità di garantire: il diritto di accesso dei cittadini e delle imprese ai dati, documenti e servizi di loro interesse in modalità digitale; la semplificazione dell'accesso ai servizi alla persona, riducendo la necessità di accesso fisico agli uffici pubblici. Nell'immaginario collettivo, ancora oggi la parola digitale richiama l'idea di una materia per «addetti ai lavori», tanto più in una pubblica amministrazione caratterizzata storicamente da profili giuridico/amministrativi. Ma questa è una visione vecchia, che non risponde a ciò che i cittadini ormai sperimentano nella loro vita quotidiana. La filosofia dell'intera riforma della pubblica amministrazione, in sintonia con le altre riforme richiamate, è quella di consegnare ai cittadini uno Stato meno complicato, meno farraginoso, uno stato Pag. 7più semplice e, quindi, più veloce ed efficace nella sua azione a beneficio della collettività. Quella che immaginificamente si definisce «rivoluzione digitale» non è quindi solo uno strumento, ma il modo in cui deve trasformarsi la pubblica amministrazione per offrire servizi migliori a 60 milioni di italiani che sono i veri destinatari della riforma. Un accesso ai servizi rapido, trasparente e uguale per tutti è un fatto di democrazia prima ancora che di modernità. Il vero obiettivo è perciò la rivoluzione digitale nell'erogazione dei servizi ai cittadini, ribaltando la logica: ricevere servizi in modalità digitale non è solo un dovere in capo all'amministrazione, ma un diritto riconosciuto al cittadino. La previsione di un domicilio digitale per cittadini e imprese; standard minimi per la fruizione e accessibilità dei servizi in modalità digitale e sanzioni per le amministrazioni; ridefiniti in chiave digitale i procedimenti amministrativi (cosiddetto digital first).
  A tal fine, i decreti legislativi dovranno modificare e integrare il codice dell'amministrazione digitale (CAD), approvato con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, con invarianza delle risorse disponibili a legislazione vigente. Il termine per l'esercizio della delega è fissato in dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
  L'esercizio della delega è subordinato al rispetto di una dettagliata serie di principi e criteri direttivi. Un primo gruppo di principi e criteri direttivi introduce una serie di misure volte a favorire l'accesso dell'utenza ai servizi delle amministrazioni pubbliche in maniera digitale. In particolare, è prevista la definizione di un livello minimo delle prestazioni in materia di servizi on line delle amministrazioni pubbliche, la piena applicazione del principio «innanzitutto digitale» (cosiddetto digital first, in base al quale il digitale è il canale principale per tutte le attività delle pubblica amministrazione), il potenziamento della connettività a banda larga e ultralarga e dell'accesso alla rete internet presso gli uffici pubblici, la partecipazione con modalità telematiche ai processi decisionali pubblici, l'armonizzazione della disciplina del Sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale (SPID) volto ad assicurare l'utilizzo del cosiddetto PIN unico, la promozione dell'elezione del domicilio digitale.
  Un secondo gruppo attiene alla riforma dei processi decisionali interni alle pubbliche amministrazioni. Essi dispongono, in particolare, la razionalizzazione dei meccanismi e delle strutture di governance della digitalizzazione, la semplificazione dei procedimenti di adozione delle regole tecniche, la ridefinizione delle competenze dell'ufficio dirigenziale generale unico istituito nelle pubbliche amministrazioni centrali con funzioni di coordinamento in materia di digitale.
  Un terzo gruppo di principi e criteri direttivi, infine, riguarda la formulazione dei decreti delegati, prevedendo il coordinamento con la normativa vigente e l'indicazione espressa delle norme abrogate.
  Un secondo importante obiettivo del disegno di legge è quello di promuovere l'unità dell'amministrazione e la semplificazione dell'azione amministrativa. Non è solo un problema di conflitti tra diversi livelli istituzionali, ma spesso anche di uffici dello stesso livello che non si parlano o si ostacolano tra loro. È come se la nostra Repubblica fosse composta da mille amministrazioni diverse. Questo rende complicato il rapporto tra privato e amministrazione, con ricadute anche economiche in termini di investimenti che potremmo attrarre e che invece perdiamo.
  L'obiettivo è invece quello di ricomporre queste distanze; l'amministrazione deve muoversi come un corpo unico che agisce in modo coerente e funzionale agli interessi e ai bisogni dei cittadini che chiedono trasparenza, semplicità negli adempimenti e coerenza nelle decisioni.
  A tal fine l'articolo 2 reca una delega al Governo per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, da esercitarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge. I numerosi principi e criteri direttivi sono volti principalmente ad assicurare la semplificazione dei lavori e la certezza dei tempi. Pag. 8Essi prevedono, in particolare, la riduzione dei casi di obbligatorietà della convocazione della conferenza di servizi; la ridefinizione dei tipi di conferenza; l'introduzione di modelli di istruttoria pubblica per l'adozione di provvedimenti di interesse generale; la semplificazione dei lavori della conferenza, attraverso l'utilizzo di servizi strumenti informatici; la riduzione dei termini e la certezza dei tempi della conferenza; la revisione dei meccanismi decisionali, con la previsione del principio della prevalenza delle posizioni espresse, di meccanismi di silenzio assenso e di superamento del dissenso; l'introduzione di strumenti di composizione degli interessi pubblici in caso di partecipazione di amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, della salute o della pubblica incolumità.
  L'articolo 3 introduce nella legge sul procedimento amministrativo il nuovo istituto generale del silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche. Esso trova applicazione nelle ipotesi in cui per l'adozione di provvedimenti normativi o amministrativi sia prevista l'acquisizione di assensi, concerti o nulla osta di competenza di altre amministrazioni pubbliche. Queste ultime sono tenute a comunicare le rispettive decisioni all'amministrazione proponente entro 30 giorni (suscettibili di interruzione per una sola volta), decorsi inutilmente i quali, l'assenso, il concerto o il nulla osta s'intende acquisito.
  In caso di mancato accordo tra le amministrazioni coinvolte, il Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.
  La disciplina si applica anche nel caso di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cittadini; in tal caso il termine è di 60 giorni. Con riferimento a tale ipotesi, non sembrerebbe possibile l'intervento del Presidente del Consiglio.
  L'articolo 4 reca una delega al Governo – da esercitarsi entro un anno – per la precisa individuazione dei procedimenti volti all'emanazione di atti di autorizzazione, concessione o permesso comunque denominati, distinguendoli sulla base degli atti necessari per la formazione o sostituzione del provvedimento (segnalazione certificata di inizio attività-SCIA del privato, silenzio assenso dell'amministrazione, autorizzazione espressa dell'amministrazione, comunicazione preventiva del privato) e per l'introduzione di una disciplina generale delle attività non assoggettate ad autorizzazione preventiva espressa.
  L'articolo 5 introduce alcune modifiche alla disciplina della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), delimitando con maggiore precisione i poteri dell'amministrazione nei confronti dei privati in seguito all'avvio dell'attività. In particolare, si specifica l'obbligo dell'amministrazione di motivare l'invito a regolarizzare l'attività e di indicare al privato le misure da adottare. Sono inoltre tipizzate e limitate le determinazioni che la p.a. può adottare in via di autotutela.
  Inoltre, l'articolo interviene sulla disciplina generale del potere di annullamento d'ufficio, specificando che l'amministrazione può agire entro un termine di diciotto mesi (invece di un «termine ragionevole») dall'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, salvo che si tratti di provvedimenti conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato. In questo caso, infatti, l'annullamento può essere disposto anche una volta decorso il termine.
  L'articolo 6 reca una delega al Governo in materia di prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, avente come oggetto specifico l'introduzione di disposizioni integrative e correttive di due decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 190 del 2012 (la cosiddetta legge Severino o legge anticorruzione) relativi rispettivamente alla trasparenza degli atti e delle informazioni delle pubbliche Pag. 9amministrazioni (decreto legislativo 33 del 2013) e alla inconferibilità e incompatibilità di determinati incarichi presso le pubbliche amministrazioni (decreto legislativo 39 del 2013).
  Oltre a richiamare i principi e i criteri direttivi della legge n. 190, l'articolo in esame introduce quattro ulteriori principi. Due principi sono di carattere integrativo e sono volti alla precisazione dell'ambito di applicazione degli obblighi previsti ed alla semplificazione degli oneri (lettere a) e c)). Gli altri due principi, introdotti dal Senato, introducono fattispecie affatto nuove, quali la disciplina dell'accesso agli atti della p.a. dei membri del Parlamento (lettera b) e la riduzione del 60 per cento delle tariffe riconosciuta ai gestori delle reti telefoniche e del prezzo dei supporti relative alle intercettazioni (lettera d).
  L'articolo 7 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi entro la data di entrata in vigore della legge uno o più decreti legislativi per la riorganizzazione dell'amministrazione statale, mediante modifiche alla disciplina della Presidenza del Consiglio dei ministri, dei Ministeri, delle agenzie governative e degli enti pubblici non economici nazionali (comma 1).
  I principi e criteri direttivi della nuova delega presentano un contenuto tra loro parzialmente disomogeneo. In particolare: la lettera a) stabilisce principi e criteri che trovano applicazione nella riorganizzazione dell'amministrazione statale, sia centrale sia periferica: alcuni di essi rivestono carattere generale (come la riduzione degli uffici e del personale destinati ad attività strumentali e la soppressione o il riordino degli uffici e organismi disfunzionali) mentre altri riguardano specifici settori e/o amministrazioni. Tra questi ultimi, si segnalano: il riordino del FORMEZ PA; la razionalizzazione e il potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia al fine di una migliore cooperazione sul territorio; il riordino delle funzioni nel campo della sicurezza agroalimentare e del Corpo forestale dello Stato, con eventuale assorbimento dello stesso negli altri corpi di polizia; riordino dei corpi di polizia provinciale, in coerenza con la riforma delle province (legge n. 56 del 2014).
  La lettera b) indica principi e criteri riferibili esclusivamente alla riorganizzazione dell'amministrazione centrale, focalizzando in particolare il campo di intervento sul rafforzamento del ruolo di indirizzo e coordinamento del Presidente del Consiglio dei ministri e sulle conseguenti funzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tra i principi si prevede anche l'esame da parte del Consiglio dei ministri delle designazioni e nomine di competenza ministeriale, nonché una nuova disciplina degli uffici di diretta collaborazione e il rafforzamento delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio nella vigilanza sulle agenzie governative nazionali.
  La lettera c) prevede principi e criteri per la riorganizzazione delle amministrazioni competenti nel settore degli autoveicoli. La delega prevede in particolare la riorganizzazione delle funzioni oggi svolte dagli uffici del Pubblico registro automobilistico (P.R.A.) e dalla Direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
  La lettera d), con esclusivo riferimento all'amministrazione statale periferica, prevede la razionalizzazione della rete delle prefetture – UTG, mediante riduzione del numero delle prefetture e trasformazione della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo in Ufficio territoriale dello Stato, in cui confluiscono tutti gli uffici periferici delle amministrazioni civili dello Stato in modo da rappresentare il punto di contatto unico tra amministrazione periferica dello Stato e cittadini.
  La lettera e) prevede, tra i criteri di delega, la semplificazione e il coordinamento delle norme riguardanti l'ordinamento sportivo, nonché la trasformazione del Comitato italiano paraolimpico in ente autonomo di diritto pubblico.
  L'articolo 8 prevede una delega legislativa per la riforma dell'organizzazione, delle funzioni e del finanziamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Il decreto legislativo dovrà essere emanato entro dodici mesi Pag. 10nel rispetto di princìpi e criteri direttivi, tra cui: rideterminazione del diritto annuale, riduzione del numero delle circoscrizioni territoriali in cui le camere di commercio svolgono le loro funzioni (da 105 a 60), ridefinizione dei compiti e delle funzioni, riordino delle competenze relative alla tenuta e valorizzazione del registro delle imprese, definizione da parte del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Unioncamere, di standard nazionali di qualità delle prestazioni, riduzione del numero dei componenti dei consigli e delle giunte, e, infine introduzione di una disciplina transitoria che ne assicuri la sostenibilità finanziaria. Inoltre il decreto legislativo dovrà esser adottato su proposta Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e dal Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere della Conferenza unificata del Consiglio di Stato. Lo schema di decreto è trasmesso alle Camere per l'espressione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari.
  L'articolo 9 reca una delega al Governo per la revisione della disciplina in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, da adottare entro dodici mesi, sulla base dei principi e criteri direttivi ivi indicati.
  La nostra amministrazione è ricca di professionalità che non meritano di essere travolte dalla rappresentazione decadente che si da della pubblica amministrazione, perché le persone devono essere il motore del cambiamento.
  Per questo occorre valorizzare al meglio le competenze che abbiamo secondo un principio: le persone giuste, al posto giusto per un tempo giusto.
  Lavorare nel pubblico deve tornare ad essere un prestigio e una ambizione per i giovani.
  La dirigenza è un pezzo importante di questa riforma. La riforma fa una scelta chiara e netta sul modello di dirigenza: una dirigenza di ruolo e selezionata per concorso. Ma questa scelta deve essere resa compatibile con un modello di funzionamento diverso da quello che si è sin qui realizzato e che ha prodotto una sostanziale inamovibilità della dirigenza. L'obiettivo cui tende la riforma è creare un mercato del lavoro della dirigenza di ruolo, migliorando il sistema di valutazione che deve diventare il perno sul quale costruire i meccanismi selettivi. Dobbiamo avere un corpo unico della dirigenza della Repubblica, un mercato del lavoro competitivo con assegnazione degli incarichi sulla base di interpelli che tengano conto delle valutazioni ottenute dai dirigenti negli incarichi precedenti, senza più alcun automatismo di carriera.
  Per queste finalità è prevista, in primo luogo, l'istituzione del sistema della dirigenza pubblica, articolato in ruoli unificati e coordinati, aventi requisiti omogenei di accesso e procedure analoghe di reclutamento e fondati sui principi del merito, dell'aggiornamento, della formazione continua.
  Viene quindi disposta la realizzazione di tre ruoli unici in cui sono ricompresi, rispettivamente, i dirigenti dello Stato, i dirigenti regionali – inclusa la dirigenza delle camere di commercio, la dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio sanitario nazionale (SSN), esclusa la dirigenza medica, veterinaria e sanitaria del SSN – e i dirigenti degli enti locali, in cui confluiscono altresì le attuali figure dei segretari comunali e provinciali e fermo restando il mantenimento della figura del direttore generale negli enti locali di maggiore dimensione (cui compete l'attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente nonché sovrintendere alla gestione dell'ente).
  Nel nuovo quadro di riferimento, è previsto altresì l'obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale (in sostituzione del segretario comunale), con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Per i primi tre anni tale funzione Pag. 11è affidata a soggetti già iscritti nell'albo segretariale, confluiti nel ruolo dirigenziale locale.
  Saranno contenuti in una banca dati – tenuta dal Dipartimento della funzione pubblica, cui è affidata altresì la gestione tecnica dei ruoli – i dati professionali e gli esiti delle valutazioni relativi a ciascun dirigente appartenente ai tre ruoli unici.
  Contestualmente alla realizzazione dei suddetti tre ruoli unici, è prevista l'istituzione di tre commissioni: la Commissione per la dirigenza statale, con funzioni, tra le altre, di verifica del rispetto dei criteri di conferimento degli incarichi e dell'utilizzo dei sistemi di valutazione per il conferimento e la revoca degli incarichi; la Commissione per la dirigenza regionale e la Commissione per la dirigenza locale competenti, in particolare, alla gestione dei ruoli dei dirigenti, rispettivamente, regionali e degli enti locali.
  Ai decreti delegati spetta quindi la definizione – per l'accesso alle predette dirigenze – degli istituti del corso-concorso e del concorso, secondo principi di delega stabiliti nel testo, tra cui la cadenza annuale per ciascuno dei tre ruoli, il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea magistrale, il necessario superamento di un successivo esame dopo un primo periodo di immissione in servizio, nonché l'esclusione di graduatorie di idonei.
  Per quanto attiene al sistema di formazione, è prevista la riforma della Scuola nazionale dell'amministrazione, con il coinvolgimento di istituzioni nazionali ed internazionali, al fine dei assicurare l'omogeneità della qualità e dei contenuti formativi dei dirigenti dei diversi ruoli; riguardo alla formazione permanente dei dirigenti è stabilita la definizione di obblighi formativi annuali ed il coinvolgimento dei dirigenti anche nella formazione di futuri dirigenti.
  Altri criteri di delega riguardano: la semplificazione e l'ampliamento della mobilità della dirigenza tra amministrazioni pubbliche e tra queste ed il settore privato; la definizione di una disciplina sul conferimento degli incarichi dirigenziali nel rispetto di una serie di principi, tra cui: lo svolgimento della procedura con avviso pubblico ed in base al principio dell'equilibrio di genere; la previsione di una preselezione da parte delle Commissioni, rispettivamente, per la dirigenza statale, regionale o locale di un numero predeterminato di candidati in possesso dei requisiti richiesti per gli incarichi relativi ad uffici di vertice e per gli incarichi corrispondenti ad uffici di livello dirigenziale generale; una «valutazione di congruità successiva» della stessa Commissione per gli altri incarichi; la durata quadriennale degli incarichi dirigenziali, rinnovabili previa partecipazione alla procedura di avviso pubblico e con facoltà di rinnovo per ulteriori due anni senza la procedura selettiva per una sola volta; la definizione di presupposti oggettivi per la revoca degli incarichi ed una disciplina dei dirigenti privi di incarichi; la rilevanza della valutazione ai fini del conferimento degli incarichi, il superamento degli automatismi di carriera e la costruzione del percorso di carriera in funzione degli esiti della valutazione; il riordino delle norme relative alle ipotesi di responsabilità dirigenziale, amministrativo-contabile e disciplinare dei dirigenti, con limitazione della responsabilità disciplinare ai comportamenti effettivamente imputabili ai medesimi dirigenti e della responsabilità dirigenziali alle ipotesi di cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (mancato raggiungimento degli obiettivi o inosservanza delle direttive imputabili al dirigente); viene altresì richiamata, in particolare, la ridefinizione del rapporto tra la responsabilità amministrativo-contabile e la responsabilità dirigenziale, con particolare riferimento alla esclusiva imputabilità ai dirigenti della responsabilità per «l'attività gestionale»; la definizione della disciplina della retribuzione dei dirigenti secondo criteri tra i quali, in particolare, l'omogeneizzazione del trattamento economico, fondamentale ed accessorio, nell’àmbito di ciascun ruolo unico e la determinazione di Pag. 12limiti assoluti, stabiliti in base a criteri oggettivi, correlati alla tipologia dell'incarico.
  Il comma 1, lettera o), dell'articolo 9 detta i princìpi fondamentali di delega al Governo per la disciplina, nell'ambito dei decreti legislativi in materia di dirigenza pubblica e di valutazione dei rendimenti dei pubblici uffici, del conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale.
  L'articolo 10, comma 1, introdotto durante l'esame al Senato, detta princìpi di delega finalizzati a favorire e semplificare le attività degli enti pubblici di ricerca data la peculiarità dei loro scopi istituzionali, con invarianza di risorse umane, finanziarie e strumentali, anche considerando l'autonomia e la terzietà di cui godono questi enti.
  L'articolo 11 detta norme volte a favorire e promuovere la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche.
  La disposizione, in particolare, prevede una serie di misure organizzative (rafforzamento dei meccanismi di flessibilità dell'orario di lavoro; telelavoro; forme di co-working e smart-working) di cui possano avvalersi, entro tre anni, almeno il 20 per cento dei dipendenti pubblici che ne facciano richiesta.
  La definizione degli indirizzi per l'attuazione delle misure organizzative è demandata ad una direttiva del Presidente del Consiglio.
  L'articolo 12 contiene i principi e criteri comuni per l'adozione di tre testi unici nei seguenti settori: lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa; partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche; servizi pubblici locali di interesse economico generale.
  I principi e criteri specifici delle tre deleghe sono contenuti – rispettivamente – negli articoli 13, 14 e 15.
  L'articolo 13 individua i principi e criteri direttivi cui debbono uniformarsi i decreti attuativi sul riordino e la semplificazione della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e dei connessi profili di organizzazione amministrativa. In particolare, tra i principi e criteri direttivi si segnalano: per quanto riguarda i concorsi pubblici, la previsione di meccanismi valutativi volti a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che abbiano avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche e l'accentramento dei concorsi per tutte le amministrazioni pubbliche, con la revisione delle modalità di espletamento degli stessi e l'introduzione di strumenti atti a garantire l'effettiva segretezza dei temi d'esame e di forme di preselezione dei componenti le commissioni che ne garantiscano l'imparzialità.; l'introduzione di un sistema informativo nazionale volto ad orientare la programmazione delle assunzioni; l'attribuzione all'A.R.A.N. di maggiori compiti di supporto tecnico, anche ai fini della contrattazione; la ridefinizione di contenuti e procedure della contrattazione integrativa; la rilevazione delle competenze dei lavoratori pubblici; la riorganizzazione delle funzioni di accertamento medico legale in caso di assenze per malattia, con l'attribuzione all'I.N.P.S. delle relative competenze; la definizione di obiettivi di contenimento delle assunzioni, differenziati in base agli effettivi fabbisogni; la disciplina delle forme di lavoro flessibile; la promozione del ricambio generazionale mediante la riduzione, su base volontaria, dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione, la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, al fine di favorire l'assunzione anticipata di nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali; il progressivo superamento della dotazione organica come limite e parametro di riferimento per le assunzioni, anche al fine di facilitare i processi di mobilità; la semplificazione delle norme sulla valutazione dei dipendenti pubblici, sul riconoscimento Pag. 13del merito e sui meccanismi di premialità; l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreta e certa nei tempi l'azione disciplinare; il rafforzamento del principio di separazione tra indirizzo politico amministrativo e gestione, con conseguente responsabilità amministrativo-contabile dei dirigenti per l'attività gestionale, mediante esclusiva imputabilità agli stessi della responsabilità amministrativo-contabile per la gestione.
  L'articolo 14 reca la delega per il riordino della disciplina delle partecipazioni societarie delle amministrazioni pubbliche, con la finalità di garantire la chiarezza e la semplificazione normativa delle stesse, cui si aggiunge quella di tutelare e stimolare la concorrenza.
  Le norme che regolano i servizi pubblici sono rivolte a disciplinare la gestione e fruizione di beni comuni. In questi anni la confusione normativa che si è stratificata, ha prodotto sprechi, inefficienze e alterazioni di mercato con risultati negativi sui servizi ai cittadini. Per questa ragione occorre fissare nuove regole generali sull'organizzazione e gestione di un servizio pubblico, partendo dal principio che il pubblico interviene quando l'attività privata non può garantire parità di servizi a tutti i cittadini.
  Occorre garantire il rigoroso rispetto dei principi comunitari in tema di tutela della concorrenza e del libero mercato e assegnare un ruolo fondamentale alle autonomie locali.
  Per l'esercizio della delega vengono quindi dettati i necessari principi e criteri direttivi, così definiti: differenziazione delle tipologie societarie in relazione ai tre diversi elementi delle attività svolte, degli interessi pubblici di riferimento e della quotazione in borsa; ridefinizione delle regole per la costituzione di società o per l'assunzione o il mantenimento di partecipazioni societarie da parte di amministrazioni pubbliche; creazione di un preciso regime che regoli le responsabilità degli amministratori degli enti partecipanti e degli organi di gestione e del personale delle società partecipate; individuazione della composizione e dei criteri di nomina degli organi di controllo societario, al fine di garantirne l'autonomia rispetto agli enti proprietari; razionalizzazione e rafforzamento dei criteri pubblicistici per gli acquisti e il reclutamento del personale, per i vincoli alle assunzioni e le politiche retributive; promozione della trasparenza e dell'efficienza attraverso l'unificazione dei dati economico-patrimoniali e dei principali indicatori di efficienza; eliminazione delle sovrapposizioni tra il regime privatistico e quello pubblicistico nella regolamentazione di istituti ispirati alle medesime esigenze; possibilità di piani di rientro ed eventuale commissariamento per le società con disavanzo di bilancio; regolazione dei flussi finanziari tra ente partecipante e società partecipata.
  Uno specifico criterio di delega è, infine, dettato con riferimento alle sole società partecipate dagli enti locali, ed è a sua volta articolato i cinque diversi principi, attinenti all'adeguatezza della forma societaria da adottare, ai criteri e strumenti di gestione, alla razionalizzazione delle partecipazioni societarie da parte degli enti territoriali interessati, alla trasparenza e confrontabilità dei dati economico patrimoniali ed agli strumenti di tutela occupazionale nei processi di ristrutturazione societaria.
  L'articolo 15 reca una delega legislativa al Governo per il riordino della disciplina dei servizi pubblici locali d'interesse economico generale.
  L'esercizio della delega legislativa in esame – da attuare sulla base dei principi e criteri generali indicati all'articolo 12 entro dodici mesi dall'entrata in vigore della legge – è volta, altresì, alla previsione di: una disciplina generale in materia di organizzazione e gestione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale, compresa la definizione dei criteri per l'attribuzione di diritti speciali o esclusivi, in base ai princìpi di concorrenza, adeguatezza, sussidiarietà, anche orizzontale, e proporzionalità; criteri per l'organizzazione territoriale ottimale dei servizi Pag. 14pubblici locali di rilevanza economica; meccanismi di premialità o di riequilibrio economico-finanziario nei rapporti con i gestori per gli enti locali che favoriscono l'aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza, ovvero l'eliminazione del controllo pubblico; criteri per la definizione dei regimi tariffari che tengano conto degli incrementi di produttività al fine di ridurre l'aggravio sui cittadini e sulle imprese; modalità di tutela degli utenti dei servizi pubblici locali, inclusi strumenti di tutela non giurisdizionale e forme di consultazione e partecipazione diretta; una netta distinzione tra le funzioni di regolazione e le funzioni di gestione dei servizi, anche attraverso la modifica della disciplina sulle incompatibilità o sull'inconferibilità di incarichi o cariche; una revisione della disciplina dei regimi di proprietà e gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni, nonché di cessione dei beni in caso di subentro, l'attribuzione dei poteri di regolazione e controllo tra i diversi livelli di governo e le autorità indipendenti; una disciplina transitoria per l'adeguamento degli attuali regimi alla nuova disciplina e la definizione del regime delle sanzioni e degli interventi sostitutivi, in caso di violazione della disciplina in materia; una revisione delle discipline settoriali ai fini del loro coordinamento con la disciplina generale nonché un'armonizzazione relativamente alla disciplina giuridica dei rapporti di lavoro.
  L'articolo 16 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi finalizzati ad abrogare o modificare «disposizioni legislative, entrate in vigore dopo il 31 dicembre 2011, che prevedono provvedimenti non legislativi di attuazione».
  Si tratta di un importante intervento di semplificazione normativa che va incontro all'esigenza, più volte ribadita dal governo e dal Parlamento, di implementare l'attuazione dei provvedimento normativi e di certezza del diritto vigente. Ciò consente peraltro di valutare la sussistenza delle condizioni per l'adozione di provvedimenti normativi assunti in una fase congiunturale differente. È questa una delle misure utili al fine del disboscamento dell'enorme massa normativa che grava sulla funzionalità del nostro sistema economico ed una misura per il rafforzamento della certezza delle regole vigenti, precondizione per la programmazione degli investimenti e delle attività economiche.
  L'articolo 17 inserisce la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, vale a dire che le disposizioni della stessa legge non sono applicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.
  L'articolo 18 reca, infine, la clausola di invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica derivanti dall'attuazione delle disposizioni contenute nel provvedimento in esame nonché dei decreti legislativi da esso previsti (comma 1). Per la copertura finanziaria dei decreti legislativi attuativi delle deleghe contenute nel provvedimento si richiama la conformità all'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità nazionale, prevedendo che i decreti in questione siano corredati di relazione tecnica e che, qualora determinino nuovi o maggiori oneri non compensati al proprio interno, vengano emanati solo successivamente o contestualmente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie (commi 2 e 3).

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.05.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 12 maggio 2015. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 14.05.

Pag. 15

Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti.
Nuovo testo C. 2994 Governo ed abb.
(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazioni).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Teresa PICCIONE (PD), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata a esprimere alla VII Commissione (Cultura, scienza e istruzione) il prescritto parere, per gli aspetti di competenza, sul disegno di legge n. 2994, recante «Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti», come risultante dai numerosi emendamenti approvati.
  Fa presente, innanzitutto, che il testo del provvedimento, ampiamente modificato nel corso dell’iter in sede referente, si compone complessivamente di 27 articoli.
  Entrando nel merito del contenuto, rileva che l'articolo 1, concernente l'oggetto e le finalità del provvedimento, precisa a che cosa è finalizzato l'obiettivo di dare piena attuazione all'autonomia delle istituzioni scolastiche, di cui all'articolo 21 della legge n. 59 del 1997.
  L'articolo 2 affida al dirigente scolastico la garanzia di un'efficace ed efficiente gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche e materiali, richiamando esplicitamente il rispetto delle competenze degli organi collegiali. Inoltre, confermando la novità dell'istituzione dell'organico dell'autonomia, precisa che lo stesso è istituito sull'intera istituzione scolastica o istituto comprensivo e che tutti i docenti che ne fanno parte concorrono alla realizzazione del Piano triennale dell'offerta formativa con attività di insegnamento, potenziamento, sostegno, organizzazione, progettazione e coordinamento.
  Tale articolo disciplina, inoltre, la procedura di predisposizione e verifica del nuovo Piano triennale dell'offerta formativa (che sostituisce l'attuale Piano annuale – POF): in particolare, è stato previsto che esso è rivedibile annualmente ed è elaborato dal collegio dei docenti, sulla base degli indirizzi e delle scelte di gestione e amministrazione definiti dal dirigente scolastico, ed approvato dal consiglio di istituto. Inoltre, è stato specificato che il Piano contiene – oltre che l'indicazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti e la programmazione dell'offerta formativa ad essi riferita – anche le stesse previsioni per il personale ATA.
  L'individuazione del fabbisogno di posti nell'organico dei docenti è finalizzata al raggiungimento di obiettivi formativi che durante l'esame in sede referente sono stati ampliati, includendovi, fra l'altro, il potenziamento dell'insegnamento linguistico in altre lingue comunitarie (oltre che in italiano ed inglese), dello spettacolo dal vivo e della storia dell'arte, l'alfabetizzazione al cinema, il potenziamento delle attività laboratoriali, la prevenzione del bullismo e del cyberbullismo, l'educazione alla parità di genere, il potenziamento del tempo scuola, la definizione di un sistema di orientamento.
  Durante l'esame in sede referente, inoltre, sono stati introdotti ulteriori contenuti, relativi all'utilizzo degli edifici scolastici nei periodi di sospensione dell'attività didattica, all'istruzione degli adulti, al riconoscimento delle diverse modalità di comunicazione per l'insegnamento a studenti con disabilità, all'equipollenza dei titoli rilasciati da scuole e istituzioni formative di rilevanza nazionale operanti nei settori di competenza del Mibact ai titoli di studio universitari.
  Vengono, poi, incrementate le risorse da destinare dal 2015 al 2022 al funzionamento amministrativo e didattico delle istituzioni statali dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM).
  Osserva, poi, che l'articolo 3 prevede l'attivazione, nel secondo biennio e nell'ultimo anno delle scuole secondarie di secondo grado, di insegnamenti opzionali a scelta degli studenti. Inoltre, istituisce il curriculum dello studente – di cui si tiene conto durante il colloquio dell'esame di Stato – che, oltre a documentare il percorso Pag. 16di studi, attesta lo svolgimento di esperienze maturate in ambito extrascolastico. Dispone, altresì, che il dirigente scolastico, di concerto con gli organi collegiali, possa individuare percorsi formativi e iniziative diretti a una valorizzazione del merito scolastico e dei talenti, utilizzando anche finanziamenti esterni, compresi quelli derivanti da sponsorizzazioni.
  Ulteriori contenuti, inseriti durante l'esame parlamentare, riguardano lo sviluppo della conoscenza delle tecniche di primo soccorso nelle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado e il sostegno di eventuali problematiche riguardanti gli studenti di origine straniera nelle attività e nei progetti di orientamento per la prosecuzione degli studi o l'accesso al mondo del lavoro.
  L'articolo 4 intende rafforzare il collegamento fra scuola e mondo del lavoro. In particolare, introduce una previsione di durata minima dei percorsi di alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni di scuola secondaria di secondo grado, prevede la possibilità di stipulare convenzioni anche con gli ordini professionali e dispone che l'alternanza può essere svolta durante la sospensione delle attività didattiche – nonché all'estero – e anche con la modalità dell'impresa formativa simulata.
  Durante l'esame in sede referente è stata soppressa la previsione in base alla quale gli studenti avrebbero potuto svolgere, a partire dal secondo anno della scuola secondaria di secondo grado, periodi di formazione in azienda attraverso la stipulazione di contratti di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale.
  È stata, invece, prevista la costituzione, a decorrere dall'anno scolastico 2015/2016, presso le Camere di commercio, del registro nazionale per l'alternanza scuola- lavoro.
  Inoltre, sono state introdotte disposizioni volte ad una maggiore integrazione fra i percorsi di istruzione secondaria di secondo grado e i percorsi di istruzione e formazione professionale di competenza regionale. In particolare, è stato previsto, da una parte, che le istituzioni formative accreditate dalle regioni per la realizzazione dei percorsi di istruzione e formazione professionale possano concorrere al potenziamento e alla valorizzazione delle conoscenze e delle competenze degli studenti del secondo ciclo di istruzione e, dall'altra, che l'offerta formativa dei percorsi regionali di istruzione e formazione professionale sia sostenuta sulla base di piani di intervento da adottare a livello ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, e che, al fine di garantire agli studenti iscritti ai relativi percorsi pari opportunità rispetto agli studenti iscritti ai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado, tengano conto, nel rispetto delle competenze delle regioni, delle disposizioni recate dalla legge.
  Al riguardo, ricorda che per il sistema di istruzione e formazione professionale (IeFP) – i cui percorsi rappresentano una delle componenti del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione – la competenza legislativa esclusiva, a legislazione vigente, è delle regioni, spettando allo Stato la garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni.
  Rileva, quindi, che l'articolo 5 novella l'articolo 135 del decreto legislativo n. 297 del 1994, riguardante l'insegnamento relativo alla scuola primaria negli istituti penitenziari. Le novità principali rispetto alla legislazione vigente sono individuabili nella previsione di una disciplina transitoria per l'accesso al già previsto ruolo speciale per tale insegnamento e nella specifica che i docenti di tale ruolo speciale sono incardinati nei Centri provinciali per l'istruzione degli adulti.
  L'articolo 6 riguarda gli Istituti tecnici superiori (ITS). In particolare, tale articolo riprende in forma dispositiva, con modifiche, alcuni dei principi direttivi originariamente previsti per l'esercizio della delega, mentre per altri – anche in tal caso con alcune modifiche – prevede l'intervento di regolamenti ministeriali, ovvero di linee guida da adottare con decreti interministeriali, d'intesa con la Conferenza unificata.
  L'articolo 7 prevede che il MIUR adotta il Piano nazionale scuola digitale, in coerenza Pag. 17con il quale le scuole promuovono attività. Fa presente che durante l'esame in sede referente sono stati ricondotti agli obiettivi del Piano i principi e criteri direttivi originariamente previsti per l'esercizio di una delega, tra i quali la definizione delle finalità dell'identità e del profilo digitale di studenti e personale della scuola e delle relative modalità di gestione.
  Al riguardo, segnala l'opportunità di prevedere il parere del Garante per la protezione dei dati personali.
  Tale articolo dispone, inoltre, che, per favorire lo sviluppo della didattica laboratoriale, le scuole possono dotarsi di laboratori territoriali per l'occupabilità. Durante l'esame in sede referente, in particolare, sono stati aggiunti gli enti pubblici e le Camere di commercio fra i soggetti che possono partecipare, anche in qualità di cofinanziatori, alla costituzione dei laboratori ed è stato specificato che la responsabilità relativa alla sicurezza e al mantenimento del decoro degli spazi fa capo ai soggetti esterni che usufruiscono dell'edificio scolastico.
  L'articolo 8 prevede che l'organico dell'autonomia è costituito da posti comuni, posti per il sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa, è funzionale alla realizzazione del piano triennale dell'offerta formativa ed è assegnato alle scuole sulla base del fabbisogno espresso nel medesimo piano triennale, nel limite delle risorse finanziarie disponibili.
  Dall'anno scolastico 2016/2017, l'organico dell'autonomia è determinato con cadenza triennale su base regionale, con decreti interministeriali, sentita la Conferenza unificata, comunque nel limite massimo delle risorse finanziarie disponibili. Il testo indica i criteri per il riparto dei posti comuni e per il potenziamento fra le regioni. Prevede, inoltre, che i ruoli del personale docente sono regionali, articolati in ambiti (e non più in albi) territoriali, suddivisi in sezioni separate per gradi di istruzione, classi di concorso, tipologie di posti.
  Nel corso dell'esame è stato previsto che l'ampiezza degli stessi ambiti è definita entro il 31 marzo 2016 dagli uffici scolastici regionali, su indicazione del MIUR e sentiti le regioni e gli enti locali e sono stati indicati i criteri da seguire. È stato, inoltre, previsto che, per l'anno scolastico 2015/2016 – che rappresenta un anno di transizione – gli ambiti hanno estensione provinciale.
  Segnala, poi, che un'ulteriore novità riguarda la costituzione, entro il 30 giugno 2016, di reti fra scuole dello stesso ambito territoriale, sulla base di linee guida emanate dal MIUR entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge. In particolare, gli accordi di rete individuano i criteri e le modalità per l'utilizzazione dei docenti nella rete e i piani di formazione del personale scolastico. Sempre durante l'esame in sede referente è stato chiarito che i docenti già assunti in ruolo a tempo indeterminato alla data di entrata in vigore della legge conservano la titolarità presso la scuola di appartenenza. È stato, inoltre, previsto che il personale docente che risulta in esubero o in soprannumero nell'anno scolastico 2016/2017 è assegnato, a domanda, ad un ambito territoriale e che, dall'anno scolastico 2016/2017, la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera fra gli ambiti territoriali.
  Ulteriori previsioni riguardano le scuole con lingua di insegnamento slovena e/o con insegnamento bilingue sloveno-italiano del Friuli Venezia-Giulia e la salvaguardia delle diverse determinazioni della Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  L'articolo 9 reca disposizioni inerenti le competenze dei dirigenti scolastici, in particolare con riferimento al conferimento di incarichi triennali ai docenti. Al riguardo, l'elemento di maggiore novità derivato dall'esame in sede referente è costituito dalla previsione secondo cui la proposta di incarico per la copertura dei posti assegnati alla scuola è rivolta ai docenti di ruolo assegnati all'ambito territoriale di riferimento, anche tenendo conto delle candidature presentate dagli stessi docenti. Inoltre, il nuovo testo precisa meglio che, nel caso di più proposte di incarico, è il Pag. 18docente a scegliere, fermo restando l'obbligo di accettarne almeno una; che, in caso di inerzia dei dirigenti scolastici o di docenti che non abbiano ricevuto alcuna proposta, è l'Ufficio scolastico regionale a provvedere d'ufficio; che l'utilizzo di personale docente in classi di concorso diverse da quelle per le quali è abilitato è possibile purché il docente possegga titoli di studio validi per l'insegnamento della disciplina da impartire, abbia seguito percorsi formativi e sia in possesso di competenze professionali coerenti. Per questi ultimi, si intenderebbe che la valutazione di coerenza è affidata a ciascun dirigente scolastico.
  Il nuovo testo prevede anche che gli incarichi sono conferiti con modalità che valorizzino il curriculum, le esperienze e le competenze professionali. A tal fine, si fa riferimento anche allo svolgimento di colloqui. Si conferma, inoltre, che il dirigente scolastico utilizza il personale docente dell'organico dell'autonomia per la copertura delle supplenze temporanee fino a dieci giorni.
  È soppressa, invece, la previsione secondo cui il personale dell'organico dell'autonomia è tenuto ad assicurare prioritariamente la copertura dei posti vacanti e disponibili.
  Ulteriori novità riguardano la previsione di uno staff del dirigente scolastico, gli incrementi del Fondo unico nazionale per la retribuzione di posizione e di risultato dei dirigenti scolastici, la previsione che il nucleo per la valutazione degli stessi è composto sulla base dell'articolo 25, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (ossia, costituito presso l'ufficio scolastico regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione) e che la valutazione è coerente con l'incarico triennale e con il profilo professionale ed è connessa con la retribuzione di risultato, nonché la previsione di copertura di posti vacanti di dirigente scolastico con soggetti idonei del concorso del 2011.
  Al fine di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti del contenzioso pendente relativo ai concorsi per dirigente scolastico del 2011, del 2006 e del 2004, nonché alle procedure di rinnovazione, in Sicilia, del medesimo concorso del 2004, avviate ai sensi della legge n. 202 del 2010, si prevede l'attivazione di un corso intensivo di formazione, finalizzato all'immissione in ruolo di dirigenti scolastici, e affida la definizione delle modalità di svolgimento del corso e della prova scritta finale ad un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
  L'articolo 10 autorizza, anzitutto, il MIUR ad attuare, per l'anno scolastico 2015/2016, un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente, rivolto ai vincitori del concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, che determinerà, per il medesimo anno scolastico, l'attribuzione di un incarico annuale. Ai fini del piano straordinario, il numero dei posti per il potenziamento dell'offerta formativa – che riguardano solo la scuola primaria e secondaria – deve essere determinato entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, sulla base delle indicazioni dei dirigenti scolastici.
  Inoltre, confermando, in generale, la previsione del disegno di legge secondo cui l'accesso ai ruoli del personale docente della scuola statale avverrà esclusivamente mediante concorsi pubblici, durante l'esame in sede referente è stato previsto che per il personale docente della scuola dell'infanzia e primaria e per il personale educativo continua ad applicarsi, fino a totale scorrimento delle relative graduatorie ad esaurimento (che non perderanno più efficacia dal 1o settembre 2015, come, invece, previsto per quelle relative alla scuola secondaria), la disposizione (articolo 399, comma 1, del decreto legislativo n. 297 del 1994) secondo cui l'accesso ha luogo per il 50 per cento mediante concorsi per titoli ed esami e per il restante 50 per cento attingendo alle graduatorie citate.
  Per lo svolgimento dei concorsi sono state modificate alcune regole. In particolare, Pag. 19i concorsi – che continueranno ad essere per titoli ed esami – saranno nazionali e banditi su base regionale, con cadenza triennale. Potranno accedere alle procedure solo i candidati in possesso di abilitazione all'insegnamento.
  Conseguiranno la nomina i candidati che si collocheranno in una posizione utile in relazione al numero di posti messi a concorso (scomparendo, dunque, il riferimento ai «posti eventualmente disponibili»). Il numero degli idonei non potrà superare il 10 per cento del numero dei posti banditi.
  Le graduatorie avranno validità al massimo triennale (con decorrenza dall'anno scolastico successivo a quello di approvazione) e perderanno comunque efficacia all'atto della pubblicazione delle graduatorie del concorso successivo.
  Sempre durante l'esame in sede referente, sono intervenute due ulteriori novità. Anzitutto, è stata prevista l'assunzione a tempo indeterminato, con decorrenza dal 1o settembre 2016, ferma restando la procedura di autorizzazione, degli idonei del concorso del 2012 (non già assunti), nel limite dei posti vacanti e disponibili.
  Inoltre, è stata prevista l'indizione, entro il 1o ottobre 2015, di un concorso per titoli ed esami per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, con previsione di attribuzione di un maggior punteggio: al titolo di abilitazione all'insegnamento conseguito a seguito sia dell'accesso ai percorsi di abilitazione tramite procedure selettive pubbliche per titoli ed esami, sia del conseguimento di specifica laurea magistrale o a ciclo unico (potenziali destinatari dovrebbero essere gli iscritti nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto, comprendente gli aspiranti non inseriti nelle graduatorie ad esaurimento ma forniti di specifica abilitazione e quanti hanno frequentato i percorsi di tirocinio formativo attivo o i percorsi abilitanti speciali); al servizio prestato a tempo determinato per un periodo continuativo non inferiore a 180 giorni.
  L'articolo 11 concerne il periodo di formazione e prova del personale docente ed educativo, cui è subordinata l'effettiva immissione in ruolo. In sede referente, in particolare, è stato previsto che il dirigente scolastico – cui il testo del disegno di legge affida la valutazione del periodo – debba sentire, a tal fine, il Comitato di valutazione dei docenti di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 297 del 1994. Inoltre, è stata soppressa la possibilità di prevedere verifiche e ispezioni in classe. I criteri della valutazione sono individuati con decreto del Ministro.
  L'articolo 12 prevede l'istituzione della Carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente di ruolo delle scuole di ogni ordine e grado, da utilizzare per acquisti o iniziative di carattere culturale. Prevede, inoltre, l'adozione, ogni tre anni, di un Piano nazionale di formazione, sulla cui base le scuole definiscono le attività di formazione, che sono obbligatorie.
  L'articolo 13 prevede l'istituzione nello stato di previsione del MIUR, a decorrere dal 2016, di un nuovo fondo, dotato di uno stanziamento di 200 milioni di euro annui, destinato alla valorizzazione del merito del personale docente di ruolo. Il fondo è ripartito con decreto ministeriale e assegnato dal dirigente scolastico sulla base – come previsto durante l'esame parlamentare – dei criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti ed effettuando una motivata valutazione.
  Con riferimento al Comitato, in particolare, è stata prevista una durata per tre anni scolastici (anziché per uno), l'ingresso di rappresentanti dei genitori e degli studenti, l'individuazione dei membri da parte del Consiglio di istituto, l'integrazione con il tutor per l'espressione del parere sul superamento del periodo di formazione e prova.
  L'articolo 14 prevede che il limite di durata dei contratti a tempo determinato su posti vacanti e disponibili relativi al personale scolastico ed educativo – pari a 36 mesi, anche non continuativi – riguardi solo i contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge. Inoltre, istituisce il Fondo per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali Pag. 20aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a 36 mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili.
  L'articolo 15 prevede la possibilità, per il personale della scuola che si trovi in posizione di comando, distacco, o fuori ruolo alla data di entrata in vigore della legge, di transitare, a seguito di una procedura comparativa, nei ruoli dell'Amministrazione di destinazione. Durante l'esame in sede referente, inoltre, è stato confermato anche per l'anno scolastico 2015/2016 il contingente di 300 unità di docenti e dirigenti scolastici collocati fuori ruolo per compiti connessi con l'attuazione dell'autonomia scolastica, di cui l'amministrazione scolastica centrale e periferica può avvalersi, in deroga al limite di 150 unità previsto dall'articolo 26, comma 8, primo periodo, della legge n. 448 del 1998.
  L'articolo 16 prevede l'istituzione del Portale unico dei dati della scuola, nonché l'avvio di un progetto sperimentale per la realizzazione di un servizio di assistenza alle scuole nella risoluzione di problemi connessi alla gestione amministrativa e contabile. Si prevede che con decreto interministeriale MIUR-MEF, da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provvede a modificare il Regolamento sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche (di cui al decreto-legge n. 44 del 2001), allo scopo di incrementare l'autonomia contabile delle scuole statali e di semplificare gli adempimenti amministrativi e contabili.
  L'articolo 17 include le istituzioni scolastiche statali, a decorrere dal 2016, tra i destinatari del 5 per mille IRPEF. Durante l'esame parlamentare sono state previste, a tal fine, apposite risorse, nella misura di 50 milioni di euro annui dal 2017.
  L'articolo 18 istituisce, sul modello dell’Art-Bonus, un credito d'imposta del 65 per cento per gli anni 2015 e 2016 e del 50 per cento per il 2017 per chi effettua erogazioni liberali in denaro per la realizzazione di nuove scuole, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e il sostegno a interventi per l'occupabilità degli studenti.
  L'articolo 19 introduce una detrazione IRPEF, per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonché, a seguito delle modifiche apportate in sede referente, delle scuole secondarie (anche statali) di secondo grado.
  L'articolo 20 prevede che il MIUR, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge pubblica un avviso pubblico rivolto a professionisti, per l'elaborazione di proposte progettuali, «previa acquisizione delle manifestazioni di interesse rappresentate dagli enti locali alle regioni»; le proposte sono sottoposte a una commissione di esperti, cui partecipa anche la Struttura di missione per l'edilizia scolastica istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che esamina e coordina le stesse, anche attraverso un coinvolgimento delle regioni; l'esame e il coordinamento è finalizzato a individuare almeno una soluzione progettuale per regione di scuole altamente innovative; la stessa Commissione «individua i beneficiari sulla base delle risorse assegnate dal MIUR».
  L'articolo 21 prevede il rafforzamento delle funzioni dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica al quale, in particolare, saranno affidati compiti di indirizzo e di programmazione degli interventi e compiti di diffusione della cultura della sicurezza – e la redazione di un piano del fabbisogno nazionale 2015-2017, al quale sono destinate risorse già stanziate e non utilizzate, ovvero economie realizzate. Prevede, inoltre, l'accelerazione di alcune procedure, la riduzione delle sanzioni per gli enti locali che non hanno rispettato gli obiettivi del patto di stabilità 2014 e hanno sostenuto, in tale anno, spese per l'edilizia scolastica, nonché alcune modifiche alla disciplina dell'utilizzo della quota dell'otto per mille a diretta gestione statale destinata all'edilizia scolastica. Pag. 21
  L'articolo 22 prevede lo stanziamento di 40 milioni per il 2015 per il finanziamento di indagini diagnostiche dei solai e dei controsoffitti degli edifici scolastici.
  L'articolo 23 delega il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, decreti legislativi finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema scolastico, nonché alla redazione di un nuovo testo unico delle disposizioni in materia di istruzione.
  Durante l'esame in sede referente sono state soppresse le deleghe concernenti l'autonomia scolastica, i dirigenti scolastici, la governance della scuola e gli organi collegiali, gli Istituti tecnici superiori, gli ausili digitali per la didattica.
  Inoltre, è stata profondamente modificata la delega concernente l'accesso all'insegnamento nella scuola secondaria. In particolare – a fronte della previsione del disegno di legge di includere il percorso abilitativo all'interno di quello universitario (con superamento dell'attuale percorso di tirocinio formativo attivo) e di svolgere, all'interno del percorso abilitativo, un periodo di tirocinio professionale – è stato previsto l'accorpamento della fase della formazione iniziale con quella dell'accesso alla professione. Più specificamente, il percorso si articola: in un concorso nazionale riservato a chi possieda un diploma di laurea magistrale o, per le discipline artistiche e musicali, un diploma accademico di secondo livello, coerente con la classe disciplinare di concorso; nella stipula con i vincitori di un contratto retribuito di formazione e apprendistato professionale a tempo determinato, di durata triennale; nel conseguimento, nel primo anno di contratto, di un diploma di specializzazione all'insegnamento secondario; nell'effettuazione, nei due anni successivi al conseguimento del diploma, di tirocini formativi e nella graduale assunzione della funzione docente; alla conclusione del periodo di formazione e apprendistato professionale, valutato positivamente, sottoscrizione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
  Il percorso descritto deve divenire gradualmente l'unico per accedere all'insegnamento nella scuola secondaria statale e, dunque, si prevede l'introduzione di una disciplina transitoria in relazione ai percorsi formativi e abilitanti e alla disciplina del reclutamento previsti attualmente.
  Altre modifiche hanno riguardato la delega relativa agli studenti con disabilità e bisogni educativi speciali. In particolare, è stato previsto che la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione deve essere volta a individuare le abilità residue, che occorre rivedere i criteri di «inserimento nei ruoli per il sostegno didattico», al fine di garantire che lo studente con disabilità abbia per l'intero ordine o grado di istruzione il medesimo insegnante di sostegno (l'intenzione sembrerebbe, dunque, quella di prevedere dei ruoli separati per i docenti di sostegno), che occorre garantire l'istruzione domiciliare per i minori con disabilità soggetti all'obbligo scolastico, qualora siano temporaneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola.
  Con riferimento alla delega relativa al sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino ai sei anni, è stato previsto che lo stesso è riferito ai servizi educativi per l'infanzia e a tutte le scuole dell'infanzia (invece che alle sole scuole dell'infanzia statali).
  Inoltre, è stato specificato che la revisione delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti riguarda il primo ciclo e che la revisione delle modalità di svolgimento degli esami riguarda sia il primo che il secondo ciclo.
  È stata, infine, introdotta una delega per la promozione e la diffusione della cultura umanistica, la valorizzazione del patrimonio e della produzione culturale, musicale, teatrale, coreutica e cinematografica, il sostegno della «creatività connessa alla sfera estetica».
  Per quanto riguarda la procedura per l'adozione dei decreti legislativi, è stato previsto il coinvolgimento della Conferenza unificata, anziché della Conferenza Stato-regioni.
  L'articolo 24 prevede deroghe, in particolare, in materia di pareri dell'organo collegiale consultivo nazionale della scuola Pag. 22(in relazione all'adozione degli atti attuativi della legge) e delle Commissioni parlamentari (in relazione ai parametri per la determinazione dell'organico dell'autonomia per l'anno scolastico 2015/2016). Dispone, inoltre, che le previsioni contrattuali contrastanti con quanto previsto dalla legge sono inefficaci.
  L'articolo 25 abroga alcune delle disposizioni vigenti incompatibili con le novità proposte.
  L'articolo 26 reca disposizioni finanziarie.
  L'articolo 27 prevede che le disposizioni della legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le norme degli statuti e le relative norme di attuazione. Dispone, inoltre, l'immediata entrata in vigore della legge.
  Alla luce delle considerazioni svolte, formula una proposta di parere, favorevole con tre osservazioni (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2014.
Emendamenti C. 2977 Governo.
(Parere alla XIV Commissione).
(Esame e conclusione – Parere).

  La Commissione inizia l'esame degli emendamenti.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che sono stati trasmessi gli emendamenti Daga 7.1, Mannino 7.2, Governo 7.4 e Colonnese 13.1 e 13.2 per il parere di competenza della I Commissione, presentati direttamente presso la XIV Commissione.

  Alan FERRARI (PD), relatore, formula una proposta di parere contrario sugli emendamenti Daga 7.1, Mannino 7.2. Formula, altresì, parere favorevole sull'emendamento Governo 7.4 e parere contrario sugli emendamenti Colonnese 13.1 e 13.2.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 2).

  La seduta, sospesa alle 14.10, riprende alle 14.35.

Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità.
Testo unificato C. 784 Bossa ed abb.
(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 maggio.

  Roberta AGOSTINI (PD), relatrice, ricorda che la Commissione è chiamata ad esprimere alla II Commissione (Giustizia) il prescritto parere, per i profili di competenza, sul testo unificato delle proposte di legge n. 784 e abbinate, in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell’iter in sede referente.
  Fa presente, innanzitutto che il provvedimento in esame amplia la possibilità per il figlio adottato o comunque non riconosciuto alla nascita, di conoscere le proprie origini biologiche. Al riguardo, ricorda che attualmente l'articolo 28 della legge n. 184 del 1983 (legge sull'adozione) prevede che l'adottato, al compimento dei 25 anni di età, possa accedere alle informazioni relative ai suoi genitori biologici (comma 5). Tale possibilità gli è, invece, preclusa ove la madre si sia avvalsa del cosiddetto parto anonimo ai sensi dell'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, chiedendo cioè di non essere nominata negli atti di stato civile (comma 7); né sussiste per l'adottato la possibilità di verificare la Pag. 23permanenza o meno della volontà materna di rimanere nell'anonimato. Rileva altresì che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 278 del 2013, ha dichiarato l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983 per contrasto con gli articoli 2 e 3 della Costituzione.
  L'illegittimità della disposizione riguarda la parte in cui non prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio di conoscere le proprie informazioni biologiche, di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata. La Consulta ha affermato che il diritto del figlio a conoscere le proprie origini e ad accedere alla propria storia parentale costituisce un elemento significativo nel sistema costituzionale di tutela della persona, come pure riconosciuto in varie pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo.
  Osserva, poi, che il provvedimento si compone di tre articoli. L'articolo 1 introduce una modifica al suddetto comma 5 dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, estendendo anche al figlio non riconosciuto alla nascita la possibilità, compiuti i 25 anni, di chiedere al tribunale dei minorenni di accedere alle informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici, ove la madre abbia revocato la sua volontà di anonimato dichiarata alla nascita del figlio.
  Due nuovi periodi introdotti nello stesso comma 5 prevedono che: l'accesso alle informazioni sulla propria identità biologica non legittima azioni di stato né da diritto a rivendicazioni di natura patrimoniale o successoria; quando il figlio sia parzialmente o totalmente incapace, l'istanza è presentata da chi ne abbia la legale rappresentanza.
  Attraverso la riformulazione del citato comma 7 dell'articolo 28 è, quindi, disciplinata la possibilità di accesso alle proprie informazioni biologiche nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata. Si consente, in particolare, tale accesso: nei confronti della madre che abbia successivamente revocato la volontà di anonimato, con dichiarazione autenticata dall'ufficiale dello stato civile; nei confronti della madre deceduta.
  Al riguardo, rileva che il nostro ordinamento appresta una forma di tutela del diritto alla riservatezza anche dopo la morte. Ciò avviene nei limiti previsti dall'articolo 9 del cosiddetto codice della privacy, che individua puntualmente gli interessi che giustificano il mantenimento della protezione: la tutela dell'interessato e ragioni familiari meritevoli di protezione (articolo 9, comma 3, del decreto legislativo n. 196 del 2003).
  Viene, inoltre, introdotto il nuovo comma 7-bis dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, che disciplina il procedimento per l'accesso del figlio adottato alle informazioni sulle proprie origini. Tale previsione pare diretta a sanare l'incostituzionalità parziale del comma 7 dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, sancita dalla richiamata sentenza n. 278 del 2013 della Corte costituzionale.
  Si prevede che il procedimento sia avviato su istanza dei legittimati ad accedere alle informazioni: l'adottato che abbia raggiunto i 25 anni di età ovvero la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psicofisica; il figlio non riconosciuto alla nascita in assenza di revoca dell'anonimato da parte della madre; i genitori adottivi, legittimati solo per gravi e comprovati motivi. L'istanza può essere presentata, una sola volta, al tribunale per i minorenni del luogo di residenza del figlio. Il tribunale dei minorenni con modalità che assicurino la massima riservatezza, avvalendosi preferibilmente del personale dei servizi sociali, deve allora contattare la madre per verificare se intenda mantenere l'anonimato.
  Al fine di garantire che il procedimento si svolga con modalità che assicurino la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della madre, il tribunale per i minorenni tiene conto, in particolare, dell'età e dello stato di salute psicofisica della madre, delle sue condizioni familiari, Pag. 24sociali e ambientali. Ove la madre confermi di voler mantenere l'anonimato, il tribunale per i minorenni autorizza l'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario, riguardanti le anamnesi familiari, fisiologiche e patologiche, con particolare riferimento all'eventuale presenza di patologie ereditarie trasmissibili.
  Al riguardo, evidenzia che la Corte costituzionale, nella suddetta sentenza n. 278 del 2013, con cui ha dichiarato l'illegittimità dell'articolo 28, comma 7, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella parte in cui non prevede, attraverso un procedimento stabilito dalla legge, la possibilità per il giudice di interpellare la madre, su richiesta del figlio, al fine di una eventuale revoca della dichiarazione di non voler essere nominata, non ha scalfito il diritto alla riservatezza delle madri che al momento del parto si sono avvalse del diritto di non essere nominate, avendo, al contrario, la Corte ribadito la necessità di cautelare in termini rigorosi il diritto all'anonimato delle donne «attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza» delle stesse.
  Fa presente, al riguardo, che si rende opportuno valutare se la procedura individuata dall'articolo 7-bis dell'articolo 28 della legge n. 183 del 1984 – inserito dall'articolo 1, lettera d), del provvedimento in oggetto – al fine di interpellare la madre circa la possibilità di revoca dell'anonimato sia tale da assicurare la massima riservatezza, cautelando in maniera rigorosa il diritto all'anonimato della madre.
  L'articolo 2 del provvedimento modifica il codice della privacy (articolo 93 del decreto legislativo n. 196 del 2003) con riguardo al certificato di assistenza al parto. In particolare, è modificata la disposizione in base alla quale il certificato di assistenza al parto o la cartella clinica, ove comprensivi dei dati personali che rendono identificabile la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata, possono essere rilasciati in copia integrale a chi vi abbia interesse, in conformità alla legge, solo decorsi cento anni dalla formazione del documento. È introdotta una clausola di salvaguardia delle disposizioni contenute nei commi 7 e 7-bis dell'articolo 28 della legge n. 184 del 1983 (modificati dall'articolo 1 del testo unificato). In tal modo, il vincolo dei cento anni viene meno in caso di revoca dell'anonimato, di decesso della madre o di autorizzazione del tribunale all'accesso alle sole informazioni di carattere sanitario.
  L'articolo 3, infine, modifica il regolamento sullo stato civile (decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000), laddove (articolo 30) disciplina attualmente la dichiarazione di nascita, nel rispetto della eventuale volontà della madre di non essere nominata. Viene, quindi, inserito un nuovo comma – in coordinamento con le nuove disposizioni introdotte nella legge n. 183 – sulle informazioni da rendere alla madre e i dati che debbono essere raccolti dal personale sanitario.
  Sotto il profilo del rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, osserva, infine, che il provvedimento in oggetto costituisce esercizio della competenza legislativa esclusiva statale, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera i), con riguardo a stato civile e anagrafi, e lettera l), con riguardo all'ordinamento civile.

  Andrea GIORGIS (PD) osserva preliminarmente come non sia del tutto ragionevole che il provvedimento in esame non sia stato assegnato anche alla Commissione Affari costituzionali, congiuntamente alla Commissione Giustizia, dato che tratta di un bilanciamento di diritti costituzionalmente riconosciuti.
  Ritiene, in particolare, che vi siano due aspetti di carattere costituzionale da segnalare alla Commissione di merito, alla luce di una interpretazione della sentenza della Corte costituzionale alla base del provvedimento che sia, tra le molte possibili, la più corretta.
  Il primo riguarda il principio di non retroattività della norma. A suo avviso la Corte costituzionale ha ribadito la tutela sia del diritto fondamentale all'anonimato che dell'affidamento, diritti che vanno Pag. 25contemperati con quello del figlio non riconosciuto a conoscere le proprie origini biologiche. Osserva che invece, se fosse data validità retroattiva alla prescrizione del provvedimento in esame, si intaccherebbe ex post il diritto di scelta dell'anonimato effettuato dalla donna, diritto che perderebbe la sua legittima e necessaria tutela.
  Evidenzia, inoltre, che in un'esigenza di bilanciamento che tuteli il diritto della madre e non sacrifichi integralmente, come oggi, quello del figlio non riconosciuto a conoscere le sue origini, una soluzione possibile potrebbe consistere nel predisporre un albo delle donne che spontaneamente revochino la scelta dell'anonimato. Sarà poi il giudice a interpellare la madre per sapere se conferma o meno tale revoca. Si tratta di una lettura non implausibile della sentenza della Corte che eviterebbe, col ribaltamento del rapporto tra interpello e revoca, quella possibile incisione nei confronti del diritto della madre presente nella disposizione attuale del testo.

  Celeste COSTANTINO (SEL), nel concordare con quanto affermato dal collega Giorgis, ritiene fondamentale il tema della retroattività del provvedimento sottolineando, altresì, che l'introduzione della possibilità in capo al giudice di interpellare la madre potrebbe entrare in rotta di collisione con il diritto della madre medesima di preservare la vita da lei costruita negli anni. Ricorda il dibattito pubblico che si sta sviluppando sull'argomento e auspica che non siano vanificate le importanti disposizioni a tutela delle madri previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 300 del 2000 che hanno fortemente limitato il fenomeno degli abbandoni dei neonati. Ritiene che la soluzione prospettata dal collega Giorgis relativa all'istituzione di un elenco delle donne che hanno revocato la scelta dell'anonimato, in vigore in Francia, non sia perseguibile nel nostro ordinamento.

  Teresa PICCIONE (PD), dopo aver evidenziato la complessità e la delicatezza della materia oggetto del provvedimento in esame, sottolinea la necessità di realizzare una soluzione intermedia tra due contrapposte esigenze, quella del figlio non riconosciuto alla nascita di accedere alle informazioni sulle proprie origini, da un lato, e quella della madre di essere tutelata nel suo diritto alla riservatezza e all'anonimato, dall'altro.
  Ciò premesso, ritiene che la proposta di legge in discussione riesca a contemperare le due differenti posizioni. Con riferimento ai rilievi formulati dal deputato Giorgis, circa la necessità di prevedere che la nuova disciplina non sia retroattiva, rileva come sarebbe ingiustificato, alla luce del principio di uguaglianza, stabilire che il diritto ad accedere alle informazioni sulla propria identità non valga per le persone già nate al momento dell'entrata in vigore della legge.

  Gian Luigi GIGLI (PI-CD) concorda col collega Giorgis sul fatto che sarebbe stato più adeguato un esame del provvedimento da parte della Commissione Affari costituzionali in sede referente e non solo consultiva. Molti sono infatti, a suo avviso, i diritti costituzionalmente tutelati interessati dalla proposta di legge in esame: il diritto alla riservatezza, quello alla salute, il diritto stesso del nascituro alla vita, tutelato dalla scelta del parto anonimo che ha evitato molti aborti ed anche infanticidi.
  Sottolinea che quello della donna che decide di partorire scegliendo l'anonimato sia un atto di eroismo meritevole del più assoluto rispetto. Intaccare questa scelta, dopo tanti anni, con l'intervento degli assistenti sociali, se non addirittura delle forze dell'ordine, potrebbe significare uno sconvolgimento di una situazione di vita acquisita e portare a un sovvertimento di affetti.
  Ricorda, infine, che molte delle donne che scelgono il parto anonimo sono straniere che potrebbero subire conseguenze molto gravi se fosse svelata la loro identità.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD) pur considerando senza dubbio rilevante Pag. 26il tema della retroattività, ritiene più importante individuare un punto di equilibrio tra le confliggenti esigenze della madre di mantenere l'anonimato, da una parte, e del figlio di ottenere notizie sulle proprie origini, dall'altra.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente che l'ambito in cui contenere la discussione in corso è definito, a suo avviso, dall'articolo 31 della Costituzione in materia di tutela della maternità e dall'articolo 11 delle preleggi, che sancisce il principio generale della irretroattività della legge. Ritiene, quindi, che, stante la più volte ricordata sentenza della Corte costituzionale n. 278 del 2013, occorre stabilire se la ratio della proposta di legge in esame è riconducibile prioritariamente all'esigenza di garantire la posizione di chi vuole acquisire informazioni sulle proprie origini ovvero alla necessità di tutelare la partoriente che intenda mantenere l'anonimato.

  Andrea GIORGIS (PD), ad integrazione del suo intervento precedente, evidenzia come dalla suddetta sentenza della Corte non derivi l'obbligo per il legislatore di disciplinare il diritto di interpellare la madre che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, ai fini di una eventuale revoca dell'anonimato.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, ribadisce che il punto centrale è comprendere se l'obiettivo di fondo è quello di garantire al figlio non riconosciuto alla nascita la possibilità di accedere alle informazioni sulle proprie origini ovvero quello di assicurare che la madre sia consapevole delle conseguenze della scelta di generare un figlio, senza riconoscerlo.

  Emanuele FIANO (PD) ritiene che il ruolo della Commissione affari costituzionali, competente in sede consultiva sul provvedimento in oggetto, consista nel rilevare le eventuali questioni attinenti alla legittimità costituzionale, non avendo competenza specifica sul merito del provvedimento stesso.

  Roberta AGOSTINI (PD), relatrice, preannunciando la presentazione di una proposta di parere nella successiva seduta della Commissione, evidenzia che, oltre alla questione, più volte richiamata, della retroattività della disciplina recata dal provvedimento in esame, occorrerebbe altresì invitare la Commissione di merito a valutare se la procedura individuata dall'articolo 7-bis dell'articolo 28 della legge n. 183 del 1984 – inserito dall'articolo 1, lettera d), del provvedimento stesso – al fine di interpellare la madre circa la possibilità di revoca dell'anonimato sia disciplinata in modo tale da assicurare la massima riservatezza.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 12 maggio 2015.

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 14.10 alle 14.20.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 12 maggio 2015. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 14.20.

Legge quadro missioni internazionali.
Testo unificato C. 45 Cirielli ed abb.
(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame degli emendamenti.

Pag. 27

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere della relatrice.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica ceca sulla cooperazione in materia di cultura, istruzione, scienza e tecnologia, fatto a Praga l'8 febbraio 2011.
C. 2004 Manlio Di Stefano.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatrice, ricorda che l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica ceca sulla cooperazione in materia di cultura, istruzione, scienza e tecnologia firmato a Praga l'8 febbraio 2011 si propone di fornire un quadro di riferimento adeguato alle iniziative di collaborazione culturale, scientifica e tecnologica, in considerazione della varietà e della qualità dei rapporti bilaterali in essere tra i due Paesi.
  Con riferimento al contenuto, segnala che l'Accordo si compone di un Preambolo, che evidenzia le ragioni sottese alla stipula dell'Accordo e 20 articoli suddivisi in quattro parti incentrate sull'individuazione delle finalità e dei settori prioritari di collaborazione (articoli 1 e 2), sugli ambiti di collaborazione culturale, nell'istruzione, scientifica e tecnologica (articoli 3-14), sulle modalità di esecuzione di tali collaborazioni (articoli 15 e 16) e sulle clausole finali (articoli 17-20).
  La proposta di legge in esame, di iniziativa parlamentare, riprende il disegno di legge S. 3600 presentato al Senato l'11 dicembre 2012 e non assegnato a seguito della fine anticipata della XVI Legislatura. Si compone di quattro articoli: i primi due contengono rispettivamente l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo e l'ordine di esecuzione dello stesso. L'articolo 3 reca le norme in materia di copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dell'Accordo.
  L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, evidenzia che il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Alla luce delle considerazioni svolte, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla riduzione dei casi di apolidia, fatta a New York il 30 agosto 1961.
C. 2802 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Cristian INVERNIZZI (LNA), relatore, ricorda che il nostro Paese ha ratificato la Convenzione sullo status degli apolidi del 1954 con la legge n. 306 del 1962 ma non ha finora aderito alla Convenzione in esame, riguardante un profilo connesso e complementare a quello trattato dal testo Pag. 28convenzionale del 1954, quello della riduzione dei casi di apolidia. L'adesione è volta a rafforzare le tutele esistenti e a rendere più trasparenti le procedure in materia di prevenzione dell'apolidia qualificata dal nostro ordinamento come la condizione di chi abbia perso la propria cittadinanza di origine e non ne abbia, per fatto proprio, acquistate altre.
  La Convenzione ha per obiettivo quello di assicurare che venga rispettato il diritto di ogni persona ad avere una cittadinanza, ivi compreso il diritto di ogni bambino ad acquisire una cittadinanza. Essa stabilisce norme sull'acquisizione, sulla rinuncia, sulla perdita e sulla privazione della cittadinanza e prevede una serie di misure cui gli Stati aderenti devono dare applicazione.
  Gli articoli dall'1 al 4 introducono misure per evitare l'apolidia dei minori (attribuzione jure soli della cittadinanza ai nati da genitori apolidi o cittadini di Stati che non applicano lo jus sanguinis e attribuzione jure sanguinis della cittadinanza ai nati all'estero). Gli articoli 5, 6 e 7 fissano una serie di misure per evitare l'apolidia dovuta a perdita o a rinuncia della propria nazionalità, condizionando la perdita della cittadinanza al possesso di un'altra cittadinanza. Gli articoli 8 e 9 dettano norme per evitare l'apolidia dovuta alla privazione della nazionalità. L'articolo 10 introduce alcune disposizioni volte ad evitare l'apolidia nel contesto della successione degli Stati (obbligo di regolare la cittadinanza delle persone coinvolte in trasferimenti di territorio da uno Stato a un altro).
  Il disegno di legge di ratifica si compone di quattro articoli: i primi due contengono rispettivamente l'autorizzazione all'adesione alla Convenzione e l'ordine di esecuzione dello stesso. Al riguardo, segnala che, all'atto del deposito dello strumento di adesione presso il Segretario generale delle Nazioni Unite, l'Italia si avvarrà della facoltà di riserva prevista dall'articolo 8, paragrafo 3, della Convenzione, in base alla quale lo Stato contraente mantiene il diritto di privare una persona della sua cittadinanza, ove ricorrano determinate condizioni, così come previsto dalla legislazione italiana.
  L'articolo 3 reca la clausola di invarianza finanziaria e l'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, evidenzia che il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Alla luce delle considerazioni esposte, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di libero scambio tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Corea, dall'altra, con Allegati, fatto a Bruxelles il 6 ottobre 2010.
C. 3055, Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatrice, segnala che l'Accordo in esame, in linea con i princìpi dell'Organizzazione mondiale del commercio, prevede la creazione di una zona di libero scambio fra l'Unione europea, i suoi Stati membri e la Repubblica di Corea, da realizzarsi attraverso la rimozione della quasi totalità degli ostacoli tariffari e non tariffari fra le aree economiche, l'adeguamento di standard e la regolamentazione di importanti settori strategici, quali quelli farmaceutici, automobilistici e di elettronica di consumo. L'Accordo punta altresì Pag. 29a riaprire i rispettivi mercati nei settori dei servizi e degli investimenti, a stabilire un impegno delle parti a tutela della proprietà intellettuale, per l'apertura del mercato degli appalti pubblici, la politica di concorrenza e gli aiuti di Stato. Sottoscritto nell'ottobre del 2010 è già entrato in vigore in via provvisoria nel luglio del 2011 per i settori di esclusiva competenza comunitaria, secondo le regole del diritto dell'Unione europea: si compone di 15 capi, ciascuno dei quali suddiviso in articoli, e di tre protocolli, dedicati alla definizione dei prodotti originari, alla cooperazione amministrativa e alla cooperazione culturale, nonché di numerosi allegati relativi ai singoli capitoli.
  Il disegno di legge di ratifica ed esecuzione consta di quattro articoli che riguardano l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria dei relativi oneri (valutabili in circa 24.000 euro, a decorrere dal 2015), e l'entrata in vigore del testo.
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, evidenzia che il provvedimento si inquadra nell'ambito della materia politica estera e rapporti internazionali dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, demandata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Alla luce delle considerazioni esposte, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 5).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere della relatrice.

Disposizioni concernenti i militari italiani ai quali è stata irrogata la pena capitale durante la prima Guerra mondiale.
Nuovo testo C. 2741 Scanu ed abb.
(Parere alla IV Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Matteo RICHETTI (PD), relatore, sottolinea che il nuovo testo, risultante dall'esame degli emendamenti, della proposta di legge C. 2741, reca disposizioni volte a prevedere il riconoscimento dell'istituto della riabilitazione militare nei confronti del personale militare italiano condannato alla pena capitale, nel corso della prima guerra mondiale, per la violazione di talune disposizioni previste dell'allora codice penale militare.
  Ricorda che nel corso della prima guerra mondiale numerose furono le fucilazioni disposte nei confronti di militari italiani, di cui la ricerca storica ha individuato tre distinte categorie: fucilazioni per sentenze emanate da tribunali militari, in base a processi regolari secondo le norme del tempo; fucilazioni costituenti esecuzioni sommarie da parte direttamente di ufficiali o per ordine degli stessi nella flagranza di particolari reati; fucilazioni eseguite con il metodo della «decimazione».
  In relazione alla prima di queste tre categorie, secondo i dati statistici elaborati dall'Ufficio Disciplina del Ministero della Guerra furono circa tremila le condanne a morte per fucilazione emanate dai tribunali militari nel corso della prima guerra mondiale, di cui all'incirca settecentocinquanta ebbero esecuzione.
  Per quanto concerne, invece le esecuzioni sommarie, la Relazione sulle fucilazioni sommarie durante la guerra, redatta nel 1919 dall'Avvocato Generale Militare Donato Tommasi su incarico del Capo di Stato Maggiore Armando Diaz, stima in circa trecento i casi di esecuzioni senza processo, fondati sulla base dell'allora vigente articolo 40 del codice penale dell'esercito, approvato con regio decreto 28 novembre 1869, in base al quale nel caso di reati quali lo sbandamento, la rivolta e l'ammutinamento, o la diserzione con complotto, il superiore gerarchico era tenuto ad utilizzare qualsiasi mezzo a sua disposizione, ivi comprese le armi, per impedirne la consumazione, per non rischiare di essere considerato correo. La morte di un militare poteva quindi essere deliberata sulla base del giudizio di un Pag. 30singolo superiore, senza che venisse seguita alcuna regola, senza sentire le discolpe, senza intervento di un difensore, senza assunzione di prove, senza redazione di atti e/o verbali che potessero essere oggetto di controllo (ed eventualmente di sanzione) successivo sull'operato del superiore/giudice. Nell'esecuzione sommaria sia il giudizio che l'esecuzione erano sostanzialmente contestuali.
  Va inoltre ricordata la circolare n. 3525 del 28 settembre del 1915 del Reparto disciplina, avanzamento e giustizia militare del Comando Supremo che poneva le basi per le fucilazioni sommarie, dettando la procedura per l'intervento di repressione di fronte all'apparire di gravi sintomi di «indisciplina individuale o collettiva nei reparti al fronte», indicando espressamente al punto terzo che «... il superiore ha il sacro diritto e dovere di passare immediatamente per le armi i recalcitranti e i vigliacchi. Per chiunque riuscisse a sfuggire a questa salutare giustizia sommaria, subentrerà inesorabile quella dei tribunali militari». Quasi tutte le legislazioni penali militari dell'epoca prevedevano in sostanza poteri analoghi per i superiori che si trovassero ad assistere a determinati reati.
  Per quanto riguarda, infine, la pratica della decimazione, in forza dell'articolo 251 del codice penale per l'esercito, al Comandante Supremo era conferita la facoltà di emanare circolari e bandi aventi forza di legge nella zona di guerra, facoltà di cui si fece uso per legittimare la decimazione. Molte fonti storiografiche hanno posto in evidenza come la pratica della decimazione veniva usata anche nell'ipotesi in cui non si riuscisse ad individuare i colpevoli, accettando, in alcuni casi, il rischio di colpire degli innocenti sorteggiati casualmente fra gli appartenenti al reparto in cui si erano verificati i fatti, al fine di ricondurre all'obbedienza i soldati scampati all'estrazione. In particolare con la circolare riservata del comando supremo n. 2910 del 1o novembre 1916, richiamata anche dal testo in esame, il generale Cadorna affermava che: «(...) ricordo che non vi è altro mezzo idoneo a reprimere reato collettivo che quello della immediata fucilazione dei maggiori responsabili, allorché l'accertamento dei responsabili non è possibile, rimane il diritto e il dovere ai comandanti di estrarre a sorte tra gli indiziati alcuni militari e punirli con la pena di morte».
  Passa ad illustrare il nuovo testo della proposta di legge C. 2741 che si compone di tre articoli.
  Nello specifico, osserva che il comma 1 dell'articolo 1 stabilisce che è avviato d'ufficio il procedimento per la riabilitazione dei militari delle Forze armate italiane che nel corso della prima Guerra mondiale abbiano riportato condanna alla pena capitale. La medesima disposizione precisa che la riabilitazione è disposta in deroga a quanto disposto dagli articoli da 178 a 181 del codice penale e 412 del codice penale militare di pace. In particolare l'articolo 412 del codice penale militare di pace prevede che: «Il tribunale militare di sorveglianza, a domanda della persona riabilitata a norma della legge penale comune, può ordinare, con decisione in camera di consiglio, previe le conclusioni del procuratore generale militare della Repubblica e a seguito degli accertamenti che ritenga necessari, che gli effetti dell'ottenuta riabilitazione siano estesi alle pene militari accessorie e a ogni altro effetto penale militare della sentenza». A sua volta, l'articolo 178 del codice penale prevede che la riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti, mentre l'articolo 179 precisa le condizioni per la riabilitazione, l'articolo 180 le ipotesi di revoca della sentenza di riabilitazione e l'articolo 181 la riabilitazione nel caso di condanna all'estero.
  Osserva che la motivazione della deroga si giustifica in considerazione del fatto che in base alla normativa vigente la riabilitazione militare ai sensi dell'articolo 412 del codice penale militare di pace può essere concessa su istanza dell'interessato che abbia già ottenuto la «riabilitazione» secondo la legge penale comune, la quale ai sensi dell'articolo 179 del codice penale può a sua volta essere concessa solo ove Pag. 31«il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta «successivamente al commesso reato. Le suddette condizioni ostano all'evidenza con la possibilità del condannato a morte di ottenere la riabilitazione. Si osserva, inoltre, che secondo la giurisprudenza in materia (si veda la sentenza Rea della Corte di Cassazione del 15 ottobre 1990, richiamata nella relazione della originaria proposta di legge Scanu) è solo con la «riabilitazione militare» che è possibile riacquistare lo «status di onore militare» perduto a seguito della sentenza di condanna.
  Sempre al comma 1 dell'articolo 1 si precisa che la riabilitazione è limitata alle condanne riguardanti i reati previsti nei capi III (reati in servizio), IV (disobbedienza, rivolta, ammutinamento e insubordinazione) V (diserzione) del titolo II del libro primo della parte prima del codice penale per l'esercito.
  Il comma 2 dell'articolo 1 dispone le modalità del procedimento per la riabilitazione: il Procuratore generale militare presso la Corte militare d'appello, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge presenta al Tribunale militare di sorveglianza richiesta di riabilitazione in ordine ai casi documentati di condanna alla pena capitale.
  Al riguardo fa osservare che la disposizione fa riferimento alla condanna alla pena capitale, prescindendo dunque dalla effettiva esecuzione della stessa.
  Il successivo comma 3 dispone in merito agli effetti della riabilitazione specificando che a seguito di tale provvedimento sono estinte le pene accessorie, comuni e militari, nonché ogni effetto penale e penale militare delle sentenze di condanna alla pena capitale emesse dai tribunali militari di guerra, ancorché straordinari, nel corso della prima Guerra mondiale, ivi compresa la perdita del grado eventualmente rivestito.
  Il comma 4 dell'articolo 1, inserito nel corso dell'esame presso la Commissione Difesa, dispone che dal provvedimento di riabilitazione sono espressamente esclusi tutti coloro che vennero condannati alla pena capitale per aver volontariamente trasferito al nemico informazioni coperte dal segreto militare e pregiudizievoli per la sicurezza delle proprie unità di appartenenza e per il successo delle operazioni militari delle Regie Forze armate.
  In relazione alle disposizioni dell'articolo 1, desidera rilevare che, in considerazione della non applicazione della disciplina vigente in materia di riabilitazione prevista dal codice penale e dal codice penale militare di pace, appaiono meritevoli di approfondimento i presupposti su cui il tribunale militare di sorveglianza fonda la decisione sulla richiesta di riabilitazione; in particolare, non risulta chiaro se la riabilitazione consegua al verificarsi del presupposto della condanna alla pena capitale per i reati previsti – con la sola esclusione delle ipotesi di trasferimento al nemico delle informazioni coperte dal segreto militare, nelle quali peraltro sembrerebbe comunque necessaria la presentazione della richiesta di riabilitazione da parte del procuratore generale militare – o se il tribunale possa effettuare un'autonoma valutazione.
  L'articolo 2 prevede al comma 1 che siano inseriti nell'Albo d'oro del Commissariato generale per le onoranze ai caduti, su istanza di parte presentata al Ministro della Difesa, i nomi dei militari delle Forze armate italiane che risultino essere stati fucilati nel corso della prima Guerra mondiale in forza del disposto del citato articolo 40 del codice penale e della citata circolare del Comando supremo n. 2910 del 1o novembre 1916. Dell'inserimento è data comunicazione al comune di nascita del militare. Nel corso dell'esame presso la Commissione di merito è stato aggiunto che tale comunicazione è finalizzata alla pubblicazione sull'albo comunale.
  Il comma 2 dell'articolo 2 prevede l'affissione in un'ala del Vittoriano in Roma di una targa nella quale si manifesta la volontà della Repubblica di chiedere il perdono dei militari caduti che hanno ottenuto la riabilitazione. A tal fine il comma 3 prevede che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca Pag. 32bandisca uno specifico concorso riservato agli studenti delle scuole secondarie di secondo grado.
  Il comma 4 dell'articolo 2, inserito nel corso dell'esame in sede referente, dispone che sia assicurata la piena fruibilità degli archivi delle Forze Armate e dell'Arma dei carabinieri per tutti gli atti, relazioni e rapporti legati alle operazioni belliche, alla gestione della disciplina militare, nonché alla repressione degli atti d'indisciplina o di diserzione, ove non già versati negli archivi di Stato.
  Ai sensi dell'articolo 3, anch'esso inserito nel corso dell'esame presso la Commissione Difesa, al fine di promuovere una memoria condivisa del popolo italiano sulla prima Guerra mondiale, il Comitato tecnico-scientifico per la promozione d'iniziative di studio e ricerca sul tema del «fattore umano» nella prima Guerra mondiale, di cui al decreto del Ministro della difesa del 16 ottobre 2014, promuove la pubblicazione dei propri lavori, nelle forme che assicurino la massima divulgazione.
  Osserva, infine, che il contenuto della proposta di legge è riconducibile all'ordinamento penale, materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.
  Si riserva di presentare una proposta di parere nella prossima seduta della Commissione.

  Alessandro NACCARATO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia l'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.

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