CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 10 luglio 2014
269.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
Pag. 123

ATTI DEL GOVERNO

  Giovedì 10 luglio 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.35.

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali.
Atto n. 99.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, evidenzia come nella seduta odierna la Commissione avvii l'esame del primo degli schemi di decreto legislativo predisposti in attuazione della delega per la riforma del sistema fiscale, di cui alla legge n. 23 del 2014.

  Ernesto CARBONE (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere al Governo, lo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (Atto n. 99).
  Al riguardo ricorda preliminarmente che lo schema di decreto legislativo è stato predisposto sulla base della delega legislativa conferita dalla legge n. 23 del 2014, recante delega al Governo per la realizzazione di un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita da Pag. 124attuare entro dodici mesi, il quale, all'articolo 7 definisce i principi e criteri direttivi della delega volti allo specifico obiettivo della semplificazione.
  In particolare, il comma 1, lettera a), dell'articolo prevede la revisione sistematica dei regimi fiscali e il loro riordino, al fine di eliminare complessità superflue.
  Il comma 1, lettera b), contempla la revisione degli adempimenti, con particolare riferimento a quelli superflui o che diano luogo, in tutto o in parte, a duplicazioni anche in riferimento alla struttura delle addizionali regionali e comunali, ovvero a quelli che risultino di scarsa utilità per l'amministrazione finanziaria ai fini dell'attività di controllo e di accertamento o comunque non conformi al principio di proporzionalità.
  Il comma 1, lettera c), prevede la revisione, a fini di semplificazione, delle funzioni dei sostituti d'imposta e di dichiarazione, dei centri di assistenza fiscale, i quali devono fornire adeguate garanzie di idoneità tecnico-organizzativa, e degli intermediari fiscali, con potenziamento dell'utilizzo dei sistemi informatici, avendo anche riguardo ai termini dei versamenti delle addizionali comunali e regionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche.
  Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione sono contenute in altri articoli della citata delega di cui alla legge n. 23.
  In primo luogo, l'articolo 2, in materia di revisione del catasto dei fabbricati, prevede la semplificazione delle procedure di esercizio delle funzioni catastali decentrate, ivi comprese le procedure di regolarizzazione degli immobili di proprietà pubblica, e le procedure di incasso e riversamento dei diritti e dei tributi speciali catastali, la semplificazione dell'accesso da parte dei comuni, dei professionisti e dei cittadini ai dati catastali e della pubblicità immobiliare.
  L'articolo 3, nell'introdurre una delega per una complessiva razionalizzazione e sistematizzazione della disciplina attuativa e dell'accertamento dei tributi, richiama esplicitamente gli obiettivi di «semplificazione e riduzione degli adempimenti, di certezza del diritto nonché di uniformità e chiarezza nella definizione delle situazioni giuridiche soggettive attive e passive dei contribuenti e delle funzioni e dei procedimenti amministrativi».
  Nell'ambito della riforma della tassazione delle imprese di cui all'articolo 6:
   il comma 2 prevede incentivi sotto forma di minori adempimenti per i contribuenti e di riduzioni delle eventuali sanzioni, nonché forme specifiche di interpello preventivo con procedura abbreviata;
   il comma 3 prevede di garantire una migliore assistenza ai contribuenti, in particolare a quelli di minori dimensioni e operanti come persone fisiche, per l'assolvimento degli adempimenti, per la predisposizione delle dichiarazioni e per il calcolo delle imposte, prevedendo a tal fine anche la possibilità di invio ai contribuenti e di restituzione da parte di questi ultimi di modelli precompilati;
   il comma 4 prevede di istituire forme premiali, consistenti in una riduzione degli adempimenti, in favore dei contribuenti che aderiscano ai sistemi di tutoraggio;
   il comma 5, lettera a), contempla la semplificazione degli adempimenti amministrativi e patrimoniali a carico dei contribuenti che intendono avvalersi dell'istituto della rateizzazione dei debiti tributari;
   il comma 6 prevede l'eliminazione delle forme di interpello obbligatorio nei casi in cui non producano benefìci ma solo aggravi per i contribuenti e per l'amministrazione.

  L'articolo 10, in materia di revisione del contenzioso tributario e della riscossione degli enti locali, delega il Governo ad introdurre norme in materia di semplificazione e razionalizzazione della disciplina relativa al meccanismo di elezione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria nonché a prevedere gli adattamenti e le innovazioni normative e procedurali più idonei ad assicurare la semplificazione Pag. 125delle procedure di recupero dei crediti di modesta entità, nonché dispositivi, adottabili facoltativamente dagli enti locali, di definizione agevolata dei crediti già avviati alla riscossione coattiva, con particolare riguardo ai crediti di minore entità unitaria.
  L'articolo 11, comma 1, prevede poi l'istituzione di regimi semplificati per i contribuenti di minori dimensioni, nonché la semplificazione delle modalità di imposizione delle indennità e somme percepite in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, nonché di altre somme soggette a tassazione separata.
  In tema di imposta sul valore aggiunto l'articolo 13 prevede la razionalizzazione, ai fini della semplificazione, dei sistemi speciali in funzione della particolarità dei settori interessati nonché, con riferimento alle altre imposte indirette, la semplificazione degli adempimenti, la razionalizzazione delle aliquote e accorpamento o soppressione di fattispecie particolari.
  Passando a descrivere il contenuto dello schema di decreto legislativo, il quale si compone di 34 articoli, suddivisi in 6 capi, il Capo I, che contiene gli articoli da 1 a 13, reca semplificazioni per le persone fisiche.
  In particolare, rileva come l'articolo 1 introduca, al comma 1, in via sperimentale, a partire dall'anno 2015 per i redditi prodotti nel 2014, la dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell'Agenzia delle entrate. Al riguardo la norma precisa che per l'elaborazione della dichiarazione precompilata l'Agenzia delle entrate utilizza:
   le informazioni disponibili presso l'Anagrafe tributaria (quali la dichiarazione dell'anno precedente e versamenti effettuati);
   i dati trasmessi da soggetti terzi (quali banche, assicurazioni ed enti previdenziali);
   i dati contenuti nelle certificazioni rilasciate dai sostituti d'imposta con riferimento ai redditi di lavoro dipendente e assimilati, ai redditi di lavoro autonomo e ai redditi diversi (quali compensi per attività occasionali di lavoro autonomo).

  L'Agenzia delle entrate trasmette entro il 15 aprile di ciascun anno la dichiarazione precompilata, la quale può essere accettata ovvero modificata dal contribuente.
  Le tipologie di lavoratori interessati sono i titolari di redditi di lavoro dipendente, comprese le pensioni di ogni genere e assegni assimilati (ai sensi dell'articolo 49 del TUIR di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986), nonché i titolari di redditi assimilati.
  Il comma 2 prevede l'istituzione di un'apposita unità di monitoraggio all'interno dell'Agenzia delle entrate, la quale riceve e gestisce i dati dei flussi informativi utili per la predisposizione della dichiarazione precompilata verificandone la completezza, la qualità e la tempestività della trasmissione, anche con l'obiettivo di realizzare progressivamente un sistema di precompilazione di tutti i dati.
  Il comma 3 individua le modalità di accesso alla dichiarazione precompilata, che può avvenire:
   direttamente, mediante il sito internet dell'Agenzia delle entrate;
   tramite delega al proprio sostituto d'imposta;
   tramite delega al CAF ovvero ad un professionista abilitato;
   tramite ulteriori canali telematici che saranno individuati con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.

  Segnala che, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, sentita l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, sono individuate inoltre le modalità tecniche per consentire al contribuente o agli altri soggetti autorizzati di accedere alla dichiarazione precompilata resa disponibile in via telematica dall'Agenzia delle entrate. Per lo svolgimento dell'attività di assistenza fiscale, al di fuori del procedimento definito dagli articoli da 2 a 6 dello schema di decreto, la norma Pag. 126richiama il decreto legislativo n. 241 del 1997 sulla semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, il relativo regolamento attuativo decreto ministeriale n. 164 del 1999, nonché l'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013, il quale ha previsto l'ampliamento dell'assistenza fiscale a favore dei soggetti che si fossero trovati nel corso dell'anno privi di un sostituto d'imposta.
  Il comma 4 fa salva per i contribuenti interessati la possibilità di presentare la dichiarazione dei redditi con le modalità ordinarie, ovvero con la compilazione dei modelli 730 o Unico persone fisiche. Tuttavia, nel caso di presentazione del modello 730 si applicano le nuove disposizioni in materia di limiti ai poteri di controllo e di visto di conformità (previsti dagli articoli 5, comma 3, e 6, dello schema di decreto).
  Fa presente quindi come, in connessione con l'articolo 1, l'articolo 2 introduca alcuni obblighi di trasmissione da parte dei sostituti di imposta nei confronti dell'Agenzia delle entrate funzionali alla compilazione della dichiarazione dei redditi precompilata nei tempi necessari.
  In particolare, il comma 1 stabilisce che i sostituti di imposta trasmettano in via telematica all'Agenzia, entro il 7 marzo di ogni anno, i dati relativi alla certificazione unica (prevista dall'articolo 4, comma 6-ter, del decreto del Presidente della Repubblica 322 del 1998) che attesta l'ammontare complessivo delle somme erogate, delle ritenute operate, delle detrazioni d'imposta effettuate e dei contributi previdenziali e assistenziali trattenuti, nonché gli altri dati previsti. La norma prevede altresì una sanzione di 100 euro per ogni certificazione omessa, tardiva o errata. In tal caso non viene applicata la norma in tema di concorso di violazioni e continuazione (di cui all'articolo 12 del decreto legislativo n. 472 del 1997), la quale dispone un'aggravante di pena per chi viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione. Nel caso di errore nella trasmissione della certificazione, la sanzione suddetta non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza.
  Il comma 2 modifica il termine e la modalità di trasmissione da parte dei sostituti di imposta all'indirizzo telematico dove l'Agenzia delle entrate deve rendere disponibili i risultati contabili delle dichiarazioni 730. Tale modifica consente all'Agenzia delle entrate di conoscere entro il 7 marzo il recapito telematico di tutti i sostituti di imposta e di poter effettuare in tempo utile la trasmissione dei dati necessari per effettuare i conguagli sulle retribuzioni. La norma specifica che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono individuati i termini e le modalità per la variazione delle scelte da parte dei sostituti d'imposta.
  Con riferimento all'articolo 3, segnala come, in base al comma 1, al fine della compilazione della dichiarazione dei redditi da parte dell'Agenzia delle entrate prevista dall'articolo 1, si prevede che siano trasmessi all'Agenzia delle entrate (e non più all'Anagrafe tributaria) entro il 28 febbraio, i dati relativi ad alcuni oneri deducibili e detraibili sostenuti nell'anno precedente, quali interessi passivi sui mutui, premi assicurativi, contributi previdenziali, previdenza complementare. A tal fine la disposizione novella l'articolo 78, commi 25 e 26, della legge n. 413 del 1991: in particolare tra i soggetti obbligati alla trasmissione sono inserite le forme pensionistiche complementari, che si aggiungono ai soggetti che erogano mutui agrari e fondiari, imprese assicuratrici e enti previdenziali, mentre tra i dati oggetto di comunicazioni sono inseriti i contributi ad esse versate. La disposizione specifica che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono definiti le modalità e il contenuto dei flussi informativi provenienti dalle banche, dalle assicurazioni, dagli enti previdenziali e dai fondi pensione. Al fine di ottenere il rispetto del termine previsto per la trasmissione Pag. 127e la qualità dei dati inviati, viene prevista l'applicazione di un'apposita sanzione in misura fissa, pari a 100 euro, nei casi di omessa, tardiva o errata trasmissione dei dati, senza applicazione dell'aggravante in caso di concorso di violazioni e continuazione. Nel caso di errore nella trasmissione della certificazione, la sanzione suddetta non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza ovvero, in caso di segnalazione da parte dell'Agenzia delle entrate, entro i cinque giorni successivi alla segnalazione stessa.
  Il comma 2 prevede che per l'elaborazione della dichiarazione dei redditi, l'Agenzia delle entrate può utilizzare i dati del sistema Tessera Sanitaria (il quale contiene i dati relativi alle prescrizione di farmaci, di prestazioni specialistiche e dei dispositivi di assistenza protesica e di assistenza integrativa).
  Il comma 3 prevede la trasmissione telematica all'Agenzia delle entrate, da parte delle aziende sanitarie ed ospedaliere e di tutti i soggetti erogatori di prestazioni mediche e sanitarie, delle informazioni necessarie al fine di predisporre, a partire dal 2016 per l'anno d'imposta 2015, le dichiarazioni precompilate con tutti i dati relativi alle spese mediche, quelle di assistenza specifica e alle spese sanitarie che danno diritto a deduzioni dal reddito o detrazioni dall'imposta. Per le modalità di trasmissione di queste ultime il comma 4 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, mentre il comma 5 demanda ad un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle modalità tecniche di utilizzo dei dati.
  Il comma 6 attribuisce all'Agenzia delle entrate il compito di effettuare accessi e verifiche nei confronti dei soggetti terzi per verificare la correttezza dei dati trasmessi, avvalendosi dei poteri previsti dal titolo IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
  Passando a illustrare l'articolo 4, rileva come al comma 1, esso ribadisca che la dichiarazione precompilata, oltre che essere semplicemente accettata dal contribuente, può essere anche modificata.
  Il comma 2 reca modifiche al citato decreto ministeriale n. 164 del 1999 sull'assistenza fiscale resa dai Centri di assistenza fiscale, dai sostituti d'imposta e dai professionisti, al fine di armonizzare i termini di presentazione, consegna ai contribuenti e trasmissione della dichiarazione. In particolare:
   il termine per la presentazione della dichiarazione (previsto nell'articolo 13, comma 1, del decreto ministeriale), diversificato per i sostituti d'imposta entro il mese di aprile e per i CAF e i professionisti abilitati entro il mese di maggio, è unificato alla data del 7 luglio dell'anno successivo all'anno d'imposta cui si riferisce la dichiarazione;
   il termine per la consegna ai contribuenti della dichiarazione elaborata, fissato dall'articolo 16, comma 1, del decreto ministeriale, per i CAF e i professionisti abilitati entro il 15 giugno e per i sostituti d'imposta entro il 31 maggio dall'articolo 17 del decreto ministeriale, è uniformato nel termine di trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione;
   il termine per la trasmissione in via telematica dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate disposto, per i CAF e i professionisti abilitati dall'articolo 16 del decreto e per i sostituti dall'articolo 17 del medesimo decreto, alla data del 30 giugno, è prorogato in entrambi gli articoli al 7 luglio.

  Il comma 3 illustra le modalità di presentazione della dichiarazione precompilata, sia nel caso di accettazione che nel caso di interventi modificativi a tal fine prevedendo che il contribuente possa presentare la dichiarazione:
   direttamente sul sito dell'Agenzia delle entrate, se abilitato ai servizi telematici;
   al proprio sostituto d'imposta che presta assistenza fiscale;Pag. 128
   ad un CAF o a un professionista abilitato, presentando in questo caso anche la relativa documentazione, per permettere la verifica di conformità anche sui dati forniti con la dichiarazione precompilata.

  Il comma 4 specifica che i soggetti privi di sostituto d'imposta devono presentare la dichiarazione entro il 31 maggio (dato che tali contribuenti devono effettuare i versamenti, se dovuti, entro il termine del 16 giugno), prevedendo altresì che tali soggetti possano presentare la dichiarazione direttamente sul sito dell'Agenzia oppure presso un CAF o un professionista abilitato (e non al sostituto d'imposta), analogamente a quanto previsto dall'articolo 51-bis del decreto-legge n. 69 del 2013 in caso di assenza di un sostituto d'imposta.
  Il comma 5 dispone che i coniugi, in presenza dei requisiti previsti per la presentazione della dichiarazione in forma congiunta, possono congiungere le proprie dichiarazioni. Se la dichiarazione precompilata è messa a disposizione di uno solo dei coniugi è esclusa la presentazione diretta della dichiarazione in forma congiunta attraverso i servizi telematici dell'Agenzia delle entrate.
  Il comma 6 demanda a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione dei sistemi alternativi per l'accettazione, anche con modifiche, della dichiarazione precompilata.
  Il comma 7 prevede che con decreto ministeriale possono essere modificati sia il termine di trasmissione da parte dei sostituti di imposta dell'indirizzo telematico dove l'Agenzia delle entrate deve rendere disponibili i risultati contabili delle dichiarazioni 730 di cui all'articolo 2, comma 2) sia i termini previsti dall'articolo 4.
  In relazione alle disposizioni contenute nell'articolo 5, rileva come esso intervenga sulla disciplina dei controlli sulle dichiarazioni, in particolare escludendo al comma 1 il controllo formale a carico del contribuente per i dati forniti dai sostituti d'imposta e per gli oneri detraibili comunicati dai soggetti terzi all'Agenzia delle entrate qualora la dichiarazione precompilata sia presentata dal contribuente, direttamente o tramite il proprio sostituto d'imposta, senza modifiche. In tale ipotesi non si applica la norma (introdotta dall'articolo 1, comma 586, della legge n. 147 del 2013) la quale stabilisce che l'Agenzia delle entrate effettua controlli preventivi sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia in caso di rimborso complessivamente superiore a 4.000 euro, anche determinato da eccedenze d'imposta derivanti da precedenti dichiarazioni. In ogni caso permane il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni (comprese quelle per familiari a carico) e alle agevolazioni, nonché sugli oneri certificati ma non trattenuti dai sostituti d'imposta.
  Il comma 2 specifica che, se la dichiarazione è presentata direttamente dal contribuente o tramite il sostituto d'imposta con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell'imposta, il controllo è eseguito su tutti i dati indicati in dichiarazione. Il comma 3 prevede, qualora la dichiarazione precompilata sia presentata, con o senza modifiche, ad un CAF o a un professionista abilitato, che il controllo formale si effettua nei riguardi del soggetto il quale appone il visto di conformità, anche con riferimento agli oneri indicati nella precompilata forniti all'Agenzia delle entrate da parte di soggetti terzi. Nei riguardi del contribuente permane il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni e sugli oneri certificati ma non trattenuti dai sostituti.
  Con riguardo all'articolo 6, evidenzia come esso, al comma 1, disciplini il caso in cui il modello 730 cui è stato apposto il visto di conformità risulti infedele, prevedendo che la richiesta di pagamento non sia effettuata nei confronti dei contribuenti ma sia indirizzata al CAF o al professionista che ha prestato l'assistenza fiscale per un importo pari all'imposta, agli interessi e alla sanzione (la quale sarebbe stata richiesta al contribuente ai sensi dell'articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del Pag. 1291973). A tal fine la lettera a) del comma 1 sostituisce la lettera a) del comma 1 dell'articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (in materia di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi), il quale, nella formulazione vigente, prevede l'applicazione ai responsabili del CAF che rilasciano il visto di conformità o l'asseverazione infedele di una sanzione amministrativa da 258 a 2.582 euro. In tale ambito viene specificato che le comunicazioni con le quali è richiesto il pagamento costituiscono titolo esecutivo per la riscossione mediante ruolo e che le eventuali controversie sono devolute alla giurisdizione tributaria. La lettera b) del comma 1 inserisce invece una nuova lettera a-bis) nel medesimo comma 1 dell'articolo 39, la quale esclude dalla sanzione le dichiarazioni presentate con le modalità ordinarie, ovvero con la compilazione dei modelli 730 o Unico persone fisiche (ai sensi del citato articolo 13 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164). Il comma 2 prevede, qualora il CAF o il professionista entro il 10 novembre comunichi i dati rettificati, che la somma richiesta sia commisurata alla sola sanzione in quanto l'imposta e gli interessi restano a carico del contribuente.
  In merito al comma 2 segnala l'opportunità di riformularlo come novella all'articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 in materia di sanzioni previste in sede di dichiarazione.
  Il comma 3 modifica il già citato decreto ministeriale n. 164 del 1999, prevedendo, alle lettere a) e b), l'estensione della garanzia prevista a favore degli utenti al bilancio dello Stato o del diverso ente impositore e l'adeguamento del massimale della garanzia in considerazione del maggiore rischio connesso all'apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni precompilate. Le lettere c) e d) del comma 3 inseriscono invece i nuovi commi da 3-bis a 3-quater dell'articolo 26, del decreto ministeriale n. 164, con cui si stabiliscono le procedure per la verifica del visto di conformità. Sottolinea come, in sostanza, ai sensi del nuovo comma 3-bis, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di trasmissione della dichiarazione, l'Agenzia delle entrate trasmetta in via telematica le richieste di documenti e di chiarimenti al Centro di assistenza fiscale e al responsabile dell'assistenza fiscale o al professionista per la trasmissione in via telematica all'Agenzia delle entrate entro trenta giorni della documentazione e dei chiarimenti richiesti. In base al nuovo comma 3-ter l'esito del controllo è comunicato in via telematica al Centro di assistenza fiscale e al responsabile dell'assistenza fiscale o al professionista con l'indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica dei dati contenuti nella dichiarazione per consentire la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo del visto di conformità entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. Le somme che risultano dovute a seguito dei controlli possono essere pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione con il modello F24. In tal caso l'ammontare delle somme dovute è pari all'imposta, agli interessi dovuti fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione e alla sanzione amministrativa pari al 30 per cento di ogni importo non versato ridotta a due terzi (articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997). Si applicano le ordinarie procedure di riscossione coattiva previste dal decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Il comma 4 prevede che le nuove disposizioni introdotte dal comma 3 nell'articolo 26 del decreto ministeriale n. 164 del 1999 si applicano a decorrere dall'assistenza fiscale prestata nel 2015.
  In merito alla formulazione del comma 4 segnala l'opportunità, ai fini di una migliore chiarezza del testo, di inserire la decorrenza delle disposizioni in commento direttamente nel testo modificato dell'articolo 26 del decreto ministeriale n. 164 del 1999.
  In riferimento all'articolo 7 specifica come esso disponga la rimodulazione dei compensi ai CAF e ai professionisti che Pag. 130prestano assistenza, onde tener conto del diverso livello di responsabilità nel processo, da attuarsi, entro il 30 novembre 2014, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, senza incremento di oneri per il bilancio dello Stato e per i contribuenti. In particolare, i commi 1 e 2 prevedono l'eliminazione dei compensi per i sostituti d'imposta che prestano assistenza fiscale ma che non appongono visto di conformità. Il comma 3 demanda invece ad un decreto ministeriale la rimodulazione dei compensi unitari a favore dei CAF e dei professionisti, a parità di costo complessivo per lo Stato e per i contribuenti, da ottenere prevedendo compensi diversificati per le diverse attività svolte dagli intermediari nell'ambito del processo (assistenza, verifica di conformità, elaborazione e invio delle dichiarazioni):
   verifica della conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni alla relativa documentazione;
   consegna al contribuente della copia della dichiarazione elaborata e del prospetto di liquidazione delle imposte;
   comunicazione ai sostituti d'imposta del risultato finale delle dichiarazioni stesse, ai fini del conguaglio a credito o a debito in sede di ritenuta d'acconto;
   invio all'amministrazione finanziaria delle dichiarazioni dei redditi e delle scelte ai fini della destinazione dell'otto e del quattro per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

  La disposizione specifica, all'ultimo periodo, che le nuove misure dei compensi trovano applicazione a partire dall'assistenza fiscale prestata nel 2015.
  Passando a illustrare l'articolo 8, segnala come esso semplifichi e uniformi le disposizioni in materia di addizionale regionale e di addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche. In particolare, al fine di agevolare l'attività dei sostituti d'imposta e dei centri di assistenza fiscale nonché degli altri intermediari, la lettera a) del comma 1 prevede l'invio da parte delle Regioni e delle Province autonome, entro il 31 gennaio dell'anno a cui l'addizionale si riferisce, dei dati contenuti nei provvedimenti di variazione dell'addizionale regionale all'IRPEF ai fini della pubblicazione sul sito del Dipartimento delle Finanze (www.finanze.gov.it). Il mancato inserimento nel suddetto sito informatico dei dati rilevanti ai fini della determinazione dell'addizionale comporta l'inapplicabilità di sanzioni e di interessi. A tal fine è modificato il comma 3 dell'articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997. La lettera b) del comma 1 uniforma al 1o gennaio la data di riferimento del domicilio fiscale ai fini dell'addizionale regionale e comunale (oggi, rispettivamente, 31 dicembre e 1o gennaio). Il comma 2 abroga la norma che consente al Comune di variare l'aliquota per l'acconto nel caso in cui pubblichi la delibera entro il 20 dicembre dell'anno precedente. Pertanto l'acconto dell'addizionale comunale dovrà essere versato con la stessa aliquota deliberata per l'anno precedente. Per semplificare l'attività di predisposizione della dichiarazione dei redditi e le attività dei sostituti d'imposta e dei centri di assistenza fiscale e degli altri intermediari, il comma 3 prevede l'individuazione di modalità uniformi di comunicazione telematica – mediante inserimento nell'apposita sezione del portale del federalismo fiscale – da parte dei Comuni dei dati delle delibere e delle condizioni che danno diritto alle esenzioni. Tali modalità sono definite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il comma 4 dispone l'emanazione dei decreti attuativi entro 30 giorni dall'entrata in vigore dello schema di decreto.
  In relazione all'articolo 9, segnala come esso, al comma 1, demandi a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate l'attuazione di quanto previsto dal Capo I dello schema di decreto, in particolare per quanto riguarda i termini e le modalità applicative, mentre il comma 2 dispone che l'Agenzia delle entrate provvede alle nuove funzioni assegnatale dalle norme citate con le risorse umane, strumentali Pag. 131e finanziarie previste, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  L'articolo 10, attraverso una novella all'articolo 54, comma 5, secondo periodo, del TUIR, interviene sul regime di deducibilità delle prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande erogate al professionista e acquistate direttamente dal committente, stabilendo che esse non costituiscono compensi in natura per il professionista. In merito ricorda che il vigente comma 5 del predetto articolo 54 prevede due regimi fiscali delle «spese di vitto ed alloggio» sostenute dal professionista per conto di uno specifico cliente, determinando un duplice regime di adempimenti. Per il professionista, le spese sostenute relative a prestazioni alberghiere e a somministrazioni di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento, e, in ogni caso, per un importo complessivamente non superiore al 2 per cento dell'ammontare dei compensi percepiti nel periodo d'imposta. Fermo restando la natura di compenso dei rimborsi spese, in base al secondo periodo del comma 5 le spese di vitto e alloggio sostenute dal committente per conto del professionista e da questi addebitate in fattura per l'importo effettivamente pagato dal committente, sono integralmente deducibili dal reddito di lavoro autonomo e, quindi, non soggiacciono ai limiti del primo periodo. Ove le spese siano anticipate dall'impresa-committente, deve essere seguito l’iter amministrativo che così sintetizza:
   1) il prestatore del servizio di albergo o ristorazione emette il documento fiscale intestato al committente, con l'indicazione esplicita del professionista che ha usufruito dei servizi;
   2) il committente paga le prestazioni di albergo o di ristorazione, ma non può immediatamente dedurre il costo;
   3) il committente deve comunicare al professionista l'ammontare della spesa effettivamente sostenuta e inviare allo stesso copia della relativa documentazione fiscale;
   4) il professionista, una volta ricevuta copia del documento, emetterà fattura comprensiva sia del suo onorario che delle spese di vitto ed alloggio anticipate dal committente: è questa fattura che consente all'impresa-committente di dedurre il costo complessivo (onorario e spese di vitto ed alloggio del professionista anticipate dall'impresa stessa).

  Per effetto delle modifiche apportate dall'articolo 10, i professionisti non dovranno addebitare in fattura al committente tali spese, di cui si esclude esplicitamente la natura di compenso in natura; di conseguenza i professionisti non potranno considerare il relativo ammontare quale componente di costo deducibile dal proprio reddito di lavoro autonomo, con evidente semplificazione degli adempimenti.
  Con riferimento all'articolo 11, specifica come esso individui il regime fiscale delle società tra professionisti. In particolare la norma chiarisce che, a prescindere dalla forma giuridica di tale società (dunque anche nel caso di società di capitali), in deroga alla disciplina generale trovano applicazione le norme in materia di imposta sui redditi dettate per le associazioni senza personalità giuridica costituite per l'esercizio associato di arti o professioni, di cui all'articolo 5, comma 3, lettera c) del TUIR, e che le medesime regole trovano applicazione anche ai fini IRAP. Di conseguenza, le società tra professionisti saranno equiparate alle società semplici. Tale equiparazione implica che tali società non producano redditi d'impresa, in quanto vige il divieto civilistico (articolo 2249 del codice civile) di esercitare attività commerciali. Possono dunque produrre redditi di lavoro autonomo, di capitale, redditi diversi e fondiari. I redditi sono determinati con le modalità e le regole previste per le persone fisiche e sono dunque soggette ad IRPEF.
  Passando all'illustrazione dell'articolo 12, rileva come esso incida sulla disciplina sull'imposta sulle successioni e donazioni di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990. Più in dettaglio, la lettera a), numero Pag. 1321), interviene sull'articolo 28, comma 6, del decreto legislativo n. 346 del 1990, onde chiarire che l'erogazione di rimborsi fiscali non comporta l'obbligo di presentare una dichiarazione sostitutiva o integrativa, ai fini dell'applicazione dell'imposta di successione, sebbene i rimborsi possano dar luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore. Il numero 2) della lettera a), novellando l'articolo 28, comma 7, del decreto legislativo n. 346 del 1990, innalza – adeguandolo alla valuta corrente – da cinquanta milioni di lire (ovvero 25.823 euro) a 100.000 euro l'importo dell'eredità fino al quale non è obbligatorio rendere la dichiarazione di successione, purché detta eredità sia devoluta al coniuge e ai parenti in linea retta del defunto e l'attivo ereditario non comprenda beni immobili o diritti reali immobiliari. La lettera b) inserisce un nuovo comma 3-bis nell'articolo 30 del citato decreto legislativo n. 346 del 1990, che disciplina gli allegati alla dichiarazione di successione, semplificando gli adempimenti in capo agli eredi. In particolare, la norma consente di sostituire alcuni documenti da allegare in copia autentica con copie non autentiche, purché corredate da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (di cui all'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000) attestante che le stesse costituiscono copie degli originali. Resta salva la facoltà dell'Agenzia delle entrate di richiedere i documenti in originale o in copia autentica. Rileva come si tratti delle copie autentiche dei seguenti documenti:
   atti di ultima volontà dai quali è regolata la successione;
   atto pubblico o scrittura privata autenticata dai quali risulta l'eventuale accordo delle parti per l'integrazione dei diritti di legittima lesi;
   ultimo bilancio o inventario relativo alle aziende, alla quote o partecipazioni comprese nell'attivo ereditario nonché delle pubblicazioni e prospetti relative a titoli o quote di partecipazione a fondi comuni d'investimento sempre comprese nell'asse ereditario;
   altri inventari formati in ottemperanza a disposizioni di legge;
   i documenti di prova delle passività e degli oneri deducibili nonché delle riduzioni e detrazioni d'imposta disposte dalla stessa disciplina delle imposte di successione.

  La lettera c), novellando l'articolo 33, comma 1, del decreto legislativo n. 346 del 1990, al fine di coordinare tale previsione con le modifiche recate dalla lettera a), n. 1), chiarisce la rilevanza dei rimborsi fiscali in sede liquidazione dell'imposta, specificando che l'ufficio del registro che ha il compito di liquidare l'imposta in base alla dichiarazione della successione debba tenere conto anche dei rimborsi fiscali (ancorché non diano luogo all'obbligo di dichiarazione integrativa o sostitutiva) erogati successivamente alla presentazione della dichiarazione di successione.
  Con riguardo all'articolo 13, fa presente che esso abroga il comma 6 dell'articolo 29 del decreto-legge n. 185 del 2008, eliminando così l'obbligo, per i contribuenti interessati alla detrazione IRPEF delle spese sostenute nei periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2008 per la riqualificazione energetica degli edifici i cui lavori proseguono oltre il periodo di imposta, di inviare all'Agenzia delle entrate un'apposita comunicazione in cui sono elencati i dati delle spese sostenute nei periodi di imposta precedenti.
  Passando a illustrare il Capo II, evidenzia come esso, che si compone degli articoli da 14 a 16, rechi semplificazioni in materia di rimborsi. Con particolare riferimento all'articolo 14, rileva come esso sostituisca pressoché integralmente l'articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 in materia di rimborsi IVA. La disposizione intende far fronte alla procedura d'infrazione Pag. 1332013/4080, secondo la quale sono contestati all'Italia tempi troppo lunghi per i rimborsi annuali IVA e per le condizioni, troppo severe, per l'esenzione dall'obbligo di prestare una garanzia al fine di beneficiare del periodo ridotto di rimborso dell'IVA. In dettaglio, il nuovo comma 1 dell'articolo 38-bis mantiene ferma la norma che dispone l'esecuzione dei rimborsi IVA su richiesta, da effettuarsi in sede di dichiarazione annuale; viene tuttavia specificato che il rimborso avviene entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione e non più entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione, restando ferma la spettanza, sulle somme rimborsate, di un interesse del 2 per cento annuo. Viene ribadita inoltre la decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni. Rispetto alla disposizione vigente viene espunta la previsione che condiziona il rimborso alla prestazione di una garanzia, che viene inserita nell'ambito comma 5. Nella formulazione vigente, infatti, per ottenere il rimborso il contribuente deve prestare idonea garanzia contestualmente all'esecuzione del rimborso e per una durata pari a tre anni dallo stesso, ovvero, se inferiore, al periodo mancante al termine di decadenza dell'accertamento. Essa consiste in un deposito cauzionale in titoli di Stato o garantiti dallo Stato ovvero in una fideiussione bancaria o rilasciata o da un'impresa commerciale che sia solvibile a giudizio dell'Amministrazione finanziaria, ovvero in una polizza fideiussoria rilasciata da un istituto o impresa di assicurazione. Sono previste specifiche regole per le PMI, che possono prestare le suddette garanzie anche dai Confidi iscritti all'apposito albo. Sono inoltre previste specifiche regole per i gruppi societari fortemente patrimonializzati in modo da consentire la diretta assunzione da parte della società capogruppo o della controllante dell'obbligazione di integrale restituzione della somma da rimborsare, comprensiva dei relativi interessi, all'Amministrazione finanziaria. La garanzia concerne anche crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità della garanzia stessa. Il comma 2 dell'articolo 38-bis non viene modificato, rimanendo ferma la possibilità di ottenere il rimborso in relazione a periodi inferiori all'anno, in specifiche ipotesi.
  Per quanto riguarda la formulazione della norma, segnala come essa faccia riferimento, per i suddetti casi particolari, ad alcune lettere del secondo comma dell'articolo 30 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (in luogo del terzo comma, come indicato dal testo vigente dell'articolo 38-bis, comma 2) e come tale riferimento appaia un palese errore materiale, in quanto il secondo comma dell'articolo 30 non è suddiviso in lettere e non reca l'indicazione di ipotesi specifiche.
  Il comma 3 dell'articolo 38-bis viene sostanzialmente modificato, ad eccezione delle norme in materia di dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (di cui al comma 7, lettera c), del medesimo articolo 38-bis). In particolare la nuova formulazione del comma 3 amplia anzitutto l'ammontare dei rimborsi eseguibili senza alcun adempimento (in precedenza disciplinati dal comma 1, sesto periodo), innalzando il relativo ammontare a 15.000 euro (in luogo dei 5.165 euro previsti dall'attuale comma 1, sesto periodo). Al di sopra della predetta soglia di 15.000 euro i rimborsi dovranno essere effettuati previa presentazione di dichiarazione o istanza da cui emerge il credito richiesto a rimborso, recante l'apposito visto di conformità o la sottoscrizione alternativa, disciplinate dall'articolo 10, comma 7, primo e secondo periodo, del decreto-legge n. 78 del 2009. Ai fini dell'esecuzione dei rimborsi sopra i 15.000 euro, accanto all'obbligo del visto di conformità, viene richiamato l'insieme di condizioni di cui alla vigente lettera c) dell'articolo 38-bis, comma 7. Viene disposto al riguardo che alla dichiarazione o Pag. 134istanza deve essere allegata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (secondo l'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000), che attesti la sussistenza delle seguenti tre condizioni, in relazione alle caratteristiche soggettive del contribuente:
   1) il patrimonio netto non deve essere diminuito, rispetto alle risultanze contabili dell'ultimo periodo d'imposta, di oltre il 40 per cento; la consistenza degli immobili non deve essersi ridotta, rispetto alle risultanze contabili dell'ultimo periodo d'imposta, di oltre il 40 per cento per cessioni non effettuate nella normale gestione dell'attività esercitata; l'attività stessa non è cessata né si è ridotta per effetto di cessioni di aziende o rami di aziende compresi nelle suddette risultanze contabili;
   2) non risultano cedute, se la richiesta di rimborso è presentata da società di capitali non quotate nei mercati regolamentati, nell'anno precedente la richiesta, azioni o quote della società stessa per un ammontare superiore al 50 per cento del capitale sociale;
   3) sono stati eseguiti i versamenti dei contributi previdenziali e assicurativi.

  Il comma 4, anch'esso integralmente sostituito, indica gli specifici casi in cui il rimborso è richiesto previa prestazione di garanzia. In particolare, richiedono la prestazione di garanzia i rimborsi di ammontare superiore a 15,000 euro richiesti dai seguenti soggetti passivi:
   a) soggetti che esercitano un'attività d'impresa da meno di due anni, diversi dalle cosiddette «start-up innovative» disciplinate dall'articolo 25 del decreto-legge n. 179 del 2012;
   b) soggetti passivi ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell'imposta dovuta o del credito dichiarato superiore:
    1) al 10 per cento degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro;
    2) al 5 per cento degli importi dichiarati se questi superino 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro;
    3) all'1 per cento degli imporli dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500,000 euro;
   c) da soggetti passivi che, potendo richiedere il rimborso senza garanzia (ai sensi del comma 3), non alleghino alla dichiarazione o istanza il richiamato visto di conformità ovvero la sottoscrizione alternativa, ovvero non presentino la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà;
   d) da soggetti passivi che richiedono il rimborso dell'eccedenza detraibile risultante all'atto della cessazione dell'attività.

  Il comma 5 ribadisce le vigenti modalità di prestazione della garanzia, sostanzialmente riprendendo il contenuto di cui al già illustrato comma 1 dell'articolo 38-bis. In particolare, per l'individuazione delle regole specifiche previste per le società capogruppo, si fa riferimento al patrimonio risultante dal bilancio consolidato superiore a 250 milioni di euro, in luogo dell'attuale – non aggiornata – soglia di 500 miliardi di lire. Il comma 6 del riformulato articolo 38-bis chiarisce che la prestazione di garanzia esonera il contribuente dal presentare dichiarazione o istanza di rimborso corredate da visto di conformità / sottoscrizione alternativa. Di conseguenza, il richiedente può scegliere se prestare garanzia o corredare l'istanza del visto di conformità. Restano immutati, ancorché riformulati o riposizionati all'interno dell'articolo 38-bis, i contenuti delle seguenti disposizioni:
   il comma 7, che riproduce in parte il comma 4 vigente, ai sensi del quale la competenza per i rimborsi e per il pagamento degli interessi spetta al competente Pag. 135ufficio dell'Agenzia delle entrate e che ai rimborsi si provvede con gli stanziamenti di bilancio;
   il comma 8 che (analogamente al comma 3 vigente), sospende l'esecuzione dei rimborsi nel caso sia constatato il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti o emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui rispettivamente agli articoli 2 e 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000; la sospensione avviene fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale;
   il comma 9, il quale disciplina (analogamente al vigente comma 6) le conseguenze della notifica, successiva al rimborso o alla compensazione, di avviso di rettifica o accertamento; in tal caso il contribuente, entro sessanta giorni, deve versare all'Ufficio le somme che in base all'avviso stesso risultano indebitamente rimborsate o compensate, insieme con gli interessi del 2 per cento annuo dalla data del rimborso o della compensazione, a meno che non presti garanzia fino a quando l'accertamento sia divenuto definitivo;
   il comma 10 affida a decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l'individuazione, anche in modo progressivo, in relazione all'attività esercitata ed alle tipologie di operazioni effettuate, delle categorie di contribuenti per i quali i rimborsi sono eseguiti in via prioritaria;
   il comma 11 demanda a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle ulteriori modalità e termini per l'esecuzione dei rimborsi così disciplinati, inclusi quelli per la richiesta dei rimborsi relativi a periodi inferiori all'anno e per la loro esecuzione.

  Con riferimento al contenuto dell'articolo 15 evidenzia come esso velocizzi i termini per i rimborsi in conto fiscale da parte dell'agente della riscossione, ove si tratti di rimborso effettuato dietro richiesta dell'ufficio competente (entro venti giorni decorrenti dalla ricezione dell'apposita comunicazione dell'ufficio stesso). Il comma 1 sostituisce l'articolo 78, comma 33, lettera a), della legge n. 413 del 1991, che disciplina le condizioni alle quali gli agenti della riscossione, nella qualità di gestori del conto fiscale, possono erogare i rimborsi spettanti ai contribuenti. In particolare, ferme restando le altre condizioni di legge e fermo restando l'obbligo di corrispondere il rimborso entro sessanta giorni, sulla base di apposita richiesta sottoscritta dal contribuente ed attestante il diritto al rimborso, le modifiche apportate fissano un termine massimo di venti giorni per il rimborso effettuato dietro richiesta dell'ufficio competente (decorrente dalla ricezione dell'apposita comunicazione dell'ufficio stesso). Viene previsto inoltre che, contestualmente all'erogazione del rimborso siano anche liquidati ed erogati gli interessi secondo le norme vigenti. Il comma 2 specifica che le nuove modalità di rimborso si applicano ai rimborsi erogati a partire dal 1o gennaio 2015.
  Riguardo all'articolo 16, sottolinea come esso rechi alcune disposizioni per favorire la trasparenza e la semplificazione delle operazioni poste in essere dai sostituti d'imposta nell'attività di assistenza fiscale. Il comma 1, lettera a), dispone che le somme rimborsate ai contribuenti sulla base dei prospetti di liquidazione delle dichiarazioni dei redditi e dei risultati contabili trasmessi dai CAF e dai professionisti abilitati vengono compensate dai sostituti d'imposta esclusivamente con le modalità delle compensazione di imposte previsto dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, nel mese successivo a quello in cui è stato effettuato il rimborso. Di conseguenza i rimborsi, anziché operare mediante le maggiori / minori ritenute (a seconda della presenza di un debito o un credito) interne, sono effettuati mediante l'utilizzo della delega di versamento F24. Tali somme non concorrono alla determinazione del limite massimo, fissato in Pag. 136700.000 euro, di compensabilità dei crediti e dei debiti fiscali fissato dall'articolo 34, comma 1, della legge n. 388 del 2000. La lettera b) prevede un analogo meccanismo per i compensi corrisposti ai sostituti d'imposta per la prestazione di assistenza fiscale. In particolare, anche detti compensi saranno corrisposti mediante il riconoscimento di un credito utilizzabile in compensazione con le predette modalità (articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero delega di versamento con modello F24), a partire dal mese successivo a quello in cui la dichiarazione è stata elaborata e trasmessa. Anche tali somme non avranno il richiamato limite di compensabilità di 700.000 euro di cui all'articolo 34, comma 1 della richiamata legge n. 388 del 2000). Le lettere c) e d) stabiliscono che i sostituti d'imposta che effettuano versamenti di ritenute o di imposte sostitutive superiori a quelle dovute, effettuano la compensazione esclusivamente con le modalità di cui all'articolo 17 del citato decreto legislativo n. 241 del 1997 (anche in tal caso, mediante delega di pagamento F24 ai sensi della lettera c) che, analogamente alle fattispecie precedenti, non concorre al determinazione del tetto di compensabilità pari a 700.000 euro). Conseguentemente la lettera d) sopprime la previsione di compensazione interna delle ritenute, prevista dall'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 1997.
  Per quanto riguarda il Capo III, che si compone degli articoli 17 e 18, fa presente come esso rechi semplificazioni in favore delle società.
  L'articolo 17 reca disposizioni volte a semplificare l'esercizio di opzioni per regimi specifici da parte delle società di capitali. In dettaglio, il comma 1 modifica l'articolo 115, comma 4, del TUIR al fine di semplificare le modalità per l'esercizio dell'opzione, da parte delle società (soggetti IRES) per il regime della cosiddetta trasparenza fiscale, il quale, in deroga alle norme generali, consente di imputare il reddito della società partecipata a ciascun socio, indipendentemente dalla effettiva percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione alla persona giuridica. Di conseguenza il reddito prodotto dal soggetto «trasparente» è imputato ai soggetti che vi partecipano in una misura pari alla percentuale di partecipazione agli utili, la quale è determinata in via presuntiva. Ai sensi della vigente formulazione del citato comma 4 dell'articolo 115 del TUIR, tale opzione è irrevocabile per tre esercizi sociali della società partecipata e deve essere esercitata da tutte le società e comunicata all'Amministrazione finanziaria, entro il primo dei tre esercizi sociali menzionati, secondo specifiche modalità indicate in un provvedimento di rango secondario. In base alle modifiche recate dal comma 1, invece di dover utilizzare il modello di dichiarazione attualmente previsto, le società di capitali comunicheranno la propria scelta per il regime della trasparenza fiscale con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione. Un'analoga disposizione è contenuta nel comma 2, che semplifica le modalità per esercitare l'opzione per il regime del consolidato nazionale.
  Ricorda al riguardo che il consolidato nazionale, di cui all'articolo 119 del TUIR, è una particolare forma di organizzazione delle imprese che consente di determinare, in base a un'opzione triennale irrevocabile, un unico reddito complessivo IRES per tutte le società partecipanti, rappresentato dalla somma algebrica delle singole basi imponibili che risultano dalle rispettive dichiarazioni dei redditi. In tale ambito il comma 2 consente di esercitare l'opzione per il regime del consolidato nazionale con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione, laddove le disposizioni vigenti impongono invece di presentare l'apposita comunicazione entro il sedicesimo giorno del sesto mese successivo alla chiusura del periodo d'imposta precedente al primo esercizio cui si riferisce l'esercizio dell'opzione stessa, secondo le modalità previste con il decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze 9 giugno 2004, che ha approvato anche il relativo modello. Analogamente ai Pag. 137commi 1 e 2, il comma 3 intende semplificare le modalità di comunicazione all'erario per l'esercizio dell'opzione per la cosiddetta tonnage tax.
  Ricorda in merito che, ai sensi del richiamato articolo 155 del TUIR, le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e di mutua assicurazione, le società in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato e che operano nel settore marittimo possono usufruire di un particolare regime di tassazione forfetaria denominato tonnage tax; il reddito, determinato a forfait, si riferisce alle navi che:
   esercitano le attività di trasporto merci, trasporto passeggeri, soccorso, rimorchio, realizzazione e posa in opera di impianti e altre attività di assistenza marittima da svolgersi in alto mare o altre attività direttamente connesse o strumentali a quelle appena indicate;
   sono iscritte al Registro internazionale (Dl 457/1997);
   hanno un tonnellaggio superiore alle 100 tonnellate di stazza netta.

  Possono esercitare l'opzione anche le società e gli enti non residenti, ma dotati di stabile organizzazione in Italia. In tale contesto il comma 3 modifica l'articolo 155, comma 1, primo periodo, del TUIR, prevedendo che l'opzione per tale regime possa essere espressa con la dichiarazione presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende usufruirne, laddove la vigente disciplina prevede l'obbligo di presentare una comunicazione da farsi entro tre mesi dall'inizio del periodo d'imposta a partire dal quale si intende fruire di tale regime, con specifiche modalità definite dal decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze del 23 giugno 2005. Il comma 4, modificando in particolare, l'articolo 5-bis, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo n. 446 del 1997, interviene invece sulla disciplina dell'IRAP, segnatamente sulle modalità per le persone fisiche e le imprese individuali di comunicazione al fisco dell'opzione per la determinazione della base imponibile IRAP (valore della produzione) secondo le regole dettate dalla legge per la società di capitali.
  In particolare, in luogo delle modalità e dei termini stabiliti con il provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 31 marzo 2008, tali soggetti potranno effettuare l'esercizio dell'opzione con la dichiarazione IRAP presentata nel periodo d'imposta a decorrere dal quale si intende esercitare l'opzione medesima.
  Il comma 5 fissa la decorrenza delle suddette disposizioni, stabilendo che esse si applicheranno a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, dal momento che la «modulistica 2014» è già stata predisposta e non possiede, quindi, tutte le informazioni richieste per l'esercizio delle varie opzioni.
  Per quanto riguarda l'articolo 18 rileva come esso rechi alcune semplificazioni riguardanti le modalità di presentazione ed i termini di versamento relativi alle dichiarazioni dei redditi.
  In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 1, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998, il quale disciplina le modalità di redazione e sottoscrizione delle dichiarazioni ai fini delle imposte sui redditi e dell'IRAP, prevedendo attualmente che le dichiarazioni dei soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare debbano essere redatte su modello conforme a quello approvato entro il 31 gennaio dell'anno successivo. In particolare, secondo la disciplina vigente le società di capitali (soggetti IRES) con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare utilizzano i modelli approvati entro il 31 gennaio, per le dichiarazioni relative al periodo di imposta in corso alla data del 31 dicembre dell'anno precedente a quello di approvazione; in sostanza, le società di capitali con periodo d'imposta a cavallo dell'anno solare utilizzano i modelli approvati nel corso dello stesso anno solare in cui si chiude il proprio esercizio di riferimento. In tale contesto la modifica Pag. 138proposta dal comma 1 intende estendere l'utilizzo dei modelli dichiarativi cosiddetti «vecchi» (ovvero approvati nel corso dello stesso anno solare in cui si chiude il proprio esercizio di riferimento) anche alle società di persone ed enti equiparati, espungendo dall'articolo 1, comma 1 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 322 il riferimento ai soli soggetti IRES.
  Il comma 2, modificando l'articolo 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001, interviene sui termini di versamento del saldo dovuto, con riferimento alla dichiarazione dei redditi ed a quella IRAP, da parte delle società semplici ed equiparate (società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice, di cui all'articolo 5 del TUIR) coinvolte in operazioni straordinarie, il quale, ai sensi della disciplina vigente, deve al momento essere effettuato entro il 16 giugno dell'anno di presentazione della dichiarazione. La modifica proposta fissa un termine mobile per il versamento di tale saldo nelle ipotesi di operazioni straordinarie poste in essere da società di persone (liquidazione, trasformazione, scissione e fusione, ai sensi degli articoli 5 e 5-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 322 del 1998). Nel caso di tali operazioni straordinarie, i versamenti a saldo saranno effettuati entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione (specificamente predisposta per ciascuna delle richiamate operazioni straordinarie).
  In tal modo, poiché la normativa tributaria pone apposite modalità di presentazione delle dichiarazioni nelle fattispecie di operazioni straordinarie, si intende evitare ai soggetti coinvolti in dette operazioni di dover versare le imposte in un unico termine fisso, quindi con largo anticipo rispetto alla presentazione della dichiarazione prevista nelle ipotesi speciali.
  Con riferimento al Capo IV, che si compone degli articoli da 19 a 25, segnala come esso rechi semplificazioni riguardanti la fiscalità internazionale.
  In particolare, specifica come l'articolo 19, abrogando l'articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, elimini l'obbligo per le società o enti che non hanno la sede legale o amministrativa nel territorio dello Stato, di indicare nella dichiarazione dei redditi l'indirizzo dell'eventuale stabile organizzazione nel territorio stesso e, in ogni caso, le generalità e l'indirizzo in Italia di un rappresentante per i rapporti tributari. L'eliminazione per la suddetta categoria di contribuenti di tale obbligo è motivata dal fatto che si tratta di informazioni di cui l'amministrazione finanziaria risulta già in possesso, ed intende consentire che le comunicazioni dei dati anagrafici all'Agenzia delle Entrate avvengano attraverso canali e modelli istituzionali diversi da quelli dichiarativi.
  Passando quindi alle disposizioni contenute nell'articolo 20, evidenzia come esso modifichi la disciplina relativa alla comunicazione all'Agenzia delle Entrate dei dati delle lettere di intento in materia di IVA disciplinata dall'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge n. 746 del 1983. Al riguardo rammenta che, secondo la disciplina attualmente vigente, i soggetti che vendono beni o forniscono servizi a operatori non obbligati al pagamento dell'IVA sugli acquisti devono trasmettere all'Agenzia delle entrate una specifica comunicazione. Possono acquistare senza pagamento dell'imposta i cosiddetti «esportatori abituali», ovvero coloro che nell'anno solare precedente o nei 12 mesi precedenti, hanno registrato esportazioni e altre operazioni a esse assimilate per un ammontare superiore al 10 per cento del volume d'affari conseguito nello stesso periodo (ai sensi dell'articolo 8 del D.P.R n. 633 del 1972). Per acquistare senza pagamento dell'IVA, i predetti «esportatori abituali» devono presentare ai loro fornitori una dichiarazione d'intento, redatta in conformità al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze, contenente l'indicazione del numero di partita IVA del dichiarante nonché l'indicazione dell'ufficio competente nei suoi confronti. I fornitori, a loro volta, comunicano Pag. 139i dati della dichiarazione entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica IVA, mensile o trimestrale, nella quale confluiscono le operazioni realizzate senza applicazione dell'imposta. La comunicazione va trasmessa, solo in via telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati (per esempio, professionisti, associazioni di categoria, CAF).
  In tale contesto normativo il comma 1, lettera a), dell'articolo 20 prevede che detta dichiarazione d'intento, anziché essere subito consegnata o spedita al fornitore o prestatore, ovvero presentata in dogana, deve innanzitutto essere trasmessa telematicamente all'Agenzia delle entrate, la quale sarà tenuta a rilasciare un'apposita ricevuta telematica. Solo in un secondo momento la dichiarazione, unitamente alla ricevuta di presentazione rilasciata dall'Agenzia delle entrate, sarà consegnata al fornitore o prestatore ovvero in dogana. La disposizione specifica inoltre che l'Agenzia delle entrate, entro 120 giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, dovrà mettere a disposizione dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la banca dati delle dichiarazioni d'intento per dispensare dalla consegna in dogana della copia cartacea delle predette dichiarazioni e delle ricevute di presentazione, prima dell'effettuazione dell'operazione.
  Rimane fermo che la dichiarazione può riguardare anche più operazioni tra le stesse parti. In sostanza, attraverso tale modifica si elimina l'obbligo, per il fornitore dell'esportatore abituale, di comunicare periodicamente i dati delle dichiarazioni d'intento ricevute, trasferendo tale adempimento in capo al soggetto (esportatore abituale) che fruisce della non imponibilità dell'operazione. L'Agenzia delle entrate dovrà rilasciare apposita ricevuta con l'indicazione dei dati contenuti nella lettera di intento trasmessa dall'esportatore abituale, che consegna al proprio fornitore o prestatore, ovvero in dogana, la lettera di intento trasmessa all'Agenzia delle entrate, assieme alla copia della ricevuta di presentazione della stessa. Il fornitore potrà effettuare l'operazione senza applicazione dell'imposta solo dopo aver ricevuto la lettera d'intento e la relativa ricevuta. La lettera b) del comma 1 prevede altresì che, nel caso di consegna della dichiarazione al fornitore di beni o al prestatore di servizi, per effetto delle modifiche proposte, sarà il cedente o il prestatore a dover riepilogare nella dichiarazione IVA annuale i dati contenuti nelle dichiarazioni d'intento ricevute. Viene dunque eliminato l'onere, da parte del cedente/prestatore, di comunicare all'Agenzia delle entrate per via telematica entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica IVA, mensile o trimestrale (nella quale confluiscono le operazioni realizzate senza applicazione dell'imposta) i dati contenuti nella dichiarazione di intento ricevuta. In conseguenza delle modifiche apportate dal comma 1, il comma 2, sostituendo l'articolo 7, comma 4-bis, del decreto legislativo n. 471 del 1997, introduce una sanzione amministrativa pecuniaria dal 100 al 200 per cento dell'imposta a carico del cedente o prestatore che effettua cessioni o prestazioni non imponibili prima di aver ricevuto, da parte del cessionario o committente, la dichiarazione di intento e riscontrato telematicamente l'avvenuta presentazione all'Agenzia delle entrate.
  Il comma 3 dispone l'applicazione della nuova procedura alle dichiarazioni d'intento relative ad operazioni senza applicazione dell'imposta da effettuare a decorrere dal 1o gennaio 2015. La disposizione inoltre affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, il compito di definire le modalità applicative, anche di natura tecnica, delle procedure suddette; tale provvedimento stabilirà i requisiti cui subordinare il rilascio della ricevuta da parte dell'Agenzia delle entrate. Con successivi provvedimenti possono essere definiti ulteriori requisiti.
  Con riguardo all'articolo 21 rileva come esso modifichi, al comma 1, la cadenza delle comunicazioni all'Agenzia delle entrate relative alle cessioni di beni e le Pag. 140prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list da parte dei soggetti passivi IVA, disponendo che tale comunicazione sia effettuata annualmente. Inoltre la disposizione innalza la soglia di valore delle operazioni da comunicare, portandola da 500 a 10.000 euro. Il comma 2 dispone l'applicazione delle modifiche recate dal comma 1 alle operazioni poste in essere nell'anno solare in corso alla data di entrata in vigore dello schema di decreto.
  L'articolo 22 apporta numerose modifiche alla disciplina sull'apertura della partita IVA di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, in particolare consentendo ai contribuenti, all'atto della richiesta di partita IVA, di essere inseriti nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intra-UE.
  Al riguardo ricorda che la vigente formulazione del predetto articolo 35 obbliga i soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, a farne dichiarazione entro trenta giorni all'Agenzia delle entrate, che attribuisce al contribuente un numero di partita IVA. Nella dichiarazione di inizio attività deve tra l'altro risultare, per i soggetti che intendono effettuare operazioni intracomunitarie, la volontà di effettuare dette operazioni. In tal caso, ai sensi del comma 7-bis del vigente articolo 35, il competente ufficio dell'amministrazione finanziaria può negare l'autorizzazione a effettuare operazioni intracomunitarie entro trenta giorni dalla data di attribuzione della partita IVA.
  In particolare, la lettera a), sostituendo il comma 7-bis dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, stabilisce che l'opzione dichiarata all'inizio dell'attività, relativa alla volontà, da parte del soggetto passivo, di effettuare operazioni intracomunitarie, implichi l'immediata inclusione del dichiarante nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, di cui all'articolo 17 del predetto regolamento (CE) n. 904/2010. Fatto salvo il potere dell'amministrazione finanziaria di effettuare riscontri automatizzati per l'individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio del numero di partita IVA, la modifica proposta introduce la presunzione che un soggetto passivo non intende più effettuare operazioni intracomunitarie qualora non abbia presentato alcun elenco riepilogativo per quattro trimestri consecutivi, successivi alla data di inclusione nella suddetta banca dati. A tal fine viene previsto che l'Agenzia delle entrate proceda all'esclusione della partita IVA dalla banca dati, previo invio di apposita comunicazione al soggetto passivo.
  In conseguenza delle modifiche recate dalla lettera a), la lettera b) abroga il comma 7-ter dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale affida a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate le modalità di diniego o revoca dell'autorizzazione ad effettuare operazioni intracomunitarie. La lettera c) integra il comma 15-bis dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, il quale, nella formulazione vigente, sancisce che l'attribuzione del numero di partita IVA determina l'esecuzione di riscontri automatizzati per la individuazione di elementi di rischio connessi al rilascio dello stesso, nonché l'eventuale effettuazione di accessi nel luogo di esercizio dell'attività, avvalendosi dei poteri previsti dalla legge.
  L'integrazione proposta dalla lettera c) consente agli Uffici di verificare che i dati forniti da soggetti per la loro identificazione ai fini dell'IVA siano completi ed esatti, prevedendo, in caso di esito negativo, che l'Ufficio emani un provvedimento di cessazione della partiva IVA e provveda all'esclusione della stessa dalla banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie. La disposizione affida inoltre a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate l'individuazione delle modalità operative per l'inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie, nonché i criteri e le Pag. 141modalità di cessazione della partita IVA e dell'esclusione della stessa dalla banca dati medesima.
  In conseguenza delle modifiche recate dalla lettera c) la lettera d) abroga conseguentemente il comma 15-quater del predetto articolo 35, il quale, per contrastare le frodi sull'IVA intracomunitaria, ha affidato a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate i criteri e le modalità di inclusione delle partite IVA nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie (provvedimento 29 dicembre 2010, recante criteri e modalità di inclusione delle partite IVA nell'archivio informatico dei soggetti autorizzati a porre in essere operazioni intracomunitarie).
  Le modifiche apportate dall'articolo 22 intendono assicurare una maggiore armonizzazione della disciplina IVA nazionale al diritto dell'UE in materia di attribuzione del numero di identificazione IVA e inserimento dello stesso nella banca dati dei soggetti passivi che effettuano operazioni intra-UE, ai sensi del Regolamento (CE) n. 904/2010.
  Segnala quindi come l'articolo 23 affidi a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, da emanarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione, di concerto con il direttore dell'Agenzia delle entrate e d'intesa con l'Istituto Nazionale di Statistica, il compito di semplificare il contenuto degli elenchi riepilogativi Intrastat relativi alle prestazioni di servizi cosiddette «generiche» (cioè diverse da quelle oggetto di specifiche deroghe in tema di territorialità, di cui agli articoli 7-quater e 7-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) rese nei confronti di soggetti passivi IVA stabiliti in un altro Stato membro UE e quelle da questi ultimi ricevute.
  Tale modifica ha lo scopo di ridurre il contenuto degli elenchi alle sole informazioni concernenti:
   i numeri di identificazione IVA delle controparti;
   il valore totale delle transazioni suddette;
   il codice identificativo del tipo di prestazione resa o ricevuta;
   il Paese di pagamento.

  Al riguardo ricorda che, ai sensi della disciplina vigente, i soggetti passivi IVA, in riferimento alle operazioni intracomunitarie, devono presentare l'elenco riepilogativo delle seguenti categorie di operazioni effettuate nei confronti di soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea:
   cessioni intracomunitarie di beni comunitari;
   prestazioni di servizi diverse da quelle oggetto di specifiche deroghe in tema di territorialità (di cui ai già citati articoli 7-quater e 7-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).

  Devono inoltre presentare l'elenco riepilogativo delle seguenti due categorie di operazioni acquisite presso soggetti passivi stabiliti in un altro Stato membro della Comunità europea:
   acquisti intracomunitari di beni comunitari;
   prestazioni di servizi (di cui all'articolo 7-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972).

  Al momento l'elenco riepilogativo delle prestazioni di servizi intracomunitari deve indicare, per ciascuna tipologia di prestazione di servizi, anche le seguenti informazioni, che sarebbero pertanto eliminate ai sensi della modifica proposta dall'articolo 23:
   il numero di riferimento della fattura; la data della fattura; il codice identificativo del tipo di prestazione resa o ricevuta;
   la modalità di erogazione del servizio;Pag. 142
   la modalità di incasso/pagamento del corrispettivo;
   il Paese di pagamento.

  Passa quindi a illustrare l'articolo 24 il quale modifica l'articolo 4-bis della legge n. 1216 del 1961, al fine di allineare i termini di presentazione della denuncia dei premi incassati dagli operatori assicurativi esteri (imprese assicurativi aventi sede nei paesi UE e nello Spazio economico europeo e rappresentanti fiscali di tali imprese), operanti in Italia in regime di libertà di prestazione di servizi, con quelli previsti per le imprese stabilite in Italia, ai fini della determinazione dell'imposta sui premi assicurativi.
  Al riguardo rammenta che l'articolo 4-bis della citata legge n. 1216 disciplina l'imposta sui premi assicurativi per i contratti conclusi da imprese che operano in libera prestazione di servizi. Tali imprese, se intendono operare nel territorio della Repubblica in libera prestazione di servizi, devono nominare un rappresentante fiscale sui premi assicurativi relativi ai contratti conclusi. Ai sensi del vigente comma 5 dell'articolo 4-bis, il predetto rappresentante fiscale deve presentare ogni mese al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate di Roma la denuncia dei premi incassati nel mese precedente, distinguendo i premi stessi a seconda dell'aliquota d'imposta applicabile. Contestualmente alla denuncia il rappresentante corrisponde l'imposta dovuta.
  In tale contesto normativo la lettera a) trasforma da mensile a annuale la cadenza della comunicazione di detta denuncia (da presentare entro il 31 maggio di ciascun anno), con specifiche modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate. Essa riguarderebbe i premi e gli accessori incassati nell'anno solare precedente (in luogo di quelli incassati nel mese precedente), ferma restando la distinzione per categoria e per aliquota applicabile.
  Verrebbero estesi al rappresentante fiscale anche gli obblighi di denuncia e di versamento dell'imposta previsti per gli assicuratori nazionali dall'articolo 9 della medesima legga n. 1216 del 1961.
  La lettera b) aggiunge alcuni periodi nel comma 6-bis del richiamato articolo 4-bis, il quale attualmente esclude dalle norme appena illustrate le imprese assicuratrici aventi sede principale negli Stati dell'Unione europea, ovvero negli Stati dello Spazio economico europeo, che assicurano un adeguato scambio di informazioni. In particolare, se tali imprese assicuratrici che operano nel territorio dello Stato in regime di libera prestazione di servizi non si avvalgono di un rappresentante fiscale, l'integrazione proposta prevede che esse devono comunque presentare entro il 31 maggio di ciascun anno, con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, la denuncia dei premi ed accessori incassati nell'anno solare precedente, distinguendo i premi stessi per categoria e per aliquota applicabile. Ove il rappresentate fiscale sia nominato, si applicano a tale soggetto i già richiamati obblighi di denuncia e versamento di cui all'articolo 9 della legge n. 1216 del 1961 vigenti per gli operatori nazionali.
  Evidenzia quindi come l'articolo 25, sostituendo l'articolo 34, comma 5, del decreto-legge n. 41 del 1995, rimoduli le sanzioni comminate per omissione o inesattezza dei dati statistici degli elenchi Intrastat.
  Al riguardo ricorda che il vigente articolo 34 del decreto-legge n. 41 stabilisce che gli uffici abilitati a ricevere gli elenchi riepilogativi delle operazioni intracomunitarie e quelli incaricati del controllo degli elenchi stessi, se rilevano omissioni, irregolarità od inesattezze nella loro compilazione, devono provvedere direttamente all'integrazione o alla correzione, dandone notizia al contribuente. Ove rilevino la mancata presentazione di tali elenchi ovvero non abbiano la disponibilità dei dati esatti, gli uffici devono inviare richiesta scritta al contribuente invitandolo a presentare entro un termine, comunque non inferiore a trenta giorni, gli elenchi ad un ufficio doganale abilitato ovvero a comunicare Pag. 143all'ufficio richiedente i dati necessari per rimuovere le omissioni, le irregolarità e le inesattezze riscontrate. In particolare, il comma 5 del citato articolo 34 prevede che per l'omissione o l'inesattezza dei dati relativi agli elenchi Intrastat (facendo tuttavia riferimento alle informazioni e ai dati dell'ormai abrogato regolamento CEE n. 3330/91) si applichino le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie (di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989), i cui limiti edittali sono ridotti alla metà nei casi di ottemperanza all'invito ad integrare i predetti elenchi riepilogativi:
   a) nella misura minima di quattrocentomila lire (206,58 euro) e in quella massima di quattro milioni di lire (2.065,8 euro) per le violazioni da parte di persone fisiche;
   b) nella misura minima di un milione di lire (516,5 euro) e in quella massima di dieci milioni di lire (5.164,5 euro) per le violazioni da parte di enti e società.

  In tale contesto normativo la modifica proposta prevede che le sanzioni previste per l'omissione o l'inesattezza dei dati sono più correttamente riferite ai dati da rilevare nel quadro del sistema Intrastat, ai sensi del vigente articolo 9 del regolamento (CE) n. 638/2004 che disciplina la materia. Inoltre, la modifica limita l'applicazione delle stesse sanzioni alle sole imprese che rispondono ai requisiti indicati nei decreti del Presidente della Repubblica emanati annualmente ai sensi dall'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo n. 322 del 1989, concernente l'elenco delle indagini per le quali la mancata fornitura dei dati si configura come violazione dell'obbligo di fornire tutti i dati che vengano richiesti per le rilevazioni previste dal programma statistico nazionale, ai sensi degli articoli 7 e 11 del citato decreto legislativo n. 322 del 1989. Di conseguenza, l'eventuale irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989 riguarderebbe i soli operatori che hanno effettuato nel mese di riferimento spedizioni o arrivi per un ammontare pari a o superiore a 750.000 euro, secondo quanto indicato, da ultimo, nel decreto del Presidente della Repubblica 19 luglio 2013 contenente l'elenco delle rilevazioni statistiche ed i relativi criteri di applicazione per le quali la mancata risposta è oggetto di sanzione.
  Viene disposto inoltre che le predette sanzioni saranno applicate una sola volta per ogni elenco Intrastat mensile inesatto o incompleto, a prescindere dal numero di transazioni mancanti o riportate in modo errato nell'elenco stesso.
  In merito al Capo V, che si compone degli articoli da 26 a 28, fa presente come esso rechi l'eliminazione di adempimenti superflui.
  In particolare, segnala come l'articolo 26, modificando l'articolo 104, comma 4, del TUIR, elimini la previsione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per la determinazione delle quote di ammortamento finanziario deducibili dall'IRES, a favore delle imprese titolari di concessioni relative alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche.
  Al riguardo ricorda che la vigente formulazione del predetto comma 4 affida al decreto ministeriale l'individuazione delle quote di ammortamento nei singoli casi, in rapporto proporzionale alle quote previste nel piano economico-finanziario della concessione, includendo nel costo ammortizzabile gli interessi passivi (anche in deroga alle regole generali in tema di valutazione del costo dei beni, di cui all'articolo 110 TUIR). L'autorizzazione mediante tale provvedimento deve essere emanata ad ogni modifica dei piani di ammortamento delle concessionarie. La semplificazione trova il suo fondamento nella rilevanza del piano economico finanziario, approvato da parte del concedente e che costituisce parte integrante della concessione relativa alla costruzione e all'esercizio di opere pubbliche.
  Con riguardo all'articolo 27, rileva come esso modifichi il settimo comma dell'articolo 25-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, semplificando quindi gli adempimenti dichiarativi Pag. 144a carico dei soggetti che percepiscono provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari, al fine di agevolare la presentazione dell'apposita dichiarazione volta a ottenere, in ragione dell'apporto continuativo di dipendenti o terzi, un'applicazione ridotta delle ritenute di legge.
  Al riguardo ricorda che, ai sensi del richiamato articolo 25-bis, i committenti, i preponenti presso i mandanti, nella loro qualità di sostituti d'imposta, sono obbligati ad effettuare una ritenuta a titolo di acconto, ai fini IRPEF o IRES, sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e procacciamento di affari, la cui aliquota è al 23 per cento.
  La ritenuta è applicata su una base imponibile pari in via generale al 50 per cento dell'ammontare delle provvigioni (dunque in pratica è pari all'11,5 per cento dell'importo complessivo della provvigione). La medesima norma dispone che, se i percipienti dichiarano ai loro committenti (preponenti o mandanti) di avvalersi, nell'esercizio della propria attività, in via continuativa dell'opera di dipendenti o di terzi, la ritenuta è applicata ad una base imponibile pari al 20 per cento dell'importo delle provvigioni stesse (quindi il 4,6 per cento dell'importo complessivo della provvigione). L'applicazione della ritenuta d'acconto nella misura ridotta (sul 20 per cento della base imponibile anziché sul 50 per cento) è subordinata alla presentazione al committente, preponente o mandante, da parte del soggetto che percepisce le provvigioni (agente o rappresentante) di un'apposita dichiarazione.
  Tale dichiarazione, ai sensi delle norme vigenti, è spedita entro il 31 dicembre di ciascun anno solare, a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento (unica forma consentita) e ha effetto per l'intero anno solare successivo, salvo variazioni in corso d'anno che possano far venire meno le predette condizioni. Nel caso in cui le condizioni previste per l'applicazione della minore ritenuta si verifichino nel corso dell'anno, il percipiente le provvigioni deve presentare una dichiarazione al committente, preponente o mandante, entro quindici giorni dal verificarsi delle predette variazioni, con le modalità sopra specificate. Entro lo stesso termine (15 giorni) devono essere dichiarate le variazioni in corso d'anno che fanno venire meno le condizioni per l'applicazione della ritenuta ridotta. Per quanto sopra, gli intermediari commerciali che si avvalgono, in via continuativa, dell'opera di dipendenti o terzi, sono tenuti ad inviare annualmente, tramite raccomandata A.R., una dichiarazione al proprio committente al fine di fruire delle ritenute sulle provvigioni percepite.
  La modifica proposta, fermo restando che sarà un decreto ministeriale a dettare la relativa disciplina di attuazione:
   consente la trasmissione anche tramite posta elettronica certificata della predetta dichiarazione;
   consente di stabilizzare nel tempo la dichiarazione, che non potrà avere limiti temporali e sarà valida fino a revoca ovvero fino alla perdita dei requisiti da parte del contribuente;
   introduce una sanzione amministrativa (da 258 a 2.065 euro) per l'omissione della comunicazione relativa alla perdita dei requisiti in capo al contribuente, in luogo dell'attuale pena pecuniaria, da due a tre volte la maggiore ritenuta che avrebbe dovuto essere effettuata, in caso di «dichiarazione non veritiera».

  L'articolo 28, sopprimendo il comma 2-bis dell'articolo 9 del decreto-legge n. 35 del 2013, elimina l'obbligo, in capo al contribuente che vanta crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni, di allegare alla dichiarazione dei redditi un elenco, conforme a un modello da adottare con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, dei crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle P.A., relativi alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi resi alle medesime PA, Pag. 145distinti in ragione dell'ente pubblico debitore.
  Per quanto attiene al Capo VI, che si compone degli articoli da 29 a 34, segnala come esso rechi ulteriori semplificazioni e coordinamenti normativi.
  In particolare segnala che l'articolo 29, novellando l'articolo 74, sesto comma, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, modifica il regime della detrazione IVA spettante alle imprese che svolgono attività di intrattenimento, in particolare aumentando al 50 per cento (in luogo di un decimo di detto importo, ovvero al 5 per cento) la detrazione forfettaria per le operazioni di sponsorizzazione, che viene così adeguata a quella relativa alle operazioni di pubblicità.
  Al riguardo rammenta che il vigente sesto comma del richiamato articolo 74 stabilisce che per gli intrattenimenti, i giochi e le altre attività di spettacolo (le attività soggette all'imposta sugli spettacoli), la detrazione IVA è forfetizzata in misura pari al cinquanta per cento dell'imposta relativa alle operazioni imponibili. Se nell'esercizio delle attività incluse nella tariffa vengono effettuate anche prestazioni di sponsorizzazione e cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica, comunque connesse alle attività di cui alla tariffa stessa, la detrazione è forfetizzata in misura pari ad un decimo per le operazioni di sponsorizzazione ed in misura pari ad un terzo per le cessioni o concessioni di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica. I soggetti che svolgono le attività incluse nella tariffa sono esonerati dall'obbligo di fatturazione, tranne che per le prestazioni di sponsorizzazione, per le cessioni o concessioni di diritti di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica e per le prestazioni pubblicitarie; sono altresì esonerati dagli obblighi di registrazione e dichiarazione, salvo specifiche eccezioni di legge; per il contenzioso si applica la disciplina stabilita per l'imposta sugli intrattenimenti. Le singole imprese hanno la facoltà di optare per l'applicazione dell'imposta nei modi ordinari. In tale contesto la modifica proposta innalza al 50 per cento la detrazione per tutte le operazioni compiute dalle predette tipologie di imprese, fatta eccezione per la riduzione a un terzo per le operazioni di cessione o concessione di ripresa televisiva e di trasmissione radiofonica. La modifica estende i propri effetti anche a soggetti IVA diversi dalle imprese di intrattenimento, in quanto, in forza dell'articolo 9, comma 1, del regolamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 544 del 1999, le associazioni sportive dilettantistiche che optano per l'applicazione dello specifico regime fiscale agevolato disciplinato dalla legge n. 398 del 1991, le associazioni senza scopo di lucro e le associazioni pro-loco applicano, per tutti i proventi conseguiti nell'esercizio delle attività commerciali connesse agli scopi istituzionali, le disposizioni previste dall'articolo 74, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, godendo, pertanto, dello speciale regime IVA previsto per le attività soggette all'imposta sugli intrattenimenti.
  Con riferimento all'articolo 30, fa presente come esso intervenga sul regime IVA degli omaggi di modesto valore unitario, al fine di uniformare la disciplina IVA in materia con quanto previsto a fini delle imposte sui redditi (dall'articolo 108 del TUIR) e dunque rendere detraibili anche ai fini dell'imposta sul valore aggiunto gli omaggi di costo unitario non superiore a 50 euro, in luogo della precedente soglia di 25,82 euro (cinquantamila lire). In particolare la disposizione interviene sulle seguenti norme del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, al fine di adeguarne gli importi:
   all'articolo 2, comma secondo, n. 4), aggiornando da 25,82 a 50 euro il costo unitario dei beni la cui cessione gratuita non è qualificabile come «cessione di beni» rilevante ai fini dell'imposta, purché si tratti di beni la cui produzione o il cui commercio non rientra nell'attività propria dell'impresa;
   all'articolo 3, terzo comma, primo periodo, aggiornando alla predetta soglia Pag. 146di 50 euro il costo unitario delle prestazioni di servizi non considerate rilevanti a fini Iva;
   all'articolo 19-bis1, lettera h), consentendo di detrarre le sole spese di rappresentanza sostenute per l'acquisto di beni di costo unitario non superiore ai predetti 50 euro.

  In tale contesto, ricorda che l'articolo 31 apporta una modifica di coordinamento alla disciplina IVA delle perdite su crediti, al fine di uniformarla alle norme in materia di deducibilità delle medesime perdite su crediti recata dal TUIR. In particolare, la norma interviene sull'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, concernente le variazioni dell’ imponibile o dell'imposta, al fine di consentire che, se l'imponibile si riduce a seguito della stipula di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato (ai sensi dell'articolo 182-bis della legge fallimentare), ovvero di un piano di rientro (attestato ai sensi dell'articolo 67, lettera d) della medesima legge fallimentare, pubblicato nel registro delle imprese), oltre a dedurre le perdite su crediti ai fini della determinazione del reddito d'impresa (ai sensi dell'articolo 101, comma 5 del TUIR), il fornitore che ha emesso una fattura in relazione ad operazioni successivamente non pagate in tutto o in parte dal debitore, abbia la possibilità di recuperare l'IVA originariamente versata all'erario al momento di effettuazione della fornitura il cui corrispettivo non sia stato pagato, portando in detrazione l'imposta corrispondente alla variazione.
  L'articolo 32, sostituendo il comma 3-bis dell'articolo 51 del Codice delle leggi antimafia (di cui al decreto legislativo n. 159 del 2011), limita l'ambito di applicazione della esenzione da imposte e tasse per i beni immobili sottoposti a sequestro e confisca, ai sensi delle disposizioni antimafia. Chiarisce in particolare che non saranno dovute le sole imposte che abbiano come presupposto il diritto di proprietà o il possesso dell'immobile, nonché quelle che in via generale gravano sugli atti e i contratti relativi agli immobili, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono.
  Al riguardo rammenta che la normativa vigente in materia si limita ad esentare i beni immobili sottoposti a sequestro e confisca non definitiva da imposte e tasse, fino alla loro assegnazione o destinazione; qualora la confisca sia revocata, è prevista l'applicazione delle imposte sul bene immobile dovute per il periodo di amministrazione giudiziaria. Le modifiche apportate dall'articolo 32 precisano anzitutto che l'agevolazione opera durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque, fino alla assegnazione o destinazione dei beni a cui si riferiscono; essa consiste nella sospensione del versamento (che sostituisce la locuzione «esenzione») di imposte, tasse e tributi dovuti con riferimento agli immobili oggetto di sequestro il cui presupposto impositivo consista nella titolarità del diritto di proprietà o nel possesso degli stessi (ad esempio, IMU e parte della TASI).
  Dalla formulazione della norma in commento sembra dunque che dovranno essere versati i tributi il cui presupposto si fonda nella mera utilizzazione del bene (ad esempio TARI e la quota TASI a carico dei soggetti detentori).
  La novella chiarisce inoltre che gli atti e i contratti relativi a tali immobili sono esenti dall'imposta di registro, di bollo e dalle imposte ipocatastali.
  È previsto altresì che, durante la vigenza dei provvedimenti di sequestro e confisca e, comunque fino all'assegnazione o destinazione dei beni, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi e dunque sono esenti da tassazione i redditi prodotti dai beni immobili sequestrati in Italia e dai beni immobili situati all'estero, anche se locati, quando determinati secondo le disposizioni del capo II del titolo I del TUIR (in materia di determinazione dei redditi fondiari) e dell'articolo 70 del TUIR (redditi di natura fondiaria non determinabili catastalmente e redditi di immobili all'estero). In vigenza del sequestro o della confisca, tali redditi non rilevano (dunque sono esenti da tassazione) Pag. 147anche nell'ipotesi di locazione. La disposizione definisce altresì le conseguenze della revoca della confisca: in tal caso l'amministratore giudiziario ne dà comunicazione all'Agenzia delle entrate e agli altri enti competenti, che provvedono alla liquidazione delle imposte, tasse e tributi, dovuti per il periodo di durata dell'amministrazione giudiziaria. Viene specificato che tali somme sono poste in capo al soggetto cui i beni sono stati restituiti.
  La ratio della modifica recata dall'articolo risiede nel fatto che i suddetti provvedimenti sono emanati in una fase del procedimento in cui non è ancora chiara la destinazione finale dell'immobile stesso (devoluzione allo Stato o restituzione all'indagato) e che appare pertanto necessario sospendere il versamento delle imposte che, in assenza del provvedimento di sequestro, sarebbero dovute dall'indagato in relazione all'immobile oggetto di misura cautelare.
  Con riguardo all'articolo 33, sottolinea come esso modifichi i criteri da utilizzare per l'individuazione degli immobili per cui è possibile fruire delle agevolazioni IVA per gli atti di trasferimento riguardanti gli immobili a uso abitativo. In particolare, modificando la Tabella A, parte II, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, la quale reca l'insieme dei beni e servizi sottoposti ad aliquota IVA «super ridotta» (4 per cento), è previsto che non assumono più rilievo, ai fini dell'applicazione delle agevolazioni sulle «prime case» di abitazione, i criteri dettati per l'individuazione degli immobili «di lusso» dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 agosto 1969; in luogo di tali criteri, si fa riferimento alle categorie catastali, per cui l'abitazione principale che usufruisce delle agevolazioni è quella che non rientra nelle categorie A1, A8 e A9 (rispettivamente abitazioni signorili, ville e castelli). In tal modo, la modifica proposta allinea la nozione di «prima casa» rilevante ai fini dell'applicazione della disciplina IVA a quella prevista in materia di imposta di registro.
  Passando a illustrare l'articolo 34 rileva come esso miri a rendere operativa la normativa introdotta dal decreto-legge n. 145 del 2013 in materia di attestazione della prestazione energetica degli edifici.
  Ricorda al riguardo che l'articolo 1, comma 7, del decreto-legge n. 145 del 2013, modificando l'articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005, ha sostituito la sanzione della nullità degli atti privi dell'attestato di prestazione energetica (APE) con sanzioni amministrative pecuniarie a carico delle parti in solido e in eguale misura, in un ammontare compreso tra 3.000 e 18.000 euro, per il caso di omessa dichiarazione o allegazione. Per i contratti di locazione di singole unità immobiliari, la sanzione è ridotta (da 1.000 a 4.000 euro) e, se la durata della locazione non eccede i tre anni, è ridotta alla metà. La disposizione ha affidato l'accertamento e la contestazione delle violazioni alla Guardia di Finanza o, alla registrazione dell'atto, all'Agenzia delle entrate. Le attività di accertamento e contestazione sono effettuate ai fini del procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative (di cui alla legge n. 689 del 1981). Il pagamento della sanzione amministrativa non esenta comunque dall'obbligo di presentare la dichiarazione o la copia dell'attestato di prestazione energetica entro quarantacinque giorni.
  In tale contesto normativo il comma 1 dell'articolo 34 modifica in primo luogo l'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 192 del 2005, specificando, fermi restando gli obblighi di legge, che il soggetto cui deve essere effettuata la presentazione successiva dell'attestato di prestazione energetica (dopo il pagamento della sanzione e comunque entro quarantacinque giorni), è il Ministero dello sviluppo economico. Le ulteriori modifiche recate dal comma 1 sono volte a rimediare alla discrepanza tra l'affidamento degli obblighi di contestazione della violazione all'Agenzia delle entrate, «all'atto della registrazione», e l'attuale modalità di registrazione telematica degli atti di trasferimento di immobili a titolo oneroso e dei contratti di locazione: l'atto infatti è automaticamente Pag. 148registrato al momento della ricezione del file telematico e ciò non sembra consentire, in concreto, la contestazione e l'accertamento della insussistenza della clausola o dell'allegazione dell'attestato di prestazione energetica all'atto della registrazione. Di conseguenza viene stabilito che l'Agenzia delle entrate, sulla base di apposite intese con il Ministero dello sviluppo economico, individua, nel quadro delle informazioni disponibili acquisite con la registrazione nel sistema informativo dei contratti di trasferimento cui è obbligatorio allegare la certificazione, le informazioni rilevanti ai fini del procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative, e le trasmette, in via telematica, allo stesso Ministero dello sviluppo economico, che può avvalersi della Guardia di Finanza per l'accertamento e la contestazione della violazione.
  In tal modo vengono individuati con precisione sia l'organo competente a porre in essere i provvedimenti sanzionatori, sia le modalità di raccordo e di trasmissione del flusso di informazioni fra l'Agenzia delle entrate e il soggetto competente ad irrogare la sanzione. Inoltre le predette intese tra il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia delle entrate sono finalizzate a creare un flusso telematico di informazioni diretto a consentire al Ministero dello sviluppo economico di assumere le informazioni acquisite dall'Amministrazione finanziaria con la registrazione nel sistema informativo dei contratti.
  Il comma 2, al fine di consentire la concreta operatività del processo sanzionatorio a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legge n. 145 del 2013, affida alle già richiamate intese la disciplina del flusso delle informazioni relative ai contratti registrati a partire dal 24 dicembre 2013 (vale a dire, la data di entrata in vigore del decreto-legge n. 145).

  Marco CAUSI (PD) chiede al Viceministro se il Governo sia disponibile a valutare le proposte di modifiche e riformulazioni dello schema di decreto legislativo che la Commissione intendesse inserire nel proprio parere, eventualmente volte anche ad inserire nel testo del provvedimento ulteriori temi, ovvero se ritenga che le proposte di modifica del testo debbano riferirsi esclusivamente alle questioni che risultano già affrontate dall'articolato dello schema di decreto legislativo.

  Il viceministro Luigi CASERO ritiene di confermare il metodo già adottato dal Governo nel corso dell'esame del disegno di legge delega per la riforma del sistema fiscale, ribadendo quindi l'intenzione dell'Esecutivo di recepire nel modo più ampio possibile, anche alla luce dell'esame dei decreti legislativi di attuazione della delega che sarà svolto dalle competenti Commissioni parlamentari, le istanze che saranno espressione dell'orientamento maggioritario delle Commissioni stesse. Reputa infatti che sarebbe molto positivo se anche su tali provvedimenti attuativi della delega fiscale si riuscisse a raccogliere il più ampio consenso da parte di tutte le forze politiche.
  Ricorda quindi come il primo dei due temi principali affrontati dallo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione sia quello delle semplificazioni fiscali, rispetto al quale, pur ribadendo la disponibilità del Governo a valutare le osservazioni e le proposte che perverranno dalla Commissione, fa presente come debba essere tenuto in debito conto il fatto che le misure che verranno proposte dovranno trovare la relativa copertura finanziaria.
  Rispetto all'altro tema affrontato dal provvedimento, relativo all'introduzione, a partire dall'anno 2015, per i redditi prodotti nel 2014, in via sperimentale, della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell'Agenzia delle entrate, rileva come si tratti di una novità importante per i cittadini, che dovrà essere disciplinata in modo attento e dettagliato, posto che si tratta di una questione tecnicamente complessa, la quale merita la massima attenzione da parte di tutte le forze politiche, costituendo una semplificazione importante nell'ambito del rapporto tra contribuenti e fisco. Dichiara quindi la disponibilità dell'Esecutivo ad accogliere ogni Pag. 149possibile miglioramento in tale campo, premesso che si tratta comunque di un'innovazione che richiederà un processo applicativo non breve, nel corso del quale occorrerà evitare di compiere errori, che rischierebbero di pregiudicare un progetto ampiamente condiviso.
  Per quanto riguarda la specifica questione, già oggetto di discussione, circa il regime di responsabilità ed ai controlli sugli intermediari abilitati, in merito ai contenuti della dichiarazione precompilata, desidera precisare fin d'ora che non sarà posta a carico dei predetti intermediari abilitati alcuna responsabilità per i dati inseriti dall'Agenzia delle entrate nelle dichiarazioni precompilate, mentre tale responsabilità potrebbe casomai sussistere in relazione alle modifiche apportate ai dati inseriti dall'Agenzia.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame.

  La seduta termina alle 13.55.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 10 luglio 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 13.55.

Disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico.
Testo unificato C. 101 Binetti e abb.

(Parere alla XII Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Federico GINATO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare in sede consultiva, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini del parere alla XII Commissione Affari sociali, il testo unificato delle proposte di legge C. 101 Binetti, C. 102 Binetti, C. 267 Fucci, C. 433 Mongiello, C. 1596 Baroni, C. 1718 Iori, C. 1633 Formisano e C. 1812 Giorgia Meloni, recante disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, come risultante dagli emendamenti approvati nel corso dell'esame in sede referente.
  Rileva come l'articolo 1 definisca l'oggetto e le finalità dell'intervento legislativo, il quale è volto ad assicurare:
   a) la tutela, la cura e la riabilitazione dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico e dei loro familiari;
   b) la protezione dei minori e dei soggetti vulnerabili;
   c) la prevenzione della diffusione dei fattori di rischio del gioco d'azzardo patologico, anche attraverso un approccio consapevole al gioco.

  L'articolo 2 definisce i soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico in conformità a quanto definito dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), indicandoli in coloro che presentano sintomi clinicamente rilevanti legati alla perdita di controllo sul proprio comportamento di gioco, con evidente coazione a ripetere e con condotte compulsive tali da arrecare grave deterioramento alla loro personalità, assimilabile ad altre dipendenze.
  Con riferimento all'articolo 3, fa presente come esso, al comma 1, stabilisca che i servizi preposti alle attività di prevenzione della patologia da gioco d'azzardo patologico (GAP) e di cura e riabilitazione dei soggetti che ne sono affetti, sono individuati nei servizi per le dipendenze istituiti dalle regioni nell'ambito dei rispettivi sistemi sanitari regionali. Ai sensi Pag. 150del comma 3 la certificazione della diagnosi di gioco d'azzardo patologico è rilasciata da tali servizi.
  Il comma 2 specifica che i medesimi servizi promuovono e attuano interventi di prevenzione, di cura e di riabilitazione ambulatoriale e residenziale delle persone affette da patologia da GAP, anche mediante gruppi di mutuo aiuto, in analogia a quanto previsto per le altre dipendenze, sulla base delle linee guida predisposte dal Ministero della salute, mentre il comma 4 specifica che la certificazione di diagnosi di gioco d'azzardo patologico dà diritto:
   a) all'esenzione dalla compartecipazione al costo della spesa sanitaria, relativamente alle prestazioni correlate al trattamento della patologia;
   b) all'accesso alle strutture dei presìdi regionali per la valutazione e la diagnosi, l'assistenza psicologica e farmacologica e il ricovero, se necessario, in centri specializzati nella cura della patologia.

  In connessione con le previsioni del comma 4, il comma 5 prevede che, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui devono essere aggiornati i livelli essenziali di assistenza del Servizio sanitario nazionale (ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 158 del 2012), il Ministro della salute integri al decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329 (recante norme di individuazione delle malattie croniche e invalidanti), al fine di inserire il GAP tra le malattie e le condizioni che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria.
  In tale ambito segnala inoltre come l'articolo 4 stabilisca che il Ministro della salute adotta, con proprio decreto di natura regolamentare, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, un Piano nazionale per garantire le prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da GAP, in attesa che siano aggiornati i livelli essenziali di assistenza con riferimento alle prestazioni di prevenzione, cura e riabilitazione rivolte alle persone affette da GAP.
  L'articolo 5 prevede che una specifica sezione del sito internet istituzionale del Ministero della salute sia dedicata a fornire indicazioni sul trattamento della patologia GAP, sulle strutture a cui rivolgersi nella zona di residenza e sulle reti di servizi pubblici e progetti di piani di zona, nonché per fornire informazioni inerenti agli aspetti legali ed economici relativi alle perdite, ai debiti accumulati e alla possibilità di usufruire dell'amministrazione di sostegno.
  Passando a illustrare l'articolo 6, fa presente come esso introduca, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, il divieto, per almeno cinque anni, di introdurre nuovi apparecchi e piattaforme on line per il gioco d'azzardo a valere sulle concessioni di gioco già in essere, nonché di introdurre nuove tipologie di giochi d'azzardo.
  L'articolo 7 prevede, al comma 1, l'istituzione presso il Ministero della salute, dell'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico, il quale è presieduto dal Ministro della salute o da un suo delegato e svolge le sue attività in collaborazione con le regioni, mentre al comma 2 specifica i compiti dell'Osservatorio, il quale è chiamato a:
   a) effettuare il monitoraggio della dipendenza da gioco d'azzardo patologico, con particolare riferimento ai costi sociali, economici e psicologici ad essa associati, nonché ai relativi fattori di rischio, in relazione alla salute dei giocatori e all'indebitamento delle famiglie;
   b) redigere e trasmettere al Ministro della salute un rapporto annuale che può contenere anche proposte volte a migliorare il sistema degli interventi socio-sanitari e socio-assistenziali in favore dei soggetti affetti da GAP;
   c) definire, entro sei mesi dalla sua istituzione, le linee guida per la promozione e la realizzazione di campagne informative, volte a prevenire comportamenti Pag. 151patologici e forme di assuefazione connessi al gioco d'azzardo;
   d) definire linee guida per lo svolgimento di corsi di formazione sui rischi collegati al gioco d'azzardo, rivolti ai soggetti privati che esercitano attività commerciali relative ai giochi d'azzardo e tenuti da soggetti dotati di comprovata competenza ed esperienza nella materia, individuati prioritariamente tra gli operatori dei servizi per le tossicodipendenze;
   e) proporre al Ministero della salute le caratteristiche del logo identificativo no slot, nonché le modalità per il rilascio in uso e per la revoca;
   f) raccogliere le osservazioni dei cittadini o di associazioni in merito al rispetto del divieto di propaganda pubblicitaria dei giochi con vincite in denaro provvedendo alla comunicazione alle autorità competenti.

  Rileva inoltre come, ai sensi del comma 3, dell'Osservatorio, che si compone di 20 membri, fanno parte:
   a) cinque esperti designati, rispettivamente, due dal Ministero della salute, uno dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, uno dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e uno dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   b) tre componenti designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, scelti tra gli operatori dei servizi delle dipendenze patologiche;
   c) tre componenti designati dall'Associazione nazionale dei comuni italiani;
   d) tre componenti individuati dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali tra le associazioni di volontariato a carattere nazionale rappresentative delle famiglie e dei giovani;
   e) tre componenti individuati dal Ministro della salute tra le associazioni del terzo settore aventi carattere nazionale che svolgono attività di prevenzione della patologia da GAP e di cura e riabilitazione dei soggetti che ne sono affetti;
   f) tre esperti nella cura delle dipendenze designati dal Ministro della salute.

  Il comma 4 esclude che ai componenti dell'Osservatorio siano riconosciuti compensi, gettoni, emolumenti o indennità comunque definiti né rimborsi spese e specifica che al funzionamento dello stesso si provvede nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
  In connessione con la costituzione del nuovo Osservatorio, rileva altresì come il comma 5 stabilisca che cessa l'attività dell'Osservatorio istituito ai sensi dell'articolo 7, comma 10, ultimo periodo, del decreto-legge n. 158 del 2012 (si tratta dell'Osservatorio istituito presso l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, di cui fanno parte, oltre ad esperti individuati dai Ministeri della salute, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, dello sviluppo economico e dell'economia e delle finanze, anche esponenti delle associazioni rappresentative delle famiglie e dei giovani, nonché rappresentanti dei comuni, per valutare le misure più efficaci per contrastare la diffusione del gioco d'azzardo e il fenomeno della dipendenza grave).
  In merito al comma 5 segnala l'opportunità di valutare se non sia più proprio prevedere la soppressione dell'osservatorio istituito dal decreto-legge n. 158, piuttosto che limitarsi a disporne la cessazione dell'attività.
  L'articolo 8 prevede che il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministero della salute, su proposta dell'Osservatorio istituito dall'articolo 7, predisponga campagne di informazione e promuova progetti di educazione sui fattori di rischio connessi al gioco d'azzardo nelle scuole di ogni ordine e grado, stabilendo inoltre al comma 2 che il Ministero della salute, su proposta dell'Osservatorio, Pag. 152predispone apposite campagne di informazione e sensibilizzazione ai cittadini finalizzate:
   a) ad aumentare la consapevolezza sui fenomeni di dipendenza correlati al gioco d'azzardo nonché sui rischi che ne derivano per la salute;
   b) a pubblicizzare il sito internet di cui all'articolo 5 al fine di fornire informazioni sui servizi predisposti dalle strutture pubbliche e del terzo settore per affrontare il problema della dipendenza da gioco d'azzardo;
   c) ad informare i genitori e le famiglie sui programmi di filtraggio e blocco dei giochi on line;
   d) a diffondere la conoscenza del logo identificativo no slot previsto dall'articolo 13.

  Il comma 3 dispone che con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentito l'Osservatorio, sono definite le linee guida per lo svolgimento di attività formative e di aggiornamento degli operatori dei servizi per le tossicodipendenze, dei servizi di salute mentale e degli operatori delle associazioni di volontariato e del terzo settore che svolgono attività di prevenzione, cura e riabilitazione dei soggetti affetti da GAP.
  In base al comma 4 viene stabilito l'obbligo che nei luoghi dove vengono effettuati giochi a pagamento e nelle vicinanze delle postazioni di gioco sia esposta in modo visibile la documentazione informativa relativa ai servizi di assistenza disponibili a livello locale e nazionale in favore dei soggetti affetti da patologia da GAP. Presso i medesimi locali, in maniera visibile e immediatamente individuabile, devono altresì essere disponibili i moduli, predisposti dall'azienda sanitaria locale competente per territorio, tramite cui i giocatori possono sottoporsi a un test di autovalutazione per la determinazione del rischio di dipendenza dal gioco d'azzardo.
  Fa presente inoltre che, in base all'articolo 9, ai soggetti affetti da dipendenza da gioco d'azzardo patologico si applica, ove ne ricorrano i presupposti, l'articolo 404 del codice civile, il quale prevede la possibilità che la persona affetta da infermità o menomazione fisica o psichica che sia impossibilitata, anche in via temporanea o parziale, a provvedere ai propri interessi, sia assistita da un amministratore di sostegno nominato dal giudice tutelare.
  L'articolo 10 reca una serie di misure per contrastare l'accesso ai giochi da parte dei minori e dei soggetti vulnerabili. In tale contesto evidenzia come, in primo luogo, il comma 1 inasprisca la sanzione amministrativa prevista a carico del titolare dell'esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici ai minorenni, innalzandone l'ammontare, ora previsto in un ambito compreso tra un minimo di 5.000 ed un massimo di 20.000 euro, ad un ambito compreso tra 10.000 e 30.000 euro. Inoltre i commi da 2, 4, 5 e 6 introducono un sistema di registrazione dei giocatori. A tal fine il comma 2 prevede che l'accesso agli apparecchi da intrattenimento e ai videogiochi previsti dall'articolo 100, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al regio decreto n. 773 del 1931 (si tratta dei giochi con vincita in denaro – cosiddette slotmachine – e delle slot machine collegate in rete che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa), nonché ai giochi online, può avvenire solo mediante l'utilizzo della tessera sanitaria.
  In connessione con il comma 2, il comma 4 prevede che i dati anagrafici dei giocatori sono registrati attraverso il sistema «tessera sanitaria», il quale mette a disposizione funzioni per rilevare il numero e l'entità delle somme giocate anche in modo progressivo dai giocatori, al fine di consentire agli stessi di autoescludersi dal gioco, anche temporaneamente, e di permettere ai giocatori medesimi di prevedere un limite alla somma giocata. La Pag. 153norma demanda poi a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero della salute, sentiti l'Agenzia delle dogane e dei monopoli e l'Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico istituito dall'articolo 7, la definizione delle modalità tecniche per l'attuazione di tali previsioni, in coerenza con le misure di sicurezza previste nel Codice in materia di protezione dei dati personali, e nel relativo disciplinare tecnico (allegato B al decreto legislativo n. 196 del 2003). Inoltre il comma 5 stabilisce che i dati rilevati dal sistema tessera sanitaria, privi di elementi identificativi diretti, sono trasmessi al Ministero della salute, ai fini delle attività svolte dal predetto Osservatorio nazionale sulla dipendenza da gioco d'azzardo patologico. La disposizione specifica che i citati dati non possono in alcun modo essere utilizzati da parte dei concessionari, degli esercenti e dei gestori. Il comma 6 prevede che il Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze (SIND) sia integrato con i dati relativi alla patologia da GAP, al fine di rilevare in modo sistematico le informazioni relative ai soggetti affetti da GAP. I commi 3, 8 e 9 disciplinano l'introduzione di un sistema di inibizione all'accesso ai giochi per i minori.
  In particolare, rileva come il comma 3 stabilisca che l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, adotta un decreto per rendere obbligatoria l'introduzione di meccanismi idonei a bloccare in modo automatico l'accesso dei minori ai giochi, mediante l'inserimento, nei software degli apparecchi da intrattenimento, dei videogiochi e dei giochi online, di appositi sistemi di filtro. Ai sensi del comma 8 il decreto deve definire le diciture e le caratteristiche grafiche e cromatiche delle avvertenze generali e supplementari da apporre su ciascun apparecchio o videoterminale di gioco, nonché di quelle che debbono apparire automaticamente sugli schermi degli apparecchi di gioco.
  In tale ambito, in caso di installazione in locali aperti al pubblico di apparecchi o videoterminali di gioco non conformi ai criteri di cui al comma 3 il comma 9, viene stabilita la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 50.000 a carico del trasgressore e l'applicazione, in caso di recidiva, della sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 100.000, nonché il sequestro dell'apparecchio o del videoterminale. In aggiunta alle appena descritte misure di registrazione dei giocatori e di inibizione dell'accesso dei minori, in base al comma 7, ciascun apparecchio e videoterminale di gioco deve recare avvertenze generali e supplementari sui rischi derivanti dal gioco d'azzardo patologico e concernenti i disturbi riconducibili a tale patologia. Le avvertenze sono stampate in modo facilmente leggibile, inamovibile e indelebile su ciascun apparecchio o videoterminale di gioco. In tale ambito viene specificato che le avvertenze debbono comparire automaticamente sullo schermo degli apparecchi di gioco all'avvio di ogni giocata, per non meno di 15 secondi.
  Ai sensi del comma 10 il pagamento delle prestazioni rese dagli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del TULPS, può avvenire solo mediante carte nominative elettroniche. Inoltre si prevede che, al termine di ogni sessione di gioco, gli apparecchi devono rilasciare apposita ricevuta, indicante l'ammontare complessivo della somma spesa e di quella vinta, evidenziando la differenza, indicare il tempo complessivo di collegamento con l'apparecchio, nonché riportare formule di avvertimento contro i rischi del gioco d'azzardo patologico.
  Il comma 11 estende l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 10, in quanto compatibili, al gioco on line con corresponsione in denaro, mentre il comma 12 stabilisce che le disposizioni dei commi 10 e 11 sono efficaci dal 1o gennaio 2016. Il comma 13 vieta ai concessionari di prevedere penalizzazioni od oneri a carico dei gestori e/o esercenti in caso di richiesta di rimozione degli apparecchi da gioco previsti dall'articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del TULPS.Pag. 154
  Passando a illustrare l'articolo 11, rileva come esso intervenga sull'etichettatura dei tagliandi delle lotterie istantanee, stabilendo, al comma 1, che essi devono contenere messaggi in lingua italiana su entrambi i lati, indicati a stampa e in modo da coprire almeno il 20 per cento della corrispondente superficie, recanti avvertenze relative ai rischi e ai danni connessi al gioco d'azzardo. Ai sensi del comma 2 il contenuto delle avvertenze da apporre sui tagliandi e le relative caratteristiche grafiche sono definite con decreto del Ministero della salute, sentito l'Osservatorio di cui all'articolo 7.
  In tale contesto segnala come il comma 3 elenchi le diciture che i tagliandi devono in ogni caso riportare, su entrambi i lati e con dimensioni adeguate, mentre il comma 4 precisa che le avvertenze apposte sui tagliandi devono essere stampate in modo inamovibile ed indelebile, senza poter essere in alcun modo dissimulate, coperte od interrotte da altre indicazioni od immagini. Il comma 5 stabilisce un limite temporale di 12 mesi alla possibilità di porre in vendita i tagliandi delle lotterie istantanee prodotti fino alla data di entrata in vigore della legge.
  L'articolo 12 introduce, al comma 1, il divieto di propaganda pubblicitaria, sia diretta sia indiretta, del gioco d'azzardo sul territorio nazionale e al comma 2 stabilisce la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 euro a 500.000 euro a chi trasgredisce a tale divieto. Nel caso di reiterazione per tre volte della violazione delle disposizioni del comma 1, il comma 3 stabilisce la decadenza dalla concessione o dalle autorizzazioni per l'esercizio del gioco.
  L'articolo 13 introduce una forma di incentivazione alla rimozione degli apparecchi per il gioco d'azzardo, prevedendo, al comma 1, che gli esercizi commerciali e i circoli privati che rimuovono dai propri locali gli apparecchi per il gioco lecito previsti dall'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto n. 773 del 1941, installati prima del 31 dicembre 2013, possono usufruire, per i due anni successivi alla rimozione, di un apposito indennizzo economico. Il comma 2 demanda a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, la definizione dell'entità e della modalità dell'indennizzo, nonché delle procedure per effettuarne la richiesta.
  Specifica inoltre come, in base all'articolo 14, comma 1, gli esercizi commerciali e i circoli privati che non installano i sopra richiamati apparecchi per il gioco lecito previsti dall'articolo 110, comma 6, lettera a) e b) del TULPS possano richiedere il rilascio in uso del logo identificativo «no slot». Ai sensi del comma 2 le condizioni per il rilascio in uso del logo identificativo, nonché per la revoca del suo utilizzo, sono definite con decreto del Ministero della salute, su proposta dell'Osservatorio, mentre il comma 3 affida ai Comuni nei quali sono ubicati gli esercizi commerciali e i circoli privati le funzioni di vigilanza e controllo sull'osservanza del corretto utilizzo del logo identificativo «no slot», sulla base delle linee guida indicate nel decreto di cui al comma 2.
  Rileva quindi come l'articolo 15 inserisca una serie di obblighi relativi ai luoghi dove si svolge l'attività di gioco con vincita in denaro prevedendo a tal fine, al comma 1, che i comuni devono adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un regolamento che stabilisce i criteri in materia di ubicazione, di orari di apertura, di caratteristiche logistiche e di funzionamento dei locali in cui si svolge tale attività di gioco, specificando che i termini entro i quali i locali in cui si svolge l'attività di gioco con vincita in denaro operanti alla data di entrata in vigore della legge devono adeguarsi ai suddetti requisiti non possono in ogni caso essere superiori a diciotto mesi dalla data dell'adozione del regolamento.
  I commi da 2 a 7 indicano i criteri ai quali i regolamenti comunali previsti dal comma 1 devono adeguarsi. Specifica che, in particolare, il comma 2 prevede che l'esercizio di nuove sale da gioco e di nuovi punti vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse Pag. 155su eventi sportivi, anche ippici, o non sportivi, e l'installazione di nuovi apparecchi idonei per il gioco lecito previsti dall'articolo 110, comma 6, lettere a) e b) del TULPS, sono vietati a una distanza inferiore a 500 metri da scuole di ogni ordine e grado, strutture ospedaliere e residenziali o semiresidenziali operanti nel settore sanitario o socio assistenziale, luoghi di culto, caserme, centri di aggregazione giovanile, centri per anziani, nonché banche e uffici postali.
  Il comma 3 stabilisce che l'installazione degli apparecchi idonei per il gioco lecito, all'interno di locali aperti al pubblico, può essere effettuata esclusivamente in spazi appositi e circoscritti, e comunque separati dal resto del locale, in cui si svolge l'ordinaria attività, mentre il comma 4 vieta l'installazione di sportelli per il prelievo automatico di contanti all'interno delle sale gioco e dei locali dove sono ubicati i punti vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse. Il comma 5 stabilisce il divieto inderogabile di fumo, anche per quanto riguarda le sigarette elettroniche, nei luoghi in cui si svolgono attività di gioco d'azzardo, anche in presenza di impianti per la ventilazione e il ricambio di aria. Tale divieto è esteso anche alle sigarette elettroniche.
  Il comma 6 stabilisce il divieto di vendita e consumo di bevande alcoliche all'interno delle sale da gioco e dei locali in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, o non sportivi.
  Rileva inoltre come il comma 7 ponga un limite all'orario giornaliero di apertura delle sale da gioco e dei locali in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, o non sportivi, nonché dei locali in cui sono installati gli apparecchi da gioco, stabilendo che esso non possa comunque superare le otto ore. Per i locali in cui l'attività di gioco con vincita in denaro non rappresenta l'attività esclusiva o principale, si specifica che il regolamento comunale può prevedere che tale limite orario valga esclusivamente per l'attività di gioco.
  Rappresenta altresì come, in base al comma 8, i comuni, con il medesimo regolamento di cui al comma 1, possono stabilire ulteriori misure per evitare che nei luoghi in cui si svolgono attività di gioco con vincita in denaro siano introdotti strumenti idonei a indurre la dipendenza dal gioco e a favorire la perdita dell'autocontrollo da parte dei giocatori, nonché misure per prevedere un tempo minimo che intercorra tra una giocata e l'altra. Il comma 9 reca una previsione sanzionatoria, in base alla quale la condanna del responsabile della sala giochi o del titolare dell'esercizio commerciale dove sono ubicati gli apparecchi per mancato rispetto delle disposizioni della legge e della normativa vigente in materia comporta l'inabilitazione all'attività commerciale per una durata da uno a cinque anni.
  L'articolo 16, comma 1, istituisce nello stato di previsione del Ministero della salute il Fondo per la prevenzione, la cura e la riabilitazione del gioco d'azzardo patologico, il quale ha il compito di finanziare gli interventi di prevenzione, di informazione, di formazione e di cura in favore delle persone affette da patologia da GAP, nell'ambito del Piano obiettivo previsto dal Ministero della salute.
  Il Fondo è alimentato, ai sensi del comma 3, dalle somme derivanti dall'incremento del Prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento disposto dall'articolo 17, comma 6, al netto degli utilizzi previsti dall'articolo 17, commi 1, 2, 3 e 4. Inoltre è previsto che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della prima legge di stabilità successiva all'attuazione della delega per la riforma del sistema dei giochi pubblici di cui all'articolo 14, comma 1, della legge n. 23 del 2014 (recante delega per la riforma del sistema fiscale), le risorse destinate al Fondo confluiscono nel fondo finalizzato prioritariamente al contrasto del gioco d'azzardo patologico, previsto dall'articolo 14, comma 2, lettera v), della medesima legge n. 23.Pag. 156
  Al riguardo ricorda che la dotazione di tale fondo, ai sensi della predetta lettera v), è determinata annualmente con la legge di stabilità, a valere su quota parte delle risorse erariali derivanti dai giochi pubblici, anche in concorso con la finanza regionale e locale, attraverso modifiche mirate della disciplina fiscale dei citati giochi che incrementino le risorse erariali. Il comma 2 istituisce invece nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le famiglie dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico, con il compito di ridurre il disagio delle famiglie, anche attraverso il numero verde previsto dall'articolo 4. Tale ulteriore Fondo è alimentato, oltre che dalle risorse specificamente stanziate dall'articolo 17, comma 4, anche ai sensi del comma 4, dalle maggiori entrate derivanti dall'incremento, operato dall'articolo 8, comma 1, della legge, delle sanzioni amministrative pecuniarie a carico del titolare dell'esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici ai minorenni (ai sensi dell'articolo 24, comma 21, del decreto-legge n. 98 del 2011), nonché dalle nuove entrate derivanti delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli articoli 10, comma 9, e 12, comma 2, della legge stessa.
  Passando a illustrare l'articolo 17, rileva come esso rechi la disciplina gli aspetti finanziari dell'intervento legislativo.
  In tale ambito il comma 1 autorizza la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2015 per l'attuazione del piano nazionale a favore delle persone affette da gioco d'azzardo patologico di cui all'articolo 4, comma 1, mentre il comma 2 autorizza la spesa annua di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2015 per l'attuazione degli interventi in materia di informazione ed educazione sui fattori di rischio del gioco d'azzardo previsti dall'articolo 8, commi 1, 2 e 3. Il comma 3 autorizza la spesa di 15 milioni di euro annui a decorrere dal 2015 per gli indennizzi economici previsti dall'articolo 13, comma 1. Il comma 4 autorizza invece la spesa di 20 milioni di euro per l'anno 2015 e di 30 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2016 per finanziare il Fondo per le famiglie dei soggetti affetti da gioco d'azzardo patologico istituito dall'articolo 16, comma 2.
  Segnala quindi come i commi 5 e 6 rechino la copertura degli oneri derivanti dai commi 1, 2, 3 e 4, pari a 47 milioni di euro annui a decorrere dal 2016, ai quali si fa fronte attraverso l'incremento entro il limite dello 0,7 per cento, a decorrere dal 1o gennaio 2015, del prelievo erariale unico sugli apparecchi da intrattenimento di cui all'articolo 110, comma 6, lettere a) e b), del regio decreto n. 773 del 1931: la disposizione indica che l'incremento dovrà assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 200 milioni di euro annui a decorrere dal 2015. L'aumento del PREU sarà disposta con decreti dirigenziali del Ministero dell'economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
  In merito alla formulazione del comma 6 segnala come l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sia stata ormai incorporata entro la nuova Agenzia delle dogane e dei monopoli.
  Per quanto riguarda il contenuto del medesimo comma 6, segnala altresì come un aggravio del prelievo tributario in materia debba partire da un'armonizzazione delle tassazione tra le diverse tipologie di giochi che comprenda anche una ridefinizione dei relativi payout. Si tratta quindi di operazioni complesse che richiedono un'attenta valutazione degli impatti sul gettito a causa di un possibile spostamento dei giocatori verso altre tipologie di gioco, a iniziare dal settore del gioco illegale.
  Con riferimento a tale questione ricorda di aver presentato, nel corso dell'esame della legge di stabilità per il 2014, un emendamento volto a incrementare il PREU nella misura dello 0,5 per cento, evidenziando come tale emendamento, sebbene fosse formulato in modo molto puntuale e tenesse conto della necessità di armonizzare la tassazione tra le diverse tipologie di giochi, abbia ricevuto il parere Pag. 157contrario dal Governo proprio in considerazione del suo possibile effetto impatto negativo sul gettito.
  L'articolo 18 stabilisce, al comma 1, che hanno diritto ad accedere al Fondo per la prevenzione del fenomeno dell'usura istituito dall'articolo 15 della legge n. 108 del 1996, anche il coniuge e i parenti entro il primo grado conviventi di soggetti affetti da GAP, nel caso in cui l'indebitamento del nucleo familiare sia stato causato dalla dipendenza dal gioco. A tal fine il comma 2 integra l'articolo 14 della citata legge n. 108 del 1996. In particolare, la lettera a) stabilisce che l'erogazione dei mutui può avvenire con le medesime modalità e limiti di cui al comma 2 anche in favore di persone fisiche o nuclei familiari vittime del delitto di usura per dipendenza da gioco d'azzardo patologico e che siano parti offese nel relativo procedimento penale.
  In tale ambito fa presente come, in parallelo, la lettera b) preveda, nel caso di erogazione del mutuo in favore dei familiari del soggetto vittima di usura in quanto affetto da GAP, che la domanda deve essere corredata da un piano di utilizzo delle somme per le necessità personali o familiari e per la copertura dei debiti, nonché dell'attestazione circa la sussistenza di una fonte di reddito idonea a garantire la restituzione delle somme concesse a titolo di mutuo.
  L'articolo 19 disciplina l'entrata in vigore del provvedimento, stabilendo che la legge entra in vigore il 1o gennaio 2015, ad eccezione delle disposizioni di cui all'articolo 10, commi 10 e 11 (le quali, ai sensi del comma 12 dello stesso articolo 10, sono efficaci a far data dal 1o gennaio 2016).
  In generale evidenzia come il provvedimento, in particolare gli articoli 10, 12, 13, 14, 15, 16 e 17, incida sotto vari profili sulla materia affrontata dalla legge delega per la riforma del sistema fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, introducendo anche soluzioni normative difformi rispetto a quelle indicate in tale sede.
  Al riguardo ricorda che l'articolo 14 della predetta legge n. 23 del 2014 conferisce una specifica delega al Governo per la riforma della disciplina dei giochi pubblici, prevedendo, al comma 2, una serie molto articolata di principi e criteri direttivi, tra i quali segnala in particolare, in quanto oggetto di tematiche affrontate anche dal provvedimento in esame:
   alla lettera d), il riordino del prelievo erariale sui singoli giochi (tematica su cui interviene l'articolo 17, comma 6, del testo unificato);
   alla lettera e), l'introduzione di regole trasparenti e uniformi nell'intero territorio nazionale in materia di titoli abilitativi all'esercizio dell'offerta di gioco, di autorizzazioni e di controlli, garantendo forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione.

  Al riguardo ricorda che il principio di delega specifica che in tale ambito occorre tenere conto di parametri di distanza da luoghi sensibili validi per l'intero territorio nazionale, della dislocazione locale di sale da gioco e di punti di vendita in cui si esercita come attività principale l'offerta di scommesse su eventi sportivi e non sportivi, riservando comunque allo Stato la definizione delle regole necessarie per esigenze di ordine e sicurezza pubblica, assicurando la salvaguardia delle discipline regolatorie nel frattempo emanate a livello locale che risultino coerenti con tali princìpi (tematica su cui interviene l'articolo 15, commi 1 e 8, del testo unificato):
   alla lettera q), la razionalizzazione territoriale della rete di raccolta del gioco, anche in funzione della pianificazione della dislocazione locale di cui alla lettera e), a partire da quello praticato mediante gli apparecchi per il gioco lecito. Al riguardo rammenta che il principio di delega specifica che tale razionalizzazione è comunque improntata al criterio della riduzione e della progressiva concentrazione della raccolta di gioco in ambienti sicuri e controllati, con relativa responsabilità del concessionario ovvero del titolare dell'esercizio (tematica su cui interviene l'articolo 15 del testo unificato); Pag. 158
   sempre alla lettera q), il riordino e lo sviluppo della dislocazione territoriale della rete di raccolta del gioco, anche sulla base di una revisione del limite massimo degli apparecchi da gioco presenti in ogni esercizio, della previsione di una superficie minima per gli esercizi che li ospitano e della separazione graduale degli spazi nei quali vengono installati (tematica su cui interviene l'articolo 15 del testo unificato);
   alla lettera v), l'istituzione, con il concorso statale, di un apposito fondo, la cui dotazione è stabilita annualmente con la legge di stabilità, finalizzato prioritariamente al contrasto al gioco d'azzardo patologico, anche in concorso con la finanza regionale e locale ed è finanziato attraverso modifiche mirate alla disciplina fiscale dei giochi pubblici idonee ad incrementare le risorse erariali (tematica su cui interviene l'articolo 16 del testo unificato);
   alla lettera z), il rafforzamento del monitoraggio, controllo e verifica circa il rispetto e l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia di divieto di pubblicità per i giochi con vincita in denaro, soprattutto per quelli on-line, anche ai fini della revisione della disciplina in materia, con particolare riguardo all'obiettivo della tutela dei minori (tematica su cui interviene l'articolo 12 del testo unificato);
   alla lettera aa), il divieto della pubblicità nelle trasmissioni radiofoniche e televisive, nel rispetto dei principi sanciti in sede europea relativi alla tutela dei minori per i giochi con vincita in denaro che introducono comportamenti compulsivi (tematica su cui interviene l'articolo 12);
   alla lettera bb), la limitazione massima della pubblicità riguardante il gioco on-line, in particolare di quella realizzata da soggetti che non conseguono concessione statale di gioco (tematica su cui interviene l'articolo 12);
   alla lettera cc), l'introduzione di un meccanismo di autoesclusione dal gioco, basato anche su un registro nazionale cui possono iscriversi i soggetti che lo richiedano (tematica su cui interviene l'articolo 10, comma 4, del testo unificato);
   alla lettera d), l'introduzione di modalità di riconoscimento per gli esercizi commerciali che si impegnino, per un certo numero di anni, a rimuovere o non installare apparecchiature per giochi con vincita in denaro (tematica su cui intervengono gli articoli 13 e 14 del testo unificato).
   alla lettera o), il riordino e l'integrazione del sistema sanzionatorio (tematica su cui intervengono gli articoli gli articoli 10, comma 9, 12, commi 2 e 3, e 15, commi 1 e 9, del testo unificato).

  Ricorda inoltre che la delega di cui all'articolo 14 della legge n. 23 prevede inoltre:
   la definizione delle fonti di regolazione dei diversi aspetti legati all'imposizione, nonché alla disciplina dei singoli giochi, per i quali si dispone una riserva di legge esplicita alla legge ordinaria (lettera b);
   la disciplina dei singoli giochi (lettera c);
   la revisione degli aggi e compensi spettanti ai concessionari (lettera g);
   il riordino e rafforzamento della disciplina in materia di trasparenza e di requisiti, oggettivi e di onorabilità, dei soggetti che controllano al capitale delle società concessionarie (lettere h e i);
   la verifica, con riferimento alle concessioni sui giochi, circa l'efficacia della normativa in materia di conflitti di interesse (lettera m);
   il riordino della disciplina dei controlli e dell'accertamento dei tributi gravanti sui giochi (lettera n);
   il coordinamento delle disposizioni in materia di giochi con quelle di portata generale in materia di emersione di attività Pag. 159economiche e finanziarie detenute in Stati aventi regimi fiscali privilegiati (lettera s);
   l'attuazione di un piano straordinario di controlli volto a contrastare la pratica del gioco, in qualunque sua forma, svolto con modalità non conformi all'assetto regolatorio stabilito dallo Stato per la pratica del gioco lecito (lettera u).

  Rileva come l'articolo 14, inoltre, confermi il modello organizzativo fondato sul regime concessorio ed autorizzatorio, ritenuto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi, ma ribadisca anche che l'autorizzazione dovrà tener presente, come già detto precedentemente, di forme vincolanti di partecipazione dei comuni competenti per territorio al procedimento di autorizzazione e di pianificazione.
  Alla luce di tali considerazioni ritiene opportuno valutare se il provvedimento in esame, almeno per quanto riguarda gli articoli 10, 12, 13, 14, 15, 16 e 17, non si sovrapponga con l'altro strumento di intervento legislativo in materia costituito dall'articolo 14 della legge n. 23 del 2014, i cui termini di esercizio sono ancora in corso, e che intende realizzare una riforma più complessiva del sistema dei giochi pubblici la quale travalica le misure per il contrasto al gioco d'azzardo patologico.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, informa che la Commissione Bilancio ha chiesto al Governo la predisposizione di una relazione tecnica sul provvedimento, ritenendo pertanto opportuno acquisire tale documento prima di procedere all'espressione del parere sul testo unificato.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi ad altra seduta il seguito dell'esame.

  La seduta termina alle 14.05.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 10 luglio 2014. — Presidenza del presidente Daniele CAPEZZONE. – Interviene il viceministro dell'economia e delle finanze Luigi Casero.

  La seduta comincia alle 14.05.

Riforma della disciplina delle tasse automobilistiche e altre disposizioni concernenti l'imposizione tributaria sui veicoli.
C. 2397 Capezzone.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 18 giugno scorso.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ricorda che con le audizioni, svoltesi nella giornata di ieri, del professor Diego Piacentino e della dottoressa Patrizia Lattarulo, si sarebbe concluso il ciclo di audizioni finora previsto ai fini dell'istruttoria legislativa sul provvedimento.
  Propone tuttavia, prima di procedere ulteriormente nell'esame della proposta di legge, di ascoltare in sede informale anche i rappresentanti di Confindustria.

  La Commissione concorda con la proposta di procedere all'audizione informale dei rappresentanti di Confindustria.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica all'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, in materia di riconoscimento della detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici mediante attribuzione di certificati di credito fiscale.
C. 1899 Pisano.

(Esame e rinvio).

Pag. 160

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco RIBAUDO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, in sede referente, la proposta di legge C. 1899 Pisano, recante modifica all'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi, in materia di riconoscimento della detrazione delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici mediante attribuzione di certificati di credito fiscale.
  In estrema sintesi, fa presente come la proposta in esame istituisca e disciplini i cosiddetti certificati di credito fiscale (CCF), al fine di consentire ai contribuenti di fruire delle agevolazioni tributarie per le ristrutturazioni edilizie previste dall'articolo 16-bis del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) con modalità alternative al vigente meccanismo della detrazione. Evidenzia come, in tal modo, il contribuente che intenda effettuare lavori di ristrutturazione edilizia agevolati potrebbe scegliere se usufruire della detrazione secondo le norme vigenti (ai sensi dell'articolo 16-bis del TUIR), e cioè pagando interamente al committente l'importo pattuito con modalità tracciabili ed usufruendo dell'agevolazione solo dopo il pagamento delle somme, in dieci quote annuali, ovvero se effettuare il pagamento in parte con bonifico bancario e, in parte, con un apposito titolo denominato certificato di credito fiscale (emesso per ciascuna fattura relativa ai lavori da eseguire). Tale titolo verrebbe emesso dall'Agenzia delle Entrate e «girato» all'impresa che realizzi i lavori. L'impresa potrà dunque scontare il certificato presso una banca o un istituto di credito; quest'ultima potrà scegliere se far circolare il titolo sul mercato interbancario ovvero ottenerne la liquidazione presso l'Agenzia delle entrate.
  Passando a illustrare le singole disposizioni della proposta di legge, segnala come l'articolo 1 inserisca i nuovi commi da 8-bis a 8-novies nell'articolo 16-bis del TUIR, che disciplina le agevolazioni IRPEF per le ristrutturazioni edilizie.
  Al riguardo ricorda che le detrazioni fiscali per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, introdotte dall'articolo 1, comma 5, della legge n. 449 del 1997, e dopo essere state più volte modificate e prorogate, sono state infine resi permanenti dall'articolo 4, comma 1, lettera c), decreto-legge n. 201 del 2011, il quale che ha inserito nel TUIR il menzionato articolo 16-bis. A regime, la misura della detrazione IRPEF è del 36 per cento per le spese di ristrutturazione edilizia sostenute per un importo non superiore a 48.000 euro per ciascuna unità immobiliare. La legge di stabilità per il 2014 ha esteso il limite delle spese detraibili a 96.000 euro per il 2014 e il 2015, stabilendo che sino al 31 dicembre 2014 la detrazione si applica al 50 per cento. Per l'anno 2015 il medesimo provvedimento ha fissato la detrazione nella misura del 40 per cento.
  In tale contesto, il decreto-legge n. 63 del 2013 ha introdotto una detrazione del 50 per cento per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici di classe non inferiore alla A+, (per i forni la classe A), finalizzati all'arredo dell'immobile oggetto di ristrutturazione, per un importo massimo complessivo non superiore a 10.000 euro, da ripartire in dieci quote annuali; grazie alla legge di Stabilità 2014, essa è concessa per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2014. Lo stesso decreto-legge n. 63 del 2013 ha introdotto una detrazione del 65 per cento delle spese effettuate per interventi di adozione di misure antisismiche su costruzioni che si trovano in zone sismiche ad alta pericolosità, se adibite ad abitazione principale o ad attività produttive. Rammenta come anche tale agevolazione sia valida sino al 31 dicembre 2014; la detrazione si applicherà nella misura del 50 per cento per l'anno 2015. Il comma 2 del nuovo articolo 16-bis del TUIR ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia. Il comma 3 del nuovo articolo 16-bis riconduce a regime la detrazione Pag. 161d'imposta del 36 per cento sull'acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative.
  Per quanto concerne gli adempimenti previsti per richiedere la detrazione sulle spese di ristrutturazione rileva come essi siano stati, negli ultimi anni, semplificati e ridotti. A tale riguardo ricorda anzitutto, che dal maggio 2011 (per effetto del decreto-legge n. 70 del 2011) non è più necessario inviare la comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara dell'Agenzia delle Entrate; è sufficiente indicare nella dichiarazione dei redditi i dati catastali identificativi dell'immobile e, se i lavori sono effettuati dal detentore, gli estremi di registrazione dell'atto che ne costituisce titolo e gli altri dati richiesti per il controllo della detrazione. Occorre conservare ed esibire, a richiesta degli uffici, gli specifici documenti indicati nel provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 2 novembre 2011 (comunicazione all'Asl, fatture e ricevute comprovanti le spese sostenute, ricevute dei bonifici di pagamento). Per fruire della detrazione è necessario che i pagamenti siano effettuati con bonifico bancario o postale, da cui risultino la causale del versamento, con riferimento alla norma (l'articolo 16-bis del TUIR), il codice fiscale del soggetto che paga e il codice fiscale o numero di partita IVA del beneficiario del pagamento. Ricorda che le spese che non è possibile pagare con bonifico (per esempio, oneri di urbanizzazione, diritti pagati per concessioni, autorizzazioni e denunce di inizio lavori, ritenute fiscali sugli onorari dei professionisti, imposte di bollo) possono essere pagate con altre modalità e che, al momento del pagamento del bonifico, banche e poste devono operare una ritenuta a titolo di acconto dell'imposta dovuta dall'impresa che effettua i lavori (disposta dall'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010). Dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto-legge n. 98 del 2011) questa ritenuta è pari al 4 per cento. I contribuenti interessati devono conservare, oltre alla ricevuta del bonifico, le fatture o le ricevute fiscali relative alle spese effettuate per la realizzazione dei lavori di ristrutturazione.
  La detrazione deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo, nell'anno in cui è sostenuta la spesa e in quelli successivi.
  In tale contesto normativo, segnala come il nuovo comma 8-bis dell'articolo 16-bis del TUIR consenta di usufruire delle richiamate agevolazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie, in alternativa al meccanismo della detrazione, anche mediante attribuzione di un certificato di credito fiscale rappresentativo dell'incentivo finanziario, mentre il nuovo comma 8-ter dell'articolo 16-bis prevede che il certificato di credito fiscale sia emesso dall'Agenzia dell'Entrate all'atto dell'esercizio di apposita opzione irrevocabile da parte del contribuente. Le modalità e i termini di esercizio dell'opzione sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze; a tale decreto, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, si affida il compito di determinare le modalità telematiche per l'esercizio dell'opzione e per l'emissione del certificato, nonché l'annotazione dei successivi trasferimenti di proprietà sul titolo stesso e in un apposito registro, tenuto dall'Agenzia delle entrate, che dovrà provvedere a istituirlo entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione. Ai sensi del nuovo comma 8-quater, il beneficiario dell'agevolazione fiscale che ha esercitato l'opzione per l'emissione dei CCF dovrà richiedere un certificato di credito fiscale per ciascuna delle fatture emesse dai soggetti che hanno eseguito le opere incentivate. Nell'istanza di cartolarizzazione, il beneficiario è tenuto a dichiarare il titolo del possesso e i dati catastali dell'immobile oggetto degli interventi, specificandone il tipo, l'ammontare delle spese sostenute ed effettivamente rimaste a proprio carico, nonché gli estremi di versamento della somma pagata mediante bonifico bancario.
  Evidenzia inoltre come, dal momento che i lavori potranno essere pagati anche Pag. 162mediante emissione del CCF, e non più solo con bonifico bancario, la ritenuta del 4 per cento che le banche e le poste devono operare, ai sensi dell'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, a titolo di acconto dell'imposta dovuta dall'impresa che effettua i lavori, sopra richiamata, troverebbe applicazione solo sulla parte del corrispettivo dei lavori stessi pagato mediante bonifico bancario. Il nuovo comma 8-quinquies reca specifiche disposizioni per l'emissione dei certificati in relazione ad interventi effettuati sulle parti comuni dell'edificio.
  In tale ambito rileva come, fermo restando che la detrazione d'imposta spetta al singolo condomino nel limite della quota al medesimo imputabile, la disposizione stabilisca che, ove l'assemblea condominiale deliberi all'unanimità, l'amministratore (ovvero, in sua assenza, il soggetto da essa delegato) richiede, con riferimento a ciascuna fattura, un certificato di credito fiscale di ammontare pari alla somma delle detrazioni spettanti ai singoli condòmini. Ai sensi del nuovo comma 8-sexies, il certificato di credito fiscale dovrà essere emesso a nome del titolare del diritto al beneficio tributario e da questi trasferito esclusivamente al soggetto che ha eseguito l'opera o la prestazione cui si riferisce la fattura, unita all'istanza di cartolarizzazione.
  Il secondo periodo del nuovo comma 8-sexies prevede esplicitamente che il trasferimento del titolo riduce parzialmente l'obbligazione di pagamento del corrispettivo convenuto per l'esecuzione delle opere o delle prestazioni. Sottolinea quindi come l'esercizio dell'opzione per l'emissione di CCF – in luogo della detrazione – consentirebbe di effettuare i pagamenti dei corrispettivi mediante i certificati medesimi. Di fatto, dunque, esercitando l'opzione prevista dalla proposta di legge, il contribuente ottiene un finanziamento da parte dell'Erario per l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione, sotto forma di certificati di credito fiscale.
  Al riguardo, segnala l'opportunità di valutare se non sia necessario predisporre un sistema di verifiche e controlli, ovvero modificare i meccanismi di emissione dei titoli, al fine di prevenire eventuali condotte fraudolente: tale meccanismo, così configurato, non sembra infatti escludere del tutto la possibilità di un utilizzo indebito dei CCF, atteso soprattutto il fatto che, in forza del nuovo sistema proposto, il contribuente non procede ad esborso per la parte relativa alle detrazioni spettanti; a titolo esemplificativo rileva infatti come le parti potrebbero accordarsi per una fatturazione superiore agli importi dei lavori effettivamente eseguiti, al fine di ottenere illecitamente finanziamenti dall'erario.
  Ricorda come l'attuale sistema di detrazioni preveda che l'agevolazione sia corrisposta solo dopo l'effettuazione dei lavori, il cui pagamento è effettuato con modalità tracciabili (che consentono di verificare l'effettivo esborso delle somme dovute da parte del contribuente, pena la non utilizzabilità dell'agevolazione o la sua perdita). Ancorché dunque i controlli siano effettuati a posteriori, la normativa vigente sembrerebbe lasciare minori spazi a fenomeni fraudolenti.
  Per quanto riguarda il trasferimento dei certificati di credito fiscale in favore dell'impresa che esegue i lavori, il terzo periodo del nuovo comma 8-sexies stabilisce uno specifico limite, stabilendo che tale trasferimento è consentito, in relazione a ciascun soggetto esecutore e in relazione ciascun anno di imposta, fino a concorrenza dell'ammontare dei contributi previdenziali e assistenziali dichiarati dallo stesso soggetto esecutore, con riferimento al precedente anno d'imposta.
  In merito alla formulazione del predetto terzo periodo del nuovo comma 8-sexies, rileva l'opportunità di riferirsi al «periodo d'imposta», per i soggetti il cui anno di esercizio non corrisponde con l'anno solare.
  Per le attività d'impresa e professionali, non tenute alla denuncia mensile ai fini retributivi e contributivi, il quarto periodo del nuovo comma 8-sexies fa riferimento al reddito dichiarato ai fini previdenziali nella dichiarazione dei redditi relativa al secondo anno antecedente il trasferimento Pag. 163dei certificati di credito fiscale. Ancorché non esplicitato nell'articolato della proposta di legge (che demanda, al nuovo comma 8-ter, la definizione di modalità e tempi della procedura a una norma di rango secondario), la Relazione illustrativa del provvedimento afferma che l'emissione del certificato da parte dell'Agenzia delle entrate avverrà su richiesta del contribuente interessato e che il diritto della ditta appaltatrice a beneficiare del pagamento con CCF verrà verificato «contestualmente» alla richiesta, mediante verifica relativa alla dichiarazione contributiva delle imprese, quale risulta dalle gestioni previdenziali alle quali le medesime sono iscritte.
  A tal fine rileva l'opportunità che la tempistica di tale procedura venga esplicitata direttamente nell'articolato della proposta di legge, invece di demandare tale aspetto ad un provvedimento secondario.
  Passando a illustrare il nuovo comma 8-septies, rappresenta come esso disciplini l'utilizzo del certificato da parte dell'impresa che esegue i lavori, che in virtù delle previsioni precedenti, diventa giratario del titolo, prevedendo che, previa annotazione del trasferimento del titolo nell'apposito registro dell'Agenzia delle entrate, il diritto sottostante viene esercitato esclusivamente mediante cessione allo sconto del credito cartolare a un istituto bancario o a un intermediario finanziario. Il secondo periodo del nuovo comma 8-septies prevede altresì un meccanismo di circolazione interbancaria del titolo, che può essere trasferito ad altri istituti bancari ovvero a intermediari finanziari nell'osservanza delle modalità da fissare con provvedimento di rango secondario. In alternativa, il soggetto scontante può esercitare il sottostante diritto di credito direttamente nei confronti dell'Agenzia delle entrate.
  Sotto il profilo della formulazione della norma, segnala l'opportunità di riferirsi agli intermediari abilitati ai sensi dell'articolo 106 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993.
  Il nuovo comma 8-octies dispone che, nel caso in cui il contribuente scelga di usufruire dei CCF, non si applica la norma (si tratta dell'articolo 16-bis, comma 8, del TUIR) ai sensi della quale, in caso di vendita dell'unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati gli interventi di ristrutturazione, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita all'acquirente, salvo diverso accordo delle parti. Di conseguenza, se l'agevolazione è usufruita mediante CCF, la titolarità dei certificati non muta in caso di vendita del bene.
  Il nuovo comma 8-novies al primo periodo esenta i certificati di credito fiscale dall'imposta di registro (prevista in misura proporzionale, pari allo 0,5 per cento, per le cessioni di credito dell'articolo 6 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986). Il secondo periodo del nuovo comma 8-novies estende inoltre l'esenzione dall'imposta di bollo (prevista dall'articolo 5, primo comma, dell'allegato B annesso al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 per atti e copie del procedimento di accertamento e riscossione di qualsiasi tributo, dichiarazioni, denunzie, atti, documenti e copie presentati ai competenti uffici ai fini dell'applicazione delle leggi tributarie, con esclusione di ricorsi, opposizioni ed altri atti difensivi del contribuente), «ad ogni atto e documento formato in attuazione del presente articolo».
  Stante il riferimento, contenuto nel primo periodo del nuovo comma 8-novies, al «presente articolo», che, trattandosi di novella, è l'articolo 16-bis del TUIR, segnala l'opportunità di chiarire se tale previsione intenda estendere l'esenzione a tutti gli atti e documenti formati in attuazione delle norme sulle ristrutturazioni edilizie di cui al predetto articolo 16-bis del TUIR, ritenendo in tal caso opportuno valutarne l'eventuale impatto finanziario.
  L'articolo 2 della proposta di legge intende salvaguardare il soggetto esecutore dei lavori dall'eventuale maggior costo sostenuto per lo sconto dei CCF presso un Pag. 164istituto bancario. Infatti la disposizione esclude dalla base imponibile ai fini delle imposte sui redditi le somme ulteriori, pattuite tra il committente delle ristrutturazioni e l'impresa esecutrice degli stessi lavori (le quali non vengono qualificate come ricavi e non concorrono dunque alla determinazione del reddito imponibile), che l'impresa dovrà corrispondere all'istituto bancario per lo sconto dei certificati di credito fiscale disciplinati dalla proposta di legge. Di tali somme, eccedenti il corrispettivo «fatturato», a fini fiscali dovrà eseguirsi separata annotazione in fattura, con espressa indicazione del titolo di esclusione. Tale disposizione si applica anche ai soggetti in contabilità semplificata (di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973).
  Con riferimento all'obbligo di separata annotazione in fattura di tali somme, segnala, sotto il profilo della formulazione della norma, l'opportunità di specificare che il predetto obbligo di separata indicazione riguarda le somme eccedenti il corrispettivo «pattuito» tra le parti per l'esecuzione dei lavori.
  L'articolo 3 dispone, in deroga alle norme generali (di cui agli articoli 61, comma 1 e 66, comma 1, del TUIR a fini IRPEF e di cui all'articolo 96, comma 1, del TUIR ai fini IRES), l'indeducibilità assoluta degli interessi passivi e degli oneri assimilati, «corrisposti dal cessionario del credito agevolativo realizzato mediante l'operazione di sconto» di cui all'articolo 1858 del codice civile.
  In merito ricorda che il richiamato articolo 1858 del codice civile definisce il contratto di sconto bancario: esso è il contratto col quale la banca, previa deduzione dell'interesse, anticipa al cliente l'importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante la cessione, salvo buon fine, del credito stesso.
  Al riguardo segnala come la formulazione della disposizione non appaia del tutto chiara in relazione al soggetto destinatario di tale indeducibilità assoluta: in proposito appare presumibile che tale soggetto sia individuabile nell'impresa realizzatrice dei lavori; tuttavia, l'impresa che sconta il CCF presso un istituto bancario, in quanto destinataria di un ulteriore importo esentasse per coprire i costi dello sconto, non dovrebbe poter usufruire della parziale deduzione disposta in via generale dal TUIR per gli interessi passivi e gli oneri ad essi assimilati.
  L'articolo 4, comma 1, quantifica gli oneri derivanti dall'attuazione della proposta di legge, cui si fa fronte mediante l'aumento dal 2 al 2,20 per mille dal 2015 dell'imposta di bollo (prevista dal comma 2-ter dell'articolo 13 della tariffa, parte I, di cui all'allegato A annesso al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972) gravante sulle comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali.
  In linea generale rileva come la proposta di legge appaia certamente molto interessante, anche in quanto potrebbe fungere da «apripista» per analoghe iniziative in altri settori. In tale contesto considera importante approfondire tutti gli aspetti del testo, in modo da assicurare la piena funzionalità ed efficacia delle norme da esso previste. In particolare, reputa necessario valutare come i CCF costituiscano, in pratica, una sorta di nuovo titolo finanziario che verrebbe introdotto nei mercati finanziari, con evidenti ricadute sotto vari profili, ad esempio per quanto riguarda la liquidità e la funzionalità del medesimo mercato.
  Suggerisce pertanto, a tal fine, di procedere ad alcune audizioni, in particolare della Banca d'Italia e della CONSOB, in particolare al fine di approfondire gli aspetti della proposta di legge relativi alla circolazione finanziaria dei CCF.

  Daniele PESCO (M5S) ribadisce l'utilità dei certificati di credito fiscale previsti dalla proposta di legge per consentire ai contribuenti di fruire delle agevolazioni tributarie per le ristrutturazioni edilizie previste dall'articolo 16-bis del TUIR con modalità alternative rispetto al vigente meccanismo della detrazione. Evidenzia Pag. 165quindi come, pur trattandosi di uno strumento di natura finanziaria, esso abbia il pregio fondamentale di nascere dall'economia reale del Paese e di essere finalizzato a favorire la stessa economia reale.

  Daniele CAPEZZONE, presidente, ritiene che il quadro delle eventuali audizioni da svolgere ai fini dell'istruttoria legislativa sul provvedimento potrà essere definito nella prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Commissione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.