CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 15 aprile 2014
218.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
Pag. 166

SEDE REFERENTE

  Martedì 15 aprile 2014. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 13.15.

Documento di economia e finanza 2014.
Doc. LVII, n. 2 e Allegati.
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Antonio MISIANI (PD), relatore, fa presente che il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica e di bilancio, enunciando le modalità e la tempistica attraverso cui l'Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e perseguire gli obiettivi definiti nella Strategia «Europa 2020». Rileva che esso si compone di tre sezioni e di una serie di allegati. La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che contiene gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea; la seconda sezione contiene l'analisi e le tendenze della finanza pubblica, che indica le regole generali sull'evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche; nella terza sezione, infine, viene riportato il Programma nazionale di riforma (PNR), che definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali delineati dalla Strategia «Europa 2020».
  Osserva che nel Programma di stabilità il DEF evidenzia come nel 2013 il ritmo di crescita dell'economia mondiale sia leggermente rallentato, attestandosi al 3 per cento, mentre per il 2014 viene indicato che, secondo le previsioni del Fondo monetario internazionale (FMI), l'economia globale dovrebbe crescere del 3,6 per cento. Segnala che nella zona euro il PIL nel 2013 si è contratto per il secondo anno di seguito e la disoccupazione è salita al 12,1 per cento, risultati su cui hanno pesato le politiche fiscali restrittive e la difficoltà di aumentare l'offerta di credito alle imprese, nonostante la politica monetaria espansiva adottata dalla Banca centrale europea. Fa notare che l'Europa ha Pag. 167affrontato una crisi che nasceva nel settore privato con una brusca e simultanea correzione dei conti pubblici che ha comportato nell'insieme della zona euro una contrazione del PIL nel 2012 e nel 2013 e nei Paesi periferici un arretramento economico e sociale particolarmente pesante.
  Rileva, inoltre, che a cinque anni di distanza dall'inizio della crisi è in atto tra gli economisti e le istituzioni finanziarie internazionali una riflessione critica, che mette in discussione molti presupposti teorici della politica dell'austerità, a partire dal teorema Reinhart-Rogoff sul legame tra debito pubblico e crescita, smentito nel 2013, le stime sui moltiplicatori fiscali, le valutazioni sulla composizione e la tempistica dei processi di risanamento dei conti pubblici.
  Fa presente che per il 2014 il PIL della zona euro dovrebbe aumentare dell'1,2 per cento, ma il quadro rimane problematico. Dal luglio 2012 i pericoli di disgregazione della zona euro si sono attenuati di molto e i mercati ne hanno preso atto riducendo sensibilmente gli spread, tuttavia la ripresa si prospetta debole e nei primi mesi del 2014 emergono preoccupanti rischi di deflazione: a marzo 2014 il tasso di inflazione dell'eurozona è stato pari allo 0,5 per cento, con quattro Paesi con tassi negativi e altri quattro, tra cui l'Italia, vicini ad un tasso zero.
  Rileva che la Banca centrale europea ha dichiarato di essere pronta ad attivare misure non convenzionali di politica monetaria ma ciò che appare più che mai necessario è un deciso cambio di rotta della politica economica europea, che occorre finalizzare con molta più decisione allo sviluppo sostenibile e alla creazione di nuova occupazione.
  Pone, altresì, in rilievo che in Italia nel 2013 il PIL si è ridotto dell'1,9 per cento: la recessione, iniziata nella seconda metà del 2011, si è infatti interrotta solo nell'ultimo trimestre 2013 e sul risultato negativo del 2013 ha inciso il debole andamento della domanda interna (-2,6 per cento), mentre la domanda estera ha dato un apporto positivo.
  Sottolinea che l'Italia esce dalla più dura crisi del dopoguerra in condizioni estremamente difficili: dal 2007 al 2013 il PIL si è complessivamente ridotto dell'8,7 per cento, il reddito disponibile delle famiglie del 10,4 per cento, i consumi del 7,6 per cento e gli investimenti del 27,6 per cento. La crisi ha distrutto 802 mila posti di lavoro e ha portato la disoccupazione dal 6,1 per cento del 2007 al 12,2 per cento del 2013, il livello più alto del dopoguerra. I giovani che non lavorano e non studiano – i cosiddetti Neet – hanno raggiunto il 26 per cento del totale della fascia di età 15-29 anni.
  Tra il 2007 e il 2013 le persone appartenenti a famiglie in condizioni di grave deprivazione materiale sono aumentate dal 6,8 per cento al 12,5 per cento del totale. Secondo i dati della Banca d'Italia la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e della ricchezza è complessivamente peggiorata.
  Fa presente inoltre che nel 2013 l'Italia è uscita dalla procedura per deficit eccessivi, dopo cinque anni di manovre finanziarie che hanno prodotto una correzione cumulata dell'indebitamento netto di 122,8 miliardi, pari al 7,9 per cento del PIL. Nonostante ciò, nel 2013 il debito pubblico ha toccato il 132,6 per cento del PIL. Il dato, al netto dei sostegni ai paesi in difficoltà nell'ambito dell'Unione economica e monetaria (UEM), è pari a 129,1 per cento del PIL, con un aumento di 26,2 punti rispetto al 2007. La pressione fiscale e la spesa corrente primaria nel 2013 si sono attestate su valori in rapporto al PIL quasi ai massimi storici, mentre gli investimenti pubblici sono scesi in rapporto al PIL al minimo.
  Rileva che l'Italia è stata investita dalla crisi come le altre economie avanzate, ma ha sofferto conseguenze negative più accentuate e prolungate. Hanno pesato i gravi ritardi strutturali accumulati dal Paese negli ultimi vent'anni: un capitale umano carente, una debole attività di ricerca e innovazione, un enorme debito pubblico che sottrae ogni anno in interessi oltre 2 punti di PIL in più rispetto alla media dell'Eurozona, un sistema tributario Pag. 168che pesa troppo sui redditi da lavoro e da impresa, il buco nero dell'evasione fiscale e contributiva, la diffusa inefficienza della pubblica amministrazione, l'eccessiva dipendenza dal credito bancario dei 4 milioni di piccole e medie imprese a conduzione familiare. Fa presente che tutti questi fattori di arretratezza hanno portato la crescita italiana al di sotto della media europea già dalla metà degli anni novanta, rendendo più faticoso l'adattamento del Paese alla globalizzazione e alla rivoluzione tecnologica, più gravi le ricadute economiche e sociali della crisi globale, più duro l'impatto delle politiche di austerità decise a livello europeo.
  Osserva che, per tutti questi motivi, non basta un cambio di indirizzo della politica economica europea per far ripartire la crescita in Italia, ma è necessario un intervento ampio e coraggioso, che consolidi i risultati raggiunti sul fronte del risanamento dei conti pubblici e affronti con decisione i nodi strutturali dell'economia italiana sia dal lato della domanda, rilanciando consumi e investimenti, che da quello dell'offerta, migliorando la produttività e quindi la competitività del sistema produttivo.
  Fa presente che per il 2014 le stime di crescita del DEF (0,8 per cento) sono inferiori a quelle della Nota di aggiornamento di ottobre 2013, a causa del persistere del credit crunch nel settore privato. La crescita dovrebbe accelerare nel 2015 (1,3 per cento) e negli anni successivi (1,7 per cento medio nel triennio 2016-2018). Precisa che queste previsioni non considerano gli effetti positivi attesi dalle riforme programmate dal Governo, stimati in 2,2 per cento nel 2018 in termini cumulati.
  Per quanto riguarda il mercato del lavoro, rileva che nel 2014 l'occupazione dovrebbe ulteriormente ridursi dello 0,2 per cento mentre una ripresa è attesa solo dal 2015. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire anche nel 2014 fino al 12,8 per cento, per poi ridursi progressivamente all'11 per cento nel 2018.
  Fa inoltre presente che l'indebitamento netto nel 2013 si è attestato al 3 per cento del PIL, in linea con l'obiettivo programmatico. L'avanzo primario, pur in lieve diminuzione, è stato pari al 2,2 per cento del PIL. Rispetto alla Nota di aggiornamento 2013, il DEF 2014 rivede in senso moderatamente peggiorativo le previsioni sull'indebitamento netto: 2,6 per cento nel 2014, 2 per cento nel 2015, 1,5 per cento nel 2016 e 0,9 per cento nel 2017. Nel 2018 esso dovrebbe ulteriormente scendere allo 0,3 per cento. L'avanzo primario è previsto in aumento dal 2,2 per cento nel 2013 al 5 per cento nel 2018.
  Il progressivo miglioramento dell'indebitamento netto nel quinquennio 2014-2018 si realizza in gran parte grazie al controllo della dinamica della spesa. Le entrate sono previste in diminuzione di 1 punto di PIL, la spesa primaria di 2,4 punti, quella per interessi di 0,4 punti e quella in conto capitale di 0,5 punti.
  Sottolinea inoltre che peggiora, rispetto al DEF 2013, l'andamento del debito pubblico, a causa del deterioramento della crescita economica.
  Evidenzia che il DEF 2014 delinea un percorso di risanamento più graduale di quello previsto dalla Nota di aggiornamento 2013. L'indebitamento strutturale (0,8 per cento nel 2013) arriva close to balance nel 2015 (0,1 per cento) e a pieno pareggio nel 2016 (mentre la Nota lo prevedeva nel 2015). Si tratta di una deviazione temporanea dall'obiettivo di medio termine in questione (pareggio di bilancio), atteso che la variazione strutturale dell'indebitamento prevista per il triennio 2014-2016 (riduzione rispettivamente dello 0,2 per cento, 0,5 per cento e 0,1 per cento) determina un'evoluzione positiva del saldo strutturale in esame, che passa da meno 0,6 per cento nel 2014 a meno 0,1 per cento nel 2015 per poi raggiungere il pareggio nel 2016.
  Osserva che il posticipo dell'obiettivo del pareggio di bilancio si riflette sulle regole di bilancio stabilite dalla legge n. 243 del 2012, in cui si prevede, all'articolo 6, l'eventualità di scostamenti temporanei del saldo strutturale dagli obiettivi programmatici in presenza di eventi eccezionali, tra i quali sono contemplati anche Pag. 169i periodi di grave recessione economica. In tal caso il Governo – qualora ritenga necessario discostarsi da tali obiettivi e sentita la Commissione europea – presenta alle Camere una relazione e una specifica richiesta di autorizzazione in cui sia indicata l'entità e la durata dello scostamento e sia definito un piano di rientro verso l'obiettivo programmatico. Ricorda che la deliberazione con cui ciascuna Camera autorizza lo scostamento e approva il piano di rientro deve essere approvata a maggioranza assoluta dei propri componenti. La predetta relazione è contenuta nel capitolo III del Programma di stabilità.
  Rileva che dai dati del quadro programmatico emerge che per il 2014 (e per il 2018) saldo tendenziale e saldo programmatico coincidono, mentre per il triennio 2015-2017 il valore programmatico risulta più elevato. Si deve pertanto ricorrere per tale periodo – e in particolare per il 2015-2016, al fine del raggiungimento del pareggio di bilancio strutturale – a misure aggiuntive, che secondo il Governo perverranno esclusivamente dal lato della spesa. L'esigenza di contenere la spesa deriva anche dalla necessità di mantenerla in linea con le regole definite a livello europeo.
  Per quanto riguarda l'evoluzione del rapporto debito/PIL, evidenzia che nel 2013 esso ha toccato il 132,6 per cento (129,1 per cento, al netto dei sostegni ai paesi in difficoltà nell'ambito dell'UEM). Nel 2014 è programmato in ulteriore crescita al 134,9 per cento (131,1 per cento al netto dei sostegni europei). Precisa che lo scostamento rispetto alla Nota deriva dalla minor crescita del PIL e dal pagamento di ulteriori 13 miliardi di debiti commerciali della pubblica amministrazione. Negli anni successivi il profilo programmatico evidenzia una discesa del rapporto debito/PIL fino al 120,5 per cento (116,9 per cento al netto dei sostegni europei) nel 2018.
  Osserva che la fattibilità di tale percorso deriva essenzialmente da tre elementi: la riduzione dei tassi di interesse sui titoli di debito, la maggiore crescita nominale dell'economia, il rafforzamento dell'avanzo primario.
  In relazione al rispetto della regola europea del debito, rileva che nel 2014-2015 è necessario un ulteriore aggiustamento strutturale dello 0,5 per cento nel primo anno e dello 0,9 per cento nel secondo. Tuttavia il piano di rientro previsto nella relazione alle Camere e il piano di privatizzazioni (con un obiettivo di introiti annui per 0,7 punti percentuali di PIL nel periodo 2014-2017) permettono di rispettare la regola nel biennio 2014-2015. In favore del rispetto operano, peraltro, anche i numerosi «fattori rilevanti» presenti nel caso italiano.
  Segnala che il Programma nazionale di riforma (PNR), da un lato, verifica le riforme intraprese dopo l'approvazione del PNR dello scorso anno, dall'altro, prospetta un'agenda di interventi per il futuro, funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia «Europa 2020» e all'attuazione degli indirizzi sulle politiche pubbliche che le istituzioni UE hanno diretto all'Italia.
  Le indicazioni dell'Unione europea sono quelle contenute nell'Analisi annuale della crescita per il 2014 nonché nel Rapporto della Commissione europea del 5 marzo 2014, prodotto a conclusione della procedura annuale sugli squilibri macroeconomici.
  Fa presente che secondo la Commissione europea gli squilibri macroeconomici sono eccessivi e devono essere affrontati attraverso appositi piani correttivi da incorporare nel Programma di stabilità e nel PNR. Osserva come l'Italia, in particolare, dovrebbe: affrontare il livello molto alto del debito e la debole competitività esterna; raggiungere e mantenere un elevato avanzo primario nonché una robusta crescita del PIL; far fronte alla perdita di competitività connessa al disallineamento tra salari e produttività e all'elevato cuneo fiscale; affrontare le inefficienze della pubblica amministrazione e del sistema giudiziario; combattere corruzione ed evasione fiscale; colmare le lacune del capitale umano.Pag. 170
  La prima parte del PNR illustra gli interventi da compiere dal 2014 in poi. Rileva che il piano di riforme strutturali è molto ambizioso e impegnativo e che l'indicazione delle tempistiche di attuazione evidenzia il proposito di varare quasi tutte le misure entro il 2014. Il presupposto del piano è costituito dalla riforma delle istituzioni, articolata nella riforma elettorale (entro settembre 2014) e nelle modifiche costituzionali tese alla riforma del bicameralismo e alla revisione del Titolo V della Costituzione (entro dicembre 2015).
  Segnala che vengono indicate quattro strategie di politica economica:
   a) taglio dell'Irpef sui redditi medio-bassi (10 miliardi a regime) e dell'Irap (10 per cento). È il maggior intervento di riduzione della pressione fiscale da molti anni a questa parte e potrà avere effetti strutturali di stimolo al mercato del lavoro, ai consumi e alla riduzione della povertà. Interventi di riduzione delle imposte o di sostegno del reddito andranno previsti, non appena si apriranno nuovi spazi finanziari, anche per i trattamenti pensionistici più poveri, per i lavoratori autonomi a basso reddito e per gli incapienti, estendendo maggiormente i benefici alle famiglie appartenenti al quinto di reddito più povero e tenendo conto che anche recenti studi del FMI riconoscono che i Paesi meno diseguali godono di una crescita più stabile e prolungata;
   b) incremento degli investimenti pubblici (allentamento del Patto di stabilità interno, uso più efficace dei Fondi europei, nuove opere nel settore idrico, realizzazione di progetti piccoli e medi sul territorio, Expo 2015). Il passaggio chiave per una rapida ripresa degli investimenti pubblici, è una revisione strutturale del patto interno di stabilità, rendendo più flessibili le regole per la spesa in conto capitale;
   c) miglioramento della competitività d'impresa: interventi sul business environment, sul credito d'imposta per la ricerca, sul Fondo centrale di garanzia, ampliamento delle fonti di finanziamento per le imprese, riduzione del 10 per cento della bolletta elettrica, riforma della disciplina dei servizi pubblici locali, interventi per l'internazionalizzazione delle impresa. Ricorda che l'Italia si colloca al 65o posto nella classifica 2014 del Doing business index della Banca mondiale, per cui ritiene condivisibile la volontà espressa dal Governo di mettere in atto tutti gli interventi necessari per migliorare nettamente entro i prossimi cinque anni la posizione dell'Italia;
   d) stanziamento di ulteriori 13 miliardi per il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione. Contestualmente verrà messo a regime un nuovo sistema di regolamentazione e monitoraggio per rispettare la tempistica prevista dalla normativa comunitaria per il pagamento dei debiti commerciali della pubblica amministrazione.

  Evidenzia che alle strategie di politica economica si accompagnano azioni volte a modificare i contesti socio-economici e giuridici nel cui ambito esse devono svolgersi, con riguardo a quattro diversi ambiti:
   il mercato del lavoro, con riferimento al quale si intende adottare interventi sul contratto a termine e sull'apprendistato (in proposito segnala la recente emanazione di un decreto-legge), sull'attuazione del piano italiano nell'ambito della Youth Guarantee, nonché sul riordino delle forme contrattuali e degli ammortizzatori sociali, con l'obiettivo di superare le segmentazioni e le rigidità del mercato del lavoro nonché di contribuire strutturalmente all'aumento dell'occupazione e della produttività del lavoro. A regime, l'obiettivo è introdurre un contratto unico con forme di tutela progressiva e un sistema di welfare più efficace e selettivo. In quest'ottica vanno tenute presenti le analisi della Banca d'Italia, secondo le quali rapporti di lavoro più stabili possono stimolare l'accumulazione di capitale umano rafforzando l'intensità dell'attività innovativa e, in ultima istanza, la dinamica della produttività;Pag. 171
   la pubblica amministrazione, favorendo il ricambio generazionale, rafforzando la mobilità delle risorse umane, contenendo le retribuzioni dei dirigenti e attuando misure di trasparenza e semplificazione;
   il sistema fiscale, tramite l'attuazione della delega fiscale entro marzo 2015. Sono particolarmente significative le riforme previste in materia di catasto e le misure di semplificazione del rapporto tra il fisco e i contribuenti;
   la giustizia e la sicurezza, tramite la riforma della giustizia amministrativa e la revisione di quella civile, nonché misure per far fronte all'emergenza carceraria.

  Rileva che il PNR individua, infine, una serie di criticità del sistema individuando possibili linee di intervento nei settori dell'istruzione, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'ambiente e del territorio, della sanità, del turismo e della cultura e delle aree interne, osservando che di tutti gli interventi viene specificata la tempistica di attuazione, con un apprezzabile sforzo di trasparenza.
  Quanto alle risorse, segnala che il PNR offre tre indicazioni, attinenti rispettivamente:
   al rispetto dei vincoli europei: fermo il vincolo del 3 per cento, verrà delineata una strategia di reperimento delle risorse compatibile con la regola del debito e l'obiettivo del pareggio strutturale del bilancio;
   alla revisione della spesa: si prevede un risparmio di 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi a decorrere dal 2016. Fa presente che la spesa primaria corrente ha toccato nel 2013 il 43,2 per cento del PIL, che è un valore leggermente inferiore al dato dell'eurozona (43,5 per cento) ma storicamente assai elevato. Ritiene quindi che la revisione della spesa pubblica è indispensabile per ridurre o eliminare diseconomie e sacche di inefficienza, per riallocare meglio le risorse, per liberare spazi di manovra per la politica economica, e che essa vada implementata evitando che i tagli producano effetti recessivi, selezionando con attenzione gli interventi e salvaguardando i settori che la Commissione europea considera decisivi per le potenzialità di crescita, dall'istruzione, formazione e università alla ricerca e sviluppo, dagli investimenti pubblici alla sanità e alle politiche attive per il lavoro;
   alle privatizzazioni: si pone un obiettivo di introiti annui per lo 0,7 per cento del PIL nel triennio 2014-2016.

  Fa inoltre presente che la seconda parte del PNR illustra le riforme introdotte nel periodo di riferimento previsto dal Semestre europeo e illustra il percorso compiuto sulla strada delle riforme sollecitate dalle istituzioni dell'Unione europea. Il PNR reca anche l'analisi dell'impatto finanziario che dovrebbe derivare dalle nuove misure d'intervento in esso indicate, articolate nelle aree di policy in cui sono aggregate le nuove misure. Il risultato complessivo, dal 2015, evidenzia un risultato netto costantemente positivo.
  Osserva che il PNR contiene una valutazione preliminare degli effetti macroeconomici del piano di riforme strutturali annunciato: l'effetto è contenuto nel 2014 (più 0,3 per cento rispetto allo scenario di base) e si intensifica negli anni successivi fino a raggiungere nel 2018 un livello di 2,4 per cento più elevato rispetto allo scenario di base. Precisa che la tabella del PNR comprende anche gli effetti del pagamento dei debiti della pubblica amministrazione.
  Nel complesso, ritiene necessario che il Governo fornisca alcuni chiarimenti in merito all'andamento tendenziale del debito pubblico e all'effettiva praticabilità del percorso programmatico di riduzione del debito stesso, che appare molto ambizioso rispetto ai risultati degli ultimi anni. Occorrerebbe altresì chiarire se tale percorso sia sufficiente al rispetto della regola del debito, atteso che lo stesso DEF deve far ricorso alla presenza di «fattori rilevanti» per confermarne l'osservanza.
  Invita altresì il Governo a fornire chiarimenti in ordine alla tempistica di implementazione Pag. 172delle misure programmate, che è estremamente impegnativa e ravvicinata, dal momento che solo per due o tre azioni si fa riferimento al 2015, nonché in ordine all'attuazione della spending review, posto che, rispetto agli obiettivi del programma che il Commissario straordinario aveva presentato alle Camere, si registra un forte innalzamento dei target, che salgono a 4,5 miliardi nel 2014, 17 miliardi nel 2015 e 32 miliardi dal 2016. In particolare, reputa opportuno chiarire se in tali obiettivi di risparmio siano o meno inclusi quelli indicati dalla legge di stabilità 2014 e dal decreto-legge n. 4 del 2014, pari a 0,5 miliardi nel 2014, 4,4 miliardi nel 2015, 8,9 miliardi nel 2016 e 11,9 miliardi dal 2017.

  Francesco BOCCIA, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.25.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 15 aprile 2014. — Presidenza del presidente Francesco BOCCIA. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Pier Paolo Baretta.

  La seduta comincia alle 13.25.

Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale.
C. 68 e abb.-A.
(Parere all'Assemblea).
(Parere su emendamenti).

  La Commissione inizia l'esame delle proposte emendative riferite al provvedimento in oggetto.

  Francesco BOCCIA, presidente, in sostituzione del relatore, con riferimento alle proposte emendative la cui quantificazione o copertura appare carente o inidonea, segnala i seguenti emendamenti:
   Marzana 6.52 e 11.050, volti a prevedere che ogni regione incarichi la propria agenzia regionale per la protezione per l'ambiente della progettazione, realizzazione e gestione del sistema SIMAGE (Sistema integrato per il monitoraggio ambientale e la gestione delle emergenze), ripartendo i relativi oneri, peraltro non quantificati, in misura paritetica tra le regioni e le aziende interessate dal monitoraggio;
   Zan 14.50, volto a prevedere che il personale incaricato degli interventi ispettivi effettuati nell'ambito delle funzioni di controllo svolte dal sistema nazionale delle agenzie sia individuato tra il personale del Servizio sanitario nazionale, prevedendo altresì che al medesimo personale sia garantita assistenza legale e copertura assicurativa, senza provvedere alla relativa copertura finanziaria;
   De Rosa 15.51, che prevede che l'ISPRA sia autorizzata a mantenere in servizio il personale a tempo determinato nel triennio 2014-2016, disponendo al contempo che il suddetto Istituto sia autorizzato ad utilizzare il 90 per cento del turn over ad invarianza di spesa e a invariato contingente di personale, senza indicazione del rispetto dei vincoli assunzionali e del patto di stabilità interno.

  In merito all'emendamento Zan 4.51, che riconosce all'ISPRA lo status di ente pubblico nazionale di ricerca, dotato tra l'altro di autonomia finanziaria, patrimoniale e contabile, ritiene opportuno acquisire l'avviso del Governo in ordine agli eventuali effetti finanziari derivanti dal riconoscimento all'ISPRA del suddetto status di ente pubblico nazionale di ricerca.
  Reputa inoltre opportuno acquisire l'avviso del Governo in ordine agli eventuali effetti finanziari derivanti dalle proposte emendative Pastorelli 4.53 e 4.54, che riconoscono all'ISPRA la possibilità di elaborare e realizzare, in collaborazione con le università e con altri enti pubblici Pag. 173di ricerca, progetti di ricerca e sperimentazione e dispongono che il suddetto Istituto provveda alla raccolta, alla catalogazione dei dati di relativo interesse, assicurandone l'accesso e la condivisone in tempo reale.
  In merito agli identici emendamenti Segoni 16.50, Zan 16.51 e Morassut 16.52, che prevedono che all'ISPRA si applichi il limite di spesa di cui all'articolo 1, comma 643, della legge n. 296 del 2006 – che prevede che gli enti di ricerca pubblici possono procedere ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato complessivamente intervenute nel precedente anno –, ritiene opportuno acquisire l'avviso del Governo in ordine agli eventuali effetti finanziari derivanti dalla proposta emendativa, in particolare qualora per l'ISPRA siano già stati previsti a legislazione vigente specifici limiti alle assunzioni.
  Segnala, infine, che le restanti proposte emendative trasmesse non sembrano presentare profili problematici dal punto di vista finanziario.

  Il sottosegretario Pier Paolo BARETTA esprime parere contrario sulle proposte emendative richiamate dal relatore e nulla osta su tutte le restanti proposte emendative contenute nel fascicolo n. 1 trasmesso dall'Assemblea.

  Francesco BOCCIA, presidente, in sostituzione del relatore, formula quindi la seguente proposta di parere:
  «La V Commissione,
   esaminato il fascicolo n. 1 di emendamenti alla proposta di legge C. 68 e abb.-A, recante Istituzione del Sistema nazionale delle agenzie ambientali e disciplina dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale;
   preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo,
  esprime

PARERE CONTRARIO

  sugli emendamenti 4.51, 4.53, 4.54, 6.52, 14.50, 15.51, 16.50, 16.51 e 16.52 e sull'articolo aggiuntivo 11.050, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

  sulle restanti proposte emendative».

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 13.40.