CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 17 dicembre 2013
144.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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SEDE REFERENTE

  Martedì 17 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Roberta AGOSTINI. — Intervengono il viceministro dell'interno Filippo Bubbico e il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 13.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.
C. 1843 Fioroni.
(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'11 dicembre 2013.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che Pag. 35la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti è scaduto alle ore 12 di ieri, lunedì 16 dicembre.
  Comunica che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato).
  Avverte che l'emendamento Cozzolino 4.3 è da considerarsi inammissibile in quanto, nel prevedere che la Commissione di inchiesta possa, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, derogare a quanto previsto dalle disposizioni della legge n. 124 del 2007, attribuisce alla Commissione poteri eccedenti rispetto ai limiti stabiliti dall'articolo 82 della Costituzione, in base al quale «la Commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria».

  Gianclaudio BRESSA (PD), relatore, esprime i pareri sugli emendamenti presentati alla proposta di legge in esame.
  Esprime parere contrario sull'emendamento Dadone 2.1. Esprime parere favorevole sull'emendamento Dadone 3.1.
  Invita al ritiro degli emendamenti Dadone 3.2, Dadone 3.3 e Migliore 3.4, esprimendo altrimenti parere contrario, in quanto introducono disposizioni difformi da quelle previste dal Regolamento della Camera.
  Invita al ritiro dell'emendamento Pilozzi 4.1, esprimendo altrimenti parere contrario, in quanto per il segreto professionale, bancario e, in particolare, per il segreto di Stato, si applicano le norme vigenti, ad iniziare dalla legge n. 124 del 2007 che già prevede, per fatti come quelli oggetto della proposta di legge in esame, la non opponibilità del segreto di Stato.
  Prima di esprimere il proprio parere, chiede chiarimenti ai presentatori dell'emendamento Cozzolino 4.2 che sopprime la previsione dell'applicazione delle norme vigenti per i segreti professionale e bancario.
  Esprime parere contrario sull'emendamento Cozzolino 4.4 in quanto incongruo rispetto alle norme, introdotte dalla legge n. 124 del 2007, che regolano l'acquisizione di documenti originati da organismi informativi esteri e trasmessi con vincolo di non divulgazione. Ricorda al proposito che l'articolo 39 della medesima legge n. 124 del 2007 dispone che in caso di richiesta della controparte estera, il Governo italiano può essere tenuto a disporre l'apposizione del segreto di Stato, tra l'altro, proprio per evitarne l'uso in sede giurisdizionale e ricorda gli obblighi previsti dal diritto internazionale per il rispetto di obblighi internazionali pattizi.
  Esprime, infine, parere contrario sull'emendamento Dadone 4.5, perché la tutela del segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato ha una portata sostanziale e non si può limitarne l'applicazione solo a procedimenti giudiziari in corso.

  Il viceministro Filippo BUBBICO esprime parere conforme al relatore e si associa, ai fini dell'espressione del proprio parere, alla richiesta di chiarimenti sull'emendamento Cozzolino 4.2.

  Emanuele COZZOLINO (M5S) illustra l'emendamento 4.2 di cui è primo firmatario. La soppressione della previsione dell'applicazione delle norme vigenti per i segreti professionale e bancario è tesa ad evitare il fallimento della Commissione di inchiesta, come è successo per le Commissioni di inchiesta precedenti sul medesimo evento, che si sono incagliate nel filo spinato del segreto professionale e bancario.

  Gianclaudio BRESSA (PD) relatore, osserva che il sopprimere il riferimento alle norme vigenti otterrebbe l'effetto contrario di quello indicato dal collega Cozzolino, rendendo discrezionale la posizione del segreto professionale e bancario. Esprime, quindi, parere contrario sull'emendamento Cozzolino 4.2.

  Il viceministro Filippo BUBBICO esprime parere conforme al relatore sull'emendamento Cozzolino 4.2.

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  La Commissione, con distinte votazioni, respinge l'emendamento Dadone 2.1, approva l'emendamento 3.1 e respinge gli emendamenti Dadone 3.2 e 3.3.

  Roberta AGOSTINI, presidente, constata l'assenza dei presentatori degli emendamenti Migliore 3.4 e Pilozzi 4.1.

  Emanuele COZZOLINO (M5S) sottoscrive l'emendamento Migliore 3.4.

  Francesco SANNA (PD) sottoscrive, al solo fine di poterlo porre in votazione, l'emendamento Pilozzi 4.1.

  La Commissione, con distinte votazioni, respinge gli emendamenti Migliore 3.4, Pilozzi 4.1, Cozzolino 4.2, Cozzolino 4.4 e Dadone 4.5.

  Roberta AGOSTINI, presidente, avverte che il testo risultante dall'approvazione degli emendamenti sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.15.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 17 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Roberta AGOSTINI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 13.15.

Schema di decreto legislativo recante recepimento della direttiva 2011/98/UE relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di Paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro.
Atto n. 61.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Francesco SANNA (PD), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in titolo, ricordando che lo stesso attua la delega contenuta nell'articolo 1 della legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96), la quale è finalizzata al recepimento della direttiva 2011/98 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011.
  Lo schema è composto da un solo articolo, che novella il testo unico in materia di immigrazione, di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, per introdurvi la disciplina prevista dalla direttiva 2011 del 1998.
  Le novelle comportano le seguenti modifiche. Innanzitutto nei permessi di soggiorno che consentono attività di lavoro subordinato, anche se rilasciati a diverso titolo, deve risultare tale informazione, attraverso la dicitura «perm. unico lavoro» (lettera a), che inserisce un comma 8.1 nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 286 del 1998.
  La dicitura anzidetta non deve essere inserita nei permessi rilasciati ai lavoratori autonomi, ai lavoratori stagionali, ai lavoratori marittimi, ai lavoratori distaccati, ai lavoratori «alla pari», nonché ai titolari (o richiedenti) di protezione internazionale o di una protezione temporanea e ai titolari di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, che soggiornano per motivi di studio o formazione; la relazione illustrativa motiva tale esclusione con la considerazione che tali soggetti sono titolari di uno status più favorevole (lettera a), che inserisce un comma 8.2 nell'articolo 5).Pag. 37
  Il termine vigente di 20 giorni per il rilascio del permesso di soggiorno è aumentato a 60 giorni dalle lettere b) e c) che novellano l'articolo 5, commi 9 e 9-bis. La relazione motiva tale aumento per «la necessità sopravvenuta» di rilasciare il titolo autorizzatorio in formato elettronico, in conformità al regolamento CE 1030/2002, evidenziando che, poiché gli interessati possono comunque soggiornare regolarmente e svolgere la propria attività lavorativa pur nelle more del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno, il termine più ampio non ne comprimerebbe i relativi diritti.
  Non appare peraltro chiaro come la previsione contenuta nel regolamento citato, che risale al 2002, possa costituire oggi una necessità sopravvenuta; a parte questo, appare opportuno che il Governo chiarisca se il notevole ampliamento del termine non possa in qualche modo incidere anche sui diritti in questione, comprimendoli.
  Il termine vigente per il rilascio del nulla osta all'ingresso per lavoro da parte dello sportello unico per l'immigrazione – istituito in ogni provincia presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato – è aumentato da 40 a 60 giorni (lettera d), che modifica il comma 5 dell'articolo 22). Solo le domande di nulla osta che rientrano nelle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro, fissate annualmente con decreto del Presidente del consiglio, possono essere esaminate.
  Le domande eccedentarie rispetto alle quote possono essere esaminate solo nell'ambito di quelle che si rendano disponibili nel limite delle stesse quote. In merito a ciò la relazione specifica che «la trattazione di queste ultime domande sarà avviata dal momento in cui la direzione territoriale del lavoro comunicherà telematicamente allo sportello unico la disponibilità della quota. Il portale informatico del Ministero dell'interno appositamente dedicato a tale procedura sarà adeguato in modo da consentire al datore di lavoro di conoscere in tempo reale la posizione della propria richiesta rispetto alle quote assegnate alla provincia di riferimento, nonché in modo da consentire l'interazione con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini del monitoraggio dell'andamento dei flussi». Questo prevede la lettera e) che introduce un comma 5.1 nell'articolo 22. L'atto è corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico normativa, analisi e valutazione di impatto della regolazione.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) si chiede come sia possibile, nel momento in cui si prevede che il permesso di soggiorno sia rilasciato in formato elettronico e si informatizza la relativa procedura, che si determini un allungamento, anziché un abbreviamento, dei termini per l’iter burocratico finalizzato al rilascio del titolo autorizzatorio. Fa presente che l'allungamento dei termini di rilascio del permesso di soggiorno rischia di danneggiare sia il lavoratore, che dovrà aspettare più a lungo, sia il datore di lavoro, che potrà trovarsi senza la manodopera necessaria.
  Quanto alla previsione secondo cui le domande eccedentarie rispetto alle quote possono essere esaminate solo nell'ambito di quelle che si rendano disponibili nel limite delle stesse quote, rileva che occorre comunque escludere che le eccedenze di una determinata qualifica di lavoro offerto possano essere assorbite da eventuali carenze per un'altra qualifica. Occorre cioè prevedere che per ogni qualifica professionale si consenta l'ingresso nel Paese a tanti stranieri qualificati quanti ne occorrono effettivamente, e non di più.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE, replicando al deputato Bragantini, che ha chiesto chiarimenti in relazione all'ampliamento dei termini per il rilascio del permesso di soggiorno e del nulla osta, fa presente che tale ampliamento è legato al fatto che, insieme all'informatizzazione dei titoli autorizzatori, si prevede una semplificazione legata all'unificazione di due procedure oggi distinte, quella per il Pag. 38rilascio del permesso di soggiorno e quella per il rilascio del nulla osta all'ingresso per lavoro. L'unificazione delle procedure ha imposto di uniformare entrambi i termini a 60 giorni. La congruità del nuovo termine si giustifica in considerazione della necessità di tenere conto dei tempi di produzione materiale del documento, che avviene presso l'Istituto del Poligrafico dello Stato, nonché della personalizzazione e del trasporto del documento. Fa presente infatti che i tempi di lavorazione introdotti con le procedure informatizzate, che hanno consentito l'adozione del permesso di soggiorno elettronico, richiedono un periodo superiore a trenta giorni. Va detto inoltre che i tempi medi di rilascio del permesso di soggiorno elettronico da parte degli Uffici immigrazione si attestano, in media sui sessanta giorni, tranne casi particolari di maggior attesa dovuti alla maggiore concentrazione di presenze di cittadini stranieri. Il Governo ha pertanto ritenuto opportuno stabilire un termine realistico, conforme alle effettive medie nazionali relative al tempo di espletamento delle pratiche in questione.
  Quanto al timore in merito alla possibile compressione dei diritti degli interessati, sottolinea come l'allungamento dei termini non incida su tali diritti, e questo perché – ai sensi dell'articolo 5, comma 9-bis, del citato testo unico – il lavoratore straniero può soggiornare regolarmente e svolgere la propria attività lavorativa anche nelle more del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno.

  Matteo BRAGANTINI (LNA), nel prendere atto che la responsabilità per l'allungamento del termine per il rilascio del permesso di soggiorno va imputata all'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, ricorda che nel decreto-legge n. 69 del 2013 il Governo ha inserito una norma per assicurare all'Istituto in via di monopolio un servizio – quello della stampa di determinati documenti pubblici – che aziende private erano pronte a svolgere con maggiore efficienza e minore costo. Ritiene giunto il momento che il Governo rifletta sull'opportunità di continuare a riservare all'Istituto poligrafico servizi che potrebbero essere affidati in regime di concorrenza, come del resto viene chiesto dall'Unione europea.

  Francesco SANNA (PD), relatore, collegandosi all'intervento del deputato Bragantini, fa osservare che la questione del soggetto competente alla produzione dei permessi di soggiorno e di lavoro in via informatica è una questione tecnica e che lo schema di decreto legislativo in esame non affronta questi aspetti tecnici della procedura di rilascio dei titoli autorizzatori.
  Quanto invece alla questione da lui posta in merito alla possibile compressione dei diritti dei richiedenti i permessi in questione, si dichiara soddisfatto dei chiarimenti resi dal Governo, che ha specificato che, nelle more del completamento del rilascio dei permessi in formato elettronico, i soggetti interessati potranno comunque soggiornare e lavorare in Italia sulla base dell'articolo 5, comma 9-bis, del testo unico. Quanto all'aumento del termine per il rilascio dei titoli autorizzatori, sentite le spiegazioni rese dal Governo, osserva che è preferibile stabilire un termine realistico e congruo con i tempi effettivi di disbrigo delle pratiche, piuttosto che stabilire un termine più breve e destinato a non essere rispettato.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo concernente recepimento della direttiva 2011/95/UE recante norme sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria nonché sul contenuto della protezione riconosciuta.
Atto n. 47.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Daniela Matilde Maria GASPARINI (PD), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in titolo, ricordando che lo schema di decreto legislativo recepisce la direttiva 2011/95/UE del 13 dicembre 2011 recante norme comuni sull'attribuzione della qualifica di protezione internazionale, sullo status che questa attribuzione conferisce e sul contenuto della protezione medesima.
  Ricorda che con la definizione di protezione internazionale si intende comprendere due distinte categorie giuridiche: i rifugiati, disciplinati dalla Convenzione di Ginevra, e le persone ammissibili alla protezione sussidiaria, di cui possono beneficiare i cittadini stranieri privi dei requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato, ossia non sono in grado di dimostrare di essere oggetto di specifici atti di persecuzione, ma che, tuttavia, se ritornassero nel Paese di origine, correrebbero il rischio effettivo di subire un grave danno e che non possono o (proprio a cagione di tale rischio) non vogliono avvalersi della protezione del Paese di origine. Una ulteriore fattispecie è la protezione temporanea che può essere concessa in caso di afflusso massiccio di sfollati.
  La direttiva 2011/95 costituisce rifusione della direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (la cosiddetta «direttiva qualifiche»), recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251. La legge di delegazione europea 2013 (legge 96 del 2013) reca la delega al Governo per il recepimento della direttiva.
  Lo schema di decreto legislativo in esame attua dunque la suddetta delega e procede al recepimento della direttiva 2011/95/UE apportando le conseguenti modifiche al citato decreto legislativo 251 del 2007, in conformità del principio di cui all'articolo 32, comma 1, lettera e) della legge 24 dicembre 2012, n. 234 dove si prevede che «al recepimento di direttive o all'attuazione di altri atti dell'Unione europea che modificano precedenti direttive o atti già attuati con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva o di altro atto modificato».
  La determinazione della politica in materia di rifugiati dei Paesi dell'Unione europea è da tempo prevalentemente di competenza comunitaria. Nel 2005 è stato realizzato un Sistema comune di asilo per l'armonizzazione delle disposizioni nazionali in materia di rifugiati al fine di assicurare un approccio comune degli Stati membri che garantisca elevati standard di protezione per i rifugiati.
  La base normativa del sistema comune è costituita principalmente da tre direttive. Si tratta, oltre della direttiva qualifiche oggetto del presente provvedimento, della direttiva accoglienza recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (direttiva 2003/9/CE del 27 gennaio 2003 recepita dall'ordinamento italiano con il decreto legislativo 140 del 2005) e della direttiva procedure che disciplina il procedimento per l'attribuzione (e la revoca) dello status di rifugiato (dir. 2005/85/CE del 1o dicembre 2005 recepita con il decreto legislativo 25 del 2008).
  Come la direttiva qualifiche, anche le altre due direttive sono state modificate recentemente e il loro recepimento negli ordinamenti nazionali realizzerà il nuovo sistema comune di asilo che dovrebbe consolidare una vera e propria politica comune in materia.
  In particolare, i provvedimenti di modifica sono la nuova direttiva accoglienza: dir. 2013/33/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015) e Pag. 40la nuova direttiva procedure: dir. 2013/32/UE del 26 giugno 2013 (termine per il recepimento 20 luglio 2015, ad eccezione di alcune disposizioni da recepire entro il 20 luglio 2018).
  L'autorizzazione al loro recepimento è contenuta nel disegno di legge di delegazione europea per il secondo semestre 2013, attualmente all'esame della Camera (C. 1836) che reca anche una ulteriore delega per l'emanazione di un testo unico delle disposizioni di attuazione in materia di asilo, protezione sussidiaria e di protezione temporanea. Il termine per l'esercizio della delega è fissato in dodici mesi, che decorrono dall'entrata in vigore dei decreti legislativi di attuazione delle due ultime direttive citate (accoglienza e procedure).
  Passando all'illustrazione del contenuto, ricorda che il provvedimento si compone di quattro articoli. L'articolo 1 contiene le disposizioni occorrenti ad adeguare il decreto legislativo 251/2007, di attuazione della direttiva qualifiche 2004/83/CE al contenuto della direttiva di rifusione 2011/95/UE anche tenendo conto dei principi e criteri direttivi dettati dalla della legge (legge n. 96 del 2013, articolo 7).
  In particolare, la lettera a) dell'articolo 1 sostituisce il riferimento alle due qualifiche (di rifugiato o di protezione sussidiaria) con il riferimento alla qualifica di beneficiario di protezione internazionale, coerentemente con l'obiettivo di una maggiore armonizzazione del contenuto dei due status.
  La lettera b) incide sull'apparato definitorio recato nell'articolo 2 del Decreto legislativo n. 251 del 2007 (in attuazione dell'articolo 2 della direttiva 2011/95) prevedendo in particolare: l'inserimento della definizione di beneficiario di protezione internazionale (punto 1); l'aggiornamento dei riferimenti normativi alle norme che disciplinano le procedure per il riconoscimento dello status, ora recate dal Decreto legislativo 25 del 2008 di recepimento della direttiva procedure (punto 2); l'inserimento della definizione di richiedente, ossia di colui che ha presentato domanda di protezione internazionale sulla quale non è ancora intervenuta una decisione (punto 3); l'eliminazione, dalla definizione di figlio minore, della specificazione che deve trattarsi di minore a carico del beneficiario di protezione internazionale (punto 4); l'ampliamento della categoria dei familiari, ove il beneficiario di protezione sia un minore, al genitore o ad altro adulto al quale sia stata attribuita la tutela del minore ai sensi degli artt. 343 e seguenti del codice civile (punto 5).
  La lettera c) modifica l'articolo 3 del decreto legislativo n. 251 del 2007, specificando che nel valutare l'attendibilità del richiedente minore, ai fini dell'esame di elementi o aspetti delle sue dichiarazioni non suffragati da prove, si tiene conto del grado di maturità e di sviluppo personale.
  La lettera d) modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 251 del 2007, specificando che quando la protezione nel Paese di origine non è offerta dallo Stato ma da altri soggetti (partiti o organizzazioni anche internazionali), deve trattarsi di soggetti che abbiano la volontà e la capacità di offrire tale protezione e che tale protezione sia effettiva e non temporanea (attua l'articolo 6 della direttiva).
  La lettera e) modifica l'articolo 8 del decreto legislativo n. 251 del 2007, prevedendo che per il riconoscimento dello status di rifugiato si tiene conto non solamente degli atti di persecuzione, provocati da una serie tassativa di motivi, ma anche della mancanza di protezione contro tali atti, dovuta ai medesimi motivi (attua l'articolo 9 della direttiva). Inoltre, viene integrato il concetto di gruppo sociale, la cui appartenenza costituisce motivo di discriminazione: ai fini della determinazione dell'appartenenza a un determinato gruppo sociale si deve tener conto delle considerazioni di genere, compresa l'identità di genere (attua l'articolo 10 della direttiva).
  Le lettere f) e h) modificano gli articoli 9 e 15 del decreto legislativo n. 251 del 2007 escludendo, rispettivamente per il rifugiato e per il titolare di protezione sussidiaria, la cessazione dello status quando, pur essendo venute meno le circostanze Pag. 41che hanno determinato il riconoscimento della protezione, il beneficiario possa invocare motivi imperativi, derivanti da precedenti persecuzioni, che giustificano il rifiuto ad avvalersi della protezione del Paese di cui ha la cittadinanza (articolo 16 della direttiva 2011/95).
  La lettere g) modifica l'articolo 10 del decreto legislativo n. 251 del 2007 intervenendo su una delle cause di esclusione dallo status di rifugiato, ossia la commissione di un reato grave al di fuori del territorio italiano, prevedendo che questo, per costituire causa di esclusione, debba essere stato compiuto prima dell'ammissione nel territorio italiano in qualità di richiedente, e non prima del rilascio del permesso di soggiorno in qualità di rifugiato, come attualmente previsto. La nuova direttiva di rifusione, come del resto la direttiva qualifiche, pur prevedendo tra le cause di esclusione in reati gravi, non specifica il momento della loro commissione e la diversa scansione temporale avanzata dal provvedimento in esame è piuttosto riconducibile al criterio di delega di cui alla lettera c) dell'articolo 1 della legge n. 96 del 2013, con cui si chiede di disciplinare gli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca, in conformità con la Convenzione di Ginevra, anche con riferimento ai beneficiari di protezione sussidiaria. Infatti, viene riprodotto parzialmente quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo F, lettera b) della Convenzione che prevede che le disposizioni della medesima Convenzione non si applicano alle persone di cui vi sia serio motivo di sospettare che abbiano «hanno commesso un crimine grave di diritto comune fuori dei paese ospitante prima di essere ammesse come rifugiati».
  Anche la lettera i), che modifica l'articolo 6 del decreto legislativo n. 251 del 2007 è riconducibile al medesimo criterio direttivo in quanto uniforma i presupposti per il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria a quello di rifugiato sotto il profilo della pericolosità per l'ordine e la sicurezza pubblica che dovrà essere ricondotta, come per i rifugiati all'esistenza di una condanna definitiva per un reato grave, individuato tra quelli elencati all'articolo 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale. Tale articolo, già richiamato allo stesso fine nel capo dedicato ai rifugiati (articolo 12, del decreto legislativo n. 251 del 2007), prevede una tipologia di ipotesi delittuose, attinenti ai profili dell'ordine e della sicurezza pubblica, particolarmente gravi per i quali la durata massima delle indagini preliminari è di 2 anni in luogo dei 18 mesi ordinariamente previsti.
  Tuttavia, non appare completamente attuato il principio di delega che prevede l'applicazione della Convenzione di Ginevra agli istituti del diniego, dell'esclusione e della revoca. Ad esempio, la commissione di reati o il fatto di costituire un pericolo per la sicurezza dello Stato non sono compresi nella Convenzione tra le cause ostative alla concessione dello status di rifugiato dalla Convenzione. Tali cause sono sì previste dalla direttiva di rifusione (e del resto anche dalla direttiva qualifiche originaria), ma sembrerebbero applicarsi alla concessione della sola protezione sussidiaria e non anche dello status di rifugiato, per il quale dette cause valgono come motivi di revoca, cessazione e rifiuto di rinnovo, ma non anche di esclusione. Chiede dunque al rappresentante del Governo un chiarimento al riguardo.
  La lettera l) modifica l'articolo 19 del decreto legislativo n. 251 del 2007, inserendo le vittime di tratta e le persone con disturbi psichici tra le categorie vulnerabili ai fini del contenuto della protezione internazionale, come richiesto dalla direttiva che si recepisce (articolo 20), ed enunciando espressamente che nell'attuazione delle norme di cui si tratta va attribuito carattere di priorità al superiore interesse del minore (articolo 20).
  La lettera m) interviene in materia di protezione dall'espulsione inserendo nell'articolo 20 del decreto legislativo n. 251 del 2007 un richiamo esplicito a tutti gli strumenti internazionali ratificati dall'Italia che concorrono ad assicurare il rispetto del principio di non respingimento (disposizione Pag. 42già prevista nella prima direttiva qualifiche e confermata nella direttiva rifusione, all'articolo 21).
  La lettera n) corregge (punto 1) una incongruenza rilevata nell'articolo 22, comma 3, del decreto legislativo n. 251 del 2007, che prevedendo il rilascio di un permesso per motivi familiari, ai sensi dell'articolo 30 del decreto legislativo n. 286 del 1998, ai familiari del titolare di protezione sussidiaria, presenti sul territorio nazionale, che non hanno individualmente diritto allo status, potrebbe ingenerare equivoci sul rilascio di analogo permesso ai familiari dello status di rifugiato. La successiva disposizione (punto 2) della medesima lettera n) è volta a garantire ai titolari di protezione sussidiaria il ricongiungimento familiare alle stesse condizioni dei rifugiati, in conformità al criterio di delega di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 96 del 2013 e all'articolo 23 della direttiva 2001/95.
  Attualmente, tale ricongiungimento è subordinato alla dimostrazione dei requisiti previsti per gli altri cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. A tal fine la lettera in esame sostituisce al comma 4 dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 251 del 2007 il riferimento all'articolo 29 del testo unico immigrazione, che disciplina il ricongiungimento familiare dello straniero in linea generale, con quello all'articolo 29-bis, che disciplina in modo specifico il ricongiungimento familiare dei rifugiati.
  Infatti, la direttiva del 2011 elimina la possibilità per gli Stati membri di definire condizioni applicabili ai soli familiari dei beneficiari della protezione internazionale (articolo 23, secondo periodo, direttiva 2004/83/CE), equiparandoli di fatto a quelli dei rifugiati. L'Italia si è avvalsa della facoltà di attivare questo regime differenziato: infatti il vigente articolo 22 del decreto legislativo 251 del 2007 da un lato equipara completamente i familiari dei rifugiati ai rifugiati stessi ai fini del ricongiungimento familiare, mentre dall'altro sottopone i familiari dei beneficiari di protezione sussidiaria per l'accesso al permesso di soggiorno (ossia allo strumento materiale indispensabile per l'esercizio del diritto di ricongiungimento) ad una serie di condizioni (alloggiative, di reddito, ecc.), le stesse condizioni richieste per gli immigrati per motivi di lavoro (decreto legislativo 286 del 1998, articolo 29, comma 3).
  La lettera o), che modifica l'articolo 23 del decreto legislativo 251 del 2007, equipara la durata del permesso di soggiorno dei titolari di protezione sussidiaria (attualmente tre anni) a quella dei rifugiati (cinque anni). Si rammenta che la direttiva rifusione non ha innovato sul punto la prima direttiva qualifiche e la durata del permesso di soggiorno per i rifugiati è stabilita in almeno tre anni e per i protetti sussidiari in almeno un anno (articolo 24).
  La lettera p), intervenendo all'articolo 25 del decreto legislativo n. 251 del 2007, specifica che l'equiparazione dei beneficiari di protezione internazionale ai cittadini italiani sotto il profilo della formazione professionale riguarda anche i corsi di aggiornamento, e che tale equiparazione si estende anche alla possibilità di usufruire dei servizi di consulenza dei centri regionali per l'impiego di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 469 del 1997 (articolo 26 della direttiva «rifusione»).
  L'equiparazione tra i beneficiari di protezione sussidiaria e i rifugiati in materia di occupazione, disposta dalla nuova direttiva (articolo 26) è già prevista dal decreto legislativo n. 251 del 2007 e la parificazione di rifugiati e protetti sussidiari con i cittadini italiani è stata completata, per quanto concerne l'accesso al pubblico impiego, con l'articolo 7 della legge n. 97 del 2013 (legge europea 2013), che ha modificato, in tal senso, l'articolo 38 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche).
  La lettera q) introduce l'obbligo per le amministrazioni competenti al riconoscimento di qualifiche professionali, diplomi, certificati ed altri titoli professionali conseguiti all'estero di individuare sistemi di valutazione, convalida e accreditamento adeguati laddove i beneficiari della protezione internazionale non possano produrre Pag. 43certificazioni provenienti dal Paese in cui è stato conseguito il titolo. Tali sistemi di valutazione dovranno, in ogni caso, tener conto delle disposizioni vigenti sul riconoscimento dei titoli conseguiti in uno Stato terzo, ai sensi dell'articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 recante il regolamento di attuazione del testo unico in materia di immigrazione che, al comma 2, fa esplicito richiamo alle disposizioni di attuazione di tali norme comunitarie. Il rinvio dell'articolo 49 citato ai decreti legislativi n. 115 del 1992 e n. 319 del 1994, oggi abrogati, è da intendersi, infatti, al decreto legislativo n. 206 del 2007, di attuazione della direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 sul riconoscimento delle qualifiche professionali, come stabilito dall'articolo 60 del medesimo decreto legislativo n. 206 del 2007. Tale previsione non risulta peraltro nella nuova direttiva.
  La lettera r), che modifica l'articolo 27 del decreto legislativo n. 251 del 2007, prevede l'adozione, da parte del Ministero della salute, di linee guida per il trattamento dei disturbi psichici dei beneficiari di protezione internazionale che hanno subito violenze.
  Viene così recepita una integrazione apportata dalla direttiva di rifusione che include il trattamento dei disturbi psichici tra le misure di assistenza sanitaria che gli Stati membri devono garantire ai beneficiari di protezione internazionale (articolo 30). La direttiva, inoltre, elimina la facoltà per gli Stati membri (prevista dalla prima direttiva qualifiche) di limitare l'assistenza sanitaria per i beneficiari di protezione internazionale alle sole prestazioni essenziali. Tale facoltà non è stata esercitata e l'articolo 27 del decreto legislativo n. 251 del 2007 già prevede l'equiparazione ai cittadini italiani per tutti i titolari di protezione internazionale.
  La lettera s) modifica l'articolo 28 del decreto legislativo n. 251 del 2007 specificando che le iniziative per rintracciare i familiari del minore non accompagnato già previste dal medesimo articolo sono assunte quanto prima a seguito del riconoscimento della protezione ove non siano già state avviate in precedenza, come previsto, peraltro, dal nostro ordinamento per ogni minore non accompagnato anche non richiedente protezione internazionale (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. 9 dicembre 1999, n. 535, Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri, articolo 2, comma 2, lettera f).
  La lettera t), integrando l'articolo 29 del decreto legislativo n. 251 del 2007, prevede che nell'attuazione delle misure e dei servizi destinati all'accoglienza dei beneficiari di protezione internazionale si tenga conto anche delle esigenze di integrazione degli stessi e che sia adottato un Piano nazionale degli interventi e delle misure volte a favorire l'integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. La predisposizione del Piano è demandata al Tavolo di coordinamento nazionale istituito presso il Ministero dell'interno.
  Si tratta del Tavolo di coordinamento sulla accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale istituito dal Ministro dell'interno pro-tempore a seguito del massiccio afflusso di richiedenti asilo e di profughi dai Paesi del Nord Africa (emergenza Nord Africa) e poi formalizzato dall'intesa in Conferenza unificata del 26 settembre 2012 sul Documento di indirizzo per il superamento dell'emergenza Nord Africa. In quella sede si demandava al Tavolo di coordinamento la definizione di tutti gli interventi necessari per l'uscita dalla fase emergenziale e ai tavoli di coordinamento regionali la definizione degli interventi sul territorio.
  Successivamente, l'intesa in Conferenza unificata dell'11 luglio 2013 sul Documento di indirizzo per il passaggio alla gestione ordinaria dei flussi migratori non programmati ha stabilito di proseguire ed accelerare il percorso per uniformare i sistemi di accoglienza per richiedenti e titolari di protezione internazionale per uniformarli al modello del sistema di accoglienza SPRAR e rendere permanente l'esperienza del Tavolo di coordinamento nazionale e dei tavoli di coordinamento Pag. 44regionali, quali strumenti di governance interistituzionali già sperimentati nell'ambito dell'emergenza Nord Africa.
  La composizione del Tavolo, composto da rappresentanti del Ministero dell'interno, dell'Ufficio del Ministro dell'integrazione e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali oltre che delle Regioni, dell'ANCI e dell'UPI, sarà integrato, ai sensi della disposizione in esame, in sede di programmazione delle misure di cui si tratta, da un rappresentante del Ministro delegato alle pari opportunità, un rappresentante dell'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati – UNHCR, della Commissione nazionale per l'asilo e, a seconda delle materie trattate, delle altre amministrazioni o altri soggetti interessati. La partecipazione alle sedute del Tavolo non comporta la corresponsione di gettoni di presenza o compensi.
  La disposizione corrisponde al criterio di delega di cui alla lettera d) del comma 1 dell'articolo 7 della legge n. 96 del 2013 che richiede l'introduzione di uno strumento di programmazione.
  Inoltre, la lettera t) riformula il comma 3 dell'articolo 29 specificando che l'accesso all'alloggio ai titolari dello status di rifugiato e di protezione sussidiaria è consentito in condizioni di parità con i cittadini italiani.
  Nel testo vigente, la parità con i cittadini italiani si evince dal richiamo all'articolo 40, comma 6 del testo unico, che equipara tutti gli stranieri ai cittadini italiani per l'accesso all'edilizia residenziale pubblica, purché siano in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo ovvero di un permesso di soggiorno almeno biennale e svolgano una regolare attività di lavoro.
  Fa presente che tale riferimento all'articolo 40, comma 6, permane nel testo novellato. Rilevo peraltro che se la finalità della norma – come si evince dalla relazione illustrativa – è quella di escludere le suddette condizioni ai fini dell'accesso dei rifugiati all'alloggio andrebbe valutata la opportunità di esplicitare che tali condizioni non si applicano ai rifugiati. Sul punto ritiene opportuno un chiarimento da parte del Governo.
  L'articolo 2 del provvedimento contiene una modifica all'articolo 29 del testo unico in materia di immigrazione che disciplina i ricongiungimenti familiari di coordinamento con l'articolo 22, comma 4 del decreto legislativo n. 251 del 2007 come modificato dalla lettera n) del presente decreto
  L'articolo 3 reca una disposizione di aggiornamento dei riferimenti alla direttiva «qualifiche», contenuti in ogni altra disposizione legislativa, regolamentare o amministrativa vigente, alla direttiva che si recepisce con il presente decreto.
  L'articolo 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria.
  In conclusione, si riserva di formulare una proposta di parere nelle prossime sedute.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE si riserva di fornire nella prossima seduta i chiarimenti richiesti dalla relatrice.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2013/1/UE di modifica della direttiva 93/109/CE relativamente a talune modalità di esercizio del diritto di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini.
Atto n. 49.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

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  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in titolo, ricordando che lo schema di decreto legislativo è volto a dare attuazione alla direttiva n. 2013/1/UE, recante modifica della direttiva 93/109/UE relativamente a talune modalità di esercizio del diritto di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini. Il termine per l'attuazione della direttiva scade il 28 gennaio 2014.
  Va preliminarmente ricordato che lo schema di decreto è emanato in attuazione della delega contenuta nella legge di delegazione europea 2013 (legge 6 agosto 2013, n. 96, articolo 1 e allegato B) dove non sono stabiliti specifici criteri di delega, in quanto tale articolo rinvia ai criteri di natura generale stabiliti dall'articolo 32 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. Tali criteri attengono prevalentemente a profili come la semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi, il coordinamento con le discipline vigenti, la inammissibilità di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, l'introduzione ove necessario di sanzioni amministrative e penali, il coordinamento amministrativo, la considerazione delle modifiche medio tempore intervenute in sede europea unicità di atti che recepiscano normative attinenti a materie analoghe.
  Com’è noto, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riconoscono il diritto di ogni cittadino dell'Unione di votare e di candidarsi alle elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiede (articolo 20, paragrafo 2, lettera b), del TFUE e articolo 39, par. 1, della Carta).
  La direttiva 93/109/UE reca le disposizioni per l'esercizio di tale diritto. Essa prevede, tra l'altro, che ogni cittadino dell'Unione che sia decaduto dal diritto di eleggibilità in forza del diritto dello Stato membro di residenza o di quello dello Stato membro d'origine sia escluso dall'esercizio di questo diritto nello Stato membro di residenza, in occasione delle elezioni al Parlamento europeo.
  Le modifiche apportate dalla direttiva n. 2013/1/UE sono volte a semplificare la procedura per l'accertamento del requisito dell'eleggibilità nello Stato di origine, che attualmente pone a carico del candidato, residente in uno Stato di cui non è cittadino, l'onere di dimostrare tale eleggibilità, producendo un apposito attestato rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di origine. Le difficoltà incontrate dai cittadini per ottenere tale certificato nei tempi necessari hanno costituito un ostacolo all'esercizio del diritto di elettorato passivo nello Stato di residenza. La direttiva del 2013 sostituisce la certificazione dello Stato di origine con una semplice dichiarazione del candidato, affidando allo Stato di residenza la verifica sull'eleggibilità nel paese di origine.
  Nel dettaglio, la direttiva n. 2013/1/UE interviene sui seguenti aspetti. In primo luogo, con riferimento alla decisione da cui deriva la decadenza dal diritto di eleggibilità, prevede che si tratti di «una decisione giudiziaria individuale o di una decisione amministrativa, purché quest'ultima possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale» (anziché di una decisione individuale in materia civile o penale) (articolo 1, num. 1, lettera a)). In proposito, andrebbe chiarito dal Governo se tale modifica abbia un'incidenza nell'ordinamento interno.
  La direttiva rimette inoltre allo Stato di residenza la verifica della eleggibilità nello Stato di origine, eliminando l'obbligo del cittadino dell'Unione che intende candidarsi di presentare un attestato ad hoc rilasciato dalle autorità competenti dello Stato di origine (articolo 1, numero 1, lettera b), e numero 2, lettera c)); definisce la procedura per la predetta verifica di eleggibilità. In particolare, si prevede una notifica dello Stato di residenza allo Stato di origine; lo Stato di origine deve fornire Pag. 46le informazioni necessarie entro cinque giorni o, ove richiesto, in un tempo più breve. In caso di mancata ricezione delle informazioni, la candidature è ammessa; se invece le informazioni, anche se trasmesse oltre il termine, invalidano la dichiarazione del candidato, lo Stato di residenza prende le misure opportune per impedire la presentazione della candidatura o, ove ciò non sia più possibile, per impedire l'elezione o l'esercizio del mandato. Gli Stati membri designano un referente incaricato di ricevere e trasmettere le informazioni; la Commissione europea redige un elenco dei referenti, a disposizione degli Stati membri (articolo 1, numero 1, lettera c)). Inoltre la direttiva modifica il contenuto della dichiarazione che il cittadino dell'Unione deve effettuare all'atto del deposito della candidatura, aggiungendovi l'indicazione di data e luogo di nascita e dell'ultimo indirizzo nello Stato di origine e la dichiarazione di essere eleggibile nello Stato di origine medesimo (articolo 1, numero 2, lettere a) e b)).
  Passando al contenuto dello schema di decreto, ricorda che l'articolo 1 modifica la normativa vigente in materia di esercizio del diritto di elettorato passivo al Parlamento europeo da parte dei cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, residenti in Italia, al fine di adeguarla alle nuove disposizioni della direttiva n. 2013/1/UE (articolo 2 della legge n. 408 del 1994).
  In particolare, viene modificato il contenuto della dichiarazione formale richiesta al momento della candidatura al cittadino dell'Unione europea che intenda candidarsi in Italia alle elezioni del Parlamento europeo, aggiungendovi l'indicazione di data e luogo di nascita e dell'ultimo indirizzo nello Stato di origine e l'indicazione di non essere decaduto dal diritto di eleggibilità nello Stato membro d'origine per effetto di una decisione giudiziaria individuale o di una decisione amministrativa, che possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale (comma 1, lettere a) e b)); viene contestualmente soppresso l'obbligo di presentare una certificazione dell'autorità competente dello Stato d'origine, attestante che l'interessato gode nello Stato stesso dell'elettorato passivo o che non risulta che egli sia decaduto da tale diritto (comma 1, lettera c)); viene definita la procedura per l'accertamento dell'eleggibilità del candidato nel Paese di origine (comma 1, lettere c) e d), capoverso 9).
  L'ufficio elettorale presso la Corte di appello ammette con riserva la candidatura del cittadino dell'Unione europea residente in Italia ed avvia il procedimento per la verifica dell'eleggibilità. Il referente italiano contatta il referente dello Stato di origine del candidato, che fornisce le informazioni entro cinque giorni o, ove richiesto, in un termine più breve. Le informazioni sono trasmesse all'ufficio elettorale, che provvede alla ricusazione della candidatura entro il 22esimo giorno antecedente la votazione. Il termine di 22 giorni è stato fissato tenendo conto dei tempi necessari per un eventuale ricorso giurisdizionale da parte del candidato escluso.
  Ove le informazioni riguardanti la decadenza dal diritto di eleggibilità nello Stato di origine pervengano dopo il 22esimo giorno antecedente la votazione, non viene modificata la lista dei candidati e l'ufficio procede alla eventuale dichiarazione di mancata proclamazione; ove esse pervengano successivamente alla proclamazione, l'ufficio centrale nazionale delibera la decadenza dalla carica dell'interessato.
  Viene poi disciplinata la trasmissione delle informazioni richieste dal referente di altro Stato membro ai fini dell'accertamento dell'eleggibilità in Italia al Parlamento europeo del cittadino italiano che intenda candidarsi nello Stato membro dell'Unione europea in cui risiede. In particolare, il referente richiede le relative informazioni al comune indicato dal candidato come ultimo indirizzo ovvero al comune di iscrizione anagrafica, che deve trasmetterle entro 24 ore (comma 1, lettera d), capoverso 9-bis). Pag. 47
  Al riguardo, appare opportuno che il Governo chiarisca le modalità con cui il comune procede alla verifica della eventuale condizione di incandidabilità prevista dal decreto legislativo n. 235 del 2012 (cosiddetta legge Severino); l'incandidabilità, diversamente dalla altre ipotesi di ineleggibilità in senso stretto, non comporta infatti la cancellazione dalle liste elettorali e potrebbe pertanto non essere nota al comune.
  Viene poi rimessa ad un decreto del Ministro dell'interno la designazione del referente per le informazioni sull'eleggibilità al Parlamento europeo (comma 1, lettera d), capoverso 9-ter); viene infine soppresso l'obbligo della corte di appello di comunicare alle autorità degli Stati di origine i nominativi dei cittadini che hanno presentato la propria candidatura al Parlamento europeo in Italia.
  L'articolo 2 modifica la legge sull'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (legge n. 18 del 1979). Tele legge riconosce il diritto di elettorato passivo ai cittadini degli altri Paesi membri dell'Unione che risultino in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dall'ordinamento italiano e che non siano decaduti dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine (articolo 4, secondo comma, legge 18 del 1979). Tale previsione viene integrata con la specificazione che la decadenza dal diritto di eleggibilità nello Stato membro di origine deve essere effetto di una decisione giudiziaria individuale o di una decisione amministrativa, che possa essere oggetto di ricorso giurisdizionale, in conformità a quanto previsto dalla direttiva n. 2013/1/UE.
  È inoltre disciplinata la pubblicazione del manifesto con i contrassegni delle liste ed i candidati, che deve avvenire entro l'ottavo giorno antecedente la data delle elezioni. Secondo la normativa vigente, la pubblicazione del manifesto deve invece avvenire entro il 15esimo giorno antecedente l'elezione. Tale termine non è previsto espressamente dalla legge per l'elezione dei membri del Parlamento europeo, ma si ricava dal rinvio che questa legge fa (articolo 51) al testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati (articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957). La riduzione del termine si rende necessaria per coordinare la disciplina sui termini di pubblicazione dei manifesti elettorali con l'introduzione della tutela giurisdizionale anticipata avverso gli atti immediatamente lesivi del diritto di partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni europee (quali, ad esempio, gli atti di esclusione delle candidature), tutela prevista dal codice del processo amministrativo (articolo 129 del decreto legislativo n. 104 del 2010, nel testo modificato dal decreto legislativo n. 160 del 2012).
  L'articolo 3 reca infine la clausola di invarianza finanziaria e dispone in ordine all'entrata in vigore del decreto al 15esimo giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. La disposizione sull'entrata in vigore appare peraltro ultronea, in quanto si limita a ripetere quanto già previsto dall'articolo 10, primo comma, delle disposizioni sulla legge in generale (le cosiddette preleggi). Infine va detto che l'atto è corredato di relazione illustrativa, relazione tecnica, analisi tecnico normativa, analisi e valutazione di impatto della regolazione.
  Riguardo al provvedimento in esame giova altresì ricordare che lo schema fa parte di un gruppo di schemi di decreto legislativo approvati dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 dicembre 2013, in prossimità della scadenza dei termini per l'esercizio della delega (4 dicembre). In questo modo il Governo può avvalersi, nell'esercizio della potestà legislativa delegata, di un meccanismo di scorrimento dei termini, disposto in via generale dall'articolo 31, comma 3 della legge 24 dicembre 2012, n. 234, recante le norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea. In base a tale norma, qualora il termine per Pag. 48l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi (vale a dire, nel caso di specie, fino al 4 marzo 2014).
  Fa infine presente che il contenuto del provvedimento è riconducibile alla materia elezione del Parlamento europeo, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera f) della Costituzione.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) esprime perplessità sulla scelta di richiedere ai comuni se vi siano cause ostative alla eleggibilità o alla candidabilità di una persona. A parte le questioni già sollevate a questo riguardo dal relatore, fa presente che i comuni – soprattutto quelli piccoli – non aggiornano le liste elettorali con regolarità continua, come sarebbe necessario per poter rispondere alle richieste di accertamento sui singoli residenti, ma lo fanno soltanto in prossimità delle consultazioni elettorali, con la conseguenza che le loro liste elettorali non sono una fonte attendibile per le verifiche di cui qui si tratta.
  Ciò premesso, si dice convinto che l'unica soluzione efficiente all'esigenza di cui si sta parlando, nonché l'unica in grado di mantenere l'Italia al passo con il progresso, sia quella di creare una banca dati nazionale nella quale far confluire i dati rilevanti ai fini della dichiarazione di ineleggibilità o incandidabilità di una persona.
  Rileva inoltre che consentire ai cittadini stranieri residenti in Italia di votare per candidati compatrioti, può comportare, in presenza di grandi comunità di stranieri residenti nel territorio nazionale, un'alterazione del riparto dei seggi spettanti a ciascun Paese membro nel Parlamento europeo. Infatti gli stranieri residenti potrebbero far eleggere nelle quote di un Paese – soprattutto negli Stati membri più piccoli quanto al numero dei cittadini – un cittadino del proprio Paese di origine, ancorché residente nel Paese in cui si svolgono le elezioni.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore, ritiene che l'evenienza immaginata dal deputato Bragantini da ultimo sia piuttosto irrealistica, anche perché occorre un numero elevato di voti per eleggere un parlamentare europeo. Concorda invece con il deputato Bragantini quanto alla prima perplessità da lui sollevata, in merito alla idoneità dei comuni a svolgere gli accertamenti riguardanti le cause ostative alla candidabilità o eleggibilità dei residenti nel loro territorio. Teme infatti che in questo modo si corra il rischio di far risultare come candidabile o eleggibile un soggetto che invece non possiede i requisiti.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE, premesso che il Governo è disponibile a rivedere lo schema di decreto in esame alla luce dei rilievi che emergono dal dibattito nelle sedi parlamentari e dai pareri che saranno espressi, segnala che il contenuto del provvedimento è in buona sostanza delineato dalla direttiva europea cui si tratta di dare attuazione. Più in generale, lo schema si muove nell'ottica di favorire le candidature degli stranieri residenti, sostituendo all'attuale attestazione da parte dello Stato di cittadinanza del candidato un'autocertificazione di quest'ultimo e lasciando nel contempo allo Stato la possibilità di verificare la veridicità dell'autocertificazione. In altre parole, il provvedimento non interviene sull'attuale quadro normativo di competenze in merito agli accertamenti che rilevano ai fini del procedimento elettorale, salvo che nel fatto di attribuire al Ministero dell'interno un ruolo, per così dire, di coordinamento generale su questa materia.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

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Schema di decreto ministeriale concernente il riparto dei contributi in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo Ministero per l'anno 2013, nel capitolo 2309 – piano gestionale 1.
Atto n. 67.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Roberta AGOSTINI, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

  Il sottosegretario Domenico MANZIONE deposita agli atti della Commissione i rendiconti annuali dell'attività svolta negli ultimi anni dalle associazioni combattentistiche beneficiarie del riparto di somme di cui all'atto in titolo.

  Roberta AGOSTINI, presidente, avverte che i documenti consegnati dal rappresentante del Governo sono posti a disposizione dei commissari che ne vogliano conoscere il contenuto.

  Emanuele COZZOLINO (M5S) ringrazia il rappresentante del Governo per aver depositato agli atti della Commissione i rendiconti che il suo gruppo aveva richiesto e la cui trasmissione al Parlamento è prevista dall'articolo 1, comma 40, della legge n. 549 del 1995. Ritiene che la lettura dei bilanci della associazioni permetterà ai commissari di conoscere meglio la destinazione finale delle risorse pubbliche di cui si sta discutendo.

  Enzo LATTUCA (PD), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in titolo, ricordando che sulla base di quanto disposto dai commi da 40 a 44 dell'articolo 1 della legge n. 549 del 1995 – che hanno previsto l'iscrizione in un unico capitolo degli importi dei contributi dello Stato in favore di enti ed istituti vari (elencati in apposita tabella) e la quantificazione annuale della dotazione dei predetti capitoli nella tabella C della legge finanziaria – gli stanziamenti destinati ai contributi da erogarsi agli enti combattentistici sottoposti alla vigilanza del Ministero dell'interno, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 1990, sono confluiti a partire dal 1996 in un apposito capitolo (2309) dello stato di previsione del Ministero.
  La legge ha inoltre previsto che il riparto dei contributi tra gli enti sia annualmente effettuato, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di bilancio, con decreto di ciascun ministro, di concerto con il ministro del tesoro, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Lo schema di decreto ministeriale n. 67 riguarda dunque l'erogazione di contributi, per l'anno 2013, in favore delle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno, sulla base delle istanze avanzate dalle associazioni interessate, a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione della spesa del medesimo dicastero al cap. 2309 – piano gestionale 1 (Somma da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi).
  Destinatari della ripartizione dei contributi sono le seguenti associazioni, individuate ai sensi della Tabella A della legge 31 gennaio 1994, n. 93: Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti; Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti; Associazione nazionale vittime civili di guerra.
  Per il corrente esercizio finanziario, sul capitolo 2309 piano gestionale 1, lo stanziamento inizialmente previsto, pari ad euro 2.000.000, è stato oggetto di alcuni accantonamenti intervenuti nel corso dell'anno ed è allo stato quantificato in euro 1.892.961,00.
  Il riparto, proposto dallo schema di decreto in esame, è il seguente: all'Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) euro 1.476.509.58; all'Associazione nazionale perseguitati politici italiani Pag. 50antifascisti (ANPPIA) euro 227.155.32; all'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti (ANED) euro 189.296.1.
  In conclusione, rileva che l'ammontare complessivo delle risorse ripartite risulta inferiore rispetto agli anni passati, mentre risultano sostanzialmente confermate le proporzioni del riparto tra le diverse associazioni.

  Roberta AGOSTINI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 14.20.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE CONSULTIVA

Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2014).
C. 1865-A Governo, approvato dal Senato, ed emendamenti ad esso riferiti.

Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2014 e per il triennio 2014-2016.
Emendamenti C. 1866 Governo, approvato dal Senato.

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