CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 dicembre 2013
139.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 191

SEDE REFERENTE

  Giovedì 12 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Alfonso BONAFEDE.

  La seduta comincia alle 10.40

Disposizioni in materia di visite dei detenuti a figli affetti da handicap in situazione di gravità.
C. 1438 Daniele Farina.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

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  Daniele FARINA (SEL), relatore, rileva come la presente proposta di legge è stata inserita all'ordine del giorno della Commissione a seguito di un impegno preso quando sono stati esaminati gli emendamenti sul testo della custodia cautelare in carcere ed è stato dichiarato inammissibile per estraneità di materia un emendamento identico alla proposta di legge in esame. In quell'occasione vi fu una sostanziale condivisione sul merito dell'emendamento, ma si constatò che un suo inserimento nel testo sulla modifica della disciplina della custodia cautelare in carcere avrebbe potuto far correre il rischio di una eccessiva espansione della materia di quella proposta di legge fino a farvi rientrare la materia dell'ordinamento penitenziario, con tutte le conseguenze di appesantimento del futuro esame in Assemblea. Ricordo che vi fu anche un impegno di considerare l'eventualità di un trasferimento in sede legislativa del provvedimento, che tocca un tema sul quale non ci dovrebbe essere alcuna contrapposizione politica. Almeno si spera.
  La proposta di legge, composta da un solo articolo, modifica l'articolo 21-ter dell'Ordinamento penitenziario per affermare il diritto dei detenuti, degli internati e degli imputati sottoposti a custodia cautelare, di visitare i figli affetti da handicap grave e di assisterli quando debbano sostenere visite specialistiche. Più in particolare, la proposta interviene sulla disposizioni della legge n. 354 del 1975 che riguardano le visite autorizzate dei genitori detenuti al figlio minore in imminente pericolo di vita o in gravi condizioni di salute, introducendo previsioni che estendono la facoltà di visita ai figli, anche non minori, che versino in una situazione di handicap grave. Tali modifiche rispondono alla primaria esigenza di riconoscere, direttamente a livello legislativo, la disabilità grave quale condizione di non autosufficienza che richiede la vicinanza e il sostegno genitoriali, quindi, quale autonomo e legittimo motivo per l'autorizzazione alla visita del genitore detenuto.
  La normativa attuale prevede il diritto di visita al minore infermo (in imminente pericolo di vita o gravi condizioni di salute), anche non convivente, da parte della madre detenuta o imputata, ovvero del padre nelle stesse condizioni. In questo caso l'autorizzazione è resa dal magistrato di sorveglianza o, in caso d'urgenza, dal direttore dell'istituto; in caso di ricovero ospedaliero, le modalità della visita terranno conto della durata e del decorso della malattia. In questo caso, dunque, da un lato non ci sono limiti di età, essendo sufficiente che il figlio sia minorenne, mentre, dall'altro lato, viene effettuata una parificazione fra i genitori in vinculis: la situazione sanitaria è talmente grave o, perfino, precaria, da richiedere accanto al figlio la presenza di ambedue i genitori.
  La legge prevede altresì il diritto della detenuta o imputata ad essere autorizzata dal giudice ad assistere il figlio di età inferiore a 10 anni, anche non convivente, durante le visite specialistiche, relative a gravi condizioni di salute. Questo diritto è riconosciuto anche al padre, ma solo se la madre è deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole; l'autorizzazione deve essere data dal giudice competente, ossia, nella fase processuale, dal giudice della cognizione, mentre, nella fase esecutiva, dal giudice di sorveglianza e deve essere resa non oltre le ventiquattro ore precedenti alla data in cui è fissata la visita. In questo caso, se le condizioni di salute sono gravi, ma nel senso di rendere necessaria una visita medica specialistica, l'età della prole viene fissata entro il limite dei dieci anni, ed il permesso di accompagnamento viene riservato alla madre e, solo in forzata assenza di questa, al padre: viene, cioè, privilegiata la madre nella sua funzione di accompagnamento e assistenza (specie con il conforto affettivo) del bambino infradecenne.
  La lettera a) dell'articolo unico della proposta di legge in esame interviene sul comma 1 dell'articolo 21-ter per estendere il diritto di visita di detenuti e imputati in custodia cautelare ai figli minori infermi, previsto dal comma 1, alle visite al figlio affetto da handicap in situazione di gravità.Pag. 193
  La disposizione richiama la definizione di handicap data dall'articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992 e richiede un accertamento operato ai sensi dell'articolo 4 della medesima legge. La condizione di handicap è definita dall'articolo 3 della Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge n. 104 del 1992). Il primo comma dell'articolo 3 precisa che «è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione». Il terzo comma dello stesso articolo, stabilisce che la connotazione di gravità è presente «qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione».
  La modifica, quindi, dispone il diritto di visita del genitore al figlio affetto da handicap grave a prescindere dai requisiti dell'imminente pericolo di vita o delle gravi condizioni di salute o della minore età del figlio.
  La lettera b) della proposta di legge il comma 2 dell'articolo 21-ter, estendendo il diritto di detenuti e imputati in custodia cautelare di assistere i figli di età inferiore a 10 anni malati, quando debbano sostenere visite specialistiche, previsto dal comma 2, alle visite specialistiche che debba sostenere il figlio affetto da handicap grave. Anche in questo caso, l'estensione del diritto prescinde dall'età del figlio (non è richiesto che l'handicap riguardi un minore di 10 anni), che – se affetto da handicap grave – può dunque anche essere maggiorenne.
  Il provvedimento in esame, pertanto, mira a tutelare direttamente due ordini di interessi, entrambi meritevoli di tutela: i diritti dei detenuti, in particolare, nella loro sfera di affetti personali e familiari e, soprattutto, diritti delle persone con disabilità grave. Nella relazione di accompagnamento alla proposta di legge si legge che «in merito a tale ultimo aspetto, le modifiche proposte sono finalizzate ad attenuare i gravi pregiudizi psico-fisici cui il disabile grave va incontro nei casi in cui il suo stato di salute costituisca impedimento alla visita in carcere dei genitori detenuti, dando luogo a una situazione di lontananza, percepibile, peraltro, come un vero e proprio abbandono».
  Nel concludere non si può che auspicare un celere passaggio alla sede legislativa affinchè possano essere accelerati i tempi di approvazione di una proposta di legge che risponde unicamente a ragioni di umanità e civiltà.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità.
C. 784 Bossa.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alessandra MORETTI (PD), relatore, rileva come la proposta di legge in esame intervenga su un tema estremamente delicato quale è il diritto di conoscere le proprie origini che oggi è negato ai soggetti non riconosciuti alla nascita, al contrario di quanto invece vale per i figli adottivi riconosciuti.
  Dal punto di vista numerico segnala che sono mediamente quattrocento ogni anno i bambini che nascono e che non vengono riconosciuti dalla madre. Non riconoscere un figlio alla nascita è un diritto riconosciuto dal codice civile, all'articolo 250, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, sull'ordinamento dello stato civile. La donna ha diritto a un parto segreto e anonimo, e ha diritto di scegliere, entro dieci giorni dalla nascita, se riconoscere o meno il bambino. Il diritto a non Pag. 194riconoscere un figlio è uno strumento con cui, evitando l'aborto, una donna decide di portare avanti una gravidanza inattesa e poi consegna il bambino che ha partorito ad un altro destino, che però è di vita e di dignità. Si è ritenuto che proprio l'impossibilità di superare l'originario divieto della madre di essere nominata possa costituire la garanzia di ridurre non solo gli aborti ma anche l'abbandono del neonato subito dopo il parto.
  La proposta di legge, quindi, mira a consentire la ricostruzione della storia personale del bambino adottato e non riconosciuto alla nascita. Secondo la normativa vigente i soggetti possono risalire alle proprie origini biologiche solo se decorsi cento anni dalla nascita: di fatto, quindi, è loro negata questa opportunità. Tutto ciò impedisce a migliaia di persone di fare luce su una zona senza ricordi e senza storia che sta all'origine della loro vita e del loro sviluppo.
  Nella relazione di accompagnamento si legge che «la conoscenza delle proprie origini contribuisce a formare l'identità entrando a far parte di quell'insieme di realtà che rappresentano il punto di partenza dello sviluppo umano. Questa disparità di trattamento sta acuendo in molti una replica di quel senso di abbandono che essi avvertono fin dalla nascita. Sono in tanti a voler ricostruire la loro traccia identitaria, non per rinnegare quei genitori che li hanno adottati e cresciuti come figli, ma per riannodare i fili della loro storia personale. Per chiedere una modifica della normativa vigente sono nate molte associazioni (“Figli adottivi e genitori naturali” e “Astro nascente”) e siti web che rivendicano il diritto di poter rintracciare le proprie “radici”».
  Ricorda che la legislazione internazionale riconosce unanimamente il diritto a conoscere le proprie origini come diritto fondamentale di ogni uomo ed impone agli Stati di attivarsi per assicurare che tale diritto sia esercitato con effettività.
  La proposta di legge in esame cerca di trovare una soluzione senza tuttavia violare quel patto concluso tra lo Stato e la madre a cui fu consentito di partorire in anonimato.
  La presente proposta di legge pertanto interviene sull'articolo 28 della legge n. 184 del 1983, introducendo un'ulteriore opportunità: si prevede che il tribunale per i minorenni, valutata la richiesta di accesso ai documenti da parte dell'adottato, verifichi se la volontà della madre sia ancora attuale o se essa esprima il consenso al superamento dell'anonimato attraverso una «revoca del diniego», alla luce delle mutate condizioni esistenziali.
  In questa maniera sarà la madre a rivedere l'attualità di quell'anonimato al quale è ricorsa al momento del parto. Sempre nella relazione si legge che « è verosimile e ampiamente documentato dalla cronaca che molte madri vissute in una lacerante sofferenza per tutta la vita, possano non trovare difficoltà, ma anzi provino un grande sollievo, nel venire a conoscenza che il figlio abbandonato, forse per una scelta imposta da circostanze contingenti, ormai adulto, provi un intimo e profondo desiderio di conoscenza, ispirato da un sentimento conciliativo e riparatore».
  Qualora la madre biologica sia deceduta, il tribunale con discrezione può procedere a rendere note le generalità, «anche tenuto conto del radicale mutamento dei costumi avvenuto negli ultimi decenni, che induce a valutare, con diversa consapevolezza, eventi una volta ritenuti infamanti, quale poteva essere, come nella maggioranza dei casi, la nascita al di fuori di una situazione regolare di coppia.».
  A queste considerazioni deve poi aggiungersi una nuova giurisprudenza costituzionale anche in riferimento alla proposta di legge in esame, mi riferisco alla sentenza 22 novembre 2013, n. 278, che ha sancito che il figlio adottivo che abbia compiuto il 25o anno di età potrà accedere alle informazioni sulle sue origini e nello specifico venire a conoscenza dell'identità della madre biologica, anche nel caso in cui quest'ultima, al momento della nascita, abbia esercitato la facoltà di rimanere anonima.Pag. 195
  L'istanza del figlio verrà fatta pervenire alla madre biologica, che potrà decidere se acconsentire alla rivelazione della propria identità o mantenere l'anonimato. Più in particolare, è stata dichiarata l'incostituzionalità parziale dell'articolo 28 comma 7 della legge n. 184 del 1983, come sostituito dall'articolo 177 comma 2 del D.lgs n. 196/2003, nella parte in cui non prevedeva – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre – che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile) su richiesta del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione.
  La Consulta ha dichiarato che la violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione è data dalla irreversibilità del segreto: mentre la scelta per l'anonimato legittimamente impedisce l'insorgenza di una «genitorialità giuridica», con effetti inevitabilmente stabilizzati pro futuro, non appare ragionevole che quella scelta risulti necessariamente e definitivamente preclusiva anche sul versante dei rapporti relativi alla «genitorialità naturale»: potendosi quella scelta riguardare, sul piano di quest'ultima, come opzione eventualmente revocabile (in seguito alla iniziativa del figlio), proprio perché corrispondente alle motivazioni per le quali essa è stata compiuta e può essere mantenuta.
  Deve pertanto essere consentito al figlio abbandonato che, compiuto il 25o anno di età, ne faccia richiesta, di poter conoscere l'identità della madre che abbia scelto l'anonimato, qualora, disposta l'interrogazione di quest'ultima da parte delle autorità, la stessa ne abbia autorizzato la notizia.
  Secondo la Corte, sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e, nello stesso tempo, a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all'anonimato, secondo scelte procedimentali che circoscrivano adeguatamente le modalità di accesso, anche da parte degli uffici competenti, ai dati di tipo identificativo, agli effetti della verifica di cui innanzi si è detto.

  Michela MARZANO (PD) preannuncia la presentazione di una proposta di legge in materia, esprimendo l'auspicio che possa essere abbinata ed attentamente valutata dalla Commissione. Ritiene, inoltre, opportuno che sia disposto un ciclo di audizioni.

  Alessandra MORETTI (PD) dichiara la piena disponibilità ad un esame comparativo di tutte le proposte di legge che dovessero vertere sulla materia oggetto di esame, anche nell'ottica dell'eventuale predisposizione di un testo unificato. Concorda con la collega Marzano sull'opportunità di un ciclo di audizioni.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, ricorda come le determinazioni relative allo svolgimento di audizioni e alla selezione dei soggetti da audire possano essere assunte nell'ambito dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di responsabilità civile dei magistrati.
C. 1735 Leva e C. 1850 Brunetta.

(Seguito esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 1850 Brunetta).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato nella seduta del 14 novembre 2013.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, ricorda che la Commissione ha avviato l'esame della proposta di legge n. 1735 il 14 novembre scorso con la relazione del deputato Leva. Ricorda altresì che a tale Pag. 196proposta di legge è stata abbinata la proposta di legge C. 1850 Brunetta.
  Per quanto riguarda l’iter dei provvedimenti, segnala che l'articolo 23 del disegno di legge europea 2013-bis, il cui esame in sede consultiva sarà avviato oggi, ha per oggetto la responsabilità civile dei magistrati per violazione della normativa europea. Sottolinea come sia evidente che occorra un coordinamento tra questi due esami, verificando in particolare se sia opportuno prevedere due diversi tipi di responsabilità civile dei magistrati, con procedimenti diversi, a seconda della natura europea o nazionale della normativa violata dal magistrato, o se invece sia opportuno prevedere un'unica disciplina.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifiche agli articoli 438 e 442 del codice di procedura penale. Inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo.
C. 1129 Molteni.

(Seguito esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento rinviato nella seduta del 17 settembre 2013.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, ricorda che l'esame del provvedimento è stato avviato il 17 settembre scorso. Chiedo se vi sono interventi.
  Avverte che la prossima seduta sarà l'ultima dell'esame preliminare. Per quanto attiene ad eventuali audizioni, considerato l'elevato numero di provvedimenti all'esame della Commissione e l'inserimento di alcuni di essi nel calendario dell'Assemblea, si potrebbero richiedere delle note scritte ai soggetti che si intendono sentire, che verrebbero poi poste all'attenzione della Commissione.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.50.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 12 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Alfonso BONAFEDE.

  La seduta comincia alle 10.50.

Modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professioni dei beni culturali.
Ulteriore nuovo testo C. 362 Madia.

(Parere alla VII Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con osservazione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, osserva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere sull'ulteriore nuovo testo della proposta di legge n. 362 recante modifiche al codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, in materia di professioni dei beni culturali. Rispetto al testo già esaminato si tratta di un testo elaborato dal Comitato ristretto della Commissione Cultura, sottoscritto all'unanimità da tutti i gruppi ed in merito al quale tutti i gruppi di quella Commissione hanno rinunciato alla fissazione del termine per la presentazione di eventuali emendamenti affinchè questo nuovo testo venga trasmesso alle Commissioni in sede consultiva ai fini dell'espressione del parere di competenza, in vista del trasferimento in sede legislativa.
  In sostituzione del relatore, onorevole Biffoni, impossibilitato a partecipare alla seduta odierna per un impegno istituzionale, ricorda che il provvedimento è diretto a modificare il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 42/2004, attraverso l'inserimento di due nuovi articoli. In particolare, reca disposizioni in materia di esercizio Pag. 197della professione dei soggetti impegnati nelle attività di tutela, vigilanza, ispezione, protezione, conservazione, valorizzazione e fruizione dei beni culturali, a tal fine prevedendo l'istituzione di elenchi nazionali di professionisti. Rispetto al testo sul quale si è già espresso il parere la Commissione di merito ha fatto salve le professioni regolamentate la cui attività si svolge già nell'ambito di quelle attività che ora sono attribuite a queste nuove professioni. Si tratta di una scelta di merito che appare essere condivisibile e che comunque non rientra negli ambiti di competenza della Commissione Giustizia.
  Non è stato modificato l'articolo 2 che demanda la definizione delle modalità e dei requisiti per l'iscrizione negli elenchi nazionali di archeologi, archivisti, bibliotecari, demoetnoantropologi, antropologi, esperti di diagnostica e di scienze e tecnologia applicate ai beni culturali e di storici dell'arte – nonché le modalità di tenuta degli stessi in collaborazione con le associazioni professionali – ad un decreto ministeriale emanato dal Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, sentiti, per gli ambiti di competenza, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, d'intesa con le rispettive associazioni professionali.
  Nel parere espresso il 17 settembre scorso la Commissione Giustizia aveva posto una osservazione in quanto si riteneva opportuno prevedere che fosse sentito anche il Ministro della giustizia nell'ambito del procedimento di adozione del predetto decreto ministeriale, in ragione delle competenze del Ministro della giustizia in materia di professioni. Questa osservazione non è stata recepita nel nuovo testo che si trova ora al nostro esame.
  Propone quindi di esprimere parere favorevole sul nuovo testo (vedi allegato) richiamando comunque il parere già espresso il 17 settembre scorso e la relativa osservazione.

  Nessuno chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea – Legge di delegazione europea 2013 – secondo semestre.
C. 1836 Governo.

Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013-bis.
C. 1864 Governo.

(Parere alla XIV Commissione).
(Esame congiunto e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame congiunto dei provvedimenti.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, ricorda che la Commissione esamina per le parti di competenza i disegni di legge in titolo, assegnati in sede referente alla XIV Commissione, e conclude tale esame con l'approvazione di una relazione per ciascun provvedimento e con la nomina di un relatore, che può partecipare alle sedute della XIV Commissione; gli emendamenti eventualmente approvati dalla Commissione sono trasmessi, unitamente alla relazione stessa, alla XIV Commissione, che dovrà a sua volta approvarli, potendo respingerli esclusivamente per motivi di compatibilità comunitaria o di coordinamento generale: a tal fine, gli emendamenti presentati in Commissione saranno sottoposti al vaglio preventivo della presidenza della Commissione, sulla base delle specifiche regole di ammissibilità.
  Avverto, pertanto, che, al fine di consentire la conclusione dell'esame dei predetti provvedimenti entro la giornata di mercoledì 18 dicembre, il termine per la presentazione di emendamenti ai disegni di legge in esame, per le parti di competenza della II Commissione, è fissato alle ore 14 di martedì 17 dicembre 2013.

  Danilo LEVA (PD), relatore, per quanto concerne la Legge di delegazione europea 2013, osserva che l'articolo 1, comma 1, reca la delega al Governo per l'attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B, rinviando, per quanto riguarda le procedure, Pag. 198i princìpi e i criteri direttivi della delega, alle disposizioni previste dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234.
  L'articolo 32 della legge n. 234 del 2012 detta i princìpi e criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea.
  Il comma 3 prevede che gli schemi di decreto legislativo recanti attuazione delle direttive incluse nell'allegato B siano sottoposti al parere delle competenti Commissioni parlamentari. Tale procedura è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all'allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.
  L'articolo 2 conferisce al governo una delega legislativa per l'adozione, entro il termine di due anni dalla data di entrata in vigore della legge, di decreti legislativi recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive attuate in via regolamentare o amministrativa, ovvero per via non legislativa, o in regolamenti dell'Unione europea direttamente applicabili.
  La necessità della disposizione discende dal fatto che, sia nel caso dell'attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa, sia nel caso di regolamenti comunitari (che, come è noto, non richiedono leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell'ordinamento nazionale), deve essere prevista una fonte normativa di rango primario atta ad introdurre norme sanzionatorie di natura penale nell'ordinamento nazionale.
  La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata, oltre che secondo i princìpi e i criteri direttivi generali indicati all'articolo 32, comma 1, lettera d) della legge n. 234 del 2012, secondo quelli specifici indicati nella legge di delegazione europea.
  L'articolo 6 delega il Governo ad attuare la Decisione quadro 2006/960/Gai sullo scambio di informazioni e intelligence tra Stati membri dell'Unione europea, riproducendo l'articolo 51 della legge comunitaria 2008 che prevedeva analoga delega al Governo, mai esercitata e ormai scaduta.
  La decisione quadro mira a stabilire le norme in virtù delle quali le autorità degli Stati membri incaricate dell'applicazione della legge possono scambiarsi le informazioni e l'intelligence esistenti efficacemente e rapidamente ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale.
  Ciò in quanto il tempestivo accesso ad informazioni ed intelligence accurate ed aggiornate è un elemento essenziale affinché le autorità incaricate dell'applicazione della legge possano efficacemente individuare, prevenire e indagare su reati o attività criminali, specialmente in uno spazio in cui sono stati aboliti i controlli alle frontiere interne. Poiché le attività dei criminali sono svolte clandestinamente, occorre che siano controllate e che le informazioni su di esse siano scambiate con particolare rapidità.
  Ai sensi del comma 2 dell'articolo 6, nel dare attuazione a quanto disposto dalla decisione quadro 2006/960/GAI, il Governo dovrà attenersi – oltre che ai principi ed ai criteri direttivi generali –, anche a quelli indicati nelle seguenti lettere del comma in esame, di seguito illustrate.
  In particolare, la lettera a) prevede le definizioni necessarie per l'applicazione della normativa (autorità competente incaricata dell'applicazione della legge, indagine penale, operazione di intelligence criminale, informazione e/o intelligence, reati).
  In base alla lettera b), occorre prevedere modalità procedurali affinché le informazioni possano essere comunicate alle autorità competenti di altri Stati membri ai fini dello svolgimento di indagini penali o di operazioni di intelligence criminale, specificando i termini delle comunicazioni medesime.
  La lettera c) prevede che le informazioni possano essere richieste ai fini dell'individuazione, della prevenzione o dell'indagine su un reato quando vi sia motivo di fatto di ritenere che le informazioni e l’intelligence pertinenti siano disponibili in un altro Stato membro; che la richiesta debba precisare i motivi di fatto nonché le finalità cui sono destinate l'informazione e Pag. 199l’intelligence nonché il nesso tra le finalità e la persona oggetto delle informazioni e dell’intelligence.
  La lettera d) dispone in merito ai canali e alla lingua di comunicazione; la lettera e) sulle esigenze di tutela dei dati personali e della segretezza dell'indagine; la lettera f) sulle modalità procedurali per lo scambio spontaneo di informazioni e di intelligence.
  Lettera g) prevede che, salvo alcune eccezioni, un'autorità competente possa rifiutarsi di fornire le informazioni e l'intelligence solo nel caso in cui sussistano le ragioni indicate all'articolo 10 della medesima decisione quadro.
  La lettera h) dispone che quando le informazioni o l'intelligence richieste da altro Stato membro siano correlate a un procedimento penale, la trasmissione delle stesse da parte dell'autorità nazionale richiesta sia subordinata all'autorizzazione dell'autorità giudiziaria procedente.
  Lettera i) prevede che autorizzazione analoga a quella prevista dalla lettera h) sia richiesta nei casi in cui l'autorità nazionale competente intenda procedere a uno scambio spontaneo di informazioni e di intelligence con le autorità competenti di altro Stato membro, quando esse siano correlate a un procedimento penale.
  Rileva come il disegno di legge AC 1864, recante Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2013-bis, sia stato presentato alla Camera dei deputati il 28 novembre 2013 in base alle disposizioni di cui alla legge 24 dicembre 2012, n. 234, sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea.
  La legge n. 234 del 2012 prevede infatti che ogni anno il Governo presenti, insieme al disegno di legge di delegazione europea, un disegno di legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento nazionale all'ordinamento europeo, con particolare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa europea.
  Ricorda che il 31 luglio 2013 la Camera ha approvato in via definitiva la legge europea 2013 (L. 6 agosto 2013, n. 97). Come segnalato nella relazione del disegno di legge in esame, il Governo ha ritenuto necessario fare nuovamente ricorso allo strumento legislativo fornito dalla legge n. 234 del 2012 al fine di porre rimedio alla parte ancora residua di pre-contenzioso e contenzioso – per la quale si sia riconosciuta la fondatezza delle censure della Commissione europea – entro i tempi ristretti dettati dall'obiettivo prioritario di presiedere il semestre europeo nel 2014 con il minor numero di infrazioni possibili a carico dell'Italia.
  Il provvedimento consta di 25 articoli.
  La Commissione Giustizia è competente relativamente all'articolo 23 del disegno di legge europea il Governo intende rispondere alla procedura di infrazione del 2009, con la quale la Commissione europea ha contestato all'Italia la violazione del principio generale della responsabilità degli Stati membri in caso di una violazione del diritto comunitario imputabile ad un loro organo giurisdizionale. In particolare, gli addebiti mossi dalla Commissione riguardano la compatibilità rispetto al diritto dell'Unione europea delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 2 della legge n. 177 del 1988 in materia di risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati.
  La disposizione in esame, senza novellare la legge sulla responsabilità civile dei magistrati, stabilisce l'obbligo per lo Stato di risarcire il danno conseguente alla violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado, sempre che, quando ne ricorrono i presupposti, siano stati esperiti anche i mezzi straordinari di impugnazione (comma 1). L'azione si prescrive decorsi tre anni.
  Osserva che non sono tipizzati i mezzi straordinari di impugnazione cui si fa riferimento.
  Il comma 2 individua alcuni elementi di cui si deve tenere conto per considerare Pag. 200realizzata la fattispecie di violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea.
  L'elencazione riprende in parte i contenuti del cosiddetto emendamento Pini, approvato nella scorsa legislatura in sede di esame del disegno di legge comunitaria 2011 e non ha carattere esaustivo, dal momento che la disposizione stabilisce che, ai fini della determinazione della violazione grave e manifesta del diritto dell'Unione europea si tiene conto, «in particolare», dei seguenti elementi: il grado di chiarezza e di precisione della norma violata; il carattere intenzionale della violazione; la scusabilità o inescusabilità dell'errore di diritto; la posizione adottata eventualmente da un'istituzione dell'Unione europea; la mancata osservanza, da parte dell'organo giurisdizionale di cui trattasi, dell'obbligo di rinvio pregiudiziale a norma dell'articolo 267, terzo paragrafo, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE).
  La copertura finanziaria della disposizione è prevista all'articolo 25 del disegno di legge europea, che prevede uno stanziamento annuale di 100.000 euro.
  Osserva che l'articolo 23 non chiarisce se si applichino, per quanto non espressamente previsto, le disposizioni contenute nella legge 177/1988, ad esempio in tema di delibazione preliminare o di rivalsa dello Stato.
  Su quest'ultimo aspetto occorre in particolare valutare se l'attribuzione della responsabilità al solo Stato sia compatibile con l'articolo 28 Cost., in base a cui i dipendenti statali rispondono direttamente degli atti compiuti in violazione di diritti e la responsabilità civile si estende allo Stato.
  La disposizione pare inoltre configurare un tipo di responsabilità distinto – sia sotto il profilo soggettivo sia sotto il profilo oggettivo – rispetto alla responsabilità riferita al diritto interno.
  Occorre, in generale, verificare in che misura la formulazione dell'articolo 23 accolga la statuizione della Corte di giustizia dell'Unione europea. Infatti, quest'ultima ha ritenuto che l'Italia sia venuta meno agli obblighi di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto UE laddove: a) ha escluso la responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di violazione del diritto UE da parte di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora la violazione consegua a interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall'organo giurisdizionale; b) ha limitato tale responsabilità ai soli casi di dolo e colpa grave ex articolo 2, commi 1 e 2, della legge 177/1988.
  Occorre pertanto considerare se il carattere grave e manifesto della violazione del diritto dell'UE e gli indicatori di cui si deve tenere conto, in particolare, a tal fine in base al comma 2 dell'articolo 23 siano suscettibili di riproporre, almeno in parte, fattispecie analoghe a quelle oggetto della procedura di infrazione. Inoltre, occorre valutare se il riferimento alla chiarezza e alla precisione della norma violata possa delineare una scriminante altamente discrezionale ai fini della determinazione della responsabilità dello Stato.
  La disciplina proposta dal disegno di legge europea risulta strettamente connessa, pur senza farvi espresso richiamo, al tema della responsabilità civile dei magistrati e alla conseguente responsabilità dello Stato.
  Ricorda che la Commissione Giustizia ha avviato il 14 novembre l'esame in sede referente della proposta di legge C. 1735, che modifica alcune disposizioni sulla responsabilità civile dei magistrati. A tal fine la proposta novella la legge n. 117 del 1988, che disciplina l'azione per fare valere la responsabilità civile dello Stato per i danni causati dalla condotta illecita di un magistrato.
  Come specificato nella Relazione illustrativa della proposta di legge n. 1735, la «proposta di legge intende farsi carico delle criticità che sono derivate dall'applicazione della legge n. 117 del 1988 e al tempo stesso cercare di recepire le indicazioni provenienti dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea».
  Ricorda, infine, che l'articolo unico della proposta di legge interviene sugli Pag. 201articoli 2, 5 e 7 della legge n. 117 del 1988 in modo da equiparare, ai fini della responsabilità civile dello Stato, la condotta dei magistrati onorari a quella dei magistrati togati; ridefinire il concetto di colpa grave; limitare l'attuale clausola di salvaguardia, volta a individuare i casi in cui non si dà luogo a responsabilità; eliminare il filtro di ammissibilità della domanda di risarcimento danni, attualmente attribuito alla valutazione del tribunale distrettuale; integrare la disciplina dell'azione di rivalsa dello Stato.

  Alfonso BONAFEDE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.05.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 12 dicembre 2013. — Presidenza del vicepresidente Alfonso BONAFEDE.

  La seduta comincia alle 12.50.

Indagine conoscitiva in merito all'esame delle proposte di legge C. 1203 Daniele Farina e C. 971 Gozi, recanti Modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di coltivazione e cessione della cannabis indica e dei suoi derivati.
Audizione di rappresentanti dell'Associazione ASCIA (Associazione per la sensibilizzazione della canapa autoprodotta in Italia).

(Svolgimento e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso. Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Giancarlo CECCONI, Segretario dell'Associazione ASCIA, e Giuseppe NICOSIA, Componente del Direttivo.

  Intervengono per formulare domande e osservazioni i deputati Alfonso BONAFEDE (M5S), Daniele FARINA (SEL) e Vittorio FERRARESI (M5S).

  Rispondono ai quesiti posti Giancarlo CECCONI, Giuseppe NICOSIA e Markab GIORGINI MATTOSSI.

  Intervengono per formulare ulteriori domande e osservazioni i deputati Alfonso BONAFEDE (M5S) e Daniele FARINA (SEL).

  Rispondono agli ulteriori quesiti Giancarlo CECCONI, Giorgio GATTI, Markab GIORGINI MATTOSSI e Fabrizio CORBO.

  Alfonso BONAFEDE presidente, ringrazia gli auditi e conclude l'audizione.

  La seduta termina alle 16.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Istituzione della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e delle direzioni distrettuali antiterrorismo.
C. 1609 Dambruoso.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari di mercoledì 11 dicembre 2013:
   a) a pagina 13, seconda colonna, terza riga, le parole: «15.40» sono sostituite con le seguenti: «16.40»;Pag. 202
   b) a pagina 33, prima colonna, dopo la quarantareesima riga, inserire le seguenti parole: «nel provvedimento per la soppressione del Tribunale di Melfi non sono state osservate le caratteristiche del territorio, i costi e le funzioni del Tribunale oggetto della soppressione. L'Ufficio Giudiziario di Melfi è il terzo in Basilicata, si trova in un'area strategica e ricopre un'efficace funzione preventiva contro la malavita sia pugliese che calabra. Un possibile accorpamento del Tribunale in questione al Foro di Potenza, determinerebbe un trasferimento continuo di detenuti (Melfi ha anche il carcere) su una percorrenza di 60 km su una strada ad alta pericolosità con costi rilevanti per lo spostamento di Magistrati, Avvocati e Polizia Penitenziaria di scorta. Secondo una relazione tecnica il tribunale di Potenza, non è stato reso idoneo ad ospitare il tribunale di Melfi poiché lo stesso palazzo di giustizia potentino richiederebbe un adeguamento per lavori stimati intorno ai 4 milioni di euro e con un tempo minimo tre anni.».

Pag. 203