CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 aprile 2013
10.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione speciale per l'esame di atti del Governo
COMUNICATO
Pag. 5

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 17 aprile 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo.

  La seduta comincia alle 9.45.

Schema di decreto ministeriale per l'individuazione delle manifestazioni da abbinare alle lotterie nazionali da effettuare nell'anno 2013.
Atto n. 3.
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

  Enrico ZANETTI (SCpI), relatore, per quanto riguarda il contesto normativo in cui si inquadra lo schema di decreto, recante l'individuazione delle lotterie nazionali da effettuare nell'anno 2013, ricorda in primo luogo che, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 722 del 1955, l'individuazione, fino ad un massimo di dodici, delle lotterie nazionali da effettuare ogni anno, oltre ad una lotteria internazionale, è rimessa ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 15 dicembre di ogni anno, previo parere parlamentare.
  Quanto agli utili di ciascuna lotteria, la disciplina stabilisce che essi siano versati in conto entrata al Bilancio dello Stato, e che, per le lotterie eventualmente abbinate a manifestazioni organizzate dai comuni, un terzo degli utili sia devoluto ai comuni stessi, con uno specifico vincolo di destinazione. Pag. 6Tali introiti, infatti, devono essere utilizzati dagli enti locali per il perseguimento di finalità educative, culturali, di conservazione e recupero del patrimonio artistico, culturale e ambientale, di potenziamento delle strutture turistiche e sportive e di valorizzazione della manifestazione collegata.
  In tale contesto rammenta che, in forza del disposto dell'articolo 21, comma 6, del decreto – legge n. 78 del 2009, la gestione e l'esercizio delle lotterie nazionali ad estrazione differita sono stati riservati all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, la quale ha affidato, con apposita convenzione, gli aspetti relativi alla gestione della stampa e distribuzione dei biglietti, nonché all'assistenza alle procedure di estrazione, al pagamento dei premi ed alla realizzazione di attività promozionali, al Consorzio Lotterie Nazionali, unico soggetto tra quelli invitati dall'AAMS ad avere manifestato interesse, il quale ha costituito a tal fine la società Lotterie Nazionali Srl.
  Rammenta altresì che, in forza del disposto dell'articolo 23-quater del decreto – legge n. 95 del 2012, a decorrere dal 1o dicembre 2012 l'AAMS sia stata accorpata nell'Agenzia delle dogane, la quale ha assunto il nuovo nome di Agenzia delle dogane e dei monopoli e che pertanto anche tutte le funzioni e competenze in materia di lotterie nazionali siano ormai confluite in tale Agenzia.
  Sotto il profilo del procedimento di esame dello schema di decreto, segnala come esso, che normalmente viene esaminato dalla Commissione Finanze, sia stato assegnato alla Commissione speciale per l'esame di atti del Governo istituita con deliberazione dell'Assemblea del 26 marzo 2013, ai sensi della deliberazione dell'Assemblea del 9 aprile scorso, che ha integrato le competenze della medesima Commissione speciale.
  Ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 722 del 1955, la Commissione dovrà esprimere il parere sul provvedimento entro 30 giorni, decorrenti dal 9 aprile scorso, data dell'assegnazione dell'atto alla predetta Commissione speciale.
  Passando ad esaminare il contenuto dello schema di decreto, evidenzia innanzitutto come, anche per l'anno 2013, si sia ritenuto opportuno confermare il processo di riduzione del numero delle lotterie nazionali già avviato negli anni scorsi: per il 2008 ne erano state previste quattro, per il 2009 ne erano previste tre, per il 2010 ne sono state previste due e per il 2011 e il 2012 una sola, mantenendo il numero ad una sola lotteria nazionale ad estrazione differita, laddove la disciplina vigente in materia consentirebbe in astratto, come già indicato in precedenza, di istituire un numero massimo di dodici lotterie, più una internazionale.
  In particolare, lo schema di decreto prevede, per l'anno in corso, solo lo svolgimento della tradizionale Lotteria Italia, la quale, come d'uso, non è stata abbinata ad alcuna manifestazione o evento.
  Come già avvenuto negli anni scorsi, la Lotteria Italia è collegata a trasmissioni radiofoniche e televisive: tale collegamento, nonché la circostanza che non sono state previste altre lotterie, induce a ritenere possibile un andamento positivo della predetta Lotteria.
  Secondo quanto indicato dalla relazione tecnico – illustrativa allegata allo schema di decreto, la scelta di limitare anche quest'anno a una sola lotteria nazionale è legata innanzitutto a ragioni di carattere economico, in quanto le lotterie tradizionali ad estrazione differita, ad esclusione appunto della Lotteria Italia, non producono più un effettivo utile per l'Erario e non risultano pertanto remunerative per lo Stato.
  Infatti l'esiguità del numero di biglietti delle lotterie venduti e il notevole incremento dei premi distribuiti, legato anche svolgimento dei giochi nell'ambito delle trasmissioni televisive abbinate a talune lotterie ed al tagliando di estrazione istantanea abbinato, ha reso necessario, negli ultimi anni, fare ricorso al Fondo di riserva previsto per far fronte ai costi di organizzazione delle lotterie e per integrare i montepremi, e che invece, secondo Pag. 7la ratio della disciplina in materia, avrebbe dovuto essere utilizzato solo in casi eccezionali.
  Le ragioni di tale insoddisfacente andamento delle lotterie tradizionali risiedono, secondo quanto indicato dalla relazione tecnico – illustrativa, nella progressiva disaffezione del pubblico nei confronti di tale forma di gioco, causata principalmente dall'incremento di altre offerte di gioco che offrono possibilità di vincita immediata, nonché dallo scarso apporto degli enti organizzatori degli eventi abbinati alle lotterie stesse, i quali, a differenza di quanto avveniva in passato, non nutrono più aspettative circa il ritorno economico positivo che l'abbinamento ad una lotteria nazionale potrebbe apportare loro.
  A testimonianza dell'ormai ridotto interesse per le lotterie nazionali da parte degli organizzatori di manifestazioni abbinabili a queste ultime, evidenzia come le domande di abbinamento per il 2013, richiamate nella relazione tecnica dello schema di decreto ministeriale, non siano pervenute per il 2013 richieste di abbinamento, a fronte delle 2 domande di abbinamento pervenute nel 2012, delle 6 domande di abbinamento pervenute per il 2011, delle 23 domande di abbinamento pervenute per il 2010 e delle 21 domande pervenute per il 2009.
  In questo contesto, già da alcuni anni si è ritenuto di ridurre, fino ad una sola, il numero delle lotterie nazionali ad estrazione differita, la Lotteria Italia, la quale può avvalersi dell'impatto mediatico positivo determinato dal suo collegamento con trasmissioni televisive e radiofoniche.
  In prospettiva la relazione tecnico – illustrativa allegata allo schema di decreto segnala come un'ipotesi di rilancio del settore delle lotterie ad estrazione differita, la quale deve peraltro tener conto delle criticità riscontrate più in generale nel sistema dei giochi pubblici (settore nel quale nel 2012 si è registrato un calo delle entrate erariali pari al 6 per cento rispetto al 2011), sia legata alla capacità di «traino» che la programmazione televisiva può avere, ridestando l'interesse del pubblico nei confronti di tali manifestazioni.
  Si riserva quindi di formulare una proposta di parere all'esito del dibattito.

  Il Sottosegretario Gianfranco POLILLO concorda con la relazione svolta dal deputato Zanetti, sottolineando in proposito come lo schema di decreto, analogamente a quanto avvenuto negli anni scorsi, si limiti a confermare l'unica lotteria nazionale ad estrazione differita, la Lotteria Italia, anche in considerazione dell'alto costo di gestione delle lotterie medesime e dello spostamento delle preferenze dei giocatori verso altre forme di gioco, che tuttavia comportano maggiori rischi sotto il profilo sociale e maggiore dipendenza.
  Esprime quindi l'auspicio che il prossimo Governo possa affrontare compiutamente una riflessione sul settore dei giochi pubblici, che appare, a suo avviso, necessaria, anche sotto il profilo etico, in considerazione della crescita dei fenomeni di ludopatia. In tale contesto ricorda come, nel 2012, gli introiti derivanti dal settore dei giochi siano state nell'ordine dei 17 miliardi di euro, di cui circa 8 miliardi di entrate erariali, a fronte di un fatturato del settore pari a oltre 90 miliardi, evidenziando peraltro come i maggiori volumi di gioco si concentrino su tipologie che prevedono un minore prelievo fiscale, un maggior ritorno per il giocatore e la possibilità di rigiocare le somme eventualmente vinte, creando in tal modo fenomeni di dipendenza tali per cui, molto spesso, il soggetto smette di giocare solo allorché perde l'intera somma giocata. Ritiene quindi che le questioni concernenti i giochi debbano essere affrontate non limitandosi a considerare il profilo degli introiti fiscali, richiamando a titolo di esempio il dato relativo alle entrate derivanti dall'accisa sulle bevande alcoliche, che ammontano a 500 milioni di euro, a fronte tuttavia di un consumo che crea non pochi problemi di carattere sociale. Rileva inoltre come occorra tenere conto Pag. 8anche della crescita del fenomeno del gioco on line e della capacità attrattiva della rete in questo settore.

  Maino MARCHI (PD), nel richiamare l'intervento del Sottosegretario Polillo, rileva come sarebbe opportuno avviare quanto prima una discussione sul tema dei giochi pubblici, sia sotto il profilo finanziario, sia per quanto riguarda la valutazione dei rischi per la salute, delle conseguenze di carattere sociale del gioco, nonché dei fenomeni di infiltrazione delle organizzazioni malavitose in tale settore. Sottolinea inoltre come l'idea che favorire il gioco legale avrebbe comportato una riduzione di quello illegale si sia rivelata un'illusione, mentre si è assistito al paradossale effetto di una diminuzione delle entrate, a causa dello spostamento delle preferenze dei giocatori su forme di gioco soggette a tassazione più favorevole e più remunerative per i gestori.
  Ricorda altresì come, sebbene il decreto-legge n. 158 del 2012 (cosiddetto «decreto Balduzzi») avesse previsto l'inclusione delle ludopatie nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, il relativo provvedimento attuativo, predisposto dal Ministero della salute, sia stato bloccato dal Ministero dell'economia e delle finanze. A tale proposito evidenzia l'esigenza di riconsiderare tale scelta, ad esempio prevedendo che il servizio sanitario possa essere in parte finanziato anche con le entrate derivanti dai giochi ed evitando comunque di scaricare sulle amministrazioni locali i costi sociali della dipendenza da gioco.
  Sottolinea quindi come non sia ancora stata attuata la norma di cui all'articolo 7, comma 8, del richiamato decreto-legge, ai sensi della quale il Ministero dell'economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del medesimo decreto, avrebbe dovuto emanare un decreto per la progressiva introduzione obbligatoria di idonee soluzioni tecniche volte a bloccare automaticamente l'accesso dei minori ai giochi, nonché ad avvertire automaticamente il giocatore dei pericoli di dipendenza dal gioco, ritenendo in proposito che il Governo dovrebbe quantomeno fornire informazioni al Parlamento.

  Luigi BOBBA (PD), dopo aver premesso di non avere osservazioni da formulare con specifico riferimento al contenuto del provvedimento in esame, richiama l'intervento del Sottosegretario Polillo e sottolinea come la materia del gioco sia stata ripetutamente oggetto di approfondimento nella scorsa legislatura. Rileva, peraltro, come le norme in materia contenute nel decreto – legge n. 158 del 2012 (cosiddetto «decreto Balduzzi») in materia di contrasto alle ludopatie non siano state in grado di risolvere tale importante problematica, e come anche l'azione di alcuni sindaci, che hanno tentato di regolamentare la localizzazione sul territorio delle sale da gioco e gli orari di funzionamento degli apparecchi da gioco, sia stata sostanzialmente vanificata dall'annullamento dei relativi provvedimenti disposto dalla magistratura amministrativa, la quale ha anche sollevato questioni di legittimità di fronte alla Corte costituzionale relativamente alla completezza della disciplina in materia, alla luce delle esigenze di rispetto del principio di tutela della salute sancito dall'articolo 32 della Carta costituzionale.
  In tale contesto ritiene che il Parlamento debba affrontare quanto prima alcune questioni particolarmente rilevanti in materia, ad esempio affrontando il tema del divieto di pubblicità dei giochi, analogamente a quanto previsto per il settore del fumo. Occorrerebbe altresì affrontare la questione delle multe non pagate da taluni gestori dei giochi per inadempimenti riscontrati nel collegamento in rete degli apparecchi da gioco, affrontata dall'interpellanza urgente a sua prima firma 2-01767, svolta nella seduta del 13 dicembre 2012.
  Sottolinea quindi l'esigenza di non scaricare i problemi sociali derivanti dalla dipendenza da gioco sulle comunità e sulle amministrazioni locali, richiamando a tale proposito la necessità di inserire le ludopatia Pag. 9nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza, auspicando in proposito uno specifico intervento normativo.

  Bruno TABACCI (Misto-CD) condivide l'approccio del relatore, nonché le considerazioni espresse dal Sottosegretario, sottolineando inoltre la forte evoluzione che si è registrata relativamente all'atteggiamento della popolazione nei confronti dei giochi pubblici. A tale proposito sottolinea come le preferenze dei giocatori si stiano sempre più orientando verso tipologie di gioco che permettono vincite immediate, aumentando, pertanto, la pericolosità sociale del gioco stesso ed il rischio di dipendenza.
  In tale contesto ritiene che il Governo ed il Parlamento riflettano attentamente sullo Stato «biscazziere».

  Titti DI SALVO (SEL) condivide le considerazioni del relatore, nonché le osservazioni svolte dal Sottosegretario e dai deputati intervenuti nel corso del dibattito, sottolineando, da parte sua, la necessità di riflettere in particolare sulle tematiche delle ludopatie e delle infiltrazioni della criminalità nel settore dei giochi, oltre che, più in generale, sul ruolo svolto dallo Stato «biscazziere» in qualità di organizzatore dei giochi. In particolare, ritiene necessario approfondire il rapporto tra le diverse forme di fragilità sociale e dipendenza dal gioco, evidenziando come siano proprio i soggetti socialmente più deboli ad essere maggiormente esposti a tale patologia.

  Rocco BUTTIGLIONE (SCpI) esprime il proprio consenso rispetto al contenuto del provvedimento, che ritiene venga incontro alle preoccupazioni espresse dal Sottosegretario e dai deputati intervenuti nella discussione.
  In tale contesto esprime l'avviso che il fenomeno del gioco e delle ludopatie sia legato sia alla crisi economica, sia ad alcune scelte compiute negli ultimi anni dallo Stato. Infatti, l'espansione capillare sul territorio dei punti di gioco, nonché l'introduzione delle modalità di gioco in via telematica, che consentono di giocare anche direttamente dal proprio domicilio, hanno comportato l'estensione di tale fenomeno presso la grande massa della popolazione, acuendo in tal modo le forme di dipendenza e di ludopatia.
  Rileva, inoltre, come il gioco clandestino non sia stato ancora eliminato e come siano ancora molto preoccupanti le infiltrazioni della criminalità organizzata nell'ambito del gioco legale, come testimoniato da alcune inchieste giornalistiche che hanno messo in luce anche gravissimi fenomeni di collusione con alcuni ambienti politici.
  Ritiene quindi opportuno procedere alla costituzione di una Commissione d'inchiesta su tali tematiche, ovvero, almeno, avviare un processo di revisione legislativa del settore.

  Azzurra Pia Maria CANCELLERI (M5S) sottolinea come il Movimento 5 Stelle annetta rilevanza prioritaria ai risvolti sociali delle tematiche concernenti i giochi pubblici, sottolineando come tale settore non possa essere considerato solo tenendo presente le entrate erariali che esso assicura allo Stato. Rileva, inoltre, come, anche sotto un profilo squisitamente economico, occorra tenere conto degli enormi costi derivanti da fenomeni di dipendenza dal gioco e di ludopatia che si registrano in ampi strati della popolazione.

  Enrico ZANETTI (SCpI), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato).

  Il Sottosegretario Gianfranco POLILLO concorda con la proposta di parere formulata dal relatore.

  La Commissione approva la proposta di parere formulata dal relatore.

  La seduta termina alle 10.10.

Pag. 10

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 17 aprile 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. – Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo.

  La seduta comincia alle 10.20.

DL 35/2013: Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.
C. 676 Governo.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Giovanni LEGNINI (PD), relatore, ricorda che il provvedimento, in attuazione delle risoluzioni parlamentari votate dalle Camere in data 2 aprile 2013, è finalizzato al pagamento di debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni italiane nei confronti delle imprese e dei professionisti per 40 miliardi di euro, evidenziando che esso si inserisce in un quadro macroeconomico peggiorato rispetto a quello previsto dalla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012.
  Al riguardo, fa presente che il Documento di economia e finanza per il 2013, approvato dal Consiglio dei ministri il 10 aprile, conferma gli andamenti anticipati dalla Relazione al Parlamento del 21 marzo, registrando un calo del PIL dello 0,9 per cento nell'ultimo trimestre del 2012 rispetto al trimestre precedente, tale da rivedere al ribasso la previsione di crescita per il 2013, la quale passa da –1,2 a –1,3 per cento. Segnala, peraltro, che lo stesso Documento di economia e finanza chiarisce che, in assenza dell'intervento di sblocco dei pagamenti del presente provvedimento, la stima della riduzione del PIL per il 2013 sarebbe peggiore, pari a –1,5 per cento. Osserva che l'impatto della misura dovrebbe essere, peraltro, ancora più rilevante nel 2014, nel quale la previsione a politiche invariate sarebbe scesa dall'1,1 per cento allo 0,6 per cento, ma risalirà all'1,3 per cento grazie agli interventi correttivi proposti. Il peggioramento è confermato dai dati diffusi ieri dal Fondo monetario internazionale, secondo i quali, dopo la riduzione del 2,4 per cento del 2012, il PIL calerà quest'anno dell'1,5 per cento, per poi tornare a crescere, molto lentamente, nel 2014 quando registrerà un incremento dello 0,5 per cento. Il Fondo monetario internazionale ha anche stimato un tasso di disoccupazione che salirà al 12 per cento nel 2013 rispetto al 10,6 per cento nel 2012, mentre nel 2014 il tasso di disoccupazione salirà al 12,4 per cento.
  Pur non giudicando possibile valutare in questa fase se queste previsioni saranno confermate, ritiene indubbio che l'enorme accumulo dei crediti nei confronti della Pubblica amministrazione e la difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese abbiano avuto sinora un impatto negativo sui fondamentali economici del Paese, rallentando l'andamento dell'economia ed accentuando la lunga recessione in atto. Ricorda che la consapevolezza della gravità del problema ha portato, nella scorsa legislatura, il Governo e il Parlamento ad effettuare diversi interventi sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e su quelli relativi al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione. Fa presente che, dal primo punto di vista, attraverso il recepimento della direttiva 2011/7/UE, con il decreto legislativo 9 novembre 2012, n. 192, si è introdotto per i contratti conclusi a decorrere dal 1o gennaio 2013, un termine massimo per i pagamenti della Pubblica amministrazione di sessanta giorni, nonché l'incremento degli interessi moratori che decorrono automaticamente alla scadenza di tale termine. A questo principio generale sono state affiancate una serie di misure per garantirne l'effettività, come, ad esempio, la previsione della responsabilità disciplinare e amministrativa dei funzionari pubblici chiamati ad adottare provvedimenti che comportano Pag. 11impegni di spesa, qualora questi non accertino preventivamente la conformità del programma dei pagamenti con i relativi stanziamenti di bilancio. Osserva come più numerosi siano stati, invece, gli interventi finalizzati all'accelerazione dei pagamenti dei debiti pregressi, tra i quali segnala in primo luogo le misure per l'estinzione dei debiti dei Ministeri esistenti alla data del 24 gennaio 2012, connessi a transazioni commerciali per acquisto di servizi e forniture, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato. Al riguardo, si disponeva, da un lato, un incremento dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti per complessivi 2,7 miliardi di euro per il 2012 e, dall'altro, una modalità alternativa di estinzione dei debiti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2011 consistente nell'estinzione degli stessi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori, nel limite massimo di 2 miliardi di euro. Rileva che per l'estinzione dei crediti maturati nei confronti dei Ministeri al 31 dicembre 2011 per spese relative a consumi intermedi, è stato altresì disposto l'incremento di 1 miliardo di euro per il 2012 del Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 50, legge n. 266 del 2005. Per quanto concerne i crediti vantati dalle imprese nei confronti delle amministrazioni regionali, locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale, delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, per somministrazioni, forniture e appalti, è stata introdotta una disciplina, più volte modificata, per la certificazione dei crediti anche ai fini della cessione pro soluto o pro solvendo dei medesimi crediti nei confronti di banche o intermediari finanziari.
  Quanto alle risorse appostate per lo smaltimento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione, rileva che la massa finanziaria messa a disposizione delle imprese – al netto dei citati 2,7 miliardi iscritti sui fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti dei Ministeri per il 2012 e di 1 miliardo per il pagamento dei debiti per consumi intermedi – ammonterebbe a 14 miliardi di euro. Tuttavia, nonostante questi interventi normativi e lo stanziamento nel bilancio dello Stato di apposite risorse finanziarie, l'efficacia dei provvedimenti per l'accelerazione dei pagamenti della Pubblica amministrazione è apparsa sinora limitata. Ricorda come la Banca d'Italia, nel corso dell'audizione svolta presso le Commissioni speciali riunite di Camera e Senato nell'ambito dell'esame della Relazione al Parlamento di cui all'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009, abbia evidenziato come, a fronte dello stanziamento di 2 miliardi per il pagamento dei crediti in titoli di Stato, le effettive emissioni siano state pari a circa 15 milioni di euro, e ha rilevato l'esigua entità dei crediti certificati. Secondo l'Istituto, la scarsa efficacia dei provvedimenti finora emanati è riconducibile alla complessità delle procedure e, per quanto riguarda la certificazione, alle numerose fattispecie di esenzione – ad esempio, Regioni con piani di rientro dai deficit sanitari ed enti locali commissariati – nonché alla mancanza di sanzioni per le amministrazioni inadempienti. Inoltre, la sostanziale volontarietà dell'adesione alla piattaforma elettronica per la certificazione ha fatto sì che alla fine dello scorso gennaio avesse aderito poco più del 5 per cento delle amministrazioni interessate, mentre i creditori degli enti che non hanno aderito alla piattaforma non hanno potuto ottenere la certificazione del credito con la procedura cartacea poiché dall'avvio della piattaforma nell'ottobre 2012 non è stato più possibile utilizzarla. Segnala come, sempre nel corso delle audizioni, il Ministro dell'economia e delle finanze abbia reso noto che il totale di certificazioni effettuate con la procedura cartacea vigente fino a ottobre 2012, è stato di circa 300 milioni di euro. Per quanto riguarda la seconda fase, quella elettronica, alla data del 26 marzo 2013 risultano rilasciate 479 certificazioni per un valore di 31 milioni di euro. Le pubbliche amministrazioni che si sono accreditate sulla piattaforma elettronica sono circa 1.700, su un totale di oltre 20.000. Si Pag. 12tratta di dati a suo avviso deludenti, che dovranno essere tenuti presenti nell'esame di questo provvedimento, al fine di garantire che le procedure previste possano assicurare la rapida assegnazione delle risorse messe a disposizione. Ritiene, infatti che solo in questo modo lo sblocco dei pagamenti dei debiti commerciali delle amministrazioni pubbliche verso i propri fornitori potrà essere a tutti gli effetti, come scritto nella Relazione che il Governo ha presentato al Parlamento il 25 marzo 2013, l'intervento attraverso il quale immettere in tempi brevi liquidità nel sistema economico ed in tal modo agevolare una ripresa della crescita del prodotto.
  Osserva, inoltre, che il provvedimento in esame è anche frutto di una mutata sensibilità europea sul tema della crescita. Ricorda, infatti, che nel Consiglio europeo del 14 e 15 marzo scorso, è stata sancita una modifica degli indirizzi in materia di politiche di bilancio per i Paesi, come l'Italia, in grave e perdurante recessione, affermando la necessità di un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita e di misure mirate a breve termine per promuovere lo sviluppo e sostenere la creazione di posti di lavoro, in particolare dei giovani, dando la priorità agli investimenti favorevoli alla crescita, e sottolineando le possibilità offerte dal quadro di bilancio esistente dell'Unione europea per equilibrare la necessità di investimenti pubblici produttivi con la disciplina di bilancio. Evidenzia, inoltre, che un ulteriore segnale è stato fornito il 18 marzo da una lettera congiunta dei Commissari europei per gli affari economici e monetari e per l'industria e l'imprenditoria, nella quale si sottolineava l'opportunità di elaborare un piano di liquidazione dei debiti commerciali delle Pubbliche amministrazioni avente come obiettivo quello di portare il loro ammontare a livelli fisiologici in tempi relativamente brevi. Sebbene non si possa ancora parlare di una svolta, si tratta comunque di un passo avanti, le cui caratteristiche non si fondano su un cambiamento delle normative e dei trattati in vigore, ma su una positiva evoluzione interpretativa degli stessi, frutto anche dell'iniziativa italiana, iniziativa che dovrà continuare per dare maggiore efficacia ai nuovi margini di flessibilità, anche con riferimento a ulteriori interventi di sostegno all'economia e all'occupazione, in particolare giovanile. Segnala infine che il 9 aprile 2013 il Vicepresidente della Commissione europea e Commissario per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, ha diramato un comunicato stampa nel quale ribadisce il sostegno della Commissione europea al piano per accelerare la liquidazione dello stock di debito commerciale accumulato dalla Pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, auspicando che in futuro l'Italia possa prevenire l'accumulo di nuovi debiti commerciali a tutti i livelli di governo.
  Quanto alle misure previste dal decreto-legge, osserva come esse abbiano un impatto finanziario di notevole rilievo, pari a 20 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014, a fronte, tuttavia, di uno stock di debiti commerciali, inclusi quelli riguardanti la spesa in conto capitale, che la Banca d'Italia stima essere pari, alla fine del 2011, a circa 80 miliardi di euro, compresi quelli ceduti con la clausola pro solvendo, cui vanno aggiunti 11 miliardi di crediti ceduti pro soluto agli intermediari finanziari, già inclusi nel debito pubblico. Se questi 40 miliardi di euro manifestano pienamente il loro impatto finanziario sul fabbisogno, quindi sul debito, più ridotto è l'effetto sull'indebitamento netto, che aumenta di 7,5 miliardi di euro nel solo esercizio 2013 per effetto dei maggiori pagamenti di parte capitale delle autonomie territoriali, inclusi quelli relativi al cofinanziamento comunitario, e del riconoscimento di debiti fuori bilancio delle amministrazioni centrali. Nel sottolineare l'inderogabile necessità di superare la grave carenza informativa del sistema pubblico italiano, osserva che il fatto di non disporre di una stima attendibile dei debiti scaduti, oltre ad essere grave in sé, è stata probabilmente una delle cause dell'aggravamento del fenomeno in particolare negli ultimi anni. Auspica, pertanto, Pag. 13che il rilevamento e la certificazione automatica contemplati nel decreto, la cui efficacia sul punto andrà rafforzata, consentano finalmente di accertare l'entità e l'attendibilità dei debiti da onorare. Per quanto riguarda l'ambito soggettivo ed oggettivo, evidenzia che gli enti coinvolti secondo le varie tipologie di intervento sono: le amministrazioni locali, per un impatto sul fabbisogno pari a 7 miliardi nel 2013 e a 2 miliardi nel 2014, di cui 5 miliardi per l'esclusione per il 2013 dal Patto di stabilità interno dei pagamenti di debiti di parte capitale, con corrispondente effetto in termini di indebitamento, e 2 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014; le Regioni, a cui sono riconducibili sia l'esclusione dal patto di stabilità interno dei trasferimenti in favore degli enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente per 1,4 miliardi di euro per l'anno 2013 (con corrispondenti effetti sia in termini di fabbisogno che di indebitamento) sia i 3 miliardi per il 2013 e i 5 miliardi per il 2014 del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti delle regioni per i debiti non sanitari (con effetti solo sul fabbisogno), sia i maggiori pagamenti di parte capitale relativi agli interventi cofinanziati dall'Unione europea (600 milioni netti nel 2013 sia sul fabbisogno che sull'indebitamento); il comparto sanitario, per il pagamenti dei debiti pregressi di parte corrente già iscritti nei bilanci delle aziende sanitarie e da esse non liquidati per mancanza di disponibilità a valere sul Fondo per 5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014 (scontati solo in termini di fabbisogno); le amministrazioni centrali, per le quali sono stanziati 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014 per il rimborso di crediti di imposta (con corrispondenti effetti sul fabbisogno ma senza effetti sull'indebitamento netto, in quanto i rimborsi richiesti in anni precedenti vengono registrati nel conto economico delle pubbliche amministrazioni nell'anno in cui è avvenuta la richiesta di rimborso) e 500 milioni di euro per l'anno 2013 per il riconoscimento e il pagamento dei debiti fuori bilancio dei Ministeri (con effetti sia sul fabbisogno che sull'indebitamento).
  Al riguardo, considera che andrà valutata con attenzione l'esatta estensione del novero delle amministrazioni destinatarie con particolare riferimento agli enti intermedi e partecipati e alle forme associative degli enti locali, mentre appare chiara l'esclusione delle società pubbliche anche se dovrebbe valutarsi la possibilità di considerare quelle in house.
  Per quanto riguarda la tipologia di crediti considerati dal provvedimento, nel fare rinvio all'illustrazione degli articoli, evidenzia l'esigenza di una loro esatta individuazione con particolare riferimento al fenomeno la cui entità non è nota, ma che appare rilevante, dei debiti fuori bilancio. Essi vengono contemplati per le pubbliche amministrazioni centrali per un importo di 500 milioni di euro, ma nulla si dispone in modo espresso, per gli enti territoriali e gli altri enti substatali. Ricorda come nel corso della sua audizione, la Ragioneria generale dello Stato, abbia affermato che i debiti legittimamente riconosciuti dagli enti locali, ai sensi della normativa vigente, sono da annoverare tra quelli ricompresi nell'ambito oggettivo del provvedimento, mentre lo stesso non può affermarsi per i debiti non riconosciuti. L'argomento merita un approfondimento, soprattutto per quanto attiene ai debiti certi, liquidi ed esigibili non riconosciuti ma da riconoscere ai sensi della normativa vigente, poiché lo sforzo di miglioramento del testo che dovremo produrre andrà finalizzato, tra l'altro, a porre al centro dell'intervento normativo il diritto delle imprese ad essere pagate, come hanno fatto rilevare le associazioni di categoria audite.
  Nel rinviare, per un più approfondito esame degli articoli da 1 a 5 del decreto-legge alla relazione del relatore Bernardo, ritiene comunque utile soffermarmi brevemente su questo complesso di disposizioni, alla cui efficacia è sostanzialmente legata la possibilità di conseguire effettivamente gli obiettivi dell'intervento proposto dal Governo.Pag. 14
  L'articolo 1 è finalizzato, come si è visto, a consentire agli enti locali di onorare soprattutto i propri debiti in parte capitale. Vengono quindi in evidenza le spese per investimenti che si sono spesso tradotte in opere e interventi senza che le imprese ricevessero il corrispettivo loro dovuto. L'intervento, pur essendo quello di maggiore impatto sulla finanza pubblica, in quanto incide in modo assai rilevante sull'indebitamento netto (6,4 miliardi di euro), è considerato quantitativamente insufficiente sia dai comuni che dalle province e le stesse regioni lamentano di non ricevere alcuna risorsa per fare fronte ai propri debiti di parte capitale. In particolare, l'ANCI ha segnalato come i comuni registrino circa 12,5 milioni di risorse bloccate dal patto di stabilità interno e i pagamenti che è consentito effettuare nelle more della definizione della procedura prevista dal provvedimento siano destinati a risultare assai modesti, in quanto soggetti al doppio limite del 13 per cento delle risorse liquide disponibili e del 50 per cento delle richieste di deroga. Per valutare l'incidenza dell'intervento, occorrerebbe a suo avviso tra l'altro conoscere lo stock dei residui passivi iscritti nei bilanci delle regioni a fronte di analoghe poste attive nei bilanci degli enti locali.
  Sotto un diverso aspetto, la norma che prevede l'esclusione dal patto dei trasferimenti di parte corrente delle regioni a favore degli enti locali non sembra considerare come tali enti potrebbero avere già anticipato le spese a carico delle regioni ed avere quindi in bilancio, a fronte delle spese a carico delle regioni, non più residui attivi ma residui passivi.
  Mentre è chiaro che sia l'allentamento del patto di stabilità interno degli enti locali sia l'allentamento del patto di stabilità interno delle regioni sono finalizzati esclusivamente al pagamento di debiti in conto capitale, la dotazione del Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti, ed in particolare la Sezione per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali, dotata di due miliardi di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, sembrerebbe a suo avviso destinata a fronteggiare qualsiasi tipologia di debito e, quindi, anche i debiti di conto capitale, senza tuttavia avere alcun impatto sull'indebitamento netto. Il Fondo, ricorda, è costituito attraverso l'accensione di un apposito conto corrente presso la Tesoreria centrale dello Stato il cui utilizzo avviene per il tramite della Cassa depositi e prestiti.
  Rileva inoltre come, per gli enti che beneficiano a carico della predetta sezione del Fondo dell'anticipazione di liquidità, con l'obbligo di restituire la somma anticipata maggiorata degli interessi nell'arco di 30 anni, si rischi di prevedere un eccesso di cautele suscettibili di attenuarne in maniera rilevante l'impatto positivo sulla finanza locale. I comuni, infatti, oltre che a vincolare una parte dell'IMU, sono tenuti a commisurare il fondo svalutazione crediti al 50 per cento dei residui attivi e delle entrate tributarie e extra-tributarie con anzianità superiore a cinque anni.
  Per quanto riguarda le regioni, rileva come l'articolo 2 non introduca alcuna nuova deroga al patto di stabilità interno, limitandosi ad intervenire sui debiti di parte corrente. L'unica eccezione, che non riguarda tuttavia le posizioni debitorie in essere, attiene alla deroga al patto di stabilità interno per le spese per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali, che crea uno spazio finanziario pari a un miliardo di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014.
  Riguardo all'articolo 3, relativo al pagamento dei debiti degli enti del servizio sanitario nazionale, occorrerebbe a suo parere valutare – il rilievo è generale ma assume una particolare valenza in quest'ambito – la possibilità di una semplificazione procedurale e verificare l'effettiva possibilità per le regioni di procedere con sollecitudine ai pagamenti. Ritiene che si dovrebbe in particolare verificare se, in attesa del completamento delle procedure per la definizione del Piano di pagamento, le Aziende sanitarie non rischino di trovarsi nella necessità di bloccare, anziché di accelerare, il pagamento dei debiti pregressi. Sempre con riferimento ai pagamenti Pag. 15relativi al servizio sanitario nazionale, andrebbe a suo avviso anche valutato come intervenire su una delle principali cause di un'esposizione debitoria così cospicua. Si riferisce al fatto che, come sappiamo, risorse regolarmente affluite alle regioni ovvero stanziate dalle stesse per la quota di finanziamento a proprio carico, non sono state poi erogate al sistema sanitario ma utilizzate dalle stesse regioni per finalità extrasanitarie.
  Si dovrebbe a suo avviso, in particolare,approfondire le ragioni per le quali siamo giunti ad un fabbisogno di liquidità del Sistema sanitario nazionale stimato pari a 14 miliardi.
  L'articolo 4 presenta profili di non facile interpretazione ed occorre evitare che penalizzi ulteriormente le spese di investimento delle regioni. Viene infatti disposto che la capacità delle regioni di sottoscrivere nuovi prestiti o mutui resti subordinata ad un'attestazione regionale da cui risulti, oltre al rispetto del patto di stabilità interno per l'anno precedente, una situazione di equilibrio strutturale del bilancio regionale. Il punto è che la normativa contabile non definisce i contenuti di tale equilibrio strutturale e, pertanto, la verifica affidata a riguardo a due appositi Tavoli assume un carattere ampiamente discrezionale.
  L'articolo 5, pur perseguendo una finalità sicuramente condivisibile, pone in evidenza i limiti delle politiche di contenimento della spesa pubblica perseguite in questi ultimi anni. La norma consente di estinguere i debiti per le obbligazioni giuridicamente perfezionate in materia di somministrazioni, forniture e appalti per le quali non esistono in bilancio residui passivi. Rileva che ci si trova di fronte dunque a debiti fuori bilancio originati dalle ripetute manovre basate su tagli lineari a valere sulle cosiddette spese rimodulabili, diminuite in misura assai rilevante e, verosimilmente, anche oltre i limiti di sostenibilità della amministrazioni. Al fine di fare fronte al relativo onere, che incide sul saldo netto da finanziare, sul fabbisogno e sull'indebitamento netto, i Ministeri sono autorizzati a definire un piano di rientro ancora una volta basato su misure di razionalizzazione e riorganizzazione delle spese rimodulabili. Per evitare di ritrovarci al punto di partenza, ritiene che occorrerà valutare la congruità dei piani proposti e monitorarne attentamente l'attuazione.
  L'articolo 6 detta disposizioni procedurali volte a favorire i pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni. In particolare, i commi da 1 a 4 si occupano dell'ordine di priorità dei pagamenti. Il comma 1 definisce gli articoli del Capo I (articoli da 1 a 6) del provvedimento come norme volte ad assicurare l'unità giuridica ed economica dell'ordinamento e stabilisce i criteri per l'effettuazione dei relativi pagamenti effettuati ai sensi del medesimo Capo I dalle amministrazioni pubbliche secondo un ordine di priorità. In particolare, dispone che i pagamenti sono effettuati dando priorità a quelli relativi ai crediti non oggetto di cessione pro soluto, facendo peraltro seguito ad un impegno contenuto nella risoluzione approvata dalla Camera il 2 aprile 2013.
  Tra più crediti non oggetto di cessione pro soluto, il pagamento deve essere imputato al credito più antico, come risultante dalla fattura o dalla richiesta equivalente di pagamento.
  Il comma 2 prevede che, ai fini dell'ammortamento delle anticipazioni di liquidità, la prima rata decorre dall'anno successivo a quello di sottoscrizione del contratto.
  Ricorda, per quanto concerne gli enti locali, che l'articolo 1, comma 13, quinto periodo, prevede che la rata annuale di restituzioni delle anticipazioni concesse a valere sul Fondo istituito dal comma 10 sarà corrisposta a partire dalla cadenza annuale successiva alla data di erogazione dell'anticipazione e non potrà cadere oltre il 30 settembre di ogni anno. Sarebbe, pertanto, opportuno un coordinamento tra le due norme.
  Il comma 3 prevede che i Piani dei pagamenti sono pubblicati dall'ente interessato sui propri siti internet, per importi aggregati per classi di debiti, nel rispetto delle disposizioni in materia di pubblicità Pag. 16degli atti per via telematica, previste dall'articolo 18 del decreto-legge n. 83 del 2012, che stabilisce che la concessione di vantaggi economici di qualunque genere ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet e le relative informazioni devono essere riportate, con link ben visibile nella homepage del sito.
  Il comma 4, relativamente alle opere pubbliche oggetto di pagamento, dispone, ferma restando l'indicazione del codice unico di progetto (CUP) nei mandati di pagamento informatici sul SIOPE ai sensi della normativa vigente, che, a decorrere dal 30 settembre 2012, per il monitoraggio delle opere pubbliche, i dati relativi ai pagamenti dei debiti riguardanti le medesime opere sono comunicati al Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi del decreto legislativo n. 229 del 2011 in materia di procedure di monitoraggio sullo stato di attuazione delle opere pubbliche e secondo le modalità previste nel decreto ministeriale del 26 febbraio 2013 attuativo del medesimo decreto legislativo.
  I commi da 5 a 7 riguardano invece l'impignorabilità delle somme per pagamenti della Pubblica amministrazione.
  In particolare, segnala che il comma 5 prevede l'impignorabilità e insequestrabilità delle somme destinate al pagamento dei debiti commerciali da parte delle pubbliche amministrazioni. La disposizione esplicita l'esigenza di dare prioritario impulso all'economia in attuazione dell'articolo 41 della Costituzione, relativo all'iniziativa economica privata.
  I commi 6 e 7 disciplinano l'impignorabilità dei fondi destinati al pagamento degli indennizzi per irragionevole durata del processo. In particolare, il comma 6 interviene sulla legge n. 89 del 2001 in materia di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo (cosiddetta «legge Pinto») con disposizioni volte a garantire, come si legge anche nella relazione illustrativa, «un'ordinata programmazione dei pagamenti in favore dei creditori di somme liquidate» per gli indennizzi dovuti dallo Stato per violazione del termine ragionevole del processo.
  Introducendo l'articolo 5-quinquies nella legge n. 89 del 2001, il comma 6 integra la disciplina dell'impignorabilità dei fondi destinati al pagamento delle somme liquidate a norma della legge Pinto.
  L'impignorabilità di tali fondi è stata prevista dall'articolo 1, comma 294-bis, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), come novellato dalla legge di stabilità per il 2013, legge n. 228 del 2012.
  Il comma 7, mediante l'introduzione di un nuovo comma 294-ter dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006, stabilisce che la disciplina dell'impignorabilità riguarda anche i fondi e le contabilità speciali del Ministero dell'economia e delle finanze destinate ai pagamenti in base alla legge Pinto.
  Osserva che il nuovo articolo 5-quinquies della legge n. 89 del 2001 riproduce gran parte delle disposizioni già recate dall'articolo 1 del decreto-legge n. 313 del 1994 sui pignoramenti relativi alle contabilità speciali delle prefetture, delle direzioni di amministrazione delle Forze armate e della Guardia di finanza, ed occorrerà quindi valutare l'efficacia del richiamo di tale disposizione.
  Inoltre, occorre valutare se il principio di impignorabilità delle risorse destinate agli indennizzi previsti in applicazione della legge Pinto possa dirsi pienamente salvaguardato dall'estensione anche a tali fondi della procedura di pignoramento contabile di cui al richiamato decreto-legge n. 313 del 1994. Ricorda, infatti, che la Corte costituzionale ha affermato che le disposizioni di cui al richiamato decreto-legge non configurano una procedura tale da determinare l'impignorabilità dei fondi, bensì idonea ad escludere soltanto il pignoramento presso terzi, quindi presso le tesorerie.
  I commi da 8 a 11 dettagliano tempi e scadenze per l'effettuazione dei pagamenti da parte della amministrazioni, prevedendo anche specifiche responsabilità amministrative a carico dei soggetti pubblici responsabili di ritardi nel rispetto degli adempimenti.Pag. 17
  In particolare, il comma 8 modifica la vigente disciplina dei controlli di regolarità amministrativo-contabile stabilita dall'articolo 8, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 123 del 2011, aggiungendovi un comma 4-bis che, nell'ambito della disciplina generale dei controlli, inserisce una disciplina speciale per i pagamenti relativi alle transazioni commerciali considerati nel decreto-legge in esame, vale a dire quelli per debiti scaduti delle pubbliche amministrazioni oggetto della normativa europea sui ritardi dei pagamenti.
  A tal fine, si prevede che il controllo preventivo di regolarità contabile debba esplicarsi entro la data di scadenza del pagamento, mediante invio dell'atto di pagamento – emesso a titolo di corrispettivo nelle transazioni commerciali – all'ufficio di controllo almeno 15 giorni prima della scadenza medesima, e con l'obbligo per l'ufficio di dar corso al pagamento nei 15 giorni successivi al ricevimento dell'atto medesimo.
  Tale ultimo termine va rispettato sia nel caso di esito positivo del controllo, «sia in caso di formulazione di osservazioni o richieste di integrazioni o chiarimenti». In tale eventualità, tuttavia, la norma prevede che qualora il dirigente responsabile (il soggetto che ha emesso l'atto di pagamento inviato al controllo) non risponda alle richieste di chiarimenti, o le risposte non risultino idonee a superare le osservazioni formulate dall'ufficio di controllo, l'ufficio debba segnalare alla Procura regionale della Corte dei conti «eventuali ipotesi di danno erariale derivanti dal pagamento cui si è dato corso».
  Resta fermo che tale procedura speciale non si applica a quegli atti di pagamento che presentino le gravi irregolarità previste dall'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 123 del 2011, quali l'eccedenza della spesa rispetto agli stanziamenti, l'errata imputazione della spesa stessa ed altro.
  Il comma 9 dispone che le amministrazioni pubbliche debitrici considerate nel provvedimento comunichino ai creditori entro il 30 giugno 2013, anche mediante posta elettronica, l'importo e la data entro la quale provvederanno ai pagamenti dei debiti previsti dai precedenti articoli da 1 a 5. Tale prescrizione viene corredata da norma sanzionatoria, prevedendosi che l'omessa comunicazione, rileva ai fini della responsabilità del dirigente competente per l'eventuale danno erariale che ne dovesse conseguire.
  Un'ulteriore responsabilità erariale viene tipizzata dal comma 10 a carico dei soggetti responsabili dell'omissione di specifici adempimenti procedimentali, indicati negli articoli da 1 a 7, che riguardano, in linea generale, il rispetto di termini di carattere perentorio per l'invio di comunicazioni, elenchi od altri dati da parte delle amministrazioni debitrici nei confronti degli organi di controllo, ovvero che stabiliscono precisi presupposti e vincoli ai fini all'utilizzo delle risorse per i pagamenti, nonché atti da effettuare successivamente all'avvenuto pagamento.
  Qualora il mancato o tardivo adempimento abbia causato la condanna dell'amministrazione al pagamento di somme per risarcimento danni o per interessi moratori, lo stesso è causa di responsabilità amministrativa a carico del soggetto responsabile.
  Il comma 11, infine, dispone che allo scopo di assicurare la tempestività dei pagamenti le amministrazioni competenti possono omettere la trasmissione alla Corte dei conti, per il controllo preventivo, dei decreti di riparto tra gli enti interessati delle anticipazioni di liquidità previste dagli articoli da 1 a 3 del provvedimento.
  L'articolo 7 introduce disposizioni dirette ad assicurare l'integrale ricognizione e la certificazione di somme dovute dalle amministrazioni pubbliche per somministrazioni, forniture e appalti, al fine di garantire, anche per tali tipologie di debiti commerciali maturati al 31 dicembre 2012, la completa liquidazione.
  In particolare, il comma 1 prevede che le amministrazioni pubbliche debitrici ai fini della certificazione delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti ai sensi della disciplina vigente, sono obbligate a registrarsi sulla piattaforma elettronica per la gestione telematica del Pag. 18rilascio delle certificazioni, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze entro il 29 aprile 2013, cioè entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.
  Il comma 2 dispone che la mancata registrazione sulla piattaforma elettronica entro il termine del 29 aprile 2013 è rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare, ai sensi di quanto prevede il decreto legislativo n. 165 del 2001 sul pubblico impiego. I dirigenti responsabili sono inoltre assoggettati ad una sanzione pecuniaria pari a 100 euro per ogni giorno di ritardo nella registrazione sulla piattaforma elettronica.
  Il comma 3 precisa che la certificazione dei crediti di cui al comma 1 è effettuata esclusivamente mediante la piattaforma elettronica.
  Il comma 4, pur mantenendo ferma la possibilità di acquisire la certificazione di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti secondo le procedure previste dalla disciplina vigente, prevede che le pubbliche amministrazioni debitrici di cui al comma 1 sono obbligate a comunicare, a partire dal 1o giugno 2013 ed entro il termine del 15 settembre 2013, utilizzando la piattaforma elettronica, l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2012, con l'indicazione dei dati identificativi del creditore.
  Con riferimento all'obbligo di comunicazione previsto dal comma 4, osserva che la norma, facendo riferimento alle amministrazioni debitrici di cui al comma 1, e dunque alle amministrazioni che rilasciano ai sensi della normativa vigente la certificazione dei crediti, sembra escludere dall'obbligo di comunicazione dell'elenco dei debitori le pubbliche amministrazioni per le quali è fatto divieto di procedere a certificazioni, quali gli enti locali commissariati e egli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro.
  Il comma 5 dispone che il mancato adempimento da parte delle pubbliche amministrazioni debitrici dell'obbligo di comunicazione dell'elenco completo dei propri creditori di cui al precedente comma 4, è considerato, analogamente alla violazione dell'obbligo di registrazione sulla piattaforma, come rilevante ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e disciplinare ai sensi di quanto previsto dal richiamato decreto legislativo n. 165 del 2001.
  Il comma 6 dispone che, per i crediti diversi da quelli già oggetto di cessione o certificazione, la comunicazione dell'elenco equivale a certificazione del credito. Per ciò che riguarda la comunicazione dell'elenco dei debiti da parte degli enti territoriali, la norma precisa che la loro automatica certificazione si intende rilasciata ai sensi dell'articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 25 giugno 2012, il quale prevede, ai fini del rispetto del patto di stabilità interno, che il certificato può essere emesso senza data.
  Il comma 7 dispone che, in caso di omessa, incompleta o erronea comunicazione da parte dell'amministrazione pubblica di uno o più debiti, il creditore può richiedere all'amministrazione di correggere o integrare la comunicazione dell'elenco dei debiti. Decorsi 15 giorni dal ricevimento dell'istanza senza che l'amministrazione abbia provveduto ovvero abbia espresso un motivato diniego alla correzione, il creditore può presentare un'istanza di nomina di un Commissario ad acta, mediante la piattaforma elettronica, con oneri a carico dell'amministrazione debitrice.
  Il comma 8 prevede che entro il termine del 15 settembre 2013, previsto per la comunicazione dell'elenco dei debiti, le banche e gli intermediari finanziari autorizzati, per il tramite dell'Associazione bancaria italiana (ABI), sono tenuti a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento del tesoro l'elenco completo dei debiti certi, liquidi ed esigibili nei confronti di pubbliche amministrazioni maturati alla data del 31 dicembre 2012, che sono stati oggetto di Pag. 19cessione in loro favore, distinguendo tra cessioni pro-soluto e cessioni pro solvendo, con l'indicazione dei dati identificativi del cedente, del cessionario e dell'amministrazione debitrice.
  Il comma 9 dispone, con una norma di carattere programmatico, che la legge di stabilità 2014 possa autorizzare il pagamento dei debiti di cui al comma 8 ceduti alle banche e agli intermediari finanziari mediante l'assegnazione di titoli di Stato. La norma specifica che tali pagamenti sono autorizzati nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con il Documento di economia e finanza (DEF) ed eventualmente modificati dalla Nota di aggiornamento, previa intesa con le Autorità europee e su deliberazione delle Camere.
  L'articolo 8 prevede che la cessione dei crediti maturati fino al 31 dicembre 2012 nei confronti delle pubbliche amministrazioni per somministrazioni, forniture ed appalti sia esente, in particolare, dall'imposta di registro e da quella di bollo, con esclusione tuttavia dell'IVA. Quale misura di semplificazione è prevista la possibilità di far autenticare gli stessi atti di cessione dei crediti da parte dell'ufficiale rogante dell'amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura sia presente. Si prevede infine che, con provvedimento ministeriale da emanare entro il 31 luglio 2013, siano stabilite le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica realizzata per le comunicazioni relative alla surrogazione dei mutui sia utilizzata anche per la stipulazione degli atti di cessione e per la loro notificazione.
  In particolare, il comma 1 prevede l'esenzione da imposte, tasse e diritti di qualsiasi tipo per gli atti di cessione dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, alla data del 31 dicembre 2012 per somministrazioni, forniture ed appalti, con esclusione, come rilevato, dell'IVA.
  Ricorda in proposito che gli atti di cessione dei crediti sono sottoposti ad imposta di registro, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, recante il Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro. L'articolo 40 del richiamato decreto stabilisce il principio dell'alternatività tra IVA e imposta di registro, prevedendo che per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa.
  In sintesi, se dunque la cessione del credito non riveste i caratteri di una operazione di finanziamento deve essere assoggettata ad imposta di registro in misura proporzionale secondo l'aliquota dello 0,50 per cento. Qualora invece l'operazione assuma carattere finanziario, rientrando nel campo d'applicazione dell'IVA, sarà assoggettata ad imposta di registro in misura fissa in virtù del richiamato principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro statuita dal citato articolo 40.
  Con la norma in esame per gli atti di cessione dei crediti individuati si prevede che il principio di alternatività produca effetti ancora più radicali, applicandosi solamente l'imposta sul valore aggiunto.
  Tali atti sono inoltre soggetti ad imposta di bollo secondo la tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972 in misura fissa. La norma in esame per gli atti di cessione dei crediti individuati esonera dal pagamento dell'imposta di bollo.
  Il comma 2 prevede, quale misura di semplificazione, la possibilità di far autenticare le sottoscrizioni dei sopraddetti atti di cessione dei crediti da parte dell'ufficiale rogante dell'amministrazione debitrice, nel caso in cui tale figura sia presente. La norma dispone la riduzione alla metà degli onorari nel caso in cui l'autenticazione delle sottoscrizioni sia effettuata da un notaio.
  Un ulteriore elemento di semplificazione è rappresentato dalla possibilità di notificare i predetti atti di cessione, anche se posti in essere prima della data di entrata in vigore del decreto in esame, direttamente da parte del creditore mediante Pag. 20consegna dell'atto con raccomandata a mano ovvero con avviso di ricevimento.
  Il comma 3 demanda ad un provvedimento del Direttore generale del Tesoro, da emanare entro il 31 luglio 2013, il compito di stabilire le modalità attraverso le quali la piattaforma elettronica realizzata per le comunicazioni relative alla surrogazione dei mutui sarà utilizzata anche per la stipulazione degli atti di cessione dei crediti e per la loro notificazione.
  L'articolo 9, che concerne la materia delle compensazioni tra certificazioni e crediti tributari, aggiunge al decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, il nuovo articolo 28-quinquies in materia di compensazioni di redditi con somme dovute in base agli istituti definitori della pretesa tributaria e deflativi del contenzioso tributario.
  Con tale articolo si dispone, al comma 1, una compensazione tra i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati al 31 dicembre 2012 nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale relativi a somministrazione, forniture e appalti, con le somme dovute in diversi fasi del procedimento tributario.
  La compensazione potrà essere effettuata per mezzo del sistema previsto dall'articolo 17, del decreto legislativo n. 241 del 1997, che prevede che i contribuenti, nell'eseguire versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, possano effettuare la compensazione dei crediti, dello stesso periodo, vantati nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche. Detta compensazione dovrà inoltre avvenire esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall'Agenzia delle entrate.
  Il comma 2 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze la fissazione dei termini e delle modalità di attuazione delle disposizioni precedentemente illustrate.
  Il comma 3 eleva, con decorrenza dal 2014, a 700.000 euro il limite di 516.000 euro attualmente previsto dall'articolo 34, comma 1, della legge n. 388 del 2000, relativamente ai crediti di imposta e ai contributi compensabili da ciascun contribuente.
  Inoltre, si provvede alla copertura finanziaria dell'onere determinato dall'aumento del limite, con un onere quantificato in 1.250 milioni per il 2014, 380 milioni per il 2015 e 250 milioni per il 2016, ponendola a valere sulle risorse esistenti nella contabilità speciale di tesoreria 1778 – fondi di bilancio dell'Agenzia delle entrate.
  Infine, l'ultimo periodo del comma 3 specifica che, ai fini della copertura dell'onere per il 2014, si provvede a valere sui maggiori rimborsi programmati di cui al precedente articolo 5, comma 7.
  La disposizione richiamata stabilisce che con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate e del territorio saranno stabiliti i termini e le modalità attuative per la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni per il 2013 e a 4.000 milioni per il 2014.
  In merito alle compensazioni, sembrerebbero opportune correzioni per ampliare le ipotesi di debiti compensabili, con particolare riferimento a quelle fattispecie che hanno generato il circolo vizioso consistente nella mancata riscossione dei crediti nei confronti della PA e conseguente mancato pagamento delle imposte e dei contributi.
  L'articolo 11 reca disposizioni volte ad assicurare l'equilibrio della Regione siciliana, della Regione Piemonte, nonché norme relative alla programmazione regionale del Fondo per lo sviluppo e la coesione.
  In particolare, con riferimento ai rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione siciliana i commi da 1 a 5 quantificano le Pag. 21spettanze da attribuire alla Regione a titolo di gettito dei tributi erariali riscossi fuori dal territorio regionale ma imputabile ad attività o soggetti localizzati nella regione stessa, secondo quanto disposto dall'articolo 37 dello statuto e dalla relativa disciplina di attuazione, contenuta nel decreto legislativo n. 241 del 2005. Per l'anno 2013, le somme da assegnare ammontano a 49 milioni di euro, mentre per gli anni successivi l'attribuzione del gettito spettante alla Regione avverrà secondo le modalità applicative da definire con Decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, da emanare, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, d'intesa con l'Assessorato regionale dell'economia della Regione siciliana. Agli oneri derivanti dall'attribuzione del gettito erariale, che crescono fino a 52,8 milioni di euro nel 2015, si provvede mediante la riduzione di risorse statali spettanti alla Regione per l'edilizia agevolata e la riduzione di contributi di solidarietà previsti dalla legislazione vigente. Il comma 5 impone di provvedere, a decorrere dall'anno 2016, alla ridefinizione dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Siciliana, secondo le modalità previste dallo statuto e dalla relativa norma di attuazione. Contemporaneamente, come pure stabilito nello stesso decreto legislativo n. 241 del 2005, si dovrà provvedere al simmetrico trasferimento di funzioni ancora svolte dallo Stato nel territorio regionale. Si precisa infine che, a decorrere dal 1o gennaio 2016, le disposizioni dei primi quattro commi non hanno efficacia qualora non siano completate le procedure di definizione dei rapporti finanziari tra Stato e Regione e di attribuzione di funzioni statali alla Regione stessa.
  I commi 6 e 7 recano disposizioni volte superare la situazione di squilibrio finanziario della Regione Piemonte derivante da debiti pregressi a carico del bilancio regionale concernenti i servizi di trasporto pubblico locale. In particolare, si prevede che entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto la Regione sottoponga all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze un piano di rientro che dovrà indicare le misure di razionalizzazione ed efficientamento da conseguire secondo i criteri e le modalità previste dall'articolo 16-bis, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, come modificato dalla legge di stabilità per il 2013. Per il finanziamento del piano, la Regione Piemonte è autorizzata ad utilizzare, per il 2013, le risorse ad essa assegnate del Fondo per lo sviluppo e la coesione ai sensi della delibera del CIPE n. 1 dell'11 gennaio 2011, nel limite massimo di 150 milioni. La Regione propone conseguentemente al CIPE per la presa d'atto, la nuova programmazione nel limite delle risorse disponibili.
  Il comma 8 modifica la disciplina dettata dal decreto-legge n. 95 del 2012 in materia di concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano agli obiettivi di finanza pubblica, al fine di consentire una diversa modalità di realizzare il risparmio prescritto, anziché attraverso la riduzione delle compartecipazioni ai tributi erariali, attraverso la rimodulazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione. La stessa disposizione precisa che la modifica è volta a consentire una maggiore liquidità per far fronte ai pagamenti in conto capitale degli enti territoriali e, per la parte corrente, nel comparto dei trasporti e per il funzionamento di infrastrutture, evitando la riduzione delle risorse provenienti dalle quote di compartecipazione ai tributi erariali. In caso di utilizzo delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione per le finalità di cui al presente comma, la Regione interessata dovrà proporre al CIPE per la presa d'atto, la nuova programmazione nel limite delle disponibilità residuali, con priorità al finanziamento di interventi finalizzati alla promozione dello sviluppo in materia di trasporti, di infrastrutture e di investimenti locali.
  L'articolo 12 reca le disposizioni attinenti alla copertura finanziaria del provvedimento, con le quali per la prima volta dall'introduzione della deliberazione parlamentare sui saldi programmatici di riferimento Pag. 22per la decisione annuale di finanza pubblica si procede ad una definizione in senso peggiorativo degli obiettivi fissati nella manovra annuale di finanza pubblica, al fine di creare margini discrezionali per immettere liquidità aggiuntiva nel sistema economico. Nel rinviare per un'articolata ed esauriente disamina di questi temi alla documentazione predisposta dagli uffici, in questa sede, segnala che il comma 1 autorizza l'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, allo scopo di reperire le risorse per la liquidità necessaria all'attuazione degli interventi previsti dal provvedimento. Conseguentemente, tali somme, concorrono alla rideterminazione in aumento del limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio per l'esercizio finanziario 2013 e del livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge di stabilità per il medesimo anno. Il successivo comma 8 sostituisce l'allegato all'articolo 1, comma 1, della legge di stabilità 2013 che riporta i livelli massimi del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, in termini di competenza, per il triennio 2013-2015, con l'Allegato 2 del presente decreto-legge. Nel complesso, in linea con quanto indicato nella Relazione di cui all'articolo 10-bis della legge n. 196 del 2009 tanto i valori del saldo netto da finanziare che del ricorso al mercato finanziario si incrementano di 25 miliardi di euro. Tale dato è attribuibile solo in parte al provvedimento in esame, che incide sul saldo netto da finanziare per 10,5 miliardi di euro nel 2013 e per 16 miliardi nel 2014 e sul fabbisogno per 20 miliardi di euro nel 2013 e nel 2014. Andrebbero acquisiti chiarimenti sul punto da parte del Governo. Per poter procedere all'attuazione del decreto legge, nelle more dell'emissione dei titoli di stato, il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio e, ove necessario, a disporre il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione andrà effettuata entro la conclusione dell'esercizio in cui sono erogate le anticipazioni. Gli oneri derivanti dalle emissioni dei titoli sopradetti sono costituiti dai maggiori interessi del debito pubblico che, al netto degli interessi corrisposti dagli enti locali sulle somme anticipate ai sensi degli articoli da 1 a 3 del provvedimento, vengono quantificati dal comma 3 in 559,5 milioni di euro per l'anno 2014 e in 570,45 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Il medesimo comma indica gli oneri derivanti dall’addendum alla convenzione con Cassa depositi e prestiti di cui all'articolo 1, comma 12, e le minori entrate per la detassazione delle cessioni dei crediti derivanti dall'articolo 8, pari complessivamente a 7 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 6,5 milioni di euro dal 2015 al 2017. A tali oneri, salvo una modesta quota posta a carico del fondo speciale di parte corrente, si provvede per l'anno 2014 mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle misure di accelerazione dei pagamenti, che costituirebbero quindi un effetto indiretto del provvedimento. A garanzia dell'effettiva sussistenza di tale mezzo di copertura il comma 4 prevede una procedura di monitoraggio e la predisposizione di accantonamenti di spese rimodulabili, che, all'esito del monitoraggio, potranno essere disaccantonati o resi permanenti. In ordine a tali riduzioni le amministrazioni potranno, ai sensi del comma 5, proporre entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica. La copertura decorrente dal 2015 è invece reperita attraverso una riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili delle missioni di spesa di ciascun Ministero, secondo gli importi indicati nell'Allegato 1 al decreto legge. Si fanno comunque salvi gli stanziamenti relativi al Fondo per lo sviluppo e la coesione. Il comma 6 prevede che gli Pag. 23importi oggetto della restituzione da parte degli enti territoriali delle somme anticipate dallo Stato, ai sensi degli articoli 1, 2 e 3, siano annualmente versati ad appositi capitoli dello stato di previsione dell'entrata, distinti per la quota capitale e per la quota interessi. Gli importi dei versamenti relativi alla quota capitale sono riassegnati al fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Il comma 7 dispone che per gli esercizi 2013 e 2014 i Ministeri non possono proporre rimodulazioni che comportino riduzioni degli stanziamenti dei capitoli nei quali si siano rilevati debiti maturati al 31 dicembre 2012 per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture ed appalti a fronte dei quali non sussistono residui passivi, anche perenti. I commi 9 e 10 dettano disposizioni volte ad evitare possibili rischi di superamento degli obiettivi programmatici indicati nella Relazione presentata al Parlamento, prevedendo l'effettuazione del monitoraggio dell'attuazione delle misure previste dal decreto e che, qualora all'esito di ciò emergano i rischi in questione, il Ministro dell'economia e delle finanze, previa apposita relazione da inviare al Parlamento, o comunque nella nota di aggiornamento al DEF disponga con proprio decreto la rimodulazione per gli anni 2013 e 2014 delle spese autorizzate dal decreto, ovvero la limitazione degli impegni e dei pagamenti o, in alternativa, l'adozione di provvedimenti correttivi urgenti. Sul punto sembra necessario prevedere che sia la stessa relazione da inviare al Parlamento o la nota di aggiornamento ad indicare, preventivamente, quale o quali degli interventi si intende attuare, al fine di acquisire i necessari indirizzi. Il comma 11, infine, con una disposizione di chiusura, stabilisce che le risorse stanziate per fornire agli enti locali, alle regioni ed agli enti del servizio sanitario la liquidità necessaria al pagamento dei rispettivi debiti e non utilizzate possono essere destinate prioritariamente ad incremento delle risorse previste all'articolo 5, comma 7, per la restituzione ed i rimborsi di imposte.
  L'articolo 13 reca le consuete disposizioni sull'entrata in vigore del decreto.
  Su tale complessa disciplina di smobilizzo dei debiti della PA, per molti aspetti innovativa, sono state svolte molteplici audizioni che hanno consentito una lettura più approfondita della portata e degli effetti delle norme emanate. Ne è risultato un giudizio complessivamente di favore per l'intervento, la sua portata ed entità finanziaria, anche se critico su molteplici aspetti del provvedimento. I margini per migliorare le singole disposizioni e il decreto nel suo complesso sono rilevanti e su di essi il Parlamento è chiamato ad intervenire.
  Gli interventi emendativi dovranno muoversi nel perimetro della finalità propria del decreto che è quella di disporre il pagamento del maggior numero possibile di crediti nei confronti delle P.A. e, di farlo, nei tempi più ristretti possibili.
  Sottolinea come sia emersa diffusamente nel corso delle audizioni la necessità di intervenire sulle cause che hanno generato l'abnorme accumulo dei debiti delle pubbliche amministrazione e ciò al fine, da tutti condiviso, di evitare che all'intervento straordinario di abbattimento dell'esposizione debitorie in atto consegua un nuovo meccanismo di accumulo tale da annullare totalmente o parzialmente l'effetto delle misure recate in questo decreto. Nell'evidenziare che si tratta di un'esigenza fortemente condivisa e urgente, ritiene evidente che si tratterebbe di interventi riformatori ampi ed incisivi, come ad esempio quelli attinenti alla modifica della disciplina del patto di stabilità interno o dei sistemi contabili a tutti i livelli di governo in modo da rendere omogenee le metodologie di rilevamento dei debiti, riforme difficili da affrontare in sede di conversione del presente decreto, per ragioni legate ai tempi ristretti a disposizione, a causa dell'eccezionale contesto politico, istituzionale e per la difficoltà regolamentare di introdurre materie nuove rispetto al contenuto del decreto. Si propone, quindi, di effettuare incisivi interventi di miglioramento del testo ed efficientamento delle procedure Pag. 24necessarie per effettuare celermente i pagamenti, contenendo le modifiche dentro il perimetro contenutistico del decreto.
  Fatta salva la disponibilità ad esaminare tutte le proposte che potranno aiutare a conseguire tale risultato, ritiene che gli interventi di modifica dovrebbero concentrarsi su alcuni punti specifici: la migliore definizione dell'ambito oggettivo e soggettivo dell'intervento precisando la tipologia di crediti ammessi alla speciale procedura e i soggetti destinatari delle risorse aggiuntive, chiarendo in particolare se gli enti intermedi o partecipati dalle amministrazioni espressamente menzionate nel decreto siano o meno da ricomprendere nel novero dei destinatari del provvedimento e chiarendo, altresì, se e quali debiti fuori bilancio potranno essere ammessi al riparto delle risorse stanziate; una valutazione più attenta sulla possibilità di un maggiore coinvolgimento della Cassa depositi e prestiti SpA, più di quanto il decreto già prevede e in particolare nella direzione della cessione dei crediti e anticipazione finanziaria per rendere più ampio ed efficace l'intervento del provvedimento; l'introduzione di correttivi per ampliare la possibilità di compensazione tra crediti e debiti fiscali in particolare di quelli erariali; la riduzione degli adempimenti burocratici, dei passaggi e degli atti intermedi, nonché del rinvio a provvedimenti attuativi; la possibilità di sbloccare risorse per quei comuni che, per rispettare i vincoli del patto di stabilità interno, hanno rallentato o interrotto lavori e opere per le quali comunque esiste un contratto che obbliga il comune a riconoscere l'importo pattuito nonché l'opportunità dei prevedere qualche misura in favore degli enti locali virtuosi che altrimenti risulterebbero totalmente estromessi dalla possibilità di accedere a qualunque intervento previsto nel decreto; una valutazione più attenta del rapporto tra gli interventi finanziari previsti nel decreto e i piani di rientro dai deficit sanitari delle regioni, nonché la verifica della possibilità di far cessare l'esclusione delle regioni in piano di rientro e degli enti locali commissariati dell'obbligo di certificare i debiti; l'introduzione di automatismi, come ad esempio il silenzio assenso, e il rafforzamento dell'efficacia nella certificazione dei debiti nonché l'individuazione di una soluzione per prevedere l'indicazione delle date dei pagamenti; l'indicazione di un meccanismo finalizzato a superare il circolo vizioso innescato dal mancato pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione, che determina il mancato pagamento di imposte e contributi e, quindi, la perdita dei requisiti previsti per il DURC; il rafforzamento della fase attuativa delle misure introdotte in modo da rendere più efficace la finalità di pagare i creditori entro i tempi più ristretti possibili; l'individuazione di un percorso normativo e finanziario futuro che consenta di programmare il completamento dell'estinzione dei debiti che saranno accertati all'esito della certificazione degli stessi.
  Con tali intendimenti e con l'auspicio che il Governo, pur nella limitatezza dei tempi e dei poteri a sua disposizione, possa porre il Parlamento nella condizione di poter deliberare con tutti gli strumenti tecnici cognitivi necessari per una materia così complessa e inedite, si dichiara disponibile ad accogliere il contributo propositivo ed emendativo di tutti i gruppi e di tutti gli onorevoli deputati.

  Maurizio BERNARDO (PdL), relatore, fa presente che il decreto-legge in esame definisce un insieme di regole e procedure volte ad accelerare il recupero dei crediti nei confronti delle amministrazioni pubbliche vantati da imprese, cooperative e professionisti, per un importo complessivo di 40 miliardi di euro, oltre a realizzare alcuni interventi sulla fiscalità degli enti territoriali. Avverte che, nella relazione, si soffermerà principalmente sui primi 6 articoli del decreto e sull'articolo 10, mentre il collega Legnini darà conto del contenuto delle altre disposizioni del decreto.
  Osserva, in primo luogo, che l'articolo 1 reca disposizioni volte a favorire il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili degli enti locali maturati alla data del 31 dicembre 2012, ovvero di quelli per i quali Pag. 25alla medesima data sia stata emessa fattura. Rileva che le misure per l'accelerazione dei pagamenti recate dall'articolo 1 operano con modalità differenti in relazione al comparto degli enti territoriali e alla tipologia di debito. In particolare, per gli enti locali i commi da 1 a 5 prevedono un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per l'anno 2013 al fine di consentire agli enti di sostenere nel corso del 2013 l'utilizzo di risorse proprie disponibili (avanzi di amministrazione) per il pagamento dei debiti in conto capitale esigibili alla data del 31 dicembre 2012, per un importo complessivo di 5 miliardi di euro, che incidono sui saldi di fabbisogno ed indebitamento netto.
  Fa presente che il comma 6 dispone la sospensione per l'anno 2013 dell'applicazione del cosiddetto Patto di stabilità nazionale orizzontale, disciplinato dall'articolo 4-ter, del decreto-legge n. 16 del 2012.
  Evidenzia che i commi 7 e 8 prevedono un allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome attraverso l'esclusione dal computo delle spese finali dei trasferimenti in favore degli enti locali a valere sui residui passivi di parte corrente – purché corrispondenti a residui attivi di comuni e province – consentendo alle regioni di utilizzare tali maggiori spazi finanziari del patto per il pagamento dei debiti di conto capitale, con priorità per il pagamento di residui di parte capitale in favore degli enti locali. Gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento di tale allentamento sono pari a 1,4 miliardi di euro.
  Rammenta che il comma 9 incrementa da 3 a 5 dodicesimi il limite massimo al ricorso da parte degli enti locali alle anticipazioni di tesoreria, con una disposizione che si applica fino alla data del 30 settembre 2013, vincolando una quota corrispondente delle entrate derivanti dall'IMU e dall'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile nella circolazione automobilistica. Osserva che si tratta di una richiesta formulata dagli enti locali, che tuttavia ritengono che non sia necessario vincolare quote delle loro entrate, ritenendo sufficiente il pagamento degli interessi già previsto a legislazione vigente.
  Segnala che per tutti gli enti territoriali e gli enti sanitari locali, il comma 10 prevede l'istituzione nel bilancio dello Stato di un Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili, con una dotazione di 10 miliardi di euro per il 2013 e di 16 miliardi di euro per il 2014. Tali somme incidono sul fabbisogno e sul saldo netto da finanziare, ma non hanno effetti in termini di indebitamento. Fa presente che il Fondo è distinto in tre sezioni dedicate, tra le quali possono essere effettuate variazioni compensative, per il pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili di enti locali, per importi pari a 2 miliardi per ciascuno degli anni 2013 e 2014, di Regioni e Province autonome, per importi pari a 3 miliardi nel 2013 e 5 miliardi nel 2014 per i debiti diversi da quelli finanziari e sanitari, e di enti del Servizio sanitario nazionale, per importi pari a 5 miliardi nel 2013 e 9 miliardi nel 2014.
  Sottolinea che, per dare immediata operatività al Fondo, con riferimento alla quota destinata agli enti locali, i commi 11 e 12 prevedono che entro 5 giorni dall'entrata in vigore del decreto sia integrata la convenzione tra Ministero dell'economia e delle finanze e Cassa depositi e prestiti, autorizzando a tal fine una spesa di 500 mila euro nel 2013 e nel 2014.
  Ricorda che il comma 13 definisce le modalità con le quali Cassa depositi e prestiti procede all'anticipazione di liquidità agli enti locali a valere sulle risorse della relativa sezione del Fondo, prevedendo in particolare che la restituzione abbia luogo sulla base di un piano di ammortamento a rate costanti, comprensive di quota capitale e di quota interessi, con durata fino ad un massimo trent'anni. Il tasso di interesse è parametrato al rendimento dei BTP quinquennali. L'anticipazione è concessa agli enti locali che non possono far fronte con disponibilità di risorse proprie al pagamento dei debiti certi, liquidi ed esigibili maturati alla data Pag. 26del 31 dicembre 2012, ovvero di quelli per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine, a causa di carenza di liquidità.
  Segnala che i commi da 14 a 17 fissano alcuni obblighi per gli enti locali che beneficiano dell'anticipazione.
  Con riferimento all'articolo 2, rileva che esso dispone in merito al pagamento dei debiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.
  Il comma 1 dispone che le regioni e le province autonome chiedano al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2013, l'anticipazione di somme da destinare ai pagamenti dei debiti ai quali non è possibile fare fronte per carenza di liquidità. Si richiede che i debiti siano certi, liquidi ed esigibili alla data del 31 dicembre 2012, ovvero che sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il medesimo termine. Fa presente che ai fini dell'anticipazione rilevano i pagamenti nei confronti degli enti locali, mentre sono esclusi i debiti finanziari e sanitari di cui tratta l'articolo 3 del testo in esame. L'anticipazione è effettuata a valere sulle risorse della specifica Sezione del fondo istituito dall'articolo 1, che – come anticipato – presenta una dotazione di 3 miliardi di euro nel 2013 e 5 miliardi di euro nel 2014.
  Osserva che, ai sensi del comma 2, la somma di cui potrà disporre ciascuna regione verrà definita, in misura proporzionale, con decreto ministeriale da adottare entro il 15 maggio 2013 per l'anno 2013 ed entro il 15 febbraio 2014 per l'anno 2014. In sede di Conferenza Stato – Regioni sarà comunque possibile, entro il 10 maggio 2013, individuare un altro criterio di riparto della disponibilità complessiva tra le regioni e le province autonome. Il comma 3, per accedere all'erogazione delle somme, richiede che ciascuna regione predisponga misure idonee e congrue, anche legislative di copertura annuale del rimborso dell'anticipazione di liquidità richiesta, comprensiva degli interessi, presenti un piano di pagamento dei debiti esistenti alla data del 31 dicembre 2012, che deve comprendere gli interessi nella misura prevista dai contratti o dagli accordi tra le parti o, in mancanza dei predetti accordi, dalla legislazione vigente e sottoscriva apposito contratto con il Dipartimento del Tesoro nel quale sono definite: le modalità di erogazione e di restituzione delle somme, comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni; le modalità di recupero delle rate di ammortamento qualora la regione non vi provveda; l'applicazione di interessi moratori. Il tasso di interesse a carico della Regione è fissato il giorno della sottoscrizione prendendo come riferimento il rendimento di mercato del Buoni Poliennali del Tesoro a 5 anni in corso di emissione.
  Sottolinea come il comma 4, ai fini della verifica degli adempimenti, istituisca un tavolo a composizione mista Stato Regioni, presso il Ministero dell'economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, coordinato dal Ragioniere generale dello Stato o da un suo delegato. Evidenzia come il comma 5 stabilisca che, una volta erogata l'anticipazione, la regione dovrà immediatamente provvedere al pagamento del debiti inseriti nel piano di pagamento e ne dovrà dare formale certificazione al tavolo di verifica degli adempimenti.
  Con riguardo ai debiti nei confronti degli enti locali, fa presente che il comma 6 specifica che due terzi dei debiti inseriti nel piano di pagamento della regione devono avere ad oggetto residui passivi, anche perenti, nei confronti degli enti locali, nel limite dei corrispondenti residui attivi degli enti locali stessi, ovvero, ove inferiori, nella loro totalità. Gli enti locali, a loro volta, dovranno utilizzare le risorse ricevute in tal modo dalla regione, prioritariamente per il pagamento di debiti certi, liquidi ed esigibili maturati al 31 dicembre 2012 ovvero di quelli per i quali alla medesima data sia stata emessa fattura o formulata richiesta equivalente.
  Rammenta che i commi 7 e 8 prevedono una deroga al patto di stabilità interno per le spese per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali comunitari. In particolare il comma 7 incrementa la Pag. 27deroga già presente nella vigente disciplina del patto di stabilità, che esclude le spese effettuate a valere sulle risorse dei cofinanziamenti nazionali dei fondi strutturali comunitari, nel limite di 1.000 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014. La norma in esame incrementa il limite per il solo 2013, da 1.000 a 1.800 milioni di euro. Rileva che la relazione tecnica sottolinea come l'integrazione di 800 milioni per il 2013 sia necessaria per consentire alle amministrazioni titolari dei programmi comunitari 2007/2013 di conseguire gli obiettivi posti dai target di spesa al 31 dicembre 2013 al fine di evitare la perdita delle risorse non utilizzate, secondo la regola del disimpegno automatico delle risorse. Osserva che si tratta, comunque, di una cifra inferiore ai 2 miliardi necessari per evitare la perdita di risorse comunitarie al 31 dicembre 2013. Fa presente che il comma 8 reca disposizioni procedurali riferite al riparto delle predette risorse, che ha luogo con gli stessi criteri e modalità dettati dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 201 del 2011.
  Il comma 9 dispone, infine, che il Ministero dello sviluppo economico – Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, per ciascuno degli anni 2013 e 2014, effettui entro il 15 settembre di ciascun anno il monitoraggio sull'utilizzo, alla data del 30 giugno, del plafond di spesa assegnato a ciascuna regione e provincia autonoma ai sensi del decreto ministeriale 15 marzo 2012. Il monitoraggio ha lo scopo di verificare l'utilizzo delle risorse al fine di una eventuale rimodulazione del quadro di riparto del limite complessivo.
  Con riferimento all'articolo 3, sottolinea come esso intenda favorire l'accelerazione dei pagamenti dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale, introducendo allo stesso tempo meccanismi in grado di prevenire la formazione di crediti degli enti dei servizi sanitari regionali verso le rispettive regioni. In particolare, la disposizione in esame intende rendere stringente l'utilizzo delle quote, statali e regionali, di finanziamento del Servizio sanitario nazionale, per il pagamento dei fornitori di beni e servizi in ambito sanitario. Osserva come, a tal fine, una disposizione di carattere strutturale obblighi le regioni ad erogare ai propri enti sanitari, entro la fine dell'esercizio, almeno il 90 per cento per cento della quota di riparto del finanziamento statale del Servizio sanitario nazionale nonché delle risorse regionali proprie derivanti dal finanziamento sanitario aggiuntivo corrente.
  In particolare i commi 2 e 3 autorizzano anticipazioni di liquidità in favore delle regioni e delle province autonome, per il pagamento dei debiti sanitari al 31 dicembre 2012, per un importo complessivo di 14 miliardi di euro, di cui 5 miliardi per il 2013 e 9 miliardi per il 2014, da ripartirsi fra le regioni. L'anticipazione è effettuata a valere sulle risorse della specifica sezione del fondo costituito dall'articolo 1, comma 10, del decreto. Ricorda che entro il 15 maggio 2013 un decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze dovrà ripartire tra le Regioni le anticipazioni di liquidità fino a un massimo di 5 miliardi per il 2013. Successivamente, entro il 30 novembre 2013, un analogo provvedimento provvederà al riparto dei rimanenti 9 miliardi. A tal fine, ai sensi del comma 4, le Regioni dovranno presentare al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 31 maggio 2013 ed entro il 15 dicembre 2013, rispettivamente con riferimento al primo e al secondo riparto di risorse, una richiesta di accesso alle somme assegnate. Segnala che per il riparto si assumono a riferimento i volumi di ammortamenti non sterilizzati antecedenti all'applicazione del decreto legislativo n. 118 del 2011 e le mancate erogazioni delle somme dovute dalle regioni ai rispettivi servizi sanitari regionali a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale.
  Il comma 5 prevede che l'erogazione alle regioni dell'anticipazione di liquidità abbia luogo a seguito della predisposizione da parte della regioni di misure, anche legislative, verificate dal Tavolo di verifica degli adempimenti, per assicurare una idonea e congrua copertura annuale del rimborso Pag. 28dell'anticipazione di liquidità nonché della presentazione da parte delle regioni di un piano relativo al pagamento dei debiti – comprensivi di interessi – certi, liquidi ed esigibili, cumulati alla data del 31 dicembre 2012, dei quali il Tavolo di verifica degli adempimenti verifica la coerenza con le somme assegnate in sede di riparto delle risorse. A tale riguardo osserva che, in via residuale e nei limiti delle risorse assegnate, il piano può comprendere anche debiti per i quali sia stata emessa fattura o richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre. Ai fini della suddetta erogazione, è richiesta altresì la sottoscrizione di un contratto tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la regione che definisca le modalità di erogazione e di restituzione delle somme comprensive di interessi e in un periodo non superiore a 30 anni, con un tasso di interesse pari al tasso di rendimento di mercato dei Buoni poliennali del Tesoro a cinque anni in corso di emissione.
  Il comma 6 prevede che all'atto dell'erogazione le regioni interessate, ai fini dell'accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, provvedano all'immediata estinzione dei debiti elencati nei piani di pagamento e alle conseguenti scritture contabili, dandone certificazione al Tavolo di verifica degli adempimenti.
  Per evitare la creazione di nuovi ingenti debiti delle regioni verso i relativi enti del Servizio sanitario, il comma 7, ai fini dell'ordinario accesso delle regioni alle quote premiali del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, richiede che esse eroghino al proprio Servizio sanitario regionale entro la fine dell'anno di almeno il 90 per cento delle somme che la regione incassa dallo Stato a titolo di finanziamento del Servizio sanitario nazionale nonché delle somme che le stesse, a valere su risorse proprie, destinano al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale, verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti, costituito dall'erogazione da parte della regione.
  Il comma 8 reca la disciplina applicabile alle Regioni a Statuto speciale e alle province autonome che non partecipano al finanziamento del Servizio sanitario nazionale con oneri a carico del bilancio statale. Il comma 9, infine detta disposizioni dirette a consentire il coordinamento tra le nuove norme introdotte con l'articolo in esame e il procedimento di verifica degli adempimenti regionali di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 311 del 2004, nei casi di disavanzi di gestione del servizio sanitario regionale.
  Rammenta come, al fine del rispetto degli equilibri di finanza pubblica, per le regioni che abbiano sottoscritto i contratti per ottenere anticipazioni di somme per il pagamento dei debiti, l'articolo 4 condizioni la possibilità di sottoscrivere nuovi prestiti o mutui, oltre che all'osservanza del patto di stabilità, come già previsto nella legislazione vigente, alla verifica che il bilancio regionale presenti una situazione di equilibrio strutturale. Tali condizioni sono necessarie per la sottoscrizione di mutui o prestiti a qualsiasi titolo e per qualsiasi finalità, come pure per prestare garanzie per la sottoscrizione di nuovi prestiti o mutui da parte di enti e società controllati o partecipati. La verifica delle condizioni è affidata ai due Tavoli di verifica di cui al disegno di legge di conversione in esame: il Tavolo di verifica degli adempimenti relativi all'erogazione delle anticipazione per il pagamento dei debiti delle regioni, istituito dall'articolo 2, comma 4, e il Tavolo di verifica degli adempimenti regionali in materia sanitaria richiamato dall'articolo 3, comma 3, in relazione alle anticipazioni per il pagamento dei debiti degli enti del Servizio sanitario nazionale.
  A suo avviso, si dovrebbe comunque valutare l'opportunità di chiarire la definizione di «equilibrio strutturale» del bilancio, in assenza di specifiche norme contabili.
  Ricorda che la disciplina del sistema sanzionatorio in caso di non raggiungimento degli obiettivi del patto stabilità prevede comunque la necessità che mutui e prestiti obbligazionari sottoscritti dalla regione siano corredati da una certificazione Pag. 29di attestazione dell'osservanza del patto di stabilità per l'anno precedente.
  Con riguardo all'articolo 5, rileva che esso reca norme finalizzate all'estinzione dei debiti dei Ministeri per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, entro l'importo di 500 milioni di euro nel 2013. Esso dispone inoltre, al comma 7, la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte, al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni per il 2013 e a 4.000 milioni per il 2014. Il comma 1, in particolare, prevede che ciascun Ministero provveda a predisporre un apposito elenco dei debiti per obbligazioni giuridicamente perfezionate relative a somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, maturati alla data del 31 dicembre 2012, a fronte dei quali non sussistono residui passivi anche perenti. Osserva che il punto meriterebbe una riflessione magari volta a precisare meglio tale categoria di debiti che dovrebbero rientrare dunque nella categoria dei debiti fuori bilancio, cioè quelli conseguenti ad obbligazioni per le quali non si sono concluse le procedure contabili previste dall'ordinamento e che quindi non hanno trovato corrispondente evidenziazione in bilancio. Ritiene che sulla questione sarebbe opportuno comunque un chiarimento da parte del Governo.
  Fa presente che il comma 1 dispone, inoltre, che gli elenchi dei debiti scaduti, redatti in ordine cronologico con l'indicazione dei relativi importi, siano trasmessi, per il tramite del coesistente Ufficio centrale di bilancio, entro il 30 aprile 2013 al Ministero dell'economia e delle finanze. In apposito allegato, i predetti debiti sono aggregati per il pertinente capitolo/articolo di spesa, con separata evidenza di quelli relativi a fitti passivi.
  Per garantire il concorso al pagamento dei suddetti debiti, il comma 2 rifinanzia di 500 milioni di euro per il 2013 il Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni centrali, istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 50, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006).
  Rileva come la norma precisi che nel pagamento dei debiti pregressi va data priorità al pagamento delle spese diverse dai fitti passivi. In caso di insufficienza delle risorse stanziate rispetto ai debiti accertati dai Ministeri interessati, il Fondo medesimo viene ripartito proporzionalmente, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 15 maggio 2013, sulla base delle richieste pervenute entro il termine perentorio del 30 aprile previsto al comma 1.
  Segnala che le somme ripartite sono destinate esclusivamente al pagamento dei debiti inclusi negli elenchi.
  Ricorda che il comma 3 prevede il monitoraggio dei relativi pagamenti da parte degli Uffici centrali di bilancio, ai quali le amministrazioni trasmettono, con cadenza trimestrale, i prospetti dei pagamenti dei debiti, nonché l'indicazione di quelli che non è stato possibile estinguere. A loro volta, gli Uffici centrali di bilancio trasmettono una relazione finale alla Corte dei conti sulle somme effettivamente impegnate e pagate.
  Evidenzia che il comma 4, qualora l'ammontare dei debiti dovesse risultare superiore all'importo di 500 milioni di euro, dispone che i Ministeri interessati definiscano, entro il 15 giugno 2013, per la quota di debiti non soddisfatta con il Fondo, un piano di rientro volto al conseguimento dei necessari risparmi attraverso misure di razionalizzazione e riorganizzazione della spesa, anche al fine di prevenire il formarsi di nuove situazioni debitorie. Il piano di rientro, definito con apposito decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, deve essere comunicato alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
  Segnala come la norma precisi che ai fini del suddetto piano di rientro possono essere utilizzate le dotazioni finanziarie delle spese rimodulabili del bilancio dello Stato, come definite ai sensi dell'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196.Pag. 30
  Ricorda come, ai sensi del comma 5, i Nuclei di analisi e valutazione della spesa provvedano al monitoraggio dell'attuazione dei suddetti piani di rientro.
  Il comma 6 prevede che, in caso di mancata adozione del piano di rientro entro il termine del 15 giugno 2013, il Ministro competente entro il 15 luglio 2013 invia apposita relazione sulle cause dell'inadempienza alle competenti Commissioni parlamentari e alla Corte dei conti.
  Segnala che, dalla lettura delle richiamate disposizioni che sembrano precipuamente rivolte all'estinzione dei debiti fuori bilancio e non già a tutti i debiti pregressi dei Ministeri, non sembrano rinvenirsi specifiche ulteriori norme rivolte, invece, alla liquidazione dei debiti pregressi delle medesime Amministrazioni connessi a transazioni commerciali corrispondenti a residui passivi, anche perenti del bilancio dello Stato. Sul punto ritiene opportuno un chiarimento da parte del Governo.
  Il comma 7 stabilisce che, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate e del territorio, saranno stabiliti i termini e le modalità attuative per la riprogrammazione delle restituzioni e dei rimborsi delle imposte al fine di determinare un incremento delle corrispondenti erogazioni per un importo complessivo non superiore a 2.500 milioni di euro per il 2013 e a 4.000 milioni di euro per il 2014. Si tratta di ulteriori risorse che vanno a sommarsi a quanto già autorizzato in termini di cassa per i rimborsi IVA, pari a 8,5 miliardi di euro per il 2013.
  Segnala che tali importi sono evidenziati nella tabella riepilogativa degli effetti del decreto-legge allegata alla relazione tecnica soltanto in termini di fabbisogno di cassa e non anche di saldo netto da finanziare e indebitamento. Tali maggiori risorse sono peraltro già considerate in termini di competenza nel bilancio dello Stato con uno stanziamento pari a 23,5 miliardi di euro per il 2013, a 25,2 miliardi di euro per il 2014 e a 25,5 miliardi di euro per il 2015.
  Rileva che l'ultimo periodo dell'articolo 9, comma 3, del decreto-legge in esame, nel porre la copertura finanziaria dell'onere determinato dall'aumento del limite dei crediti di imposta e dei contributi compensabili da ciascun contribuente – onere quantificato in 1.250 milioni di euro per il 2014, 380 milioni di euro per il 2015 e 250 milioni di euro per il 2016 – a valere sulle risorse esistenti nella contabilità speciale di tesoreria 1778 – fondi di bilancio dell'Agenzia delle entrate, specifica, all'ultimo periodo, che, ai fini della copertura dell'onere per il 2014, si provvede a valere sui maggiori rimborsi programmati di cui al precedente articolo 5, comma 7. Fa presente che, in sostanza, la dotazione effettiva delle autorizzazioni di cassa destinate ai rimborsi fiscali prevista dal decreto-legge in esame per il 2013 ammonta a 11 miliardi di euro. Segnala che, per il 2014, l'ammontare delle autorizzazioni ai rimborsi sarà definito all'inizio dell'esercizio finanziario e dovrebbe tendenzialmente attestarsi intorno agli 8 miliardi di euro. A tale importo-base andranno aggiunti 2.750 milioni di euro, in quanto rispetto ai 4 miliardi di risorse aggiuntive considerate nel comma in esame, 1.250 milioni sono destinati dall'articolo 9, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge in esame alla compensazione tra crediti e debiti.
  Con riferimento all'articolo 10, recante disposizioni in materia di finanza locale, rileva in particolare che il comma 1 modifica le modalità, stabilite dall'articolo 16, comma 7, del decreto-legge n. 95 del 2012, per l'effettuazione delle riduzioni del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale e dei trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna. La riduzione ammonta a 500 milioni di euro per l'anno 2012, a 1.200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e a 1.250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Il comma 1 dispone in primo luogo che le riduzioni previste per gli anni 2013 e successivi non debbano intervenire, come ora previsto, «entro il 31 gennaio 2013», bensì «entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente a quello di riferimento». Osserva, peraltro, che per l'anno 2013 le riduzioni sono Pag. 31operate con il presente decreto. Si dispone inoltre che, in caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città circa l'imputazione delle riduzioni, non si renda necessario il ricorso ad un decreto del Ministero dell'interno, basato sull'incidenza dei consumi intermedi, ma le riduzioni da imputare a ciascuna provincia per gli anni 2013 e 2014 siano pari agli importi stabiliti nell'allegato 3-bis del decreto. Ricorda che, in ordine a tale aspetto, la relazione illustrativa precisa che nella definizione degli importi contenuta nell'allegato si è comunque fatto riferimento alla incidenza dei consumi intermedi per l'anno 2011, come desunta dai dati SIOPE di marzo 2013, con l'esclusione di talune tipologie di spese.
  Fa presente che i commi 2 e 3 dell'articolo 10 sono volti a dettare una disciplina transitoria per il pagamento della Tares, consentendo in primo luogo ai comuni, per il solo anno 2013 di modificare la scadenza, fissata al mese di luglio, e il numero delle rate di versamento del tributo. Per le prime due rate del tributo e, comunque, con l'eccezione dell'ultima i comuni possono inviare ai contribuenti i modelli di pagamento precompilati già predisposti per la Tarsu, la Tia 1 o la Tia 2. Si consente, inoltre, ai comuni di continuare ad avvalersi per la riscossione del tributo dei soggetti affidatari del servizio di gestione dei rifiuti urbani. La maggiorazione standard pari a 0,30 euro per metro quadrato per il 2013 viene riservata allo Stato, senza possibilità di un suo aumento da parte dei comuni, ed è versata in unica soluzione con l'ultima rata del tributo. Rileva che, per effetto di tale riserva allo Stato, si incrementano di 943 milioni di euro le dotazioni del Fondo di solidarietà comunale. Il comma 3 estende, in analogia a quanto già previsto per la Tarsu, l'esclusione dalla tassazione alle aree scoperte pertinenziali o accessorie di tutti i locali tassabili; attualmente prevista con riferimento alle sole aree di abitazioni civili.
  Osserva, infine, che il comma 4 reca disposizioni di carattere procedurale in materia di imposta municipale propria. In particolare, la lettera a) stabilisce, a partire dall'anno 2013, un unico termine, fissato al 30 giugno dell'anno successivo, per la presentazione della dichiarazione IMU. La lettera b) interviene sulla disciplina delle delibere comunali in materia di IMU e sulle modalità di invio e di pubblicazione delle medesime.
  Nel ringraziare il sottosegretario Polillo per l'attenzione e la costanza con cui segue i lavori della Commissione, esprime un vivo apprezzamento per il metodo di lavoro comune attuato sin dall'inizio della legislatura da tutti i gruppi della Commissione nelle diverse fasi di esame dei provvedimenti assegnati alla Commissione medesima, nonché rispetto alla presentazione delle risoluzioni in Aula; evidenzia la favorevole circostanza che si sia registrata una amplissima maggioranza e in taluni casi l'unanimità in ordine alle soluzioni normative adottate in merito alle diverse questioni finora affrontate. Ravvisa quindi l'opportunità che, in conformità a tale metodo di lavoro già positivamente sperimentato, si apra una stagione nuova di collaborazione tra le diverse forze politiche, improntata sulla condivisione nel merito e nei contenuti delle questioni poste, affinché si possa giungere ad una approvazione condivisa delle più urgenti riforme che il Paese attende. Invita, pertanto, i gruppi della Commissione ed il Governo, in relazione all'esame del provvedimento in oggetto, a sostenere un impegno comune finalizzato ad adottare un metodo di lavoro che consenta l'elaborazione di un testo condiviso e concertato. Ritiene che solo attraverso una comune assunzione di responsabilità di tutte le forze politiche si possano affrontare i nodi più problematici della crisi economico-finanziaria.

  Rocco BUTTIGLIONE (SCpI) esprime innanzitutto condivisione per il metodo di lavoro proposto da ultimo dal relatore Bernardo. Passando poi al merito del provvedimento, con riferimento alle critiche avanzate da più parti in ordine al fatto che esso non è stato adottato in un momento precedente da parte del Governo, ricorda che in una prima fase ciò Pag. 32era praticamente impossibile a causa della speculazione internazionale che puntava all'uscita dell'Italia dall'euro. Successivamente, quando questa fase è stata superata e si sono venute a creare, quindi, le condizioni per l'adozione del provvedimento in questione, come da egli stesso segnalato attraverso un intervento svolto in Assemblea, il Ministro per l'economia e le finanze ha rilevato che, pur avendo il benestare dall'Europa, l'Italia non sarebbe stata un grado di chiedere ai mercati quaranta miliardi in più; tale argomentazione è da ritenersi a suo avviso convincente.
  Per quanto concerne poi le critiche formulate in ordine agli adempimenti burocratici previsti dal decreto-legge in esame, ritiene che siano poco giustificate in quanto è necessario che chi deve pagare sia messo nelle condizioni di accertare che il credito vantato sia vero; le operazioni burocratiche sono finalizzate proprio a questo scopo.
  Fa presente, inoltre, di non aver compreso il significato della norma di cui all'articolo 12, comma 1, del decreto-legge, evidenziando come l'Allegato 2, a fronte dell'emissione di titoli di Stato per un importo fino a 20.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, preveda un incremento del ricorso al mercato, per i medesimi anni, pari a 25.000 milioni di euro. Ritiene che su tale aspetto sarebbe opportuno un chiarimento, come messo in evidenza dal dossier predisposto dagli uffici della Camera dei deputati.
  Segnala che un altro aspetto da approfondire concerne il tema della cessione dei crediti e, in particolare, la possibilità di fare ricorso alla Cassa depositi e prestiti in modo da facilitare che il debito che emerge possa essere effettivamente scontato.
  Con riferimento, poi, ai dati emersi dalla Relazione al Parlamento per quanto concerne gli effetti che i pagamenti dei debiti avranno sulla finanza pubblica, ritiene che non sussistano margini per modificare il dato per cui le misure prefigurate determinerebbero un peggioramento del saldo nel solo anno 2013 pari allo 0,5 per cento del PIL, considerato che la previsione del deficit – rispettivamente al 2,4 per cento per il 2013 e all'1,8 per cento per il 2014 – corrispondono a suo avviso a un bilancio in pareggio in termini strutturali.
  Infine, fa notare come in occasione dell'esame del decreto-legge in oggetto ha «scoperto» come sia possibile assumere obbligazioni di pagamento senza avere i soldi per pagare, rilevando criticamente il fatto che lo Stato è responsabile di aggregati rispetto ai quali non esercita alcun controllo. Per tale ragione, reputa necessario affrontare nuovamente tale problematica.

  Sebastiano BARBANTI (M5S) ricorda i richiami alla responsabilità effettuati più volte da parte del MoVimento 5 Stelle con riferimento alla necessità di costituire al più presto le Commissioni permanenti, punto sul quale sembrerebbe esserci un accordo presso la Commissione speciale, che tuttavia non si concretizza nei fatti. Ricorda inoltre come caratteristiche essenziali dei deputati del Movimento siano il pragmatismo e l'essere semplici e diretti.
  Per queste ragioni, essi auspicano una revisione dei trattati europei che impongono vincoli sulla finanza pubblica all'Italia; ritengono altresì che il decreto-legge in oggetto sia tutt'altro che semplice, dal momento che prevede procedure alquanto complesse e farraginose. Pertanto, fa presente che il decreto-legge dovrebbe essere modificato nel senso di garantire un maggior grado di tutela e di semplificazione. Sotto il primo profilo, ritiene che debba essere assicurata un'adeguata tutela, oltre che alle imprese, anche agli enti non virtuosi, in quanto se un ente è tale la colpa è da attribuire anche allo Stato che non ha vigilato. In questo senso, fa presente che la Corte dei conti dovrebbe intervenire anche in via preventiva oltre che ex post.
  Sotto il secondo profilo, osserva che non sono disponibili allo stato dati esatti sull'impatto delle posizioni debitorie sulle regioni. Ritiene, inoltre, che si dovrebbe concedere più tempo ai comuni per la Pag. 33certificazione dei crediti e che dovrebbe essere favorito il ricorso alle compensazioni.
  Invita, dunque, i deputati appartenenti agli altri gruppi a lavorare al fine di apportare modifiche ai singoli articoli di cui si compone il decreto-legge, prospettando una posizione di apertura da parte di chi si definisce non politico ma «diplomatico».

  Bruno TABACCI (Misto-CD) ricorda che l'obiettivo del decreto-legge in esame è quello di assicurare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, evidenziando la necessità di non distogliersi da esso.
  Entrando, poi, nel merito del contenuto, rileva innanzitutto come si dovrebbe chiarire la natura dei debiti che vengono ricompresi dalle disposizioni in cui si articola il decreto in oggetto.
  Con riferimento alla complessa questione delle certificazioni, osserva come dall'audizione della Ragioneria generale dello Stato sia emerso un quadro sconfortante in quanto, dopo una lunga retorica sul federalismo, allo stato attuale non si è neppure in grado di accertare con precisione la compatibilità e il raccordo tra le diverse poste di bilancio.
  Per quanto concerne poi la piattaforma elettronica predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze, fa notare quanto sia stato insufficiente il comportamento attivo della pubblica amministrazione. Il punto nodale a questo proposito attiene a suo avviso alle carenze della burocrazia, all'inadeguatezza delle sanzioni nei confronti dei dirigenti pubblici. Di fronte all'inefficienza della pubblica amministrazione, ritiene che andrebbe rafforzato l'istituto del silenzio-assenso.
  Sottolinea che l'obiettivo da perseguire debba essere quello di assicurare certezza alle imprese titolari di crediti nei confronti della pubblica amministrazione. A questo proposito, ritiene che le compensazioni debbano essere consentite come soluzione di riserva, prevedendo comunque un monitoraggio efficace al fine di evitare che il cattivo funzionamento della burocrazia provochi danni alle imprese minori.
  In generale, considera l'opportunità di avviare una revisione dei trattati che impongono vincoli alla finanza pubblica, dal momento che l'Italia non esercita un pieno controllo sulla moneta, precisando che tale considerazione non è legata a sentimenti nostalgici nei confronti delle svalutazioni della moneta alle quali si faceva frequentemente ricorso in tempi passati.
  Con riferimento al prosieguo dell’iter del decreto-legge, richiama il monito rivolto alle forze politiche dal presidente Giorgetti, affinché si addivenga in tempio rapidi alla formazione di un nuovo Governo, e quello rivolto dal MoVimento 5 Stelle, che ritiene invece che la soluzione provenga dalla costituzione delle Commissioni parlamentari. In proposito, rileva la complessità e la problematicità connesse al fatto che il Governo chiamato ad esprimere pareri sugli emendamenti presso la Commissione speciale è dimissionario da ben quattro mesi, in carica quindi solo per il disbrigo degli affari correnti.
  Infine, rivolge un ringraziamento ai relatori per il lavoro fin qui svolto.

  Raffaello VIGNALI (PdL), dopo aver ricordato che lo scopo del decreto-legge in esame è il pagamento dei debiti da parte della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, evidenzia come in molti casi si tratta di debiti antichi, come accade ad esempio nel caso delle ASL, che effettuano pagamenti per le forniture e i servizi ricevuti normalmente dopo cinque anni. Rispetto a tale obiettivo, ritiene che non abbia senso parlare di virtuosità degli enti, dal momento che se un'impresa ha effettuato dei lavori ha comunque il diritto di ricevere il pagamento ad essa spettante. Su questo punto dissente dalle argomentazioni addotte dal deputato Buttiglione.
  Ritiene che rispetto alla questione dei debiti si vengano a creare situazioni di disparità, in quanto se la pubblica amministrazione non è in grado di quantificare il suo debito ovvero dichiara meno del dovuto non subisce conseguenze di tipo Pag. 34sanzionatorio mentre le imprese hanno l'obbligo di rispettare determinati adempimenti, in primis il pagamento delle tasse.
  Stigmatizza quindi il fatto che vi siano oramai tante imprese che falliscono non per debiti, ma per crediti, e che il responsabile di questi fallimenti sia lo Stato: si tratta a suo avviso di una situazione paradossale, che coinvolge anche la questione della moralità pubblica.
  Ritiene pertanto che vi sia una netta sproporzione tra la situazione in cui si trovano le imprese e quella dello Stato, colpevole dei ritardi dei pagamenti rispetto ai quali non c’è un termine finale, senza subire per questo un trattamento sanzionatorio. Trattasi a suo avviso di un sistema che premia i comportamenti irresponsabili.
  Con riferimento alla formulazione del testo ed al relativo ambito di applicazione, ritiene necessario uniformare la definizione di «debito» a quella contenuta nelle direttiva europea sui pagamenti della pubblica amministrazione. Ritiene inoltre necessario prevedere non una facoltà, bensì un vero e proprio obbligo di registrazione dei debiti sulla piattaforma e fissare un termine perentorio per la relativa liquidazione. Condivide inoltre la proposta, avanzata da Confindustria nel corso delle audizioni, di consentire anche alle imprese di registrare i propri debiti sulla citata piattaforma.
  Quanto alla Cassa depositi e prestiti, ritiene opportuno che si chiarisca una volta per tutte se si tratti di un soggetto di mercato e, comunque, renderla in grado di operare in modo incisivo, anche tramite l'emissione di titoli di debito.
  Sottolinea come la compensazione fra crediti commerciali e crediti fiscali e contributivi non produca riflessi negativi sull'indebitamento, consentendo, anzi, di riportare nelle casse dello Stato importanti risorse. Non vede quindi alcuna complicazione nel meccanismo di funzionamento della compensazione.
  Ribadisce, conclusivamente, l'invito a superare ogni eventuale difficoltà tecnica presente nel decreto, tenendo presente lo scopo del medesimo e la drammatica difficoltà economica che il Paese sta attraversando.

  Angelo RUGHETTI (PD) dichiara di condividere i rilievi dei relatori e l'opportunità di effettuare gli approfondimenti da questi segnalati, definendo, in primo luogo e con la massima precisione, l'oggetto dell'intervento. Quest'ultimo deve essere rappresentato dalla formulazione di un piano per l'individuazione ed il pagamento, in tempi certi, di tutti i debiti della pubblica amministrazione a tutti i soggetti creditori.
  Il lavoro della Commissione, a suo giudizio, dovrà concentrarsi sulla ricerca di soluzioni per abbattere gli effetti sull'indebitamento netto, anche al fine di potenziare gli ulteriori interventi già previsti nel decreto-legge, con particolare riferimento al meccanismo della compensazione. Sarà inoltre necessario migliorare la definizione di «debito» contenuta nell'articolo 1, comma 1, del provvedimento.
  Ricorda, infine, come le imprese siano in sofferenza laddove le amministrazioni non hanno tenuto una corretta gestione economico-finanziaria, sottolineando la necessità di distinguere gli enti virtuosi e quelli che tali non sono, anche prevedendo adeguate sanzioni.

  Titti DI SALVO (SEL) ribadisce il giudizio positivo del proprio gruppo sull'opportunità di emanare il decreto-legge in esame che, comunque, non risolve tutti i problemi e deve essere perfezionato.
  Ritiene, in particolare, che il provvedimento sia migliorabile sotto il profilo dell'allentamento del patto di stabilità, soprattutto al fine di concedere maggiori spazi di liquidità alle regioni.
  Quanto al tema della semplificazione delle procedure previste, più volte citato nel corso delle audizioni, rileva come anche sotto questo aspetto il provvedimento sia migliorabile, anche se la semplificazione non potrebbe essere ottenuta solo tramite modifiche al decreto in esame.
  Condivide quanto affermato dal Ministro Grilli, secondo il quale è possibile Pag. 35affrontare nell'ambito di questo provvedimento anche le emergenze sociali che riguardano la Cassa integrazione guadagni in deroga. Sottolinea quindi, anche ai fini dell'ammissibilità di eventuali proposte emendative, l'evidente connessione tra il mancato pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, la crisi delle imprese e le emergenze sociali che ne scaturiscono. Ritiene inoltre che il Governo, pur non essendo nella pienezza dei poteri, debba comunque assumere delle responsabilità nel reperimento delle risorse necessarie, non potendosi limitare al ruolo di passivo spettatore di ciò che fa il Parlamento.
  Ringrazia infine l'onorevole Bernardo per l'approccio con il quale ha consegnato le proprie considerazioni.

  Maino MARCHI (PD), rilevato che il decreto-legge affronta, anche se in modo parziale, un problema molto importante per l'economia del Paese, esprime l'avviso che si debbano accelerare i tempi delle procedure, in modo da arrivare ai pagamenti il prima possibile: l'obiettivo dovrebbe essere, a suo giudizio, quello di pagare i 40 miliardi stanziati dal decreto entro i primi mesi del 2014 e il rimanente entro il resto dell'anno. Al fine di abbreviare i tempi complessivi, ritiene essenziale semplificare le complesse procedure previste dal decreto-legge ed individuare anche per le regioni, per il sistema sanitario nazionale e per i ministeri, misure di applicazione rapida del tipo di quelle individuate per i comuni e per le province con il meccanismo dei pagamenti entro il limite del 13 per cento delle disponibilità liquide detenute presso la tesoreria statale e del 50 per cento degli spazi finanziari richiesti.
  Ritiene, poi, che si debba cercare una soluzione avanzata per il problema delle compensazioni tra crediti e debiti fiscali, trovando la maniera di permettere alle imprese che non sono in regola con i versamenti contributivi a causa dei mancati pagamenti della pubblica amministrazione di regolarizzare la propria posizione. Ritiene, ancora, che si debba evitare di penalizzare i comuni virtuosi, eventualmente valutando le proposte fatte dall'ANCI a questo riguardo.
  Sottolinea, infine, la delicatezza del settore delle costruzioni, che da qualche anno attraversa una fase di grande sofferenza e che rischia di beneficiare in misura proporzionalmente minore del piano di interventi disposto dal decreto-legge: si tratta di un problema che non si può comunque risolvere nell'ambito dell'intervento previsto dal decreto e per il quale occorrono un tavolo di confronto col Governo e una politica industriale mirata.

  Girgis Giorgio SORIAL (M5S), nel ricordare la richiesta di aiuto venuta dal mondo delle imprese nel corso delle audizioni fin qui svolte, le quali hanno lamentato tra l'altro di essere spesso sull'orlo del fallimento non per i debiti ma per i crediti, sottolinea l'urgenza di intervenire per sbloccare i pagamenti della pubblica amministrazione e si dice convinto che il Governo avrebbe dovuto chiedere l'allentamento dei vincoli di bilancio stabiliti dall'Unione europea molto tempo prima. A suo giudizio, anzi, l'Italia dovrebbe ridiscutere tali vincoli, che rappresentano un vero e proprio «capestro» per gli Stati membri, e dovrebbe farlo presto, anche perché i 40 miliardi stanziati dal decreto-legge potrebbero rivelarsi insufficienti a far fronte a tutti i debiti della pubblica amministrazione.
  Sottolinea, poi, quanto sia grave che non si riesca ancora a sapere l'ammontare complessivo dei debiti della pubblica amministrazione, laddove la certezza su questo punto è essenziale per intervenire in modo ragionato, anche perché senza un sistema di monitoraggio dei debiti non sarà possibile evitare che una situazione del genere torni a ripetersi.
  Nel merito delle questioni emerse, si dice favorevole a prevedere sanzioni pecuniarie personali in capo ai dirigenti che non adempiano alle prescrizioni del provvedimento. Riterrebbe altresì utile ampliare la possibilità di compensazione elevando ulteriormente il massimale per il credito di imposta. Sottolinea poi l'importanza Pag. 36di reperire risorse per gli interventi di cassa integrazione in deroga e di andare incontro ai comuni virtuosi, anche rivedendo il patto di stabilità interno. Infine, ritiene che si dovrebbe trovare una soluzione anche per assicurare il pagamento dei crediti che non rientrano nello stanziamento dei 40 miliardi.

  Enrico ZANETTI (SCpI), premesso che, a suo giudizio, il Governo avrebbe dovuto adottare il provvedimento in esame già alla fine del 2012, anziché attendere come ha fatto, osserva che le procedure previste dal provvedimento sono senza dubbio farraginose, ma per una volta la loro farraginosità grava sulla pubblica amministrazione e non sulle imprese, alle quali non spetta nessun adempimento per poter ottenere il rimborso dei crediti.
  Rilevato, poi, che sarebbe utile disporre di un quadro informativo completo sui debiti delle pubbliche amministrazioni, sottolinea l'importanza che per il futuro l'Italia si doti di un sistema informativo che permetta un monitoraggio accurato delle posizioni debitorie e creditorie dei diversi soggetti pubblici, anche al fine di realizzare in modo agevole tutte le compensazioni del caso. A suo avviso, si dovrebbero prevedere misure in tal senso già nella legge di conversione del decreto in esame, comminando sanzioni pecuniarie ai dirigenti delle pubbliche amministrazioni che omettano gli adempimenti loro richiesti in vista della realizzazione di un tale sistema informativo, che è indispensabile per l'ordinata gestione dei conti pubblici.
  Ritiene, ancora, che occorra prevedere correttivi in favore degli enti locali virtuosi, eventualmente consentendo anche a loro di avvalersi per il 2013 delle possibilità riconosciute agli enti che hanno debiti con le imprese.
  Quanto alla scadenza per il versamento dell'IMU, ritiene che non debba essere accolta la richiesta dell'ANCI di prevedere un termine mobile, dal momento che per i cittadini una scadenza a data certa è preferibile perché più chiara. Sempre nell'ottica di una maggiore chiarezza per i contribuenti, si dice invece favorevole a modificare il sistema di calcolo dell'acconto in modo da prevedere che, anche se alla data di scadenza della prima rata il comune avesse rivisto le aliquote, il contribuente possa fare riferimento all'aliquota dell'anno precedente, riservandosi di verificare l'eventuale variazione dell'aliquota solo al momento del saldo, in modo da dover fare questa verifica una sola volta nell'anno.

  Mario MARAZZITI (SCpI) ringrazia i relatori per avere riconosciuto alle forze politiche lo sforzo profuso, che costituisce il primo importante risultato di questo passaggio parlamentare. In un contesto problematico, aggravato da un clima di accesa contrapposizione, sottolinea che il lavoro svolto testimonia una capacità di collaborazione tra Parlamento e Governo teso al comune obiettivo della tutela delle imprese italiane.
  A suo avviso, occorre che questo risultato sia preservato anche in occasione della fase emendativa, alla luce delle interessanti proposte e dei temi emersi nel corso delle audizioni, come segnalato dai colleghi Bernardo e Legnini. Ritiene che la scelta ottimale sia quella di concentrare un numero congruo di proposte emendative sulla questione del debito della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese, in modo da soddisfare parte delle aspettative di cambiamento che convergono su questa Commissione da parte dei cittadini.
  Nel considerare opportune tali premesse metodologiche, riconosce ai colleghi del Movimento 5 Stelle di avere individuate talune strettoie e di avere espresso un richiamo alla semplicità, pur ritenendo che la complessità della materia sia tale da porre dei limiti oggettivi alla semplificazione delle soluzioni. Richiama la questione della quantificazione del debito complessivo, che pone interrogativi di fondo sulla reale disponibilità di risorse finanziarie e sull'enorme ritardo maturato. Ricorda che il modello spagnolo, più volte evocato, avrebbe comportato per l'Italia una perdita di sovranità che invece è stata scongiurata dal Governo, anche se a fronte di costi incomprimibili. Inoltre, a suo Pag. 37giudizio, l'entità del debito è responsabilità complessiva dell'Italia e non dell'Europa ed è giunto il momento di affrontare problemi troppo a lungo procrastinati da tutto il Paese.
  Osserva che è questa l'occasione per intraprendere un percorso virtuoso, a partire dal salvataggio delle imprese, secondo una direzione già tracciata dal Governo Monti con la proposta di piattaforma informatica. Ulteriori profili da considerare riguardano la vigilanza sulle attività degli enti locali, l'armonizzazione della contabilità dello Stato con quella dei numerosi enti pubblici, da affrontare nel quadro di una riforma del Titolo V della Costituzione, la razionalizzazione degli organi politici delle province, come pure l'apertura di un tavolo tra Governo e Cassa Depositi e Prestiti per l'utilizzo delle risorse. Si tratta di questioni che il provvedimento in esame e il DEF potrebbero trattare in presenza di istituzioni coese e capaci di esprimere a pieno le proprie potenzialità anche in vista di un nuovo negoziato con Bruxelles.
  Alla luce di tali considerazioni, ribadisce l'auspicio per la presentazione di un limitato numero di emendamenti, utili a dare risposte sui temi su cui sussiste convergenza.

  Giancarlo GIORGETTI, presidente, fa presente che l'esame preliminare del provvedimento proseguirà al termine delle audizioni, già previste dall'ordine del giorno. Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.50.

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 17 aprile 2013. — Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI. – Interviene il sottosegretario per l'economia e le finanze Gianfranco POLILLO.

  La seduta comincia alle 19.05.

DL 35/2013: Disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali.
C. 676 Governo.

(Seguito dell'esame e rinvio).

  La Commissione prosegue l'esame del provvedimento iniziato nella seduta antimeridiana.

  Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire nell'ambito dell'esame preliminare, chiede ai relatori e al rappresentante del Governo se intendano intervenire in sede di replica.

  Giovanni LEGNINI (PD), relatore, pur dichiarandosi disponibile a intervenire in sede di replica già in questa seduta, ritiene che sarebbe preferibile acquisire preliminarmente le valutazioni del rappresentante del Governo.

  Il sottosegretario Gianfranco POLILLO, anche alla luce del dibattito svoltosi nelle audizioni, ritiene opportuno effettuare, prima della propria replica, ulteriori approfondimenti istruttori anche con le competenti strutture ministeriali, al fine di precisare meglio i contenuti del meccanismo della compensazione.

  Girolamo PISANO (M5S) con riferimento al tema delle compensazioni, ritiene che si debbano valutare con attenzione gli effetti del possibile contenzioso sui crediti fiscali oggetto di compensazione.

  Giancarlo GIORGETTI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 19.15.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 19.15 alle 19.25.

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