CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 7 gennaio 2014
151.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO

TESTO AGGIORNATO AL 9 GENNAIO 2014

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SEDE REFERENTE

  Martedì 7 gennaio 2014. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI. – Interviene il Ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri.

  La seduta comincia alle 13.10.

DL 146/13: Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria.
C. 1921 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  David ERMINI (PD), relatore, osserva come il Il decreto-legge n. 146/2013 sia diretto ad affrontare la questione del sovraffollamento carcerario e a garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali dei soggetti reclusi.
  Come ricorda la stessa relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, la questione è stata affrontata anche di recente dal messaggio del Presidente della Repubblica alle Camere del 7 ottobre 2013 (doc. I, n. 1), a seguito della nota sentenza Torreggiani. Sulle tematiche oggetto del messaggio, la Commissione Giustizia della Camera dei deputati ha poi approvato una relazione per l'Assemblea (doc. XVI, n. 1), i cui lavori preparatori, ed in particolare le audizioni svolte, è opportuno richiamare anche in relazione all'esame del decreto legge il cui esame viene avviato oggi dalla Commissione.
  Non è questa la sede per ripercorrere tutto il percorso della giurisprudenza dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in Pag. 5relazione al sovraffollamento delle carceri italiane, in quanto la Commissione Giustizia ha già affrontato questo tema in occasione dell'elaborazione della richiamata relazione alll'Assemblea. In relazione all'esame del decreto legge ci si limita a ricordare che l'Italia, che nel 2009 era già stata condannata per il sovraffollamento carcerario, è stata condannata con la sentenza Torreggiani In quanto in tale decisione la Corte ha constatato che la violazione del diritto dei ricorrenti (si trattava di una sentenza pilota) di beneficiare di condizioni detentive adeguate non costituisce un caso isolato, ma è frutto di un problema sistemico risultante da un malfunzionamento cronico del sistema penitenziario italiano, che ha interessato e può in futuro interessare numerose persone. In particolare, con la sentenza emessa in data 8 gennaio 2013 (causa Torreggiani e altri c. Italia), la Corte ha ribadito che l'articolo 3 pone a carico delle autorità statali un obbligo positivo che consiste nell'assicurare che le condizioni di detenzione siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato ad uno stato di sconforto né ad una prova d'intensità che ecceda l'inevitabile livello di sofferenza insita nella detenzione e che, tenuto conto delle esigenze pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati adeguatamente. La Corte ha quindi ricordato i suoi precedenti in materia di sovraffollamento delle carceri, rilevando come in alcuni casi la mancanza di spazio all'interno delle celle costituisca l'elemento centrale nella valutazione della conformità di una data situazione all'articolo 3.
  La Corte, constatando che il sovraffollamento carcerario in Italia ha carattere strutturale e sistemico, ha riconosciuto gli sforzi messi in campo dallo Stato italiano per contribuire a ridurre il fenomeno del sovraffollamento negli istituti penitenziari e le sue conseguenze. Quanto ai rimedi da adottare per far fronte a tale situazione, la Corte ha rimarcato la necessità di ridurre il numero di persone incarcerate, in particolare attraverso una maggiore applicazione di misure alternative alla detenzione e una riduzione al minimo del ricorso alla custodia cautelare in carcere.
  Con la citata sentenza è stato stabilito che lo Stato italiano dovrà, entro un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, istituire un ricorso o un insieme di ricorsi interni effettivi ed idonei ad offrire una riparazione del danno adeguata e sufficiente in caso di sovraffollamento carcerario.
  Inoltre, nell'attesa che vengano adottate le suddette misure, la Corte ha disposto il rinvio, per la durata di un anno a decorrere dalla data in cui la sentenza sarà divenuta definitiva, dell'esame di tutte le cause non ancora comunicate aventi unicamente ad oggetto il sovraffollamento carcerario in Italia riservandosi la facoltà, in qualsiasi momento, di dichiarare irricevibile una causa di questo tipo o di cancellarla dal ruolo a seguito di composizione amichevole tra le parti o di definizione della lite con altri mezzi, conformemente agli articoli 37 e 39 della Convenzione.
  Il decreto-legge, composto da dieci articoli, contiene quindi una serie di modifiche legislative con la finalità di affrontare le questioni connesse al sovraffollamento carcerario al fine di dare una risposta, che comunque non è l'unica. A questo proposito si ricordano il decreto-legge n. 78 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2013, il provvedimento in materia di pene detentive non carcerarie e di messa alla prova, approvato nel luglio scorso dalla Camera dei deputati ed in attesa di approvazione da parte del Senato, il provvedimento in materia di custodia cautelare approvato dalla Commissione Giustizia della Camera e che sarà esaminato già a partire da domani dall'Assemblea ed, infine, la proposte di legge all'esame della Commissione in materia di modifica della normativa penale sugli stupefacenti.
  Considerato che tutti questi provvedimenti affrontano profili tutti connessi alle questioni oggetto del decreto legge in esame, si richiama integralmente l'istruttoria legislativa relativa ed in particolare le Pag. 6molteplici audizioni svolte. Si tratta di lavoro che la Commissione Giustizia ha già svolto e che potrà essere molto utile per l'esame del decreto legge all'ordine del giorno.
  Per quanto attiene al contenuto del decreto legge, questo, in sintesi, prevede:
   come regola generale, la prescrizione da parte del giudice, nell'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, del c.d. braccialetto elettronico; è inoltre previsto il ricorso allo stesso strumento nell'applicazione della detenzione domiciliare; una procedura semplificata nella trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza;
   la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti (cd. attenuante di lieve entità); si produce così l'effetto di riduzione della pena per le fattispecie di minore gravità (es. il piccolo spaccio). Viene insieme abrogato il divieto di disporre per più di due volte l'affidamento terapeutico al servizio sociale;
   più ampie garanzie per i soggetti reclusi nel procedimento di reclamo in via amministrativa e in quello davanti alla magistratura di sorveglianza;
   l'innalzamento da tre a quattro anni del limite di pena per l'applicazione dell'affidamento in prova al servizio sociale, con più ampi poteri del magistrato di sorveglianza per la sua applicazione;
   l'introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da 45 a 75 giorni per semestre – per il periodo dal 1o gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 – la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria;
   l'applicazione a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena;
   l'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dal testo unico immigrazione, insieme con uno snellimento delle procedure di identificazione;
   l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale;
   il differimento del termine di adozione dei regolamenti sugli specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese e le cooperative sociali che assumono detenuti.

  Passa, quindi, all'esame dei singoli articoli.
  L'articolo 1 del decreto-legge interviene sul codice di procedura penale e ne modifica gli articoli 275-bis e 678.
  In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 275-bis, che delinea particolari modalità di controllo, mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici (c.d. braccialetto elettronico) da riservare a coloro ai quali è applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari.
  Il decreto-legge stabilisce che il giudice deve ordinariamente prescrivere queste particolari modalità di controllo, a meno che, a seguito della valutazione del caso concreto, non ne escluda la necessità.
  Nonostante l'utilizzo del decreto-legge, questa modifica non è ancora efficace. Il comma 2 dell'articolo in commento differisce infatti l'efficacia della disposizione dell'articolo 1, lettera a), alla data di pubblicazione della legge di conversione. La Relazione illustrativa del decreto-legge motiva il differimento dell'entrata in vigore con necessità di tipo organizzativo legate al necessario incremento della disponibilità delle apparecchiature elettroniche.
  La modifica prevede dunque che la prescrizione degli strumenti elettronici di controllo deve rappresentare la regola. Peraltro, lo stesso comma 1 dell'articolo 275-bis stabilisce che il giudice applica le particolari modalità di controllo «quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria».Pag. 7
  Le lettere b) e c) dell'articolo 1 modificano l'articolo 678 del codice di procedura penale, sul procedimento di sorveglianza, semplificando la trattazione di alcune materie di competenza della magistratura di sorveglianza.
  Il decreto-legge, modificando il comma 1 e inserendo il comma 1-bis nell'articolo 678 c.p.p., estende il ricorso al procedimento semplificato disciplinato dall'articolo 667, comma 4, c.p.p.
  L'applicazione del procedimento semplificato comporta che il giudice dell'esecuzione possa provvedere senza formalità con ordinanza comunicata al PM e notificata all'interessato. Contro l'ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il PM, l'interessato e il difensore e in questo caso si torna al procedimento ordinario di esecuzione disciplinato dall'articolo 666 c.p.p.. L'opposizione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza.
  Tra gli interventi diretti ad incidere in misura significativa sul flusso degli ingressi in carcere, particolare rilievo assume quello di cui all'articolo 2, di modifica dell'articolo 73 del TU stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990).
  L'articolo 2 (comma 1, lettera a) riformula, infatti, l'articolo 73, comma 5, del TU stupefacenti (decreto del Presidente della Repubblica 309/1990) rendendo autonoma fattispecie di reato quella che, fino all'entrata in vigore del DL, costituiva circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti (cd. attenuante di lieve entità).
  Segnala che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno già considerato ipotesi autonoma – rispetto all'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 – l'attenuante di cui al comma 6 dello stesso articolo 74 ovvero la fattispecie dell'associazione finalizzata alla commissione di fatti di lieve entità di traffico illecito di sostanze stupefacenti (sentenza 23 giugno -22 settembre 2011, n. 34475).
  Come sopra accennato, il previgente comma 5 dell'articolo 73 stabiliva che quando, per i mezzi, per la modalità o le circostanze dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, i fatti previsti dallo stesso articolo (detenzione, coltivazione, spaccio) erano di lieve entità, si applicavano le pene della reclusione da 1 a 6 anni e della multa da 3.000 a 26.000 euro.
  Il nuovo comma 5 – mantenendo inalterata la descrizione della fattispecie – sanziona la detenzione e il cd. piccolo spaccio di strada con la reclusione da 1 a 5 anni lasciando invariata la misura della multa (da 3.000 a 26.000 euro).
  La necessità dell'intervento – evidenziato anche dal documento conclusivo della Commissione di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione (cd. Commissione Giostra) – deriva dall'opportunità di sottrarre il piccolo spaccio al bilanciamento delle circostanze operato dal giudice in base all'articolo 69 del codice penale (il comma 5 dell'articolo 73 TU proposto dalla Commissione prevedeva, tuttavia, per la «lieve entità», la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni e della multa da euro 3.000 a euro 26.000).
  L'esperienza giudiziaria ha, infatti, dimostrato come la comparazione dell'attenuante della lieve entità con le aggravanti contestate (tra cui ricorrente, in tale tipo di reato, è la recidiva) porta, in caso di equivalenza, a risultati sanzionatori ingiustificatamente pesanti ovvero alla non infrequente contestazione all'autore dell'illecito della pena base di cui all'articolo 73 ovvero la reclusione da 6 a 20 anni e la multa da 26.000 a 260.000 euro.
  Come riportato nella relazione illustrativa del decreto-legge, la modifica introdotta dall'articolo 2 potrebbe avere un impatto notevole ai fini della riduzione degli ingressi in carcere considerando che «al 26 luglio 2013 su 23.683 detenuti imputati ben 8.486 erano ristretti per violazione della legge stupefacenti e che, Pag. 8su 40.024 detenuti condannati, ben 14.970 stavano scontando pene inflitte per lo stesso tipo di reati».
  Va, tuttavia, segnalato come il mantenimento del limite edittale di 5 anni di pena consenta tuttora l'applicazione di misure cautelari.
  Ricorda che è attualmente all'esame della Commissione Giustizia la proposta di legge C. 1203 (Farina) che interviene sul Testo Unico sugli stupefacenti attenuando le sanzioni introdotte dalla legge «Fini-Giovanardi» prevedendo anche l'introduzione dell'illecito di lieve entità come reato autonomo, con la conseguente abrogazione dell'analoga circostanza attenuante; le pene previste sono ulteriormente ridotte se riguardano la cannabis indica.
  L'articolo 2 del decreto-legge prevede una ulteriore modifica al TU stupefacenti finalizzata alla riduzione sia del flusso in ingresso che di quello in uscita dal circuito penitenziario. La norma interviene sulla disciplina dell'affidamento terapeutico al servizio sociale di tossicodipendenti ed alcooldipendenti di cui all'articolo 94 del TU stupefacenti (cd. affidamento in prova in casi particolari).
  Il comma 1, lettera b), dell'articolo 2 abroga il comma 5 dell'articolo 94 TU stupefacenti secondo il quale l'affidamento terapeutico al servizio sociale non può essere disposto più di due volte.
  Le motivazioni alla base dell'intervento risiedono nella particolare condizione di tali soggetti che lo stato di tossicodipendenza espone al rischio di frequenti recidive nel reato. La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del decreto-legge, sulla base dei dati di esperienza, ritiene «più opportuno non escludere del tutto la possibilità di ulteriore accessi a misure di recupero extramurarie dalla forte valenza sul piano socio-sanitario».
  Alla data del 31 ottobre 2013, risultavano in affidamento terapeutico ex articolo 94, decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 un totale di 2.858 condannati tossico/alcool dipendenti. Di questi, 964 provenienti dallo stato di libertà e 1.894 provenienti da detenzione (carcere, arresti domiciliari o detenzione domiciliare).
  La relazione illustrativa, in relazione al positivo effetto che può derivare dalla novella riferisce che – in base a dati ISTAT – gli ingressi in carcere di tossicodipendenti sono stati, nel 2011, pari a 22.432; i detenuti tossicodipendenti al 31 dicembre dello stesso anno sono risultati 16.364, pari al 24,5 per cento del totale (66.897).
  L'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e i), interessa complessivamente la tutela dei diritti dei detenuti in base all'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975): diritto di reclamo (articolo 35 dell'ordinamento penitenziario – o.p.), reclamo giurisdizionale (nuovo articolo 35-bis o.p.) e funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza (articolo 69 o.p.). Sulla tutela dei diritti dei detenuti interviene anche l'articolo 7 del decreto-legge, sul Garante nazionale dei detenuti (v. ultra).
  Le modificazioni recepiscono in gran parte indicazioni contenute nel documento conclusivo della Commissione di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, istituita presso il Ministero della Giustizia (Commissione Giostra).
  La modifica introdotta dalla lettera a) amplia l'elenco dei soggetti destinatari del diritto di reclamo da parte dei detenuti e degli internati. Si tratta del reclamo in via amministrativa e non davanti al giudice.
  Il previgente articolo 35 o.p. prevedeva che i detenuti e gli internati possono rivolgere istanze o reclami orali o scritti, anche in busta chiusa: 1) al direttore dell'istituto, nonché agli ispettori, al direttore generale per gli istituti di prevenzione e di pena e al Ministro per la grazia e giustizia; 2) al magistrato di sorveglianza; 3) alle autorità giudiziarie e sanitarie in visita all'istituto; 4) al presidente della Giunta regionale; 5) al Capo dello Stato.
  La modifica introduce la possibilità di indirizzare il reclamo anche al provveditore regionale, alle autorità giudiziarie e Pag. 9sanitarie in visita all'istituto ed al garante nazionale e ai garanti regionali o locali dei diritti dei detenuti.
  La lettera b) introduce l'articolo 35-bis dell'o.p., relativo al reclamo giurisdizionale.
  In particolare, si tratta del procedimento relativo al reclamo, che si tiene davanti al magistrato di sorveglianza, ai sensi dell'articolo 69, comma 6, o.p., come modificato dalla lettera i) (v. ultra). Si tratta del reclamo relativo all'esercizio del potere disciplinare e di quello relativo alle inosservanze dell'amministrazione penitenziaria da cui derivino un attuale e grave pregiudizio all'esercizio dei diritti.
  Il procedimento pare connotato da maggiori garanzie rispetto a quelle attualmente assicurate dal procedimento camerale applicato in base all'articolo 69 o.p..
  La lettera i) modifica due commi dell'articolo 69 o.p.
  La modificazione apportata al comma 5, con la soppressione delle parole «nel corso del trattamento», pare diretta a determinare una più ampia possibilità per il magistrato di sorveglianza di impartire disposizioni dirette a eliminare eventuali violazioni dei diritti dei condannati e degli internati. Non è più richiesto, infatti, che tali disposizioni debbano essere impartite nel corso del trattamento. Sul punto la relazione illustrativa non reca precisazioni.
  Il nuovo comma 6 dell'articolo 69 o.p. stabilisce che il magistrato di sorveglianza provvede a norma del nuovo articolo 35-bis dell'ordinamento penitenziario – e non più dell'articolo 14-ter – sui reclami dei detenuti e degli internati.
  Il richiamo all'articolo 35-bis – anziché all'articolo 14-ter o.p. – introduce maggiori garanzie procedurali a tutela dei detenuti.
  L'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed e), del decreto-legge, novella l'Ordinamento penitenziario (legge 354 del 1975) per quanto concerna la disciplina dell'affidamento in prova al servizio sociale.
  La lettera c) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge introduce un nuovo comma 3-bis nell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario. La modifica consente l'affidamento in prova al servizio sociale: al condannato che deve espiare una pena, anche residua, non superiore a quattro anni; quando abbia serbato un comportamento tale da consentire il giudizio sulla rieducazione del reo e sulla prevenzione del pericolo di commissione di altri reati; quando tale comportamento sia stato serbato quantomeno nell'anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà; il periodo minimo di un anno di osservazione costituisce pertanto un elemento di aggravio rispetto all'ipotesi ordinaria di affidamento in prova per pena detentiva non superiore a tre anni.
  La lettera d) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge sostituisce poi il comma dell'articolo 47 dell'ordinamento penitenziario, rafforzando i poteri del magistrato di sorveglianza di applicare la misura in via di urgenza, sulla falsariga dell'affidamento c.d. terapeutico, previsto dall'articolo 94 del testo unico sulle tossicodipendenze.
  Viene pertanto previsto che:
   l'istanza di affidamento in prova deve essere proposta, dopo che ha avuto inizio l'esecuzione della pena, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo dell'esecuzione (e non, come in precedenza, al magistrato di sorveglianza);
   l'istanza può essere proposta al magistrato di sorveglianza competente quando sussiste un grave pregiudizio;
   il magistrato di sorveglianza – in presenza dei prescritti requisiti – dispone con ordinanza la liberazione del condannato e l'applicazione provvisoria dell'affidamento in prova;
   l'ordinanza conserva efficacia fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, che decide entro sessanta giorni (in luogo di quarantacinque).

  È inoltre soppressa la disposizione in base a cui, se l'istanza non è accolta, non può essere accordata altra sospensione, Pag. 10quale che sia l'istanza successivamente proposta.
  Le lettere f) e h) riguardano entrambe il tema dei controlli elettronici a distanza (c.d. braccialetto elettronico) da eseguire su soggetti in detenzione domiciliare. Si ricorda che il medesimo oggetto è trattato anche dall'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto legge, al cui contenuto si rinvia per quanto riguarda le considerazioni generali sul numero dei dispositivi elettronici oggi disponibili e relativi oneri.
  In particolare, la lettera f) novella l'articolo 47-ter dell'ordinamento penitenziario, in tema di detenzione domiciliare, abrogando il comma 4-bis, in base al quale «Nel disporre la detenzione domiciliare il tribunale di sorveglianza, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte delle autorità preposte al controllo, può prevedere modalità di verifica per l'osservanza delle prescrizioni imposte anche mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 275-bis del codice di procedura penale».
  L'abrogazione non rappresenta una rinuncia ai controlli elettronici a distanza in quanto il Governo dedica a questa modalità di controllo un'apposita nuova disposizione dell'ordinamento penitenziario, inserita dalla lettera h): articolo 58-quater, Particolari modalità di controllo nell'esecuzione della detenzione domiciliare.
  La nuova disposizione, nel riprodurre sostanzialmente i contenuti di quella abrogata (in particolare resta immutato il carattere eventuale dell'impiego degli strumenti elettronici) introduce peraltro le seguenti novità:
   la collocazione della disposizione al di fuori dell'articolo 47-ter, potrebbe renderla applicabile anche alla detenzione domiciliare speciale di cui all'articolo 47-quinquies;
   l'impiego delle particolari modalità di controllo può essere deciso anche se la misura è già in corso di esecuzione (da qui il necessario richiamo oltre che al tribunale anche al magistrato di sorveglianza), non solo in sede di decisione circa la concessione della stessa.

  Anche questa nuova disposizione – al pari della novella all'articolo 275-bis c.p.p. – non produce ancora effetti. Il comma 2 dell'articolo 3 del decreto-legge differisce infatti l'efficacia di questa previsione all'entrata in vigore della legge di conversione. Si segnala, invece, che l'abrogazione del comma 4-bis dell'articolo 47-ter O.P. è già efficace.
  La lettera g) del comma 1 dell'articolo 3 del decreto-legge sostituisce l'articolo 51-bis dell'ordinamento penitenziario, relativo alla sopravvenienza di nuovi titoli di privazione della libertà.
  È così modificato il procedimento relativo alla prosecuzione delle misure alternative: nei casi in cui sopravvenga un nuovo titolo detentivo il relativo provvedimento è assunto dal magistrato di sorveglianza, senza che si renda necessaria una decisione da parte del tribunale.
  Si tratta in particolare del caso in cui durante l'attuazione dell'affidamento in prova al servizio sociale o della detenzione domiciliare o della detenzione domiciliare speciale o del regime di semilibertà sopravvenga un titolo di esecuzione di altra pena detentiva. È ora previsto che spetti al pubblico ministero – e non più al direttore dell'istituto penitenziario o del centro di servizio sociale – informare il magistrato di sorveglianza, formulando insieme le proprie richieste.
  Il magistrato di sorveglianza deve verificare se, a seguito del cumulo delle pene, permangano le condizioni rispettivamente previste: per l'affidamento in prova al servizio sociale per pena detentiva inflitta inferiore a tre anni; per la detenzione domiciliare non superiore a quattro anni, anche se costituente parte residua di maggior pena, per alcune categorie indicate dall'articolo 47-ter, commi 1, o.p.; per la detenzione domiciliare applicata per l'espiazione della pena detentiva inflitta in misura non superiore a due anni, anche se costituente parte residua di maggior pena; per la detenzione domiciliare speciale delle condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci; per l'ammissione alla semilibertà prevista dai primi tre commi dell'articolo 50 o.p.Pag. 11
  In caso di esito positivo, il magistrato di sorveglianza dispone con ordinanza la prosecuzione della misura in corso, altrimenti ne dispone la cessazione.
  È soppresso pertanto l'obbligo per il magistrato di sorveglianza di trasmettere gli atti al tribunale di sorveglianza.
  È introdotto in fine un nuovo comma in base a cui è ammesso reclamo avverso l'ordinanza del magistrato di sorveglianza, secondo il procedimento per la liberazione anticipata (articolo 69-bis o.p.). In particolare, tale procedimento prevede la possibilità del reclamo al tribunale di sorveglianza.
  L'articolo 4 – con una misura temporanea destinata a incidere sui flussi in uscita dal carcere – prevede l'estensione da 45 a 75 giorni della liberazione anticipata di cui all'articolo 54 dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975).
  L'articolo 4 stabilisce che, per il periodo che va dal 1o gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 (ovvero fino ai due anni successivi all'entrata in vigore del decreto-legge), ogni detenuto potrà beneficiare di uno sconto di 75 giorni di pena per ogni semestre già espiato.
  L'ulteriore sconto di 30 giorni per i condannati che abbiano dal 1o gennaio 2010 già usufruito del beneficio nella misura ordinaria è riconosciuto non ex lege, bensì a seguito di valutazione sulla «meritevolezza» dell'ulteriore beneficio (comma 2).
  Stante la competenza sul beneficio di cui all'articolo 54 O.P., anche la valutazione per l'applicazione della liberazione anticipata speciale di cui all'articolo 4 (nel silenzio della norma) appare attratta alla competenza del magistrato di sorveglianza.
  Il comma 3 precisa poi che la detrazione ulteriore per i condannati che abbiano dal 1o gennaio 2010 usufruito del beneficio nella misura ordinaria si applica anche ai semestri di pena in corso di espiazione al 1o gennaio 2010.
  In base al comma 4, la liberazione anticipata speciale si applicherà per tutti i reati anche se, per quelli di particolare allarme sociale di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, sarà necessaria una motivazione rafforzata.
  La formulazione del comma 4 pare richiedere a tali condannati un quid pluris rispetto alla ordinaria «prova di partecipazione all'opera di rieducazione» richiesta dall'articolo 54 per la liberazione anticipata.
  Il beneficio sarà, infatti, loro concedibile sono se «abbiano dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità».
  A differenza della liberazione anticipata ordinaria, la liberazione anticipata «speciale» non è applicabile in relazione ai periodi in cui il condannato è ammesso all'affidamento in prova e alla detenzione domiciliare.
  Si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge che «al fine di aumentare l'impatto deflattivo si è stabilito che il periodo valutabile ai fini della maggiore riduzione decorra dal 1 gennaio 2010» e che «è ragionevole prevedere che nell'immediato, sempre che vi sia una valutazione favorevole dell'autorità competente, i detenuti rimessi in libertà possano raggiungere il numero di circa 1.700».
  Nella relazione si legge che è stato individuato il termine di efficacia nel 1 gennaio 2010, in quanto si tratterebbe della data in cui si è determinata la situazione di emergenza detentiva.
  L'articolo 5 novella la legge n. 199 del 2010, sull'esecuzione presso il domicilio delle pene detentive non superiori a diciotto mesi, stabilizzando la misura che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se costituente parte residua di maggior pena. Senza l'intervento del decreto-legge, tale misura non sarebbe stata più applicabile a decorrere dal 1o gennaio 2014.
  Il decreto-legge elimina l'incipit dell'articolo 1 della legge 199, sul carattere temporaneo del beneficio, attribuendogli così carattere permanente.Pag. 12
  Come risulta dalle statistiche fornite dal Ministero della giustizia, al 30 novembre 2013 in applicazione della legge n. 199 del 2010 sono uscite dal carcere 12.741 persone.
  L'istituto che viene stabilizzato presenta le seguenti caratteristiche, disciplinate dall'articolo 1 della legge del 2010.
  Anzitutto, la decisione sull'esecuzione domiciliare della pena detentiva è attribuita alla competenza del magistrato di sorveglianza; il rinvio al procedimento in materia di liberazione anticipata di cui all'articolo 69-bis dell'ordinamento penitenziario (insieme con la riduzione del termine per decidere da 15 a 5 giorni) prefigura un iter dell'istanza particolarmente snello (articolo 1, comma 5, legge n. 199 del 2010).
  In base all'articolo 1, comma 2, della legge n. 199 del 2010 l'istituto non è applicabile:
   in relazione alla commissione dei delitti di particolare allarme sociale previsti dall'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) ovvero: riduzione in schiavitù, induzione alla prostituzione minorile, pornografia minorile, tratta di persone, violenza sessuale di gruppo, sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga o al contrabbando di tabacchi lavorati esteri;
   ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza,
   ai soggetti sottoposti al regime di sorveglianza particolare in carcere, ai sensi dell'articolo 14-bis dell'ordinamento penitenziario (salvo che sia stato accolto dal tribunale di sorveglianza il reclamo di cui all'articolo 14-ter avverso il provvedimento che lo dispone o lo proroga);
   se vi è la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga;
   se sussistano specifiche e motivate ragioni per ritenere che il condannato possa commettere altri delitti;
   l'insussistenza di un domicilio idoneo ed effettivo, anche in funzione delle esigenze di tutela della persona offesa dal reato.

  Per quanto riguarda la procedura per l'applicazione del beneficio (commi 3 e 4 dell'articolo 1):
   se il condannato non è ancora detenuto (si è, quindi, nella fase di esecuzione della pena detentiva ai sensi dell'articolo 656, comma 1, c.p.p.) il pubblico ministero – ricorrendo il presupposto di una pena detentiva da eseguire non superiore a 18 mesi – deve sospendere l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmettere senza ritardo gli atti al magistrato di sorveglianza affinché quest'ultimo disponga che la pena sia eseguita presso il domicilio; la disposizione non si applica se ricorrono le condizioni per la sospensione dell'esecuzione della pena ai sensi del comma 5 dell'articolo 656 c.p.p. o le cause ostative alla sospensione previste dal comma 9, lettera a), della medesima disposizione (condanna per i delitti di cui all'articolo 4-bis dell'ordinamento penitenziario, per i reati di incendio boschivo e furto aggravato, furto in abitazione e furto con strappo e delitti e delitti per i quali sussiste l'aggravante della clandestinità).
   se, invece, il condannato è già detenuto spetta alla direzione dell'istituto penitenziario trasmettere al magistrato di sorveglianza una relazione sulla condotta tenuta dal detenuto; il nuovo istituto non si applica nel caso previsto dall'articolo 656, comma 9, lettera b), c.p.p. (soggetti che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva).

  In caso di condannato tossicodipendente o alcoldipendente sottoposto o che intenda sottoporsi ad un programma di recupero, la pena può essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del T.U. stupefacenti.
  L'articolo 2 della legge n. 199 del 2010 inasprisce il regime sanzionatorio per la fattispecie semplice e per quelle aggravate Pag. 13di evasione; tale reato, in virtù del rinvio alla disciplina della detenzione domiciliare, è applicabile anche nel caso di allontanamento dall'abitazione o dal luogo presso il quale sia in atto l'esecuzione domiciliare della pena ai sensi del precedente articolo 1.
  L'articolo 6 novella l'articolo 16 del Testo Unico immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998), intervenendo in particolare sull'istituto dell'espulsione dello straniero a titolo di misura alternativa alla detenzione.
  Il decreto-legge modifica la disciplina dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, intervenendo sui commi 5 e 6 dell'articolo 16 e aggiungendovi i commi 5-bis e 5-ter.
  Rispetto al quadro normativo previgente, l'articolo 6 del decreto-legge conferma l'espulsione quando lo straniero detenuto debba scontare due anni di pena detentiva, anche residua, ma amplia il campo di possibile applicazione della misura. Infatti, in base al nuovo secondo periodo del comma 5 dell'articolo 16 del testo unico immigrazione, come sostituito dal decreto-legge:
   se la condanna è relativa a delitti previsti dal TU immigrazione, è consentita l'espulsione purché per tali delitti sia stabilita la pena detentiva superiore nel massimo a 2 anni (fino all'entrata in vigore del decreto-legge era comunque esclusa l'espulsione nel caso di condanna per i delitti previsti dal testo unico); sul punto la relazione illustrativa afferma che «si estende l'area applicativa della sanzione alternativa ai delitti meno gravi previsti dal TU immigrazione».

  E consentita l'espulsione anche se la condanna è relativa al delitto, consumato o tentato, di rapina aggravata (articolo 628, terzo comma c.p.) o di estorsione aggravata (articolo 629, secondo comma, c.p.).
  Sono questi, infatti, gli unici delitti compresi nell'articolo 407, comma 2, lettera a) per i quali il decreto-legge consente comunque l'espulsione. La relazione illustrativa afferma che attraverso questo ampliamento alla rapina e all'estorsione il numero dei detenuti stranieri espellibili aumenta di 1.300 unità.
  Il decreto-legge, nelle ipotesi di condanna per concorso di reati o di unificazione di pene concorrenti, se la condanna riguarda anche un delitto per il quale l'espulsione è esclusa, consente comunque questa misura quando la parte di pena relativa a tale delitto sia stata espiata.
  Sul punto la relazione illustrativa afferma che l'intento del legislatore è stato quello di «risolvere la questione, controversa nella concreta pratica applicativa, della possibilità di disporre l'espulsione, previo scioglimento del cumulo, nel caso in cui il titolo esecutivo ricomprenda uno o più reati ostativi. In tal caso, infatti, la prevalente giurisprudenza di legittimità accede alla soluzione negativa, ponendo una significativa limitazione alla possibilità di ricorrere allo strumento».
  Il nuovo comma 5-bis dell'articolo 16 del testo unico specifica la procedura da seguire per operare l'espulsione nei casi previsti dal comma 5, individuando le seguenti fasi:
   all'ingresso in carcere dello straniero la direzione dell'istituto deve richiedere al questore informazioni su identità e nazionalità del recluso;
   il questore avvia la procedura di identificazione attraverso le competenti autorità diplomatiche e «procede all'eventuale espulsione dei cittadini identificati». Per attuare questa disposizione il Ministro della giustizia e il Ministro dell'interno dovranno adottare i necessari strumenti di coordinamento.

  Il nuovo comma 5-ter prevede che le informazioni su identità e nazionalità del detenuto straniero siano inserite nel suo fascicolo personale conservato presso il carcere (cfr. articolo 26 del regolamento penitenziario).
  Infine, il decreto-legge sostituisce anche il comma 6 dell'articolo 16 del TU immigrazione, che disciplina la competenza a disporre l'espulsione.Pag. 14
  Rispetto alla formulazione previgente (misura ordinata dal magistrato di sorveglianza, possibile opposizione, con sospensione dell'esecuzione, presentata entro 10 giorni dallo straniero al tribunale di sorveglianza, che decide in 20 giorni), il decreto-legge:
   specifica che non si può procedere ad espulsione se non è stato possibile identificare lo straniero;
   sottolinea che spetta alla direzione dell'istituto penitenziario trasmettere gli atti necessari all'adozione del provvedimento di espulsione al magistrato di sorveglianza;
   conferma che il magistrato decide con decreto motivato, senza formalità;
   stabilisce che il decreto debba essere comunicato non solo allo straniero ma anche al suo difensore e al PM;
   prescrive al magistrato di nominare un difensore d'ufficio se lo straniero risulta sprovvisto di un difensore di fiducia;
   conferma il termine di 10 giorni per l'opposizione al tribunale di sorveglianza e i 20 giorni a disposizione del collegio per pronunciarsi.

  L'articolo 7 prevede l'istituzione, presso il Ministero della giustizia, del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
  Il Garante è costituito da un collegio di tre membri, di cui un Presidente, che restano in carica per cinque anni, non prorogabili.
  Per quanto riguarda i requisiti soggettivi, il comma 2 stabilisce che i componenti sono scelti tra persone, non dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che assicurano indipendenza e competenza nelle discipline afferenti la tutela dei diritti umani.
  La loro nomina ha luogo, previa delibera del Consiglio dei ministri, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sentite le competenti commissioni parlamentari.
  A garanzia della loro indipendenza, il comma 3 prevede che i componenti del Garante nazionale non possano assumere cariche istituzionali, anche elettive, ovvero incarichi di responsabilità in partiti politici.
  Sono previsti inoltre i casi di immediata sostituzione: dimissioni, morte, incompatibilità sopravvenuta, accertato impedimento fisico o psichico, grave violazione dei doveri inerenti all'ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna penale definitiva per delitto non colposo. Essi non hanno diritto ad indennità od emolumenti per l'attività prestata, fermo restando il diritto al rimborso delle spese.
  Il comma 4 riguarda l'organizzazione del Garante. Esso si avvale delle strutture e delle risorse messe a disposizione dal Ministro della giustizia e alle sua dipendenze è istituito un ufficio composto da personale dello stesso Ministero, scelto in funzione delle conoscenze acquisite negli ambiti di competenza del Garante.
  Sono poi rimesse a un successivo regolamento del Ministro della giustizia, da adottarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge, la struttura e la composizione dell'ufficio.
  Il comma 5 disciplina le funzioni del Garante nazionale, che si aggiungono a quella di promozione e collaborazione con i garanti territoriali o con altre figure istituzionali comunque denominate competenti nelle stesse materie.
  Le funzioni del Garante nazionale – analiticamente individuate dall'articolo 7 – possono essere così sintetizzate:
   a) vigilanza sulla conformità di ogni forma di limitazione della libertà personale a norme e principi costituzionali, convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, disposizioni legislative e regolamentari,;
   b) visita, senza necessità di autorizzazione, agli istituti penitenziari e a ogni altra struttura restrittiva o limitativa della libertà personale, anche minorile, oltre che, previo avviso e senza che da ciò possa derivare danno per le attività investigative in corso, alle camere di sicurezza delle Forze di polizia, con accesso, senza restrizioni, Pag. 15a qualunque locale adibito o comunque funzionale alle esigenze restrittive;
   c) presa visione, previo consenso anche verbale dell'interessato, degli atti contenuti nel fascicolo della persona detenuta o privata della libertà personale e comunque degli atti riferibili alle condizioni di detenzione o di privazione della libertà;
   d) richiesta alle amministrazioni responsabili delle strutture delle informazioni e dei documenti necessari; nel caso in cui l'amministrazione non fornisca risposta nel termine di trenta giorni, il Garante informa il magistrato di sorveglianza competente e può richiedere l'emissione di un ordine di esibizione;
   e) verifica del rispetto degli adempimenti connessi ai diritti previsti agli articoli 20 (trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione), 21 (modalità del trattamento), 22 (funzionamento dei centri) e 23 (attività di prima assistenza e soccorso) del regolamento di attuazione del testo unico sull'immigrazione, presso i centri di identificazione e di espulsione previsti dall'articolo 14 del testo unico, con accesso senza restrizione alcuna in qualunque locale;
   f) formulazione di specifiche raccomandazioni all'amministrazione interessata, in caso di accertamento di violazioni alle norme dell'ordinamento ovvero la fondatezza delle istanze e dei reclami proposti ai sensi dell'articolo 35 dell'ordinamento penitenziario. L'amministrazione interessata, in caso di diniego, comunica il dissenso motivato nel termine di trenta giorni;
   g) trasmissione annuale di una relazione sull'attività svolta, ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, nonché al Ministro dell'interno e al Ministro della giustizia.

  L'articolo 8 del decreto intende rimediare al ritardo nell'adozione dei regolamenti attuativi previsti dalle leggi 381/1991 e 193/2000 che, recentemente novellati dal DL 78/2013 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), prevedono specifici benefici fiscali e contributivi per le imprese che assumono detenuti.
  Si ricorda, infatti, che, con la finalità di sostenere il reinserimento lavorativo dei detenuti, il decreto-legge 78/2013 (articolo 3-bis) è intervenuto sulla legge 193/2000 (cd. legge Smuraglia) e sulla legge 381/1991 sulle coop. sociali.
  IL DL 78/2013 ha, anzitutto, riformulato l'articolo 3 della legge n. 193 del 2000, Norme per favorire l'attività lavorativa dei detenuti, che concede un credito d'imposta alle imprese che assumono detenuti.
  L'articolo 4 della legge 193 ha previsto che le modalità ed entità delle agevolazioni e degli sgravi di cui all'articolo 3 fossero determinate da un decreto del Ministro della giustizia – da emanare entro il 31 maggio di ogni anno – di concerto con il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro delle finanze. L'entità dei benefici è comunque determinata nei limiti delle risorse finanziarie di cui all'articolo 6 (dal 2014, 14,5 mln di euro all'anno).
  L'ulteriore intervento del DL 78 ha riguardato l'articolo 4, comma 3-bis, della legge n. 381 del 1991 relativo a sgravi contributivi per l'inserimento lavorativo di persone svantaggiate (tra cui i detenuti) impiegate in cooperative sociali.
  L'articolo 8 in esame, in riferimento all'anno 2013, differisce per un periodo massimo di sei mesi (decorrenti dal 24 dicembre 2013, data di entrata in vigore del decreto-legge) il termine per l'adozione dei regolamenti interministeriali di attuazione relativi alle misure di favore per imprese e cooperative sociali che assumono detenuti e internati. La proroga, come recita la relazione di accompagnamento al decreto, mira a «scongiurare il rischio che costoro, in ragione del ritardo nell'adozione del regolamento, si vedano privati della possibilità di usufruire di detti benefici».
  L'articolo 8 reca, poi, una norma di interpretazione autentica dell'articolo 3 Pag. 16della legge 193/2000 che chiarisce che l'ammontare massimo dei crediti d'imposta concessi alle imprese che assumono detenuti ha riguardo a tutti i mesi dell'anno solare 2013 e non solo a quelli successivi al 20 agosto 2013, data di entrata in vigore della legge di conversione (legge n. 94 del 2013) che ha introdotto la novella all'articolo 3 della stessa legge 193.
  L'articolo 9 prevede che l'attuazione del decreto-legge deve avvenire con l'utilizzo delle risorse disponibili a legislazione vigente, ovvero senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
  L'articolo 10 dispone in ordine all'entrata in vigore del decreto-legge, che viene collegata alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del testo del provvedimento d'urgenza.
  Si ricorda peraltro che tanto l'articolo 1 quanto l'articolo 3 del decreto-legge posticipano all'entrata in vigore della legge di conversione l'efficacia delle novelle sul procedimento di controllo a distanza (c.d. braccialetto elettronico) negli arresti domiciliari e nella detenzione domiciliare.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI chiarisce come il decreto legge in esame preveda una serie di misure in materia di diritti dei detenuti e di riduzione della popolazione carceraria volte a consentire all'Italia di ottemperare a quanto previsto dalla sentenza Torregiani entro il mese di maggio 2014, fissato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per l'adozione dei necessari interventi. Si sofferma, in particolare, sulle misure volte a restituire una maggiore dignità al detenuto, con particolare riferimento all'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale. Dopo avere precisato come gran parte della popolazione carceraria sia rappresentata da tossicodipendenti e stranieri, illustra le misure le misure che si riferiscono specificamente a queste due categorie di soggetti: la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti, al fine di produrre l'effetto di riduzione della pena per le fattispecie di minore gravità; l'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione, prevista dal testo unico immigrazione, insieme con uno snellimento delle procedure di identificazione.
  Osserva, quindi, anche alla luce di critiche già mosse da parte di alcuni gruppi politici, come l'introduzione della liberazione anticipata speciale, che porta da 45 a 75 giorni per semestre – per il periodo dal 1o gennaio 2010 al 24 dicembre 2015 – la detrazione di pena già prevista per la liberazione anticipata ordinaria, non possa essere assolutamente qualificata come «indulto mascherato», considerato che non è previsto alcun automatismo applicativo dovendosi invece procedere ad una valutazione del giudice caso per caso.

  Andrea COLLETTI (M5S) ritiene che, invece, la liberazione anticipata speciale di cui all'articolo 4 costituisca, di fatto, una vera e propria forma di indulto che può comportare, addirittura, uno sconto del 40 percento della pena, anche a vantaggio di soggetti condannati per delitti di grave allarme sociale. Si dichiara, quindi, fortemente contrario ad una simile misura, che trascura ogni forma di ragionevole bilanciamento tra l'interesse alla libertà individuale e gli interessi delle persone offese e della sicurezza dei cittadini.
  Contesta, quindi, in modo radicale le scelte di una politica che, per risolvere un problema annoso come quello delle carceri, da un lato, lucra sugli appalti, attribuendo una delega in bianco ad un Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie che può agire liberamente e senza adeguata trasparenza, anche tramite la segretazione delle procedure di affidamento, e, dall'altro, garantisce più i delinquenti delle persone offese.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI chiarisce come, per quanto la questione carceraria sia annosa, ora ci si trovi di fronte ad una scadenza ben determinata, che è il mese di maggio 2014.
  Considera, inoltre, del tutto infondate le affermazioni del deputato Colletti, in Pag. 17particolare quelle che si riferiscono all'attività del Commissario straordinario per le infrastrutture carcerarie, che viene svolta nel pieno rispetto delle regole ed in modo assolutamente trasparente. Ritiene, quindi, che sarebbe opportuno informarsi ed acquisire adeguata documentazione prima di lasciarsi andare ad affermazioni scorrette e offensive, di fronte alle quali si potrebbe anche valutare la sussistenza dei presupposti per sporgere una querela. Ribadisce, infine, come vi sia una differenza enorme tra l'indulto e la fattispecie disciplinata dall'articolo 4 del provvedimento in esame.

  Stefano DAMBRUOSO (SCpI) chiede chiarimenti in merito all'efficacia ed effettiva applicabilità delle norme relative all'estensione dell'ambito applicativo dell'espulsione come misura alternativa alla detenzione e allo snellimento delle procedure di identificazione.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI osserva come l'efficacia dei procedimenti di espulsione si basi sulla certezza del riconoscimento e quindi sull'accertamento della genuinità del documento di identità, in assenza del quale il paese di origine non è disposto a ricevere il soggetto che si vorrebbe espellere. Fa, quindi, presente come con il decreto in esame si intendano estendere all'intero territorio nazionale delle procedure sperimentate con successo a Milano. Puntualizza come sia di fondamentale importanza un'attiva collaborazione dei consolati e quali siano le difficoltà di stipulare accordi internazionali bilaterali in materia, anche se sembra che le trattative in corso con il Marocco e l'Albania possano essere fruttuose. Precisa, infine, come su questa specifica materia il Ministro dell'interno potrà fornire delle indicazioni più esaustive.

  Nicola MOLTENI (LNA) preannuncia una durissima opposizione da parte del proprio gruppo sul provvedimento in esame, che contiene l'ennesima inaccettabile forma di indulto mascherato. Ritiene necessario che la Commissione senta il Ministro Alfano e il Capo della Polizia, soprattutto per fare chiarezza sulla questione dei braccialetti elettronici, il cui costo appare assolutamente esorbitante e ingiustificato.
  Sul tema dell'immigrazione e dei detenuti stranieri, ricorda come il suo gruppo abbia sempre sostenuto che questi ultimi debbano scontare la pena nei paesi d'origine e ritiene che l'unico scopo delle disposizioni in materia previste nel provvedimento sia quello di abolire i Centri di identificazione ed espulsione. Inoltre, ritiene impossibile che le espulsioni siano rese più rapide dal momento che sono stati sottratti ben 90 milioni dal fondo relativo ai rimpatri: mancando le risorse, quindi, non vi è procedure che possa garantire il risultato sperato.
  Contesta, inoltre, l'applicazione a regime della disposizione che consente di scontare presso il domicilio la pena detentiva non superiore a 18 mesi, anche se parte residua di maggior pena. Ricorda, infatti, come questa disposizione avesse un carattere provvisorio e dovesse produrre la propria efficacia fino all'attuazione del «Piano carceri», che invece è fermo, nonostante l'edilizia carceraria sia da ritenersi lo strumento principale per la soluzione del sovraffollamento carcerario.
  Non condivide la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto di detenzione e cessione illecita di stupefacenti, né l'istituto della liberazione anticipata speciale, che costituisce un vero e proprio indulto mascherato.
  Si domanda come sia possibile che il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale possa diventare effettivamente operativo, posto che la sua istituzione ed il suo funzionamento sono previsti «senza oneri aggiuntivi».
  Ritiene, in conclusione, che si tratti di un provvedimento assolutamente inadeguato alla soluzione del sovraffollamento carcerario, che non interviene neanche su un tema importante come quello delle misure cautelari ovvero dell'omicidio stradale, e che trasmette ai cittadini un messaggio estremamente pericoloso, in base al Pag. 18quale si attribuiscono benefici e sconti di pena ai detenuti senza tenere in adeguata considerazione i diritti della persona offesa e le esigenze di sicurezza. Altrettanto inappropriato ritiene in ricorso alla decretazione d'urgenza.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI chiarisce come l'esistenza dei CIE non sia posta affatto in discussione dal provvedimento in esame.
  Quanto alla necessità di far scontare la pena ai detenuti stranieri nei paesi di origine, ribadisce la difficoltà di stipulare appositi accordi internazionali bilaterali e sottolinea come tali accordi abbiano anche dei costi non trascurabili, posto che questi paesi chiedono una contropartita economica per trattenere i detenuti nelle proprie carceri. Ribadisce altresì come il problema dell'efficacia dell'espulsione sia legato all'accertamento dell'identità del soggetto e non sia, quindi, un problema di fondi.
  In ordine al Garante nazionale, precisa che questo sarà istituito presso il Ministero della giustizia e potrà operare in quest'ambito senza oneri aggiuntivi.
  Chiarisce inoltre come l'urgenza di provvedere e, quindi, il ricorso alla decretazione d'urgenza, sia pienamente giustificato, tra l'altro, dal termine fissato nella sentenza Torregiani.
  Ricorda come l'istituto della liberazione anticipata sia applicato sin dal 1975 e si domanda per quale motivo oggi, improvvisamente, tale istituto venga così aspramente contestato.
  Precisa come non sia affatto vero che il «Piano carceri» sia fermo, dal momento che è in corso una intensa attività di costruzione di nuove carceri e di ristrutturazione di quelle esistenti, anche se questo richiede ovviamente del tempo.
  Quanto al tema della riforma delle misure cautelari, ritiene che sarebbe stata una mancanza di rispetto nel confronti del Parlamento inserire la relativa disciplina del decreto in questione, posto che proprio domani l'Assemblea della Camera inizierà l'esame degli emendamenti di un provvedimento in materia di iniziativa parlamentare.
  Fa presente, inoltre, che il Governo sta studiando delle misure efficaci in materia di omicidio stradale.

  Alessandro PAGANO (NCD) pur dichiarandosi un convinto sostenitore del Governo in carica, ritiene che il contenuto del decreto richieda, in alcune sua parti, di essere meglio chiarito e specificato, anche per evitare che vi sia una diminuzione della sicurezza percepita dai cittadini.
  Dopo avere precisato che i suoi rilievi devono essere intesi come delle critiche costruttive, volte ad aprire un dibattito, osserva come alla base del problema del sovraffollamento carcerario vi siano almeno tre tematiche essenziali: quella dell'uso eccessivo della custodia cautelare, quella dei detenuti stranieri e quella della ridotta disponibilità di istituti penitenziari.
  Sottolinea come in ordine a ciascuno di questi temi vi siano delle iniziative che potrebbero essere adottate dal Governo: quanto all'uso eccessivo della custodia cautelare, un uso più accorto del potere di promuovere l'azione disciplinare; quanto ai detenuti stranieri, un maggiore impegno affinché questi espiino la pena nel paese d'origine; quanto all'edilizia carceraria, un nuovo impulso all'attuazione del Piano carceri che, nonostante la nomina del Commissario straordinario del Governo, appare fermo. Vi è, inoltre, la questione, non meno importante, del blocco del turn over del personale di polizia penitenziaria, al quale occorre in qualche modo ovviare.
  Osserva come il provvedimento in esame non abbia alcuna attinenza con le tematiche illustrate.
  Rileva, piuttosto, come l'introduzione della liberazione anticipata speciale ponga dei seri dubbi di conformità alla Costituzione e possa consentire, in pratica, unitamente ad altri benefici previsti dalla legge, ad un soggetto condannato a venti anni di reclusione di essere rimesso in libertà dopo cinque o sei anni. Inoltre, la trasformazione in autonoma fattispecie di reato della circostanza attenuante del delitto Pag. 19di detenzione e cessione illecita di stupefacenti costituisce, un vero e proprio «sabotaggio» della disciplina penalistica in materia, consentendo agli spacciatori, almeno quelli piccoli e medi, di non andare in carcere.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI ribadisce che il Governo ha ritenuto di non intervenire in materia di custodia cautelare per una questione di rispetto nei confronti del Parlamento, posto che domani inizierà presso l'Assemblea della Camera la discussione di un testo di iniziativa parlamentare licenziato da questa Commissione.
  Sul tema degli stranieri, ricorda come fare scontare la pena nei paesi d'origine richieda degli accordi internazionali, molto difficili da stipulare e comunque comporti dei costi anche piuttosto elevati. Si è ritenuto, quindi, di facilitare le espulsioni attraverso una semplificazione delle procedure di identificazione.
  Fa presente come non sia assolutamente vero che l'esecuzione del «Piano carceri» sia ferma e come, al contrario, si stia facendo moltissimo in tema di edilizia carceraria, nonostante una riduzione del relativo stanziamento. Quanto all'assunzione di nuovo personale di polizia penitenziaria, sottolinea le difficoltà derivanti dalla carenza di fondi.
  Chiarisce come le ulteriori misure contenute nel decreto legge, compresa l'introduzione della liberazione anticipata speciale, siano sembrate le più opportune per ottemperare agli obblighi previsti dalla sentenza Torregiani, nel pieno rispetto della Costituzione e senza volere in alcun modo diminuire l'efficacia del testo unico sugli stupefacenti. D'altra parte i piccoli spacciatori saranno affidati ai centri di recupero, non certo lasciati per strada, con un intervento volto a ridurre l'altissimo tasso di recidiva che caratterizza i reati in questione.

  Daniele FARINA (SEL) preliminarmente osserva come il tasso di recidiva della Commissione sia estremamente elevato, considerato che ogni volta che si affronta il tema delle carceri si assiste sempre allo stesso dibattito che vede contrapporsi due schieramenti: quello di chi ritiene l'intervento normativo eccessivamente marcato relativamente all'effetto deflativo del sovraffollamento delle carceri e quello di chi, come lui, ritiene le novità troppo tenui. Inoltre, anche in questa occasione alcune parti politiche si ostinano a riportare le disposizioni in esame ad istituti giuridici, quale ad esempio l'indulto, che in realtà non sono assolutamente pertinenti all'oggetto del provvedimento. In maniera del tutto errata anche oggi si continua a parlare di indulto mascherato in relazione ad una ipotesi speciale di liberazione anticipata, che dichiara di condividere anche se diversa da quella prospettata nella proposta di legge n. 1285 presentata dal suo gruppo.
  Per quanto attiene alla trasformazione del piccolo spaccio in reato autonomo, ritiene eccessiva la pena edittale massima fissata in cinque anni, quando invece altre proposte di legge all'esame del Parlamento, come ad esempio la proposta di legge C. 631 Ferranti nel suo testo originario fissava tale tetto in tre anni. Se proprio non si ritiene di poter scendere sotto la soglia dei cinque anni sarebbe quanto meno opportuno distinguere le sostanze più pericolose da quelle meno pericolose. Rimanendo in tema di modifica della normativa Fini-Giovanardi, dichiara di guardare con favore l'apertura da parte della Lega in Lombardia.

  Vittorio FERRARESI (M5S) rileva come in avvio della legislatura il Ministro della Giustizia sia stato uno dei pochi ministri nei confronti dei quali il Movimento 5 Stelle serbava della fiducia, che poi nei fatti si è dimostrata malposta, come peraltro dimostra il decreto in esame il quale risulta essere viziato da evidenti illegittimità costituzionali.
  Osserva come il Governo continui ad emanare decreti-legge, quando invece sarebbe stato opportuno far approvare i testi approvati da questa Commissione ovvero dalla Camera dei deputati, superando, per quanto attiene a questi ultimi, l'impasse Pag. 20del Senato. Ritiene che sia estremamente grave che il Parlamento sia stato ridotto ad un luogo di mera ratifica dei decreti legge, quando invece si potrebbero approvare provvedimenti di iniziativa parlamentare, che, indipendentemente dalla condivisibilità del merito, risultano essere il risultato di un confronto parlamentare.
  Evidenzia poi come sia del tutto incongruo continuare ad emanare decreti-legge a costo zero, quando invece le modifiche apportate alla legislazione vigente richiederebbero importanti destinazioni di risorse finanziarie. A tale proposito evidenzia come proprio la mancata previsione di nuove risorse economiche ed umane (educatori, assistenti sociali, psicologi, polizia penitenziaria) trasformi di fatto in norme di applicazione automatica quelle relative alla liberazione anticipata speciale. La mancanza di mezzi, infatti, rende di fatto impraticabile qualsiasi valutazione da parte del giudice in relazione alla meritevolezza della concessione del beneficio penitenziario in questione.
  Piuttosto che continuare ad intervenire con decreti-legge volti a modificare l'ordinamento penitenziario, sarebbe più opportuno modificare il processo penale per accelerarlo in modo tale da rendere anche meno pressante l'esigenza di modificare la normativa sulla custodia cautelare in carcere per ridurre il numero dei detenuti in attesa di una sentenza definitiva. Ulteriori interventi normativi potrebbero essere volti a rendere maggiormente efficace la normativa anticorruzione ovvero ad attuare la direttiva a favore delle persone vittime di reato.
  Ritiene inoltre che debba essere esaminata attentamente la disposizione sui controlli elettronici, vista la pessima esperienza fatta finora e la circostanza che il nuovo contratto con la Telecom sia attualmente oggetto di un procedimento giudiziario di natura amministrativa.
  Dopo aver sottolineato la contrarietà del suo gruppo al decreto-legge in esame, che pare essere una vera e propria presa in giro dei detenuti, delle loro famiglie ed anche delle vittime dei reati, preannuncia che al termine della seduta consegnerà al Ministro una lettera di detenuti del carcere di Padova, nella quale viene evidenziato come costoro in questi giorni stiano gelando al freddo per la mancanza di un adeguato riscaldamento delle celle.

  Anna ROSSOMANDO (PD) dichiara di condividere il decreto legge in esame, anche se questo merita alcuni approfondimenti che, comunque, dovranno tener conto del lavoro già svolto dalla Commissione in relazione ad altri provvedimenti in materia penitenziaria. Ricorda, inoltre, che la Camera dei deputati e la Commissione giustizia, relativamente alle misure cautelari, hanno già approvato dei provvedimenti che contengono interventi strutturali, volti anche a deflazionare il sovraffollamento carcerario. Per quanto in materia penitenziaria finora siano stati approvati definitivamente solo decreti legge, osserva come questi presentino lo stesso filo conduttore dei provvedimento legislativi di iniziativa parlamentare ai quali ha fatto riferimento. Tutti questi considerano il carcere come extrema ratio, privilegiano forme alternative al carcere e prevedono comunque un nuovo equilibrio tra libertà e sicurezza.

  Tancredi TURCO (M5S) chiede al Ministro se la conversione del decreto legge determinerà il venir meno di tutte quelle sanzioni pecuniarie che l'Italia dovrà pagare a seguito delle sentenze di condanna della Corte europea dei diritti dell'uomo.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) si rivolge al Ministro sottolineando come non condivida assolutamente l'atteggiamento di coloro che, di fronte a delle critiche, minacciano delle querele, ritenendo che in tal modo si possano limitare le critiche stesse.
  Ritiene che la normativa sulla liberazione anticipata speciale introduca di fatto un indulto mascherato, in quanto, sulla base dei presupposti già previsti dalla normativa vigente, si estende ulteriormente lo sconto di pena in maniera retroattiva, senza che di fatto ci possa essere un controllo di meritevolezza da parte del giudice, al quale in tal modo il Governo Pag. 21accolla la responsabilità politica di un indulto che non è in grado di sostenere in Parlamento. Ritiene inoltre che siano del tutto insufficienti i poteri e i mezzi attribuiti al Garante nazionale dei detenuti. Ritiene, infine, incongruo che il Ministro della giustizia risponda a domande sull'applicazione del decreto rinviando a quello che potrà riferire in merito il Ministro dell'interno, come se nel Governo non vi fosse alcuna forma di comunicazione tra i ministri.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI replica all'onorevole Bonafede come da parte sua non ci sia stata alcuna intenzione di scaricare le responsabilità sul Ministro dell'Interno, avendo voluto piuttosto evidenziare come la competenza delle espulsioni degli stranieri riconosciuti spetti al Ministro dell'Interno.
  In relazione alla questione della querela, dichiara di essere intervenuta per voler difendere l'onore di chi lavora nell'ambito del Ministero della giustizia in maniera irreprensibile e trasparente. Non accetta, quindi, accuse senza elementi circostanziati che le sostengano.

  Andrea COLLETTI (M5S) dichiara di avere fatto tali dichiarazioni senza avere mai sostenuto che il Commissario straordinario del Governo si sia comportato in maniera fraudolenta, essendosi piuttosto limitato a dire che ancora oggi si ricorra alla secretazione di appalti relativi alle carceri. A tale proposito, dichiara che proprio il Gabinetto del Ministro gli ha trasmesso, su sua richiesta di accesso, il decreto di secretazione di appalto di opere pubbliche in relazione al carcere di Arghillà.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI replica rilevando come si tratti di un decreto del Ministeri dei lavori pubblici.

  Andrea COLLETTI (M5S) contesta quanto appena affermato dal Ministro, trattandosi di un decreto del Ministro della giustizia.

  Il Ministro Annamaria CANCELLIERI dichiara di essere disposta a fornire tutti i chiarimenti del caso al deputato Colletti, non avendo nulla da nascondere.
  Per quanto attiene all'intervento dell'onorevole Ferraresi, ribadisce come la scelta di adottare un nuovo decreto legge sia dovuta unicamente alla scadenza di maggio, legata alla sentenza Torregiani. Osserva, peraltro, che tale sentenza non solleva unicamente la questione del sovraffollamento carcerario ma anche altre questioni legate alla dignità dei detenuti, che richiedono interventi normativi ed amministrativi estremamente complessi.
  Conclude rispondendo al deputato Turco, dichiarando di essere certa che, qualora il decreto legge venisse convertito senza stravolgimenti, l'Italia riuscirebbe a centrare gli obiettivi fissati da Strasburgo.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è svolto dalle 15.05 alle 15.20 e dalle 15.25 alle 15.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 7 gennaio 2014. — Presidenza del Presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 15.20.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/93/UE in materia di lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, che sostituisce la decisione quadro 2004/68/GAI.
(Atto n. 46).
(Rinvio del seguito dell'esame).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato nella seduta del 19 dicembre 2013.

Pag. 22

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/36/UE concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI.
(Atto n. 51).
(Rinvio del seguito dell'esame).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato nella seduta del 19 dicembre 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2010/64/UE sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali.
(Atto n. 64).

(Rinvio del seguito dell'esame).

  La Commissione prosegue l'esame dello schema di decreto in oggetto, rinviato nella seduta del 19 dicembre 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.25.