CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 novembre 2013
125.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 21 novembre 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 9.30 alle 9.50.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Giovedì 21 novembre 2013. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 9.50.

DL 120/2013: Misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione.
Emendamenti C. 1690-A Governo.

(Parere all'Assemblea).
(Esame e conclusione – Parere).

  Il Comitato inizia l'esame dell'emendamento.

  Giuseppe LAURICELLA (PD), relatore, rileva che l'emendamento 2.0500 della Commissione non presenta profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di esso il parere di nulla osta.Pag. 20
  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

  La seduta termina alle 9.55.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 21 novembre 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Walter Ferrazza.

  La seduta comincia alle 14.55.

Variazioni nella composizione della Commissione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che per il gruppo Nuovo Centrodestra sono entrati a far parte della I Commissione i deputati Dorina Bianchi e Antonio Leone.

Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali.
C. 1359 cost.-B, Governo, approvato, in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, dal Senato, già approvato, in prima deliberazione, dal Senato e dalla Camera.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Ricorda che l'ordine del giorno reca l'esame del disegno di legge costituzionale C. 1359-B recante «Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali», approvata, in seconda deliberazione, dal Senato e, in prima deliberazione, dalla Camera.
  La Commissione è quindi chiamata ad esaminare il progetto di legge costituzionale, ai fini della seconda deliberazione della Camera, prevista dall'articolo 138, primo comma, della Costituzione.
  Ricorda, infatti, che il Senato ha approvato in prima deliberazione il testo del progetto di legge costituzionale l'11 luglio 2013 e la Camera ha approvato in prima deliberazione l'identico testo, senza apportarvi modifiche, il 10 settembre 2013. Successivamente il Senato ha approvato il progetto di legge costituzionale in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, il 23 ottobre 2013.
  Rileva che il termine di almeno tre mesi per la seconda deliberazione della Camera prevista dall'articolo 138, primo comma, della Costituzione, decorre, ai sensi dell'articolo 98 del Regolamento della Camera, dal 10 settembre 2013, data della prima deliberazione della Camera.
  Ricorda, infine, che, ai sensi dell'articolo 99, comma 3, del Regolamento della Camera, in fase di esame ai fini della seconda deliberazione di un progetto di legge costituzionale non sono ammessi emendamenti.

  Riccardo FRACCARO (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede per quali ragioni vi sia stata un'inversione dell'ordine del giorno della Commissione nella convocazione ricevuta questa mattina, senza che fosse stato deciso nell'ambito dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, prevedendo che l'esame del disegno di legge recante «Istituzione del Comitato parlamentare per le riforme costituzionali ed elettorali» (C. 1359 cost.-B) avesse luogo prima di quello del disegno di legge recante «Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni» (C. 1542 e abb.).

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente di aver ritenuto opportuno prevedere che i lavori della Commissione iniziassero con l'esame del disegno di legge C. 1359-B, già previsto per la giornata Pag. 21odierna, in quanto lo stesso è iscritto nel programma dei lavori dell'Assemblea, così come il disegno di legge C. 1542, al fine di poter svolgere, nella seduta di oggi, la relazione illustrativa.
  Ricorda altresì che l'articolo 21, comma 1, del regolamento della Camera chiarisce che il presidente della Commissione la rappresenta e la convoca formandone l'ordine del giorno.

  Fabiana DADONE (M5S), intervenendo sull'ordine dei lavori, chiede come si intendano organizzare i lavori della Commissione per l'esame del disegno di legge C. 1359-B, ricordando di aver chiesto, in precedenza, che fossero previste alcune audizioni su tale testo.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente che l'organizzazione dei lavori della Commissione per l'esame del disegno di legge C. 1359-B, incluso lo svolgimento di audizioni al riguardo, sarà definita nell'ambito della prossima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
  Ricorda quindi che il disegno di legge costituzionale C. 1359 è stato presentato dal Governo al Senato che lo ha approvato in prima deliberazione, con modifiche, l'11 luglio 2013. Successivamente il disegno di legge è stato esaminato dalla Camera che lo ha approvato in prima deliberazione, senza apportare modificazioni, il 10 settembre 2013. Il 23 ottobre 2013 il Senato ha approvato il progetto di legge costituzionale in seconda deliberazione, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti. Ora la Camera è chiamata ad esaminare il disegno di legge in seconda deliberazione.
  Per l'illustrazione del testo si richiama alla relazione che ha svolto il 17 luglio 2013, nel corso dell'esame in prima lettura del disegno di legge in sede referente, e si limiterò a sottolineare solo alcuni aspetti.
  Preliminarmente, rammenta che il disegno di legge delinea una procedura speciale per la revisione costituzionale, derogatoria del procedimento di revisione costituzionale previsto dall'articolo 138 della Costituzione, conformemente ai Comitati o Commissioni parlamentari istituiti dalla legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1 e dalla legge costituzionale 6 agosto 1993, n. 1.
  Il Comitato parlamentare, di cui il disegno di legge propone l'istituzione, è a composizione bicamerale paritetica – venti senatori e venti deputati – nominati dai Presidenti delle Camere, tra i membri delle due Commissioni Affari costituzionali e ne fanno parte di diritto i Presidenti delle Commissioni Affari costituzionali della Camera e del Senato. Ricorda che il Senato ha modificato testo, nel senso di esplicitare che i due Presidenti, ai quali spetta congiuntamente la presidenza del comitato, si aggiungono al numero complessivo di membri che risulta così pari a quarantadue. La nomina dei componenti del nuovo organo è effettuata dai Presidenti delle Camere, che dovranno tenere conto della designazione dei gruppi parlamentari, e dei seguenti criteri: la consistenza numerica dei Gruppi, assicurando comunque la presenza di almeno un rappresentante per ciascun Gruppo; il numero dei voti conseguiti dalle liste e dalle coalizioni di liste ad essi riconducibili; assicurare la presenza di un rappresentante delle minoranze linguistiche riconosciute, eletto in una delle circoscrizioni comprese in Regioni il cui statuto speciale prevede una particolare tutela di tali minoranze linguistiche.
  Entro cinque giorni, decorrenti dall'entrata in vigore della legge, i gruppi parlamentari devono procedere alla designazione dei componenti. Decorso tale termine, i Presidenti delle Camere, d'intesa tra loro, provvedono alla nomina dei componenti del Comitato sulla base dei criteri esposti. Entro dieci giorni, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, ha luogo la prima seduta del Comitato.
  Il Comitato elegge due vicepresidenti, dei quali un senatore e un deputato, con voto segreto e limitato ad uno, e due segretari, un senatore e un deputato, con Pag. 22voto segreto e limitato a uno. Sono eletti coloro che ottengono il maggior numero di voti. In caso di parità di voti, risulta eletto il più anziano per età. I Presidenti, vicepresidenti e segretari, costituiscono l'ufficio di presidenza del Comitato, integrato, in sede di programmazione dei lavori, dai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.
  Sono escluse sostituzioni dei membri del Comitato anche solo per una seduta ed è stabilito che, nelle sedute delle rispettive Assemblee, i componenti del Comitato assenti, in quanto impegnati nei lavori del Comitato medesimo, non sono computati ai fini del numero legale.
  Le competenze del Comitato sono circoscritte all'esame dei progetti di legge di revisione costituzionale relativi agli articoli di cui ai Titoli I, II, III e V della Parte seconda della Costituzione, nonché ai progetti di legge ordinaria in materia elettorale consequenziali alle modifiche all'ordinamento costituzionale. Sono altresì di competenza del Comitato anche le modificazioni di altre disposizioni costituzionali o di legge costituzionale, purché strettamente connesse.
  Il vaglio circa la pertinenza di un progetto di legge alla competenza del Comitato è affidato ai Presidenti delle Camere, cui spetta l'assegnazione o la riassegnazione dei progetti di legge costituzionale, presentati dall'inizio della corrente legislatura e fino alla conclusione dei lavori del Comitato, nonché l'assegnazione dei progetti di legge elettorale di competenza del Comitato.
  All'esame in sede referente dei progetti di legge assegnati al Comitato, si applicano, oltre alle norme della legge costituzionale in esame, le disposizioni del regolamento della Camera. Fatta salva l'applicabilità del regolamento della Camera, il Comitato può adottare, a maggioranza assoluta dei componenti, ulteriori norme per il proprio funzionamento ed i propri lavori.
  Non sono in ogni caso ammesse questioni pregiudiziali e sospensive nonché proposte di non passare all'esame degli articoli.
  I Presidenti del Comitato nominano uno o due relatori (in tal caso, un senatore e un deputato); è comunque ammessa la presentazione di relazioni di minoranza. Il Comitato assegna un termine per la presentazione delle relazioni ed un termine entro il quale pervenire alla votazione di conclusione dell'esame. Dopo la conclusione dell'esame preliminare, il Comitato trasmette ai Presidenti delle Camere i testi dei progetti di legge, ovvero i testi unificati, adottati come base per il seguito dell'esame. Ciascun senatore o deputato, nonché il Governo, possono presentare alle Presidenze delle Camere emendamenti su ciascuno dei testi adottati, entro i termini fissati d'intesa tra gli stessi Presidenti delle Camere. Sugli emendamenti si pronuncia il Comitato.
  Per rispettare i termini di conclusione dei lavori, la Presidenza del Comitato ripartisce, se necessario, il tempo disponibile secondo le norme del regolamento della Camera sull'organizzazione dei lavori e delle sedute dell'Assemblea.
  Il Comitato inoltre può disporre la consultazione delle autonomie territoriali, a fini di coinvolgimento nel processo di riforma.
  Il disegno di legge dispone che i Presidenti delle Camere adottano le opportune intese per l'iscrizione del progetto o dei progetti di legge costituzionale e dei progetti di legge ordinaria in materia elettorale all'ordine del giorno delle Assemblee e stabiliscono la data entro la quale ciascuna Camera procede alla loro votazione finale.
  Davanti alle Assemblee di ciascuna Camera, il Comitato è rappresentato da un sottocomitato formato dai Presidenti, dai relatori e da senatori e deputati in rappresentanza di tutti i Gruppi. Si osservano le norme dei rispettivi regolamenti. Le votazioni avvengono a scrutinio palese. Per l'esame degli emendamenti, si applica un diverso regime per gli emendamenti presentati dai singoli parlamentari e per quelli presentati dal Comitato o dal Governo. I singoli parlamentari possono infatti presentare solo gli emendamenti Pag. 23respinti dal Comitato in sede referente ed emendamenti nuovi solo in diretta correlazione con le parti modificate dal Comitato rispetto al testo adottato come base ovvero rispetto al testo trasmesso dall'altra Camera. Gli emendamenti dei parlamentari possono essere presentati fino a cinque giorni prima la data fissata per l'inizio della discussione generale, mentre gli emendamenti ed i subemendamenti di Comitato e Governo possono essere presentati fino a 72 ore prima l'inizio della seduta in cui è prevista la votazione degli articoli o emendamenti cui si riferiscono. Agli emendamenti del Comitato e del Governo possono essere presentati subemendamenti da parte di un Presidente di gruppo o di almeno venti deputati o dieci senatori fino al giorno precedente l'inizio della seduta in cui è prevista la presentazione di emendamenti.
  Riguardo ai tempi per la conclusione dell'esame dei progetti di legge assegnati al Comitato, per i progetti di legge costituzionale, i lavori parlamentari sono organizzati in modo tale da consentire la conclusione entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge costituzionale in esame. Il Comitato, entro sei mesi dalla data della sua prima seduta, trasmette ai Presidenti delle Camere i progetti di legge costituzionale esaminati in sede referente, corredati di relazioni illustrative e di eventuali relazioni di minoranza. Il disegno di legge dispone inoltre che ciascun progetto di legge è omogeneo e autonomo dal punto di vista del contenuto e coerente dal punto di vista sistematico. L'Assemblea della Camera che procede per prima all'iscrizione del progetto di legge costituzionale all'ordine del giorno, ha a disposizione un tempo di tre mesi per la conclusione dell'esame, a decorrere dalla data della trasmissione da parte del Comitato. La Camera che procederà successivamente all'esame dovrà anch'essa concludere entro tre mesi. Per le eventuali successive letture i termini sono fissati d'intesa dai Presidenti delle Camere. È prescritta la necessità di due successive deliberazioni da parte di ciascuna Camera sul medesimo testo del progetto o dei progetti di legge costituzionale con un intervallo non minore di quarantacinque giorni con l'approvazione a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
  Per i progetti di legge ordinaria, in materia elettorale, esaminati in sede referente e trasmessi dal Comitato ai Presidenti delle Camere, questi ultimi stabiliranno, d'intesa tra loro, i termini di conclusione dell'esame.
  Il testo prevede l'ipotesi di richiesta di referendum confermativo, da parte di soggetti qualificati, anche nel caso in cui il testo sia approvato, in entrambe le Camere, con la maggioranza dei due terzi.
  Per la cessazione delle funzioni del Comitato il testo individua due cause: la pubblicazione della legge o delle leggi costituzionali e di quelle ordinarie approvate ai sensi della presente legge e lo scioglimento di una o di entrambe le Camere.
  Infine le spese per il funzionamento del Comitato sono a carico, in parti eguali, del bilancio interno del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati e l'entrata in vigore del provvedimento è stabilita nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni sulle Città metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni.
Testo base C. 1542 Governo, C. 1408 Melilli e C. 1737 Guerra.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 20 novembre 2013.

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  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Avverte che, tenuto conto di quanto evidenziato nella seduta di martedì da alcuni deputati ed a seguito di un'ulteriore riflessione svolta dalla Presidenza, pur permanendo alcune perplessità, si ritiene che gli articoli aggiuntivi Caparini 23.023 e 23.024 e D'Ambrosio 22.08, che intervengono su alcune disposizioni relative alle società partecipate dagli enti locali, possano essere considerati ammissibili, in quanto recano interventi che hanno un legame, seppure non diretto, con disposizioni dei progetti di legge in titolo.
  Ritiene invece di dover confermare la dichiarazione di inammissibilità riguardo alle altre proposte emendative, già formulata nella seduta di martedì. In particolare, per quanto riguarda l'articolo aggiuntivo Pini 22.01, su cui è pervenuta anche una lettera da parte del proponente, fa presente che esso interviene – riguardando lo specifico procedimento di distacco di due comuni dalla regione di appartenenza, ai sensi dell'articolo 132, secondo comma, della Costituzione – su una tematica di carattere chiaramente settoriale, diversamente dai progetti di legge all'esame della Commissione, che recano disposizioni volte a definire una generale riforma delle province e delle città metropolitane nonché in materia di unione dei comuni.
  Avverte che i relatori hanno presentato l'emendamento 10.50 (vedi allegato), ritirando nel contempo l'emendamento 10.17. Il termine per la presentazione di subemendamenti all'emendamento 10.50 si intende stabilito alle ore 10 di lunedì 25 novembre.
  Comunica, infine, che alcuni deputati hanno chiesto di intervenire sul complesso degli emendamenti presentati.

  Giuseppe ROMELE (FI-PdL) evidenzia preliminarmente la difficoltà di sostenere un discorso organico su una tematica di per sé complessa come quella delle province, dove ognuno porta avanti un'idea della provincia basata sul modello di grandezza della propria provincia. Ma sottolinea come le sue osservazioni siano basate sulla lunga esperienza di consigliere comunale, di sindaco, di consigliere provinciale, regionale, di comunità montane e, infine, di parlamentare.
  Inizia dal ripercorrere i provvedimenti sulle province adottati dai Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, a partire dal tentativo del ministro Tremonti di abolirle, senza avere una sufficiente conoscenza delle problematiche loro connesse. C’è stato poi il tentativo del Governo Monti: un passaggio positivo e sintetico di razionalizzazione che è però andato al di là dei limiti fissati dalla Costituzione. Infine la riforma apportata dal disegno di legge in esame, ad opera dei ministri Delrio e Quagliariello, che si caratterizza, a suo avviso, per forti elementi di novità, ma anche per molti elementi di confusione: ad iniziare dal nome del nuovo organismo che viene creato, che non è chiaro se prenderà il nome e le caratteristiche di ente di area vasta o di agenzia.
  Ritiene che già questa incertezza tradisca la superficialità e la genericità dell'impostazione del progetto che, inoltre, non tiene conto del ruolo delle Regioni, quando l'ottanta per cento delle province riceve deleghe proprio dalle Regioni e non dallo Stato.
  Tutto ciò dipende, a suo avviso, da uno scollamento tra la situazione di fatto e l'impostazione del disegno di legge, che è lontano dalla realtà degli enti locali e che elabora per questo soluzioni incoerenti e foriere di confusione di competenze tra gli enti medesimi.
  Non si tiene poi conto della necessità di un'analisi differenziata tra i problemi di governo del territorio, con il conseguente diverso affidamento di deleghe alle Province, tra Regioni grandi, come, ad esempio la Lombardia o piccole, come ad esempio la Basilicata.Pag. 25
  Osserva, quindi, come il provvedimento nasca da una finalità mediatica, senza peraltro favorire nessuno in particolare. Proprio però perché non sussiste l'intenzione di favorire alcuna forza politica, bisogna fermarsi a riflettere per capire come andare avanti, sia sotto il profilo procedurale, considerata la mole di emendamenti presentati, sia sul piano dei contenuti per trovare una soluzione frutto di una riflessione ponderata, vera e autentica.
  Bisogna, ad esempio, partire dal considerare come le Province siano una grande palestra per i giovani che si vogliono avviare alla politica. Inoltre è necessario riflettere attentamente su quale sia la migliore gestione di servizi da offrire ai cittadini.
  Si chiede poi se davvero dalla riforma delineata da questo disegno di legge nascano risparmi. Concorda col collega Cirielli che così non è. Ricorda, infatti, come il personale di una Regione guadagni il 25 per cento di più del personale di una Provincia, il cui trasferimento alla Regione, comporterebbe un aumento di spesa e non un contenimento dei costi.
  Alla base del disegno di legge c’è a suo avviso una grande bugia e l'unico intento di vendere un'immagine di facciata all'opinione pubblica. Come un'altra grande bugia è sottesa all'associazione dei comuni, che non è mai veramente decollata. Bisogna evitare di rovinare una gestione degli enti locali che funziona: la Regione legifera e delega le Provincia che pianifica, programma e gestisce. Ribadisce, quindi, che è indispensabile trovare la capacità di elaborare una proposta basata sulla realtà vera e autentica degli enti locali medesimi.
  Ritornando alle Province, sottolinea come queste siano un bene di tutti e non solo di una parte politica. Sono enti intermedi importanti, ognuno con la propria specificità, la propria tradizione e la propria storia, in taluni casi antecedente alla costituzione dello Stato italiano. Sottolinea come altri Stati europei non si pongano assolutamente il problema di toccare enti intermedi consolidati. Anche sul piano strettamente terminologico, la definizione Province ha una sua nobiltà e per questo non va modificata. Si può ragionare, invece, sulla strada intrapresa dal Governo Monti e ridurre le Province in base a parametri territoriali e demografici. È inutile, a suo avviso, conservare province troppo piccole come pure è insensato creare aree metropolitane diverse dalle uniche tre reali aree metropolitane italiane, vale a dire Roma, Milano e Napoli.
  Osserva che un altro elemento critico del disegno di legge riguarda la rappresentanza. Si limita l'elettorato passivo ai soli sindaci, col risultato di perdere la rappresentatività democratica e di creare una nuova casta, simile più a un consiglio di amministrazione di una banca che a un organismo democratico. La capacità di elettorato passivo deve essere aperta invece a tutti i cittadini.
  In conclusione ritiene che per evitare confusione e per favorire la necessaria riflessione da lui auspicata, la Commissione dovrebbe, sul piano procedurale, costituire un Comitato ristretto che esamini gli emendamenti e offra poi alla Commissione in sede plenaria una proposta compiuta.

  Dalila NESCI (M5S) dichiara che il suo gruppo è favorevole alla soppressione delle province, ma ritiene che vada perseguita in modo chiaro e diretto, e non nei termini del provvedimento in esame, che ha un intento meramente propagandistico e che produce soltanto confusione.
  Sottolinea che le principali perplessità nutrite dal suo gruppo in ordine al disegno di legge attengono sia a rilievi di illegittimità costituzionale, sia di opportunità politica.
  Quanto ai primi, segnala la trasformazione delle città metropolitane e delle province da enti territoriali di primo livello – i cui organi di governo sono eletti direttamente – a enti territoriali di secondo livello, i cui organi di governo sono eletti indirettamente. Segnala inoltre il fatto che, a partire dal 1o luglio 2014, sono trasferiti alle Città metropolitane Pag. 26tutti i rapporti attivi e passivi e tutte le funzioni delle Province, che ne restano pertanto prive, salvo che – entro il 28 febbraio 2014 – una certa quota dei comuni della Città metropolitana non se ne dissoci secondo una determinata procedura; nel qual caso, secondo quanto prevede l'articolo 3, comma 1, lettera g), del testo base, «La provincia omonima resta in funzione per il territorio corrispondente a quello di pertinenza dei comuni che hanno optato per l'appartenenza all'ente provincia». Segnala infine la limitazione della partecipazione dei piccoli Comuni alla democrazia rappresentativa nelle Città metropolitane.
  Soffermandosi quindi su ciascuno dei predetti rilievi di illegittimità costituzionale, osserva che le disposizioni del provvedimento sulla trasformazione degli organi di governo delle Città metropolitane (articoli 1, comma 2, 3, comma 1, 4, commi 1-2, 5, comma 1, e 16, comma 1) e delle province (articoli 1, comma 3, e 12, commi 4-6) da direttamente elettivi a indirettamente elettivi sono incompatibili con le disposizioni costituzionali secondo le quali le Città metropolitane e le Province, al pari degli altri enti territoriali, sono enti autonomi, costitutivi della Repubblica, con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione ed hanno determinate competenze riservate (articoli 114, commi 1-2, 117, commi 2, lett. p), e 6, 118, commi 1-2 e 4, 119, commi 1-2 e 4-6, e 120, comma 2, 132, comma 2, e 133, comma 1, della Costituzione).
  Tali disposizioni sono altresì in contrasto con le disposizioni costituzionali secondo le quali le collettività locali operano sotto la loro responsabilità a favore delle popolazioni interessate e mediante organi collegiali costituiti da membri eletti a suffragio libero, segreto, paritario, diretto ed universale (articoli 5, 11 e 117, comma 1, della Costituzione; articolo 3 della Carta europea dell'autonomia locale e punto 5 della Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 19-21 marzo 2013, n. 337).
  Osserva poi che tanto le disposizioni del disegno di legge ordinaria sul subentro totale – con conseguente sostanziale estinzione delle Province – delle Città metropolitane alle Province (articoli 3, comma 1, lettere a)-f), 10, comma 1, 16, comma 4, e 23, comma 7) quanto le disposizioni sul subentro parziale – con riduzione delle circoscrizioni provinciali, ma senza diretto ridimensionamento delle funzioni e delle strutture delle Province – delle Città metropolitane alle Province sono incompatibili con le disposizioni costituzionali secondo le quali le Province, al pari degli altri enti territoriali, sono enti autonomi, costitutivi della Repubblica, con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione ed hanno determinate competenze riservate (articoli 114, commi 1-2, 117, commi 2, lett. p), e 6, 118, commi 1-2, e 4, 119, commi 1-2 e 4-6, e 120, comma 2, 132, comma 2, e 133, comma 1, della Costituzione).
  Le predette disposizioni del disegno di legge sono altresì in contrasto con le disposizioni costituzionali secondo le quali l'istituzione di nuove Province – o, per analogia, l'abolizione di Province esistenti – si svolge secondo una determinata procedura (articolo 133, comma 1, Cost.).
  Le disposizioni del disegno di legge ordinaria che prevedono, con riguardo alle Città metropolitane, che il consiglio metropolitano è costituito, tra gli altri componenti, «dai sindaci dei comuni con più di 15.000 abitanti e dai presidenti delle unioni di comuni con almeno 10.000 abitanti» (articolo 4, comma 1) e che le delibere della conferenza metropolitana, salvo diversa specifica previsione dello statuto, sono adottate «con voto ponderato» (articolo 8, comma 2) e, con riguardo alle Province, che il consiglio provinciale è costituito, tra gli altri componenti, «dai sindaci dei comuni della provincia con più di 15.000 abitanti e dai presidenti delle unioni di comuni della provincia con popolazione complessiva superiore a 10.000 abitanti» (articolo 12, comma 5) sono a loro volta incompatibili Pag. 27con le disposizioni costituzionali secondo le quali la sovranità appartiene al popolo e tutti i soggetti giuridici hanno eguale diritto a partecipare alla democrazia rappresentativa (articoli 1-3, 5, 114, commi 1-2, 117, commi 2, lett. p), e 6, 118, commi 1-2 e 4, 119, commi 1-2 e 4-6, e 120, comma 2, 132, comma 2, e 133, comma 1, della Costituzione e articolo 3 della Carta europea dell'autonomia locale e punto 5 Raccomandazione del Consiglio d'Europa del 19-21 marzo 2013, n. 337).
  Infine, quanto ai rilievi di inopportunità politica, segnala la mancata fusione dei piccoli Comuni; il mancato subentro, nei limiti massimi costituzionalmente consentiti, delle Unioni di Comuni alle Province, nel rispetto della cultura e delle tradizioni delle relative circoscrizioni; e la mancata abolizione degli enti inutili.

  Paolo RUSSO (FI-PdL) rileva preliminarmente come ci si trovi di fronte all'esame di un testo complesso e alquanto pasticciato. Occorre chiedersi se la reale finalità del provvedimento sia quella di svuotare le province delle proprie funzioni ovvero di definirne un nuovo assetto o ancora, come appare più probabile, configurare una sorta di nuovo Risiko con suggestive riallocazioni di funzioni e di poteri che privilegiano, di fatto, le amministrazioni del centro-sinistra.
  Rileva come le disposizioni in esame presentino profili di criticità e ricorda le risposte date dalla Corte Costituzionale a chi pervicacemente ha voluto intervenire sulle province. Ora si stanno seguendo strade impervie e prima di tutto è necessario chiedersi se ci si trova di fronte a norme che funzionano. Se si prova ad immaginare il futuro assetto del territorio nazionale derivante dal disegno di legge in esame si vede un ginepraio di disposizioni confuse e in gran parte contraddittorie tra loro che non sembrano in grado di dare una reale risposta alla domanda di partenza. La domanda è, infatti, questa: si vuole realmente sopprimere le province o si intende compiere una operazione di maquillage, a suo avviso triste, che consenta di dire a taluni che le province sono soppresse e ad altri che le province rimangono.
  Rileva come in questa condizione dicotomica la norma non possa essere certa o chiara. Si vuole piuttosto intervenire con fantasia istituzionale e artifizi tipici di una politica che sarebbe meglio mettere da parte.
  Fa presente come in questi giorni drammatici per gli accadimenti in Sardegna a causa di una situazione di dissesto idrogeologico ci si inventa che è opportuno attribuire alle province la funzione di tutela.
  Sottolinea come, a suo avviso, le province vadano abolite e subito. Richiama quanto evidenziato in proposito dal collega Romele, che ha posto una questione centrale. Ricorda come il testo in esame prevede, ad esempio, che gli amministratori eletti in un comune divengano d'un colpo titolari di compiti e di funzioni di area vasta senza che gli elettori siano in alcun modo stati coinvolti. Si chiede inoltre come si pensi possibile che il sindaco di una città capoluogo, non votato da nessuno in provincia, vada ad espandere il proprio ruolo nei territori provinciali con la medesima autorevolezza. Ritiene che quanto previsto non funzioni e sia una norma ingiusta ed incoerente.
  Non polemizzerà su quante siano le aree metropolitane del Paese ma è noto a tutti che dieci Città metropolitane non corrispondono più al sentire dei cittadini: la realtà è che le vere aree metropolitane sono tre e di una di queste nel testo si prevede addirittura che abbia particolari specificità.
  Invita a chiedersi in quali casi il nostro ordinamento preveda forme di elettorato passivo così diverse da quelle di elettorato attivo per enti locali e regioni dando luogo ad una chiara dissimmetria elettorale. Si chiede inoltre chi sia quel «buontempone» che ha previsto che il governo, anche se nella fase provvisoria, sia in capo ad un quadrumvirato composto da sindaci in parte eletti e in Pag. 28parte non eletti: sarebbe molto più naturale nella prima fase fare riferimento al solo presidente della provincia.
  Ci si trova di fronte ad elezioni mascherate ed evidenzia che, se si vogliono abolire le province, queste vanno svuotate con un passaggio di deleghe e di funzioni altrimenti l'unico risultato è quello di fare entrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta.
  Ricorda inoltre come nel testo i piccoli comuni vengano resi marginali e come – di fronte alla principale finalità su cui si fonda il provvedimento, di riduzione e miglioramento della spesa – il risultato principale è che, solo per le scuole, i centri di spesa aumentano di 1.327.
  Ribadisce dunque come ci si trovi di fronte ad una norma bandiera, in quanto tale inefficace. L'opinione del suo gruppo comincia, infatti, ad essere critica verso il disegno di legge in esame e questo sarà presumibilmente confermato se non muterà l'impostazione di fondo e se non ci saranno margini per modificare il testo con gli emendamenti presentati.
  Richiama quanto proposto dal suo gruppo riguardo alle modalità di elezione, al rafforzamento del ruolo dei piccoli comuni e dall'attribuzione alle regioni di un ruolo-guida nel processo costituente con compiti e responsabilità definiti, eventualmente anche con un termine temporale. In tale direzione va la proposta di legge, di cui preannuncia la presentazione, volta a superare finzioni e maschere che non appartengono alla sua parte politica.
  Fa inoltre presente che dalle risposte che saranno date dipenderà l'atteggiamento del suo gruppo, dovendosi allo stato prendere atto che non vi è stato ascolto né, soprattutto, comprensione.

  Fabiana DADONE (M5S), dopo aver rilevato che alcuni commissari si sono dovuti assentare dall'aula, al punto che alcuni gruppi non sono in questo momento rappresentati, propone di concordare che nella seduta di oggi si svolgano solo interventi sul complesso degli emendamenti e che le votazioni sugli stessi siano rinviate alla prossima settimana e inizino quindi martedì 26 novembre, secondo il calendario già definito nella riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltasi questa mattina.

  Emanuele FIANO (PD) sottolinea che i deputati del suo gruppo sono presenti in aula e, a nome del gruppo stesso, chiede che le votazioni degli emendamenti comincino fin dalla seduta odierna, una volta terminati gli interventi sul complesso degli emendamenti.

  Renato BALDUZZI (SCpI) dichiara che anche il suo gruppo ritiene che le votazioni sugli emendamenti debbano cominciare già nella seduta odierna, anche in considerazione del fatto che le proposte emendative presentate sono molte centinaia, riguardanti questioni complesse e delicate, e che il termine a disposizione della Commissione per il loro esame è ridotto e andrebbe utilizzato al meglio. Osserva d'altra parte che l'assenza di alcuni commissari non impedisce alla Commissione di procedere anche a votazioni, dal momento che sussiste il numero legale.

  Mariastella GELMINI (FI-PdL) dichiara che il suo gruppo condivide la proposta della deputata Dadone.

  Ignazio LA RUSSA (FdI) fa presente che il suo gruppo condivide la proposta della deputata Dadone.

  Nazzareno PILOZZI (SEL) dichiara che il suo gruppo non è contrario a rinviare le votazioni a martedì prossimo, ma rileva che, ai fini di una discussione proficua e costruttiva, è indispensabile che i gruppi della maggioranza dimostrino una migliore coesione interna e si chiariscano le idee sulle questioni ancora sospese; diversamente, ritiene che sarà difficile andare lontano.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, concorda con il presidente Balduzzi sul Pag. 29fatto che l'assenza di alcuni commissari non è tale da impedire alla Commissione di votare, ma ritiene che, in presenza di una esplicita richiesta in tal senso avanzata da più gruppi e dell'assenza dei rappresentanti di altri gruppi, sia dove roso, per correttezza istituzionale, rinviare la votazione degli emendamenti a martedì prossimo. Sottolinea come, d'altra parte, l'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, svoltosi questa mattina abbia stabilito per la prossima settimana un calendario di lavori intensivo, che prevede anche sedute notturne e che può essere all'occorrenza rafforzato con la previsione di sedute aggiuntive nei tempi disponibili. Quindi, non essendovi altre richieste, dichiara conclusi gli interventi sul complesso degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.20.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Diritto di asilo.
C. 327 Giacomelli, C. 944 Migliore e C. 1444 Di Salvo.

ATTI DEL GOVERNO

Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2011/51/UE che modifica la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale.
Atto n. 35.

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