CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 novembre 2014
334.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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COMITATO DEI NOVE

  Giovedì 13 novembre 2014.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema di accoglienza e di identificazione, nonché sulle condizioni di trattenimento dei migranti nei centri di accoglienza, nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e nei centri di identificazione ed espulsione.
Emendamenti Doc XXII, n. 18-19-21-A.

  Il Comitato si è riunito dalle 9.20 alle 9.30 e dalle 11.25 alle 11.30.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 13 novembre 2014. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 14.05.

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Nell'ambito dell'esame dei progetti di legge costituzionale in materia di revisione della parte seconda della Costituzione.
Sulla pubblicità dei lavori.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'Associazione degli ex Parlamentari della Repubblica.
(Svolgimento e conclusione).

  Gerardo BIANCO, presidente dell'Associazione ex parlamentari della Repubblica, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, dopo aver ringraziato il presidente Bianco per la sua partecipazione, dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.20.

  N.B.: Il resoconto stenografico dell'audizione è pubblicato in un fascicolo a parte.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 13 novembre 2014. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, Ivan Scalfarotto.

  La seduta comincia alle 14.20.

Revisione della parte seconda della Costituzione.
C. 8 cost. d'iniziativa popolare, C. 14 cost. d'iniziativa popolare, C. 21 cost. Vignali, C. 148 cost. Causi, C. 178 cost. Pisicchio, C. 179 cost. Pisicchio, C. 180 cost. Pisicchio, C. 243 cost. Giachetti, C. 284 cost. Francesco Sanna, C. 398 cost. Caparini, C. 399 cost. Caparini, C. 568 cost. Laffranco, C. 579 cost. Palmizio, C. 580 cost. Palmizio, C. 581 cost. Palmizio, C. 757 cost. Giancarlo Giorgetti, C. 839 cost. La Russa, C. 861 cost. Abrignani, C. 939 cost. Toninelli, C. 1439 cost. Migliore, C. 1543 cost. Governo, C. 1660 cost. Bonafede, C. 1748 cost. Brambilla, C. 1925 cost. Giancarlo Giorgetti, C. 2051 cost. Valiante, C. 2147 cost. Quaranta, C. 2221 cost. Lacquaniti, C. 2227 cost. Civati, C. 2293 cost. Bossi, C. 2329 cost. Lauricella, C. 2338 cost. Dadone, C. 2378 cost. Giorgis, C. 2402 cost. La Russa, C. 2423 cost. Rubinato, C. 2458 cost. Matteo Bragantini, C. 2462 cost. Civati, C. 2499 cost. Francesco Sanna, C. 2613 cost. Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento delle proposte di legge costituzionale nn. 32, 33, 34, 177, 355, 466, 582, 758, 1002, 1319, 1706 e 1953).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'11 novembre 2014.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, a seguito di quanto convenuto nella riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi della Commissione, dello scorso 12 novembre, propone che sia disposto l'abbinamento delle seguenti proposte di legge costituzionale in materia di elettorato attivo e passivo alle proposte di legge già all'ordine del giorno: n. 177 Pisicchio: «Modifica dell'articolo 58 della Costituzione in materia di elezione dei senatori della Repubblica»; n. 355 Lenzi: «Modifiche agli articoli 56 e 58 della Costituzione. Riduzione dei limiti di età per l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni politiche»; n. 466 Vaccaro: «Modifiche agli articoli 56 e 58 della Costituzione in materia di elettorato attivo e passivo per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica»; n. 1319 Giorgia Meloni: «Introduzione dell'articolo 31-bis Pag. 19e modifiche agli articoli 56, 58 e 84 della Costituzione, concernenti la partecipazione dei giovani alla vita economica, sociale, culturale e politica della nazione nonché i requisiti di età per l'elezione del Presidente della Repubblica e dei membri del Parlamento»; n. 1706 Pierdomenico Martino: «Modifica dell'articolo 58 della Costituzione, in materia di elettorato attivo e passivo per l'elezione del Senato della Repubblica».
  A seguito di quanto convenuto nella richiamata riunione dell'Ufficio di Presidenza, propone altresì che sia disposto l'abbinamento, alle proposte di legge già all'ordine del giorno, delle seguenti proposte di legge costituzionale che affrontano il tema della procedura per la costituzione e la modifica dell'attuale assetto delle regioni e dell'istituzione di nuove regioni e di province speciali: n. 32 Cirielli: «Modifica dell'articolo 131 della Costituzione, concernente l'istituzione della Regione dei due Principati»; n. 33 Cirielli: «Modifica dell'articolo 131 della Costituzione, concernente l'istituzione della regione ’Principato di Salerno»; n. 34 Cirielli: «Modifica all'articolo 132 della Costituzione, concernente il procedimento per l'istituzione di nuove regioni e la fusione di regioni esistenti»; n. 379 Bressa: «Istituzione della provincia speciale montana di Belluno»; n. 582 Palmizio: «Abrogazione dell'articolo 116 della Costituzione e degli statuti speciali regionali nonché disposizioni in materia di accorpamento delle regioni»; n. 758 Giancarlo Giorgetti: «Modifiche agli articoli 116, 117 e 119 della Costituzione, concernenti l'attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni e l'istituzione delle Macroregioni, attraverso referendum popolare, con attribuzione alle medesime di risorse in misura non inferiore al 75 per cento del gettito tributario prodotto nel loro territorio, nonché disposizione transitoria riguardante il trasferimento delle funzioni amministrative ai Comuni e alle Regioni»; n. 1002 Gianluca Pini: «Istituzione della Regione Romagna»; n. 1953 Cirielli: «Modifiche al titolo V della parte II della Costituzione, in materia di soppressione delle regioni e delle province e di costituzione di trentasei nuove regioni.

  La Commissione approva la proposta del presidente.

  Giuseppe LAURICELLA (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, segnala che sul sito internet del Dipartimento per le riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri è stato pubblicato un avviso pubblico, finalizzato alla ricezione di manifestazioni di interesse, concernente una ricerca comparativa con l'ordinamento dei Paesi europei e con gli ordinamenti di Canada, Stati Uniti e Australia, avente ad oggetto i sistemi elettorali in rapporto alla forma di governo e gli effetti di ciascun sistema sui partiti, in vista del completamento, entro il 2015, del percorso di riforme costituzionali in atto.
  Chiede, quindi, di avere chiarimenti al riguardo, anche al fine di sapere se il processo di revisione costituzionale debba essere interrotto in attesa dell'esito della ricerca commissionata.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, rileva che la questione sollevata dal deputato Lauricella non incide sull'ordinario andamento dei lavori della I Commissione in materia di riforme costituzionali. Trattandosi, evidentemente, di una questione di natura politica, sarà eventualmente il Governo a fornire elementi informativi relativamente alla pubblicazione del suddetto avviso. La presidenza della Commissione, dal canto suo, non può che prendere atto di un'attività di ricerca che rientra pienamente nella sfera di autonomia e di competenza del Dipartimento per le riforme istituzionali.

  Emanuele FIANO (PD), relatore, ritiene che non si ponga alcuna questione, nemmeno sul piano politico.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) esplicita la ratio della sua richiesta, volta a conoscere le motivazioni che hanno indotto il Governo a commissionare una ricerca Pag. 20volta ad approfondire temi ampiamente dibattuti nel corso delle audizioni svoltesi presso le Commissioni di merito alla Camera e al Senato. Si domanda, quindi, se il Governo ritiene che gli esperti retribuiti siano più competenti di quelli che non percepiscono alcun compenso, dal momento che i soggetti che saranno selezionati per lo svolgimento della suddetta ricerca percepiranno un corrispettivo per la prestazione svolta.

  Il sottosegretario Ivan SCALFAROTTO, riservandosi di rispondere nel merito per quanto riguarda la richiesta formulata, fa tuttavia presente che presso tutti i dicasteri nonché i dipartimenti della Presidenza del Consiglio ha luogo in via ordinaria lo svolgimento di attività di approfondimento su temi di rispettiva competenza.
  Nel caso di specie, ritiene che la conoscenza delle pratiche in uso presso gli ordinamenti stranieri costituisca di per sé una buona pratica, evidenziando come la ricerca in oggetto verta su materie rientranti indubbiamente nella competenza del Dipartimento per le riforme istituzionali.

  Danilo TONINELLI (M5S), ringraziando il collega Lauricella per la segnalazione effettuata, rileva l'incoerenza dell'iniziativa governativa che, in deroga all'annunciata politica di spending review, prevede l'affidamento dello svolgimento di una ricerca dietro corrispettivo nonostante i medesimi temi siano stati approfonditi nel corso dell'indagine conoscitiva, nell'ambito della quale sono stati auditi i massimi esperti, oltre all'apporto fornito dai servizi di documentazione della Camera e del Senato, veri e propri centri di eccellenza.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, dopo aver ribadito che il Governo potrà fornire una risposta più dettagliata, essendosi riservato sul punto, avverte che si procederà al seguito dell'esame preliminare del provvedimento in titolo.

  Giuseppe LAURICELLA (PD) fa presente, in premessa, che intende ribadire un concetto già proposto in questa sede, all'inizio dell'esame al Senato, in occasione della prima seduta alla presenza del Ministro per le riforme costituzionali. Il concetto era, e rimane, a suo avviso il seguente: oggi, in questo contesto e in ordine al tema che si discute e si sta svolgendo, il Parlamento sta assumendo una posizione in qualche misura non inferiore a quella dei padri costituenti ed in questa veste è chiamato a svolgere un ruolo alto, con il senso di responsabilità e di equilibrio che si addice, e, dunque, oltre la posizione partitica che ciascuno dei colleghi ordinariamente tiene. Il senso dello Stato e delle istituzioni democratiche, sebbene ultimamente eluso, per non dire mortificato, devono entrambi costituire, a suo avviso, il fulcro dei ragionamenti e della condotta da seguire, specialmente quando l'oggetto di cui si discute è la riforma della Costituzione, e, in particolare, la struttura, le competenze del Parlamento e la distribuzione della potestà legislativa tra Stato e Regioni. Tutto ciò, non dimenticando che ogni decisione finirà con l'incidere, inevitabilmente, sul tasso di democraticità del sistema nel suo complesso. Per tali profonde e importanti ragioni, gli sembrerebbe sbagliato sacrificare spazi di tempo per la discussione – come già avvenuto per la legge elettorale – perché si rischierebbe di non analizzare, con la dovuta attenzione, ogni comma che si propone, sapendo che si sta costruendo un sistema che regolerà la vita istituzionale dei prossimi decenni, con conseguenti effetti politici, economici e sociali. Osserva che sarebbe, questa volta, inaccettabile. Un dato che ritiene fondamentale, qualunque sia il modello che si andrà a definire, è quello di saper garantire almeno lo stesso grado di democrazia e di libertà che fino ad oggi è stato garantito. Ed è per tali ragioni che, all'inizio suggeriva l'atteggiamento oltre la posizione politica.
  D'altra parte, i nostri padri costituenti, quando concepirono la Carta costituzionale entrata in vigore nel ’48, costruirono un sistema che avrebbe dovuto garantire, Pag. 21al di là delle posizioni politiche presenti all'epoca, la democrazia e la libertà per le presenti e future generazioni, senza preoccuparsi di trovare soluzioni utili o funzionali al governo allora in carica. Evidenzia che allora ci sono riusciti. Questo è l'atteggiamento con cui intende porsi nei confronti della riforma che la Commissione è chiamata a discutere e spera sia l'atteggiamento di ciascuno dei componenti di questa Commissione.
  Lo dice da parlamentare appartenente alla forza politica maggioritaria nel Paese, che sostiene un governo guidato dal proprio segretario, quindi, con il senso dello Stato che deve caratterizzare tutti. Fatta questa premessa, si chiede perché si sta proponendo la riforma del bicameralismo paritario, domanda che nasce da ciò che ancora oggi, spesso, si sente dire anche tra colleghi deputati, quando, in occasione di certe leggi, capita di elogiare l'intervento della seconda Camera che, a volte, attenua eccessi prodotti dall'altro ramo del Parlamento.
  Ma, nonostante ciò, si è oggi tutti concordi nel voler superare il modello «paritario» per accedere a quello «differenziato», prevedendo una seconda Camera, il Senato, di rappresentanza diversa, con funzioni diverse; una forma di governo sempre parlamentare, con fiducia concessa o revocata da una Camera, la Camera dei Deputati, per giungere ad un sistema che assicuri anche un effettivo snellimento del procedimento legislativo, che non deve, però, condurre ad una minore qualità o ponderazione. Se questi sono gli obiettivi, non esiste un unico modo di declinazione dei meccanismi o delle formule per raggiungerli. Certo è che, a suo avviso, il sistema approvato dal Senato non sembra offrire, fino ad oggi, le migliori garanzie, sul piano dell'equilibrio e della separazione fra i poteri. E ciò non costituisce soltanto una sua opinione, ma lo dicono – tranne rarissime eccezioni, che comunque non giungono mai ad un giudizio positivo sull'intero impianto – tutti gli esperti di diritto costituzionale italiano e comparato che fin qui auditi dalla Commissione.
  Nel merito, fa presente, non entrando nei particolari, riservandosi di farlo in occasione della discussione sui singoli articoli, che la proposta di riforma appare «originale» – se non singolare – in molti suoi aspetti. La riforma, infatti, si occupa di rappresentanza territoriale del Senato, ma non disciplina coerentemente il modello di composizione e di partecipazione dei Senatori. Volendo accedere all'idea della «territorialità», sarebbe, a suo avviso, più coerente giungere al modello tedesco del Bundesrat, quale organo permanente, con rappresentanza dei governi delle regioni (in base agli abitanti) e con voto unico e univoco, magari liberato dal divieto del vincolo di mandato, altrimenti, si rischia di costruire un sistema che prevede, anche se con elezioni di secondo grado, una rappresentanza politica, di natura partitica, alla quale verrebbe negato, irragionevolmente e contraddittoriamente, il potere di esprimere la fiducia al governo. In ogni caso, qualora il «modello Bundesrat» non trovasse margini di condivisione, se ne potrebbe mutuare, almeno, il principio del voto – si direbbe – «globalmente espresso», sapendo che eventuali dissensi nell'espressione di voto potrebbero essere superati dalla maggioranza della rappresentanza della relativa Regione.
  Non c’è dubbio, a suo avviso, che il modo di composizione del Senato proposto non contempla la presenza dei Presidenti delle Regioni, aprendo a possibili antinomie tra indirizzo del governo regionale e rappresentanza regionale nel Parlamento nazionale. Osserva, pertanto, che potrebbero essere due i correttivi a tale questione, escludendo – per le stesse ragioni che di seguito dirà in ordine ai sindaci – la presenza diretta dei Presidenti regionali: il voto globale con mandato imperativo; i rappresentanti indicati, in sede di candidatura, dal candidato alla presidenza della Regione, offrendo, in tal modo, anche una possibile legittimazione diretta.
  In tale contesto, non comprende quale logica abbia prevedere la presenza dei sindaci, chiamati a svolgere un ruolo aggiuntivo Pag. 22– avulso dal carattere «amministrativo» ordinario – nella pratica impossibile, data la complessità del ruolo che normalmente sono già chiamati a svolgere. Tanto è vero, che in Francia, la legge organica di inizio anno (n. 125 del 2014) stabilendo il divieto di cumulo delle funzioni esecutive locali, non solo comunali ma anche, addirittura, regionali, con il mandato parlamentare, ha eliminato i Sindaci dal Senato francese, proprio perché non garantiscono la loro partecipazione e, dunque, un impegno pieno.
  Segnala che le funzioni del Senato, tranne in qualche raro caso, sono di fatto di natura consultiva, atteso che l'organo viene chiamato ad esprimere pareri, certamente non vincolanti, anche in materie che riguardano le Regioni e magari gli strumenti anche finanziari che incidono sul modo in cui le regioni dovrebbero amministrare. Al contrario, bisognerebbe, a suo avviso, prevedere, come in altri sistemi analoghi, che il voto del Senato sia superabile dalla Camera dei Deputati soltanto con una maggioranza almeno uguale. A tal riguardo, e, al fine di prevenire i conflitti, ritiene che sarebbe funzionale una Commissione di mediazione tra le due Camere.
  Peraltro, non può, a suo avviso, sfuggire l'esempio offerto dal sistema statunitense, a forma presidenziale, in cui, all'articolo 1 della Costituzione si rileva la forma bicamerale della struttura parlamentare, con l'indistinto richiamo al Congresso, quale organo cui viene affidata la funzione legislativa. Da qui, il ruolo rilevante attribuito al Senato, sia nell’iter legislativo, sia, in modo esclusivo, nella funzione di controllo nei confronti del Presidente federale, per non dire, poi, del ruolo in sede di modifica costituzionale. A ciò aggiunge che, anche nei sistemi in cui le seconde Camere siano elette con elezioni di secondo grado e non esprimano la fiducia al governo, non viene ad esse assegnato un ruolo meramente consultivo, pur nella prevalenza della volontà della Camera di rappresentanza generale.
  Rimanendo sul piano generale, rileva che va ripensata la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni e, al contempo, il tipo di potestà legislativa che, così come viene definita nella proposta di riforma, finirà con il moltiplicare i conflitti e le questioni di legittimità (se non i conflitti di attribuzione) tra Stato e Regioni.
  Osserva che oggi viene proposto uno schema in cui lo Stato può intervenire successivamente, di fatto, avocando a sé la disciplina di una determinata fattispecie, quando, invece, sarebbe opportuno – alla luce anche delle considerazioni offerte dalle recenti audizioni – riconsiderare il modello della potestà legislativa, in favore del tipo concorrente, che consentirebbe, in via preventiva, l'individuazione degli ambiti da affidare alla disciplina di dettaglio regionale. Una scelta che creerebbe un sistema più chiaro e, dunque, meno conflittuale.
  A tal proposito, andrebbe eliminato il ricorso diretto da parte delle Regioni alla Corte costituzionale qualora il Senato si esprimesse favorevolmente su una proposta di legge.
  Riterrebbe, per inciso, importante estendere a tutte le leggi il controllo di costituzionalità, previsto nella proposta di riforma solo per le leggi elettorali, con richiesta avanzata, prima della promulgazione, da parte di una minoranza o da ciascun Presidente delle Camere, e deciso dalla Corte costituzionale entro termini brevissimi, mutuando, in linea di massima, dal modello francese, in cui la dichiarazione di conformità alla Costituzione da parte del Consiglio costituzionale avviene entro un mese e, in caso di urgenza del governo, entro otto giorni.
  In tale contesto di «garanzia», ritiene necessario prevedere, oltre a forme di partecipazione popolare, il parere vincolante del Senato, quale tramite delle Regioni, quando lo Stato fosse chiamato a decidere in ordine alle adesioni ai Trattati sull'Unione europea, al fine di evitare errori o vincoli che hanno finito con il ricadere sulla vita delle Regioni e dei cittadini, a loro totale insaputa, nonostante i limiti sanciti nei principi fondamentali della Costituzione, peraltro, da ultimo richiamati Pag. 23dalla Corte costituzionale (sentenza n. 238 del 2014) quali insuperabili perfino dai trattati internazionali o sovranazionali.
  Ricorda che il tema della connessione tra riforma costituzionale ed effetti economici, ripreso e sottolineato con esemplare attenzione, nella sua relazione di replica, dal collega Fiano, capogruppo e relatore del provvedimento, così come dallo stesso Presidente del Consiglio, rappresenta uno dei più fondamentali. Per tali ragioni va inserita la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, per ciò che concerne il principio dell'equilibrio di bilancio, del patto di stabilità interno, sia a livello statale, sia a livello periferico, tanto da doversi estendere la modifica anche agli articoli 97 e 119 della Carta.
  Ritiene che l'idea, o quantomeno l'effetto, di spostare l'asse in favore dell'esecutivo, deve indurre ad aumentare, e non a diminuire, elementi di contrappeso, sia in termini di funzioni e strumenti da assicurare alle due Camere, sia in termini di limiti di strumenti legislativi riconosciuti al Governo.
  Osserva, pertanto, che, ammesso che si arrivi a confermare il cosiddetto voto a data certa o fissa nel testo costituzionale (considerando preferibile la sede regolamentare), tale strumento non può, nel caso, che prevedersi, oltre che per certi tipi di leggi come è già previsto, anche limitandone il numero di volte in cui può essere richiesto dal Governo, come d'altra parte veniva fatto rilevare dalla Commissione di saggi nominata dal Presidente della Repubblica, considerato che non si rintraccia tale istituto in nessuna Costituzione democratica. D'altra parte evidenzia, come ha avuto modo di rilevare in occasione delle audizioni degli esperti, trovando condivisione, che lasciare il meccanismo come è oggi previsto dalla proposta di riforma equivarrebbe ad eludere l'uso del decreto legge, consentendo di rivendicare il ripristino del rispetto dell'articolo 77 della Costituzione, finendo con il costruire una finzione giuridica, oltre che politica. Qualora, inoltre, si pervenisse all'idea di riconoscere la funzione parlamentare a vita, andrebbe, a suo avviso, prevista esclusivamente per gli ex Presidenti della Repubblica, nell'ambito della Camera dei deputati, visto il carattere territoriale del Senato, e soppressa per tutti gli altri, anche per quelli attualmente in carica.
  Sottolinea, peraltro, che forme di riconoscimento e di gratificazione possono essere previste in altro modo, comunque in termini di onorificenze, senza indennità.
  In definitiva, ritiene che, quelli appena ricordati, sono alcuni aspetti che possono, a suo avviso, offrire un sistema più equilibrato, rispondente agli obiettivi, se sono davvero quelli dichiarati. Osserva che l'equilibrio del sistema parlamentare che si vuol costruire va trovato anche attraverso il modo di elezione del Presidente della Repubblica, dei membri della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, che non può essere affidato ai quorum vigenti e neanche al criterio assunto nel testo approvato dal Senato. E ciò soprattutto se il sistema elettorale che si vuol adottare è quello oggi all'esame del Senato, approvato dalla Camera non conoscendo il testo di riforma costituzionale di cui si discute.
  Conseguentemente, in relazione all'elezione del Presidente della Repubblica, ritiene che tre possono essere le vie possibili, per evitare che in futuro sia, di fatto, soltanto la maggioranza della Camera dei Deputati a determinarne l'elezione: triplicare, almeno in occasione della formazione del «collegio elettorale», la rappresentanza regionale al Senato, tornando a valutare l'opportunità di includere nel «collegio elettorale» anche i parlamentari europei; adottare un unico quorum dei due terzi in modo da «costringere», opportunamente, alla condivisione della scelta; in mancanza delle precedenti opzioni, non può ritenersi coerente un sistema elettorale per l'elezione dei membri della Camera dei Deputati che preveda premi di maggioranza e soglie di sbarramento oltre il 2-3 per cento, perché, in caso contrario, non si potrebbe, a suo avviso, assicurare quella imprescindibile Pag. 24condivisione, anche oggi perseguita, a garanzia dell'equilibrio e della divisione fra i poteri.
  In altri termini, rileva che la condivisione deve essere garantita quando si tratta di formare gli organi costituzionali o di rilievo costituzionale, soprattutto se si discute di una legge elettorale, l’Italicum, la quale, certamente, non contribuirebbe a garantire un equilibrio, né i principi caratterizzanti uno Stato di democrazia «classica», in cui deve assicurarsi la tutela del diritto delle minoranze. Anche per tali ragioni ritiene opportuno che l'approvazione della legge elettorale segua quella della revisione costituzionale.
  In tal senso, rileva poco, a suo avviso, la facile eccezione riguardante l'esperienza di questi mesi. Osserva, anzi, che proprio l'esperienza vissuta per l'elezione dei membri della Corte costituzionale e del Consiglio superiore della magistratura, per non ricordare anche quella per l'elezione del Presidente della Repubblica, rappresenta un modello positivo sotto il profilo della «necessaria condivisione».
  Fa presente che tale condivisione andrebbe sempre garantita nel procedimento di revisione costituzionale, anche attraverso meccanismi proposti in questa legislatura – in tal senso, richiama la proposta di legge costituzionale n. 357 del marzo 2013.
  Inoltre, in tema di rappresentanza e di mantenimento dell'utilità del ruolo del Parlamento, e, segnatamente, della Camera dei Deputati nell'idea di riforma proposta, risultano, a suo avviso, allarmanti le affermazioni di Barroso in occasione dell'ultimo suo discorso da Presidente della Commissione europea, che, qualora trovassero applicazione, finirebbero con il togliere ai parlamenti nazionali qualsiasi capacità decisionale, con conseguente preoccupante affievolimento del principio democratico del sistema.
  Dunque, ritiene necessario, se tutti i colleghi sono in buona fede e si ritengono ancora rappresentanti del popolo, quale detentore di sovranità, pensare a misure che scongiurino tali aspirazioni. D'altra parte, le battaglie che, per primo, il Presidente del consiglio sta sostenendo a livello europeo possono trovare, a suo avviso, il coerente riscontro già nell'ambito della Costituzione se si saprà, per un verso, evitare che il Parlamento diventi un mero organo di «ratifica» delle scelte, soprattutto, economiche e finanziarie adottate in Europa e, per l'altro, avere il coraggio di restituire, attraverso la modifica dell'articolo 81 della Costituzione, quello strumento che possa consentire di cambiare politica economica in senso keynesiano (basata sulla domanda e l'intervento pubblico), abbandonando la politica del rigore e dell'austerità, cui si sarà obbligati fino a quando esisterà in Costituzione, quale regola, il principio dell'equilibrio di bilancio, e, quale eccezione, il ricorso agli investimenti e all'indebitamento. Rileva che nessun tipo di riforma sarà sufficiente alla ripresa economica e sociale se non si recupererà sovranità. Osserva che, nel discorso sopra richiamato, Barroso, il quale rimane, comunque, rappresentante di una certa idea, rileva, con evidente fastidio, come i Parlamenti nazionali continuino ad avere una voce, ritenuta superflua, considerato che Commissione e Consiglio operano scelte e trovano soluzioni «nel comune interesse». Si chiede al riguardo di chi sia, peraltro, tale interesse. Per Barroso, dunque, i Consigli europei hanno il «limite» di tornare davanti ai rispettivi Parlamenti.
  Fa presente che, in sostanza, Barroso avanza l'idea di Parlamenti nazionali che devono essere chiamati unicamente a «ratificare» regole e risultati predeterminati da Commissione e Consiglio europeo. A quel punto, seguendo tale logica, si produrrà una ulteriore finzione, che equivarrebbe ad una definitiva soppressione della sovranità popolare, anche nella sua forma rappresentativa, con evidente violazione di uno dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana, come ha chiarito nel 1988 la Corte costituzionale con la sentenza n. 1146.
  Si chiede, alla luce del risultato delle elezioni di midterm negli Stati Uniti e dei conseguenti risvolti sul piano degli equilibri tra Congresso e Presidente, se il Presidente Pag. 25Obama possa mai pensare, o aver pensato, di modificare la Costituzione per scongiurare possibili «freni» parlamentari, data la maggioranza a lui oggi opposta nei due rami legislativi. La risposta è, a suo avviso, semplice ossia: impossibile, perché questa è la democrazia.
  Ricorda che Spencer, dal canto suo, prima di Barroso, ha già avvisato tutti sul punto, dicendo che «la funzione del liberismo in passato fu quella di porre un limite ai poteri del re. La funzione del vero liberismo in futuro sarà quella di porre un limite ai poteri del Parlamento». Una affermazione che in democrazia assume, a suo avviso, la forma della minaccia.
  Ritiene quindi che il Parlamento è chiamato ad evitare quella che considera una deriva, che, nel combinato disposto pareggio di bilancio – Parlamento di ratifica, mai si potrebbe verificare senza la complicità del Parlamento stesso.
  Conclude, osservando che si può procedere con riforme che adottino sistemi di un tipo piuttosto che di altro; ma si deve farlo sapendo ciò che si sta costruendo, ovvero con la consapevolezza delle scelte e di ciò che potranno essere gli effetti in un senso o nell'altro, assumendosi la responsabilità di quanto si saprà offrire ad ogni individuo in termini di democrazia.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.