CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 marzo 2014
201.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 19

COMITATO DEI NOVE

  Mercoledì 19 marzo 2014.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
C. 1843-A Fioroni.

  Il Comitato si è riunito dalle 8.30 alle 8.35.

SEDE CONSULTIVA

  Mercoledì 19 marzo 2014. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 8.35.

Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili.
C. 331-B ed abbinata, approvata dalla Camera e modificata dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, ricorda che il provvedimento si compone di 16 articoli, divisi in 4 capi relativi a: deleghe al Governo per l'introduzione di pene detentive non carcerarie e per la depenalizzazione (Capo I, artt. 1-2); disciplina, anche nel processo penale ordinario, della sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato (Capo II, artt. 3-8); disciplina della sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili (Capo III, artt. 9-15); disposizioni comuni (Capo IV, articolo 16).
  Ricorda, altresì, sinteticamente, che l'articolo 1 prevede una delega al Governo, Pag. 20da esercitarsi entro 8 mesi, per la riforma del sistema delle pene, da operare essenzialmente attraverso l'eliminazione dell'attuale pena dell'arresto e l'introduzione nel codice penale, e nella normativa complementare, di pene detentive non carcerarie (reclusione e arresto presso il domicilio), di durata continuativa o per singoli giorni settimanali o fasce orarie, da scontare presso l'abitazione. Tra i principi e criteri direttivi della delega si prevede: l'applicazione dell'arresto domiciliare per tutte le ipotesi nelle quali è attualmente previsto l'arresto; l'applicazione automatica della reclusione domiciliare per tutti i delitti puniti con pena edittale della reclusione nel massimo fino a 3 anni; l'applicazione della reclusione domiciliare a discrezione del giudice (che valuta la gravità del reato ai sensi dell'articolo 133 c.p.) per tutti i delitti puniti con la reclusione da 3 a 5 anni.
  Fa presente che la delega esclude, in talune ipotesi, l'applicabilità delle pene detentive non carcerarie; prevede che le stesse pene possano essere sostituite con la detenzione in carcere in assenza di un domicilio idoneo ovvero quando il comportamento del condannato risulti incompatibile con la pena domiciliare (ad esempio per averne violato le prescrizioni, ovvero per aver commesso un nuovo reato). Evidenzia che il Senato ha aggiunto che, per i reati per i quali è prevista la detenzione domiciliare, il giudice può, sentito l'imputato e il pubblico ministero, applicare in sede di condanna anche la sanzione del lavoro di pubblica utilità, per una durata minima di 10 giorni. Inoltre, sempre all'articolo 1, il Senato ha previsto una delega al Governo per la disciplina della non punibilità per tenuità del fatto, da applicare a tutte le condotte attualmente punite con la sola pena pecuniaria (ammenda o multa) o con pene detentive non superiori nel massimo a 5 anni, nelle seguenti ipotesi: particolare tenuità dell'offesa; non abitualità del comportamento.
  Passando all'articolo 2, ricorda che è stato introdotto durante l'esame al Senato e delega il Governo ad operare una articolata depenalizzazione (entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge). In particolare, il Governo dovrà trasformare in illeciti amministrativi: i reati puniti con la sola pena della multa o dell'ammenda, purché non attinenti ad alcune materie escluse (edilizia e urbanistica; ambiente, territorio e paesaggio; alimenti e bevande; salute e sicurezza nei luoghi di lavoro; sicurezza pubblica; giochi d'azzardo e scommesse; armi ed esplosivi; materia elettorale e di finanziamento dei partiti; proprietà intellettuale e industriale) (lett. a); specifici reati contenuti nel codice penale (in materia di atti osceni e pubblicazioni e spettacoli osceni; di rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto, di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, di abuso della credulità popolare, di rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive e, infine, di atti contrari alla pubblica decenza) (lett. b); il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali (lett. c); alcune specifiche contravvenzioni punite con la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda (lett. d); il reato di immigrazione clandestina (comma 3, lett. b)). Sottolinea che il principio di delega prevede che debbano conservare rilievo penale le condotte di violazione dei provvedimenti amministrativi adottati in materia, vale a dire dei provvedimenti di espulsione già adottati. In sostanza, dovrà restare penalmente rilevante il reingresso in violazione di un provvedimento di espulsione. Rileva che per i reati trasformati in illeciti amministrativi il Governo dovrà: prevedere sanzioni adeguate e proporzionate alla gravità della violazione, all'eventuale reiterazione dell'illecito, all'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle sue conseguenze, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche; punire gli illeciti con sanzioni pecuniarie comprese tra 5.000 e 50.000 euro nonché con eventuali sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione (lett. e); consentire la rateizzazione nonché il pagamento in misura ridotta (lett. f) e g)). In relazione a specifici articoli del codice Pag. 21penale, l'articolo 2 delega il Governo a procedere ad un'abrogazione (comma 3, lett. a), c), d) e)) introducendo adeguate sanzioni pecuniarie civili, fermo il diritto al risarcimento del danno.
  Passando al Capo II della proposta, composto ora dagli articoli da 3 a 8, ricorda che introduce nell'ordinamento l'istituto della sospensione del procedimento penale con messa alla prova. In particolare, l'articolo 3 modifica il codice penale aggiungendo disposizioni relative alla messa alla prova, sistematicamente inserita tra le cause estintive del reato. Sono, a tal fine, aggiunti al capo I del titolo IV del libro I del codice penale tre nuovi articoli: l'articolo 168-bis prevede che nei procedimenti per reati puniti con pena pecuniaria, ovvero con reclusione fino a 4 anni (sola, congiunta o alternativa a pena pecuniaria), ovvero per uno dei reati in relazione ai quali l'articolo 550, comma 2, c.p.p. prevede la citazione diretta a giudizio, l'imputato possa chiedere la sospensione del processo con messa alla prova. La misura consiste in condotte riparatorie volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ove possibile in misure risarcitorie del danno, nell'affidamento dell'imputato al servizio sociale e nella prestazione di lavoro di pubblica utilità; l'articolo 168-ter prevede la sospensione del corso della prescrizione del reato durante il periodo di sospensione del processo con messa alla prova. Al termine della misura, se il comportamento dell'imputato è valutato positivamente, il giudice dichiara l'estinzione del reato, restando comunque applicabili le eventuali sanzioni amministrative accessorie; l'articolo 168-quater indica come motivo di revoca della messa alla prova violazioni gravi o reiterate del programma di trattamento o il rifiuto di prestare il lavoro di pubblica utilità, o la commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo o di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.
  Fa presente che l'articolo 4 modifica il codice di procedura penale, introducendo tra i procedimenti speciali, il Titolo V-bis (Della sospensione del procedimento con messa alla prova), che detta le disposizioni processuali relative al nuovo istituto, inserendo gli articoli da 464-bis a 464-novies, e introducendo anche il nuovo articolo 657-bis, per consentire il computo del periodo di messa alla prova svolto dall'imputato in caso di successiva revoca del beneficio. Gli articoli da 5 a 7, non modificati dal Senato novellano le disposizioni di attuazione del codice di procedura penale inserendovi gli articoli 141-bis (Avviso del pubblico ministero per la richiesta di ammissione alla messa) e 141-ter (Attività di pertinenza degli uffici locali di esecuzione penale esterna – UEPE – nei confronti degli imputati maggiorenni ammessi alla prova) (articolo 5); novellano l'articolo 3 del Testo Unico sul casellario giudiziale (decreto del Presidente della Repubblica 313/2002), con l'obiettivo di aggiungere, tra i provvedimenti da iscrivere per estratto, l'ordinanza che dispone la sospensione del procedimento con messa alla prova (articolo 6); stabiliscono che, qualora si rendesse necessario procedere all'adeguamento numerico e professionale della pianta organica degli uffici locali di esecuzione penale esterna, il Ministro della Giustizia riferisca tempestivamente alle competenti Commissioni parlamentari in ordine alle modalità con cui si provvederà a tale adeguamento, previo stanziamento delle necessarie risorse finanziarie (articolo 7).
  Evidenzia che l'articolo 8 prevede l'adozione di un regolamento da parte del Ministro della giustizia per disciplinare le convenzioni in merito al lavoro di pubblica utilità. Il Capo III, composto dagli articoli da 9 a 15, e non modificato dal Senato, disciplina il procedimento nei confronti degli irreperibili. L'articolo 9 novella le disposizioni del codice di procedura penale eliminando ogni riferimento alla contumacia. In particolare, il comma 2 sostituisce l'articolo 420-bis, individuando i casi in cui il giudice può adottare l'ordinanza con la quale dispone di procedere in assenza dall'imputato. La novella all'articolo 420-quater prevede che a fronte dell'assenza dell'imputato, il giudice rinvii Pag. 22l'udienza e disponga che l'avviso sia notificato all'imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria; quando la notificazione non risulta possibile, e sempre che non debba essere pronunciata sentenza di non luogo a procedere, il giudice dispone con ordinanza la sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente. Durante la sospensione il giudice, con le modalità stabilite per il dibattimento, acquisisce, a richiesta di parte, le prove non rinviabili. Infine, la riformulazione dell'articolo 420-quinquies, stabilisce che alla scadenza di un anno dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione, e per ogni anno successivo, il giudice disponga nuove ricerche dell'imputato per la notifica dell'avviso; se le ricerche hanno esito positivo, l'ordinanza è revocata, il giudice fissa la data per la nuova udienza e l'imputato può richiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento. L'articolo 10 novella le disposizioni in tema di dibattimento, eliminando ogni riferimento alla contumacia. L'articolo 11 interviene sulla disciplina delle impugnazioni e della restituzione del termine, ancora una volta per sopprimere ogni richiamo all'istituto della contumacia. L'articolo 12 interviene sull'articolo 159 del codice penale aggiungendo la sospensione del processo a carico dell'irreperibile (nuovo articolo 420-bis c.p.p.) alle ipotesi che già comportano una sospensione del corso della prescrizione. L'articolo 13 attribuisce il potere regolamentare ai Ministri della giustizia e dell'Interno affinché siano disciplinate con decreto le modalità e i termini secondo i quali devono essere comunicati e gestiti i dati relativi all'ordinanza di sospensione del processo per assenza dell'imputato. L'articolo 14 introduce l'articolo 143-bis nelle norme di attuazione del c.p.p. dettando gli adempimenti conseguenti alla sospensione del processo per assenza dell'imputato. L'articolo 15 novella il TU sul casellario giudiziario (decreto del Presidente della Repubblica 313/2002) aggiungendo all'articolo 3 – tra i provvedimenti da iscrivere per estratto – quelli di sospensione del processo per assenza dell'imputato. Infine, l'articolo 16 reca la clausola di invarianza finanziaria.
  Segnala che la proposta di legge è riconducibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera l (giurisdizione e norme processuali, ordinamento penale). Per quanto riguarda il rispetto degli altri principi costituzionali, fa presente, con riguardo all'articolo 2, comma 3, lettera d), concernente l'introduzione di sanzioni pecuniarie civili, che pare utile considerare, alla luce dell'articolo 76 della Costituzione, la particolare ampiezza dei principi di delega sul punto, che non indicano né le condotte né i limiti delle sanzioni. Con riferimento all'articolo 4, sulla messa alla prova, rileva che le prescrizioni del programma che definisce le modalità di svolgimento della prova sono, in base all'articolo 464-quater, comma 4, c.p.p., modificabili dal giudice solo con il consenso dell'imputato. La modifica operata dal Senato all'articolo 464-quinquies c.p.p., che rende sufficiente sentire l'imputato per poter procedere alla modifica delle prescrizioni, dovrebbe essere valutata alla luce dell'articolo 4 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, in ordine al divieto di lavoro forzato, oltre che dell'articolo 36 della Costituzione sul diritto del lavoratore a una retribuzione. Dovrebbe essere inoltre valutata la compatibilità con gli articoli 27, secondo comma, e 111 della Costituzione, di un trattamento sanzionatorio, per quanto a contenuto afflittivo attenuato, in assenza di una sentenza di condanna.
  Evidenzia che l'articolo 8 prevede l'adozione – entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – di un regolamento da parte del Ministro della giustizia, volto a disciplinare le convenzioni in merito al lavoro di pubblica utilità conseguente alla messa alla prova.
  Segnala, infine, che il provvedimento esclude dalla depenalizzazione alcuni reati attinenti ad alcune materie nell'ottica di garantire una particolare protezione a determinati beni giuridici. A suo avviso, sarebbe opportuno che la delega al Governo Pag. 23prevedesse la depenalizzazione di tali reati quando la pericolosità della condotta posta in essere dal reo non è idonea ad apportare una significativa lesione del bene giuridico tutelato dalla fattispecie incriminatrice.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, condivide le osservazioni svolte dal relatore e sottolinea la necessità sia di descrivere compiutamente i principi di delega del Governo sia di trovare, con riferimento all'istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, una soluzione normativa finalizzata ad evitare, anche alla luce della giurisprudenza europea, che un soggetto incorra in sanzioni senza che sia stata adottata nei suoi confronti una decisione definitiva di condanna. Ritiene, inoltre, necessario, in ossequio al principio della necessaria offensività del reato sancito dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che la depenalizzazione dei reati tenga conto della pericolosità concreta della condotta.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI) esprime condivisione in merito all'osservazione del relatore Giorgis sulla necessità di depenalizzare condotte di particolare lievità incidenti su beni giuridici tutelati da reati attualmente esclusi dalla possibilità di una loro trasformazione in illeciti amministrativi. Evidenzia, tuttavia, che si dovrà identificare un metro obiettivo per individuare concretamente le condotte che, pur ledendo beni giuridici di particolare rilevanza, non debbano ritenersi particolarmente gravi e pertanto depenalizzabili senza che tale compito sia affidato, in ultima istanza, al giudice. Solo così, a suo avviso, potrà anche realizzarsi l'effetto deflattivo del contenzioso.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, ribadisce la necessità, sottolineata dal collega Giorgis, di stabilire principi e criteri di delega al Governo più stringenti, in grado di limitare i margini di discrezionalità del giudice. Sarebbe, infatti, opportuno definire compiutamente se una condotta, in base alla sua effettiva offensività, debba essere considerata irrilevante per l'ordinamento giuridico o passibile di sanzione amministrativa.

  Andrea GIORGIS (PD), relatore, condivide le osservazioni del collega Mazziotti Di Celso sull'opportunità di determinare più compiutamente i principi e i criteri direttivi che devono guidare il Governo nella individuazione delle ipotesi di reato da depenalizzare riguardanti materie delicate che meritano una particolare tutela da parte dell'ordinamento giuridico.

  Maurizio BIANCONI (FI-PdL), nel preannunciare la sua contrarietà al provvedimento in discussione, evidenzia che attraverso una legge delega si decide di togliere al Parlamento una sua competenza. Si tratta, a suo avviso, del tentativo di liberarsi di un problema che, in realtà, diviene ancora più grave alla luce dell'indefinitezza dei principi e criteri direttivi contenuti nel provvedimento. Segnala che, poiché il testo non incide sui limiti edittali delle pene lasciandoli, quindi, particolarmente ampi, rimane un margine eccessivo di discrezionalità in capo al giudice in sede di applicazione del provvedimento. Ricorda che non sono presi in considerazione i delitti poiché il provvedimento si concentra essenzialmente sulle contravvenzioni. Desidera, inoltre, sottolineare una questione di legittimità costituzionale sotto il profilo del rispetto del principio di uguaglianza dovuta, a suo avviso, al fatto che coloro che non possiedono un'abitazione non possono fruire dei benefici dell'arresto domiciliare e della reclusione domiciliare. Ritiene poi che, pur essendo importanti le osservazioni svolte dai colleghi circa la necessità di rimodulare i principi e i criteri direttivi per il Governo contenuti nel provvedimento e volti a depenalizzare condotte di particolare tenuità che incidono quindi lievemente su beni giuridici tutelati dall'ordinamento, tuttavia non è possibile prescindere, in materia, dalla discrezionalità dei giudici. Ritiene, infine, che, relativamente a reati, quali ad esempio quelli edilizi ovvero ambientali, l'unica sanzione efficace sia di natura patrimoniale.

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  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), replicando al collega Bianconi, osserva che, se è vero che i giudici devono comunque svolgere le loro valutazioni discrezionali in merito alla gravità o alla tenuità di una condotta, è altresì vero che la magistratura inquirente spesso ha la tendenza a qualificare più gravemente i comportamenti che ledono particolari beni giuridici. Ribadisce, pertanto, la necessità di identificare con certezza e a priori quali condotte siano da considerarsi, in quanto non particolarmente offensive del bene giuridico tutelato, da depenalizzare. Ciò permetterà, a suo avviso, di garantire il principio di tassatività della legge penale e di realizzare contemporaneamente un effetto deflattivo del contenzioso penale.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, rileva che, all'esito del complesso dibattito finora svolto, dalle osservazioni dei colleghi si evidenziano, a suo avviso, le particolari difficoltà di procedere attraverso una legge di delegazione in una materia particolarmente complessa quale quella in discussione.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso.
C. 204-251-328-923-B, approvato dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente e relatore, ricorda che il Senato ha approvato il 28 gennaio 2014 la proposta di legge in esame, il cui articolo unico novella l'articolo 416-ter del codice penale (Scambio elettorale politico-mafioso) con alcune modifiche rispetto al testo trasmesso dalla Camera dei deputati. Fa presente che la II Commissione non ha modificato il testo approvato dal Senato.
  Segnala che il testo unificato approvato dalla Camera il 16 luglio 2013 costituiva, a suo avviso, un provvedimento che rappresentava un buon punto di equilibrio tra la necessità di punire lo scambio elettorale politico-mafioso e quella di garantire i principi costituzionali della proporzionalità e della tassatività della legge penale, nonché della necessaria offensività del reato.
  Tale testo prevedeva che fosse sanzionato con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque – in cambio dell'erogazione di denaro o di altra utilità – accettasse consapevolmente il procacciamento di voti da parte di un terzo con le modalità proprie dell'associazione di tipo mafioso. Il nuovo articolo 416-ter c.p. prevedeva, a differenza della norma vigente, che con la stessa pena fosse sanzionato anche il procacciatore di voti.
  Il testo della Camera proponeva, quindi, una formulazione dell'articolo 416-ter, basata su alcuni elementi chiave: che il presupposto dell'accordo tra le due parti per il procacciamento di voti fosse fondato sulla sua consapevolezza; si intendeva, in tal modo, sottolineare più chiaramente il carattere doloso (ovvero, ex articolo 43 c.p., «secondo l'intenzione») dell'accettazione da parte del politico del procacciamento dei voti mediante il ricorso all'intimidazione connessa al vincolo associativo mafioso. In tal modo il reato si perfezionava al momento dell'impegno reciproco e consapevole di due controparti dello stesso scambio elettorale politico-mafioso.
  Al riguardo, evidenzia che la nuova formulazione del Senato che, come illustrerà anche più avanti nella sua relazione, anticipa la soglia di punibilità del reato alla citata promessa da parte del mafioso di procurare voti, pone un evidente problema dal punto di vista del diritto processuale poiché, a suo avviso, potrebbero attivarsi indagini sulla base della sola «parola» pronunciata nei confronti di un soggetto relativamente all'esistenza del patto illecito senza che, in realtà, sussistano prove concrete, attribuendo, in tal modo, un potere enorme alla magistratura inquirente. Pag. 25
  Proseguendo nella sintetica descrizione del testo originariamente adottato dalla Camera, ricorda che un altro dei suoi elementi chiave era costituito dal superamento del limite della necessità dell'erogazione di denaro ai fini della consumazione del reato mediante il ricorso, come contropartita del pactum sceleris, anche ad «altra utilità»; ciò in considerazione dell'estrema varietà delle prestazioni reciproche in cui può consistere lo scambio politico-mafioso, che hanno impedito per talune condotte che il delitto di cui all'articolo 416-ter potesse essere efficacemente contestato dalla magistratura.
  Osserva il testo della Camera sul versante sanzionatorio prevedeva che fosse prevista la pena della reclusione da 4 a 10 anni; i limiti edittali erano stati, quindi, ridotti rispetto a quelli attuali (reclusione tra 7 a 12 anni, ovvero la stessa pena stabilita dall'articolo 416-bis per l'associazione mafiosa).
  Fa presente che l'ultima caratteristica fondamentale del provvedimento approvato alla Camera prevedeva che il reato di cui all'articolo 416-ter avesse struttura bilaterale, essendo stata introdotta, con un secondo comma dell'articolo 416-ter, un'autonoma fattispecie di reato relativa al procacciamento di voti con le indicate modalità intimidatorie dell'associazione mafiosa. Rispetto al vigente testo della norma, si stabiliva infatti la punibilità sia dell'accettazione (consapevole) dei voti che del procacciamento illecito mafioso quindi di entrambi i soggetti protagonisti dello «scambio».
  Passando all'analisi dell'articolo 416-ter c.p., come approvato dal Senato e non modificato dalla Commissione Giustizia, ricorda che lo stesso si differenzia dal testo Camera sotto i seguenti cinque aspetti: la condotta illecita viene ora qualificata mediante l'accettazione della «promessa» di procurare voti (mediante le citate modalità mafiose di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis). Scompare, quindi, rispetto al testo approvato dalla Camera, il riferimento alla consapevolezza dell'accettazione che, come emerge dal dibattito in discussione generale al Senato, viene ritenuto superfluo per un reato doloso, nonché foriero di problemi interpretativi.
  Sul punto evidenzia che il riferimento alla consapevolezza non era, a suo avviso, da considerarsi ultroneo poiché è essenziale, ai fini della punibilità del reato, che il soggetto abbia piena cognizione dell'appartenenza alla associazione mafiosa da parte di chi procaccia i voti.
  Ritornando al modello della norma vigente, fa presente che è anticipata la soglia di punibilità del reato legata a una condotta – come elemento psicologico – che precede l'azione, ovvero alla citata promessa da parte del mafioso di procurare voti; il reato si sostanzia ed è, quindi, punito anche se il procacciamento di voto non sia davvero avvenuto, ma sia stato soltanto promesso.
  Al riguardo, ribadisce quanto già evidenziato in precedenza relativamente ai problemi processuali, specialmente legati alla prova e suscettibili di avere ricadute anche sui provvedimenti di natura cautelare, relativi alla qualificazione della condotta illecita mediante l'accettazione della promessa di procurare voti ed alla anticipazione della soglia di punibilità del reato.
  Segnala, altresì, che la scelta originariamente operata dalla Camera dei deputati di punire il procacciamento dei voti e non la mera accettazione della promessa di procurare voti lasciava comunque intatta, più correttamente, la possibilità di punire, attraverso la figura del tentativo di reato, tale tipologia di condotta.
  Ricorda che è confermata la possibilità che, oltre all'erogazione di denaro – cui è aggiunta anche la relativa «promessa» – oggetto dello scambio sia anche altra utilità – elemento, tuttavia, rafforzato dal Senato con la formulazione «qualunque utilità». Al riguardo, sottolinea che sarebbe stato opportuno mantenere la formulazione della Camera poiché, secondo la giurisprudenza penale in materia di corruzione, la locuzione «altra utilità» individua con certezza, ai Pag. 26fini della punibilità del reato, che l'utilità conseguita dal soggetto deve essere di natura patrimoniale.
  Evidenzia l'ulteriore elemento di novità rappresentato dalla previsione, come contropartita della promessa di procurare voti, della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa; tale previsione, secondo il Governo, rende concreta, per la prima volta – sul piano normativo – la fattispecie di cosiddetto concorso esterno in associazione mafiosa.
  Al riguardo, fa presente di non condividere assolutamente tale previsione poiché costituisce una vera e propria resa all'assoluta discrezionalità della magistratura nell'esercizio dell'azione penale. Nel ricordare che anche nella XVI legislatura si era tentato di formulare un'ipotesi seria di tipizzazione del cosiddetto «concorso esterno in associazione mafiosa» con una proposta di legge a prima firma dell'onorevole Rao, evidenzia che l'attuale formulazione approvata dal Senato che fa riferimento alla «disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa» contrasta con la Costituzione perché del tutto indeterminata mentre, a suo avviso, i reati più gravi devono essere perseguiti attraverso la definizione di norme puntuali e rispettose dei principi costituzionali.
  Rileva che viene confermata la struttura bilaterale del reato proposta dal testo Camera, e viene prevista dal Senato la sanzionabilità della promessa di procurare voti con le consuete modalità mafiose. Appare, quindi, anticipata, anche in questo caso, la soglia della punibilità alla promessa, superando la previsione di limitare la punibilità al procacciamento dei voti. I limiti di pena previsti dal testo Camera (reclusione da 4 a 10 anni) sono riportati a quelli vigenti dell'articolo 416-ter (reclusione da 7 a 12 anni).
  Quanto al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, infine, fa presente che il testo unificato modifica il codice penale. L'intervento è quindi riconducibile alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», di esclusiva competenza statale ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lett. l), della Costituzione.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI) non condivide le osservazioni del presidente Sisto riguardanti la difficoltà di provare la condotta poiché nella gran parte dei reati il giudice è chiamato a valutare la sussistenza di un illecito penale sulla base delle dichiarazioni processuali. Evidenzia, al riguardo, che se un soggetto offre dei voti o promette di procurare dei voti pare difficile non ritenere sussistente in chi accetta tale promessa la consapevolezza di compiere un illecito penale. Ritiene inoltre condivisibile l'anticipazione della soglia di punibilità del reato al momento della accettazione della promessa di procurare voti, poiché sarebbe a suo avviso complesso provare effettivamente che il procacciamento dei voti è stato realizzato.
  Condivide, infine, le preoccupazioni del presidente Sisto relative ai concetti di «qualunque utilità» e «disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa» contenuti nel testo approvato dal Senato da lui giudicati troppo vaghi ed in grado, pertanto, di ledere il principio di tassatività della legge penale.

  Francesco SANNA (PD), nel segnalare che alcuni elementi di criticità sollevati dal presidente Sisto attengono al merito del provvedimento ed appaiono pertanto di competenza della II Commissione, ritiene che le questioni illustrate dallo stesso presidente attinenti ai profili di costituzionalità sono particolarmente complesse e necessitano di un particolare approfondimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 9.20.