CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 18 maggio 2022
798.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-08099 Pastorino: Criteri applicativi del canone unico patrimoniale per l'occupazione del suolo pubblico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, dopo avere richiamato brevemente la disciplina del canone unico patrimoniale sulle aree di mercato (CUP) di cui all'articolo 1, comma 837 della legge n. 160 del 2019, precisano che numerosi comuni hanno applicato coefficienti moltiplicatori in base al valore economico delle aree oggetto delle occupazioni o al presunto sacrificio economico imposto alla collettività, «disattendendo, in tal modo, l'obiettivo dell'alleggerimento del peso impositivo ed acuendo la crisi di un settore già fortemente penalizzato dalla pandemia da COVID-19».
  Gli Onorevoli interroganti richiamano, altresì, le risoluzioni n. 6/2021 e n. 1/2022 del Dipartimento delle finanze nelle quali è stata ribadita l'autonomia regolamentare degli enti locali in ordine all'individuazione di coefficienti moltiplicatori per la determinazione del CUP relativo alle occupazioni di carattere temporaneo, autonomia che può essere legittimamente esercitata senza però travalicare i limiti espressamente previsti dal comma 843 del citato articolo 1.
  Tanto premesso gli Interroganti chiedono di sapere come si intenda garantire un'applicazione della normativa coerente con la legge e proporzionata alla reddittività dell'attività interessata, «dati i sempre più numerosi casi di deliberazioni di canoni insostenibili per le attività di commercio su suolo pubblico».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente sottolineare che la disciplina del CUP è stata emanata per esigenze di razionalizzazione e di semplificazione dei diversi prelievi che il CUP ha sostituito; è pur vero che l'attuazione di tale obiettivo potrebbe determinare anche l'effetto dell'alleggerimento del peso impositivo ma non si può affermare che questo sia stato lo scopo principale del legislatore, dal momento che il comma 817 dell'articolo 1 della legge n. 160 del 2019 stabilisce che il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe. Tuttavia, proprio in considerazione della particolare attenzione che si è voluto rivolgere alle occupazioni in argomento, il citato comma 843 ha arginato la potestà regolamentare dei comuni prevedendo apposite agevolazioni, come richiamato dagli stessi interroganti.
  Si deve aggiungere, inoltre, che proprio in considerazione della particolare attenzione rivolta a favore del settore in parola, sono state emanate diverse disposizioni di agevolazione concernenti proprio le occupazioni di aree di mercato, quali ad esempio la proroga fino al 31 marzo scorso prevista dalla legge di bilancio per l'anno 2022.
  In ordine, poi, alla richiesta di intervento per garantire un'applicazione della normativa coerente con la legge e proporzionata alla reddittività dell'attività interessata, occorre sottolineare che, vista la natura patrimoniale dell'entrata in discorso, il Dipartimento delle finanze non può neanche esercitare la facoltà prevista dall'articolo 52, comma 4 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in base al quale «Il Ministero delle finanze può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa». Come anche chiarito nella circolare n. 2/DF del 22 novembre 2019, infatti, l'articolo 13, comma 15, Pag. 130del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, circoscrive espressamente l'obbligo di trasmissione al MEF, e la conseguente pubblicazione nel sito internet www.finanze.gov.it, alle delibere regolamentari e tariffarie relative alle «entrate tributarie dei comuni».

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ALLEGATO 2

5-08012 Cattaneo: Applicazione del Superbonus agli interventi edili effettuati dalle associazioni e società sportive dilettantistiche.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, con riferimento alla fruizione del cosiddetto Superbonus da parte delle associazioni e società sportive dilettantistiche (ASD e SSD) iscritte nel registro istituito ai sensi dell'articolo 5, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, limitatamente ai lavori destinati ai soli immobili o parti di immobili adibiti a spogliatoi, fanno presente come sul punto l'Agenzia delle entrate «ha chiarito che sono ammessi gli interventi effettuati da ASD e SSD titolari di un diritto reale di godimento sull'immobile oppure che lo detengono in base a un contratto di locazione...» e che, quanto ai massimali di spesa, «si applicano quelli previsti per gli edifici costituiti da un'unica unità immobiliare o più unità, differenziati se l'intervento è sugli involucri degli edifici o si sostituisca l'impianto di climatizzazione invernale».
  Gli Interroganti evidenziano che sul portale «Detrazioni fiscali ENEA – Asseverazioni», per le ASD e SSD fino al 5 aprile 2022 risultava possibile caricare la pratica relativa al «Superbonus» per una singola unità immobiliare e che solo «dal 7 aprile 2022 è stato possibile caricare la pratica Ecobonus con un numero di unità immobiliari destinate a spogliatoio superiore a due», specificando altresì che «la gran parte delle pratiche Ecobonus legate agli spogliatoi degli impianti sportivi gestiti da ASD e SSD prevede la scadenza del 30 giugno 2022».
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere se «non (si) ritenga utile emanare disposizioni anche interpretative che consentano una proroga dei tempi di scadenza per gli interventi proposti dalla ASD-SSD, definendo un virtuale “Condominio Sportivo” ed equiparando le scadenze a quelle attualmente previste per i condomini a uso abitativo (fine anno 2023 e successivi)», tenuto conto della «tardiva possibilità di inserire sul portale ENEA e di asseverare gli interventi con più di due unità immobiliari destinate a spogliatoio».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta che la proposta di proroga dei termini di vigenza delle disposizioni che disciplinano la detrazione di cui all'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto Superbonus), con riferimento agli interventi effettuati dalle associazioni e società sportive dilettantistiche ai fini del Superbonus equiparando la scadenza prevista per la fruizione del beneficio a quella dei condomini degli edifici, non può essere accolta in via interpretativa essendo necessaria un'apposita previsione normativa che individui conseguentemente anche i relativi mezzi di copertura finanziaria degli effetti di minor gettito da essa determinati.

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ALLEGATO 3

5-08098 Aprile: Contributi richiesti dai Consorzi di bonifica ai proprietari di immobili e terreni nella regione Puglia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno presente come da mesi ai cittadini salentini vengano recapitate, da parte dei Consorzi di Bonifica, cartelle esattoriali per la riscossione dei pagamenti dovuti a titolo del tributo 630, vale a dire il tributo posto a carico di tutti i proprietari di immobili rientranti nel comprensorio di bonifica e richiesto, indistintamente, senza previa valutazione in merito agli effettivi benefici ricevuti.
  A tale proposito, gli interroganti rilevano che il contributo di bonifica viene richiesto senza alcuna valutazione in merito agli effettivi benefìci ricevuti, sostenendo che ciò si ponga in contrasto con la sentenza della Corte costituzionale n. 188 del 2018 che, a loro parere, ha sancito come non possa esserci tributo di bonifica senza beneficio per l'utente.
  Tanto premesso, gli onorevoli interroganti chiedono di sapere se non si ritenga di intervenire al fine di impedire ai Consorzi di Bonifica di richiedere il pagamento del tributo di cui in parola in assenza di un effettivo benefìcio per l'utente.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  I Consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche a struttura associativa e di autogoverno, amministrati da organi democraticamente eletti dai consorziati e concreta espressione di sussidiarietà nel rispetto del principio costituzionale.
  Per garantire le risorse necessarie alla manutenzione ordinaria e alla gestione delle opere, i Consorzi di bonifica e di irrigazione sono titolari di potere impositivo sugli immobili consorziati urbani ed agricoli, che traggono beneficio dall'attività dell'ente.
  La normativa di riferimento è tuttora costituita dal R.D. n. 215 del 1933 che, all'articolo 59 dispone che i Consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche i quali, per il perseguimento dei propri fini istituzionali hanno il potere di imporre contributi alle proprietà consorziate.
  L'articolo 860 del codice civile dispone che i proprietari dei beni situati nel perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire alla spesa necessaria per l'esecuzione, la manutenzione e l'esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica.
  Tanto premesso, deve evidenziarsi che da un esame di pronunce giurisprudenziali si rileva che la natura tributaria delle quote consortili appare pacifica.
  La Corte costituzionale, con sentenza n. 26 del 1998, in merito alla possibilità o meno di sospendere i ruoli esattoriali, affermava che «pur dovendosi collocare le prestazioni patrimoniali in questione nell'area applicativa dell'articolo 23 della Costituzione, l'assimilazione dei contributi consortili ai tributi erariali non si profila come assoluta, ma limitata piuttosto a taluni fondamentali aspetti, tra cui quello dell'esazione».
  Ancora la Corte costituzionale, con sentenza n. 188 del 2018, citata nel documento di sindacato ispettivo in esame, afferma che, dopo la modifica dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992 – disposizioni sul processo tributario, con conseguente generalizzazione della giurisdizione tributaria a tutte le prestazioni di natura tributaria, si è definitivamente affermata la giurisdizione delle commissioni tributarie sulle controversie aventi ad oggetto i contributi consortili di bonifica (ex multis Cassazione S.U. n. 17943/2009; Cassazione S.U. n. 8770/2016).Pag. 133
  Nella stessa sentenza n. 188/2018, la Corte costituzionale chiarisce, inoltre, che il contributo consortile di bonifica ha natura tributaria, conformemente alla sua struttura non sinallagmatica e costituisce un contributo di scopo. Deve conseguentemente identificarsi un vero e proprio potere impositivo del consorzio nei confronti dei consorziati sul presupposto della legittima inclusione del bene immobile nel comprensorio di bonifica e del «benefìcio» che all'immobile deriva dall'attività di bonifica.
  Inoltre, la Corte rileva che, nel caso dei contributi di bonifica, il beneficio per il consorziato-contribuente deve necessariamente sussistere per legittimare l'imposizione fiscale; esso però consiste non solo nella fruizione, ma anche nella fruibilità, comunque concreta e non già meramente astratta, dell'attività di bonifica che, in ragione del miglioramento che deriva all'immobile consorziato, assicura la capacità contributiva che giustifica l'imposizione di una prestazione obbligatoria di natura tributaria.
  In relazione all'invio delle cartelle di pagamento emesse dell'agente di riscossione si rappresenta che la verifica della sussistenza dei presupposti normativamente previsti per l'iscrizione a ruolo costituisce onere esclusivo di ciascun ente creditore e quindi – nel caso dei contributi consortili – del singolo consorzio di bonifica titolare del diritto di credito.
  L'Agenzia delle entrate-Riscossione, infatti, nell'esercizio delle proprie competenze istituzionali, procede all'attività di riscossione dei ruoli formati e consegnati dai singoli enti creditori, sotto l'esclusiva responsabilità degli stessi enti, sui quali incombe l'assolvimento dell'onere motivazionale, anche per effetto di quanto specificamente previsto dagli articoli 1, comma 2, e 6, del decreto ministeriale n. 321 del 1999.

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ALLEGATO 4

5-08100 Cancelleri: Chiarimenti in merito alla disciplina dell'assegno unico universale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento all'assegno unico universale introdotto con la legge 1° aprile 2021, n. 46, il quale rappresenta una sintesi dei diversi bonus straordinari e delle agevolazioni anche fiscali previsti in questi anni a favore delle famiglie con figli a carico.
  Considerando che l'assegno unico universale, determinato in base all'entità dell'ISEE dei soggetti beneficiari, è riconosciuto, al verificarsi di specifiche condizioni, anche per i figli maggiorenni a carico fino al compimento del ventunesimo anno di età, e che al compimento del ventunesimo anno di età trova applicazione la detrazione di cui all'articolo 12 del TUIR – che risulta erogabile anche in assenza delle predette condizioni – gli interroganti rilevano come il suesposto quadro regolatorio non risulti coerente con lo spirito di sostegno alle famiglie atteso che si creerebbe un'area di soggetti (quelli tra i 18 e 21 anni di età) non attivi, i quali non risultano destinatari né dell'assegno unico universale né della detrazione ex articolo 12 del TUIR.
  Tanto premesso, gli Onorevoli interroganti chiedono di sapere se si intenda chiarire la ratio fiscale sottesa all'esclusione dei soggetti non attivi compresi tra i 18 e 21 anni dall'assegno unico e dalla detrazione di cui all'articolo 12 del TUIR.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova anzitutto rammentare che l'articolo 2 del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230, prevede che l'assegno unico e universale sia erogato anche ai figli di età fra 18 e 21 anni qualora ricorra una delle seguenti condizioni:

   1) frequenti un corso di formazione scolastica o professionale, ovvero un corso di laurea;

   2) svolga un tirocinio ovvero un'attività lavorativa e possieda un reddito complessivo inferiore a 8.000 euro annui;

   3) sia registrato come disoccupato e in cerca di un lavoro presso i servizi pubblici per l'impiego;

   4) svolga il servizio civile universale.

  Considerata l'ampiezza e l'alternatività dei requisiti richiesti, in sede di predisposizione dello schema di decreto legislativo di attuazione della legge delega 1° aprile 2021, n. 46 fu ritenuto che l'area di soggetti fra 18 e 21 anni che non avrebbero beneficiato dell'assegno unico sarebbe stata alquanto limitata.
  Peraltro, nella stessa sede tale questione fu valutata anche alla luce di quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 1), della legge delega n. 46 del 2021 sopra citata, che stabilisce che all'attuazione delle disposizioni di delega si sarebbe provveduto utilizzando anche le risorse rivenienti dal graduale superamento o dalla soppressione, nel quadro di una più ampia riforma del sistema fiscale, delle detrazioni fiscali per i figli previste dall'articolo 12, commi 1, lettera c), e 1-bis, del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR) di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
  In ogni caso, resta fermo che qualsiasi determinazione in merito ad un allargamento della platea dei beneficiari dell'assegno unico a tutti i figli con un'età tra 18 Pag. 135e 21 anni, ovvero ad una reintroduzione della detrazione fiscale a favore dei medesimi soggetti che non beneficiano dell'assegno unico, richiederebbe una modifica normativa in relazione alla quale occorrerebbe individuare idonea copertura finanziaria.

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ALLEGATO 5

5-08101 Centemero: Chiarimenti in merito alla disciplina del «Sismabonus acquisti».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento al cosiddetto Sismabonus acquisti di cui all'articolo 16, comma 1-septies, del decreto-legge n. 63 del 2013 secondo cui qualora gli interventi di riduzione del rischio sismico degli edifici di cui al precedente comma 1-quater del medesimo articolo 16 «siano realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3 (...) mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, allo scopo di ridurne il rischio sismico, anche con variazione volumetrica rispetto all'edificio preesistente, ove le norme urbanistiche consentano tale aumento, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare che provvedano, entro trenta mesi dalla data di conclusione dei lavori, alla successiva alienazione dell'immobile, la detrazione spetta all'acquirente delle unità immobiliari, rispettivamente nella misura del 75 per cento e dell'85 per cento del prezzo della singola unità immobiliare, risultante nell'atto pubblico di compravendita e comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96 mila euro per ciascuna unità immobiliare».
  Ai sensi dell'articolo 119, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio), la detrazione è elevata al 110 per cento delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (cd. Superbonus) dai soggetti indicati nel comma 9 del medesimo articolo 119.
  Tanto premesso, gli Onorevoli lamentano l'incertezza circa la percentuale di applicazione delle agevolazioni ivi previste per le unità immobiliari per le quali al 30 giugno 2022 non sia stato stipulato il relativo atto pubblico di compravendita, ovvero quale sia la percentuale di detrazione spettante per le spese sostenute dal 1° luglio 2022 con stipula dell'atto di compravendita entro i 30 mesi dalla fine dei lavori.
  Pertanto, gli Onorevoli chiedono di sapere «quali iniziative di competenza intenda adottare in riferimento a quanto esposto in premessa al fine di fare chiarezza sulle relative modalità applicative degli interventi agevolabili previsti dalla normativa vigente».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Il comma 1-septies dell'articolo 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, disciplina il c.d. «Sismabonus acquisti», che consiste in una detrazione del 75 o dell'85 per cento del prezzo di acquisto della singola unità immobiliare antisismica (entro un massimo di spesa di 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare acquistata), che viene riconosciuta all'acquirente di un'unità immobiliare ricadente nei comuni delle zone sismiche 1, 2 e 3 se, tramite l'intervento di demolizione e ricostruzione di un intero edificio effettuato da apposita impresa di costruzione o ristrutturazione venditrice, si ottiene, rispettivamente, il passaggio a una classe di rischio inferiore oppure a due classi di rischio inferiori.
  Come chiarito con la circolare n. 19/E dell'8 luglio 2020, la disposizione in commento è inserita nel contesto delle norme che disciplinano il c.d. «Sismabonus» (disciplinato dai commi da 1-bis a 1-sexies.1 del medesimo articolo 16) mutuandone le regole applicative, ma si differenzia da quest'ultimo in quanto i beneficiari dell'agevolazione fiscale sono gli acquirenti delle nuove unità immobiliari.
  Ai sensi dell'articolo 119, comma 4, del decreto-legge n. 34 del 2020 (cd. decreto Rilancio), la predetta agevolazione del «Sismabonus acquisti», è stata elevata al 110 Pag. 137per cento per le spese sostenute dal 1° luglio 2020 al 30 giugno 2022 (cd. Superbonus) dai soggetti indicati nel comma 9 del medesimo articolo 119.
  Con numerosi documenti di prassi (cfr., tra gli altri, la circolare n. 30/E del 2020), l'Agenzia delle entrate ha precisato che, affinché gli acquirenti persone fisiche delle unità immobiliari possano beneficiare del Superbonus, è necessario che i requisiti richiesti dalla norma agevolativa sussistano nel periodo di vigenza della stessa.
  Conseguentemente, considerato che la norma fa espresso riferimento «agli acquirenti» delle predette unità immobiliari, è necessario, tra l'altro, che l'atto di acquisto relativo agli immobili oggetto dei lavori sia stipulato entro il termine di vigenza dell'agevolazione, attualmente fissato al 30 giugno 2022.
  Pertanto, con riferimento al quesito posto dagli Onorevoli interroganti circa la percentuale di detrazione applicabile nell'ipotesi di spese sostenute dal 1° luglio 2022, con stipula dell'atto di compravendita entro i 30 mesi dalla fine dei lavori, gli acquirenti delle predette unità immobiliari non potranno fruire del Superbonus, ma, ricorrendo le condizioni normativamente previste, potranno beneficiare della detrazione del 75 per cento ovvero dell'85 per cento delle spese sostenute, ai sensi del citato articolo 16, comma 1-septies del decreto-legge n. 63 del 2013, qualora l'atto di compravendita sia stipulato entro il termine di vigenza ivi previsto, attualmente fissato al 31 dicembre 2024.

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ALLEGATO 6

5-08102 Fragomeli: Applicazione del Superbonus alle pertinenze di immobili non ricomprese nell'unità strutturale dell'edificio principale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante richiama la circolare dell'Agenzia delle entrate 30/E del 22 dicembre 2020 la quale prevede che si possa applicare il Superbonus anche se i lavori sono eseguiti unicamente sulle pertinenze, nei limiti dei massimali di spesa previsti dalla normativa, indipendentemente dalla circostanza che l'intervento interessi anche il relativo edificio residenziale principale.
  In proposito, tuttavia, l'interrogante fa presente come, mentre la risposta n. 231 del 9 aprile 2021 rimanda a un massimale unico sottolineando il nesso di pertinenzialità, la risposta n. 806 del 13 dicembre 2021 prevede un massimale dedicato per l'intervento di demolizione e ricostruzione delle pertinenze, facendo emergere una incongruenza nell'interpretazione della norma.
  Tanto premesso l'Onorevole interrogante chiede di sapere «se (si) intenda fornire i necessari chiarimenti per l'applicazione dei bonus fiscali nel settore edilizio esplicitando, nel caso specifico, se la pertinenza di un edificio funzionalmente e strutturalmente indipendente, non facente parte dell'unità strutturale, possa accedere ai benefìci previsti per il Superbonus, con un proprio massimale di spesa, esclusivamente per interventi di miglioramento sismico eseguiti sulla pertinenza stessa, ferma restando l'invarianza della destinazione d'uso».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. «decreto Rilancio»), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 28, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 (legge di Bilancio 2022), disciplina la detrazione, nella misura del 110 per cento, delle spese sostenute dal 1 ° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all'efficienza energetica nonché al consolidamento statico o alla riduzione del rischio sismico degli edifici (c.d. superbonus).
  Le predette disposizioni si affiancano a quelle già vigenti che disciplinano le detrazioni spettanti per gli interventi di «ecobonus» e «sismabonus» attualmente disciplinate, rispettivamente, dagli articoli 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63.
  In merito alle menzionate disposizioni l'Agenzia delle entrate nella circolare n. 30/E del 2020, ha precisato che, per gli interventi «trainanti» antisismici di cui al comma 4 dell'articolo 119, effettuati sulle parti comuni di un edificio residenziale, il limite massimo di spesa agevolabile è determinato in funzione del numero delle unità immobiliari presenti nell'edificio oggetto di intervento.
  Ha altresì chiarito che, nel calcolo del numero di unità immobiliari presenti nell'edificio, devono essere conteggiate anche le pertinenze ubicate nell'edificio oggetto di intervento mentre non si tiene conto di quelle collocate in un edificio separato. Pertanto, ad esempio, in un edificio composto da 4 unità abitative e 4 pertinenze occorre moltiplicare per 8 il limite di spesa previsto per ciascun intervento.
  Nella richiamata circolare n. 30/E del 2020 è stato, peraltro, evidenziato che un intervento «trainante» può essere eseguito «anche su una pertinenza e beneficiare del Superbonus indipendentemente dalla circostanza che l'intervento interessi anche il relativo edificio residenziale principale purché tale intervento sia effettuato nel rispetto di tutti i requisiti stabiliti dall'articolo 119 del decreto Rilancio».Pag. 139
  Nella circolare 24/E del 2020 l'Agenzia delle entrate con riferimento agli interventi antisismici effettuati su una unità immobiliare ha sottolineato che la detrazione spetta nel limite di spesa di 96.000 euro; l'ammontare massimo di spesa ammessa alla detrazione deve essere riferito all'unità abitativa e alle sue pertinenze unitariamente considerate, anche se accatastate separatamente. Gli interventi edilizi effettuati sulla pertinenza non hanno, infatti, un autonomo limite di spesa, ma rientrano nel limite previsto per l'unità abitativa al cui servizio è posta la pertinenza.
  Alla luce di quanto suesposto non sembrerebbe registrarsi alcuna incongruenza tra le due risposte ad istanze di interpello citate dall'Onorevole interrogante.
  In particolare, la risposta n. 231 del 2021 si riferisce all'ipotesi di interventi antisismici effettuati su due distinte unità immobiliari funzionalmente indipendenti e con accesso autonomo, nonché sulle relative pertinenze; in tale caso, il limite di spesa agevolabile è complessivamente pari a 192.000 euro (96.000 x 2) e riguarda le due unità immobiliari e le relative pertinenze.
  La risposta n. 806 del 2021 concerne, invece, la diversa ipotesi di interventi antisismici realizzati sia sulle parti comuni di un edificio in condominio sia sulle pertinenze delle unità immobiliari facenti parti dell'edificio ma collocate in un fabbricato distinto da quello condominiale. In tale caso, le spese relative ai lavori sulle parti comuni dell'edificio devono essere considerate, dal condomino o dall'unico proprietario dell'intero edificio, in modo autonomo, ai fini dell'individuazione del limite di spesa detraibile rilevando, a tal fine, il numero di unità immobiliari facenti parte del condominio. Diversamente, per gli interventi effettuati sulle pertinenze «separate» dall'edificio condominiale si applica l'autonomo limite di spesa complessivamente pari a 96 mila euro indipendentemente dal numero delle pertinenze. Tanto in coerenza con i chiarimenti resi dalle suddette circolari n. 24/E e 30/E del 2020 dell'Agenzia delle entrate.

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ALLEGATO 7

5-08104 Albano: Sanzioni a carico degli esercenti e professionisti sprovvisti di sistemi per i pagamenti elettronici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Va evidenziato preliminarmente che la normativa in tema di limitazioni all'uso del contante (cfr. articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007) è strettamente connessa al concetto di «moneta avente corso legale». Sebbene tale espressione non sia direttamente definita a livello comunitario, il suo significato può essere agevolmente dedotto dall'interpretazione del quadro normativo disciplinante la materia. In particolare, l'articolo 128, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), sancisce espressamente che «le banconote emesse dalla Banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali costituiscono le uniche banconote aventi corso legale». Tale previsione, inoltre, deve essere letta in linea con quanto previsto, tra gli altri, dal considerando 19 del regolamento (CE) 974/1998, che contiene disposizioni di dettaglio relativamente all'introduzione e alla circolazione dell'euro, e prevede che «le eventuali limitazioni di pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri per motivi d'interesse pubblico, non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, a condizione che esistano altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari». Ciò è confermato anche dalla raccomandazione della Commissione 2010/191/UE. Inoltre, si fa presente che, con sentenza del 26 gennaio 2021, nelle cause riunite C-422/19 e C-423/19, la Corte di giustizia Europea ha rilevato che eventuali limitazioni al pagamento in banconote o monete metalliche, decise dagli Stati membri non sono incompatibili con il corso legale delle banconote e delle monete metalliche in euro, là dove tali restrizioni siano giustificate dal perseguimento di finalità di interesse pubblico.
  Pertanto, in linea con la regolamentazione comunitaria, limitazioni ai pagamenti in contanti possono essere validamente previste da ciascuno Stato membro ove sussistano «motivi di interesse pubblico» e a condizione che siano disponibili «altri mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari». Nel caso di specie, non può non riconoscersi come in Italia siano generalmente disponibili mezzi legali di estinzione dei debiti pecuniari diversi dai pagamenti in contanti. D'altro canto, l'introduzione di limitazioni ai pagamenti in contanti persegue le finalità pubbliche di tax compliance, prevenzione e contrasto al riciclaggio, e promozione dei pagamenti elettronici e digitali.
  A ciò si aggiunga che, già con le Country Recommendation per il 2019 la Commissione europea e il Consiglio raccomandavano all'Italia di adottare provvedimenti nel 2019 e nel 2020 al fine di «contrastare l'evasione fiscale, in particolare nella forma dell'omessa fatturazione, tra l'altro potenziando i pagamenti elettronici obbligatori, anche mediante un abbassamento dei limiti legali per i pagamenti in contanti».
  Atteso che la normativa vigente in tema di limitazione all'uso del contante è conforme con quanto previsto dalla normativa nazionale e comunitaria sul corso della moneta in euro, il tema non sembra in contrasto con quello delle sanzioni per mancata accettazione di strumenti di pagamento elettronici, anch'esso oggetto della presente interrogazione.
  Sul punto, come rappresentato dall'interrogante, l'articolo 18 del decreto-legge 30 aprile 2022 n. 36, ha disposto l'anticipazione al 30 giugno 2022 dell'applicazione della sanzione prevista dall'articolo 15, comma 4-bis, del decreto-legge n. 179 del 2012. La sanzione per mancata accettazionePag. 141 di pagamenti elettronici, nel dettaglio, era stata già introdotta dall'articolo 19-ter, comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, al fine di superare il mancato allineamento normativo derivante dalla sussistenza di un obbligo, rispetto alla cui violazione mancava la relativa sanzione.
  Tuttavia, la previsione di sanzioni per la mancata accettazione di pagamenti effettuati con carta, oltre ad iscriversi tra le misure idonee a incentivare pagamenti in forma elettronica, inserendosi in una più ampia strategia di promozione di strumenti di pagamento alternativi e digitali, rientra, per il 1° semestre 2022, nella Milestone M1C1 - 103 del PNRR (entrata in vigore di atti di diritto primario e derivato e delle disposizioni regolamentari e completamento delle procedure amministrative per incoraggiare il rispetto degli obblighi fiscali (tax compliance) e migliorare gli audit e i controlli), che al punto iii) prevede «l'entrata in vigore della riforma della legislazione al fine di garantire sanzioni amministrative efficaci in caso di rifiuto da parte di fornitori privati di accettare pagamenti elettronici».
  Considerata la scadenza al 30 giugno 2022 per il raggiungimento degli obiettivi fissati nella citata Milestone del PNRR, la modifica normativa di cui all'articolo 18 decreto-legge n. 36 del 2022 ha allineato la decorrenza di applicazione delle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti effettuati con carta alle previsioni del PNRR.
  L'obbligo per gli esercenti di dotarsi delle apparecchiature tecniche necessarie per consentire che i consumatori possano effettuare pagamenti elettronici (cd. Point of Sale o POS) di qualsiasi importo non pare in contraddizione con la previsione di limiti all'uso del contante, posto che le due discipline, oltre a rivolgersi a soggetti differenti, perseguono anche delle finalità diverse, come sopra rappresentato.
  Ne discende, infine, che il consumatore, a fronte dell'obbligo dell'esercente di dotarsi di POS, ha la possibilità di scegliere liberamente il mezzo di pagamento (contante o digitale) con cui intende regolare una determinata transazione. Il tutto entro i limiti all'uso del contante, previsti dall'articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007.
  Da ultimo, si segnala che il Governo ha previsto rilevanti sostegni per commercianti e professionisti in relazione alle spese sostenute per l'utilizzo di strumenti di pagamento elettronico; in particolare, l'articolo 11-bis del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, ha incrementato al 100 per cento il credito d'imposta sulle commissioni bancarie maturate nel periodo 1° luglio 2021-30 giugno 2022, in favore degli esercenti attività d'impresa, arte o professioni che effettuano cessioni di beni o prestazioni di servizio nei confronti di consumatori finali e che hanno ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro; si è inoltre previsto un credito d'imposta in favore degli esercenti che, tra il 1° luglio 2021 e il 30 giugno 2022, acquistano, noleggiano o utilizzano strumenti che consentono forme di pagamento elettronico.
  Tutto ciò premesso, non sembra possano rilevarsi contraddizioni tra la normativa vigente in tema di limitazioni all'uso del contante e quella relativa alle sanzioni per mancata accettazione di pagamenti elettronici. Ne consegue che, allo stato, non appaiono necessarie ulteriori iniziative normative sulla tematica dinanzi illustrata, che, peraltro, potrebbe rivelarsi potenzialmente non compatibile con le previsioni del PNRR.

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ALLEGATO 8

Indagine conoscitiva sulla disciplina fiscale della cessione del credito d'imposta e dello sconto in fattura, con particolare riferimento al rapporto con le banche e il sistema finanziario.

PROGRAMMA DELIBERATO DALLA COMMISSIONE

  L'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto decreto Rilancio), prevede la possibilità generalizzata di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione per interventi in materia edilizia ed energetica (incluso il cosiddetto Superbonus al 110 per cento), per un contributo anticipato sotto forma di sconto dai fornitori dei beni o servizi (cosiddetto sconto in fattura) o, in alternativa, per la cessione del credito d'imposta corrispondente alla detrazione spettante, in deroga alle ordinarie disposizioni.
  Il 10 febbraio 2022, il direttore dell'Agenzia delle entrate – nel corso di una audizione svoltasi dinnanzi alla Commissione Bilancio del Senato – ha rappresentato che alla data del 31 dicembre 2021, le cessioni e gli sconti in fattura comunicati all'Agenzia delle entrate attraverso l'apposita piattaforma telematica sono stati quasi 4,8 milioni (di cui 0,1 milioni nel 2020 e 4,7 milioni nel 2021) per un controvalore complessivo di oltre 38,4 miliardi di euro (0,6 miliardi nel 2020 e 37,8 miliardi nel 2021).
  Nel corso dell'informativa urgente del Governo in merito alla cessione dei bonus edilizi svoltasi alla Camera il 2 marzo 2022, il Ministro dell'economia e delle finanze ha quindi presentato i dati relativi all'attività di analisi e controllo svolta dall'Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza sulla circolazione dei crediti d'imposta. Secondo tali informazioni l'ammontare complessivo dei crediti d'imposta inesistenti – riguardanti solo marginalmente il Superbonus al 110 per cento – ammonta a circa 4,4 miliardi di euro. In particolare: 160 milioni di euro sono stati sospesi e scartati dall'Agenzia sulla piattaforma «cessione crediti», per effetto delle disposizioni introdotte con il decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157 (cosiddetto decreto Anti-frode, i cui contenuti sono poi confluiti nella legge di bilancio per il 2022), che consente all'Agenzia di effettuare un controllo preventivo in presenza di profili di rischio; 2,3 miliardi di euro sono oggetto di sequestri preventivi da parte dell'Autorità giudiziaria, a seguito di segnalazione dell'Agenzia delle entrate e della Guardia di finanza; i restanti importi sono oggetto di indagini in corso e di richieste di sequestro preventivo inoltrate alle competenti Autorità giudiziarie.
  In relazione alle citate frodi fiscali rilevate dall'attività di analisi e controllo, il Governo è intervenuto rafforzando quanto già precedentemente previsto dalla legge di bilancio per il 2022 (legge 30 dicembre 2021, n. 234), con la quale era stato introdotto l'obbligo del visto di conformità, attestante la sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d'imposta – già previsto per il Superbonus al 110 per cento – anche in caso di opzione per la cessione del credito/sconto in fattura relativi alle altre detrazioni fiscali per lavori edilizi.
  In seguito, il Governo ha introdotto, nell'originaria formulazione dell'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022 (cd. Sostegni-ter), un'ulteriore restrizione: si disponeva che, ove il contribuente usufruisse delle detrazioni per interventi edilizi sotto forma di sconto sul corrispettivo, ovvero optasse per la trasformazione delle detrazioni in crediti d'imposta cedibili, fosse consentita una sola cessione del credito d'imposta. Tale limite è stato reso meno stringente per effetto dell'articolo 1 del decreto-legge 25 febbraio 2022, n. 13, non convertito e il cui testo è confluito, nel corso dell'esame parlamentare del decreto-legge n. 4 del 2022, Pag. 143nel testo dell'articolo 28 del medesimo decreto-legge n. 4 del 2022, come convertito in legge. Tale mitigazione ha consentito di effettuare due ulteriori cessioni, dopo la prima, ma solo in favore di banche, intermediari finanziari e società appartenenti a un gruppo bancario vigilati, ovvero a imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia, ferma restando l'applicazione delle norme in materia di antiriciclaggio per ogni cessione intercorrente tra i predetti soggetti, anche successiva alla prima.
  I vincoli introdotti, anche con effetti sostanzialmente retroattivi, hanno creato incertezza tra gli operatori, anche per i contratti già stipulati e difficoltà legate alla cessione dei crediti al circuito bancario che ha razionato l'offerta per ridurre i rischi connessi. Si è assistito così ad un sostanziale blocco dei lavori nei cantieri, aggravato inoltre dalla mancanza di materiali, diventati irreperibili e con prezzi inaccessibili.
  Data la contingente situazione di stallo del mercato, per dare più tempo ai beneficiari per poter accedere allo sconto in fattura o alla cessione del credito per le spese sostenute nel 2021, nonché per le rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute nel 2020, l'articolo 10-quater del decreto-legge n. 4 del 2022 ha prorogato al 29 aprile 2022 il termine della comunicazione all'Agenzia delle entrate per l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o di cessione del credito.
  Da ultimo, allo scopo di sbloccare l'operatività del settore, l'articolo 29-bis del decreto-legge n. 17 del 2022 ha elevato a quattro il numero di cessioni effettuabili, in particolare permettendo una ultima cessione, da parte delle sole banche, in favore dei soggetti coi quali abbiano concluso un contratto di conto corrente. Tali novità si applicano alle comunicazioni della prima cessione del credito o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
  Inoltre il successivo articolo 29-ter, per consentire l'esercizio delle opzioni di sconto sul corrispettivo o cessione del credito permette, per l'anno 2022, ai soggetti IRES e i titolari di partita IVA, tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022, di trasmettere all'Agenzia delle Entrate la comunicazione per l'esercizio delle predette opzioni anche successivamente al termine del 29 aprile 2022 ma, comunque, entro il 15 ottobre 2022.
  È necessario chiarire, sulla base di dati certi, gli effetti della misura della cessione del credito e dello sconto in fattura sul gettito erariale, gli impatti economici del blocco e/o disincentivo della misura stessa sui potenziali fruitori e soggetti coinvolti, nonché gli eventuali profili di incostituzionalità che dovessero sorgere in virtù dell'efficacia retroattiva di talune delle disposizioni richiamate.
  È altresì necessario trovare una soluzione più organica che contempli sia una previsione di lungo periodo sull'utilizzo dello strumento della cessione del credito – anche considerando le eventuali ricadute sui conti pubblici, nell'ottica del riordino e ripristino dei vincoli di bilancio della UE nella fase post-pandemica –, sia un migliore raccordo con il sistema bancario e degli intermediari finanziari, finalizzato a dare maggiori garanzie e certezze agli operatori, ovviando così ai blocchi e ai rallentamenti per la filiera.
  La VI Commissione Finanze della Camera dei deputati avvia una indagine conoscitiva al fine di individuare le criticità dell'attuale sistema della cessione del credito e dello sconto in fattura di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, con particolare riferimento al rapporto con le banche, di esaminare le possibili e alternative soluzioni normative, e di analizzare l'eventuale impatto delle soluzioni proposte anche in termini di oneri finanziari a carico del bilancio dello Stato e di crescita economica.
  L'indagine, che si concluderebbe entro il 15 luglio 2022, si articolerebbe nello svolgimento di audizioni e nell'acquisizione di contributi scritti dei seguenti soggetti:

   Banca d'Italia;

   Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze;

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   Ragioneria generale dello Stato;

   Corte dei Conti;

   Agenzia delle entrate;

   Guardia di finanza;

   Cassa Depositi e Prestiti;

   Poste Italiane;

   Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

   Eurostat;

   Associazione Bancaria Italiana (ABI);

   Confindustria;

   Casartigiani, Confartigianato, Confesercenti, CNA e Confcommercio (ex R.ETE. Imprese Italia);

   Alleanza delle cooperative italiane;

   Confimi;

   Confapi;

   Conflavoro PMI;

   Società Generale d'Informatica S.p.A. (SOGEI);

   Associazione nazionale costruttori edili (ANCE);

   Confedilizia;

   Associazioni e ordini professionali dei dottori commercialisti ed esperti contabili;

   Ordine professionale degli ingegneri;

   Ordine professionale degli architetti;

   Ordine professionale dei geometri;

   Associazione Nazionale Amministratori Professionisti (Anapic);

   Rete delle professioni tecniche;

   PricewaterhouseCoopers (PwC);

   Kpmg;

   Ernst & Young;

   Deloitte;

   Ulteriori esponenti di organizzazioni nazionali e internazionali e di categorie professionali coinvolte.