CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 18 dicembre 2014
361.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 18 dicembre 2014. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 13.35.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 2738, approvata dal Senato, ed abb.

(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, ricorda che la proposta di legge n. 2738, approvata dal Senato, è composta da sette articoli che introducono modifiche agli articoli 2, 4, 7, 8, 9 e 13 della legge n. 117 del 1988 (cosiddetta legge Vassalli) sulla responsabilità civile dei magistrati.
  Gli elementi principali sono il mantenimento dell'attuale principio della responsabilità indiretta del magistrato (l'azione risarcitoria rimane azionabile nei confronti dello Stato); la limitazione della clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità del magistrato; la ridefinizione delle fattispecie di colpa grave; l'eliminazione del filtro endoprocessuale di ammissibilità della domanda; una più stringente disciplina della rivalsa dello Stato verso il magistrato.
  Evidenzia che l'articolo 1 – l'unico che non incide direttamente sulla legge Vassalli – indica l'oggetto e le finalità dell'intera proposta di legge: rendere effettiva la disciplina della responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell'appartenenza dell'Italia all'Unione Europea.
  L'articolo 2 interviene in più punti sull'articolo 2 della legge n. 117 del 1988, relativo alla responsabilità del giudice per dolo o colpa grave. Anzitutto, al comma 1 dell'articolo 2 viene estesa la risarcibilità del danno non patrimoniale anche al di fuori dei casi delle ipotesi di privazione della libertà personale per un atto compiuto dal magistrato. In base al comma 1, così modificato, il danno, patrimoniale e non patrimoniale, deve rappresentare – come attualmente previsto dalla legge – l'effetto di un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell'esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente a «diniego di giustizia». Rimane Pag. 7inalterata la definizione del diniego di giustizia di cui all'articolo 3 della legge n. 117 del 1988 ovvero «il rifiuto, l'omissione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell'atto, la parte ha presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente, senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria. Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere inutilmente trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell'istanza volta ad ottenere il provvedimento» (comma 1). Quando l'omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la libertà personale dell'imputato, il termine di cui al comma 1 è ridotto a cinque giorni, improrogabili, a decorrere dal deposito dell'istanza o coincide con il giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale (comma 3).
  Il comma 2 dello stesso articolo 2 della proposta di legge delimita l'applicazione della cosiddetta clausola di salvaguardia. Pertanto, pur confermando, in via generale, che il magistrato non è chiamato a rispondere per l'attività di interpretazione della legge e di valutazione del fatto e delle prove, il nuovo comma 2 esclude da tale ambito di irresponsabilità i casi di dolo, di colpa grave (come individuati dal nuovo comma 3) e di violazione manifesta della legge e del diritto della UE (come definita dal nuovo comma 3-bis).
  Fa presente che l'articolo 2 della proposta di legge ridefinisce, poi, le fattispecie di colpa grave individuate dall'articolo 2, comma 3, della legge Vassalli. Ai sensi del nuovo comma 3, i comportamenti del magistrati che costituiscono colpa grave sono tali ope legis, essendo stato soppresso il riferimento (di natura soggettiva) alla «negligenza inescusabile», oggi previsto per la grave violazione di legge, per l'affermazione di un fatto inesistente e per la negazione di un fatto esistente. Costituisce, in particolare, nuova fattispecie di colpa grave il «travisamento del fatto o delle prove». La nuova fattispecie si aggiunge alla negazione di un atto esistente e all'affermazione di un fatto inesistente. Il nuovo comma 3 stabilisce, infatti, che costituisce colpa grave del magistrato: la «violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea»; il travisamento del fatto o delle prove; l'affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; la negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; l'emissione di un provvedimento cautelare personale o reale fuori dei casi previsti dalla legge oppure senza motivazione. Il nuovo comma 3-bis dello stesso articolo 2 è disposizione volta a precisare i presupposti di cui tenere conto per la determinazione dei casi in cui sussiste la violazione manifesta della legge e del diritto dell'Unione europea che, ai sensi del nuovo comma 3, costituiscono ipotesi di colpa grave del magistrato. Si tratta di una casistica non esaustiva; la disposizione infatti precisa che si tiene conto «in particolare» dei seguenti elementi: del grado di chiarezza e precisione delle norme violate; dell'inescusabilità e gravità della inosservanza. Il riferimento alla inescusabilità, rimosso dal comma 3 vigente, è reintrodotto quindi tra gli elementi sintomatici della violazione manifesta della legge e del diritto UE. Inoltre, per il caso della sola violazione manifesta del diritto dell'Unione europea, si dovrà tenere conto anche: dell'inosservanza dell'obbligo di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea; del contrasto interpretativo cioè del contrasto dell'atto o del provvedimento emesso dal giudice con l'interpretazione adottata dalla stessa CGUE. Resta fermo, ai sensi del comma 3-bis, l'eventuale giudizio di responsabilità del magistrato per danno erariale davanti alla Corte dei conti ai sensi del decreto legge n. 543 del 1996. L'articolo 3 della proposta di legge aumenta da due a tre anni i termini previsti dai commi 2 e 4 dell'articolo 4 della legge 117 per la proposizione della domanda di risarcimento contro lo Stato, da esercitare nei confronti del Presidente del Consiglio (comma 1). Pag. 8
  L'articolo 4 modifica l'articolo 7 della legge n. 117 del 1988 relativo all'azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato, spettante al Presidente del Consiglio dei ministri. Le novità rispetto all'attuale disciplina del comma 1 dell'articolo 7 sono le seguenti: l'azione deve essere esercitata entro 2 anni (anziché, uno come attualmente) dal risarcimento avvenuto sulla base del titolo giudiziale o stragiudiziale nei riguardi dello Stato; la rivalsa verso il magistrato è stata espressamente resa obbligatoria (si tratta di un esplicito rafforzamento di un obbligo, tuttavia, già esistente); per coordinamento con l'abrogazione dell'articolo 5 è eliminato il riferimento alla domanda di ammissibilità dell'azione; sono stati ancorati i presupposti della rivalsa al diniego di giustizia, alla violazione manifesta della legge e del diritto della UE o al travisamento del fatto o delle prove, di cui all'articolo 2, commi 2, 3 e 3-bis, stabilendosi, tuttavia, che l'elemento soggettivo della condotta dannosa del magistrato debba essere esclusivamente il dolo o la negligenza inescusabile. La formulazione del nuovo comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 117 del 1988 non ricomprende tra i presupposti della rivalsa obbligatoria tutte le ipotesi di colpa grave del magistrato elencate nel nuovo articolo 2 della legge. Occorre, quindi, valutare se nelle fattispecie non ricomprese, l'azione di rivalsa sia facoltativa. Può, ancora, essere opportuno chiarire l'effettivo significato della «negligenza inescusabile» del magistrato in rapporto alla colpa grave.
  La proposta di legge conferma poi il vigente comma 2 dell'articolo 7 della legge n. 117, sull'inopponibilità della transazione al magistrato nel giudizio di rivalsa e disciplinare. Viene poi modificato il successivo comma 3: è espunto il riferimento alla soppressa figura del conciliatore; viene confermata la sola responsabilità dolosa dei giudici popolari (delle corti d'assise); si prevede che gli estranei alla magistratura membri di organi giudiziari collegiali (ad esempio gli esperti dei tribunali dei minorenni) rispondono, oltre che per dolo, per negligenza inescusabile per travisamento del fatto o delle prove (attualmente tale responsabilità è stabilita per dolo e colpa grave, quest'ultima solo se derivante dall'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento nonché dalla negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento). Inoltre, l'articolo 5 della proposta di legge interviene sull'articolo 8 della legge n. 117, ridefinendo i limiti quantitativi della rivalsa. Essa non può eccedere una somma pari alla metà di un'annualità di stipendio (la normativa vigente prevede un terzo), al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui è proposta l'azione risarcitoria. Questo limite non si applica al fatto commesso con dolo, nel qual caso ovviamente l'azione risarcitoria è totale. L'esecuzione della rivalsa, invece, se effettuata mediante trattenuta sullo stipendio non può comportare complessivamente il pagamento per rate mensili in misura superiore al terzo dello stipendio netto (attualmente non può superare un quinto).
  L'articolo 6 della proposta di legge in oggetto modifica poi l'articolo 9 della legge Vassalli, coordinando la disciplina dell'azione disciplinare a carico del magistrato (conseguente all'azione di risarcimento intrapresa) con la soppressione del filtro di ammissibilità della domanda disposto dall'articolo 3, comma 2. È, in tal senso, espunto dal comma 1 dell'articolo 9 della legge n. 117 del 1988 il riferimento al termine di due mesi dalla comunicazione del tribunale distrettuale (che dichiara ammissibile la domanda di risarcimento) entro il quale il PG della cassazione deve proporre l'azione disciplinare.
  L'articolo 7, infine, integra con un comma aggiuntivo 2-bis il contenuto dell'articolo 13 della legge n. 117 del 1988 (Responsabilità civile per fatto costituente reato) prevedendo la responsabilità contabile per il mancato esercizio dell'azione di regresso dello Stato verso il magistrato. L'articolo 13 della legge 117 prevede, in tale ipotesi, l'azione diretta nei confronti Pag. 9del magistrato e dello Stato, quale responsabile civile, in caso di reati commessi dal magistrato medesimo nell'esercizio delle proprie funzioni. All'azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie relative alla responsabilità dei pubblici dipendenti. Ai fini dell'accertamento di tale responsabilità, il comma 2-bis stabilisce, in capo al Presidente del consiglio e al Ministro della giustizia, oneri informativi annuali nei confronti della Corte dei conti in relazione alle condanne emesse nell'anno precedente per risarcimento del danno derivante da reato ed alle conseguenti azioni di regresso verso il magistrato.
  Segnala che il contenuto del provvedimento è riconducibile alle materie «norme processuali» e «ordinamento civile» di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera l) e «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» di cui all'articolo 117, lettera g) della Costituzione di potestà legislativa statale esclusiva dello Stato.
  Quanto al rispetto degli altri princìpi costituzionali, ricorda che nell'ordinamento nazionale, la responsabilità diretta dei funzionari e dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, secondo le leggi penali, civili e amministrative, per gli atti compiuti in violazione di diritti, è sancita dall'articolo 28 della Costituzione. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. La Corte costituzionale, già con la sentenza n. 2 del 1968, aveva rilevato che «la singolarità della funzione giurisdizionale, la natura dei provvedimenti giudiziali, la stessa posizione, super partes del magistrato possono suggerire, come hanno suggerito ante litteram, condizioni e limiti alla sua responsabilità; ma non sono tali da legittimarne, per ipotesi, una negazione totale, che violerebbe apertamente quel principio o peccherebbe di irragionevolezza sia di per sé (articolo 28) sia nel confronto con l'imputabilità dei «pubblici impiegati».
  Formula, quindi, una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  La seduta, sospesa alle 13.35, riprende alle 13.40.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del presidente.

  La seduta termina alle 13.45.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 357 del 13 dicembre 2014, a pagina 33 seconda colonna, trentaduesima riga, le parole: «esprimendo perplessità rispetto al fatto» sono sostituite dalle seguenti: «sottolineando l'opportunità» e alla trentaquattresima riga la parola: «ancor» è soppressa.
  Alla pagina 34, prima colonna, decima riga, dopo le parole Corte costituzionale, aggiungere il seguente periodo: «nel periodo che precede la revisione degli Statuti, a meno che il Governo non chiarisca che tale precisazione non sia necessaria perché ultronea».
  Alla pagina 35, prima colonna, terza riga, dopo le parole: «dal collega De Menech» aggiungere le seguenti: «a proposito dell'emendamento 39.12» e alla quinta riga, dopo le parole: «proposte emendative» inserire il seguente periodo: «Rileva inoltre la sostanziale identità dell'emendamento De Menech con l'emendamento 29.13 e con lo spirito dell'emendamento 10.110, emendamenti di cui è firmatario insieme al collega Dellai».

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