CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 1 agosto 2013
67.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 21

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Giovedì 1o agosto 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 17.30 alle 17.45.

SEDE REFERENTE

  Giovedì 1o agosto 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 17.45.

Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore.
Testo base C. 1154 Governo, C. 15 d'iniziativa popolare, C. 186 Pisicchio, C. 199 Di Lello, C. 255 Formisano, C. 664 Lombardi, C. 681 Grassi, C. 733 Boccadutri, C. 961 Nardella, C. 1161 Rampelli, C. 1325 Gitti e petizione n. 43.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 31 luglio 2013.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, avverte che, nella riunione dell'ufficio di Pag. 22presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, testé svoltasi, i relatori sul provvedimento in titolo hanno manifestato l'esigenza di disporre di più tempo per la valutazione degli emendamenti presentati, in considerazione della loro complessità, del loro elevato numero e della difficoltà di addivenire a una sintesi delle diverse posizioni dei gruppi ed hanno pertanto proposto di chiedere alla Presidente della Camera e alla Conferenza dei presidenti di gruppo di rinviare la discussione sulle linee generali del provvedimento in questione – la cui discussione in aula è prevista per domani, venerdì 2 agosto, a partire dalle ore 18 – fissandola a martedì 6 agosto, anche alla luce del fatto che, in base al calendario dei lavori dell'Assemblea, non vi saranno votazioni sul provvedimento in esame prima di quella data. Sulla proposta dei relatori si sono espressi favorevolmente i rappresentanti dei gruppi del Partito democratico, del Popolo della libertà, di Scelta civica per l'Italia e di Sinistra ecologia e libertà. Si sono espressi in senso contrario i rappresentanti dei gruppi del Movimento 5 Stelle e della Lega Nord Autonomie. Il rappresentante del gruppo Misto non si è espresso. Non erano invece presenti rappresentanti del gruppo Fratelli d'Italia.
  Comunica di aver pertanto scritto alla Presidente della Camera per rappresentarle l'esigenza manifestata dai relatori Fiano e Gelmini. In attesa delle decisioni della Presidente della Camera e della Conferenza dei Presidenti dei gruppi, propone di invertire l'ordine del giorno, in modo che la Commissione possa procedere all'esame degli argomenti sui quali è convocata in sede consultiva.

  La Commissione concorda.

  Danilo TONINELLI (M5S), con riferimento alle decisioni assunte dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ribadisce che il suo gruppo chiede che si proceda già nella seduta odierna all'esame del provvedimento avviando la discussione e la votazione degli emendamenti.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, sospende la seduta in attesa di conoscere le decisioni della Conferenza dei presidenti di gruppo.

  La seduta, sospesa alle 18, riprende alle 20.25.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è prevista la convocazione per domani, presumibilmente nella prima mattina, di una riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che dovrà valutare la richiesta di rinvio dell'inizio della discussione del provvedimento in titolo avanzata dai relatori e condivisa dall'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
  Ritiene pertanto che la Commissione debba aggiornare i propri lavori, rinviandoli al termine della Conferenza dei presidenti di gruppo di domani.

  Danilo TONINELLI (M5S) dichiara che il suo gruppo ritiene che si debba proseguire nell'esame del provvedimento già nella seduta odierna, in quanto non ritiene esistenti condizioni ostative alla prosecuzione dei lavori.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, avverte che porrà in votazione la proposta di rinviare l'esame del provvedimento ad altra seduta, da convocare per domani mattina. Avverte che su questa proposta darà la parola a un deputato per gruppo, ove ne sia fatta richiesta.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) ritiene che la Commissione debba proseguire i lavori nella seduta odierna, anche perché la Conferenza dei presidenti di gruppo di domani potrebbe confermare l'inizio della discussione del provvedimento alle ore 18 di domani stesso.

  Sergio BOCCADUTRI (SEL) si dichiara favorevole alla proposta del presidente di rinviare l'esame ad una seduta da convocare nella giornata di domani.

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  Federica DIENI (M5S), nel concordare con quanto affermato dal collega Bragantini, dichiara che, ad avviso del suo gruppo, la Commissione deve cominciare l'esame degli emendamenti fin da oggi e proseguire anche in seduta notturna.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione delibera di rinviare la seduta nella giornata di domani.

  La seduta termina alle 20.35.

SEDE CONSULTIVA

  Giovedì 1o agosto 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 18.10.

DL 78/13: Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena.
C. 1417 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole con un'osservazione).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Maria Elena BOSCHI (PD), relatore, dopo aver richiamato gli ambiti di intervento del provvedimento, formula una proposta di parere favorevole con un'osservazione (vedi allegato 1).
  Rileva, infatti, che il provvedimento riguarda la materia «ordinamento civile e penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Ricorda che il provvedimento interviene con misure per fronteggiare il sovraffollamento carcerario modificando il codice penale, l'ordinamento penitenziario, il testo unico sulle tossicodipendenze e la disciplina dei poteri del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie.
  Richiama quindi l'articolo 4, nella parte in cui amplia i compiti assegnati al Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie all'interno del quadro normativo fissato dal decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2012, ivi richiamato, stabilendo in particolare che, nei limiti di quanto previsto dal suddetto decreto del Presidente della Repubblica e, in via temporanea, fino al 31 dicembre 2014, le funzioni del Commissario straordinario del Governo per le infrastrutture carcerarie sono integrate con una serie di ulteriori compiti tra cui il mantenimento e promozione di piccole strutture carcerarie ove applicare percorsi di esecuzione della pena differenziati «su base regionale» e implementazione di trattamenti individualizzati ritenuti indispensabili per la rieducazione del detenuto (lettera b-bis), introdotta dal Senato).
  Evidenzia, in proposito, l'opportunità che sia maggiormente chiarito cosa si intenda per percorsi di esecuzione della pena «differenziati su base regionale», tenendo conto di quanto sancito dall'articolo 3 della Costituzione.

  Renato BALDUZZI (SCpI) concorda con il rilievo testé svolto dalla relatrice, non essendo in alcun modo chiaro il significato dei percorsi di esecuzione della pena «differenziati su base regionale». È infatti evidente che l'ordinamento italiano non ha mai conosciuto, in questo settore, percorsi differenziati a seconda della regione in cui ci si trova.
  Si chiede dunque se non sia più opportuno rafforzare maggiormente il rilievo posto nel parere da esprimere alla II Commissione.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) ritiene anch'egli opportuno evidenziare con chiarezza nel parere l'esigenza di specificare il significato dei percorsi di esecuzione della pena «differenziati su base regionale». Rileva inoltre come sarebbe stata opportuna una relazione dettagliata sul contenuto del provvedimento da parte della relatrice: non c’è stato infatti il tempo di approfondirne adeguatamente i contenuti, Pag. 24considerato che la II Commissione ha concluso solo poche ore fa l'esame degli emendamenti.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente che la Commissione è chiamata ad esprimere il parere solo sui profili di propria competenza e che in sede consultiva non si può chiedere che il relatore illustri dettagliatamente il contenuto del provvedimento che si esamina, essendo rimesso a ogni singolo deputato di conoscere i provvedimenti in esame. Ai relatori è richiesto di evidenziare i profili ritenuti non conformi al dettato costituzionale ed agli ambiti di competenza della I Commissione.
  Preso comunque atto della richiesta del deputato Bragantini, sospende brevemente la seduta per consentire a tutti di prendere piena conoscenza del contenuto delle modifiche apportate dalla Commissione di merito e della proposta di parere della relatrice.

  La seduta, sospesa alle 18.25, riprende alle 18.30.

  Federica DIENI (M5S) per quanto attiene al parere che la I Commissione è chiamata ad esprimere, rileva che il testo non presenta profili di incostituzionalità. Allo stesso tempo, però, poiché la I Commissione esprime anche un parere in merito alle proprie competenze, e tra queste vi è la sicurezza e l'ordine pubblico, per questo particolare aspetto ritiene sicuramente possibile avanzare alcuni rilievi.
  Nelle premesse del decreto legge, infatti, in merito alle motivazioni di necessità ed urgenza sono richiamate le condizioni di sovraffollamento carcerario, l'insufficienza della vigente disciplina della detenzione domiciliare ed è sottolineato che non è stato completato il piano straordinario penitenziario né è stata adottata la riforma delle misure alternative alla detenzione.
  Premesso che considerare motivazioni di necessità e urgenza dati strutturali come il sovraffollamento delle carceri italiane e la non realizzazione del piano di edilizia carceraria suscita più di una perplessità, sottolinea che l'intervento volto ad agevolare le pene alternative al carcere ed in particolare gli arresti domiciliari incide in maniera rilevantissima sulle risorse umane e strumentali delle forze di pubblica sicurezza, poiché spetterà ad esse svolgere i controlli previsti nei confronti dei detenuti ai domiciliari. L'aumento di questi compiti da parte delle forze dell'ordine, sottrarrà risorse ad altri compiti di spettanza delle forze dell'ordine, in particolare per quanto attiene ai servizi volti a garantire l'ordine pubblico e la sicurezza. Questa conseguenza si produrrà in misura ancora maggiore a fronte del blocco delle assunzioni negli organici e al taglio delle risorse attualmente disponibili che già sta facendo sentire i propri effetti.
  Sempre in merito a questo profilo, sottolinea come nel decreto-legge non figuri la firma dei Ministro dell'interno, che è invece chiamato a garantire la tutela dell'ordine pubblico.
  Per tali ragioni, preannuncia l'astensione del suo gruppo.

  Maria Elena BOSCHI (PD), relatore, alla luce di quanto evidenziato dai colleghi Balduzzi e Bragantini presenta una nuova versione della sua proposta di parere (vedi allegato 2) sopprimendo, nell'osservazione, la parola «maggiormente». Ritiene invece che quanto evidenziato dalla collega Dieni vada oltre i profili di competenza della Commissione in sede consultiva.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) si sofferma ulteriormente sulla previsione dell'articolo 4, già richiamata dalla relatrice, che prevede percorsi di esecuzione della pena «differenziati su base regionale». Si chiede sulla base di quali elementi e requisiti dovrebbero avere luogo tali percorsi differenziati ed invita la relatrice a prevedere che tale rilievo sia formulato come condizione anziché come osservazione.

  Maria Elena BOSCHI (PD) relatore, ritiene che nel testo la differenziazione sia riferita alle strutture e non ai cittadini. Pag. 25Reputa pertanto opportuno mantenere il rilievo come osservazione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, ricorda come tra la modifiche approvate dalla II Commissione vi sia anche una novella all'articolo 612-bis, primo comma, del codice penale, rubricato «atti persecutori», con la quale si è aumentato, nel massimo, da quattro a cinque anni la pena della reclusione ivi prevista. In tale modo si è dato seguito ad una serie di questioni che erano emerse in relazione al reato di stalking con riguardo al provvedimento in esame.

  Nicola MOLTENI (LNA) richiama quanto testé evidenziato dal presidente Sisto e ricorda che, tra le modifiche apportate dalla II Commissione, vi è stata anche l'introduzione, all'articolo 1, di una specifica deroga alla nuova disciplina, con la previsione dell'applicabilità della custodia cautelare in carcere per il delitto di finanziamento illecito ai partiti, sebbene per esso sia previsto il limite di pena massimo di quattro anni.
  Si è dunque optato per una soluzione alquanto anomala dal punto di vista giuridico. Si è ritenuto, infatti, opportuno mantenere a cinque anni anziché a quattro – come originariamente previsto dal decreto-legge – il limite di pena per i cui delitti può applicarsi la misura in esame, ma si è introdotta una deroga specifica per il finanziamento illecito ai partiti e si è aumentato il limite di pena per il reato di stalking. Ritiene che, pur concordando con quanto fatto riguardo allo stalking, si sia trattato di un compromesso al ribasso tra i gruppi del Partito democratico e del Popolo della libertà, che di certo non ha portato a risultati soddisfacenti dal punto di vista della buona tecnica normativa.
  Auspica dunque che possa tornare un atteggiamento di buon senso.

  Massimiliano FEDRIGA (LNA) rileva come ci si trovi di fronte a disposizioni molto discusse. Il Senato ha infatti innalzato da quattro a cinque anni il limite edittale di riferimento per l'applicabilità della disposizione che incide sui presupposti per l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Alla Camera, la II Commissione ha poi approvato una novella all'articolo 612-bis, primo comma, del codice penale, rubricato «atti persecutori», aumentando, nel massimo, da quattro a cinque anni la pena della reclusione ivi prevista.
  Invita quindi la Commissione ad un'attenta valutazione, sotto il profilo della legittimità costituzionale, della distinzione tra reati prevista dal testo, che appare a suo avviso irragionevole sotto molti profili. Ritiene infatti che possa derivarne un vulnus molto ampio.
  Ricorda come in precedenti occasioni la I Commissione abbia evidenziato criticità sotto il profilo costituzionale in ragione dell'esclusione di alcuni tipi di reato. In questo caso vi è, a suo avviso, il medesimo tipo di problema. Fa dunque presente la contrarietà del suo gruppo.

  Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere della relatrice, come da ultimo riformulata.

Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia.
Testo unificato C. 245 Scalfarotto e abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Elena CENTEMERO (PdL), relatore, ricorda preliminarmente che la Costituzione, all'articolo 3, prevede che tutti i cittadini hanno pari dignità e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione.
  Osserva che l'articolo unico del testo unificato della proposte di legge C. 245 (Scalfarotto), C. 280 (Fiano) e C. 1071 (Brunetta) intende contrastare le discriminazioni fondate su omofobia e transfobia novellando la cosiddetta legge Reale (legge Pag. 26n. 654 del 1975) e la cosiddetta legge Mancino (decreto-legge n. 122 del 1993), che attualmente costituiscono l'ossatura della legislazione italiana di contrasto alle discriminazioni.
  In particolare, la legge n. 654 del 1975, di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966, all'articolo 3 punisce, salvo che il fatto costituisca più grave reato: chiunque propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lettera a)) con la reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro. La giurisprudenza ha chiarito che la fattispecie configura un reato di pura condotta e di pericolo astratto che si perfeziona indipendentemente dalla circostanza che l'istigazione sia raccolta dai destinatari; si tratta inoltre di ipotesi di reato a dolo generico (Cassazione, Sezione I, sentenza. n. 724 del 21 gennaio 1998; Sezione. III, sentenza. n. 37581 del 07-05-2008); chiunque, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lettera b)) con la reclusione da 6 mesi a 4 anni. La fattispecie che sanziona la violenza commessa per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi configura invece un delitto a dolo specifico, ove l'agente operi con coscienza e volontà di offendere la dignità e l'incolumità della vittima in considerazione di fattori etnici, religiosi o razziali (Cassazione., Sezione. III, sentenza n. 7421 del 26 febbraio 2002); chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3) con la reclusione da 6 mesi a 4 anni; chiunque promuove o dirige organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3) con la reclusione da 1 a 6 anni).
   Il decreto-legge n. 22 del 1993 (convertito dalla legge n. 205 del 1993) ha provveduto ad inasprire le pene per i delitti previsti dalla legge del 1975 e ha introdotto (articolo 1) pene accessorie in caso di condanna (dall'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all'obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).
  Inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975, l'articolo 2 del decreto-legge ha previsto sanzioni penali per: chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull'odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all'articolo 3 della legge n. 654 del 1975 (articolo 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro); chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (articolo 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).
  Infine, il decreto-legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato – ad eccezione di quelli per i quali è previsto l'ergastolo – commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654 del 1975, la pena viene aumentata fino alla metà. In caso di concorso di circostanze, il comma 2 stabilisce che il giudice non può ritenere le attenuanti equivalenti o prevalenti rispetto all'aggravante della finalità di discriminazione e che le eventuali diminuzioni di pena devono essere calcolate sulla pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante. Tale principio non opera rispetto all'attenuante della minore età (di cui all'articolo 98 del codice penale).Pag. 27
  Durante la scorsa legislatura, nel corso delle audizioni in Commissione giustizia una dei docenti auditi, la Professoressa Marilisa D'Amico, ha evidenziato, con riguardo all'aggravante connessa all'omofobia, che «problemi dovuti al carattere soggettivo dell'aggravante potranno presentarsi, ma solo su un piano probatorio, poiché potrebbe risultare difficile, a seconda dei fatti, ricostruire i motivi che hanno determinato l'agente» e sottolinea che «il rischio di scivolare sul delicato terreno dei reati di opinione e, dunque, di introdurre nell'ordinamento illegittime violazioni della libertà di manifestazione del pensiero».
  Il testo unificato elaborato dalla Commissione Giustizia, all'articolo 1, comma 1, novella l'articolo 3 della cosiddetta legge Reale, inserendo tra le condotte di istigazione, violenza e associazione finalizzata alla discriminazione anche quelle fondate sull'omofobia o sulla transfobia. Conseguentemente, si punisce: con la reclusione fino a un anno e 6 mesi o la multa fino a 6.000 euro chi «istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia. L'inserimento delle parole «o fondati sull'omofobia o transfobia» al termine della lettera a) interessa pertanto l'ipotesi dell'istigazione o commissione di atti di discriminazione, mentre non interessa la fattispecie di «propaganda» di idee fondate sulla omofobia o transfobia, contenuta nella prima parte della disposizione; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chi in qualsiasi modo «istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi» fondati sull'omofobia o transfobia; con la reclusione da 6 mesi a 4 anni chiunque partecipa – o presta assistenza all'attività – di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi fondati sull'omofobia o transfobia. Tali formazioni sono espressamente vietate dalla legge. La pena per coloro che le promuovono o dirigono è la reclusione da 1 a 6 anni.
   I commi 2 e 3 dell'articolo 1 novellano la cosiddetta legge Mancino (decreto-legge n. 122 del 1993), aggiungendo la discriminazione fondata sull'omofobia o transfobia nel titolo del provvedimento e nella rubrica del primo articolo. In particolare, la «legge Mancino», all'articolo 1, comma 1, ha sostituito proprio l'articolo 3 della «legge Reale». L'intervento sulla rubrica dell'articolo 1 della legge Mancino chiarisce adesso che sono applicate anche ai condannati per una delle fattispecie precedenti – ovvero a seguito di condotta fondata sull'omofobia o transfobia – le pene accessorie previste dalla stessa legge Mancino. Si tratta dell'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività, dell'obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; della sospensione della patente di guida o del passaporto, nonché del divieto di detenzione di armi e del divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale.
  Sottolinea come le previsioni introdotte dal provvedimento in esame presentano profili problematici dal punto di vista probatorio e c’è il rischio di cadere nel reato d'opinione, in contrasto con il dettato dell'articolo 21 della Costituzione.
  Per quanto riguarda, infine, il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle regioni, il provvedimento riguarda la materia «ordinamento civile e penale» che l'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  In conclusione formula una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato 3).

  Federica DIENI (M5S) ritiene come il provvedimento uscito dalla Commissione Giustizia abbia depotenziato il reato di omofobia.
  Ritiene, quindi, che nel parere debba essere chiesto alla Commissione di merito di chiarire il concetto di omofobia, non essendo una fattispecie prevista dal nostro ordinamento.
  Osserva che la previsione che il giudice, nel bilanciamento tra aggravanti e attenuanti, Pag. 28debba privilegiare le prime sembrerebbe togliere una certa discrezionalità al giudice medesimo.
  Non ritiene, infine, che ci siano rischi di inficiare la libertà di opinione, perché questa è coperta a li vello costituzionale.

  Matteo BRAGANTINI (LNA), ritiene che il provvedimento presenti dei profili di criticità sul piano della legittimità costituzionale. Uno stesso reato, condotto con offese fisiche o anche solo verbali, infatti, viene punito in modo diverso a seconda di chi sia la vittima e, così, le stesse vittime non sono tutelate in modo uguale dallo Stato. Il provvedimento non mette sullo stesso piano chi ha subito un'offesa in quanto omosessuale e chi, ad esempio, è anziano o soffre di qualche piccolo handicap, come anche una semplice miopia. Ritiene che tutto questo sia illogico e che nessuno debba essere discriminato.
  Rileva inoltre che si corre il rischio di colpire le idee. Ricorda, al proposito, alcune fattispecie di reato previste dal codice Rocco, come il voler dividere le colonie dall'Italia. Va tutelata, dunque, la legittimità ad esprimere le proprie idee.
  In conclusione, ritiene che quanto da lui esposto vada inserito nel parere.

  Emanuele FIANO (PD) chiede a nome del suo gruppo una breve sospensione per poter analizzare quanto esposto dalla relatrice, al fine di giungere ad un parere il più largamente condiviso.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, non essendovi obiezioni sulla richiesta del deputato Fiano, sospende la seduta.

  La seduta, sospesa alle 19, riprende alle 19.55.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, avverte che, a causa della delicatezza delle questioni implicate dalla proposta di parere della relatrice e dal provvedimento in esame, si rende necessario un rinvio dell'esame, in modo da permettere alla relatrice di disporre di altro tempo per definire una proposta di parere sulla quale i gruppi possano convergere. Propone quindi di rinviare la seduta alle ore 9 di domani.

  La Commissione concorda.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta che sarà convocata per le 9 di domani.

Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante.
Nuovo testo C. 925 Costa ed abb.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Andrea MAZZIOTTI DI CELSO (SCpI), relatore, ricorda che il nuovo testo della proposta di legge C. 925, elaborato dalla Commissione Giustizia nel corso dell'esame in sede referente, è composto di quattro articoli. Il provvedimento interviene in particolare sulla disciplina della diffamazione a mezzo stampa. Il punto qualificante dell'intervento sta nell'eliminazione della pena detentiva per i delitti contro l'onore (ingiuria e diffamazione), che tuttavia non vengono depenalizzati ma conservano la natura giuridica di delitto.
  Venendo più in dettaglio alla descrizione del contenuto del provvedimento, l'articolo 1 del nuovo testo propone una serie di modifiche alla legge sulla stampa (ossia la legge n. 47 del 1948). La prima modifica riguarda l'articolo 1 della legge, che reca la definizione di stampa o stampato. In tale articolo è aggiunto un comma che estende l'ambito di applicazione della legge sulla stampa anche alle testate giornalistiche on line, registrate presso le cancellerie dei tribunali ai sensi dell'articolo 5 della stessa legge n. 47. Numerose modifiche sono, poi, introdotte alla disciplina del diritto di rettifica di cui all'articolo 8 della legge n. 47.Pag. 29
  L'articolo 8 in questione prevede che il direttore o, comunque, il responsabile è tenuto a fare inserire gratuitamente nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia di stampa le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. Per i quotidiani, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre due giorni da quello in cui è avvenuta la richiesta, in testa di pagina e collocate nella stessa pagina del giornale che ha riportato la notizia cui si riferiscono. Per i periodici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, non oltre il secondo numero successivo alla settimana in cui è pervenuta la richiesta, nella stessa pagina che ha riportato la notizia cui si riferisce. Le rettifiche o dichiarazioni devono fare riferimento allo scritto che le ha determinate e devono essere pubblicate nella loro interezza, purché contenute entro il limite di trenta righe, con le medesime caratteristiche tipografiche, per la parte che si riferisce direttamente alle affermazioni contestate. Qualora, trascorso il termine indicato per i quotidiani o i periodici, la rettifica o dichiarazione non sia stata pubblicata o lo sia stata in violazione di quanto disposto dalle norme sopradescritte, l'autore della richiesta di rettifica può chiedere al tribunale, ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, che sia ordinata la pubblicazione. La mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di cui al presente articolo è punita con la sanzione amministrativa da euro 7.746 a euro 12.911. La sentenza di condanna deve essere pubblicata per estratto nel quotidiano o nel periodico o nell'agenzia. Essa, ove ne sia il caso, ordina che la pubblicazione omessa sia effettuata.
  Questo, dunque, è il contenuto attuale dell'articolo 8 della legge n. 47. Il primo comma dell'articolo 8 è novellato, in particolare, con la previsione che le dichiarazioni o le rettifiche della persona offesa devono essere pubblicate senza commento (articolo 1, comma 1, lettera 0c). Le ulteriori modifiche al citato primo comma (articolo 1, comma 1, lettera 0a) e 0b) sono finalizzate, da un lato, ad una sua migliore formulazione (il riferimento agli obblighi del direttore del giornale di «pubblicare» anziché «fare inserire» la rettifica) dall'altro, al suo coordinamento con l'estensione della disciplina della legge sulla stampa alle testate giornalistiche on line registrate.
  Una integrazione del secondo comma dell'articolo 8 detta la necessaria disciplina delle rettifiche sulle testate giornalistiche on line precisando che gli obblighi di pubblicazione vanno assolti entro 2 giorni dalla richiesta (come i quotidiani cartacei), con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia rettificata, in testa alla pagina dell'articolo relativo alla notizia stessa, senza modificarne la URL (cioè l'Uniform Resource Locator, cioè la sequenza di caratteri che identifica univocamente l'indirizzo Internet della testata on line) e con caratteristiche grafiche che rendano evidente l'avvenuta modifica (articolo 1, comma 1, lettera a-bis).
  Sono, poi, introdotti nell'articolo 8 due commi (rispettivamente dopo il terzo e dopo il quarto) che ampliano l'ambito applicativo dell'istituto della rettifica alle trasmissioni televisive o radiofoniche e alla stampa non periodica (ad es. i libri). In particolare, la lettera b) del comma 1 dell'articolo 1 estende l'istituto della rettifica alle trasmissioni televisive o radiofoniche. Per tali trasmissioni, il diritto alle dichiarazioni e alla rettifica è esercitato ai sensi dell'articolo 32 del testo unico della radiotelevisione (di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005). Il riferimento dovrebbe essere più correttamente all'articolo 32-quinquies del testo unico, in base a cui chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l'onore e la reputazione, o materiali da trasmissioni contrarie a verità ha diritto di chiedere al fornitore di servizi di media audiovisivi lineari, incluse la concessionaria Pag. 30del servizio pubblico generale radiotelevisivo, all'emittente radiofonica ovvero alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione, che sia trasmessa apposita rettifica, purché questa ultima non abbia contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali.
  La rettifica è, quindi effettuata entro quarantotto ore dalla data di ricezione della relativa richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli interessi. Trascorso detto termine senza che la rettifica sia stata effettuata, l'interessato può trasmettere la richiesta all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che provvede ai sensi del comma 4. Fatta salva la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria a tutela dei diritti soggettivi, nel caso in cui l'emittente, televisiva o radiofonica, analogica o digitale, o la concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo ritengano che non ricorrono le condizioni per la trasmissione della rettifica, sottopongono entro il giorno successivo alla richiesta la questione all'Autorità, che si pronuncia nel termine di cinque giorni. Se l'Autorità ritiene fondata la richiesta di rettifica, quest'ultima, preceduta dall'indicazione della pronuncia dell'Autorità stessa, deve essere trasmessa entro le ventiquattro ore successive alla pronuncia medesima.
  La lettera c) del comma 1 dell'articolo 1 introduce un comma dopo il quarto e prevede, per la stampa non periodica, a richiesta dell'offeso, che l'autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all'articolo 57-bis del codice penale (editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero lo stampatore, se l'editore non è indicato o non è imputabile) provvedono, in caso di ristampa o nuova diffusione anche in versione elettronica ed, in ogni caso, sul proprio sito ufficiale alla pubblicazione, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti fatti o atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto suscettibile di incriminazione penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata sul sito e nelle nuove pubblicazioni elettroniche entro due giorni dalla richiesta e nella prima ristampa utile, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata.
  In caso di inerzia nella pubblicazione della smentita o rettifica da parte degli obbligati, la lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo 1 modifica il quinto comma dell'articolo 8 della legge 47 del 1948, stabilendo che – qualora siano decorsi i diversi termini per la rettifica oppure la rettifica sia stata effettuata in violazione delle prescrizioni legislative, – l'autore della richiesta della rettifica può richiedere al «giudice» (in luogo del «pretore») di ordinare la pubblicazione adottando un provvedimento d'urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile. Della stessa procedura può avvalersi l'autore dell'offesa nel caso di inerzia del direttore del giornale o periodico o della testata on line o del responsabile della trasmissione radio-tv (nuovo comma dopo il quinto dell'articolo 8 della legge n. 47, inserito dall'articolo 1, comma 1, lettera d) del testo in esame).
  La lettera d-bis) del comma 1 dell'articolo 1 modifica l'importo della sanzione amministrativa per la mancata o incompleta ottemperanza all'obbligo di rettifica: l'attuale importo di lire 15 milioni nel minimo e 25 milioni di lire nel massimo è sostituito da euro 8.000 (minimo) e euro 16.000 (massimo). Il comma 2 dell'articolo 1 del nuovo testo della proposta di legge introduce l'articolo 11-bis della legge sulla stampa relativo al risarcimento del danno. La Commissione giustizia ha soppresso il limite al risarcimento del danno patrimoniale previsto dalla proposta di legge C. 925. Ha invece previsto che, nella determinazione del danno derivante da diffamazione commessa con il mezzo della stampa, il giudice tiene conto della diffusione quantitativa e della rilevanza nazionale o locale del mezzo di comunicazione usato per compiere il reato, della gravità Pag. 31dell'offesa, nonché dell'effetto riparatorio della pubblicazione della rettifica. L'azione si prescrive in due anni. È conseguentemente prevista l'abrogazione dell'articolo 12 della legge n. 47 del 1948, in base al quale per la diffamazione a mezzo stampa la persona offesa può chiedere – oltre il risarcimento dei danni – una somma a titolo di riparazione, determinata in relazione alla gravità dell'offesa e alla diffusione dello stampato (comma 3, articolo 1).
  Il comma 4 dell'articolo 1 del testo in esame sostituisce l'articolo 13 della legge sulla stampa, riunendo in tale articolo le diverse fattispecie sanzionatorie relative alla diffamazione a mezzo stampa, per le quali viene eliminata la pena della reclusione.
  Al comma 1 del nuovo articolo 13 la diffamazione a mezzo stampa è sanzionata con la multa da 5.000 a 10.000 euro. Oggi la sanzione per la diffamazione a mezzo stampa è punita dall'articolo 595, terzo comma, del codice penale, con la reclusione da sei mesi a tre anni o con la multa non inferiore a 516 euro. In base al secondo periodo del comma 1 del nuovo articolo 13, se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza delle sua falsità, la pena è della multa da 20.000 euro a 60.000 euro. Attualmente, l'articolo 13, primo comma, fa riferimento alla semplice attribuzione di un fatto determinato e prevede la sanzione della reclusione da uno a sei anni e della multa non inferiore a lire 500.000.
  Sono poi aggiunti quattro commi all'articolo 13. Il comma 2 prevede che alla condanna per il delitto di cui al comma 1 (quindi per entrambe le ipotesi di diffamazione a mezzo stampa) consegue la pena accessoria della pubblicazione della sentenza nei modi stabiliti dall'articolo 36 del codice penale (affissione al comune e pubblicazione su uno o più giornali e sul sito Internet del Ministero della giustizia). Nelle ipotesi di cui all'articolo 99, secondo comma, n. 1), del codice penale (recidiva con nuovo delitto non colposo della stessa indole) si applica la pena accessoria dell'interdizione dalla professione di giornalista per un periodo da un mese a sei mesi Il comma 3 stabilisce la non punibilità dell'autore dell'offesa che provvede alla rettifica secondo quanto previsto dall'articolo 8. Ai fini della non punibilità, il giudice valuta la rispondenza della rettifica alla legge (comma 4).
  Infine, con la sentenza di condanna il giudice dispone la trasmissione degli atti al competente ordine professionale per le determinazioni relative alle sanzioni disciplinari (comma 5).
  L'articolo 2 del nuovo testo della proposta di legge modifica il codice penale. Il comma 1 sostituisce l'articolo 57 del codice penale, la cui rubrica non fa più riferimento alla sola stampa periodica, bensì ai reati commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione. Il nuovo primo comma è riferito alla responsabilità del direttore o vicedirettore responsabile del quotidiano, del periodico o della testata giornalistica, radiofonica o televisiva, nonché – per coordinamento – delle testate giornalistiche on line registrate ai sensi dell'articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47: egli risponde dei delitti commessi con il mezzo della stampa, della diffusione radiotelevisiva o con altri mezzi di diffusione se il delitto è conseguenza della violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione. La pena è in ogni caso ridotta di un terzo. Non si applica la pena accessoria dell'interdizione della professione di giornalista. Pertanto, in luogo della responsabilità «a titolo di colpa» attuale è precisato il nesso di causalità che deve intercorrere tra la violazione dei doveri di vigilanza sul contenuto della pubblicazione e il reato commesso a mezzo stampa o altri mezzi di comunicazione.
  Il nuovo secondo comma dell'articolo 57 prevede la possibile delega delle funzioni di vigilanza da parte del direttore ad uno o più giornalisti professionisti idonei a svolgere le funzioni di cui al primo comma. Tale ipotesi è prevista in relazione alle dimensioni organizzative e alla diffusione del quotidiano, del periodico o della Pag. 32testata giornalistica, radiofonica o televisiva nonché delle testate giornalistiche on line registrate ai sensi dell'articolo 5 della legge sulla stampa: La delega deve risultare da atto scritto avente data certa ed accettazione del delegato.
  Il comma 2 dell'articolo 2 sostituisce l'articolo 594 del codice penale sull'ingiuria, la cui fattispecie base (comma 1) è attualmente punita con la pena della reclusione fino a sei mesi o della multa fino a 516 euro. Il nuovo comma 1 elimina la previsione della reclusione sanzionando l'ingiuria con la sola pena della multa fino ad un massimo di 5.000 euro. Si prevede inoltre l'inserimento della fattispecie commessa comunicazione «telematica» e l'aumento delle pene fino alla metà qualora l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato ovvero sia commessa in presenza di più persone (attualmente l'aumento riguarda solo la seconda ipotesi, mentre l'attribuzione di un fatto determinato è punita con la reclusione fino a un anno o la multa fino a euro 1.032).
  Il comma 3 dell'articolo 2 del nuovo testo sostituisce l'articolo 595 del codice penale in tema di diffamazione: l'ipotesi base di diffamazione è estesa anche alla comunicazione in via telematica; l'attuale sanzione della reclusione fino a un anno o della multa fino a euro 1.032 è sostituita dalla multa da 3.000 a 10.000 euro. In caso di attribuzione di un fatto determinato la pena è della sola multa fino a euro 15.000 (oggi tale fattispecie è sanzionata con la reclusione fino a due anni o la multa fino a euro 2.065). Per coordinamento, i commi terzo e quarto del vigente articolo 595 del codice penale risultano abrogati. In particolare, il contenuto del terzo comma è stato parzialmente trasposto nel nuovo articolo 13 della legge n. 47 del 1948 per la parte relativa alla diffamazione a mezzo stampa. Si osserva infatti che non pare trovare più fondamento legislativo la fattispecie della diffamazione «con qualsiasi altro mezzo di pubblicità ovvero in atto pubblico» attualmente contenuta nell'articolo 595, terzo comma, del codice penale. L'attuale quarto comma dell'articolo 595 del codice penale riguarda l'ipotesi aggravata dell'offesa recata a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o a una sua rappresentanza o a un'autorità costituita in collegio. L'articolo 3 del nuovo testo della proposta di legge aggiunge un comma all'articolo 427 del codice di procedura penale, relativo alla condanna del querelante alle spese e ai danni. L'attuale articolo 427 del codice di procedura penale prevede che, nei reati a querela dell'offeso, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato (comma 1). La ratio della disposizione risiede nella dimostrazione della temerarietà della querela. In tali ipotesi, dietro domanda, il giudice condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall'imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto; in presenza di giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte (comma 2). Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda (comma 3). Il comma aggiuntivo 3-bis dell'articolo 427 – introdotto dal testo in esame – prevede che il giudice possa irrogare al querelante una sanzione pecuniaria da 1.000 a 10.000 euro in caso di querela temeraria, in favore della cassa delle ammende.
  L'articolo 3-bis del testo in esame, infine, modifica l'articolo 200 del codice di procedura penale estendendo la disciplina del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti iscritti al rispettivo albo.
  In conclusione, presenta e illustra una proposta di parere favorevole con condizioni e osservazioni (vedi allegato 4).

  Matteo BRAGANTINI (LNA), nel ringraziare il collega Mazziotti di Celso per la esauriente relazione svolta, osserva che, considerata la particolare complessità della proposta di parere da lui formulata, appare opportuno un rinvio dell'esame ad altra seduta. Ritiene infatti, tra l'altro, Pag. 33importante approfondire le problematiche connesse alla condizione contenuta nel parere che prevede all'articolo 1, comma 1, l'estensione dell'applicazione della legge n. 47 del 1948 già prevista per le testate giornalistiche on line, anche alle trasmissioni televisive.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, premesso di ritenere ragionevole la richiesta formulata dal collega Bragantini, propone che anche l'esame del provvedimento in titolo sia rinviato alla seduta da convocare domani mattina alle ore 9.

  La Commissione concorda.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 20.25.

ERRATA CORRIGE

  Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari n. 66 del 31 luglio 2013, a pagina 61, seconda colonna, ventiseiesima riga, il numero: «7.5» è sostituito dal seguente «7.6».

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