CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 17 novembre 2014
337.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

  Lunedì 17 novembre 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO.

  La seduta comincia alle 14.05.

Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro.
C. 2660 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla XI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Marina BERLINGHIERI (PD), relatore, ricorda preliminarmente che il provvedimento in esame, cosiddetto Jobs Act, era originariamente articolato in tre capi, per un totale di 6 articoli, ed è stato integralmente sostituito – con un emendamento sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia al Senato – da un unico articolo, composto da 14 commi, in cui sono contenute cinque diverse deleghe al Governo, da esercitare entro 6 mesi dall'approvazione della legge. Di seguito fornirà una sintetica illustrazione dei contenuti del disegno di legge, rinviando per i necessari approfondimenti alla documentazione predisposta dagli uffici della Camera (dossier Servizio Studi n. 226).
  I commi 1 e 2 recano una delega al Governo per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali. Segnala che una delega analoga era stata conferita dalla legge n. 247/2007 (protocollo del welfare) e, successivamente, confermata dalla legge n. 183/2010 (collegato lavoro), che ne aveva riaperto i termini; la delega, tuttavia, è rimasta inattuata.
  In particolare, il comma 1 indica le finalità della delega, intesa ad assicurare, per la disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, a razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale ed a favorire il coinvolgimento attivo dei soggetti espulsi dal mercato del lavoro ovvero beneficiari di ammortizzatori sociali, semplificando le procedure amministrative e riducendo gli oneri non salariali del lavoro, tenuto conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi. Pag. 29
  Il comma 2 individua i principi ed i criteri direttivi per l'esercizio della delega, con riferimento agli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro (lettera a)), agli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria (lettera b)), agli obblighi di attivazione del soggetto beneficiario (lettera c)) e alla revisione della disciplina sanzionatoria (lettera d)).
  Per quanto concerne gli strumenti di tutela in costanza di rapporto di lavoro, la delega è volta a consentire la modifica della normativa che attualmente disciplina gli interventi in costanza di rapporto di lavoro, ossia gli interventi della Cassa integrazioni guadagni, ordinari (CIG) e straordinari (CIGS) e i contratti di solidarietà. Per quanto concerne gli strumenti di sostegno in caso di disoccupazione involontaria, la lettera b) prevede criteri di delega per la rimodulazione dell'assicurazione sociale per l'impiego (ASpI) (numeri da 1) a 4)), l'eventuale introduzione di un ulteriore prestazione (dopo la fruizione dell'ASpI) destinata a lavoratori in stato di particolare disagio economico (numero 5)) e sullo stato di disoccupazione (numero 6)). Le lettere c) e d) definiscono principi relativi al cosiddetto obbligo di attivazione dei beneficiari di strumenti di sostegno al reddito, prevedendo l'individuazione di meccanismi che garantiscano un coinvolgimento attivo del soggetto beneficiario dei trattamenti al fine di favorirne l'attività a beneficio delle comunità locali, tenuto conto della finalità di incentivare la ricerca attiva di una nuova occupazione secondo percorsi personalizzati, senza determinare aspettative di accesso agevolato alle pubbliche amministrazioni (lettera c)), nonché l'adeguamento delle sanzioni e delle relative modalità di applicazione, in funzione della migliore effettività, secondo criteri oggettivi ed uniformi, nei confronti del lavoratore beneficiario di sostegno al reddito che non si renda disponibile ad una nuova occupazione, a programmi di formazione o alle attività a beneficio di comunità locali (lettera d)).
  I commi 3 e 4 recano una delega al Governo in materia di servizi per l'impiego e di politiche attive per il lavoro. Anche in questo ambito, segnala che una delega analoga era stata conferita dalla legge n. 247 del 2007 e, successivamente, confermata dalla legge n. 183 del 2010, che ne aveva riaperto i termini; la delega, tuttavia, è rimasta inattuata. Successivamente, un'analoga delega è stata conferita dalla legge n. 92 del 2012 (cosiddetta legge Fornero), ma anch'essa è rimasta inattuata.
  In particolare, il comma 3 indica le finalità della delega, intesa, in generale, a garantire la fruizione dei servizi essenziali in materia di politica attiva per il lavoro su tutto il territorio nazionale, nonché l'esercizio unitario delle relative funzioni amministrative.
   Il comma 4 individua i principi ed i criteri direttivi per l'esercizio della delega, che possono essere così suddivisi: riordino degli incentivi all'occupazione e all'imprenditorialità (lettere a) e b)); complessiva ridefinizione delle politiche attive (lettere m), n), q) e v)); istituzione di una Agenzia nazionale per l'occupazione (lettere c), d), e), h), i), l), m) e n)); accordi per la ricollocazione (lettera p)); revisione delle competenze istituzionali in materia di politiche attive (lettere f), t) e u)); semplificazioni procedurali in materia di politiche attive (lettere g), z), aa) e bb)); valorizzazione della bilateralità (lettera o)).
  Per quanto attiene alla ridefinizione delle politiche attive e con specifico riferimento all'attività di intermediazione di manodopera finalizzata al collocamento dei lavoratori, ricorda che l'Unione europea annette grande importanza a riforme che permettano una più ampia circolazione dei lavoratori all'interno dell'UE e spinge per un miglioramento dei servizi di intermediazione, soprattutto attraverso la messa in comune delle buone prassi. A tale proposito, ricorda che nel giugno 2014 è entrata in vigore la decisione n. 573/2014/UE, su una cooperazione rafforzata dei servizi per l'impiego (SPI), allo scopo di formalizzare la rete di collaborazione attualmente esistente e funzionante su base volontaria. Agli SPI è riconosciuto un ruolo di primo piano anche nella proposta di riforma di EURES, la piattaforma informatica comune che ha la finalità di Pag. 30permettere l'incontro, da un lato, delle offerte di lavoro e, dall'altro, delle domande di lavoro e dei curricula (CV), contenuta nella proposta di regolamento (COM(2014)6), presentata lo scorso gennaio dalla Commissione europea e discussa in Consiglio lo scorso 19 giugno.
  Richiama inoltre l'attenzione sui dati elaborati da Eurostat in merito alla spesa per le politiche del lavoro in Italia, in raffronto con gli altri Stati membri dell'Unione europea. Dall'analisi di tali dati, emerge che la spesa dell'Italia per le politiche del lavoro è stata pari all'1,99 per cento del PIL (circa 31 miliardi di euro) nel 2012 (in crescita rispetto all'1,7 per cento del 2011), di poco superiore alla media dei 28 Paesi dell'Unione europea (1,89 per cento) e alla Germania (1,67 per cento). Ciò che differenzia notevolmente l'Italia dagli altri Paesi europei, è la ripartizione della spesa per le politiche del lavoro tra le sue diverse componenti (servizi per il lavoro, politiche attive e politiche passive), con una spesa per politiche attive assai ridotta al confronto di quella per politiche passive (sostegni al reddito e prepensionamenti).
  I commi 5-6 recano una delega al Governo per la definizione di norme di semplificazione e di razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti, a carico di cittadini e imprese, relativi alla costituzione ed alla gestione dei rapporti di lavoro, nonché in materia di igiene e sicurezza del lavoro.
  I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega sono: la razionalizzazione e la semplificazione (anche mediante abrogazione di norme) delle procedure e degli adempimenti connessi con la costituzione e la gestione del rapporto di lavoro, con l'obiettivo di dimezzare il numero di atti di gestione, inerenti al medesimo rapporto, di carattere amministrativo (lettera a)); l'eliminazione e la semplificazione, anche mediante norme di carattere interpretativo, delle disposizioni interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi (lettera b)); l'unificazione delle comunicazioni alle pubbliche amministrazioni per i medesimi eventi e l'obbligo delle stesse amministrazioni di trasmetterle alle altre amministrazioni competenti (lettera c)); il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali esse siano in possesso (lettera d)); il rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e l'abolizione della tenuta di documenti cartacei (lettera e)), nonché l'individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere, esclusivamente in via telematica, tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro (lettera h)); la revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell'eventuale natura formale della violazione ed in modo da favorire l'immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché la valorizzazione degli istituti di tipo premiale (lettera f)); l'adozione di modalità semplificate per garantire la data certa nonché l'autenticità della manifestazione di volontà del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso del lavoratore (lettera g)); la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un'ottica di integrazione con la già prevista dorsale informativa unica e con la banca dati delle politiche attive e passive del lavoro (lettera i)); la promozione del principio di legalità ed il conferimento di priorità alle politiche intese a prevenire e scoraggiare il lavoro sommerso, ai sensi di alcune recenti risoluzioni del Parlamento europeo in materia (lettera l)).
  Ricorda che il Parlamento europeo il 9 ottobre 2008 ha approvato una specifica risoluzione ((2008/2035(INI)) sul rafforzamento della lotta al lavoro sommerso. In particolare, il Parlamento europeo auspica l'adozione da parte dell'Unione europea di una strategia specifica per la lotta contro il lavoro nero e la promozione dell'emersione del lavoro irregolare. Chiede anche incentivi, quali l'aumento dell'aliquota di Pag. 31reddito non imponibile e la riduzione dei costi non salariali e degli oneri amministrativi che gravano sulle piccole e medie imprese. Infine, invitando gli Stati membri ad esaminare la possibilità di introdurre salari minimi, sollecita sanzioni severe per i datori di lavoro che occupano manodopera in nero e misure per la tutela dei lavoratori migranti. Da ultimo, il Parlamento europeo auspica la promozione della libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri, dal momento che le limitazioni esistenti causano l'aumento del ricorso al lavoro sommerso e determinano squilibri territoriali. Ricorda inoltre che il 14 gennaio 2014, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione (2013/2112(INI)) sulla necessità di incrementare il personale e le risorse necessarie per effettuare le ispezioni sul lavoro negli Stati membri, al fine di contrastare il lavoro sommerso, quello autonomo fittizio e il dumping sociale. A tale proposito, il Parlamento europeo auspica il potenziamento della cooperazione transfrontaliera, creando una piattaforma europea per gli ispettori del lavoro dedicata alla questione del lavoro sommerso e volta ad identificare e monitorare le società di comodo e operazioni similari. Inoltre, il Parlamento europeo invita la Commissione a valutare l'opportunità di introdurre una tessera europea di previdenza sociale o altro analogo documento elettronico europeo, che sia assoggettato a norme rigorose in materia di protezione dei dati, e a condurre un progetto pilota relativo a un meccanismo europeo di allarme rapido che segnali i casi di lavoro sommerso. Nella risoluzione, infine, si ribadisce la necessità di istituire nuove misure comunitarie volte a combattere il dumping sociale.
  Il comma 7 reca una delega al Governo per il riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e delle tipologie dei relativi contratti, nonché per la razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva. I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega sono stabiliti dalle lettere da a) ad i).
  Per quanto concerne il riordino delle forme contrattuali, i principi e criteri direttivi a) ed h) prevedono l'individuazione e l'analisi di tutte le forme contrattuali esistenti, ai fini di poterne valutare l'effettiva coerenza con il tessuto occupazionale e con il contesto produttivo, nazionale ed internazionale, in funzione di interventi di semplificazione, modifica o superamento delle medesime tipologie contrattuali (lettera a)), nonché l'abrogazione di tutte le disposizioni che disciplinano le singole forme contrattuali, incompatibili con le disposizioni del testo organico semplificato, al fine di eliminare duplicazioni normative e difficoltà interpretative e applicative (lettera h)).
  Alla lettera b) si prevede di promuovere – in coerenza con le indicazioni europee – il contratto a tempo indeterminato come forma privilegiata di contratto di lavoro rendendolo più conveniente rispetto agli altri tipi di contratto in termini di oneri diretti e indiretti.
  A tale riguardo, segnala che la configurazione a livello europeo del contratto a tempo indeterminato come forma comune dei rapporti di lavoro è contenuta principalmente nella Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999, che recepisce l'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato intervenuto tra CES (Confederazione europea dei sindacati), UNICE (Unione delle confederazioni europee dell'Industria e dei datori di lavoro) e CEEP (Associazione europea delle imprese partecipate dal pubblico e di interesse economico generale). Al punto 6 delle Considerazioni generali dell'Accordo le parti affermano esplicitamente che «i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento». Tale affermazione è riportata anche dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 368 del 2001 (così come modificato, da ultimo, dalla legge n. 92 del 2012) di recepimento della direttiva richiamata dove si legge che «il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro».
  Inoltre, tra i principi e i criteri direttivi rientrano: la previsione, per le nuove assunzioni, Pag. 32del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio (lettera c)); la revisione della disciplina delle mansioni, in caso di processi di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale individuati sulla base di parametri oggettivi, contemperando l'interesse dell'impresa all'utile impiego del personale con l'interesse del lavoratore alla tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita ed economiche, prevedendo limiti alla modifica dell'inquadramento; previsione che la contrattazione collettiva, anche aziendale ovvero di secondo livello, stipulata con le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria possa individuare ulteriori ipotesi rispetto a quelle disposte ai sensi della presente lettera (lettera d)); una revisione della disciplina dei controlli a distanza, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore (lettera e)); l'introduzione, anche in via sperimentale, del compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonché ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, previa consultazione delle parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (lettera f)); la previsione, tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo n. 276 del 2003, della possibilità di estendere il ricorso a prestazioni di lavoro accessorio per le attività lavorative discontinue e occasionali nei diversi settori produttivi, fatta salva la piena tracciabilità dei buoni lavoro acquistati, con contestuale rideterminazione contributiva (lettera g)).
  Quanto alla razionalizzazione e semplificazione dell'attività ispettiva, si prevedono misure di coordinamento ovvero l'istituzione, ai sensi del decreto legislativo n. 300 del 1999, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale (lettera i)).
  I commi 8 e 9 recano una delega al Governo per la revisione e l'aggiornamento delle misure intese a tutelare la maternità e le forme di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
  I principi ed i criteri direttivi per l'esercizio della delega sono: la ricognizione delle categorie di lavoratrici beneficiarie dell'indennità di maternità, nella prospettiva di estendere, eventualmente anche in modo graduale, tale prestazione a tutte le categorie di donne lavoratrici (lettera a)); l'estensione alle lavoratrici madri «parasubordinate» del diritto alla prestazione di maternità anche in assenza del versamento dei contributi da parte del datore di lavoro (c.d. principio di automaticità della prestazione) (lettera b)); l'introduzione di un credito d'imposta, inteso ad incentivare il lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, che abbiano figli minori o figli disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, nonché l'armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico (lettera c)); l'incentivazione di accordi collettivi intesi a facilitare la flessibilità dell'orario di lavoro e dell'impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio delle responsabilità di genitore, l'assistenza alle persone non autosufficienti e l'attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro (lettera d)); l'eventuale riconoscimento, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali Pag. 33retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi (rispetto a quelli previsti dalle norme statali) spettanti in base al contratto collettivo nazionale, in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessiti di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute (lettera e)); la promozione dell'integrazione dell'offerta di servizi per l'infanzia, forniti dalle aziende e dai fondi o enti bilaterali, nel sistema pubblico-privato dei servizi alla persona, anche mediante la promozione dell'impiego ottimale di tali servizi da parte dei lavoratori e dei cittadini residenti nel territorio in cui sono attivi (lettera f)); la ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini di poterne valutare la revisione, per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese (lettera g)); l'estensione dei principi e dei criteri direttivi di cui al comma 9, in quanto compatibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato ed alle misure organizzative intese al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (lettera h)).
  Infine, i commi 10-14 dettano disposizioni comuni per l'esercizio delle deleghe.

  Chiara SCUVERA (PD) ringrazia la relatrice per l'illustrazione approfondita, che tiene conto della normativa di riferimento a livello europeo. A tale proposito non si può non rilevare come purtroppo la situazione italiana sia sostanzialmente difforme rispetto a quanto indicato dall'Unione europea nella direttiva 1999/70/CE, laddove si individua il contratto a tempo indeterminato come forma comune dei rapporti di lavoro. In Italia, infatti, il lavoro è in gran parte precario e le modalità di lavoro cui accedono i giovani sono prevalentemente volatili.
  La riforma proposta dal disegno di legge in esame è dunque necessaria solo se raggiunge l'obiettivo di dare effettiva prevalenza, nel mercato italiano del lavoro, al contratto a tempo indeterminato. Si tratta di una finalità imprescindibile, che occorrerebbe a suo avviso richiamare nelle premesse al parere che la Commissione dovrà esprimere, al fine di superare tutte quelle forme contrattuali precarie che sono di ostacolo alla piena realizzazione degli obiettivi personali e professionali delle giovani generazioni.
  Ritiene inoltre molto importante l'accento posto dal provvedimento sulle misure per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che vengono finalmente sistematizzate, introducendole nell'ordinamento come principio organizzativo che può anche sostenere la competitività del sistema produttivo. Ricorda in proposito come le multinazionali statunitensi facciano ampio ricorso agli istituti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro con evidenti effetti positivi non solo in termini di benessere dei lavoratori ma anche di riduzione dei costi interni e di accresciuta competitività. A tale proposito riterrebbe opportuno richiamare nel parere la ricorrenza, nel 2013, dell'anno della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, e sottolineare l'importanza che tali istituti, esplicitamente individuati, divengano un criterio di efficacia cui i datori di lavoro si ispirino, sia nel settore pubblico che nel privato.

  Tea ALBINI (PD) richiama il rilievo politico della materia affrontata dal disegno di legge in esame – che conferisce ampie deleghe al Governo – e rispetto alla quale si manifestano posizioni molto diversificate. A dimostrazione di tale complessità ricorda come sul tema si siano susseguiti, nel tempo, diversi provvedimenti di delega rimasti inattuati.
  Per tale motivo esprime una valutazione fortemente critica sul fatto che una così vasta riforma delle politiche del lavoro Pag. 34sia oggetto di una delega di ampia portata, laddove si sarebbe dovuto procedere con uno specifico e attento approfondimento in sede parlamentare.

  Michele BORDO, presidente, invita la relatrice a tenere conto delle osservazioni emerse nella predisposizione della proposta di parere, che auspica possa essere trasmessa a tutti i componenti della Commissione nella serata odierna, ai fini di una sua approvazione nella seduta già convocata per domani mattina alle ore 9.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.35.