CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 maggio 2013
27.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 23

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 28 maggio 2013.

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.40 alle 14.50.

SEDE REFERENTE

  Martedì 28 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. — Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 14.50.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
C. 482 Garavini, C. 887 Migliore e C. 1001 Brunetta.

(Seguito dell'esame e rinvio – Abbinamento della proposta di legge C. 1001).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 21 maggio 2013.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che è stata assegnata alla I Commissione la proposta di legge n. 1001 a prima firma del deputato Brunetta, recante «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno Pag. 24della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere».
  Poiché la suddetta proposta di legge verte sulla stessa materia delle proposte di legge già all'ordine del giorno, avverte che ne è stato disposto l'abbinamento, ai sensi dell'articolo 77, comma 1, del regolamento.

  Renato BALDUZZI (SCpI), relatore, illustra la proposta di legge n. 1001 Brunetta ed altri. Ricorda che la proposta di legge riprende, in misura maggiore dei progetti di legge n. 482 Garavini ed altri e n. 887 Migliore ed altri, i contenuti della legge n. 132 del 2008, istitutiva della Commissione Antimafia per la XVI legislatura. Infatti, il testo della proposta di legge Brunetta si discosta da quello della legge n. 132 solo per alcuni profili, che, al pari delle differenze con le altre due proposte di legge abbinate, evidenzierà meglio nel seguito della sua relazione.
  L'articolo 1 della proposta, che dispone l'istituzione della Commissione e ne definisce compiti e poteri, è del tutto identico all'articolo 1 della citata legge n. 132 del 2008, salvo ovviamente le modifiche formali necessarie per riferire il testo alla nuova legislatura.
  Riguardo in particolare alla denominazione della Commissione, osserva che la proposta di legge, analogamente alla proposta di legge n. 482, si conforma a quella adottata dalla legge n. 132. Ribadisce che, come già sottolineato nella relazione introduttiva, si tratta di una formulazione che, discostandosi dalle normative precedenti, è diretta ad evidenziare l'ampliamento dell'attività d'inchiesta parlamentare alle associazioni criminali anche straniere operanti sul territorio nazionale.
  Riguardo ai compiti e ai poteri della Commissione, rileva che la proposta riproduce integralmente quanto indicato dalla legge n. 132 del 2008: si tratta di punti quasi del tutto ripresi anche dalle altre due proposte di legge abbinate. Per la descrizione generale di tali contenuti e poteri, si rimette dunque a quanto già detto nella relazione introduttiva.
  Ritiene utile portare però all'attenzione della Commissione il fatto che all'articolo 1, comma 1, lettera f), concernente i compiti di indagine dei rapporti tra mafia e politica, la proposta di legge n. 1001, riprendendo in toto il testo della legge n. 132 del 2008, inserisce, in difformità dalle altre due proposte di legge abbinate, il compito di indagare riguardo alle manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico mafioso.
  In relazione alla composizione della Commissione, la proposta di legge, all'articolo 2, comma 1, riduce il numero dei componenti – fissato dalla legge n. 132 del 2008 a 25 per ciascuna Camera – a 20 per ciascuna Camera, in linea con quanto stabilisce la proposta n. 482.
  Inoltre, rifacendosi, come gli altri due progetti di legge abbinati, alla legge n. 132, la proposta di legge Brunetta stabilisce, ai fini della nomina dei componenti la Commissione, sia il criterio in base al quale la Presidenza della Camera di appartenenza deve tener conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione stessa, sia la successiva dichiarazione, da parte dei componenti della Commissione, della sussistenza nei loro confronti di una delle condizioni indicate nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 18 febbraio 2010, dalla Commissione antimafia nella XVI legislatura (doc. XXIII, n. 1).
  Sottolinea che, in modo identico alle altre due proposte di legge abbinate, il progetto di legge in esame detta inoltre una nuova disciplina per il caso di sopravvenienza di una delle condizioni di cui alla citata proposta di autoregolamentazione, prevedendo che ove incorra in tale fattispecie l'interessato deve informarne immediatamente il Presidente della Camera di appartenenza «per l'adozione dei provvedimenti di competenza». Ribadisce che, come già detto nella relazione introduttiva, non appaiono chiari né la natura di tali provvedimenti, né il procedimento relativo al potere presidenziale di nomina.Pag. 25
  Riguardo alla costituzione dell'ufficio di presidenza e al rinnovo biennale della Commissione, la proposta di legge prevede le stesse modalità adottate nella legislatura precedente, con la differenza che, per l'elezione del Presidente della Commissione, al pari delle altre due proposte di legge abbinate, si prevede la non computabilità delle schede bianche.
  Il contenuto degli articoli 3 (Comitati) e 4 (Audizioni a testimonianza) è identico a quelli delle altre due proposte di legge abbinate e al testo della legge n. 132 del 2008. Per la loro descrizione si rimette dunque a quanto esposto nella relazione iniziale.
  Per quanto riguarda il segreto di Stato, ricorda che all'articolo 4, comma 2, tutte e tre le proposte in esame come anche la legge n. 132 del 2008 richiamano l'applicazione delle disposizioni della legge n. 124 del 2007. All'articolo 5, invece, concernente la richiesta di atti e documenti, la proposta di legge n. 1001 adotta un testo identico a quello della legge n. 132; non inserisce quindi – come fanno le altre due proposte di legge abbinate – una nuova disposizione in materia di non opponibilità del segreto di Stato alla richiesta di atti, in possesso dei servizi di informazione per la sicurezza dello Stato, pertinenti alle materie d'indagine della Commissione.
  L'articolo 6 (Segreto) è identico a quello delle due proposte di legge abbinate e al testo della legge n. 132, come i commi da 1 a 4 dell'articolo 7, in materia di organizzazione interna della Commissione.
  Rileva che, riguardo all'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 7, comma 5, la proposta di legge n. 1001 si differenzia dagli altri due progetti abbinati perché, in analogia alla legge n. 132 del 2008, fissa tale autorizzazione a 150.000 euro per la parte residuale del 2013 e a 300.000 euro per ciascun anno successivo. Ricorda che nella sua relazione introduttiva aveva osservato di ritenere probabile che anche per la legge istitutiva della Commissione per la XVII legislatura si debba procedere nel senso indicato dalla proposta di legge n. 1001.
  Osserva, infine, che l'articolo 8, in linea con le altre due proposte di legge abbinate e con la legge n. 132, stabilisce l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

  Fabiana DADONE (M5S), esprime l'indicazione favorevole del suo gruppo a mantenere nella denominazione della Commissione il riferimento alle associazioni criminali straniere.
  Riguardo alle attività proprie della Commissione, concorda con la scelta della proposta di legge n. 1001 di conservare il riferimento al compito di indagare sulle manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico mafioso.
  Con riferimento ai requisiti di componente la Commissione, ritiene che andrebbe inserito un riferimento all'assenza di precedenti giudiziari nelle tematiche oggetto di indagine. Si potrebbe prevedere una sorta di criterio di onorabilità.
  Dichiara la posizione favorevole del suo gruppo rispetto alle modalità indicate dalle tre proposte di legge per l'elezione del Presidente della Commissione, ma non sull'esclusione delle schede bianche dal computo dei voti.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.

DELIBERAZIONE DI RILIEVI SU ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 28 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. — Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 15.

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Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento per l'armonizzazione all'assicurazione generale obbligatoria dei requisiti minimi di accesso al sistema pensionistico del personale del comparto difesa-sicurezza e del comparto vigili del fuoco e soccorso pubblico, nonché di categorie di personale iscritto presso l'INPS, l'ex-ENPALS e l'ex-INPDAP.
Atto n. 11.

(Rilievi alla XI Commissione).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che la Commissione è stata autorizzata, ai sensi dell'articolo 96-ter, comma 4, del regolamento, a trasmettere alla XI Commissione i propri rilievi in relazione allo schema di decreto in titolo.
  Avverte inoltre che il presidente della XI Commissione ha comunicato che giovedì 30 maggio, alle ore 14, presso il Senato, le Commissioni riunite 1a e 4a del Senato e la XI Commissione della Camera hanno previsto lo svolgimento di alcune audizioni informali sullo schema di decreto in titolo, alle quali sono invitati anche i deputati della I Commissione che fossero interessati.

  Emanuele FIANO (PD), relatore, ricorda che il presupposto normativo dell'atto in esame è l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale ha previsto l'adozione di un regolamento di delegificazione per l'armonizzazione al regime dell'assicurazione generale obbligatoria – quale definito con la riforma cosiddetta Fornero, di cui al medesimo decreto-legge n. 201 – dei requisiti di accesso ai regimi pensionistici e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi. Tra i lavoratori interessati dalla disposizione in questione sono compresi, per quanto riguarda i profili di competenza della Commissione affari costituzionali, il personale delle forze di polizia e quello dei vigili del fuoco. Per inciso, va detto che il comma 18 citato prevedeva che il regolamento in questione fosse emanato entro il 31 ottobre 2012 e che lo schema in esame era già stato trasmesso dal Governo alle Camere per l'acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari competenti il 4 febbraio 2013, ma l'esame non era stato avviato a causa della conclusione della legislatura.
  È utile ricordare che, secondo quanto riportato nell'audizione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali svoltasi presso le Commissioni I, IV e XI della Camera dei deputati il 7 novembre 2012, lo schema tiene altresì conto di quanto contenuto nell'ordine del giorno 9/1-00619/1 (Gasparri) approvato dall'Assemblea del Senato il 23 maggio 2012, con il quale il Governo è stato impegnato a prevedere, nell'ambito del regolamento di armonizzazione, norme di tutela delle specificità del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto vigili del fuoco, esclusivamente con riguardo al solo allungamento dell'età per il conseguimento della pensione di vecchiaia e di anzianità in relazione ai diritti quesiti e al previgente ordinamento. Il richiamato ordine del giorno ha anche impegnato il Governo a procedere, prima dell'adozione del regolamento, a un incontro con i sindacati più rappresentativi e con il Cocer; ad avviare forme pensionistiche complementari, mai avviate, salvaguardando il personale attualmente in servizio già assoggettato al cosiddetto sistema contributivo puro, nei medesimi termini previsti per il personale del comparto Stato, nel rispetto dei vincoli del bilancio pubblico; ad avviare, dopo l'emanazione del regolamento in questione, con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni interessate, un tavolo di concertazione al fine di definire un complessivo progetto di riordino dei ruoli e delle carriere del personale del comparto sicurezza e difesa e del comparto dei vigili del fuoco.
  Lo schema in esame si compone di quattro Capi, dei quali interessa la Commissione affari costituzionali in modo particolare il Capo II, che si riferisce al personale dei comparti sicurezza e vigili Pag. 27del fuoco e soccorso pubblico. Le disposizioni interessano, per inciso, anche il personale del comparto difesa.
  Occorre premettere che il provvedimento in esame pone come termine spartiacque quello del 31 dicembre 2012. Infatti, l'articolo 16 stabilisce che le disposizioni di cui al regolamento in esame hanno efficacia a decorrere dal 1o gennaio 2013.
  Il Capo I contiene un solo articolo, recante disposizioni generali. Si prevede che i lavoratori interessati dal provvedimento i quali abbiano maturato entro il 31 dicembre 2012 i requisiti anagrafici e contributivi richiesti dalla normativa previgente all'entrata in vigore del regolamento in esame ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità conseguano il diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa. Inoltre, si prevede che le disposizioni relative alle cosiddette finestre annuali – di cui all'articolo 12, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 78 del 2010 – non trovino applicazione nei confronti dei soggetti che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, maturino i requisiti per il pensionamento indicati nello schema di regolamento in esame. Si prevede, infine, che, per tutti i requisiti anagrafici per il pensionamento, trovi applicazione la disciplina degli adeguamenti parametrati alle previsioni sulla speranza di vita.
  Venendo ora al Capo II – che come detto riguarda più specificamente il personale dei comparti difesa-sicurezza e vigili del fuoco e soccorso pubblico, va precisato che attualmente le disposizioni in materia previdenziale per i comparti in questione sono contenute nel decreto legislativo n. 165 del 1997, emanato sulla base di una delega prevista nell'ambito della cosiddetta riforma Dini del 1995 (legge n. 335 del 1995). Ai sensi dell'articolo 2, comma 1, di questo decreto legislativo, i limiti di età per la cessazione dal servizio per il personale in questione sono stabiliti al compimento dei 60 anni di età. A tale regola, derogano però gli ufficiali, i quali hanno specifiche e distinte età pensionabili riferite ai diversi gradi e carriere ricoperti.
  Per quanto concerne invece le pensioni di anzianità, l'articolo 6, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 165 ha stabilito, in generale, che il diritto alla pensione di anzianità si consegua secondo le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 25, 26, 27 e 29, della citata legge 335 del 1995. Il comma 2 dello stesso articolo 6 ha però precisato che, in considerazione della specificità del rapporto di impiego e delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività qui considerati, il diritto alla pensione di anzianità si consegua, altresì, al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza, senza le riduzioni percentuali previste dalla legge n. 335 del 1995 ed in corrispondenza dell'età anagrafica fissata nella tabella B allegata allo stesso decreto legislativo n. 165 del 1997.
  Successivamente, tale disciplina è stata integrata dalle disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale ha stabilito l'applicazione al personale in questione della disciplina delle decorrenze da esso prevista (le cosiddette finestre), nonché l'adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita. Gli incrementi della speranza di vita vengono individuati ogni tre anni ai sensi dell'articolo 12, commi 12-bis e seguenti, del decreto-legge n. 78 del 2010. Per il triennio 2013-2015, si fa riferimento al decreto direttoriale 6 dicembre 2011.
  Tornando allo schema in esame, l'articolo 2 precisa che le disposizioni dettate dallo schema stesso per il personale dei comparti difesa-sicurezza e vigili del fuoco e soccorso pubblico tengono conto delle specificità e delle obiettive peculiarità dei rispettivi ordinamenti. Si tratta di un vincolo stabilito dalla norma di legge presupposta, cioè dal sopra ricordato articolo 24, comma 18, del decreto-legge n. 201 del 2011. Il principio di specificità è stato per la prima volta inserito nell'ordinamento giuridico italiano con l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, recante la delega al Pag. 28Governo in materia di lavori usuranti. La citata disposizione stabilisce che «ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate e delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché della condizione di stato giuridico del personale ad esse appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti». La medesima disposizione affida poi al Consiglio centrale di rappresentanza militare (Cocer) il compito di partecipare, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte, in attuazione del principio di specificità, e concernenti il trattamento economico del personale militare.
  L'articolo 3 dello schema di regolamento reca disposizioni in materia di pensioni di vecchiaia per il personale dei comparti di cui parliamo.
  In particolare, il comma 1 fa riferimento agli ufficiali e stabilisce che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, per i soggetti che maturino i requisiti a partire dalla medesima data, il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue esclusivamente con i requisiti anagrafici indicati nella Tabella A allegata allo schema di regolamento in esame, e con un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni.
  Il comma 2 dell'articolo 3 si riferisce invece a sottufficiali, graduati e militari di truppa dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza, al corrispondente personale della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria, del Corpo forestale dello Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il comma dispone che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, per il conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia, i requisiti sono quelli indicati nella Tabella B, con un'anzianità contributiva minima pari a 20 anni.
  In particolare, le due tabelle A e B citate – quella per gli ufficiali e quella per il restante personale – prevedono, per coloro che maturano i requisiti tra il 1o gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015, un incremento di età minima di 1 anno e 3 mesi: secondo quanto chiarisce la relazione tecnica, i requisiti di età previgenti vengono adeguati per tenere conto della cosiddetta finestra mobile di 12 mesi (introdotta dal decreto-legge n. 78 del 2010) e dell'adeguamento alla speranza di vita decorrente dal 2013 ai sensi del citato decreto direttoriale 6 dicembre 2011.
  A partire dal 1o gennaio 2016 sono previsti ulteriori innalzamenti dell'età, che dovranno tenere conto degli incrementi della speranza di vita per i trienni successivi, ai sensi del principio generale stabilito con l'articolo 1, comma 4, dello schema in esame. Al riguardo, si segnala – come evidenziato dal Consiglio di Stato nel proprio parere – che questo comma 2, riferito al personale diverso dagli ufficiali, non prevede che il diritto al pensionamento si consegua, come precisato dal comma precedente per gli ufficiali, «esclusivamente» con i requisiti anagrafici indicati nelle tabella di riferimento. Ciò potrebbe essere inteso nel senso di un aumento dei limiti anagrafici ordinamentali per i soli ufficiali, anche se tale possibilità sembra esclusa dal successivo articolo 5, comma 2.
  L'articolo 4 reca disposizioni in materia di pensioni anticipate. In particolare, il comma 1 prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, i soggetti interessati che maturino i requisiti a partire dalla medesima data possano accedere alla pensione indipendentemente dal possesso dei requisiti di età richiesti ai sensi dell'articolo 3, a condizione però che abbiano maturato un'anzianità contributiva minima di 42 anni e 3 mesi, comprensiva dell'adeguamento alla speranza di vita stabilito per il triennio 2013-2015 con il citato decreto direttoriale 6 dicembre 2011.Pag. 29
  Va precisato che lo schema di regolamento in esame non prevede per il personale di cui qui si tratta l'ulteriore innalzamento previsto per la generalità dei lavoratori di sesso maschile dall'articolo 18, commi da 22-ter a 22-quinquies del decreto-legge n. 98 del 2011. Questo ha disposto un ulteriore posticipo delle decorrenze del pensionamento di anzianità, pari a un mese per coloro che maturano i requisiti nel 2012, a due mesi per coloro che maturano i requisiti nel 2013 e a tre mesi per coloro che maturano i requisiti a decorrere dal 2014. Al riguardo, la relazione di accompagnamento allo schema in esame chiarisce che la scelta di non prevedere questo ulteriore innalzamento è legata alla volontà di mantenere unico per gli uomini e per le donne il canale di uscita per pensionamento anticipato.
   Sempre il comma 1 dell'articolo 4 prevede che, sulla quota retributiva di trattamento relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente al 1o gennaio 2012, sia applicata – per coloro che decidono di accedere alla pensione anticipata – una riduzione pari a un punto percentuale per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 58 anni fino al 31 dicembre 2018 e rispetto all'età di 59 anni a decorrere dal 1 gennaio 2019. La percentuale di riduzione annua è elevata a 2 punti percentuali per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto a due anni. Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera, la riduzione percentuale è proporzionale al numero di mesi. Le riduzioni percentuali continuano ad applicarsi, in riferimento all'età di effettiva cessazione dal servizio, anche sul trattamento rideterminato ai sensi dell'articolo 1864, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 66 del 2010, concernente il trattamento di quiescenza del personale in ausiliaria, che è un istituto riguardante il personale militare.
  Il comma 2 dell'articolo 4, basandosi sostanzialmente su un sistema di «quote», prevede che il diritto alla pensione anticipata si consegua, altresì:
   a decorrere dal 1o gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, con un requisito anagrafico non inferiore a 58 anni e 3 mesi ed un requisito contributivo non inferiore a 37 anni: il requisito anagrafico tiene conto dell'adeguamento alla speranza di vita stabilito con il richiamato decreto 6 dicembre 2011 (lettera a));
   a decorrere dal 1o gennaio 2016 e fino al 31 dicembre 2018, con un requisito anagrafico non inferiore a 58 anni e 3 mesi ed un requisito contributivo non inferiore a 39 anni: al requisito anagrafico si applica l'adeguamento alla speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 (lettera b));
   a decorrere dal 1o gennaio 2019 e fino al 31 dicembre 2020, con un requisito anagrafico non inferiore a 59 anni, comprensivo degli incrementi per l'adeguamento alla speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, e con un requisito contributivo non inferiore a 40 anni (lettera c));
   a decorrere dal 1o gennaio 2021, con un requisito anagrafico non inferiore a 59 anni più gli adeguamenti alla speranza di vita di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, (lettera d)).

  L'articolo 5, infine, prevede, al comma 1, che nei confronti del personale che abbia maturato entro il 31 dicembre 2012 i requisiti di età e di anzianità contributiva previsti dalla normativa previgente alla data in vigore del regolamento in esame ai fini del diritto all'accesso e alla decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità, il diritto alla prestazione pensionistica si consegua secondo tale normativa.
  In base al comma 2 dell'articolo 5, resta fermo il collocamento a riposo d'ufficio al raggiungimento dell'anzianità massima contributiva prevista dalla normativa oggi vigente in relazione a ciascun grado o qualifica di appartenenza. Al riguardo, il comma specifica che, nei confronti dei soggetti che siano già in possesso dei requisiti prescritti per l'accesso al pensionamento, il limite massimo di anzianità contributiva non è modificato dall'elevazione Pag. 30dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia – in sostanza l'elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia non modifica il limite ordinamentale vigente – fatto salvo in ogni caso il mantenimento in servizio fino alla prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, nei casi in cui essa non sia immediata.
  In relazione a ciò, quindi, come d'altronde evidenziato anche dal Consiglio di Stato nel proprio parere, «l'amministrazione o ente datore di lavoro colloca a riposo d'ufficio il dipendente qualora allo scadere del limite ordinamentale abbia raggiunto i requisiti per il diritto a pensione e il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico».
  Infine, il comma 3 dell'articolo 5 integra la già ricordata disposizione sull'accesso al pensionamento prevista dall'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 1997, secondo cui in considerazione della specificità del rapporto di impiego e delle obiettive peculiarità ed esigenze dei rispettivi settori di attività, il diritto alla pensione di anzianità si consegue, altresì, al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza, così come modificata in ragione dell'aliquota annua di rendimento di cui all'articolo 17, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, senza le riduzioni percentuali previste dalla legge n. 335 del 1995, ed in corrispondenza dell'età anagrafica fissata nella tabella B allegata al medesimo decreto legislativo n. 165 del 1997.
  Più precisamente, il comma 3 dell'articolo 5 dello schema in esame prevede che l'accesso al pensionamento ai sensi del predetto articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 1997 è consentito esclusivamente nell'ipotesi in cui la massima anzianità contributiva sia stata raggiunta entro il 31 dicembre 2011 e a condizione che il prescritto requisito anagrafico venga raggiunto entro il 31 dicembre 2012, con l'applicazione del regime delle decorrenze (cioè delle finestre) di cui all'articolo 12, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010. Lo schema in esame precisa altresì che resta ferma l'applicazione di quanto previsto dall'articolo 24, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011, il quale ha previsto che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, con riferimento alle anzianità maturate a decorrere dalla medesima data, il calcolo della quota di pensione corrispondente a tali anzianità avvenga secondo il metodo di calcolo contributivo, col sistema del calcolo cosiddetto pro-rata.
  Il Capo III dello schema di regolamento in esame – cui si fa riferimento per completezza – riguarda il personale iscritto presso l'INPS, l'ex-ENPALS e l'ex-INPDAP. In particolare, l'articolo 6 reca disposizioni in merito al soppresso fondo spedizionieri doganali. L'articolo 7 interviene sul pensionamento anticipato per i lavoratori di aziende in crisi e dei poligrafici. L'articolo 8 reca disposizioni per il personale viaggiante addetto ai pubblici servizi di trasporto. L'articolo 9 reca disposizioni inerenti ai piloti del pilotaggio marittimo. Gli articoli 10, 11 e 12 recano disposizioni concernenti i lavoratori dello spettacolo. In particolare, l'articolo 10 modifica l'età pensionabile di ballerini e tersicorei. L'articolo 11 reca disposizioni concernenti la pensione di vecchiaia degli attori. L'articolo 12 concerne le categorie degli artisti lirici, professori d'orchestra, orchestrali, coristi, concertisti, cantanti di musica leggera. L'articolo 13 reca disposizioni in materia di sportivi professionisti. L'articolo 14 regolamenta specifiche deroghe alla disciplina in esame connesse alle conseguenze relative alla perdita del titolo abilitante per determinate categorie di lavoratori individuate nello schema di decreto in esame, e in particolare il personale del settore del trasporto aereo. L'articolo 15 prevede deroghe alla disciplina introdotta dalla schema di regolamento in esame per il personale iscritto presso l'INPS, l'ex ENPALS e l'ex INPDAP, al fine di salvaguardare specifiche categorie di lavoratori in particolari situazioni lavorative.Pag. 31
  Infine il Capo IV contiene un solo articolo, l'articolo 16, che, come anticipato, prevede che le disposizioni dello schema di regolamento in esame abbiano efficacia retroattivamente, e precisamente dal 1o gennaio 2013.
  Lo schema di Regolamento è corredato della relazione illustrativa, dalla relazione tecnica e dalle schede sull'analisi tecnico-normativa (ATN) e sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR) e del nulla osta della Ragioneria generale dello Stato. Allo schema di regolamento è altresì allegato, come richiesto dall'articolo 17, comma 2, della legge n.400 del 1988, il parere del Consiglio di Stato.
  In relazione allo strumento normativo utilizzato per la disciplina descritta è opportuno ricordare che l'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 dispone che: «Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari».
  Alla stregua di questa norma, secondo la Corte costituzionale si ha regolamento di delegificazione solo quando si verta in materia non coperta da riserva assoluta di legge; l'atto legislativo contenga «norme generali regolatrici della materia», così rispettando il principio di legalità sostanziale; e l'atto legislativo preveda che l'effetto abrogativo di disposizioni di legge sia collegato temporalmente alla successiva emanazione di un regolamento (al riguardo si veda la sentenza n. 297 del 2012).
  Come noto, la giurisprudenza della Corte è costante nell'escludere la sindacabilità dei regolamenti nel giudizio di costituzionalità riservato alle leggi ed agli atti aventi forza di legge (così la sentenza n. 58 del 2010). Rimane comunque fermo il controllo di legittimità dell'esercizio del potere regolamentare innanzi al giudice amministrativo ed eventualmente, ricorrendone i necessari presupposti, anche innanzi alla Corte costituzionale mediante ricorso per conflitto di attribuzione.
  In particolare, merita sottolineare come il controllo della Corte costituzionale sembra estendersi al sindacato sulle leggi che autorizzano i regolamenti di delegificazione. Al riguardo, nella recente sentenza n. 149 del 2012, in un obiter dictum, la Corte ha lasciato impregiudicata la possibilità di pronunciarsi sulla «correttezza della prassi di autorizzare l'emanazione di regolamenti di delegificazione tramite decreto-legge», nonché «ogni valutazione sulle procedure di delegificazione non conformi al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, quale è quella prevista dalla disposizione impugnata, che non determina “le norme generali regolatrici della materia”, né indica espressamente le norme di rango primario da ritenersi abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti di delegificazione». Tale obiter dictum è costantemente richiamato nei pareri del Comitato per la legislazione sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge (si veda, da ultimo, il parere sul decreto-legge n. 95 del 2012, atto C. 5389).
  Alla luce della giurisprudenza richiamata, possono essere svolte alcune considerazioni. Lo schema di decreto in esame è, come già detto, un regolamento di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, adottato in attuazione di una disposizione contenuta in un decreto-legge, segnatamente l'articolo 24, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
  Quanto alla genesi di tale autorizzazione alla potestà delegificata, la disposizione Pag. 32è contenuta nel testo originario del decreto-legge e non ha subito modifiche di rilievo nel corso dell'esame parlamentare per la conversione. In sede di relazione illustrativa, il Governo si limitava ad esplicare che il «comma 18 dispone che, per i regimi speciali che prevedono requisiti di accesso al pensionamento inferiori a quelli vigenti nel sistema generale, si procederà all'adeguamento, con regolamenti da adottare entro il 30 giugno 2012, tenendo conto delle obiettive peculiarità ed esigenze dei settori di attività nonché dei rispettivi ordinamenti». Nel parere reso il 7 dicembre 2011, il Comitato per la legislazione aveva osservato che l'autorizzazione alla delegificazione recata dall'articolo 24, comma 18, non è formulata in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge 400 del 1988, in quanto non sono indicate le «norme generali regolatrici della materia» né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti; analogamente, all'articolo 37, opera un riferimento ai «principi e criteri direttivi» in luogo delle «norme generali regolatrici della materia», né indica le disposizioni da abrogare con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari», richiedendo pertanto al Parlamento di procedere ad esplicitare le norme generali e le disposizioni da abrogare.
  Dal parere del Comitato emerge la peculiare natura del procedimento stabilito per i regimi pensionistici speciali: è stato configurato un modello normativo non riconducibile in modo speculare alla disciplina della fonte «regolamento di delegificazione», in quanto nella fattispecie nessuna effettiva delegificazione poteva essere effettuata.
  Come è evidente, infatti, la materia pensionistica non è stata oggetto di delegificazione, perché per (quasi) tutte le categorie di lavoratori tale materia è stata riformata con il decreto-legge n. 201 del 2012, quindi con una fonte avente forza di legge. Per alcune categorie di lavoratori la specifica riforma è stata sottratta a tale fonte, senza la possibilità – ovviamente – di porre «norme generali regolatrici della materia», in quanto esse sono contenute nella riforma generale.
  A titolo esemplificativo, per un inquadramento dell'interpretazione, da parte della giurisprudenza costituzionale, di quanto sotteso alla categoria giuridica di «norme generali regolatrici della materia», valga quanto affermato dalla sentenza n. 200 del 2009 in materia di istruzione: «prendendo le mosse dal complesso di disposizioni costituzionali e legislative qualificate espressamente quali norme generali sull'istruzione, alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata, può ritenersi che appartengono a tale categoria quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali in possesso dei requisiti richiesti dalla legge».
  Risulta così variegato, quanto alle fonti da cui promana la disciplina, l'assetto del regime previdenziale e gli effetti di questo concorso di fonti sulla stessa materia non sono meramente formali. Va ricordato, infatti, che i rapporti tra le fonti normative esprimono i rapporti tra gli attori costituzionali della nostra forma di governo, costruita sul principio della separazione dei poteri; che la procedura di delegificazione consente l'esercizio della funzione legislativa sulla disposizione di delegificazione, ma esclude l'esercizio della stessa funzione legislativa sull'atto di normazione secondaria; che il rispetto della procedura di delegificazione comporta il rispetto del principio di legalità sostanziale; che l'assenza delle norme generali regolatrici della materia nella disposizione di delegificazione è sintomatica di una Pag. 33compressione in quella sede della funzione legislativa (che si è esplicata in sede di conversione con posizione di fiducia di un decreto legge), non recuperabile in sede di esame parlamentare dello schema di regolamento, confinato nei limiti dell'espressione di un parere restando preclusa l'attività emendativa dei parlamentari; e che nell'ambito della materia previdenziale, parzialmente delegificata, la disciplina di diritti ed obblighi di categorie di lavoratori sarà riconducibile in parte ad un atto avente forza di legge, in parte ad un atto di normazione secondaria, atto sul quale, come ricordato dalla Corte costituzionale, non si esercita il sindacato di costituzionalità.
  In conclusione, non c’è dubbio che i principi della riforma Fornero debbano essere applicati a tutti i lavoratori, compresi quelli dei comparti difesa-sicurezza e vigili del fuoco e soccorso pubblico, ma occorre che anche lo strumento normativo impiegato sia lo stesso, per non determinare disparità di trattamento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.10.

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Martedì 28 maggio 2013. — Presidenza del presidente Alessandro NACCARATO.

  La seduta comincia alle 15.10.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra la Repubblica italiana e la Repubblica di San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 21 marzo 2002, e del relativo Protocollo di modifica, fatto a Roma il 13 giugno 2012.
C. 875 Governo ed abb.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Matteo BRAGANTINI (LNA), relatore, illustra i progetti di legge C. 875, d'iniziativa governativa, e C. 901 di iniziativa del deputato Pini, di identico contenuto.
  Fa presente che i provvedimenti in esame si compongono di quattro articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo, il secondo il relativo ordine di esecuzione.
  L'articolo 3 contiene le disposizioni relative alla copertura finanziaria del provvedimento, il cui è onere è individuato in 3.282.000 euro a decorrere dal 2014, cui si provvede mediante riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi di ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia, utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
  L'articolo 4 prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Rileva che il disegno di legge è corredato di Relazione tecnica, di Analisi tecnico-normativa e Analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR). La relazione tecnica evidenzia la necessità dell'autorizzazione parlamentare alla ratifica della Convenzione e del Protocollo in esame, in base all'articolo 80 della Costituzione, in quanto le disposizioni in essa contenute modificano la potestà impositiva dell'Italia, come reso possibile dal richiamo effettuato alle norme di diritto internazionale pattizio tanto dall'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 quanto dall'articolo 169 del TUIR (decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986).
  L'Analisi tecnico-normativa considera la Convenzione in oggetto priva di incidenza sull'ordinamento dell'Unione europea in quanto essa non si differenzia, se Pag. 34non in alcuni aspetti derivanti dalla particolarità dei sistemi fiscali vigenti nei due paesi, dall'attuale modello OCSE, sul quale sono basate tutte le analoghe nuove convenzioni stipulate dall'Italia e le cui disposizioni non contrastano con le norme comunitarie.
  L'ATN, infine, esclude l'incompatibilità del Protocollo in esame con i poteri delle Regioni e degli enti locali, attesa la competenza esclusiva dello Stato nella stipula di accordi internazionali in materia fiscale.
  Evidenzia, per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislative tra lo Stato e le regioni, che, com’è noto, l'articolo 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione, riserva la materia «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
  Ricorda poi che un disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della medesima Convenzione (C. 5667), presentato nella scorsa legislatura, era stato esaminato dalla Commissione Affari esteri della Camera dei deputati nella seduta del 21 dicembre 2012, senza che ne venisse completato l’iter di approvazione a causa del sopravvenuto scioglimento delle Camere.
  Per quanto riguarda il contenuto dell'Accordo in esame, ricorda preliminarmente che la finalità di questa tipologia di accordi internazionali è quella di evitare una duplicazione di imposizione sugli stessi fenomeni economici e giuridici che, se non limitata, arrecherebbe un notevole aggravio a chi opera su un piano «transnazionale».
  Il quadro legislativo nazionale vigente prevede norme particolari per il trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dei soggetti non residenti: tali disposizioni si applicano solo se non sono state poste regole a livello internazionale, concordate tra Stati sovrani, quali soggetti primi del diritto internazionale.
  Queste regole si concretizzano nella stipula di trattati bilaterali o multilaterali fra Stati, che vengono poi recepiti nelle singole legislazioni nazionali con strumenti diversi a seconda dei modelli costituzionali, derogando alle leggi interne e prevalendo su di esse.
  Pertanto nel caso di soggetti non residenti si applicano le disposizioni previste nella convenzione contro le doppie imposizioni qualora essa sia stata stipulata con il paese del soggetto non residente, ratificata dai paesi interessati ed entrata in vigore, oppure le disposizioni previste dalla legislazione nazionale se, rispetto a questa, sono più favorevoli.
  Può anche accadere che l'accordo bilaterale o multilaterale prenda in considerazione solo alcuni dei redditi del non residente: in questo caso si avrà un regime integrato fra la legge nazionale e la convenzione internazionale.
  Ricorda altresì l'introduzione di una normativa, nel nostro Paese – analogamente a quanto già previsto in altri ordinamenti – diretta a disciplinare il fenomeno definito comunemente CFC (Controlled Foreign Corporation), mediante l'imputazione al soggetto residente dei redditi prodotti da società controllate residenti in Stati con regime fiscale privilegiato. Una preoccupazione di tipo opposto, connessa all'esigenza di evitare la doppia imposizione internazionale, è quella di evitare anche la mancata imposizione, poiché potrebbe verificarsi un eventuale azzeramento dell'imposizione, a causa di un utilizzo improprio dei regimi convenzionali (il c.d. Treaty shopping).
  Ricorda che a partire dal primo dopoguerra si è andata affermando la necessità di evitare le doppie imposizioni, soprattutto nell'ambito della Società delle Nazioni, che favorì la stipula dei primi importanti trattati (ad esempio quello italo-tedesco del 1925). Un ulteriore impulso alla stipulazione di tali convenzioni è stato dato negli anni Cinquanta, specialmente tra gli Stati appartenenti all'area occidentale. A livello internazionale l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha redatto, nel 1963, un modello di convenzione-tipo, che è stato più volte aggiornato (da ultimo nel 2008), mentre le Nazioni Unite – con il Manuale di negoziazione del 1979 Pag. 35– ha inteso favorire i paesi in via di sviluppo ad accedere ad accordi equi con gli Stati economicamente più forti.
   Rileva che la Convenzione tra Italia e San Marino per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le frodi fiscali, è stata firmata a Roma il 21 marzo 2002 e ancora non ratificata.
  Il Protocollo aggiuntivo, fatto a Roma il 13 giugno 2012 e anch'esso non ancora ratificato, fissa le modifiche alla precedente intesa del 2002, nel rispetto del modello OCSE 2005 e dunque aggiornandola agli standard internazionali, con particolare riferimento allo scambio di informazioni.
  Ricorda che l'articolo I del Protocollo aggiuntivo sostituisce l'articolo 10 della Convenzione originaria in materia di dividendi (con tale termine si indicano non solo i redditi derivanti da azioni, ma anche i redditi percepiti dai titolari di quote sociali fiscalmente assimilabili alle azioni).
  Il nuovo testo è caratterizzato dalla previsione della tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario e della concorrente facoltà, accordata allo Stato da cui essi provengono, di prelevare un'imposta alla fonte entro limiti espressamente previsti. In particolare, sono state stabilite aliquote differenziate di ritenuta nello Stato della fonte, da applicare all'ammontare lordo, rispettivamente dello 0 per cento, per partecipazioni di almeno il 10 per cento, detenute per un periodo di almeno dodici mesi precedentemente alla data della delibera di distribuzione; negli altri casi l'aliquota prevista è del 15 per cento.
  L'articolo II modifica l'articolo 11 sostituisce l'articolo 11 in materia di Interessi, promuovendo il principio di tassazione esclusiva nel Paese di residenza.
  L'articolo III sostituisce l'articolo 12 della Convenzione, in materia di Canoni, prevedendo in generale la tassazione nello Stato di residenza del beneficiario.
  L'articolo IV sostituisce l'articolo 26 in materia di scambi di informazioni. La nuova formulazione, in sostanza, mira a rendere più penetrante l'azione di raccolta delle informazioni in campo fiscale, prevedendo che lo Stato contraente oggetto di una richiesta utilizzi i poteri a sua disposizione anche qualora le informazioni in questione non siano rilevanti per i propri fini fiscali interni, e si esplicita anzi che tale ultima eventualità non possa essere invocata per rifiutare di fornire quelle informazioni. In particolare, poi, la nuova formulazione riduce la portata del cosiddetto segreto bancario, stabilendo che lo Stato richiesto non potrà rifiutare di fornire le informazioni con la sola motivazione che esse siano detenute da una banca, da un'istituzione finanziaria o da un mandatario operante in qualità di agente o fiduciario.
  L'articolo V prevede che le disposizioni di cui agli articoli 10, 11 e 12 possano essere sospese qualora lo scambio di informazioni non sia adeguatamente applicato.
  L'articolo VI prevede la sostituzione con un nuovo Protocollo aggiuntivo del precedente.
  L'articolo VII comprende le formule relative all'entrata in vigore del Protocollo di modifica (alla data della ricezione della seconda notifica) e della denuncia dello stesso (non prima di cinque anni dalla sua entrata in vigore), previste nelle medesime modalità della Convenzione.
   Ricorda poi che nel corso dell'esame presso la III Commissione, il rappresentante del Governo ha evidenziato come la ratifica degli atti in questione completerà il quadro giuridico dello scambio di informazioni in materia fiscale tra San Marino e Italia, aprendo la via ad una collaborazione bilaterale secondo standard internazionali, trattandosi dell'atto finale di un percorso decennale che rende possibile la normalizzazione delle relazioni bilaterali tra i due Paesi e pone le basi per l'ulteriore ratifica di due altri atti fondamentali per rafforzare la componente reale dell'economia sanmarinese quali l'Accordo di cooperazione economica del marzo 2009 e quello in materia di collaborazione finanziaria del 2009.Pag. 36
  Infine, ricorda gli interventi assunti nelle ultimi due legislature e sottolinea l'esigenza di pervenire ad una «normalizzazione» dei rapporti attraverso la sottoscrizione di accordi di natura fiscale, per il bene dei cittadini e di entrambi i Paesi.

  Alessandro NACCARATO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta già prevista per domani, mercoledì 29 maggio.

  La seduta termina alle 15.20.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011.
Emendamenti C. 118-878-881-940-968-A.