CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 18 luglio 2013
58.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 43

SEDE REFERENTE

  Giovedì 18 luglio 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 14.10.

Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia.
C. 245 Scalfarotto, C. 1071 Brunetta e C. 280 Fiano.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 17 luglio 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, invita i colleghi che vi abbiano interesse ad intervenire sul complesso degli emendamenti. Ricorda che i provvedimenti in esame sono iscritti nel calendario dei lavori dell'Assemblea a partire dal 26 luglio prossimo.

  Edmondo CIRIELLI (FdI) illustra gli emendamenti da lui presentati, evidenziandone il numero limitato e precisando di non avere alcun intento ostruzionistico. Si sofferma quindi sulla necessità condivisa anche dal suo gruppo di punire in modo più severo gli atti di violenza e discriminazione nei confronti delle persone omosessuali.
  Ritiene, tuttavia, che il testo in esame debba essere profondamente modificato. Pag. 44Sopprimendo, in primo luogo, gli articoli 1 e 2. Come soluzione alternativa a quella indicata nel testo, propone l'introduzione di una circostanza aggravante comune ovvero di limitare l'applicazione dell'articolo 3 del testo base al solo articolo 3, comma 1, lettera b) della cosiddetta legge Mancino, per evitare che si sconfini nell'ambito dei reati di opinione. Quanto all'articolo 4, ritiene che il giudice debba valutare caso per caso, discrezionalmente, l'applicazione del la sanzione del lavoro di pubblica utilità, riducendo ne ad un mese la durata minima.

  Paola BINETTI (SCpI) nell'illustrare gli emendamenti presentati, premette come non siano in discussione il rispetto della persona e la riprovazione di ogni forma di violenza, anche motivata dall'omosessualità della vittima.
  Ritiene, tuttavia, che il testo in esame presenti numerose perplessità, legate soprattutto alla definizione di fattispecie di reato di opinione, con il rischio conseguente di limitare la libertà di pensiero e di creare un effetto discriminatorio nei confronti di un'intera cultura.
  Si domanda quindi se, in applicazione delle disposizioni in esame, sia discriminatorio prevedere, ad esempio, che in una squadra di calcio non possa giocare una donna o che una persona con un sesso diverso da quello previsto non possa partecipare ad un seminario ovvero se potrà continuare a prevedere corsi di preparazione al matrimonio per sole coppie eterosessuali. Si domanda se nel mondo scientifico e del pensiero psichiatrico si potrà ancora discutere dell'omosessualità come disturbo dell'identità di genere.
  Sottolinea quindi come dalla formulazione della norma non risulti tracciata una chiara linea di confine tra libertà di pensiero e istigazione alla violenza. E come ciò finisca inevitabilmente per avere ripercussioni sul mondo scientifico, sul mondo cattolico e, ad esempio, sulle associazioni che si occupano di adozioni, ove si manifestasse l'opinione che le coppie omosessuali non possono adottare figli.
  Ritiene quindi che il provvedimento possa costituire una «legge-ponte» proprio per estendere agli omosessuali la disciplina delle adozioni e del matrimonio. Anche per questo motivo ritiene che il provvedimento non sia assolutamente condivisibile.

  Alessandro PAGANO (PdL) dichiara di dare per scontato che il Parlamento non andrà in ferie senza aver prima approvato la legge cosiddetta antiomofobia. Ciò perché lunedì prossimo il provvedimento verrà votato in Commissione e subito dopo – probabilmente la settimana successiva – ci sarà l'approvazione dell'Aula.
  Osserva come finora nessuno dal Palazzo abbia espresso serie riserve verso la nuova normativa – anzi, il testo base prossimo a essere votato viene dalla unificazione di tre proposte di legge, una delle quali del Pdl, primo firmatario il capogruppo Brunetta –, è da immaginare un iter rapido anche al Senato. È giusto così: che cosa mai saranno quisquilie come incentivi seri allo sviluppo, la sorte dell'Imu o dell'aumento dell'Iva, o le emergenze sociali e di ordine pubblico per le quali non si hanno strumenti adeguati ? È tutto secondario ! La priorità del momento è annientare le discriminazioni omofobe: è questione di civiltà. Esattamente come la legalizzazione dell'incesto, divenuta operativa col decreto legislativo varato dal Governo nei giorni scorsi (esercitando una delega votata con legge dal precedente Parlamento nel novembre 2012) è stata presentata come la fine della differenza tra figli di serie A e figli di serie B.
  Ritiene che si debba provare ad uscire dagli slogan e guardare che cosa dice la legge che sta per passare: in modo automatico essa estende la «legge Mancino» del 1993 alle «discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere della vittima». La «legge Mancino», a sua volta, punisce con la reclusione fino a un anno e mezzo chi «propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico» o istiga in tale direzione, e con la reclusione fino a quattro anni chi istiga a commettere o commette Pag. 45violenza o atti di provocazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi. La stessa legge vieta ogni associazione che fra i propri scopi abbia quelli appena indicati: per chi ne fa parte la reclusione è fino a quattro anni; per chi le promuove fino a sei anni. Il tutto accompagnato da una serie di previsioni sul sequestro e sulla confisca dei mezzi adoperati per compiere tali attività. Il testo in esame estende queste disposizioni, come si è detto, alle «discriminazioni motivate dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere della vittima».
  Si domanda dunque quale sarà l'area di applicazione della nuova disciplina. È lecito domandarselo non solo per curiosità accademica (che pure non manca: uno dei cardini del diritto penale è la precisione della norma incriminatrice e qui si va molto sul generico), ma anche per capire come si può evitare una imputazione, per es., di propaganda di discriminazione che abbia questa motivazione. Il testo unificato qualche aiuto lo fornisce, attraverso la definizione delle espressioni che introduce nel sistema penale; all'articolo 1 chiarisce che «orientamento sessuale» è «l'attrazione nei confronti dello stesso sesso, di sesso opposto, o di entrambi i sessi», e che invece «identità di genere» è «la percezione che una persona ha di sé come appartenente al genere femminile o maschile, anche se opposto al proprio sesso biologico». Appare chiaro che si archivia un sistema fondato, per senso di realtà e per garanzia, su dati oggettivi. Diventano penalmente rilevanti, con conseguenze non lievi, viste le sanzioni in discussione, due elementi, entrambi soggettivi e transitori: la «percezione di sé» quanto al genere, «anche se opposto al proprio sesso biologico» e «l'attrazione» verso il proprio o l'altro o entrambi i sessi. Curiosità soddisfatta ? Teme di no.
  Poiché il diritto vive se concretamente applicato, immagina qualche ricaduta delle nuove disposizioni su casi specifici.
  Esempio n.1. Il parroco organizza il corso di preparazione al matrimonio. Spiega che la famiglia è quella fondata sull'unione permanente fra un uomo e una donna, che non è immaginabile altro tipo di unione, e aggiunge che non sta bene assecondare «l'attrazione» verso persone dello stesso sesso, o anche di altro sesso se si tratta di persona diversa dalla propria moglie, e infine che non funziona nemmeno la versione bisex. Di più, aggrava la situazione quando, a domanda di un nubendo se ciò di cui parla è materia di peccato, risponde che gli «atti impuri contro natura» costituiscono uno dei quattro peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio» (copyright: Catechismo della Chiesa cattolica). A Rocco Buttiglione una decina d'anni fa una affermazione di questo tipo costò l'incarico di commissario europeo; al nostro parroco, con la nuova legge, può costare un po’ di carcere. Qualcuno mette la firma perché a nessun p.m. venga in mente una bella incriminazione di «propaganda» fondata su «discriminazione» per «orientamento sessuale» ?
  Esempio n. 2. Il docente di psicologia insegna ai suoi allievi che «la percezione che una persona ha di sé» come appartenente a un genere «opposto al proprio sesso biologico» è qualcosa da affrontare con equilibrio e delicatezza, sapendo che provoca non poco disagio a chi la vive. Ma può essere positivamente risolta, superando situazioni difficili, come in più d'un caso è accaduto. Chi assicura che quel docente potrebbe continuare a tenere lezione, e non trasferirsi, anche lui, in un luogo più ristretto, nel quale riflettere con maggior tempo a disposizione ?
  Esempio n. 3. Riguarda chi sta salendo e chi pubblica considerazioni come quelle che sta tentando di illustrare. Lascia alla fantasia di chi legge arricchire la casistica.
  Attenzione: l'articolo 4 del testo Scalfarotto-Brunetta-Fiano (sono i primi firmatari delle proposte originarie) si preoccupa saggiamente, dopo il profilo della repressione, di quello della rieducazione. A chi viene condannato per i fatti prima indicati viene inflitta pure una sanzione accessoria: quella di «prestare un'attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali» per un periodo fra tre mesi e un anno. Tra tali attività, è prescritto che vi sia pure «lo svolgimento di Pag. 46lavoro (...) a favore delle associazioni a tutela delle persone omosessuali». Dunque, per il parroco del corso prematrimoniale, per il docente di psicologia e per chi parla, chiuse le porte del carcere, si aprirebbero quelle di lavoro «obbligatorio e gratuito» in un centro di rieducazione. Questa legge, dunaue, non è contro la religione ma è contro la libertà e la ragionevolezza.
  La Commissione ha adottato il testo base del provvedimento contro l'omofobia e la transfobia, testo che andrà all'esame dell'Aula il prossimo 26 luglio. In previsione di tale importante passaggio parlamentare, i Giuristi per la Vita – insieme a La Nuova Bussola Quotidiana – lanciano un appello per fermare questa iniziativa legislativa, che rischia seriamente di avere gravi ripercussioni sui diritti fondamentali dell'uomo riconosciuti dalla nostra Costituzione, tra cui il diritto alla libertà di pensiero (articolo 21), alla libertà religiosa (articolo 19), principio di tassatività (articolo 25) e principio di uguaglianza (articolo 3).
  Si sofferma quindi ad illustrare i profili di incostituzionalità del provvedimento in esame, come evidenziati ed argomentati dal professor Mauro Ronco, Ordinario di diritto penale presso l'Università di Padova.
  L'introduzione nell'ordinamento di nuove fattispecie che sanzionino penalmente le discriminazioni o l'istigazione a discriminazioni per motivi inerenti all'orientamento sessuale va contro il principio, condiviso dalla quasi totalità della dottrina, del «diritto penale minimo» e del diritto penale come «extrema ratio». Un razionale dispiegamento della sanzione penale, onerosa per la società, per il sistema giudiziario e per i cittadini, nonché scarsamente efficace sul piano pratico a cagione della notevole complessità del procedimento postulato per la comminazione e l'esecuzione della pena, importa che il legislatore si attenga a un costante self restrainement, che lo trattenga dal minacciare la sanzione quando essa non sia assolutamente indispensabile per la tutela di beni giuridici di importanza essenziale per la pacifica convivenza sociale.
  La discriminazione è un concetto di assai vasta latitudine, che consiste, a tenore della normativa internazionale (cfr. per esempio Direttiva 2000/78/CE dell'Unione Europea del 27 novembre 2000), in un qualsiasi comportamento che sfocia in un trattamento di una persona in guisa meno favorevole di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra persona in una situazione analoga. A questo concetto di discriminazione, detta «diretta», va giustapposta una nozione di discriminazione «indiretta», che si verifica allorché una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di svantaggio determinate persone rispetto ad altre. Alla stregua di questo latissimo concetto di discriminazione è chiaro quanto immenso spazio sia guadagnato a favore dell'intervento della sanzione penale, se dovesse integrare reato qualsiasi discriminazione o istigazione alla discriminazione per motivo di orientamento sessuale. Solo per esemplificare, la madre che cercasse di persuadere la figlia di non sposare una persona che manifesti un orientamento «bisessuale», rappresentandole i rischi per la formazione di un nucleo familiare stabile, potrebbe essere responsabile del reato di istigazione alla discriminazione per motivo di orientamento sessuale. Allo stesso modo il padre che rifiutasse di affittare al figlio un appartamento di sua proprietà per la ragione che quest'ultimo intenderebbe utilizzarlo per la convivenza con una persona dello stesso sesso – ove fosse provato che il medesimo genitore sarebbe disponibile ad affittarlo se il figlio fosse intenzionato a convivere con una donna –, potrebbe essere responsabile del reato di discriminazione per motivo di orientamento sessuale.
  Tali aberranti conseguenze, come tante altre dello stesso genere, limiterebbero in modo inaccettabile sia la libertà di espressione del pensiero sia la libertà e l'autonomia delle persone nell'esercizio dei propri diritti e nella regolazione dei propri interessi, con violazione dei diritti fondamentali Pag. 47di libertà statuiti soprattutto dagli artt. 21 e 30 della Costituzione. Né può trascurarsi la possibile violazione degli artt. 18 e 19 della Costituzione, con riferimento alla libertà di associarsi e alla libertà di professare la propria fede religiosa, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, con il solo limite del buon costume. Invero, (1) se qualsiasi indicazione espressiva di un giudizio critico, sul piano scientifico, etico ed educativo, di determinati orientamenti sessuali; (2) se qualsiasi dottrina religiosa, che sostenesse la contrarietà al diritto naturale degli orientamenti sessuali, diversi da quello eterosessuale; (3) se qualsiasi espressione educativa, che si ponesse sullo stesso solco concettuale; se tutte queste forme espressive e i comportamenti pratici conseguenti fossero sottoposti a rischio di sanzione penale, grandemente offese sarebbero la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di educazione, la libertà religiosa, la libertà di associazione.
  Se poi si giustapponesse, come fanno i testi dei progetti di legge oggetto di esame, al motivo dell'orientamento sessuale il motivo dell’ «identità di genere», con tutte le manifestazioni contestative dell'identità sessuale dell'uomo e della donna, come maschio e femmina, che sono conosciute nella letteratura dei gender studies, soprattutto nel movimento queer, e che sono praticate in alcuni gruppi umani, si giungerebbe al paradosso che sarebbe impossibile la critica nei confronti del discorso negazionista della alterità sessuale, nonché nei confronti di alcuni comportamenti sessuali, ancora oggi annoverati tra le parafilie, come, per esempio, il sadismo e il masochismo.
  Le discriminazioni ingiuste per ragioni di orientamento sessuale trovano la loro sanzione nel ripristino della situazione della giusta uguaglianza, attraverso una tutela giurisdizionale che assicuri la parità di trattamento, senza alcuna necessità di minacciare la sanzione penale.
  La previsione dei reati di discriminazione per motivi di orientamento sessuale violerebbe anche, per la sua assoluta genericità e indeterminatezza, il principio di legalità e di tassatività del precetto penale, statuito all'articolo 25 comma 2 della Costituzione.
  Il precetto penale è determinato quando sia caratterizzato dalla pregnanza rispetto a un fenomeno sociale determinato e circoscritto, del cui disvalore la grandissima parte dei cittadini sia consapevole. Il precetto non è dotato di questo carattere quando l'oggetto evocato dalla norma non abbia contorni precisi, tanto che la stessa possa trovare applicazione in situazioni tra loro molto diverse. Prevedere delitti di discriminazione significa assumere come oggetto di norme penali situazioni diversissime tra loro. Tutta la vita dell'uomo, tutte le sue scelte sono scelte di qualcosa piuttosto che di qualcosa d'altro; scelte di qualcuno al posto di qualcun altro; scelte di un fine piuttosto che di un altro. In queste scelte, spesso consce, ma talora anche inconsce, agiscono pulsioni che sono radicate nella profondità dell'anima. Prevedere la sanzione penale per ogni caso di discriminazione significherebbe proiettare la minaccia dell'intervento coattivo dello Stato su ogni scelta dell'uomo che dia corso a tendenze o a pulsioni corrispondenti all'autonomia personale.
  La previsione come delitto della discriminazione per motivi di orientamento sessuale viene fatta comunemente rientrare tra i delitti definiti di «odio» e, per questa via, viene vista come il complemento dei delitti di «odio» per motivi etnici, razziali o religiosi. Dalla assimilazione sorge il rilievo critico secondo cui chi contrasterebbe concettualmente la riforma sarebbe necessariamente in contrasto con il diritto vigente, che prevede, appunto, delitti di «odio» per motivi etnici, razziali o religiosi.
  Osserva in via generale che la previsione dei delitti di «odio» rischia di sovvertire il principio del «diritto penale del fatto», che contraddistingue la nostra civiltà giuridica ed è imposto dagli artt. 25 comma 2 e 27 comma 3 della Costituzione, poiché centrerebbe il diritto penale sul dato etico e intimo concernente la motivazione Pag. 48«riprovevole» della persona. L'odio, peraltro, è una tra le passioni che compongono naturalmente la psicologia umana, che fanno da tramite e assicurano il legame tra la vita sensibile e la vita morale della persona. Il timore del male causa l'odio, l'avversione e lo spavento del male futuro. L'odio, pertanto, come ogni emozione o sentimento, in sé stesso non è né buono né cattivo, ma riceve la sua qualificazione morale dall'oggetto cui si riferisce. È moralmente malvagio quel sentimento di odio, che, una volta volontariamente accettato dal soggetto, conduca a una azione moralmente cattiva. Intanto, dunque, è punibile una espressione di «odio», in quanto conduca a una azione moralmente cattiva. Alla luce di queste essenziali precisazioni, ci si rende conto di quanto rischiosa, per la garanzia della libertà dei cittadini, sia la previsione dei delitti di «odio», che implicano necessariamente uno scandaglio approfondito in ordine ai moventi intimi, talora inconsci, che stanno alla base delle azioni umane. L'accoglimento da parte dell'ordinamento di tipologie delittuose così intensamente centrate sui moventi intimi dell'azione implicherebbe una eticizzazione incongrua ed eccessiva del diritto penale. Al riguardo si noti che molti delitti sono espressione di «odio» contro la persona. Si pensi tra tutti all'omicidio, che spesso trova la sua origine in tale movente. Eppure tale movente non è previsto in alcun ordinamento come elemento aggravatore del fatto.
  I delitti previsti dalla cosiddetta legge Mancino, che sanzionano la «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» costituiscono, pertanto, una eccezione nel corpo del «diritto penale del fatto», che trovano giustificazione, per un verso, nella pregnanza concettuale, legata a ragioni storiche ben precise, delle discriminazioni di tipo etnico o razziale o religioso e, per un altro verso, nella connotazione violenta che tendono ad assumere, nella esperienza concreta, le azioni discriminatorie compiute per tali motivi. Invero, per quanto la violenza non sia ripetuta nella descrizione analitica delle fattispecie, tale concetto costituisce il criterio interpretativo essenziale della punibilità di tali condotte, come risulta dalla stessa rubrica della norma, che menziona la violenza in modo espresso. L'estensione delle norme «Mancino» alle discriminazioni per motivi di orientamento sessuale o, addirittura, a non bene definiti motivi di «identità di genere» costituirebbe segnale inequivoco della tracimazione inaccettabile dal solco del «diritto penale del fatto» a un «diritto penale dell'atteggiamento interiore».
  Oltre alla violazione del principio di tassatività per incertezza sull'oggetto effettivamente tutelato (principio di tassatività come pregnanza della norma rispetto all'esperienza dell'uomo comune), le disposizioni progettate rischiano di violare il principio di tassatività anche sotto il profilo della idoneità descrittiva della proposizione normativa. I concetti di «orientamento sessuale» e di «identità di genere» non hanno precisione descrittiva tale da delimitare chiaramente l'ambito dell'intervento punitivo.
  È stata proposta anche l'introduzione di una aggravante consistente nell’ «aver commesso il fatto per finalità di discriminazione per motivi inerenti all'orientamento sessuale o all'identità di genere della persona offesa dal reato».
  Si impongono anzitutto due rilievi di carattere tecnico. La collocazione dell'aggravante all'articolo 61 comma 1, 11 ter definirebbe l'aggravante come «comune». A questa stregua non si giustifica la limitazione del giudizio di bilanciamento ai sensi dell'articolo 69, prevista espressamente al comma 2 dell'articolo 1 della proposta di testo unificato di legge. Il secondo rilievo è più grave. Il contenuto della circostanza è ripreso dalla legge Mancino (articolo 3). Ne differisce però in modo significativo. Mentre la legge Mancino individua l'aggravante alternativamente nella «finalità di discriminazione» o di «odio», l'aggravante proposta recita «per finalità di discriminazione per motivi inerenti...». In questo modo si è voluto togliere il riferimento al movente e incentrare l'aggravante sul finalismo di dolo specifico. Con ciò si è costruita una norma Pag. 49senza oggetto, giacché la ragione ragionevole di una aggravante potrebbe stare soltanto nella riprovevolezza del movente e non nel finalismo specifico. Già l'esperienza giudiziaria della legge Mancino rivela che i casi venuti all'attenzione riguardano proprio la qualificazione del movente e non del finalismo specifico della condotta. Incentrare l'aggravante su quest'ultimo aspetto significa compiere cosa contraddittoria. Invero, un reato, per esempio di minaccia, di ingiuria, di lesione, di percossa, concretizza una offesa al bene giuridico personale ben più grave di una semplice «discriminazione», nel senso di «differenza di trattamento». Una offesa integrante un delitto realizza già una discriminazione gravemente ingiusta e, pertanto, non può essere aggravata da una finalità di discriminazione, perché l'offesa alla persona, in quanto distruttiva di un bene personale, assorbe il finalismo discriminatorio, essendo essa stessa una discriminazione.
  In realtà si è descritto con finalismo di dolo specifico il movente per cui sarebbe commesso il reato. Circa la previsione di una aggravante incentrata sull’ «odio» valgono gli stessi rilievi svolti in precedenza al punto 7. Ma v’è di più. L'odio come passione che costituisce movente del delitto non è mai stato preso in considerazione come circostanza aggravante sia perché il diritto rifiuta di valutare elementi che, in quanto tali, rilevano soltanto sul piano etico interiore, sia perché è processualmente impossibile stabilire con una prova certa il movente dell'odio. Procedere nel senso proposto implica il rischio che ogni reato commesso nei riguardi di una persona orientata sessualmente sulla linea dell'orientamento sessuale che si vuole specificamente proteggere o con una identità di genere diversa dalla identità del sesso morfologico (non si dimentichi che le previsioni in oggetto nascono espressamente per dare attuazione alla Risoluzione 2006/18 volta a colpire, anche penalmente, la cosiddetta «omofobia» (Risoluzione del Parlamento europeo sull'omofobia in Europa) sia punito con un aggravamento di pena che, addirittura, impedirebbe di dare rilevanza in termini di prevalenza od equivalenza ad eventuali circostanze attenuanti. Il che si riverbererebbe in una giustificata protezione più intensa, con evidente violazione del principio di uguaglianza, di determinati fatti rispetto ad altri, pure originati da moventi di odio.
  Peraltro, il nostro ordinamento conosce già una circostanza aggravante, comune e ad effetto comune, consistente nei «motivi abietti». Tale aggravante, che può ricomprendere agevolmente quelle situazioni in cui la condotta sia stata realizzata allo scopo di offendere, per via dell'orientamento sessuale, la dignità ineliminabile di ogni persona umana, è ben più specificamente connotata che non il generico movente di «odio», come insegna la giurisprudenza in una esperienza ormai quasi secolare. La proposta dell'aggravante in esame porrebbe inoltre problemi difficilmente risolubili di concorso apparente o effettivo con la circostanza dei «motivi abietti».
  La previsione dell'aggravante rivela allora tutta il suo contenuto simbolico, ispirato a prospettive di promozionalità di «valori» che si radicherebbero, fondamentalmente, nel negazionismo di ogni differenza morfologica di tipo sessuale.
  Che una fattispecie, sia pure di tipo soltanto aggravatore, imperniata sulla nozione di «odio», sia assolutamente indeterminata, è confermato dalla maggiore prudenza con cui si è mosso il legislatore francese, il quale, alla luce dell'evidente carenza di tassatività di un delitto legato a ragioni di orientamento sessuale, ha imperniato (legge n. 2004/204 del 9 marzo 2004) la circostanza aggravante per i delitti commessi «... à raison de l'orientation sexuelle de la victime» su elementi di fatto ben precisi, alla stregua della seguente enunciazione: «La circostance aggravante définie au premier alinéa est constituée lorsque l'infraction est précédée, accompagnée ou suivie de propos, écrits, utilisation d'images ou d'objets ou actes de toute nature portant atteinte à l'honneur ou à la considération de la victime ou d'un groupe Pag. 50de personnes dont fait partie la victime à raison de leur orientation sexuelle vraie ou supposée».

  Francesca BUSINAROLO (PD) ringrazia i colleghi che sono intervenuti oggi, ma che finora, per tutta la fase istruttoria di questo progetto di legge, non hanno partecipato ai lavori della Commissione. Entrando nel merito del provvedimento, rileva come gli emendamenti del gruppo M5S siano solo sette e mirino a migliorare il testo base e come, per il suo gruppo, siano importanti le definizioni e l'estensione dell'ambito di applicazione della legge Mancino.
  Fa presente di essere una donna di formazione e cultura cattolica, fidanzata da nove anni e di vivere da tre anni «nel peccato» perché convive fuori dal matrimonio. Precisa di dire questo ironicamente, perché nel precedente intervento si è usato il termine «peccato», termine desueto e di cui non condivide né l'uso né l'intrinseco significato tipico della tradizionale accezione cristiana cattolica.
  Ritiene che gli emendamenti dei colleghi intervenuti solo oggi siano evidentemente ostruzionistici e tendano a rallentare i lavori di una Commissione tra le più operative ed aperte al dialogo del Parlamento. Stigmatizza quindi il loro intervento così poco tempestivo perché offende il buon lavoro che qui si svolge ed è stato svolto per più di un mese, e nelle precedenti legislature, sul tema dell'omofobia, chiedendo che i tempi e le scadenze vengano rispettate. Sottolinea come per questa Commissione le parole siano importanti, vengano pesate e valutate con attenzione.
  Ricorda, inoltre, come i deputati del MoVimento 5 Stelle siano arrivati in Parlamento con uno slogan, che era quello secondo cui «noi siamo dei meri portavoce». Alcune parole sentite questa mattina, erano invece piene di ipocrisia, inaccettabili in uno Stato civile, non cattolico, ma laico.
  Evidenzia come non si stia parlando di un reato di opinione e ricorda come, per quanto la nostra cultura sia pregna di tradizione cattolica, la Chiesa negli anni abbia sbagliato molto spesso. Il buon Galileo aveva compreso che era la terra a girare attorno al sole e non viceversa. Purtroppo è stato costretto ad abiurare. Il tempo ha dato ragione a Galileo. Precisa di volere riportare un fatto molto interessante, e che sa di vendetta del grande scienziato. A Firenze è conservato un pezzo delle spoglie mortali di Galileo: il suo dito medio.
  Ricorda che ora non siamo più nel 1600, ma nel 2013 e molte cose nel tempo sono cambiate. Con il tablet in un secondo, con google maps, si possono vedere in diretta le strade di NewYork e magari vedere un'immagine rubata alla quotidianità in cui vengono immortalate le effusioni tra due persone dello stesso sesso.
  Ritiene, conclusivamente, che il provvedimento in esame non sarà viatico per altre proposte di legge, ma deve essere considerata di per sé come la richiesta di alcune persone di essere lasciate vivere per quelle che sono.

  Michela MARZANO (PD) rileva con disappunto di non potere replicare all'onorevole Binetti, che dopo aver svolto il suo intervento si è allontanata dall'aula della Commissione. Ritiene del tutto infondata l'affermazione secondo la quale il provvedimento in esame inciderebbe sui reati di opinione. Non si sanziona, infatti, l'espressione di un credo o di un'opinione, ma la propaganda di idee di superiorità e di odio e, dunque, gli atti linguistici violenti.
  Non si devono inoltre confondere i concetti di orientamento e identità sessuale come accade, in particolare, nell'emendamento Gitti 1.9, del quale l'onorevole Binetti è cofirmataria.
  Illustra quindi il proprio articolo aggiuntivo 4.02, volto ad introdurre disposizioni in materia di prevenzione, ponendo quindi il ruolo della scuola al centro del cambiamento culturale necessario per superare il fenomeno dell'omofobia e transfobia.

  Silvia CHIMIENTI (M5S) nel replicare alla collega Binetti, ricorda come sin dal Pag. 511990 la scienza abbia stabilito che l'omosessualità non è una malattia mentale. Ritiene, inoltre, il testo in esame non leda affatto la libertà di espressione del pensiero. Stigmatizza, infine, l'uso delle armi del cattolicesimo per negare che sia predisposta una adeguata tutela per una minoranza, ritenendo che chi è veramente cristiano e segue gli insegnamenti di Cristo non può non condividere l'essenza del testo in esame.

  Alessia MORANI (PD) osserva come l'omofobia sia la paura e l'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di persone gay, lesbiche, bisessuali e transessuali basata sul pregiudizio. L'unione europea la considera analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo. L'omofobia è un comportamento riconducibile al sessismo che lede i diritti e la dignità delle persone omosessuali sulla base del loro orientamento sessuale.
  L'omofobia – ha ragione la collega Marzano a sollevare il tema dell'educazione – diventa causa di episodi di bullismo, di violenza e di mobbing nei confronti delle persone LGBT. Secondo l'Agenzia per i diritti fondamentali dell'UE, l'omofobia danneggia la salute e la carriera di quasi 4 milioni di persone in Europa. L'Italia è il paese dell'Unione Europea con il maggior tasso di omofobia sociale, politica ed istituzionale. Secondo i dati del Dipartimento di salute pubblica i suicidi della popolazione gay legati alla discriminazione omofoba in modo più o meno diretto, costituirebbero il 30 per cento di tutti i suicidi adolescenziali.
  In ambito legislativo in molte nazioni europee sono previsti strumenti legislativi di carattere civile e pensale finalizzati al contrasto dell'omofobia intesa come discriminazione basata sull'orientamento sessuale. L'omofobia, intesa come atto violento o incitamento all'odio e punita come reato con sanzioni carcerari in Danimarca, Francia, Islanda, Norvegia , Paesi Bassi e Svezia.
  Nel 2009 con un emendamento allo Hate Crimes Bill e denominato Matthew Sheperd Act, gli USA hanno stabilito che la violenza causata da odio basato sull'orientamento sessuale costituisce reato federale. Norme antidiscriminatorie che menzionano esplicitamente l'orientamento sessuale sono in vigore in Europa, oltre che nei paesi citati, in Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, in alcuni Lander tedeschi, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Romania, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ungheria, Regno Unito, Repubblica Ceca, Serbia e Montenegro. Perfino a Cuba esistono, dopo feroci persecuzioni, dal 1988 norme contro l'omofobia.
  Per quanto riguarda l'Italia, nella formulazione iniziale della legge Mancino vi era anche la previsione degli atti discriminatori basati sull'orientamento sessuale. In verità in Italia la dizione «orientamento sessuale» esiste nel decreto legislativo 9 luglio 2003 che tutela dalle discriminazioni sul luogo di lavoro.
  L'elenco appena descritto può essere utile ad una discussione che, lontana da fondamentalismi, vuole avvicinare l'Italia alle democrazie più evolute.
  Oggi ha sentito parlare di morale cattolica, dichiara di essere cattolica, e si appella proprio alla coscienza cattolica di chi prima di lei è intervenuto perché si faccia carico di quest'onta tutta italiana e ci si faccia carico del dolore delle persone. Dichiara di interpretare in questo modo il suo essere cattolica, e cioè nel tentare di trasformare la nostra civiltà giuridica nel senso di una società giusta per tutti e non solo per qualcuno. W ritiene che non ci si possa fare scudo con l'affermare che si tratta di una legge passepartout per matrimoni e adozioni gay, poiché si stiamo parlando di un intervento normativo che porta un grave ritardo di cui si discute da anni e che può fare dell'Italia un paese migliore.

  Eugenia ROCCELLA (PdL) ritiene che si possa arrivare ad una legge condivisa sul tema in esame, ma senza intervenire sulla legge Reale-Mancino, che è molto afflittiva sotto il profilo della libertà di opinione e anche di organizzazione. Precisa come gli emendamenti da lei presentati siano sostanzialmente Pag. 52volti a recuperare l'impostazione della proposta di legge Brunetta-Carfagna.

  Alessandro ZAN (SEL) esprime perplessità sullo svolgimento del dibattito, poiché molti colleghi premettono di essere d'accordo sui principi, ma poi il dibattito si prolunga fino allo sfinimento e non si arriva mai a colmare un vuoto normativo che costituisce un'onta per il nostro Paese.
  Ricorda il preoccupante livello di diffusione degli episodi di violenza omofobica, nonché la diffusione del bullismo omofobico e l'elevato numero di suicidi che ne derivano in età adolescenziale, sottolineando come ciò dipenda da un'arretratezza sul piano culturale, in parte legittimata anche da talune espressioni ed argomentazioni utilizzate nel dibattito politico. Precisa, inoltre, come l'incitamento all'odio legittimi le persone non mature ad essere violente nei confronti di una minoranza.
  Dopo avere sottolineato il valore culturale del provvedimento in esame, ricorda che la Corte costituzionale ha da tempo chiarito che la fattispecie dell'incitamento all'odio e alla discriminazione, prevista dalla legge Mancino, non costituisce reato di opinione. Il provvedimento in esame, segnatamente, non ha nulla a che vedere con i reati d'opinione.
  Osserva come il concetto di identità di genere sia chiaro e determinato, sottolineando come i transessuali siano più visibili e quindi più colpiti da atti di violenza.

  Alessandra MORETTI (PD) rileva come sia dal 1993 che il Parlamento italiano sta discutendo e si sta confrontando su questo tema e come sia da vent'anni che il legislatore sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza rispetto all'evoluzione della società attuale. Ancora una volta la politica non solo non sa anticipare i fenomeni sociali ma arriva in ritardo rispetto alle relazioni sociali ed affettive che è tenuta a disciplinare. Oggi si sta discutendo di una norma di civiltà, una norma che si ha il dovere prima morale e poi politico di introdurre nel nostro ordinamento. Si sta discutendo di una legge che, come correttamente indicato dalla collega Michela Marzano, deve introdurre un percorso educativo, a partire dalla scuola, rivolto alla tutela della diversità e al rispetto della dignità della persona. Perché la politica e il legislatore devono, prima di tutto, tutelare la dignità di tutti senza forme di distinzione alcuna, così come recita l'articolo 3 della Costituzione repubblicana.
  Dichiara di avere ascoltato le argomentazioni di alcuni colleghi e, in particolare, delle onorevoli Binetti e Roccella: argomentazioni che rispetta ma non condivide e che appaiono finalizzate al solo scopo dilatorio, unicamente orientate a posticipare l'introduzione di una norma che vuole estendere la legge Mancino all'orientamento sessuale e all'identità di genere della vittima. Non si sta mettendo affatto in discussione la libertà di pensiero, di opinione e di propaganda che, se non discriminatorie e incitanti l'odio, sono già tutelate dalla nostra Carta costituzionale. L'omofobia e la transfobia sono paure irrazionali verso coloro che consideriamo diversi da noi e tali paure spesso si traducono in atteggiamenti persecutori e violenti. Omofobia e transfobia rappresentano un male diffuso e corrosivo, un nodo sociale che la politica ha il compito di sciogliere.
  Quindi, pur valutando con favore il fatto che il provvedimento susciti interesse e dibattito tra la diverse posizioni, invita tutti i colleghi a riportare la discussione sul testo in esame senza trascendere ed evitando ogni forma di strumentalizzazione ideologica e di preclusione culturale.

  Gaetano PIEPOLI (SCpI) parte dal presupposto che l'idem sentire espresso in Commissione sullo statuto fondamentale della persona non sia retorico. Auspica, inoltre, che non si continui a gareggiare su chi sia più cattolico.
  Ritiene, inoltre, che non sia da sopravvalutare il ruolo promozionale della legge e che la definizione di identità di genere crei molte questioni tecniche, senza risolvere i problemi che verranno semplicamente trasferiti nelle aule dei tribunali. Pag. 53Rileva quindi come, a suo giudizio, il punto di bilanciamento tra libertà di opinione e tutela contro l'omofobia debba ancora essere trovato.

  Nicola MOLTENI (LNA) chiede preliminarmente ai relatori di chiarire quale sia la loro posizione rispetto alle questioni, alcune nuove, emerse dal dibattito odierno, anche per poter meglio orientare il prosieguo dell'esame degli emendamenti.
  Ritiene opportuno precisare, anche in riferimento all'intervento dell'onorevole Zan, di essere contrario a qualsiasi forma di discriminazione anche se fatta a danno di persone omosessuali, essendo ben consapevole che non si tratta di persone con una dignità minore rispetto a quella di altre. A suo parere, sarebbe sicuramente più opportuno affrontare il tema dell'omofobia sotto il profilo della prevenzione piuttosto che sotto quello della repressione penale.
  Ritiene comunque intollerabile che alcuni gruppi intendano assumere il ruolo di paladini contro le discriminazioni o contro il razzismo, tacciando gli altri gruppi, contrari, ad esempio, alla formulazione del testo base, come gruppi filo-razzisti. In realtà la questione è un'altra: il Parlamento è chiamato in questo momento a costruire una norma giuridica che deve essere conforme ai principi dell'ordinamento. Nel caso in esame, per il suo gruppo, il testo base della Commissione non rispetta tali principi, per cui va cambiato. Non si tratta di fare delle crociate contro qualsiasi norma antiomofoba, quanto piuttosto di formulare delle leggi conformi alla Costituzione.
  In particolare, non condivide assolutamente l'estensione di una legge contraria ai principi costituzionali, in base alla sua applicazione concreta, quale è la cosiddetta legge Mancino-Reale ai casi di omofobia e transfobia. Il suo gruppo non può accettare questa soluzione, ma non è contrario – e questa è una novità di non poco conto – alla previsione di una circostanza aggravante da introdurre all'articolo 61 del codice penale, da applicare quando il reato sia commesso proprio in ragione dell'orientamento sessuale della vittima.
  Se si accetta di seguire questa strada, la Lega, che non ha alcun atteggiamento ostruzionistico, come dimostrano i soli 6 emendamenti presentati, è pronta a dialogare per pervenire all'approvazione del testo. La Lega, invece, non potrà mai essere favorevole ad estendere l'applicazione della legge Mancino-Reale, in quanto si tratta di una legge pericolosa in quanto indeterminata nel suo contenuto nella parte in cui punisce la propaganda di idee e l'istigazione a commettere atti di discriminazione.
  Questa indeterminatezza è pericolosa perché, come è avvenuto ad esempio nel 2008 a danno del sindaco di Verona, può portare a sanzionare penalmente forme di manifestazione del pensiero.
  Per quanto attiene all'adeguatezza dell'istruttoria legislativa, ricorda che il tema dell'omofobia è da anni all'attenzione del Parlamento, che solo nell'ultima legislatura ha più volte bocciato i testi della Commissione.
  Ritornando alle questioni giuridiche, evidenzia l'indeterminatezza per il diritto penale del termine di «identità di genere», sottolineando come una norma giuridica non debba contenere nozioni scientifiche qualora non siano determinate.

  Fabrizia GIULIANI (PD) si dichiara convinta della bontà del testo e ritiene che si debba coltivare un terreno comune per combattere insieme questa battaglia di civiltà. Ritiene inoltre che non sia utile, nel caso di specie, distinguere il diritto dalla cultura, poiché la soluzione si può trovare con un impasto di questi due fattori.
  Sottolinea come ci si misuri, da un lato, con le conquiste della ricerca e della scienza e, dall'altro, con le credenze religiose, delle quali peraltro ha molto rispetto. Tuttavia, se davvero si condivide la necessità di contrastare la violenza, occorre tenere ben presente che questa ha origine dalla paura. E anche in Parlamento è necessario non farsi dominare dalla paura che quello in esame sia una sorta di provvedimento ponte per il riconoscimento di ulteriori diritti, perché non lo è affatto.

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  Daniele FARINA (SEL) rileva come da anni il Parlamento tratti del tema dell'omofobia senza arrivare all'approvazione di una legge, per quanto continuino a susseguirsi gravi episodi omofobici o transfobici che testimoniano l'esigenza di una tutela penale. In relazione al dibattito in corso, sottolinea con forza che sono del tutto fuori luogo le tesi che riconducono l'estensione della legge Mancino-Reale ai reati di opinione e tanto meno alla violazione del principio della libertà di espressione del pensiero. A tale proposito rileva come le condotte di reato di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a) e b) della legge Mancino-Reale siano delle condotte attive e concrete, che vanno ben oltre la manifestazione del pensiero. Chi cerca di dimostrare il contrario lo fa per mere ragioni ostruzionistiche il cui obiettivo finale è quello di far tornare il Paese al Medioevo. È del tutto fuori luogo anche considerare una legge sull'omofobia come una sorta di «norma-ponte» verso il matrimonio tra persone omosessuali o l'adozione a favore delle medesime.

  Enrico COSTA (PdL) osserva che le diverse e molteplici proposte emendative sono volte, secondo punti di vista diversi, a punire comportamenti violenti e discriminatori motivati dall'omofobia. Vi è quindi la consapevolezza dell'esigenza di una tutela penale. Ma non vi è condivisione sulla strada da percorrere.
  La stessa ipotesi della circostanza aggravante presenta una serie di questioni di non poco conto, iniziando dalle difficoltà probatorie rispetto alla motivazione omofoba.
  Come evidenziato nelle audizioni svolte nella scorsa legislatura, vi è poi il rischio di tutelare solo una certa condizione personale, quale l'omosessualità, lasciando prive di tutela altre ugualmente meritevoli. Vi è poi la questione di fondo che, al contrario delle altre situazioni personali tutelate dalla legge Mancino-Reale, un determinato orientamento sessuale o una identità di genere dovrebbero essere provate in sede processuale per applicare la nuova norma penale che si vuole approvare.
  Ricorda che comunque la motivazione omofoba potrebbe essere ricondotta ai motivi futili già previsti come aggravante generale dall'articolo 61 del codice penale.
  Rileva comunque di aver presentato due emendamenti volti a costruire la norma come circostanza aggravante ai sensi dell'articolo 61 del codice penale, affinché ci si possa lavorare per trovare una soluzione condivisa.
  Sottolinea l'importanza di trovare una soluzione condivisa almeno all'interno della maggioranza, per quanto sembri che il PD voglia imporre una sua propria impostazione, che un'altra parte della maggioranza, quale il PdL, non condivide. Si tratta di un problema interno alla maggioranza che non può essere sottaciuto. Il testo proposto dai relatori e votato dal PdL solo per non bloccare l'iter legislativo presenta punti di estrema criticità in quanto, estendendo integralmente la legge Reale-Mancino alle motivazioni legate all'omofobia e transfobia, si determina una estensione della pericolosa fattispecie, sotto il profilo della strumentalità applicativa, relativa alla propaganda di idee.
  Dichiara di essere disponibile a ragionare su una eventuale estensione delle condotte di discriminazione e violenza previste dalla legge Reale-Mancino a fatti motivati da omofobia. Non è invece favorevole ad estendere a questi fatti l'aggravante prevista dall'articolo 3 della legge Mancino.
  Il punto fermo dal quale il suo gruppo non può recedere è l'esigenza di non introdurre nell'ordinamento reati di opinione.

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che risultano ancora iscritti a parlare i deputati Bazoli, Turco, e Tartaglione, che interverranno nella seduta di lunedì prossimo.
  Rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.05.

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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.05 alle 13.35.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Giovedì 18 luglio 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Interviene il sottosegretario di Stato alla giustizia Cosimo Maria Ferri.

  La seduta comincia alle 14.10.

Indagine conoscitiva in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante, in relazione all'esame delle proposta di legge C. 925 Costa, C. 1100 Gelmini, C. 1190 Liuzzi, C. 1165 Dambruoso, C. 191 Pisicchio e C. 1242 Molteni.
Audizione dei direttori di testate giornalistiche di rilievo nazionale, in particolare di: Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, Alessandro Sallusti, direttore di Il Giornale, Maurizio Belpietro, direttore di Libero, Marco Travaglio, vice direttore di Il fatto quotidiano, Liana Milella, giornalista delegata dal direttore di Repubblica, Giorgio Mulé, direttore di Panorama, Bruno Manfellotto, direttore dell'Espresso, Marcello Masi, direttore del TG2, Bianca Berlinguer, direttore del TG3, Sarah Varetto, direttore di SKY TG24, Alessandro Banfi, direttore di TG COM 24, Roberto Iadicicco, direttore dell'AGI, Paolo Mazzanti, direttore di TM NEWS, Gianfranco Astori, direttore dell'ASCA, Nicola Perrone, direttore di DIRE.
(Svolgimento e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso e tramite il canale satellitare della Camera.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Interviene il deputato Pino PISICCHIO (Misto-CD).

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Ferruccio DE BORTOLI, direttore del Corriere della Sera, Sarah VARETTO, direttore di SKY TG24, Alessandro SALLUSTI, direttore de Il Giornale, Giorgio MULÉ, direttore di Panorama, Bianca BERLINGUER, direttore del TG3, Marco TRAVAGLIO, vice direttore de Il fatto quotidiano, Maurizio BELPIETRO, direttore di Libero, Alessandro BANFI, direttore di TG COM 24, Marcello MASI, direttore del TG2, Gianfranco ASTORI, direttore dell'ASCA, Bruno MANFELLOTTO, direttore dell'Espresso, Liana MILELLA, giornalista delegata dal direttore di Repubblica, Roberto IADICICCO, direttore dell'AGI, Nicola PERRONE, direttore di DIRE e Santo DELLA VOLPE, direttore di Libera informazione.

  Interviene il deputato Pino PISICCHIO (Misto-CD).

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione. Dichiara altresì conclusa l'indagine conoscitiva.

  La seduta termina alle 16.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.