CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 novembre 2022
13.
XIX LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-00050 Merola: Proroga della disciplina fiscale relativa al Superbonus.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento all'applicazione della disciplina del cosiddetto Superbonus agli interventi effettuati dagli IACP su immobili, di proprietà o gestiti per conto dei comuni, adibiti ad edilizia residenziale pubblica, per i quali è stata confermata la detrazione, nella misura del 110 per cento, in relazione alle spese sostenute fino al 31 dicembre 2023 purché alla data del 30 giugno 2023 siano stati eseguiti lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo.
  Gli Onorevoli interroganti rappresentano, quindi, come sia opportuno tutelare i diversi enti pubblici ex IACP che hanno già bandito gare ad evidenza pubblica per lavori di efficientamento energetico degli edifici pubblici di proprietà dei comuni affinché eventuali modifiche normative della disciplina fiscale in materia di Superbonus non ricadano sulle stazioni appaltanti, a tal fine confermando l'attuale aliquota di detrazioni per gli interventi effettuati nonché adottando iniziative per concedere la possibilità di terminare le opere per gli importi messi a bando prevedendo una proroga fino al 30 giugno 2023 relativo all'esecuzione dei lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo, sia del termine finale per beneficiare della detrazione fissato al 31 dicembre 2023.
  Tanto premesso, gli Interroganti chiedono di sapere se «(si) intenda adottare le richiamate iniziative e prevedere la proroga del Superbonus sino al 31 dicembre 2026, in ogni caso in conformità con le tempistiche del PNRR, per i programmi effettuati dagli enti pubblici economici ex IACP su interventi correlati all'attuazione del PNRR».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Preliminarmente, è opportuno evidenziare che l'articolo 9 del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (cosiddetto decreto «Aiuti-quater»), ha apportato modifiche alla disciplina del Superbonus contenuta nell'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77. Tali modifiche, tuttavia, non hanno riguardato gli interventi effettuati dagli IACP, per i quali, allo stato attuale, è previsto che il Superbonus, nella misura del 110 per cento, spetti anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, per gli interventi per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell'intervento complessivo.
  In relazione alla richiesta di proroga fino al 31 dicembre 2026 della misura per gli interventi edilizi effettuati dagli enti pubblici economici ex IACP, si rappresenta che ogni iniziativa concernente le proroghe del cosiddetto Superbonus potrà essere valutata in coerenza con i vincoli imposti dal rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica.

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ALLEGATO 2

5-00051 Gebhard: Chiarimenti sull'applicabilità del regime fiscale speciale per i lavoratori impatriati.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, richiamo il regime di tassazione agevolata in favore dei lavoratori impatriati di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 147 del 2015 ed evidenziano che l'Agenzia delle entrate abbia più volte chiarito come tale regime risulti incompatibile con quello agevolativo forfetario di cui all'articolo 1, commi 54 e successivi, della legge n. 190 del 2014, tenuto conto delle diverse regole applicative che sottendono ai due regimi agevolativi e ferma restando, in ogni caso, la facoltà del contribuente di optare per quello a lui più favorevole.
  Tanto premesso, gli Interroganti chiedono, in particolare, di sapere se, per il contribuente impatriato che abbia inizialmente optato per il regime forfetario, vi sia la possibilità di accedere successivamente al regime speciale per i lavoratori impatriati – per i periodi di imposta eventualmente rimanenti – dopo l'uscita dal regime forfetario qualora siano venuti meno i requisiti che ne consentivano la fruizione.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 ha introdotto il regime speciale per lavoratori impatriati, destinato, ai sensi del comma 1 di tale articolo, al lavoratore che:

   a) trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, ai sensi dell'articolo 2 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;

   b) non è stato residente in Italia nei due periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegna, a risiedere in Italia per almeno 2 anni;

   c) svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

  Al ricorrere delle predette condizioni, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare.
  L'agevolazione in esame è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia, ai sensi del citato articolo 2 del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
  Come rilevato dagli On.li interroganti, nella circolare n. 33/E del 28 dicembre 2018, paragrafo 6, l'Agenzia delle entrate sembra aver consentito, in termini generali, al contribuente che non abbia inizialmente optato per il regime degli impatriati di fruirne successivamente in relazione ai restanti periodi d'imposta ancora agevolabili; in particolare, ha chiarito che «nelle ipotesi in cui i termini di presentazione [della dichiarazione] risultino scaduti, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime in esame per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con le modalità su esposte, applicando il regime in base alle disposizioni in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia (ad esempio con detassazione del 50 per cento se ha trasferito la residenza fiscale nel 2018)».
  Tanto premesso, con riferimento alla questione prospettata dagli Onorevoli interroganti ovvero «se un contribuente impatriato, che in un primo momento opta per il regime forfetario, possa beneficiare del regime speciale per i lavoratori impatriati per i periodi Pag. 72d'imposta eventualmente rimanenti del quinquennio (o, al ricorrere delle condizioni, del decennio) se perde i requisiti per l'applicazione del regime forfetario», l'Agenzia delle entrate si riserva di effettuare un'analisi approfondita del caso di specie a seguito di un'eventuale presentazione di una istanza di interpello, ai sensi dell'articolo 11 delle legge 212 del 2000 (c.d. Statuto dei diritti del contribuente).

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ALLEGATO 3

5-00052 Centemero: Iniziative per l'estensione, alle holding di partecipazione, del trattamento fiscale relativo ai proventi derivanti dalla partecipazione di dipendenti e amministratori a società, enti o Organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alla disciplina introdotta ai sensi dell'articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017 che assoggetta a tassazione come redditi da capitale o redditi diversi i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione.
  A parere degli Interroganti l'agevolazione fiscale cosiddetta «carried interest» rappresenta uno strumento di incentivazione del management dei fondi utile ad allineare gli interessi dei manager con quelli degli investitori, sviluppando così un mercato quale quello del private equity e private debt indispensabile per garantire il sostegno in particolare alle PMI italiane a conduzione familiare che si trovano in una fase di difficoltà e vuoto gestionale a causa del passaggio generazionale degli asset proprietari.
  Tanto premesso, gli Onorevoli evidenziano l'opportunità di ampliare l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina di favore in argomento anche alle holding di partecipazione anche tenendo conto del ruolo fondamentale da esse svolto nel sostegno finanziario alle PMI Innovative nell'ambito del loro percorso di crescita nel mercato di rischio.
  Pertanto, gli Interroganti chiedono al Governo di valutare la possibilità di estendere la disciplina fiscale del cosiddetto «carried interest» di cui al cennato articolo 60 del decreto-legge n. 50 del 2017, anche ai proventi distribuiti dalle holding di partecipazione.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 60 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50 stabilisce al comma 1 che «i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio percepiti da dipendenti e amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».
  Ai sensi del successivo comma 4: «Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai proventi derivanti dalla partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio, società o enti residenti o istituiti nel territorio dello Stato ed a quelli residenti ed istituiti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.».
  L'Agenzia delle entrate nella circolare n. 25 del 2017 ha chiarito che gli investitori considerati dalla norma sono coloro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente o assimilato con società, enti o società di gestione dei fondi.
  Ai sensi del cennato comma 1 dell'articolo 60 del decreto-legge n. 25 del 2017 tra i soggetti che erogano i proventi in argomento, rientrano anche le società costituite per la gestione di investimenti (SGR e Advisory companies), società che effettuano l'investimento, e società target, vale a dire le Pag. 74società obiettivo delle operazioni di investimento.
  In particolare, la norma si applica non solo quando le partecipazioni dei manager sono detenute in «organismi di investimento collettivo del risparmio (cosiddetto OICR),» ma anche quando le medesime partecipazioni sono detenute in «società o enti residenti o istituiti nel territorio dello Stato» nonché in OICR società od enti «residenti ed istituiti in Stati o territori che consentono un adeguato scambio di informazioni».
  Tanto premesso in relazione alla possibilità di includere nel novero delle società interessate dalla normativa anche le holding di partecipazione, l'Agenzia delle entrate ritiene di non ravvisare specifiche preclusioni normative in relazione alla possibilità che tali soggetti possano accedere al regime del cosiddetto «carried interest».
  La disposizione in esame trova espressa applicazione con riferimento ai «proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società». In tale generale formulazione si ritiene possano considerarsi incluse anche le holding di partecipazione.
  Tuttavia, giova ribadire che la menzionata norma richiede il rispetto di una serie di requisiti, tra cui l'importo minimo di investimento, il rendimento minimo garantito agli altri investitori e il periodo minimo di detenzione, ai quali è subordinata la qualificazione in termini di reddito di capitale o diverso dei suddetti proventi, la cui verifica è chiaramente subordinata all'analisi della singola fattispecie concreta e, in particolare, all'esame delle previsioni del progetto di coinvestimento.

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ALLEGATO 4

5-00053 Rubano: Iniziative per la cessione dei crediti fiscali
relativi ai
bonus edilizi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti richiamano la disciplina di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 il quale, con riferimento ai bonus edilizi – ed in particolare al cosiddetto Superbonus – ha introdotto la possibilità di cedere il credito fiscale a soggetti terzi, comprese le banche e gli intermediari finanziari.
  In proposito, gli Interroganti, nel richiamare i dati forniti da CNA che attestano un blocco della circolazione dei crediti edilizi pari a circa il 15 per cento del totale, fanno presente come ABI e ANCE hanno avanzato al Governo la richiesta di una misura di carattere straordinario volta a consentire agli intermediari di ampliare la propria capacità di acquisto, favorendo le quarte cessioni, per quanto la soluzione di aumentare le annualità di fruizione del beneficio aiuterebbe, ma non risolverebbe i problemi di liquidità immediati delle imprese.
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere «quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per rimuovere gli ostacoli che limitano le cessioni dei crediti fiscali già consolidati, relativi ai bonus edilizi, ad esempio, semplificando ulteriormente le quarte cessioni delle banche o consentendo a queste di frazionare le somme da cedere, in relazione alle capacità d'acquisto del cessionario, o avviando un'interlocuzione con le società controllate o partecipate dallo Stato, quali Poste o CdP, per l'acquisizione dei crediti fiscali che oggi non trovano sbocco».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'attuale disciplina della cessione dei crediti d'imposta in materia edilizia di cui all'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020 prevede che i soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, spese per gli interventi edilizi agevolati elencati al comma 2 possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente:

   a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto, fino ad un importo massimo pari al corrispettivo stesso, anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito di imposta, di importo pari alla detrazione spettante. Tale credito d'imposta è cedibile ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di due ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo previsto dall'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo di cui all'articolo 64 del predetto testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia ai sensi del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209;

   b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, ad eccezione delle due ulteriori cessioni consentite a favore di cosiddetti soggetti abilitati.

  Tanto premesso, con riferimento alla richiesta di semplificazione della cosiddetta «quarta cessione», si rappresenta che l'articolo 14, comma 1, lettera b), del Pag. 76decreto-legge n. 50 del 2022 (cosiddetto decreto Aiuti) ha, infatti, modificato l'articolo 121 del decreto Rilancio, prevedendo la facoltà per banche e società appartenenti ad un gruppo bancario, iscritto all'albo di cui all'articolo 64 del decreto legislativo n. 385 del 1993, di effettuare sempre una cessione a favore dei soggetti diversi dai consumatori o utenti, come definiti dall'articolo 3, comma 1, lettera a) del codice del consumo, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa, ovvero con la banca capogruppo, senza facoltà di ulteriore cessione.
  La ratio degli interventi legislativi che si sono succeduti con riguardo alla disciplina della cessione dei crediti di imposta in materia edilizia è stata dettata dall'esigenza di contemperare il contrasto degli abusi e dei comportamenti fraudolenti connessi ad un catena di cessioni che – come riscontrato ad esito dell'esperienza operativa maturata dall'Amministrazione finanziaria – mira a dissimulare l'origine effettiva dei crediti, con l'opposta esigenza di non vanificare la finalità di ripresa a cui è ispirata la normativa sui bonus fiscali.
  Inoltre, il recente decreto Aiuti-quater (decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176) – proprio nell'ottica di incentivare l'acquisto dei crediti d'imposta derivanti dall'esercizio di una delle opzioni previste dalle lettere a) e b) dell'articolo 121 del decreto Rilancio – è intervenuto per modificare (ampliandole) le modalità di utilizzo in compensazione dei predetti crediti d'imposta in capo al cessionario degli stessi, derogando, da un lato, per gli interventi di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, alla regola, originariamente prevista dall'articolo 121, comma 3, terzo periodo, del citato decreto – in base alla quale «il credito d'imposta è usufruito con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione» – e dall'altro, stabilendo che «i crediti d'imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati, possono essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo, in luogo dell'originaria rateazione prevista per i predetti crediti, previo invio di una comunicazione all'Agenzia delle entrate da parte del fornitore o del cessionario, da effettuarsi in via telematica, anche avvalendosi dei soggetti previsti dal comma 3 dell'articolo 3 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322».
  In merito, invece, alla possibilità – quale ulteriore strumento per incentivare la circolazione dei crediti d'imposta de quibus – di intervenire per rimuovere, nei riguardi delle banche, il divieto di cessione parziale dei crediti, attualmente applicabile, in base al comma 1-quater dell'articolo 121, alle cessioni successive alla prima, l'Agenzia delle entrate ha chiarito che: «Il divieto di cessione parziale si intende riferito all'importo delle singole rate annuali in cui è stato suddiviso il credito ceduto da ciascun soggetto titolare della detrazione; pertanto, le cessioni successive potranno avere ad oggetto (per l'intero importo) anche solo una o alcune delle rate di cui è composto il credito; le altre rate (sempre per l'intero importo) potranno essere cedute anche in momenti successivi, ovvero utilizzate in compensazione tramite modello F24 (in tale ultima eventualità, anche in modo frazionato). Invece, le singole rate non potranno essere oggetto di cessione parziale o in più soluzioni».
  A tal fine, il richiamato comma 1-quater dell'articolo 121 prevede che al credito è attribuito un codice identificativo univoco da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni.
  Le suddette disposizioni si applicano ai crediti derivanti dalle prime cessioni e dagli sconti in fattura comunicati all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022 e caricati, come di consueto, entro il giorno 10 del mese successivo (10 giugno 2022).
  La rimozione di tale divieto comporterebbe la possibilità di cedere, in maniera frazionata, la singola rata, vanificando, di fatto, il presidio della tracciabilità dei crediti d'imposta.
  Per quanto attiene, da ultimo, alla proposta relativa all'acquisizione dei crediti da parte di società controllate o partecipate dallo Stato (ad esempio, Poste Italiane e Pag. 77Cassa Depositi e Prestiti), deve segnalarsi che Poste Italiane, sin da subito, ha avviato l'attività di acquisto dei crediti d'imposta relativi ai bonus edilizi mettendosi al servizio dell'economia del Paese, fiaccato dalla pandemia, nella piena consapevolezza del proprio ruolo di avamposto delle istituzioni sul territorio, consentendo la mobilizzazione di ingenti risorse.
  Nonostante le incertezze normative derivanti dalle modifiche legislative via via intervenute sulla disciplina e le diverse e, in alcuni casi, contraddittorie interpretazioni fornite sulla stessa, Poste Italiane non ha fatto venir meno il proprio sostegno ed ha proseguito l'attività di acquisto dei crediti d'imposta a sostegno del rilancio del Paese.
  Nel contesto attuale, Poste Italiane si rende pienamente disponibile ad ogni tipo di confronto nell'intento di addivenire ad una soluzione equilibrata, condivisa e che tenga conto di tutti gli interessi dei soggetti coinvolti al fine di fornire un contributo utile alla definitiva stabilizzazione del processo di acquisto e cessione dei crediti fiscali.