CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 maggio 2013
24.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 19

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  Martedì 21 maggio 2013.
  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.10 alle 10.15.

ATTI DEL GOVERNO

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'interno Domenico Manzione.

  La seduta comincia alle 10.15.

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio a norma dell'articolo 10 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
Atto n. 7.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 16 maggio 2013.

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  Francesco Paolo SISTO, presidente, preso atto che non vi sono richieste di intervento nella giornata odierna, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 10.20.

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 10.20.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l'11 maggio 2011.
Testo unificato C. 118 Mogherini ed abb.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Marilena FABBRI (PD), relatore, ricorda che il Consiglio d'Europa ha intrapreso una serie di iniziative per contrastare la violenza contro le donne già a partire dall'inizio degli anni ’90. La prima strategia globale per la prevenzione della violenza e la protezione delle vittime risale al 2002, quando fu approvata una Raccomandazione (Rec(2002)5) che invita gli Stati membri ad adottare una serie di misure fra le quali quelle di rivedere le proprie politiche nazionali, di garantire la protezione delle vittime e di elaborare piani d'azione mirati alla loro difesa, nonché alla prevenzione di tali crimini. L'applicazione di questa Raccomandazione è regolarmente osservata attraverso cicli di monitoraggio, l'ultimo dei quali risale al 2010, subito dopo l'istituzione della Commissione ad hoc (Ad Hoc Committee on Preventing and Combating Violence against Women and Domestic Violence – CAHVIO) per la stesura della Convenzione oggi in esame, divenuta nota con il nome di «Convenzione di Istanbul». Il terzo round di monitoraggio mostrava la volontà di tutti i paesi membri del Consiglio d'Europa di stabilire standard vincolanti in tutte le aree oggetto della Raccomandazione.
  La Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta ad Istanbul l'11 maggio 2011, è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a creare un quadro normativo completo a tutela delle donne contro qualsiasi forma di violenza.
  La Convenzione interviene specificamente anche nell'ambito della violenza domestica, che non colpisce solo le donne, ma anche altri soggetti, quali bambini ed anziani, cui si applicano le medesime norme di tutela.
  L'Italia ha sottoscritto la Convenzione il 27 settembre 2012, dopo l'approvazione da parte delle Camere di mozioni e di ordini del giorno volti a tale fine (si vedano le sedute del Senato del 20 settembre 2012 e della Camera dei deputati del 2 settembre 2012).
  Particolarmente rilevante è l'articolo 3 della Convenzione che definisce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani ed una forma di discriminazione contro le donne.
  La Convenzione si compone di un Preambolo, di 81 articoli raggruppati in dodici Capitoli, e di un Allegato.
  Il Preambolo ricorda innanzitutto i principali strumenti che, nell'ambito del Consiglio d'Europa e delle Nazioni Unite, sono collegati al tema oggetto della Convenzione e sui quali quest'ultima si basa. Tra di essi riveste particolare importanza la CEDAW (Convenzione Onu del 1979 sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne) e il suo Protocollo opzionale del 1999 che riconosce la competenza della Commissione sull'eliminazione delle discriminazioni contro le donne a ricevere e prendere in esame le denunce provenienti da individui o gruppi nell'ambito della propria giurisdizione. Pag. 21
  Il Preambolo della Convenzione in esame riconosce inoltre che la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi ed aspira a creare un'Europa libera da questa violenza.
  Gli obiettivi della Convenzione sono elencati nel dettaglio dall'articolo 1. Oltre a quanto già esplicitato nel titolo della Convenzione stessa, appare importante evidenziare l'obiettivo di creare un quadro globale e integrato che consenta la protezione delle donne, nonché la cooperazione internazionale e il sostegno alle autorità e alle organizzazioni a questo scopo deputate.
  Di rilievo inoltre la previsione che stabilisce l'applicabilità della Convenzione sia in tempo di pace sia nelle situazioni di conflitto armato (articolo 2): circostanza, quest'ultima, che da sempre costituisce momento nel quale le violenze sulle donne conoscono particolare esacerbazione e ferocia.
  Dopo l'individuazione delle definizioni (articolo 3), l'articolo 4 della Convenzione sancisce il principio secondo il quale ogni individuo ha il diritto di vivere libero dalla violenza nella sfera pubblica e in quella privata. A tal fine le Parti si obbligano a tutelare questo diritto in particolare per quanto riguarda le donne. Poiché la discriminazione di genere costituisce terreno fertile per la tolleranza della violenza contro le donne, la Convenzione si preoccupa di chiedere alle Parti l'adozione di tutte le norme atte a garantire la concreta applicazione del principio di parità tra i sessi corredate, se del caso, dall'applicazione di sanzioni.
  I primi a dover rispettare gli obblighi imposti dalla Convenzione sono proprio gli Stati, i cui rappresentanti, intesi in senso ampio, dovranno garantire comportamenti privi di ogni violenza nei confronti delle donne (articolo 5).
  L'articolo 5 prevede anche un risarcimento delle vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali, che può assumere forme diverse (riparazione del danno, indennizzo, riabilitazione, ecc.). L'indennizzo da parte dello Stato è disciplinato dall'articolo 30, par. 2, della Convenzione ed è accordato alle vittime se la riparazione non è garantita da altre fonti.
  Il Capitolo II contiene una serie di altri impegni, di carattere politico e sociale che integrano le previsioni di prevenzione, tutela e sanzione contenute nei tre capitoli successivi. In particolare, l'articolo 7 stabilisce che le politiche nazionali adottate ai fini dell'applicazione della Convenzione debbano porre al loro centro i diritti della vittima e debbano coinvolgere tutti i soggetti pertinenti, agenzie governative, parlamenti e autorità nazionali e locali, nonché le organizzazioni della società civile, il cui lavoro contro la violenza nei confronti delle donne deve essere incoraggiato e sostenuto a tutti i livelli (articolo 9). Risorse finanziarie ed umane appropriate devono essere stanziate per attuare interventi efficaci di prevenzione e contrasto alla violenza di genere (articolo 10). Importante è anche la previsione dell'istituzione di un organismo di coordinamento per l'attuazione, il monitoraggio e la valutazione dei predetti interventi.
  Ampio spazio viene dato dalla Convenzione alla prevenzione della violenza contro le donne e della violenza domestica (Cap. III). La prevenzione richiede un profondo cambiamento di atteggiamenti e il superamento di stereotipi culturali che favoriscono o giustificano l'esistenza di tali forme di violenza. A tale scopo, la Convenzione impegna le Parti non solo ad adottare le misure legislative per prevenire la violenza, ma anche alla promozione di campagne di sensibilizzazione (articolo 13), a favorire nuovi programmi educativi e a formare adeguate figure professionali.
  Altro punto fondamentale della Convenzione è la protezione delle vittime (Cap. IV). Particolare enfasi viene posta sulla necessità di creare meccanismi di collaborazione per un'azione coordinata tra tutti i soggetti, pubblici e privati, che rivestono un ruolo nella funzione di protezione e sostegno alle donne vittime di violenza o alle vittime di violenza domestica (articolo 18). Per proteggere le vittime fondamentale è prevedere strutture atte al loro accoglimento, attraverso un'attività Pag. 22informativa adeguata; è altresì necessario predisporre servizi che devono tenere conto del fatto che le vittime, nell'immediatezza del fatto, non sono spesso nelle condizioni psico-fisiche idonee ad assumere decisioni pienamente informate.
  I servizi di supporto possono essere generali (ad esempio servizi sociali o sanitari offerti dalla pubblica amministrazione) oppure specializzati. Fra questi si prevede la creazione di case rifugio e quella di linee telefoniche di sostegno attive notte e giorno. Strutture ad hoc sono inoltre previste per l'accoglienza delle vittime di violenza sessuale (artt. 20-24).
  La Convenzione stabilisce l'obbligo per le Parti di adottare normative che permettano alle vittime di ottenere giustizia nel campo civile e risarcimenti (Cap. V, artt. 29-32), in primo luogo dall'offensore, ma anche dalle autorità statali, se queste non hanno messo in atto tutte le misure preventive e di tutela volte ad impedire la violenza.
  La Convenzione individua anche, agli articoli da 33 a 41, una serie di condotte perseguibili penalmente come reati (violenza fisica e psicologica, sessuale, stupro, mutilazioni genitali, aborto forzato, molestie sessuali) e promuove un'armonizzazione delle legislazioni per colmare vuoti normativi a livello nazionale e facilitare la lotta alla violenza anche a livello internazionale. Tra i reati perseguibili è inserito lo stalking (articolo 34), definito come il comportamento intenzionale e minaccioso nei confronti di un'altra persona, che la porta a temere per la propria incolumità. Quanto al matrimonio forzato (articolo 37), vengono distinti i casi nei quali una persona viene costretta a contrarre matrimonio da quelli nei quali una persona viene attirata con l'inganno in un paese estero allo scopo di costringerla a contrarre matrimonio; in quest'ultimo caso, è sanzionabile penalmente anche il solo adescamento, pur in assenza di celebrazione del matrimonio. Per i suddetti reati la Convenzione prevede l'obbligo delle Parti di adottare misure legislative o di altro tipo volte a garantire che le condotte tipiche delle varie fattispecie siano sottoposte a sanzioni penali o ad altre sanzioni legali.
  La Convenzione torna in più punti (articolo 12, par. 5, e articolo 42) sull'inaccettabilità di elementi religiosi o culturali, tra i quali il cosiddetto «onore» a giustificazione delle violenze, chiedendo tra l'altro alle Parti di introdurre le misure, legislative o di altro tipo, per garantire che nei procedimenti penali intentati per crimini rientranti nell'ambito della Convenzione, tali elementi non possano essere invocati come attenuante.
  L'articolo 44 disciplina la determinazione della giurisdizione competente a giudicare sui reati penali contemplati dalla Convenzione.
  In materia di sanzioni, la Convenzione chiede alle Parti di adottare misure per garantire che i reati in essa contemplati siano oggetto di punizioni efficaci, proporzionate e dissuasive, commisurate alla loro gravità (articolo 45).
  Le circostanze aggravanti, conformemente alle disposizioni delle normative nazionali sono contemplate all'articolo 46.
  La Convenzione contiene poi un ampio Capitolo (Cap. VI) di previsioni che riguardano le inchieste giudiziarie, i procedimenti penali e le procedure di legge, a rafforzamento delle disposizioni che delineano diritti e doveri nella Convenzione stessa.
  Un Capitolo apposito (Cap. VII) è dedicato alle donne migranti, incluse quelle senza documenti, e alle donne richiedenti asilo: due categorie particolarmente soggette a violenze di genere. La Convenzione mira ad introdurre un'ottica di genere nei confronti della violenza di cui sono vittime le migranti, ad esempio accordando ad esse la possibilità di ottenere uno status di residente indipendente da quello del coniuge o del partner (articolo 59). Inoltre, viene stabilito l'obbligo di riconoscere la violenza di genere come una forma di persecuzione – ai sensi della Convenzione del 1951 sullo status dei rifugiati (articolo 60) – e ribadito l'obbligo di rispettare il Pag. 23diritto del non-respingimento per le vittime di violenza contro le donne (articolo 61).
  Nel Capitolo VIII (artt. da 62 a 65) vengono delineati gli impegni delle Parti al fine di ottenere una cooperazione internazionale per prevenire, combattere e perseguire gli atti di violenza domestica e contro le donne e per proteggere le vittime di tali reati. La cooperazione avviene anche attraverso la trasmissione di informazioni; i dati personali sono utilizzati in base agli obblighi derivanti dalla partecipazione alla Convenzione europea sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato dei dati a carattere personale.
  La Convenzione istituisce all'articolo 66 (Cap. IX) un Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (GREVIO) costituito da esperti indipendenti, incaricati di monitorare l'attuazione della Convenzione da parte degli Stati aderenti. Il monitoraggio avverrà attraverso questionari, visite, inchieste e rapporti sullo stato di conformità degli ordinamenti interni agli standard convenzionali, raccomandazioni generali, ecc.). I privilegi e le immunità dei membri del GREVIO sono oggetto dell'Allegato alla Convenzione.
  L'articolo 67 stabilisce che il Comitato delle Parti, composto dai rappresentanti delle Parti alla Convenzione, si riunisca per la prima volta entro un anno dall'entrata in vigore della Convenzione per eleggere i membri del GREVIO.
  La possibilità di modificare la Convenzione è descritta all'articolo 72. Una volta ricevuti dal Segretario generale del Consiglio d'Europa, gli eventuali emendamenti dovranno essere da quest'ultimo trasmessi a tutti gli Stati membri dell'organizzazione, alle altre Parti, all'Unione europea e ad ogni Stato invitato a firmare (la Convenzione è, in base all'articolo 75, par. 1, aperta anche alla firma degli Stati non membri che hanno partecipato alla stesura della Convenzione e della Unione europea). L'emendamento è accettato dal Consiglio dei ministri dopo il suo esame e dopo la consultazione della Parti che non sono membri del Consiglio d'Europa.
  La composizione delle eventuali controversie avverrà, in base all'articolo 74, mediante negoziato, conciliazione o arbitrato. Il Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa può proporre alle Parti procedure per la composizione delle controversie (articolo 74).
  Alla Convenzione potranno aderire, dopo la sua entrata in vigore, anche Stati non membri del Consiglio d'Europa che non abbiano partecipato alla sua elaborazione alle condizioni previste dall'articolo 76.
  L'articolo 78 circoscrive le disposizioni della Convenzione alle quali è possibile apporre riserva. Tra di esse quella contenuta nell'articolo 30, par. 2 in materia di risarcimento da parte dello Stato.
  Il testo unificato in esame reca l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione (articolo 1) ed il relativo ordine di esecuzione (articolo 2). È infine prevista l'entrata in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (articolo 3).
  Merita ripercorrere brevemente la strada che ha condotto al riconoscimento della violenza contro le donne quale violazione dei diritti umani.
  I diritti delle donne sono iscritti nella Carta delle Nazioni Unite, il documento fondativo dell'ONU, adottato nel 1945, in un contesto in cui solo 25 dei 51 paesi inizialmente aderenti riconosceva alle donne gli stessi diritti di voto degli uomini (solo nel 1948 la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, con l'articolo 21, introdurrà il suffragio universale nella legislazione internazionale).
  Nell'ambito della Commissione sui diritti dell'uomo venne inizialmente istituita la sottocommissione sulla condizione delle donne, deputata alla tutela e promozione dei diritti della donna. La sua prima presidentessa, la danese Bodil Begtrup, si adoperò subito affinché l'organo fosse elevato al rango di Commissione, per acquistare Pag. 24un maggiore peso politico. Il 21 giugno fu così istituita la Commissione sulla condizione delle donne (CDW).
  Tappa storica per la promozione dei diritti delle donne è stata l'adozione, al termine della quarta Conferenza mondiale delle donne, della Dichiarazione finale di Pechino e della relativa Piattaforma d'azione, sottoscritta da ben 189 paesi. Questi due documenti rappresentano a tutt'oggi le disposizioni fondamentali della comunità internazionale per la promozione di maggiori poteri e responsabilità delle donne e del principio di eguaglianza di genere. Da allora, alcune parole chiave hanno fatto il loro ingresso nel dibattito politico e nell'azione dei governi, come «punto di vista di genere», gender mainstreaming e l’empowerment. Sono state identificate 12 aree fondamentali su cui concentrare le azioni; tra queste la violenza contro le donne.
  Sempre in ambito ONU, occorre ricordare la Convenzione per la eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne (CEDAW), che è citata, come detto, nel preambolo della Convenzione di Istanbul. Tale Convenzione fu adottata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979 ed è entrata in vigore il 3 settembre 1981. L'Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 14 marzo 1985, n 132.
  È stato inoltre adottato nel 1999 un Protocollo opzionale alla Convenzione. In esso viene tra l'altro prevista la possibilità per i privati e le loro associazioni di adire il Comitato ONU per la eliminazioni delle discriminazioni contro le donne, inviando specifici esposti e lamentele: si tratta di un organo diverso dalla Commissione sulla Condizione delle donne. Questo comitato, nell'ambito della sessione del luglio 2011, ha rivolto all'Italia una serie di raccomandazioni per combattere e superare definitivamente le discriminazione nei confronti delle donne, tra le quali alcune specificamente riferite alla violenza di genere.
  È stato in particolare rivolto al nostro paese uno specifico invito ad una rapida ratifica della Convenzione di Istanbul. È stato inoltre richiesto di attuare misure complete per affrontare la violenza contro le donne nella famiglia e nella società, con attenzione anche alle donne vulnerabili da particolari circostanze, quali le donne Rom e le donne Sinti, le migranti, le anziane e le donne con disabilità; di assicurare che le donne vittime di violenza abbiano immediata protezione, compresa l'espulsione del reo da casa, abbiano la garanzia di poter restare in rifugi sicuri e ben finanziati su tutto il territorio nazionale e possano avere accesso al gratuito patrocinio, alla assistenza psico-sociale ed ad adeguata riparazione, incluso il risarcimento. È stato chiesto, altresì, di ampliare il sistema di raccolta dei dati; e di sostenere campagne di comunicazione e sensibilizzazione attraverso i media ed i programmi di educazione pubblica.
  Il problema della violenza contro le donne in Italia è stato altresì recentemente all'attenzione del Consiglio dei diritti umani dell'ONU, in quanto oggetto di un rapporto della relatrice speciale sulla violenza contro le donne, le sue cause e conseguenze, Rashida Manjoo, presentato il 15 giugno 2012.
  Il rapporto rileva come, nonostante gli sforzi delle autorità governative per affrontare il problema della violenza contro le donne, in Italia non si è pervenuti ad una diminuzione del tasso di femminicidi, né si è verificato un reale miglioramento della vita di molte donne e bambine, in particolare delle donne Rom e Sinti, delle donne migranti e delle donne affette da disabilità.
  La relatrice speciale rivolge al Governo, in conclusione dell'articolato rapporto, una serie di raccomandazioni tra le quali la richiesta di ratifica della Convenzione di Istanbul. Nella sua relazione sono inoltre raccomandate misure di carattere legislativo per creare un'apposita struttura governativa unica che si occupi esclusivamente del problema di una uguaglianza di genere sostanziale in generale e della violenza contro le donne in particolare, per evitare duplicazioni e mancanza di coordinamento; per accelerare la creazione di un'istituzione nazionale indipendente per i diritti umani con una sezione dedicata ai Pag. 25diritti delle donne; per adottare una legge specifica per la violenza contro le donne; per affrontare il vuoto legislativo nel campo della custodia dei figli e includere norme rilevanti relative alla protezione delle donne vittime di violenza domestica; per fornire educazione e formazione per rafforzare le capacità dei giudici di affrontare in maniera efficace i casi di violenza contro le donne; per adottare politiche a lungo termine, sensibili al genere e sostenibili per l'inclusione sociale e l’empowerment delle comunità marginalizzate, con particolare attenzione alla salute delle donne, all'istruzione, al lavoro e alla sicurezza; per modificare il reato di immigrazione clandestina al fine di garantire accesso alle donne migranti in situazione irregolare agli enti giudiziari e alle forze dell'ordine, senza timore per la detenzione e la deportazione; per affrontare le attuali disparità di genere nei settori pubblico e privato implementando efficacemente le misure fornite dalla Costituzione e da altra legislazione e politiche per aumentare il numero delle donne – incluse le donne dei gruppi marginalizzati – nei settori politici, economici, sociali, culturali e giudiziari.
  Nella relazione sono inoltre segnalati come necessari alcuni mutamenti sociali e vengono raccomandate iniziative di sensibilizzazione, in particolare si raccomanda di effettuare campagne di sensibilizzazione con lo scopo di eliminare atteggiamenti stereotipati circa i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini in famiglia, nella società e sul lavoro ed aumentare la consapevolezza sulla violenza contro le donne in generale e contro le donne dei gruppi marginalizzati, anche formare e sensibilizzando i media.
  La relazione si concentra poi sui servizi di supporto, segnalando come si debba continuare ad adottare le misure necessarie, incluse quelle finanziarie, per mantenere i rifugi antiviolenza esistenti e/o per crearne di nuovi per l'assistenza e la protezione delle donne vittime di violenza; per garantire che i rifugi operino secondo gli standard internazionali e nazionali per i diritti umani; per riconoscere, incoraggiare e sostenere partnership pubblico-private con le organizzazioni della società civile e le istituzioni educative del livello superiore, per fornire ricerche e risposte per affrontare la violenza contro le donne.
  Quanto alla raccolta dati e statistiche, la relazione segnala la necessità di rafforzare la capacità dell'ISTAT, anche attraverso le necessarie risorse, per creare un sistema per la raccolta e analisi regolare e standardizzata dei dati, sulla violenza contro le donne.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere (vedi allegato 1).

  Francesco Paolo SISTO, presidente, ringrazia la relatrice per l'ampia illustrazione del provvedimento, che ha richiamato anche le radici storiche del testo, approfondimento ancora più opportuna in considerazione del particolare rilievo della Convenzione in esame.

  Elena CENTEMERO (PdL) sottolinea l'importanza della Convenzione in esame, che non tratta solo della violenza contro le donne, ma in generale della violenza domestica, che è anche quella contro i bambini, ed esprime l'auspicio che sulla Convenzione di Istanbul e sui problemi da essa affrontati si svolga in Assemblea un dibattito di adeguato livello, anche per dare al Paese un segno dell'attenzione del Parlamento su questi temi e per sensibilizzare l'opinione pubblica contro un fenomeno che, secondo i dati, che tra l'altro sono certamente sottostimati, è in continua crescita e che in Italia interessa soprattutto il centro-nord e le grandi città, ossia le aree in cui le donne hanno più che altrove conquistato ruoli di responsabilità e di rilievo nel mondo del lavoro.
  Sottolinea l'importanza di procedere ad una formazione specifica del personale delle forze dell'ordine, ricordando che, secondo quanto emerge dalle indagini statistiche, molte vittime di violenza nell'ambito della famiglia rinunciano a sporgere denuncia per una sorta di mancanza di fiducia nei confronti delle autorità pubbliche. Sottolinea altresì l'importanza di realizzare sul territorio un coordinamento Pag. 26tra le strutture pubbliche e quelle private che si occupano di prevenzione e di assistenza in questo campo, nonché di avviare una battaglia culturale fin nelle scuole per combattere comportamenti sbagliati che si manifestano già in età scolare, come il bullismo.
  Nel ricordare infine come il suo gruppo abbia presentato la mozione 1-00041 – sottoscritta, oltre che dal presidente del gruppo del Popolo della libertà, dalle deputate facenti parte del gruppo stesso – la quale impegna il Governo a prendere una serie di concrete iniziative per promuovere la parità di genere in Italia, esprime l'auspicio che iniziative analoghe siano adottate anche dagli altri gruppi parlamentari.

  Roberta AGOSTINI (PD) esprime, a nome suo personale ed a nome del gruppo, la soddisfazione per il fatto che la ratifica della Convenzione in titolo costituisca uno dei primi atti della nuova legislatura. Ricorda che il disegno di legge di ratifica era stato esaminato anche alla fine della precedente legislatura ma non è giunto a conclusione a seguito della fine anticipata della stessa.
  Si sofferma, quindi, sui dati forniti dall'ISTAT nell'ultima rilevazione svolta – nel 2007 – sui temi in esame per quanto riguarda l'Italia. Da tali dati emerge, in particolare, come 14 milioni di donne italiane abbiano subito violenza, di vario tipo, almeno una volta nel corso della vita.
  Ritiene dunque che la Convenzione offra un quadro importante all'interno del quale potersi muovere.
  Richiama, in particolare, le quattro «P» che sono alla base della strategia complessa che è a fondamento della Convenzione: in primo luogo, la «prevenzione», poiché trattandosi di un fenomeno endemico è necessaria un'educazione alla «cultura del rispetto» già nelle scuole. Dalle ricerche svolte emerge che la propensione a compiere atti di violenza è maggiore negli uomini che sono stati coinvolti in passato in episodi di violenza: chi assiste ad atti violenti ha infatti, in base agli studi effettuati, una più elevata possibilità di compierli, a sua volta, da adulto. In tale quadro, sarà altresì utile una riflessione sull'introduzione del reato di violenza assistita.
  In secondo luogo il tema della «protezione» perché in molti casi le donne uccise avevano già denunciato l'uomo che aveva comportamenti violenti nei loro confronti. La recente uccisione a Ostia di Michela Fioretti è emblematica, considerato che l'ex marito, che poi la ha uccisa, era una guardia giurata ancora in possesso dell'arma nonostante le numerose denunce fatte dalla donna nei suoi confronti.
  In terzo luogo la «punizione», che può essere assicurata in primo luogo con processi più celeri.
  Infine, la «promozione» di una corretta rappresentazione dei rapporti tra generi e della stessa soggettività femminile.
  Rileva, al contempo, come occorra una valorizzazione della rete territoriale dei servizi di assistenza e come sia essenziale disporre di risorse congrue per queste finalità, tenuto conto che nessuna politica a costo zero è possibile in questo campo.
  Evidenzia, infine, come si tratti di questioni di particolare rilievo che riguardano le donne e, allo stesso tempo, gli uomini.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, richiama, in particolare, le disposizioni contenute nella Convenzione nella parte giuridico-sanzionatoria e, in particolare, all'articolo 46, che prevede che le Parti adottino le misure legislative e di ogni altro tipo necessarie per garantire che determinate circostanze, ivi indicate, purché non siano già gli elementi costitutivi del reato, possano, conformemente alle disposizioni pertinenti del loro diritto nazionale, essere considerate come circostanze aggravanti nel determinare la pena per i reati stabiliti conformemente alla Convenzione.
  Tale impostazione – se accompagnata da elementi che portano all'applicazione effettiva delle circostanze aggravanti da parte del giudice – costituisce, a suo avviso, un modo efficace per raggiungere le finalità che sono alla base della Convenzione, Pag. 27consentendo di prevedere sanzioni incisive evitando un'ipertrofia di reati.
  Accanto a ciò dovrà essere garantita l'effettività delle pena, il che si collega ad una problematica di carattere più generale ma che è strettamente connessa all'attuazione della terza «p», quella della punizione, testè richiamata dalla collega Agostini.

  Riccardo FRACCARO (M5S) sottolinea il carattere moderno ed «illuminante» della Convenzione in esame, che affronta la questione in maniera organica. Tale organicità è invece proprio quello di cui è carente il sistema normativo italiano. La Convenzione pone la giusta attenzione a tutte le fasi che caratterizzano il fenomeno, arrivando fino al reinserimento della vittima.
  Ritiene che questa impostazione dovrebbe rappresentare un modello per la legislazione e per l'attività di tutte le Commissioni parlamentari, considerato che – come si è potuto riscontrare ad esempio nel corso dell'esame presso la I Commissione dello schema di regolamento che disciplina il riordino delle prefetture-UTG (atto n. 9) – molto spesso ciò che manca è proprio l'organicità nell'affrontare le questioni.
  Fa quindi presente che il suo gruppo dà una valutazione molto positiva della Convenzione in oggetto, che consente di fare un importante passo avanti per affrontare un problema ancestrale nel nostro Paese.

  Federica DIENI (M5S) si associa alle considerazioni del collega Fraccaro, sottolineando come, tra le proposte di legge che autorizzano la ratifica della Convenzione di Istanbul, ci sia anche la proposta di legge C. 878, presentata dal suo gruppo, a prima firma delle deputate Spadoni e Di Vita e della quale è lei stessa firmataria. Nel sottolineare come sia necessaria una vera e propria battaglia culturale per sradicare pregiudizi e atteggiamenti che sono alla base della violenza domestica e come occorrano concrete iniziative di prevenzione e di contrasto, esprime l'avviso che la Convenzione di Istanbul si muova nella giusta direzione – anche perché tende a uniformare gli ordinamenti europei su questa delicata materia – ed auspica che agli impegni da essa previsti sia data quanto prima attuazione in Italia. Conclude rimarcando l'esigenza di dare innanzitutto ai minori modelli educativi sani e corretti, a cominciare da quelli veicolati dalla televisione.

  Matteo BRAGANTINI (LNA) rileva come la battaglia culturale che c’è da fare è ancora molto forte. Ha avuto infatti modo di vedere come sia diffusa nelle donne l'idea che la denuncia di persone con le quali si sono avuti legami affettivi e che hanno poi avuto comportamenti violenti non produca i risultati sperati ed è comunque difficile, anche psicologicamente, da fare. Si preferisce quindi pensare di nascondersi all'estero o trovare altre soluzioni.
  Occorre dunque a suo avviso riflettere su possibili soluzioni, anche normative, per affrontare il problema, ricorrendo, ad esempio, a meccanismi come quello esaminato in occasione della discussione sul tema della cittadinanza in cui si prevedeva il diniego della cittadinanza italiana alle persone extra-comunitarie che fossero state denunciate per violenza domestica. In tale modo emergerebbe con forte chiarezza che la violenza nel nostro Paese non è tollerata in nessuna forma.

  Nazzareno PILOZZI (SEL) ritiene che la ratifica della Convenzione di Istanbul rappresenti un passo minimo e indispensabile lungo un cammino che è molto più lungo in direzione di una trasformazione culturale del Paese. Osserva che il Paese che negli ultimi venti anni ha conosciuto – in tema di rapporto tra i generi – una forte regressione, anche a causa della rinnovata diffusione di modelli «machisti»: un fatto, questo, del quale sono responsabili anche importanti uomini politici ed esponenti delle istituzioni, il cui linguaggio e il cui comportamento devono essere stigmatizzati da tutti. Aggiunge che la violenza nell'ambito della famiglia è il Pag. 28frutto di una mentalità che deve essere combattuta e sradicata, a cominciare da un ripensamento dei modelli di relazione tra i sessi mostrati dalla televisione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, chiede alla collega Ravetto se intende intervenire sul provvedimento in esame.

  Laura RAVETTO (PdL) si riserva di intervenire eventualmente in una fase successiva dell’iter parlamentare.

  Rosy BINDI (PD), preso atto di quanto emerso dal dibattito e tenuto conto dei contenuti della Convenzione in esame, auspica che la ratifica da parte dell'Italia di tale importante atto internazionale non si esaurisca in un mero rito cui non seguono norme di attuazione nell'ordinamento interno, come troppo spesso è avvenuto in passato.
  Rileva come il differenziale tra la situazione italiana e le previsioni della Convenzione sia molto ampio: ribadisce quindi l'esigenza di non limitarsi ad una ratifica formale ma di provvedere quanto prima alla sua attuazione concreta. Riterrebbe quindi opportuno che il parere della I Commissione evidenziasse la necessità di un monitoraggio costante delle diverse fasi di attuazione della Convenzione, anche demandando tale funzione ad un Osservatorio.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, fa presente che l'articolo 70 della Convenzione prevede che «i Parlamenti nazionali sono invitati a partecipare al controllo delle misure adottate per l'attuazione della presente Convenzione». Si potrebbe, pertanto, sottolineare l'importanza di tale previsione nella proposta di parere.

  Marilena FABBRI (PD), relatore, concorda con quanto testé evidenziato dal presidente.

  Renato BALDUZZI (SCpI) rileva che per il monitoraggio si potrebbe fare riferimento al capitolo IX della Convenzione, articolo 66 e seguenti, che reca disposizioni in materia di meccanismo di controllo per la vigilanza sull'attuazione delle disposizioni della Convenzione da parte degli Stati aderenti.

  Danilo TONINELLI (M5S) ritiene opportuno che nel parere sia evidenziata l'esigenza di prevedere obblighi perentori riguardo al monitoraggio della fase attuativa, prevedendo ad esempio che il Governo debba riferire al Parlamento con cadenza annuale. In tale modo sarebbe assicurata una maggiore incisività ed effettività delle disposizioni.

  Elena CENTEMERO (PdL) ricorda che il presidente Sisto si è soffermato sull'articolo 46 della Convenzione che riguarda le circostanze aggravanti. A sua volta, intende richiamare l'attenzione della Commissione sugli articoli 33-41 della Convenzione che riguardano una serie di reati.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, rileva come molti di questi reati siano già presenti nell'ordinamento italiano e ribadisce che si potrebbe far leva sull'istituto delle circostanze aggravanti.

  Elena CENTEMERO (PdL) ritiene, al riguardo, che occorre tenere conto anche dell'impostazione di tipo culturale e della valenza molto forte che potrebbe avere, come segnale, ad esempio, l'introduzione del reato di «femminicidio» nel nostro Paese.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, ritiene che la questione testé posta, a prescindere dal merito, vada oltre le competenze della I Commissione, rientrando negli ambiti propri della Commissione giustizia. Rileva inoltre come alcuni degli aspetti evidenziati nel corso del dibattito potranno essere più propriamente oggetto di emendamenti o di ordini del giorno nel corso della discussione del provvedimento in Assemblea, considerato che in questa fase la Commissione è chiamata ad esprimere un parere alla Commissione di merito per le parti di competenza.

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  Marilena FABBRI (PD), relatore, alla luce di quanto emerso presenta una nuova formulazione della proposta di parere (vedi allegato 2) affinché sia evidenziato che «l'articolo 70 della Convenzione in oggetto invita i Parlamenti nazionali al controllo concreto delle misure adottate per l'attuazione della Convenzione e che tale adempimento appare indispensabile».

  La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Sui lavori della Commissione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, desidera informare la Commissione che, nell'incontro avvenuto nella giornata di ieri al Quirinale tra il Presidente della Repubblica, il Ministro per le riforme costituzionali e i Presidenti delle Commissioni affari costituzionali del Senato e della Camera, è emersa l'unanime volontà che quanto prima sia avviato in Parlamento un percorso teso ad apportare alla parte II della Costituzione alcune puntuali modifiche funzionali ad assicurare un più lineare ed efficace funzionamento dei poteri dello Stato.

Sulla rilevazione delle presenze in Commissione.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, informa la Commissione che è sua intenzione sottoporre ai deputati questori la proposta che la partecipazione dei deputati alle sedute delle Commissioni possa essere attestata, oltre che attraverso la rilevazione elettronica mediante il tesserino e le minuzie, anche attraverso l'apposizione di firme su un registro cartaceo, così da venire incontro ad una richiesta di semplificazione venuta da più parti.

  Gianclaudio BRESSA dichiara di condividere l'iniziativa del presidente.

  La seduta termina alle 11.20.

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO.

  La seduta comincia alle 11.20.

Comunicazioni del presidente sulla costituzione del Comitato permanente per i pareri.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che l'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato all'unanimità nella seduta del 16 maggio 2013, di costituire, ai sensi dell'articolo 22, comma 4, del regolamento, un Comitato permanente per i pareri con la seguente composizione: Alfredo D'Attorre (PD), Marilena Fabbri (PD), Daniela Matilde Maria Gasparini (PD), Giuseppe Lauricella (PD), Marco Meloni (PD), Alessandro Naccarato (PD), Matteo Richetti (PD), Fabiana Dadone (M5S), Federica Dieni (M5S), Danilo Toninelli (M5S), Maurizio Bianconi (PDL), Annagrazia Calabria (PDL), Elena Centemero (PDL), Andrea Mazziotti di Celso (SCpI), Nazzareno Pilozzi (SEL), Matteo Bragantini (LNA), Ignazio La Russa (FDI), Albrecht Plangger (MISTO).
  L'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, nel corso della stessa seduta, ha altresì deliberato all'unanimità la seguente composizione dell'ufficio di Presidenza del medesimo Comitato: Presidente, Alessandro Naccarato; Vice presidente: Matteo Bragantini; Segretario: Andrea Mazziotti di Celso.

  La Commissione prende atto.

  La seduta termina alle 11.25.

SEDE REFERENTE

  Martedì 21 maggio 2013. — Presidenza del presidente Francesco Paolo SISTO. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Sesa Amici.

  La seduta comincia alle 11.25.

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Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere.
C. 482 Garavini e C. 887 Migliore.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Renato BALDUZZI (SCpI), relatore, ricorda che i due progetti di legge di cui oggi la Commissione inizia l'esame – l'A.C. 482, Garavini ed altri e l'A.C. 887, Migliore ed altri – prevedono l'istituzione, anche per la durata della XVII legislatura della Commissione antimafia, cioè di un organo bicamerale d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali, anche straniere in quanto operanti sul territorio nazionale.
  Rileva che si tratta di un organo istituito anche nelle scorse legislature: infatti, a partire dal 1962, sono state istituite con legge nove Commissioni parlamentari «antimafia». L'atto istitutivo più recente è stato la legge n. 132 del 2008, che ha esaurito la sua efficacia con la fine della XVI legislatura.
  Alla base di tali atti vi è stato un ampio consenso parlamentare, testimoniato, per l'ultima legge, sia dalla rapidità dei lavori parlamentari, sia dalla procedura adottata per giungere alla sua approvazione. La legge n. 132, infatti, origina da un disegno di legge presentato al Senato (A.S. 265), il cui esame è iniziato presso la Commissione Affari costituzionali di quel ramo del Parlamento in sede deliberante il 27 maggio 2008 per concludersi il 25 giugno 2008. Alla Camera il provvedimento è stato assegnato alla Commissione Affari costituzionali il 30 giugno 2008 in sede referente. Svolto un breve esame e verificati i presupposti per il trasferimento della sede di esame, il 24 luglio 2008 il testo fu nuovamente assegnato alla Commissione in sede legislativa e approvato con modifiche lo stesso giorno. Il Senato, in meno di una settimana, ne ha poi concluso l'esame, approvando il testo trasmesso dalla Camera il 30 luglio 2008.
  Quanto ai contenuti, osserva che le due proposte di legge, che presentano una formulazione pressoché simile, riprendono quelli della citata legge n. 132 del 2008, discostandosene però per alcuni profili più avanti illustrati. Passa, quindi, a prendere in esame l'articolato delle due proposte di legge.
  L'articolo 1 dispone l'istituzione della Commissione e ne definisce compiti e poteri.
  La denominazione dell'Organo è parzialmente difforme nelle due proposte di legge: mentre la proposta di legge A.C. 482 riprende la denominazione stabilita dalla legge n. 132 che, discostandosi dalle normative precedenti, ha adottato una formulazione diretta ad evidenziare l'ampliamento dell'attività d'inchiesta parlamentare alle associazioni criminali anche straniere operanti sul territorio nazionale, la proposta di legge A.C. 887 invece reca la denominazione adottata nelle legislature anteriori alla XVI, che non fa riferimento alla criminalità straniera. Dal punto di vista della sostanza dell'attività dell'organo, però, entrambe le proposte di legge, nel comma 3 dell'articolo 1, estendono il raggio di azione conoscitiva della Commissione alle mafie straniere e alla criminalità transnazionale.
  Evidenzia come i compiti della Commissione, indicati nel comma 1 dell'articolo 1, identici nelle due proposte, riproducono praticamente in modo testuale, quasi integralmente, quelli della legge n. 132 del 2008. Essi sono riconducibili alle seguenti attività: verifica di attuazione della normativa di contrasto alla criminalità organizzata e alla mafia e di promozione delle iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l'efficacia; accertamento della congruità della legislazione vigente, anche riguardante il riciclaggio, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinate e incisive le iniziative contro la mafia; l'accertamento e la valutazione delle tendenze e dei mutamenti in atto nell'ambito della criminalità di tipo mafioso anche con riferimento a processi di internazionalizzazione Pag. 31e di cooperazione con altre organizzazioni criminali in attività illecite rivolte contro la proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, con particolare riguardo, sotto quest'ultimo profilo, al ruolo della criminalità nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali; indagine sul rapporto tra mafia e politica; l'accertamento di modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti di tipo mafioso; esame dell'impatto sul sistema produttivo delle attività delle associazioni mafiose, in particolare per l'alterazione della libera concorrenza, per l'accesso ai sistemi bancario e finanziario, per la trasparenza della gestione delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo imprenditoriale; verifica dell'adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci, nonché dell'adeguatezza delle strutture preposte al contrasto e alla prevenzione della criminalità e al controllo del territorio.
  Alla Commissione è altresì attribuito il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali e il compito di proporre misure per prevenire e contrastare tali tentativi, anche verificando l'efficacia delle disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento a quelle in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali e di rimozione degli amministratori di tali enti. Alla Commissione spetta inoltre riferire alle Camere al termine dei lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.
  I compiti sono svolti dall'organo, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, anche con riferimento ad altre associazioni criminali, comunque denominate, alle mafie straniere, alle organizzazioni di natura transnazionale ai sensi dell'articolo 3 della Legge n. 146 del 2006, di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, nonché a tutte le organizzazioni criminali di tipo mafioso ai sensi dell'articolo 416-bis (Associazione di tipo mafioso) del codice penale.
  Come già accennato, i due testi in esame riproducono quasi integralmente i compiti stabiliti dalla legge n. 132 del 2008. Tuttavia, nell'ambito dell'indagine dei rapporti tra mafia e politica (articolo 1, comma 1, lettera f), a differenza della legge n. 132 del 2008, i testi in esame non riproducono il compito di indagare riguardo alle manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico – mafioso. Reputa peraltro che anche questi oggetti rientrino, a fortiori, nella competenza della Commissione, stante l'ampia formulazione della medesima («rapporto tra mafia e politica»).
  In merito ai poteri della Commissione, ricorda che l'articolo 82 della Costituzione prevede che le Commissioni di inchiesta parlamentare procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Rispetto al perimetro costituzionale dei poteri di inchiesta, le leggi varate nelle ultime due legislature, cioè la già richiamata legge n. 132 del 2008 e la legge n. 277 del 2006, registrano una riduzione dell'effettivo ambito attribuito ai poteri delle Commissioni istituite: in particolare, a differenza degli organi istituiti in precedenza, alla Commissione prevista da tali leggi non è stato attribuito il potere di adottare provvedimenti sulla libertà e sulla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, né di disporre limitazioni della libertà personale, ad eccezione dell'accompagnamento coattivo dei testimoni di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale previsto per il caso di omessa comparizione in mancanza di legittimo impedimento. Questo ridimensionamento dei poteri fu disposto nella XV legislatura. La motivazione emerse nel corso dei lavori parlamentari, quando si rilevò che, mentre in ambito penale l'adozione di provvedimenti limitativi dei diritti costituzionalmente garantiti, in particolare le intercettazioni, è assistita da garanzie, in quanto i provvedimenti sono assunti da Pag. 32un giudice su richiesta del pubblico ministero, nell'ambito della Commissione non sono attivabili analoghe garanzie. Non venne inoltre considerato sufficiente prevedere un quorum qualificato per l'adozione di questi provvedimenti restrittivi della libertà personale.
  Pertanto le proposte di legge in esame, all'articolo 1, comma 2, nel disporre che la Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria, riproducono la limitazione dei poteri della Commissione in materia di libertà e di segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, nonché di disposizione di limitazioni della libertà personale, salvo l'accompagnamento coattivo. Il vostro relatore considera ragionevole tale limitazione.
  Entrambe le proposte di legge, all'articolo 2, comma 1, riducono la composizione della Commissione rispetto al passato. Infatti, la legge n. 132 del 2008 fissava il numero dei componenti, per ciascuna Camera, a 25 membri, per un totale di 50 componenti, mentre l'A.C. 482 lo riduce a 20 e l'A.C. 887 a 15, per un totale rispettivamente di 40 e di 30 componenti.
  Inoltre, entrambe le proposte di legge, al primo periodo del comma 1 dell'articolo 2, affermano che i componenti sono scelti dai Presidenti delle Camere in proporzione del numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.
  Come nelle due leggi precedenti, la n. 277 del 2006 e la n. 132 del 2008, le proposte di legge in esame stabiliscono, ai fini della nomina, il criterio in base al quale la Presidenza della Camera di appartenenza deve tener conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione. Dai lavori parlamentari emerge la motivazione che aveva presieduto all'introduzione di tale criterio nel testo della legge n. 277 del 2006, fondata sull'intento di impedire la nomina a componenti della Commissione di parlamentari nei cui confronti fosse aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione.
  Nella legge n. 132 del 2008 è stato inserito il riferimento a quanto stabilito dalla proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata il 3 aprile 2007, dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia della XV legislatura in materia di designazione dei candidati alle elezioni amministrative. Come si deduce dai lavori preparatori della Commissione Affari costituzionali della Camera, detto riferimento non fu previsto quale criterio vincolante per la nomina da parte dei Presidenti, perché fu rilevato che sotto questa forma si sarebbe potuta creare una disarmonia tra lo status di parlamentare e quello di componente della Commissione antimafia. La Costituzione, infatti, per far parte di Commissioni bicamerali non prevede altro requisito che quello dello status di parlamentare. La soluzione fu quella di prevedere, da parte del parlamentare nominato componente della Commissione, l'obbligo di dichiarare alla Presidenza della Camera di appartenenza la sussistenza di una della condizioni indicate nella proposta di autoregolamentazione. Le due proposte di legge in esame riprendono il testo della legge n. 132 del 2008, con riferimento, ovviamente, alla proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 18 febbraio 2010, dalla Commissione antimafia nella XVI legislatura (doc. XXIII, n. 1), in materia di formazione delle liste dei candidati per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali.
  Osserva che la proposta di autoregolamentazione in ogni caso riguarda i criteri, ad adesione volontaria, che impegnano formazioni politiche e liste civiche a non presentare o appoggiare candidati alle elezioni regionali e amministrative che si trovino in specifiche condizioni. Tali condizioni riguardano il candidato nei cui confronti sia stato emesso decreto che dispone il giudizio o sia stata emessa Pag. 33misura cautelare personale non revocata né annullata o che si trovino in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive o che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva, per una serie di delitti. L'impegno riguarda anche la pubblicità delle motivazioni dell'eventuale scelta di non rispettare tali criteri.
  Rileva altresì che, a differenza delle precedenti leggi, le proposte in esame dettano una disciplina per il caso di sopravvenienza di una delle condizioni illustrate, prevedendo che in tale fattispecie l'interessato deve informarne immediatamente il Presidente della Camera di appartenenza, «per l'adozione dei provvedimenti di competenza». Segnala peraltro che non appaiono chiari né la natura di tali provvedimenti, né il procedimento relativo al potere presidenziale di nomina.
  Effettuata la nomina, la Commissione provvede alla costituzione dell'Ufficio di presidenza, secondo le stesse modalità previste nella passata legislatura, ma con una sola differenza prevista da entrambe le proposte in esame: per l'elezione del Presidente della Commissione, si prevede la non computabilità delle schede bianche. I due vicepresidenti e i due segretari sono eletti con voto limitato. È previsto il rinnovo biennale della composizione della Commissione, i cui membri possono essere confermati.
  In merito allo svolgimento dei lavori, in base all'articolo 3 di entrambe le proposte di legge, la Commissione può organizzare i propri lavori con la costituzione di uno o più comitati. Inoltre, essa procede ad audizioni a testimonianza ai sensi dell'articolo 4, ferme restando le competenze dell'autorità giudiziaria. Osserva che la relativa disciplina è analoga a quanto stabilito nella XVI legislatura, con applicazione degli articoli 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza) del codice penale, nonché dell'articolo 203 (Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza) del codice di procedura penale. Resta ferma inoltre la vigente disciplina in tema di segreto professionale e bancario ed è sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato. Per quanto riguarda il segreto di Stato, punto a suo avviso particolarmente rilevante, il testo di entrambe le proposte di legge riprende, all'articolo 4, comma 2, quello della legge n. 132 del 2008, che dispone il rinvio a quanto previsto dalla legge 3 agosto 2007, n. 124, di riforma dei servizi di informazione per la sicurezza dello Stato. Dai lavori preparatori si deduce che tale formulazione venne adottata in sede di esame referente presso la Commissione Affari costituzionali della Camera, sostituendo l'iniziale testo approvato in sede deliberante dalla Commissione Affari costituzionali del Senato che prevedeva che in nessun caso, per i fatti rientranti nei compiti della Commissione, potesse essere opposto il segreto di Stato. La modifica apportata, sempre a quanto risulta dai lavori preparatori, nasceva dalla necessità di coordinare il testo della legge istitutiva con le disposizioni della menzionata legge n. 124 del 2007.
  Ricorda che gli articoli da 39 a 42 di tale legge hanno modificato la disciplina del segreto di Stato rispetto al passato; in particolare l'articolo 39, comma 11, espressamente esclude che possano essere oggetto di segreto di Stato anche i fatti di terrorismo, quelli costituenti i reati di strage previsti dagli articoli 285 e 422 del codice penale e i reati di mafia di cui agli articoli. 416-bis (Associazione di tipo mafioso) e 416-ter (Scambio elettorale politico-mafioso) del codice penale.
  Prima dell'entrata in vigore della legge n. 124 del 2007, alcune delle leggi istitutive di Commissioni Antimafia avevano previsto la non opponibilità del segreto di Stato, ma tale previsione era connessa al regime disposto dall'allora vigente legge n. 801 del 1977, che escludeva dal segreto di Stato solamente i fatti eversivi dell'ordine costituzionale (articolo 12, comma 2). Rileva come in qualche caso per evitare l'opponibilità del segreto di Stato, i fatti di mafia vennero assimilati a fatti eversivi.
  Come già rilevato, all'articolo 4, comma 2, le due proposte di legge in esame riprendono il testo della legge n. 132 del 2008. All'articolo 5 tuttavia, concernente la Pag. 34richiesta di atti e documenti, si differenziano dal testo della legge del 2008 per l'inserimento di un nuovo comma, il comma 4, che stabilisce la non opponibilità del segreto di Stato alla richiesta di atti, in possesso dei servizi di informazione per la sicurezza dello Stato, pertinenti alle materie d'indagine della Commissione. Si tratta, quindi, di un elemento aggiuntivo rispetto a quanto disposto dall'articolo 4, comma 2, su cui suggerisce alla Commissione un approfondimento per quanto attiene sia al coordinamento tra le due disposizioni, sia alla effettiva portata della non opponibilità. Ritiene che sarebbe altresì utile un approfondimento, da parte degli uffici, circa la prassi applicativa e l'operatività concreta delle diverse previsioni contenute nelle due leggi precedenti istitutive della Commissione d'inchiesta.
  L'articolo 6 di entrambe le proposte di legge vincola al segreto, con la previsione di una sanzione penale (articolo 326 del codice penale), i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d'ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti.
  Inoltre, l'articolo 7, comma 1, di entrambi i testi in esame demanda ad un regolamento interno l'organizzazione delle attività e il funzionamento della Commissione.
  Osserva che l'autorizzazione di spesa prevista dall'articolo 7, comma 5, è pari, in entrambe le proposte a 300.000 euro per ciascun anno. Ricorda che la legge n. 132 del 2008, che fu promulgata in agosto, prevedeva per il primo anno un'autorizzazione di spesa di 150.000 euro per il primo anno e di 300.000 per gli anni successivi. Ritiene probabile che anche per la legge istitutiva della Commissione per la XVII legislatura si dovrà procedere nel senso di una riduzione per l'anno in corso.
  L'articolo 8, infine, in linea con la legge n. 132 del 2008, stabilisce l'entrata in vigore della legge il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  In conclusione, data la rilevanza della materia, ritiene utile un accurato approfondimento delle due proposte di legge. Invita inoltre la Commissione a valutare la possibilità di un percorso analogo a quello della passata legislatura e a verificare, quindi, se sussistano le condizioni per chiedere un trasferimento dell'esame alla sede legislativa.

  Gianclaudio BRESSA (PD), nel ringraziare il collega Balduzzi per l'accurata relazione, osserva che, a suo avviso, sussistono due punti delle proposte di legge che presentano delle criticità.
  Il primo è relativo ai poteri presidenziali in caso di sopravvenienza di una delle condizioni previste dal codice di autoregolamentazione. Si tratta di una questione di grande delicatezza che non può essere definita con un rinvio generico: se si decide, infatti, di affrontare il tema vanno esplicitate in modo chiaro le conseguenze che ne derivano.
  Un'altra questione è quella della non opponibilità del segreto di Stato, indicata al comma 4 dell'articolo 5 di entrambe le proposte. Osserva, come già rilevato dal relatore, che esiste già la legge n. 124 del 2007 che regola l'opponibilità del segreto di Stato con le esclusioni indicate all'articolo 39, comma 11. L'inserimento di un'altra disposizione, peraltro indeterminata, rischia di dare luogo ad una confusione interpretativa. Per questo motivo anticipa che proporrà la soppressione del comma 4 dell'articolo 5.

  Mariastella GELMINI (PdL), concorda con il collega Bressa sulla necessità di sopprimere il comma 4 dell'articolo 5 al fine di evitare interpretazioni distorte.
  Anticipa che è stata depositata una proposta di legge del suo gruppo sulla materia.

  Nazzareno PILOZZI (SEL), pur ritenendo puntuale la questione posta dal collega Bressa sull'opponibilità del segreto di Stato, ritiene utile acquisire, come proposto dal relatore, il quadro della prassi Pag. 35applicativa in materia delle Commissioni antimafia delle due precedenti legislature come ausilio per un esaustivo approfondimento.

  Francesco Paolo SISTO, presidente, comunica che nel prossimo ufficio di presidenza sarà definito il prosieguo dell'esame dei provvedimenti, tenuto conto anche di quanto annunciato dalla collega Gelmini.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 11.50.

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