CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 12 giugno 2013
36.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 57

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 12 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI. — Intervengono i sottosegretari di Stato alla giustizia Giuseppe Berretta e Cosimo Ferri.

  La seduta comincia alle 10.50.

Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia.
C. 245 Scalfarotto.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 6 giugno 2013.

  Donatella FERRANTI, presidente, ricorda che nella scorsa seduta si è svolta la relazione dell'onorevole Ivan Scalfarotto e che oggi si procederà alla relazione dell'altro relatore, onorevole Antonio Leone.

  Antonio LEONE (PdL), relatore, rileva, come ha già precisato il collega Scalfarotto, come il tema della lotta contro l'omofobia e la transfobia sia stato già affrontato sia a livello comunitario sia dagli ordinamenti di altri Paesi europei.
  Per quanto attiene all'Italia, non vi è una normativa specifica volta a punire le condotte omofobiche. Nelle ultime legislature il Parlamento si è occupato più Pag. 58volte espressamente della questione, senza tuttavia giungere all'approvazione di una legge in materia. In particolare, sono state respinte dall'Assemblea alcune proposte che sono state ritenute non conformi al dettato costituzionale. Da più parti, anche sotto la spinta di gravi fatti di cronaca che sembrano ripetersi sempre più frequentemente, si ravvisa l'urgenza di intervenire in materia prevedendo anche per l'Italia una normativa penale specifica contro l'omofobia e la transfobia. La questione, a ben vedere, non è tanto, o, forse sarebbe meglio dire non è soltanto, la valutazione dell'opportunità di inserire nel nostro ordinamento tale normativa, quanto, piuttosto, verificare come la legge penale possa affrontare il tema del contrasto dell'omofobia o transfobia.
  Il testo in esame segue la via della modifica della legge Reale – Mancino, ampliando le ipotesi discriminatorie al caso in cui la condotta sia motivata dall'identità sessuale della vittima.
  L'articolo 1 della proposta di legge fornisce le definizioni volte ad individuare il bene giuridico tutelato, in ossequio al principio di tassatività in base al quale il fatto che dà luogo all'applicazione di una pena deve essere previsto in modo espresso, definendone i contenuti in termini di ragionevole certezza e delineando con precisione i confini della sua applicabilità.
  In particolare, si spiega cosa si debba intendere per «identità sessuale» e per le sue componenti «identità di genere», «ruolo di genere» e «orientamento sessuale».
  La Commissione dovrà valutare se le specifiche definizioni contenute nell'articolo 1 siano sufficientemente determinate, considerato che viene fatto riferimento a delle nozioni che potrebbero suscitare forti dubbi interpretativi in sede di applicazione della norma penale. Ad esempio, occorre verificare se l'attrazione emotiva e non anche sessuale possa rientrare nella nozione penale di orientamento sessuale. In merito al ruolo di genere occorre verificare in che cosa consista l'aspettativa sociale connessa all'essere uomo o donna.
  Occorre verificare se lo sforzo sia sufficiente.
  L'articolo 2, poi, estende i reati puniti dalla legge 13 ottobre 1975, n. 654 (che ha reso esecutiva la convenzione internazionale di New York del 1966 sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale) anche agli atti di discriminazione motivati dall'identità sessuale della vittima.
  Si introduce una nuova tipologia di discriminazione che appare in linea con quanto disposto dall'articolo 3 della Costituzione, laddove si afferma che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale senza distinzione di «sesso, razza, lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
  Evidenzia, tra l'altro, come tale normativa, originariamente prevista per le sole condotte di discriminazione razziale, sia in passato (con il d.l. n. 122 del 1993, convertito dalla legge n. 205 del 1993) già stata estesa alla discriminazione per motivi religiosi.
  In proposito ricorda come, nella scorsa legislatura, il testo di una precedente proposta di legge avente ad oggetto analogo argomento (A.C. 2802) è stato respinto dall'Assemblea a seguito dell'approvazione di una questione pregiudiziale per motivi di costituzionalità.
  In particolare, è stata evidenziata una presunta violazione dell'articolo 3 della Costituzione con riferimento al canone della ragionevolezza, nella misura in cui si sarebbe offerta una protezione privilegiata alla persona offesa in ragione del proprio orientamento sessuale, a differenza di altre situazioni ugualmente meritevoli di tutela (reati commessi in ragione delle condizioni di handicap o di malattia della parte offesa o della sua età anziana).
  È stato altresì evidenziato come un'eventuale estensione della legge n. 205 del 1993 (legge Mancino) alle discriminazioni per motivi di orientamento sessuale «segnerebbe la tracimazione dal diritto Pag. 59penale del fatto ad un inaccettabile diritto penale dell'atteggiamento interiore: da una sanzione che segue un comportamento concreto ad una sanzione con aggravante che segue un dato intimistico» (cfr. questione di pregiudiziale n. 2 Bertolini ed altri).
  Per quanto concerne la condotta, l'articolo 2 estende l'ambito applicativo della fattispecie ex articolo 3 della legge n. 654 del 1975, sostituendo le attività più circoscritte di «propaganda» e «istigazione» con quelle più ampie di «diffusione» ed «incitamento». Sotto un profilo penalistico non sembra possano muoversi rilievi, dal momento che si modifica la norma con riferimento a tutte le forme di discriminazione, non solo a quella relativa all'orientamento sessuale. Per di più si reintroduce una terminologia che già connotava la fattispecie di reato prima delle modifiche apportate dalla legge 24 febbraio 2006, n. 85.
  Lo stesso può dirsi per la modifica relativa alle sanzioni: la norma in oggetto elimina la pena pecuniaria di euro 6.000 alternativa a quella della reclusione, introdotta, a sua volta, dalla legge n.85 del 2006.
  L'articolo 3 si limita a coordinare le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975 con quelle al decreto legge n. 122 del 1993, convertito con la legge 25 giugno 1993, n. 205 estendendo, anche in questo caso, le misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica, religiosa alla discriminazione motivata dall'identità sessuale della vittima.
  La medesima estensione viene operata con riferimento alla circostanza aggravante di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 122/93 che aumenta fino alla metà la pena prevista per «i reati commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità».
  Con riferimento a tale circostanza aggravante l'articolo 3 prevede un'ulteriore modifica sostituendo la parola «finalità,» di discriminazione con il termine «motivi». Tale ultima correzione sembra volta a evitare che i reati commessi con motivazioni discriminatorie, quale che sia la condizione discriminata, siano considerati reati di dolo specifico i quali pongono notevoli problemi di accertamento, di non facile soluzione, in capo all'autorità giudicante.
  L'articolo 4 introduce l'articolo 1-bis dopo l'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122. In sostanza con tale operazione si scorpora una delle sanzioni accessorie, già previste dai commi 1-bis e seguenti dello stesso decreto-legge quali pene facoltative, rendendola obbligatoria.
  A seguito di tale modifica, dunque, il giudice, in caso di condanna per uno dei reati ex articolo 3 legge n. 654 del 1975, deve sempre applicare la pena accessoria dell'obbligo di prestare un'attività non retribuita in favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità e può eventualmente irrogare anche una o più delle altre pene accessorie previste dai commi 1-bis e seguenti: tale meccanismo potrebbe determinare il rischio di una diminuzione della determinazione della pena principale (reclusione) in considerazione della obbligatorietà della pena accessoria.
  Ancora una volta la modifica riguarda tutti i reati di discriminazione, non solo quelli motivati dall'orientamento sessuale. Inoltre è stata prevista la possibilità di svolgere l'attività non retribuita anche «in favore di associazioni di tutela delle persone omosessuali, bisessuali, transessuali o transgender».
  Sotto il profilo della costruzione della norma, osserva che in generale l'attività non retribuita è prevista come sanzione sostitutiva della pena detentiva per alcune categorie di reati (ad esempio, guida sotto l'influenza di alcol o di stupefacenti), nel qual caso ha la stessa durata che avrebbe avuto la pena detentiva. Inoltre è prevista quale sanzione principale applicabile dal giudice di pace, ma solo su richiesta dell'imputato e per un termine non superiore a 6 mesi.Pag. 60
  Quanto alla durata della sanzione accessoria, osserva che è stata notevolmente incrementata dall'articolo in esame portandola da un massimo di 12 settimane originarie ad un periodo compreso tra 6 mesi ed 1 anno (ciò potrebbe essere considerato eccessivo anche alla luce della obbligatorietà di tale sanzione).
  L'articolo 5, infine, modifica la disciplina applicativa della circostanza aggravante prevista per i reati commessi per motivi di discriminazione e già estesa, dall'articolo 3 della proposta di legge in esame, anche alle ipotesi di discriminazione per motivi relativi all'identità sessuale della vittima.
  La formulazione attualmente in vigore è volta a non consentire che l'aggravante possa essere posta nel nulla dal potere discrezionale del giudice mediante il suo annullamento a seguito del giudizio di equivalenza o addirittura di prevalenza delle attenuanti. Si è cioè inteso escludere soltanto la prevalenza o l'equivalenza delle attenuanti rispetto alle aggravanti ma non la loro applicazione. Infatti la norma prevede solo che le eventuali diminuzioni di – Pena «si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante».
  Nella nuova formulazione, invece, si esclude in assoluto la possibilità di applicare attenuanti affermando che «la circostanza aggravante è sempre considerata prevalente sulle ritenute attenuanti»: questo meccanismo meriterebbe la necessaria riflessione sotto il profilo tecnico in quanto le eventuali attenuanti non avrebbero mai la possibilità di essere applicate dal giudice, così impedendo una gradazione adeguata della pena in relazione alla gravità del fatto ed alla personalità del reo. Anche in questo caso, infatti, occorre verificare se la modifica della normativa vigente sia pienamente conforme al dettato costituzionale in quanto determina una presunzione assoluta di maggiore gravità relativamente all'aggravante in esame rispetto a qualsiasi altra circostanza attenuante.
  Osserva conclusivamente come si tratti di una legge importante, interessante, per l'esame della quale appare necessario il contributo tecnico di tutti.

  Donatella FERRANTI, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta, che si svolgerà al termine della seduta delle Commissioni riunite II e VIII prevista per oggi.

  La seduta termina alle 11.10.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 12 giugno 2013. — Presidenza del vicepresidente Carlo SARRO. — Intervengono i sottosegretari di Stato alla giustizia Giuseppe Berretta e Cosimo Ferri.

  La seduta comincia alle 12.10.

Disposizioni in materia di contrasto dell'omofobia e della transfobia.
C. 245 Scalfarotto.

(Rinvio del seguito dell'esame).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta odierna.

  Carlo SARRO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante.
C. 925 Costa.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 giugno 2013.

  Francesca BUSINAROLO (M5S) preannuncia la presentazione di una proposta di legge sul medesimo oggetto della proposta Pag. 61in esame, della quale auspica l'abbinamento.

  Alfredo BAZOLI (PD) chiede se si intenda procedere a delle audizioni e se vi sia l'intenzione di chiedere il trasferimento in sede legislativa.

  Carlo SARRO, presidente, ricorda che le questioni poste dall'onorevole Bazoli sono di competenza dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi.

  Antonio MAROTTA (PdL) invita a riflettere sull'entità delle sanzioni previste dal testo in esame ed in particolare dall'articolo 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, così come modificato dall'articolo 3 del testo, secondo cui nel caso di diffamazione commessa con il mezzo della stampa, consistente nell'attribuzione di un fatto determinato, si applica la pena della multa da 5.000 euro a 10.000 euro. In questo caso si tratta di una sanzione non adeguata che non si rapporta alla reale gravità del danno subito dalla vittima, facendo perdere la funzione preventiva che la medesima dovrebbe sempre assicurare. Occorre, inoltre, tenere conto che il giornalista che diffama si trova in una posizione di forza rispetto alla vittima, in quanto ha alle proprie spalle il direttore del giornale o l'editore. Non ritiene che si possa risolvere la questione facendo affidamento al risarcimento in sede civile, in quanto non occorre confondere il momento del risarcimento del danno con quello dell'applicazione della sanzione penale, che risponde ad altre esigenze rispetto a quelle solamente riparatorie.

  Francesca BUSINAROLO (M5S) dissente dall'intervento dell'onorevole Marotta relativamente al fatto che i giornalisti sarebbero spalleggiati dagli editori, in quanto la responsabilità penale è personale e poi non si tiene conto che ci sono anche i giornalisti free lance. Ritiene che la prevenzione debba essere perseguita non unicamente attraverso lo strumento penale, ma anche utilizzando altri mezzi. A tale proposito sottolinea l'esigenza di prevedere comunque un sistema sanzionatorio adeguato, nel quale, a suo parere, non deve trovare posto il carcere.

  Daniele FARINA (SEL) ribadisce come si tratti di un testo ormai risalente al 2004, che prevede una struttura irrealistica delle sanzioni penali. Sottolinea come anche la disciplina dell'articolo 1, comma 2, capoverso «Art. 11-bis», preveda un'ipotesi sostanzialmente irrealizzabile, essendo improbabile che l'imputato sia già stato condannato, in sede civile o penale, con sentenza definitiva, al risarcimento del danno in favore della medesima parte offesa.

  Alfredo BAZOLI (PD) dichiara di condividere nella sostanza l'intervento del collega Farina, ritenendo necessario operare un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco. Pertanto, pur condividendo la ratio del provvedimento e l'esigenza di evitare il carcere per i giornalisti, ritiene necessario predisporre un apparato sanzionatorio che tenga conto di quanto sia dannosa la diffamazione perpetrata tramite i media, che abbia un reale effetto dissuasivo nei confronti dei giornalisti e anche degli editori. Come già rilevato dal relatore Costa, ritiene che sia opportuno prevedere una fattispecie specifica che punisca la condotta del giornalista consapevole della falsità del fatto attribuito.

  Ivan SCALFAROTTO (PD) dichiara di condividere gli interventi degli onorevoli Farina e Bazoli e di essere d'accordo con l'eliminazione del carcere per i giornalisti. Ritiene inoltre che siano comprensibili le preoccupazioni della collega Businarolo, ove riferite alla realtà dei giornalisti free lance. Sottolinea, tuttavia, come si debba concentrare l'attenzione anche sull'influenza dei gruppi editoriali, che possono essere utilizzati come vere e proprie armi di delegittimazione.

  Alfonso BONAFEDE (M5S) osserva come dal dibattito emerga una evidente condivisione sul tema dell'eliminazione della pena detentiva e sulla necessità di Pag. 62apportare alcuni correttivi tecnici al testo. Ritiene che la sanzione pecuniaria rappresenti un falso problema perché, per quanto la si voglia aumentare (ciò che ritiene del tutto erroneo), non si riuscirebbe comunque ad incidere adeguatamente sui gruppi editoriali. Appare pertanto preferibile, in quanto maggiormente efficace, intervenire sullo strumento della rettifica. Invita, infine, la Commissione a tenere adeguatamente conto del fatto che anche all'interno del giornalismo è presente la piaga del precariato.

  Francesca BUSINAROLO (M5S) condivide l'ipotesi prospettata in merito all'introduzione di una fattispecie che punisca il giornalista consapevole della falsità del fatto attribuito.

  Carlo SARRO (PdL), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Modifica dell'articolo 416-ter del codice penale, in materia di scambio elettorale politico-mafioso.
C. 251 Vendola, C. 328 Francesco Sanna, C. 923 Micillo e C. 204 Burtone.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta dell'11 giugno 2013.

  Maria Gaetana GRECO (PD) sottolinea la necessità, in uno Stato di diritto, di garantire la determinatezza e la tassatività delle fattispecie penali, anche al fine di evitare che si verifichino oscillazioni giurisprudenziali. Con riferimento ai provvedimenti in esame, ritiene che la fattispecie di cui all'articolo 416-ter del codice penale debba essere definita con maggiore esattezza ed armonizzata con il concorso esterno in associazione mafiosa come definito dalla Corte di cassazione. Ritiene che anche la sanzione prevista debba essere attentamente valutata sotto il profilo della proporzionalità. Con specifico riferimento alla proposta di legge C. 204 Burtone, ritiene che debba essere escluso il tentativo.

  Tancredi TURCO (M5S) sottolinea come il tema in questione costituisca una priorità per il MoVimento 5 Stelle. Pertanto preannuncia che nella prossima riunione dell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, chiederà una calendarizzazione rapida e con tempi certi. Auspica inoltre che la Commissione possa adottare come testo base la formulazione dell'articolo 416-ter prevista dalle identiche proposte di legge C.923 Micillo e C 251 Vendola.

  Carlo SARRO (PdL), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.35.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 12 giugno 2013. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 12.40.

Indagine conoscitiva sull'attuazione della legislazione in materia di violenza contro le donne.
Audizione del Prefetto Francesco Cirillo, Vice direttore generale della pubblica sicurezza e Direttore centrale della polizia criminale.
(Svolgimento e rinvio).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Il Prefetto Francesco CIRILLO, Vice direttore generale della pubblica sicurezza e Direttore centrale della polizia criminale, svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione.

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  Intervengono, per porre quesiti e formulare osservazioni, i deputati Ivan SCALFAROTTO (PD), Francesca BUSINAROLO (M5S), Matteo BIFFONI (PD), Fabrizia GIULIANI (PD), Tancredi TURCO (M5S) e Donatella FERRANTI, presidente.

  Il Prefetto Francesco CIRILLO, Vice direttore generale della pubblica sicurezza e Direttore centrale della polizia criminale, risponde ai quesiti posti.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia l'audito e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.55.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 13.55 alle 14.20.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEDE REFERENTE

Modifiche al codice di procedura penale in materia di misure cautelari personali.
C. 631 Ferranti.