CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 maggio 2022
789.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-08007 Ungaro: Chiarimenti in merito alle agevolazioni fiscali per l'acquisto di mobili ed elettrodomestici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti richiamano le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 37 della legge n. 234 del 2021 (legge di bilancio 2022) con le quali, è stata prevista la proroga del beneficio del cosiddetto bonus mobili ed elettrodomestici fino al 31 dicembre 2024.
  Gli onorevoli interroganti rilevano che la Commissione europea, con il regolamento 2017/1369/UE, ha stabilito per alcuni elettrodomestici, dal 1° marzo 2021, l'introduzione di un nuovo sistema di etichette energetiche che utilizza una nuova scala con lettere dalla A alla G (senza quindi le classi da A+ ad A+++), tuttavia gli onorevoli segnalano che il Ministero della transizione ecologica ancora non abbia dato delucidazioni in merito all'applicazione del bonus mobili ed elettrodomestici in relazione al nuovo sistema di etichette energetiche per gli acquisti effettuati nel 2021.
  Tanto premesso, gli onorevoli interroganti chiedono di sapere «quali iniziative (si) intenda(no) adottare in merito all'applicazione delle agevolazioni fiscali relative a mobili ed elettrodomestici».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria e del Ministero della transizione ecologica, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63, disciplina una detrazione Irpef per l'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, destinati ad arredare un immobile oggetto di ristrutturazione. La detrazione, pari al 50 per cento della spesa sostenuta, va calcolata su un importo massimo di 10.000 euro per l'anno 2022 e di 5.000 euro per gli anni 2023 e 2024, comprensivo delle eventuali spese di trasporto e montaggio, e deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo. Sul punto, si ricorda che per l'anno 2021 il tetto di spesa su cui calcolare la detrazione era pari a 16.000 euro.
  Con particolare riferimento ai grandi elettrodomestici, la richiamata disposizione chiarisce che l'agevolazione spetta per gli acquisti di prodotti che appartengono a una classe energetica non inferiore alla classe A per i forni, alla classe E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie, alla classe F per i frigoriferi e i congelatori, come rilevabile dall'etichetta energetica. L'acquisto è comunque agevolato per gli elettrodomestici privi di etichetta, a condizione che per essi non ne sia stato ancora previsto l'obbligo.
  In tale quadro di riferimento, gli uffici del Ministero della transizione ecologica fanno presente che, a seguito di approfondimenti condotti a livello tecnico con ENEA, è emerso che per gli apparecchi soggetti al Regolamento (UE) 2017/1369 (lavatrici, lavasciugatrici, lavastoviglie, frigoriferi e congelatori), non risulta possibile stabilire una corrispondenza fra la precedente scala di efficienza energetica da A+++ a D e la nuova scala che va dalla A a G. Quanto sopra è particolarmente vero se si intende individuare un'equivalenza che valga per tutte le tipologie di apparecchi interessati.
  Le risultanze dell'analisi condotta sugli apparecchi oggetto di «riscalaggio» della classe energetica hanno portato alla modifica della disciplina del Bonus mobili, tramite norma primaria per il tramite dell'articolo 1, comma 37, lettera b), punto 2), della legge 30 dicembre 2021 n. 234. In particolare, è stata definita la classe energetica minima E per le lavatrici, le lavasciugatrici e le lavastoviglie e la classe energetica minima F per i frigoriferi e i congelatori.
  Ciò premesso, il Ministero della transizione ecologica manifesta l'opportunità di Pag. 125applicare i requisiti minimi di classe energetica in vigore previsti per la fruizione del bonus in argomento prima della novella introdotta alla legge 30 dicembre 2021 n. 234, anche per il periodo compreso tra il 1° marzo 2021, data di entrata in vigore del nuovo Regolamento, e il 1° gennaio 2022, data di entrata in vigore delle predette modifiche.

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ALLEGATO 2

5-08008 Aprile: Proroga del termine per l'approvazione dei bilanci societari.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'onorevole interrogante chiede al Ministro dell'economia e delle finanze chiarimenti in ordine alla possibilità di prorogare, in deroga alle disposizioni degli articoli 2364, comma 2, e 2478-bis del codice civile, il termine finale di convocazione dell'Assemblea ordinaria per l'approvazione dei bilanci chiusi al 31 dicembre 2021 a centottanta giorni dalla chiusura dell'esercizio medesimo, in luogo dei centoventi ordinariamente previsti.
  Al riguardo, si comunica che la possibilità di prorogare tale termine è già all'attenzione del Governo che ne sta valutando la portata e gli effetti, anche riguardo ai riflessi che la proroga determinerebbe sul versamento delle imposte sui redditi e dell'IRAP, sia in relazione al saldo relativo al periodo d'imposta 2021 sia a quello della prima rata di acconto per il 2022.
  Infatti, l'articolo 17, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 435 del 2001, prevede che i soggetti che approvano il bilancio oltre il termine di quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio, in virtù di specifiche disposizioni, versano il saldo dovuto ai fini dell'imposta sui redditi e dell'IRAP, in base alle relative dichiarazioni, entro l'ultimo giorno del mese successivo a quello di approvazione del bilancio.
  In considerazione della complessità della problematica e dei suoi molteplici potenziali effetti, si ritiene necessario un supplemento istruttorio, riservandosi pertanto di far conoscere il definitivo avviso del Governo.

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ALLEGATO 3

5-08009 Grimaldi: Chiarimenti in ordine ai termini per l'approvazione delle tariffe e dei regolamenti della TARI da parte dei comuni.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla problematica posta dall'onorevole interrogante, si fa presente che la lettura delle disposizioni richiamate non consente di affermare la tesi secondo la quale, nel caso in cui sia stabilita la proroga dei bilanci a una data successiva al termine del 30 aprile di ciascun anno previsto per i prelievi sui rifiuti, venga tacitamente prorogato alla stessa data anche il termine per l'approvazione delle tariffe e dei regolamenti della TARI e della tariffa corrispettiva. Il disposto del richiamato articolo 3, comma 5-quinquies, infatti, a legislazione vigente, opera in deroga al comma 683 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013, che dispone l'approvazione degli atti in questione proprio entro il termine fissato da norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione.
  Ciò posto, si deve segnalare che il Consiglio dei ministri del 2 maggio ultimo scorso ha approvato il decreto-legge cosiddetto «Aiuti», in corso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che reca, tra l'altro, una disposizione di carattere generale diretta a dettare un chiarimento interpretativo.
  In particolare, viene novellato il citato comma 5-quinquies dell'articolo 3, prevedendo espressamente che, nell'ipotesi in cui il termine per la deliberazione del bilancio di previsione venga prorogato a una data successiva al 30 aprile dell'anno di riferimento, il termine per l'approvazione degli atti concernenti la TARI e la tariffa corrispettiva coincida con quello per la deliberazione del bilancio di previsione.
  La medesima disposizione prevede, inoltre, che, in caso di approvazione o di modifica dei provvedimenti relativi alla TARI e alla tariffa corrispettiva in data successiva all'approvazione del proprio bilancio di previsione, il comune provvede ad effettuare le conseguenti modifiche in occasione della prima variazione utile.
  In tal modo, il problema interpretativo posto dall'interrogante viene risolto già a partire dall'anno in corso.

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ALLEGATO 4

5-08011 Albano: Interventi in ordine alla disciplina della dichiarazione per il monitoraggio degli aiuti COVID ricevuti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli onorevoli interroganti rappresentano che «entro il 30 giugno 2022 i contribuenti saranno chiamati a presentare la dichiarazione per il monitoraggio degli aiuti Covid ricevuti, prevista dall'articolo 1, commi da 13 a 17, del decreto-legge n. 41 del 2021, per evidenziare le eventuali eccedenze da restituire», circostanza nella quale «tutti i contribuenti che hanno ricevuto gli aiuti Covid dovranno verificare e dichiarare il rispetto della disciplina UE sugli aiuti di Stato e il rispetto dei massimali previsti dalle sezioni 3.1 e 3.12 in relazione ai limiti previsti al 27 gennaio 2021 e al 31 dicembre 2021».
  Trattandosi di dati che sono già in possesso dell'Amministrazione finanziaria, in quanto tali benefici sono stati riconosciuti dalla medesima Agenzia delle entrate ovvero da altri enti appartenenti alla Pubblica Amministrazione, ad avviso degli interroganti, tale «autodichiarazione costituisce l'ennesimo adempimento straordinario, ridondante», considerato, vieppiù, che l'articolo 6 comma 4 dello Statuto del contribuente prevede testualmente che «al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente», nonché la circostanza che, essendo i massimali stabiliti dalle sezioni 3.1 e 3.12 del Quadro cumulabili, si arriverebbe presumibilmente ad una cifra che potrebbe consentire, per le PMI, di essere esonerate da tale adempimento.
  A queste considerazioni si aggiunge, altresì, la circostanza che «l'omissione o l'indicazione di dati non veritieri può comportare sanzioni amministrative e, in alcuni casi, anche penali» [...] «sproporzionate a carico degli operatori economici e dei professionisti che li assistono».
  Tanto premesso, gli onorevoli interroganti chiedono di sapere «se non ritenga opportuno cancellare le sanzioni ove l'errore nell'indicazione degli aiuti ricevuti non comporti il superamento dei massimali previsti, disporre l'esonero per le imprese di piccole e medie dimensioni in considerazione della cifra elevata dai massimali consentiti, e prevedere una proroga per l'invio della dichiarazione almeno al 30 settembre 2022».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 1, commi da 13 a 17, del decreto-legge n. 41 del 2021 prevede che le imprese che hanno ricevuto durante l'emergenza Covid aiuti di Stato sotto forma di contributi, bonus e ristori devono presentare un'apposita autodichiarazione per attestare che l'importo complessivo dei sostegni economici fruiti non superi i massimali indicati nella sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 c(2020) 1863 final, recante «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza da COVID-19» (di seguito, «Temporary Framework») e che siano rispettate le diverse condizioni ivi previste nella Sezione 3.12 del suddetto Quadro.
  Con il decreto dell'11 dicembre 2021, il Ministero dell'economia e delle finanze ha dettato le prime istruzioni al fine della verifica del rispetto dei limiti e delle condizioni previste dalle suddette sezioni del Temporay Framework.
  In particolare, l'articolo 3, commi 1 e 2 del decreto ministeriale stabilisce che gli operatori economici che hanno beneficiato dei suddetti aiuti di Stato debbano presentarePag. 129 all'Agenzia delle entrate un'autodichiarazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nella quale attestano che l'importo complessivo degli aiuti fruiti non superi i massimali di cui alla Sezione 3.1 del Temporary framework e che siano rispettate le condizioni previste nella Sezione 3.12 del Quadro.
  Ciò premesso, si fa presente che l'adempimento oggetto dell'interrogazione è stato espressamente richiesto dalla Commissione UE al fine dei controlli sul rispetto delle soglie previste dal Temporary Framework.
  Con riferimento alla richiesta degli interroganti relativa alla cancellazione delle sanzioni ove l'errore nell'indicazione degli aiuti ricevuti non comporti il superamento dei massimali previsti, si fa presente che tali sanzioni sono collegate alle previsioni contenute nell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e che non costituiscono sanzioni «tributarie».
  In relazione alla richiesta di disporre l'esonero per le imprese di piccole e medie dimensioni in considerazione della cifra elevata dai massimali consentiti, si rappresenta quanto segue:

   l'autodichiarazione è stata introdotta dall'articolo 1, commi 14 e 15, del decreto-legge n. 41 del 2021, che ha disciplinato il cosiddetto «regime ombrello», e riguarda tutti i soggetti beneficiari degli aiuti elencati nel comma 13 del citato articolo 1, non essendo previsto alcun esonero dall'adempimento;

   anche con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 11 dicembre 2021, emanato in attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi da 13 a 17, del decreto-legge n. 41 del 2021, che disciplina le modalità di monitoraggio e controllo degli aiuti riconosciuti, è stato previsto che tale adempimento debba essere assolto da tutti i soggetti beneficiari dei citati aiuti (articolo 3 del decreto ministeriale);

   la decisione della Commissione UE C(2021) 7521 final del 15 ottobre 2021, con la quale è stato autorizzato il cosiddetto «regime ombrello», conferma la necessità che tale autodichiarazione venga presentata da tutti i beneficiari senza alcuna esclusione.

  Per quanto attiene, inoltre, all'importo complessivo di aiuti fruibili, pari a 11,8 milioni di euro, riportato nell'interrogazione in esame, si fa presente che detto importo non tiene conto dei diversi massimali pro tempore vigenti stabiliti con riferimento alle due diverse Sezioni 3.1 e 3.12 del Temporary Framework (nell'ambito delle quali sono riconosciuti gli aiuti ricompresi nel «regime ombrello»). Infatti, il limite minimo a cui fare riferimento è quello previsto nell'ambito della Sezione 3.1, applicabile fino al 27 gennaio 2021, pari a 800.000 euro (limite che potrebbe essere raggiunto anche da parte delle PMI).
  In ultimo, in merito alla richiesta relativa alla previsione di una proroga per l'invio della dichiarazione almeno al 30 settembre 2022, si rappresenta che i termini per la presentazione del modello sono stati previsti in correlazione con quanto contenuto nella Decisione C(2022) 171 final dell'11 gennaio 2022, per il caso SA. 101076 dell'11 gennaio 2022, paragrafo (6), che ha stabilito l'estensione temporale al 30 giugno 2022 delle misure che la Commissione aveva in precedenza approvato nell'ambito del Quadro temporaneo, e per le quali l'Italia ha richiesto, nel mese di dicembre 2021, una proroga.
  Tali misure sono state autorizzate senza ulteriori modifiche e restano inalterate tutte le condizioni previste nelle Decisioni per i casi SA. 62668 del 15 ottobre 2021, SA. 100091 e SA. 100155 del 10 novembre 2021.
  Dal punto di vista operativo, si rappresenta che la fornitura dei dati contenuti nella autodichiarazione è funzionale anche all'iscrizione degli aiuti stessi nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato (RNA).
  Inoltre, nella suddetta dichiarazione, sono presenti ulteriori informazioni sulla fruizione degli aiuti da parte dei contribuenti rispetto ai dati trasmessi in precedenza; tali informazioni sono utilizzate dall'Agenzia delle entrate per effettuare, entro il 31 dicembre 2022, in modo corretto, sulla Pag. 130base di quanto indicato dal contribuente (quindi, eventualmente, anche in rettifica), la registrazione degli aiuti individuali, fruiti nel corso del 2020, nel Registro Nazionale degli Aiuti di Stato.
  Ciò posto, in considerazione del numero elevatissimo di aiuti da registrare, il differimento della data del 30 giugno 2022 pregiudicherebbe il rispetto della scadenza del 31 dicembre 2022 per l'assolvimento dell'obbligo di registrazione. Pertanto, qualunque differimento del suddetto termine del 30 giugno, in favore del contribuente, dovrebbe accompagnarsi a un pari differimento del termine finale per la registrazione degli aiuti nel RNA.

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ALLEGATO 5

5-08013 Fragomeli: Rimborso delle accise provinciali sull'energia elettrica pagate per il biennio 2010-2011.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti fanno riferimento alle pronunce della Suprema Corte di cassazione che hanno stabilito l'illegittimità delle accise provinciali sull'energia elettrica pagate per il biennio 2010-2011 (sentenze n. 15198 del 4 giugno 2019, n. 27101 del 23 ottobre 2019 e, da ultimo, sentenza n. 10690 del 5 giugno 2020).
  Gli onorevoli interroganti evidenziano che, ai fini del rimborso dell'imposta indebitamente pagata, occorre istaurare un contenzioso volto ad accertare la fondatezza della pretesa restitutoria verificando l'effettivo pagamento delle bollette e la corretta esposizione in essa del tributo.
  Per ridurre il contenzioso in atto e garantire un rapido ristoro degli utenti gli onorevoli interroganti chiedono se sia plausibile «prevedere il risarcimento dell'imposta indebitamente versata attraverso l'utilizzo di una piattaforma telematica sulla quale caricare le fatture energetiche effettivamente pagate con un rimborso automatico dell'imposta pari all'80 per cento e la chiusura del contenzioso, all'occorrenza anche valutando, in accordo con ARERA, la riduzione dei tassi di remunerazione degli investimenti almeno al 3,5 per cento per un biennio».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Giova preliminarmente osservare che l'accisa provinciale sull'energia elettrica è stata definitivamente soppressa nel 2012 pertanto le richieste di rimborso possono essere riferite unicamente agli anni 2010 e 2011 (termine di prescrizione decennale).
  Detta imposta risultava molto articolata in quanto erano previsti diversi soggetti beneficiari del relativo gettito (comuni, province e Stato).
  Con riferimento a detto tributo la Corte di cassazione, con le sentenze n. 15198 del 4 giugno 2019, n. 27101 del 23 ottobre 2019 e, da ultimo, con la sentenza n. 10690 del 5 giugno 2020, richiamate anche dagli interroganti, ha evidenziato una possibile incompatibilità della norma con i principi enunciati nella direttiva 2008/118/CE e, segnatamente, il mancato rispetto della condizione di «finalità specifica» richiesta ai fini dell'introduzione di una «imposta ulteriore» all'accisa già gravante sul consumo di energia elettrica.
  Tanto premesso, si osserva che l'eventuale rimborso dell'imposta in questione potrebbe essere ottenuta dal consumatore finale unicamente per gli anni 2010 e 2011. Inoltre, tenuto conto che il consumatore finale non era il soggetto obbligato al pagamento del tributo in questione, questi può ottenere la restituzione delle somme pagate a titolo di rivalsa dal proprio fornitore.
  Infatti, il meccanismo di funzionamento dell'imposta prevede la sussistenza di due rapporti giuridici: quello di natura tributaria, intercorrente fra fornitore e Amministrazione finanziaria e quello di natura civilistica, intercorrente fra il fornitore ed il consumatore finale.
  In tale contesto il rimborso dell'addizionale non può essere effettuato direttamente al fornitore di energia elettrica avendo quest'ultimo traslato il tributo sui consumatori finali e avendolo addebitato nelle bollette di fornitura; né il rimborso può essere chiesto direttamente dal consumatore finale in quanto estraneo al rapporto tributario. Tale principio viene altresì ribadito dalla Corte di cassazione nella sentenza n. 27099/2019 che recita: «le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto-Pag. 132legge n. 511 del 1988 (nel testo applicabile ratione temporis) sono dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento della fornitura dell'energia elettrica al consumatore finale e, nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all'Amministrazione finanziaria ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 504 del 1995 e dell'articolo 29, comma 2, della legge n. 428 del 1990 è il fornitore».
  Il rimborso dell'imposta può essere ottenuto dal consumatore finale unicamente a seguito di un giudizio incardinato presso il giudice ordinario contro il fornitore di energia elettrica volto ad accertare il diritto al rimborso verificando l'effettivo pagamento delle bollette e la corretta esposizione in essa del tributo.
  Successivamente, il medesimo fornitore può ottenere, ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 504 del 1995, il ristoro dallo Stato di quanto restituito al consumatore finale.
  Per quanto riguarda l'addizionale, si fa presente che il rimborso deve essere richiesto alla provincia cui è stato versato il tributo.
  Alla luce di quanto suesposto, la definizione del predetto contenzioso per le annualità ancora pendenti appare pregiudiziale rispetto alla previsione della piattaforma telematica attraverso cui erogare i rimborsi in discorso che potrebbe comunque porsi in linea con esigenze di semplificazione amministrativa e che risulta già sperimentata per altre fattispecie.
  In merito all'opportunità di allineare il tasso di remunerazione del capitale investito ai valori di mercato – come evidenziato nella risposta all'interrogazione n. 5-07808, presentata dallo stesso firmatario del presente atto di sindacato ispettivo – si rappresenta che con la deliberazione 614/2021/R/COM del 23 dicembre 2021, l'Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) ha adottato i criteri per la determinazione e l'aggiornamento del tasso di remunerazione del capitale investito (Weighted Average Cost of Capital, WACC) riconosciuto ai gestori dei servizi infrastrutturali dei settori elettrico e gas per il periodo 2022-2027.
  Tale aggiornamento segue una riforma delle modalità di determinazione del tasso adottata da ARERA nel 2015 e finalizzata a migliorare la certezza e la stabilità del quadro regolatorio, nell'interesse delle imprese, degli investitori e degli utenti finali, che da un simile quadro possono avvantaggiarsi in termini di contenimento e stabilità nel tempo del costo dei servizi regolati.
  In tale ambito, l'Autorità ha quindi perseguito gli obiettivi di stabilità e certezza del quadro regolatorio, adeguatezza del livello di remunerazione, tenuto conto dei profili di rischio del settore, e tutela degli utenti del servizio.
  Il provvedimento dello scorso dicembre ha quindi determinato una riduzione del WACC di oltre il 10 per cento (in termini reali) a partire dall'anno in corso per tutti i settori infrastrutturali, sulla base dell'evoluzione del contesto macroeconomico e finanziario di riferimento.
  Tale aggiornamento è avvenuto attraverso un processo di consultazione pubblico e durato circa un anno, in cui tutti gli stakeholder interessati hanno avuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni. L'Autorità, nelle proprie decisioni, ha fatto riferimento ai più recenti dati di mercato e alle migliori prassi regolatorie internazionali.
  La riduzione ha quindi nuovamente mitigato il peso della componente di trasporto e gestione del contatore (o componente di rete) sul totale del costo sostenuto per l'energia dai clienti finali, che è peraltro storicamente molto ridotto (circa l'8 per cento nel caso di un cliente domestico tipo in maggior tutela al primo trimestre 2022).
  Deve sottolinearsi, infine, come il nostro Paese registri storicamente un costo per i servizi di rete (trasmissione, distribuzione e misura dell'energia elettrica) fra i più bassi a livello europeo, sia per i consumatori domestici che non domestici, chiaramente certificato dai dati pubblicati da Eurostat e sintetizzati nelle tabelle che seguono (aggiornamento al 2020).