CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 11 febbraio 2014
177.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 11 febbraio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. — Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Paolo Fadda.

  La seduta comincia alle 14.20.

Sull'ordine dei lavori.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, fa presente che la Commissione non tratterà l'esame degli emendamenti sul disegno di legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre e sul disegno di Legge europea 2013 bis, in quanto non sono state trasmesse dalla XIV Commissione proposte emendative che investono la competenza della XII Commissione.

  La Commissione concorda.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, propone alla Commissione di invertire l'ordine del giorno e di passare subito all'esame dello schema di decreto legislativo (Atto n. 54) per il parere al Governo, in considerazione della presenza del sottosegretario Fadda.

  La Commissione concorda.

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Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro.
Atto n. 54.

(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e conclusione – Parere favorevole con condizioni e osservazioni).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato, da ultimo, nella seduta del 5 febbraio 2014.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è oggi convocata per il seguito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/24/UE concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera nonché della direttiva 2012/52/UE comportante misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro Stato membro (Atto n. 54), per il parere al Governo.
  Ricorda, altresì, che nella scorsa seduta si sono svolti gli interventi di alcuni colleghi e del sottosegretario Fadda. Il relatore, on. Monchiero, ha, poi, illustrato la proposta di parere da lui predisposta, sulla quale l'on. Miotto ha formulato dei rilievi, auspicando che questi possano essere accolti dal relatore.

  Giovanni MONCHIERO (SCpI), relatore, illustra la sua nuova proposta di parere favorevole con condizioni ed osservazioni, che tiene conto sia di alcuni rilievi avanzati dalla collega Miotto sia del parere espresso dalla Commissione Igiene e sanità del Senato (vedi allegato).

  Il sottosegretario Paolo FADDA, condividendo il contenuto della proposta di parere presentata dal relatore, assicura che il Governo ne terrà conto all'atto della emanazione del decreto legislativo.

  Marisa NICCHI (SEL) chiede al relatore le ragioni della scelta di proporre al Governo di sostituire la parola «assicurato» con la parola «assistibile» anziché con quella «assistito», che ritiene forse più congrua. Inoltre, chiede al relatore di inserire un riferimento alla esigenza di eliminare il richiamo al diritto all'obiezione di coscienza del farmacista.

  Massimo Enrico BARONI (M5S), richiamando le preoccupazioni espresse nella scorsa seduta dalla collega Miotto, intende svolgere ulteriori rilievi critici riferiti in particolare alla complessità della programmazione degli interventi relativi alla medicina di elezione nelle strutture ospedaliere e sanitarie del nostro paese, già di difficile se non impossibile realizzazione. Come emerso da incontri organizzati da esponenti del suo gruppo con operatori sanitari che lavorano nei pronto soccorso, negli ospedali con reparti di emergenza-urgenza risulta quasi impossibile programmare interventi di medicina di elezione, essendo i posti-letto occupati quasi interamente da pazienti che vi vengono ricoverati a seguito di osservazione nei pronto soccorso. Tale criticità, dovuta anche alle ristrettezze economiche conseguenti alla spending review, risulterebbe aggravata dalle richieste di prestazioni provenienti da pazienti stranieri: se non si riesce a garantire ai cittadini italiani di sottoporsi ad interventi programmati, ritiene impensabile che tale garanzia possa essere offerta ai pazienti di altri paesi.

  Giovanni MONCHIERO (SCpI), relatore, in risposta alla collega Nicchi fa presente che il termine «assistibile» è stato fatto proprio anche dal Senato e che l'esigenza di chiarire la portata dell'articolo 12, comma 3, è contenuta nella prima osservazione, di cui alla lettera a), apposta al parere.
  Per quanto riguarda le considerazioni svolte dal deputato Baroni, ritiene che l'articolo 5 – che richiama testualmente una disposizione della direttiva europea – offra garanzie sufficienti ai pazienti di altri paesi per poter programmare gli interventi richiesti.

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  Paola BINETTI (PI), pur dichiarando il suo voto favorevole sulla proposta di parere presentata dal relatore, esprime perplessità sulla prima osservazione apposta al parere, che fa riferimento alla obiezione di coscienza del farmacista, tema questo di grande rilievo. Pur riconoscendo che in Italia non esiste una normativa specifica che affermi esplicitamente tale facoltà, tuttavia la formulazione «elegante» ma poco convincente della lettera a) delle osservazioni elude la complessità della problematica, legata ad un principio etico di grande importanza.

  Andrea CECCONI (M5S) ricorda che il MoVimento 5 Stelle ha già espresso le sue forti perplessità sulla direttiva in esame nelle sedute precedenti, ma anche in altre occasioni, allorquando si sostenne, da parte del Governo, che questa avrebbe rappresentato una grandissima opportunità per mostrare all'estero le eccellenze presenti nel nostro paese, mentre così non sembra che possa essere.
  Inoltre, ritiene irrealistico pensare che in Italia si riesca a dare seguito a quanto prevede la condizione di cui alla lettera c) – secondo cui all'articolo 10, comma 8, deve essere specificato che, in caso di diniego di autorizzazione preventiva all'assistenza transfrontaliera perché l'assistenza sanitaria richiesta può essere prestata nel territorio nazionale entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico, l'ASL competente individui e comunichi al paziente la specifica struttura sanitaria in grado di erogare la prestazione entro il predetto termine con le garanzie di sicurezza e qualità della prestazione. Infatti, se accade sovente che operatori di una struttura sanitaria non riescano a trovare un ospedale disponibile a ricevere pazienti in pericolo di vita e che l'attesa nella ricerca di un posto letto può anche comportare – come successo anche di recente a Bari – il decesso di pazienti, si domanda come si possa ragionevolmente credere che le ASL riescano a trovare la specifica struttura sanitaria in grado di erogare la prestazione entro un determinato termine con garanzie di sicurezza e qualità della prestazione.
  Infine, dopo aver espresso un giudizio negativo anche sulla mancata previsione del rimborso delle spese di alloggio per i disabili che si recano all'estero per ricevere una prestazione sanitaria, dichiara il voto contrario del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.

  Gian Luigi GIGLI (PI) chiede al relatore la disponibilità ad apportare modifiche alla osservazione di cui alla lettera a), che fa riferimento alla esigenza di valutare la coerenza delle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, e all'articolo 12, comma 3, con i principi e i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e con la specifica normativa vigente nel nostro Paese. Tale osservazione non era prevista nella proposta di parere inizialmente presentata, che non conteneva alcun riferimento all'articolo 12, norma che correttamente riconosce il diritto del farmacista a non dispensare un farmaco per ragioni etiche. Dopo aver ricordato che l'Italia è uno dei pochi paesi che non riconosce espressamente tale diritto, cosa a suo avviso inaccettabile, ritiene che di fronte al mutare dello scenario in cui si muove la medicina andrebbe ripensata anche la questione relativa al riconoscimento di tale diritto.
  Infine, fa presente che ove il relatore non dovesse modificare su questo punto la sua proposta di parere il suo voto sarà contrario.

  Donata LENZI (PD), nel ringraziare il relatore per l'ottimo lavoro svolto, tiene a precisare che per il suo gruppo la lettera a) delle osservazioni rappresenta un punto di mediazione, sul quale auspica che converga la maggioranza della Commissione.

  La Commissione approva la proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni del relatore.

  La seduta termina alle 14.55.

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SEDE CONSULTIVA

  Martedì 11 febbraio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. — Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Paolo Fadda.

  La seduta comincia alle 14.55.

DL 150/2013: Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.
C. 2027 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è oggi convocata per l'esame in sede consultiva del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 150 del 2013, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative», per il parere alla I Commissione.
  Ricorda, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti alle ore 11 della giornata odierna e che al momento l'inizio della discussione del suddetto decreto-legge in Aula è previsto a partire dal 17 febbraio p.v.
  Dà, quindi, la parola, al relatore, on. D'Incecco, per l'illustrazione della relazione da lei predisposta.

  Vittoria D'INCECCO (PD), relatore, ricorda che il testo del decreto-legge già approvato dal Senato su cui la Commissione è chiamata ad esprimere il parere di competenza si compone di 13 articoli che intervengono per prorogare termini nei seguenti settori: assunzioni, organizzazione e funzionamento delle pubbliche amministrazioni; interventi emergenziali; giustizia e professioni regolamentate; Ministero dell'interno; infrastrutture e trasporti; agricoltura; istruzione, università e ricerca; salute; lavoro e politiche sociali; economia e finanza; ambiente; turismo; comunicazioni e servizi pubblici locali.
  Per quanto di competenza della XII Commissione, desidera soffermarsi innanzitutto sul comma 14-bis dell'articolo 1, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, che consente la proroga fino al 31 marzo 2015 dei contratti a tempo determinato di diritto privato per l'attribuzione di funzioni dirigenziali stipulati dall'AIFA con personale tecnico o altamente qualificato.
  Tali contratti erano già stati prorogati fino al 31 ottobre 2014 dal recente decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni».
  Pertanto la disposizione in commento interviene a prorogare un termine differito da pochi mesi e comunque molto prima della sua scadenza.
  I contratti di cui si dispone l'ulteriore proroga sono quelli previsti all'epoca della creazione dell'AIFA, dall'articolo 48, comma 7, del decreto-legge n. 269 del 2003, con il quale dal 1o gennaio 2004 venivano trasferite all'AIFA le unità di personale già assegnate agli uffici della Direzione Generale dei Farmaci e Dispositivi Medici del Ministero della salute. Il personale trasferito non poteva superare il 60 per cento del personale in servizio alla data del 30 settembre 2003 presso la stessa Direzione Generale. La medesima norma ha tuttavia previsto che l'AIFA potesse assumere, in relazione a particolari e motivate esigenze, nei limiti delle proprie disponibilità finanziarie, personale tecnico o altamente qualificato, con contratti a tempo determinato di diritto privato.
  Fa presente, poi, che i contratti a tempo determinato di cui si dispone la proroga, inoltre, possono essere anche eccedenti la quota di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, recante Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che ha previsto limiti per l'affidamento di incarichi dirigenziali. Tale disposizione ha infatti individuato criteri, modalità e limiti percentuali Pag. 116di affidamento di incarichi dirigenziali a termine, stabilendo che il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali a soggetti esterni all'amministrazione può essere effettuato entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia e che non può prevedere una durata superiore ai tre anni per gli incarichi di segretario generale e di funzione dirigenziale di livello generale e di cinque anni per gli altri incarichi dirigenziali.
  Un'altra disposizione del decreto-legge in esame che incide su materie di competenza della XII Commissione è l'articolo 7, comma 1, che proroga, dal 31 dicembre 2013 al 1o gennaio 2015, il termine entro il quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco (distributori intermedi e farmacie). L'intervento legislativo avviene modificando l'articolo 15, comma 2, quinto periodo, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review).
  La disposizione è stata modificata nel corso dell'esame in sede referente presso il Senato. Il testo originario del decreto poneva il 1o gennaio 2015 come termine dal quale avviare un nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva. Con la modifica introdotta, tale termine costituisce il termine ultimo per la decorrenza suddetta, la quale però può iniziare anche prima di tale data.
  Il decreto-legge n. 95 del 2012, all'articolo 15, comma 2, ha disposto la sostituzione dell'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco con un nuovo metodo, da definirsi sulla base di un accordo tra l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il termine, originariamente fissato al 1o gennaio 2013, è stato posticipato dalla legge di stabilità 2013 al 31 dicembre 2013.
  Ricorda, poi, che l'accordo citato deve essere definito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il MEF, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base sulla base dei seguenti criteri: estensione della tracciabilità e del controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci; possibilità di introduzione di una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta ad una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco, in modo da garantire, «stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico», una riduzione della spesa per il Servizio sanitario nazionale.
  Solo con l'entrata in vigore del nuovo metodo di remunerazione, perdono di efficacia le disposizioni che prevedono l'imposizione di sconti e trattenute su quanto dovuto alle farmacie per le erogazioni in regime di SSN. La base di calcolo per definire il nuovo metodo di remunerazione è riferita ai margini vigenti al 30 giugno 2012. In attesa del nuovo metodo di remunerazione delle farmacie, il decreto-legge n. 78 del 2010 ha rideterminato le percentuali di ricavo dovute dal SSN (quote di spettanza) ai grossisti e ai farmacisti sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci di classe A, interamente rimborsati dal SSN. Tale rideterminazione abbassa la quota dei grossisti al 3 per cento (prima al 6,65 per cento) portando quella dei farmacisti al 30,35 (prima al 26,7 per cento), da intendersi come quota minima a questi spettante.
  Segnala poi, sempre all'articolo 7, il comma 1-bis, inserito nel corso dell'esame al Senato, che proroga dal 31 maggio 2013 al 30 giugno 2014 l'aggiornamento del Nomenclatore tariffario dei dispositivi medici di cui all'articolo 11 del decreto ministeriale n. 332 del 1999.
  L'intervento normativo è attuato intervenendo sull'articolo 5, comma 2-bis, del decreto-legge n. 158 del 2012 cosiddetto decreto Balduzzi.
  Il decreto ministeriale n. 332 del 1999 individua le prestazioni di assistenza protesica che comportano l'erogazione dei dispositivi riportati negli elenchi 1, 2 e 3 del nomenclatore. I dispositivi indicati negli elenchi del tariffario erano erogabili fino al 31 dicembre 2001. Entro tale data il Ministro della sanità avrebbe dovuto ridefinire la disciplina dell'assistenza protesica e le tariffe massime da corrispondere Pag. 117ai soggetti erogatori dei dispositivi di cui all'elenco 1 del nomenclatore. I successivi aggiornamenti del nomenclatore tariffario sarebbero dovuti intervenire periodicamente, con cadenza massima triennale.
  Osserva, poi, che con il ricordato decreto-legge n. 158 del 2012 è stato previsto l'aggiornamento del tariffario del 2001, attualmente in vigore, entro il 31 maggio 2013.
  In proposito ritiene utile riportare quanto dichiarato dal Ministro della salute nel corso del question time n. 3-00438 del 13 novembre 2013 alla Camera dei deputati: «Nel corso delle audizioni tenutesi presso la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato, in data 31 luglio 2013, ha già avuto occasione di fornire tutti i chiarimenti circa le difficoltà emerse durante l'iter per l'aggiornamento del nomenclatore tariffario. In quella occasione ebbe cura di segnalare che è assolutamente necessario aggiornare il vigente nomenclatore per garantire ai pazienti la disponibilità di protesi, ortesi ed ausili più adeguati alle loro esigenze e che siano di supporto anche ai familiari che li assistono. Ricorda che il nuovo progetto di aggiornamento del nomenclatore prevede una serie di iniziative innovative sia a favore dell'assistenza integrativa nel settore dei dispositivi medici monouso, sia per l'assistenza protesica. Tali innovazioni complessivamente generano un incremento degli oneri a carico del SSN stimato in circa 321 milioni di euro annui. Tale maggiore spesa ha indotto il MEF, già nel 2010, ad una valutazione non favorevole che di fatto ha determinato la sospensione dell’iter di approvazione. È suo convincimento che il disegno di legge di stabilità per il 2014 non recando riduzioni al Fondo sanitario nazionale, se si escludono le misure in materia di pubblico impiego, pone le condizioni per l'individuazione della necessaria copertura finanziaria. Pertanto intende ribadire anche in questa sede che è sua ferma volontà inserire il progetto di aggiornamento dell'attuale nomenclatore tariffario delle protesi per i soggetti disabili nella prossima iniziativa di politica sanitaria, qual è il Patto per la salute 2013-2015, che nel rispetto degli attuali vincoli di finanza pubblica, è in corso di perfezionamento con le regioni e che si augura possa essere adottato entro la fine dell'anno in corso».
  Fa presente che di interesse della XII Commissione è anche il comma 1-ter, inserito nel corso dell'esame presso il Senato, dell'articolo 7, che dispone in tema di cessazione degli accreditamenti provvisori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private nonché degli stabilimenti termali. Più in particolare, viene stabilito che le Regioni garantiscano che dal 31 ottobre 2014 – invece che dal 1o gennaio 2013, come attualmente previsto – cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le strutture sanitarie e socio-sanitarie, non confermati dagli accreditamenti definitivi. Qualora, entro la data indicata le Regioni non provvedano, il Consiglio dei ministri nomina il presidente della regione o altro soggetto commissario ad acta ai fini dell'adozione dei predetti provvedimenti.
  La normativa nazionale configura l'accreditamento come uno strumento di selezione dei soggetti erogatori per conto del SSN.
  L'individuazione dei requisiti, la definizione delle procedure e delle modalità di verifica e di controllo è stata demandata alle Regioni, comportando una differente evoluzione dei percorsi normativi e l'adozione di diverse modalità di implementazione.
  Ripercorrendo il passaggio dall'autorizzazione all'accreditamento segnala che il decreto legislativo n. 502 del 1992 ha previsto la possibilità per le regioni di avvalersi dei presidi direttamente gestiti dalle ASL, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati. Ai sensi del successivo decreto legislativo n. 229 del 1999, la realizzazione di strutture e l'esercizio di attività sanitarie e sociosanitarie per conto del SSN sono state subordinate ad una autorizzazione alla realizzazione rilasciata dal Comune previo nulla osta Pag. 118regionale. Successivamente, per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, se attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità, è stata richiesta anche l'autorizzazione all'esercizio, rilasciata dalla Regione o dal Comune.
  Osserva, quindi, che a questo punto, le strutture così autorizzate che ne facciano richiesta possono essere accreditate dalla Regione. La concessione dell'accreditamento è comunque subordinata al possesso di ulteriori requisiti e alla funzionalità rispetto agli indirizzi di programmazione regionale nonché alla verifica dell'attività svolta e dei risultati raggiunti. Infine, gli accordi contrattuali, definiti da Regioni e ASL, indicano i volumi e le tipologie delle prestazioni, le responsabilità e gli impegni reciproci.
  Il decreto legislativo n. 229 del 1999 ha previsto anche l'emanazione di un atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni in materia di accreditamento, al fine di definire una base di criteri di accreditamento da rispettare in tutte le regioni e rendere omogenee sul territorio nazionale alcune garanzie di qualità delle cure.
  La modificazione del titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3 del 2001) ha bloccato tale percorso, consentendo per 10 anni lo sviluppo autonomo dei modelli regionali di accreditamento.
  Nel marzo 2010, il Ministero della salute e la Conferenza delle Regioni e Province autonome hanno affidato all'Agenas il compito di individuare elementi di qualità da condividere nei sistemi di garanzia (autorizzazione/accreditamento).
  Ricorda, poi, che la Legge Finanziaria 2007, in attuazione del Patto della Salute siglato nel marzo 2006, ha previsto il passaggio all'accreditamento definitivo in determinati termini e modalità, disponendo, in particolare, che le regioni adottino provvedimenti per garantire che dal 1o gennaio 2013 cessino gli accreditamenti provvisori di tutte le altre strutture sanitarie e socio-sanitarie private, nonché degli stabilimenti termali. Le regioni sono inoltre autorizzate, a decorrere dal 1o gennaio 2008, a non concedere nuovi accreditamenti in assenza di un provvedimento regionale di ricognizione e conseguente determinazione.
  Ricorda, poi, l'articolo 9, comma 15, che dispone un finanziamento di 35 milioni per il proseguimento, nell'ultimo bimestre del 2013, del Programma Carta acquisti e l'avvio della fase sperimentale della Carta, coperto con la dotazione del cd «Fondo per gli esodati».
  Il comma riproduce il testo dell'articolo 2, commi 7 e 8 del decreto-legge n. 126 del 2013, decaduto per la mancata conversione entro i termini previsti.
  Ricorda che la Carta acquisti ordinaria, istituita dal decreto-legge n. 112 del 2008, a legislazione vigente viene concessa ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto, di età uguale o superiore ai sessantacinque anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi.
  L'articolo 60 del decreto-legge n. 5 del 2012 ha poi stabilito l'avvio di una fase di sperimentazione della Carta della durata di un anno, nei comuni con più di 250.000 abitanti, sottolineando l'obiettivo di utilizzare la carta acquisti come strumento di contrasto alla povertà assoluta tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno. I beneficiari sono individuati dai Comuni, sulla base del reddito ISEE del nucleo familiare di appartenenza e di ulteriori parametri patrimoniali. Le famiglie beneficiarie devono contare almeno un componente di età minore di diciotto anni. Fra i beneficiari sono stati compresi anche i cittadini di altri Stati dell'Unione europea ovvero i cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Il beneficio parte da un valore minimo di 231 euro al mese per nuclei con Pag. 119due persone fino a un valore massimo di 404 euro se la famiglia ha cinque o più componenti.
  Fa presente, infine, che l'articolo 3, commi da 2 a 5, del decreto-legge n. 76 del 2013 ha esteso la sperimentazione della nuova social card ai restanti territori delle regioni del Mezzogiorno, nel limite di 140 milioni per il 2014 e di 27 milioni per il 2015. Tale sperimentazione costituisce l'avvio del programma «Promozione dell'inclusione sociale».
  Per completare il quadro degli interventi normativi in materia di social card, ricorda che l'articolo 1, comma 216, della legge di stabilità 2014 ha previsto, oltre all'estensione della platea dei possibili beneficiari della carta acquisti ordinaria anche ai cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, superando in tal modo la procedura di infrazione aperta dall'Unione europea, anche un finanziamento ulteriore per il 2014 pari a 250 milioni di euro, parte dei quali, unitamente ai 40 milioni all'anno stanziati per il triennio 2014-2016, da utilizzare per raggiungere un ammontare di risorse sufficiente ad estendere la sperimentazione della Carta per l'inclusione a tutto il territorio nazionale.
  L'articolo 9, comma 15, in esame prevede infine che nelle more dell'espletamento della procedura di gara per l'individuazione del gestore del servizio integrato di gestione delle carte acquisti, viene prorogato il contratto in essere, stipulato il 24 marzo 2010, al fine di garantire la prosecuzione del programma Carta acquisti ordinaria e l'avvio della Carta acquisti sperimentale, fino al perfezionamento del contratto con il nuovo gestore. Ricorda che attualmente il Gestore del programma Carta acquisti è Poste Italiane. Per quanto riguarda l'attuale gara, questa è stata bandita dalla Consip il 17 ottobre 2013, il termine per la ricezione delle offerte è stato fissato al 12 dicembre 2013.
  Si riserva, quindi, di formulare una proposta di parere al termine del dibattito, facendo presente sin d'ora le sue perplessità riguardo alla proroga del termine per l'aggiornamento del nomenclatore tariffario, auspicando che per il futuro non si debba ricorrere ad ulteriori proroghe.

  Andrea CECCONI (M5S) esprime una valutazione nel complesso contraria alle proroghe disposte nel decreto in esame, per la parte di competenza della XII Commissione. Innanzitutto, con riferimento alla proroga dei contratti a tempo determinato con funzioni dirigenziali stipulati dall'AIFA, già prorogati di recente dal decreto-legge n. 101 del 2013, ricorda che nel corso dell'esame parlamentare della legge di conversione del citato decreto-legge, grazie ad una battaglia del MoVimento 5 Stelle si era riusciti, anche a seguito di contatti intercorsi proprio con il direttore generale dell'AIFA, ad anticipare la proroga al 31 ottobre 2014 anziché al 31 dicembre 2014, come invece previsto nel testo approvato dal Senato. Pertanto ritiene incomprensibile come si sia ora reso necessario prorogare ulteriormente tale termine anche oltre il 31 dicembre 2014, fissandolo addirittura al 31 marzo 2015.
  In merito alla proroga di cui all'articolo 7, comma 1-bis, che differisce al 30 giugno 2014 l'aggiornamento del Nomenclatore tariffario dei dispositivi medici, osserva come tale aggiornamento – che si sarebbe dovuto realizzare già nel 2001 – rischia di essere differito sine die, come sta avvenendo per i LEA. Chiede pertanto al relatore di inserire nel parere una condizione volta alla soppressione di tale disposizione.
  Osserva, inoltre, che nonostante le ripetute sollecitazioni pervenute a tutti deputati da parte delle regioni interessate al fine di prorogare al 2017 il termine per la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, nel provvedimento in esame non figura una norma con questo fine, pur esprimendo il convincimento che sarà sicuramente individuata la modalità per differire comunque la chiusura di tali ospedali.
  Sulla norma che proroga il termine per l'adozione del nuovo sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco, Pag. 120ne evidenzia la difficoltà applicative, peraltro sottolineate anche da tutti gli stakeholder del settore.
  Dopo aver espresso perplessità anche sulla disposizione in materia di social card – analogamente alle criticità rappresentate dal suo gruppo durante l'esame del decreto-legge cosiddetto «salva Roma» – dichiara, in conclusione, la ferma contrarietà del MoVimento 5 Stelle sul decreto-legge in esame, dovuta anche al fatto che le disposizioni approvate dal Parlamento non trovano successiva applicazione con i necessari decreti governativi di attuazione.

  Anna Margherita MIOTTO (PD), intervenendo sulla proroga del termine per la cessazione degli accreditamenti provvisori delle strutture sanitarie e socio-sanitarie private da parte delle regioni, chiede al rappresentante del Governo di fornire alla Commissione i dati relativi alla situazione regione per regione sull'adozione dei provvedimenti finalizzati a garantire la cessazione degli accreditamenti provvisori. È evidente, infatti, che alcune regioni hanno provveduto in tal senso mentre in altri casi risulterebbero inadempienti le regioni o i soggetti gestori.

  Il sottosegretario Paolo FADDA si riserva di fornire le precisazioni richieste dall'onorevole Miotto nella seduta di domani, in sede di replica.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.30.

RELAZIONI AL PARLAMENTO

  Martedì 11 febbraio 2014. — Presidenza del presidente Pierpaolo VARGIU. – Interviene il sottosegretario di Stato per la salute Paolo Fadda.

  La seduta comincia alle 15.30.

Relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, contenente i dati preliminari dell'anno 2012 e i dati definitivi dell'anno 2011.
Doc. XXXVII, n. 1.

(Esame, ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del Regolamento, e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame della relazione in oggetto.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, ricorda che la Commissione è oggi convocata per l'esame, ai sensi dell'articolo 124, comma 2, del regolamento, della relazione del Ministro della salute sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, concernente norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, contenente i dati preliminari dell'anno 2012 e i dati definitivi dell'anno 2011 (Doc. XXXVII, n. 1).
  Avverte, inoltre che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sia assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
  Non essendovi obiezioni, rimane così stabilito.
  Dà, quindi, la parola alla relatrice, onorevole Carnevali, per lo svolgimento della relazione.

  Elena CARNEVALI (PD), relatore, ricorda che nella Relazione, presentata dal Ministro della salute, on. Lorenzin, vengono analizzati e illustrati i dati definitivi relativi all'anno 2011 e quelli preliminari per l'anno 2012 sull'attuazione della legge n. 194 del 1978, che stabilisce norme per la tutela sociale della maternità e per l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG).
  I dati sono stati raccolti dal Sistema di sorveglianza epidemiologica delle IVG, che vede impegnati l'Istituto Superiore di Sanità (ISS), il Ministero della salute e l'Istat da una parte, le Regioni e le Province autonome dall'altra.Pag. 121
  Il monitoraggio avviene a partire dai modelli D12 dell'Istat che devono essere compilati per ciascuna IVG nella struttura in cui è stato effettuato l'intervento.
  Il modello contiene informazioni sulle caratteristiche socio-demografiche delle donne, sui servizi coinvolti nel rilascio del documento/certificazione, nell'esecuzione dell'IVG e sulle sue modalità di esecuzione.
  Dalla sua attivazione nel 1980, il Sistema di sorveglianza ha permesso di seguire l'evoluzione dell'aborto volontario e le conoscenze acquisite hanno sua volta permesso l'elaborazione di strategie e modelli operativi per la prevenzione e la promozione della salute nonché di verificare le ipotesi formulate per il ricorso all'IVG e l'efficacia dei programmi di prevenzione (quando realizzati).
  Non sfugge il fatto che i dati di riferimento (consuntivi 2011 e preventivi 2012) rappresentano un limite di analisi dello stato reale oltre al fatto che, come si evince dalla relazione stessa, molti referenti regionali hanno fatto presente le difficoltà incontrate nel ricevere i dati dalle strutture dove vengono effettuate le IVG e la chiusura di alcuni servizi IVG. In alcune regioni (Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia, e Sardegna) è stato necessario integrare le informazioni ottenute dal Sistema di sorveglianza con le schede di dimissioni SDO, non esaustive rispetto al modulo D12 Istat.
  Ritiene che sarebbe interessante conoscere quali indirizzi e misure intende adottare il Ministero, come riportato nella relazione, affinché permanga nel tempo immutata l'eccellenza del Sistema di sorveglianza.
  Fa presente che i dati più significativi che emergono dalla relazione sono il tasso di abortività (numero delle IVG per 1000 donne in età feconda tra 15-49 anni), l'indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all'IVG, nel 2012 è risultato pari a 7.8 per 1000, con un decremento dell'1.8 per cento rispetto al 2011 (8.0 per 1000) e un decremento del 54.7 per cento rispetto al 1982 (17.2 per 1000). Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei paesi industrializzati.
  Dal 1983 il tasso di abortività è diminuito in tutti i gruppi di età, più marcatamente in quelli centrali. Tra le minorenni, nel 2011 è risultato pari a 4.5 per 1000 (stesso valore del 2010 e rappresenta il 3,4 per cento sul totale di IVG), con livelli più elevati nell'Italia settentrionale e centrale. Come negli anni precedenti, si conferma il minore ricorso all'aborto tra le giovani in Italia rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell'Europa Occidentale.
  Il ricorso all'IVG delle ragazze di età inferiore a 18 anni è pari a 3.008 (dati 2011) e per le ragazze straniere è pari a 586: questi dati, ancorché inferiori rispetto al confronto internazionale, dovrebbero indurre ad un maggior coinvolgimento dell'attività di educazione alla procreazione consapevole con il concorso delle agenzia educative e dei consultori.
  Ricorda, poi, che il rapporto di abortività (numero delle IVG per 1000 nati vivi) in Italia nel 2012 è risultato pari a 200.8 per 1000 con un decremento del 2.5 per cento rispetto al 2011 (206.0 per 1000) e un decremento del 47.2 per cento rispetto al 1982 (380.2 per 1000): un terzo del fenomeno è costituito da donne con cittadinanza estera (34.3 per cento del totale delle IVG).
  Nel 2009 il tasso per le italiane è risultato pari a 6.7 per 1000 per le cittadine italiane di età 15-49 anni, a 11.5 per 1000 nelle cittadine di Paesi a Sviluppo Avanzato e a 23.8 per 1000 in quelle di Paesi a Forte Pressione Migratoria (valore pari a 40.7 nel 2003), cosa che indica come, nonostante la diminuzione negli anni, quest'ultimo gruppo di donne ha ancora livelli di abortività molto più elevati delle italiane.
  Fa presente, quindi, che la maggiore incidenza dell'IVG tra le donne con cittadinanza estera impone, inoltre, una particolare attenzione rispetto all'analisi del fenomeno, in quanto le cittadine straniere, oltre a presentare un tasso di abortività, Pag. 122peraltro diverso per nazionalità, stimato 3-4 volte maggiore di quanto attualmente risulta tra le italiane, hanno una diversa composizione socio-demografica, che muta nel tempo a seconda del peso delle diverse nazionalità, dei diversi comportamenti riproduttivi e della diversa utilizzazione dei servizi. A fronte della continua riduzione del ricorso all'aborto tra le donne italiane (riduzione più lenta nelle condizioni di maggiore svantaggio sociale), l'aumento degli aborti effettuati da donne straniere, dovuto al costante incremento della loro presenza nel Paese, rappresenta una criticità importante. Ritiene, però, che vada segnalato che negli ultimi 5 anni si è osservata una tendenza alla stabilizzazione con valori assoluti intorno ai 40.000 casi.
  Nel 2004 l'ISS ha condotto un'indagine (i risultati sono stati pubblicati nel rapporto ISTISAN 06/17) che evidenzia come, anche per le straniere, il ricorso all'aborto rappresenta nella maggioranza dei casi una estrema ratio, in seguito al fallimento dei metodi impiegati per evitare la gravidanza, anche perché spesso le medesime non possiedono le competenze necessarie per l'impiego corretto degli anticoncezionali.
  L'attività di informazione e counselling necessarie per il raggiungimento dell'obiettivo sono più difficili e impegnative in donne in condizioni di maggiore svantaggio sociale e la condizione di immigrata è particolarmente rilevante.
  Osserva, poi, che nella relazione si riporta l'aumento della percentuale di interventi effettuati entro le 8 settimane di gestazione (41.8 per cento nel 2011), probabilmente grazie anche alla diffusione dell'approccio farmacologico del Mifepristone e prostaglandine (RU486). Questa metodica è stata usata nel 2010 in 3.836 casi (3.3 per cento del totale delle IVG per il 2010) e 7.432 casi nel 2011 (7.3 per cento del totale). L'uso è avvenuto nel 2010 in tutte le regioni tranne Abruzzo e Calabria e nel 2011 non è stato utilizzato solo nelle Marche.
  Ritiene che la peculiarità italiana dei limiti di utilizzo di questa metodica entro la 7o settimana e l'indicazione di ricovero per 3 giorni può risultare disincentivante rispetto alla richiesta di tale opzione, che a differenza degli altri paesi europei avviene con modalità di trattamento ambulatoriale e/o domiciliare. La relazione evidenzia come nel 76 per cento dei casi le donne hanno richiesto la dimissione volontaria dopo la somministrazione di Mifeprostone o prima della fase espulsiva. Nel 96 per cento dei casi non c’è stata nessuna complicazione immediata e la necessità di ricorrere all'intervento chirurgico si è presentato nel 5,3 per cento dei casi.
  La quasi totalità degli interventi chirurgici avviene in day hospital con degenze inferiori ad 1 giorno (90.3 per cento dei casi) e l'interruzione, in particolare la metodica secondo Karman, rappresenta la tecnica più utilizzata (79.4 per cento), comportando rischi minori di complicanze per la salute della donna.
  Ingiustificato, le appare, il ricorso all'anestesia generale (82,1 per cento) per espletare l'intervento nel nostro Paese che è solo in parte riconducibile all'analgesia profonda che, a causa dell'indisponibilità di uno specifico codice sulla scheda D12/Istat, viene registrata da alcuni operatori sotto la voce «anestesia generale» o sotto la voce «altro»: questo utilizzo è in contrasto con le indicazioni formulate a livello internazionale che raccomandano il ricorso all'anestesia locale per minori rischi per la salute della donna.
  Fa presente, poi, che in relazione ai tempi di attesa tra rilascio della certificazione e intervento (indicatore di efficienza dei servizi) la percentuale di IVG effettuate entro 14 giorni dal rilascio del documento è leggermente aumentata rispetto a quella riscontrata nel 2010 (59.6 per cento rispetto a 59.1 per cento) ed è diminuita la percentuale di IVG effettuate oltre 3 settimane (15.7 per cento nel 2011, rispetto al 16.7 per cento nel 2010), persistendo una non trascurabile variabilità tra regioni.
  Dalla relazione non emergono dati riguardo i tempi di attesa per la certificazione. Pag. 123
  Osserva, quindi, che la percentuale degli obiettori di coscienza specie fra i ginecologi, mantiene livelli elevati (più di due su tre). Infatti, a livello nazionale, si è passati dal 58.7 per cento del 2005, al 69.2 per cento del 2006, al 70.5 per cento del 2007, al 71.5 per cento del 2008, al 70.7 per cento nel 2009 e al 69.3 per cento nel 2010 e nel 2011.
  Segnala che percentuali superiori all'80 per cento tra i ginecologi sono presenti principalmente al sud: 88.4 per cento in Campania in Molise, 85.2 per cento in Basilicata, 84.6 per cento in Sicilia, 83.8 per cento in Abruzzo, 81.8 per cento nella Provincia autonoma di Bolzano e 80.7 per cento nel Lazio.
  Osserva, poi, come l'esercizio del diritto all'obiezione di coscienza abbia riguardato elevate percentuali di ginecologi fin dall'inizio dell'applicazione della Legge n. 194, con un aumento percentuale del 17.3 per cento in trenta anni, a fronte di un dimezzamento delle IVG nello stesso periodo. I numeri complessivi, secondo la relazione, del personale non obiettore appaiono comunque congrui al numero complessivo degli interventi di IVG. Eventuali difficoltà nell'accesso ai percorsi IVG sembrano quindi dovute a una distribuzione inadeguata del personale fra le strutture sanitarie all'interno di ciascuna regione.
  Ritiene, quindi, che poiché la scelta di obiezione di coscienza può essere formalizzata dal medico obiettore all'azienda sanitaria di competenza – ma non è obbligatoria – il rischio è che vengano considerati non obiettori tutti i ginecologi che non hanno mai espresso obiezione semplicemente in quanto la loro attività istituzionale non prevede la pratica delle IVG (e perciò non si sono premurati di esprimerla alla azienda), sovrastimando quindi i non obiettori rispetto alla realtà.
  Fa presente che è stato attivato nel 2013, presso il Ministero della salute, un «Tavolo tecnico» a cui sono stati invitati gli Assessori regionali, allo scopo di avviare un monitoraggio riguardante le singole strutture ospedaliere e i consultori e per individuare eventuali criticità nell'applicazione della legge, in riferimento agli aspetti sopra menzionati. Una prima proposta di scheda per la raccolta dati è già stata inviata ai referenti regionali; i risultati di tale monitoraggio saranno presentati nella prossima Relazione al Parlamento.
  La relazione è sicuramente carente per quanto riguarda la quantificazione degli aborti clandestini nel nostro Paese. Infatti, la sola stima aggiornata risale al 2008 ed è pari a 15.000 aborti clandestini, la maggior parte dei quali si riferisce all'Italia meridionale ed è relativa all'anno 2005 (ultimo anno per il quale sono disponibili tutti i dati per calcolare gli indici riproduttivi necessari per l'applicazione del modello stesso). Ricorda che questo dato riguarda solo le donne italiane, in quanto non si dispone di stime affidabili degli indici riproduttivi per le donne straniere. Si conferma, quindi, la contemporanea diminuzione dell'abortività legale e clandestina tra le donne italiane (quest'ultima era stata stimata pari a 100.000 casi nel 1983).
  Ricorda, poi, che la legge n. 194 del 1978 non può essere analizzata in modo isolato, ma è strettamente correlata alla precedente legge n. 405 del 1975, istitutiva dei consultori familiari, le cui finalità sono, tra le altre, l'assistenza psicologica e sociale per la preparazione alla maternità e paternità responsabile; la somministrazione dei mezzi necessari per conseguire liberamente le scelte della coppia e del singolo in ordine alla procreazione responsabile; la tutela della salute della donna e del prodotto del concepimento. Purtroppo, come esplicitamente dichiarato nella relazione del Ministro, negli ultimi anni si è avuto un progressivo decremento dei consultori familiari pubblici, che avrebbero dovuto, invece, essere l'asse portante degli interventi preventivi nell'ambito dell'aborto volontario, trovandovi in essi gli operatori più idonei ad attivare la rete di sostegno per le gravidanze difficili ed gli eventuali mezzi praticabili per tentare di rimuo- Pag. 124vere le cause esterne che talvolta spin- gono la donna a questa scelta. Questa grave insufficienza è dimostrata anche dal dato del ricorso al consultorio per la certificazione che raggiunge appena il 40 per cento delle donne richiedenti l'IVG.
  Evidenzia quindi il punto critico dell'applicazione della Legge 194, cioè il basso ricorso al Consultorio familiare per la documentazione/certificazione (40.7 per cento nel 2011), specialmente al Sud e Isole, anche se in aumento principalmente per il maggior ricorso ad esso da parte delle donne straniere (54.2 per cento rispetto a 33.9 per cento relativo alle italiane). Le cittadine straniere ricorrono più facilmente al Consultorio familiare in quanto servizio a bassa soglia di accesso, anche grazie alla presenza in alcune sedi della mediatrice culturale. L'importante ruolo dei consultori familiari è ben descritto negli articoli 2 e 3 della Legge.
  Fa presente che dal rapporto si evince che nel tempo i consultori familiari non sono stati, nella maggior parte dei casi, né potenziati né adeguatamente valorizzati. In diversi casi l'interesse intorno al loro operato è stato scarso ed ha avuto come conseguenza il mancato adeguamento delle risorse, della rete dei servizi, degli organici, delle sedi.
  Conferma, dunque, la necessità di una maggiore valorizzazione dei Consultori familiari quali servizi primari di prevenzione del fenomeno abortivo e di una effettiva loro integrazione con i centri in cui si effettua l'IVG, potenziando anche il loro ruolo di centri di prenotazione per le analisi pre-IVG e per l'intervento.
  Tale integrazione determinerebbe una maggiore utilizzazione dei consultori da parte delle donne, anche tenendo conto che indagini dell'ISS, riguardanti il percorso nascita, hanno evidenziato un maggior grado di soddisfazione per tale servizio e migliori esiti in seguito alle loro attività, con particolare riferimento ai corsi di accompagnamento alla nascita (Rapporti Istisan 03/4, 11/12 e 39/12).
  Alla luce dell'evidenza, ormai acquisita negli anni, che l'aborto rappresenta nella gran parte dei casi l'estrema ratio e non la scelta d'elezione, la prevenzione del ricorso all'aborto può essere esplicata in tre diverse modalità, come già indicato nel Progetto Obiettivo Materno Infantile del 2000.
  Primo tra tutti i programmi di promozione della procreazione responsabile nell'ambito del percorso nascita e della prevenzione dei tumori femminili (per la quota in età feconda della popolazione bersaglio) e con i programmi di informazione ed educazione sessuale tra gli adolescenti nelle scuole e nei conseguenti «spazi giovani» presso le sedi consultoriali.
  Un secondo contributo è rappresentato dall'effettuazione di uno o più colloqui con membri di una équipe professionalmente qualificata, come quelli consultoriali, al momento della richiesta del documento, per valutare le cause che inducono la donna alla richiesta di IVG e la possibilità, in applicazione degli articoli 2 e 5 della Legge n. 194 del 1978, di implementare misure necessarie per il loro superamento, sostenendo le maternità difficili e la promozione dell'informazione sul diritto a partorire in anonimato, nonché su tutta la legislazione a tutela della maternità.
  Ritiene che va sottolineato che i consultori familiari sono i servizi di gran lunga più competenti nell'attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale.
  Una terza possibilità di prevenzione riguarda la riduzione del rischio di aborto ripetuto, attraverso un approfondito colloquio con le donne che hanno deciso di effettuare l'IVG, mediante il quale si analizzano le condizioni del fallimento del metodo impiegato per evitare la gravidanza e si promuove una migliore competenza. Tale colloquio dovrebbe essere molto opportunamente svolto in consultorio a cui la donna, ed eventualmente la coppia, dovrebbe essere indirizzata in un contesto di continuità di presa in carico, Pag. 125anche per una verifica di eventuali complicanze post-aborto.
  Ribadisce, quindi, la necessità di una specifica politica di sanità pubblica che, identificando il consultorio come la sede di prenotazione per le analisi pre-IVG e per l'intervento, renda «conveniente» rivolgersi per il rilascio del documento o della certificazione a tale servizio, a cui ritornare per il controllo post-IVG e per il counselling per la procreazione responsabile.

  Pierpaolo VARGIU, presidente, rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.50.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.55 alle 16.05.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE CONSULTIVA

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre.
Emendamenti C. 1836 Governo.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013 bis.
Emendamenti C. 1864 Governo.

SEDE REFERENTE

Disposizioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione della dipendenza da gioco d'azzardo patologico.
Testo unificato C. 101 Binetti, C. 102 Binetti, C. 267 Fucci, C. 433 Mongiello, C. 1596 Baroni, C. 1718 Iori, C. 1633 Formisano e C. 1812 Giorgia Meloni.

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