CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 23 novembre 2021
700.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Attività produttive, commercio e turismo (X)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-07111 Benamati: Sull'annunciata chiusura dello stabilimento di Gaggio Montano da parte di SaGa Coffe.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Grazie Presidente. Grazie Onorevoli interroganti.

  Com'è noto, la crisi finanziaria innestatasi sull'emergenza sanitaria connessa alla diffusione del COVID-19 ha comportato un rallentamento dell'economia globale.
  È ormai notizia di stampa che, in questo quadro, i vertici del Gruppo Evoca, leader nella produzione di macchine professionali per il caffè, abbiano annunciato la chiusura nel 2022 dello stabilimento ex Saeco Saga Coffee sito a Gaggio Montano (Bo), nell'Appennino bolognese che dà lavoro, come noto agli stessi Onorevoli interroganti a circa 200 persone.
  A tal proposito, preme rappresentare che la vertenza – sino ad oggi – è stata seguita attivamente presso la regione Emilia-Romagna dove si sono tenuti diversi incontri tra le parti istituzionali, la società e le forze sindacali per affrontare la crisi del citato sito produttivo di macchine per caffè OCS e dove il Gruppo ha ribadito la propria volontà di cessare l'attività nell'area, con lo stop della produzione e la chiusura definitiva dello stabilimento entro la fine del 2022.
  Durante l'incontro in regione, la società ha avuto modo di illustrare nuovamente le ragioni che l'hanno costretta a prendere questa decisione. Al contempo, Evoca Group ha ribadito la propria disponibilità a proseguire il dialogo con spirito costruttivo con le Istituzioni e i rappresentanti dei propri dipendenti, al fine di definire un percorso congiunto e identificare tutte le opzioni percorribili per minimizzare l'impatto sociale sulle persone e le comunità locali. Per tale motivo sembra che la stessa stia approfondendo ipotesi di reindustrializzazione del sito.
  Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentito a riguardo, ha rappresentato che, allo stato, non ha ricevuto alcuna comunicazione né richiesta di intervento, per quanto di propria competenza.
  Invero, anche il Ministero dello sviluppo economico, sentita la Struttura di Crisi competente, non ha ricevuto ad oggi alcuna richiesta di apertura di tavolo di confronto.
  Posto che al momento la vertenza è gestita dalla regione Emilia-Romagna, per quanto di competenza ne monitorerò l'evoluzione per ogni successiva considerazione, ferma restando la disponibilità ad aprire, ove richiesto e ne sussistano le condizioni, un'apposita sede di confronto.

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ALLEGATO 2

5-07112 Squeri: Iniziative a favore del backshoring di attività manifatturiere già delocalizzate ovvero per l'insediamento di imprese estere in Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Grazie Presidente, Grazie Onorevoli!

  Con il quesito in parola vengono richieste apposite iniziative a sostegno del settore manifatturiero, al fine di scoraggiare il fenomeno della cosiddetta delocalizzazione, che ha colpito duramente l'attività di impresa nel nostro Paese (per citare alcuni esempi: GKN, Timken, Gianetti ed altre).
  Come evidenziato con l'atto in parola, infatti, accade spesso che anche iniziative economiche attive, abbandonino il nostro Paese e si spostino verso aree che promettono maggiori benefìci in termini – ad esempio – di costo del lavoro ovvero di natura fiscale.
  In via generale, dal punto di vista normativo, si evidenzia che il decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87 (Decreto Dignità) dedica alle «Misure per il contrasto alla delocalizzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali» l'intero Capo II.
  Com'è noto, l'articolo 5 del citato decreto infatti dispone che le imprese italiane ed estere, operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato a fronte di investimenti produttivi decadano dallo stesso qualora l'attività economica interessata o una sua parte della stessa venga delocalizzata in Stati non appartenenti all'UE.
  In queste situazioni si prevede, oltre alla perdita del beneficio, altresì l'applicazione di una sanzione amministrativa in misura da 2 a 4 volte l'importo dell'aiuto fruito. È evidente che l'impresa che intende delocalizzare dovrà fare una valutazione di costi-benefìci rispetto alla scelta di trasferirsi altrove.
  Si sta ora lavorando a misure di carattere strutturale, volte sia a disincentivare comportamenti opportunistici che a promuovere la costruzione di percorsi virtuosi di mitigazione dell'impatto occupazionale, sociale ed economico connesso alle chiusure dei siti produttivi.
  In linea con gli obiettivi del PNRR, che punta a garantire uno sviluppo sostenibile, è necessaria l'attivazione di un percorso da parte dell'azienda per la salvaguardia dei livelli occupazionali nonché sono necessari interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, tra i quali: ricollocazione presso altra impresa, misure di politiche attive del lavoro, prospettive di cessione dell'azienda con finalità di continuazione dell'attività, eventuali progetti di riconversione del sito produttivo.
  Questo percorso dovrà, poi, essere sostenuto con incentivi sia sul versante delle politiche attive del lavoro sia su quello della reindustrializzazione.
  Vorrei segnalare tra gli strumenti normativi volti a supportare percorsi di ripresa e ristrutturazione delle aziende interessate da crisi, mediante il coinvolgimento di nuovi investitori, il Fondo per la salvaguardia dei livelli occupazionali e la prosecuzione dell'attività d'impresa istituito con l'articolo 43 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34.
  Il Fondo opera attraverso interventi nel capitale di rischio delle imprese in difficoltà economico-finanziaria, nonché attraverso misure di sostegno al mantenimento dei livelli occupazionali, in coordinamento con gli strumenti vigenti sulle politiche attive e passive del lavoro.
  A tale intervento si aggiunge la direttiva del Ministro dello sviluppo economico, con la quale le Direzioni generali del Ministero dello sviluppo economico sono state invitate ad inserire negli atti di prossima adozione – che comportino le concessioni di Pag. 206incentivi, agevolazioni o misure di sostegno finanziario a valere su risorse del MiSE – una clausola di preferenza per i soggetti che si siano impegnati all'assunzione di lavoratori che risultino percettori di interventi di sostegno al reddito ovvero risultino disoccupati a seguito di procedura di licenziamento collettivo.
  Inoltre, si sta procedendo alla revisione della tematica degli incentivi alle imprese che ha interessato in particolare i Contratti di Sviluppo, al fine di favorire il rafforzamento delle filiere produttive e segnatamente la permanenza delle aziende sul territorio nazionale.
  Altresì, sentita la Direzione Generale competente del Ministero dello sviluppo economico, si informa che anche il decreto ministeriale di attuazione dell'articolo 1 comma 126 della legge 178 del 2020 conterrà una «premialità» per quei piani industriali che prevedano il recupero di impianti dismessi al fine di facilitare il reshoring nonché di richiamare potenziali investimenti esteri.
  Si ricorda che anche il disegno di legge bilancio per il 2022 ha previsto una serie di misure in tale ambito. In particolare, l'articolo 30 del citato disegno di legge ha previsto un apposito esonero contributivo per i datori di lavoro privati che assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori subordinati da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d'impresa.
  Infine, senz'altro un rilevante contributo potrà scaturire in tale ambito all'esito del dibattito parlamentare sul disegno di legge n. 2021 recante «Misure per il contrasto alle delocalizzazioni e la salvaguardia dei livelli occupazionali» e sul disegno di legge n. 2335 contenente «Misure di contrasto alle delocalizzazioni produttive» assegnate di recente in sede redigente alle competenti Commissioni del Senato.
  In conclusione, si rappresenta che questo Governo, nella convinzione che il sistema imprenditoriale costituisca il pilastro intorno al quale costruire le strategie complessive per la crescita e il recupero di competitività, ha avviato una serie di iniziative, anche normative, al fine di rendere più attrattivo per le imprese investire in Italia.

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ALLEGATO 3

5-07113 Zucconi: Iniziative a tutela dell'industria nazionale della carta in conseguenza dell'aumento dei prezzi delle materie prime e dell'energia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Grazie Presidente, Grazie Onorevoli.

  Com'è noto, le difficoltà di approvvigionamento di materie prime, materiali e prodotti di base, nonché l'aumento dei costi energetici e di trasporto stanno mettendo in difficoltà l'industria cartaria italiana, al pari di altri settori produttivi.
  Come si è avuto modo di ribadire in diverse sedi istituzionali, le cause che caratterizzano l'aumento dei prezzi delle materie prime sono diverse a seconda della tipologia di bene e settore. Da non trascurare poi le difficoltà nel comparto della logistica e l'impatto che le politiche climatiche sortiscono nell'innalzare i prezzi delle materie prime. Si tratta in parte di fenomeni contingenti ma non è certo trascurabile il rischio che ci si trovi solo all'inizio di una fase di generale rincaro dei prezzi.
  In determinati casi, come nel settore dell'energia, si è intervenuti con specifiche disposizioni a livello nazionale: si pensi, ad esempio, al decreto-legge n. 130 del 2021, con il quale sono state adottate misure specifiche di contenimento dei prezzi nel settore elettrico e del gas naturale.
  Le criticità denunciate dagli Onorevoli interroganti colpiscono, però, tutta l'industria europea. Pertanto, a questo tipo di interventi bisogna necessariamente affiancare misure di lungo periodo, a carattere strutturale, nonché una strategia eurounitaria che punti a rendere le catene degli approvvigionamenti più sicure e resilienti alle variabili del commercio mondiale, nonché a prevenire ed evitare qualunque fenomeno speculativo che determini ingiustificati aumenti dei prezzi.
  A livello unionale, si richiama il «Piano d'azione sulle Materie Prime Critiche», che la Commissione europea ha presentato lo scorso 3 settembre (COM(2020) 474 final), assieme alla nuova lista di «materie prime critiche» e ad un rapporto prospettico.
  Il Piano d'azione, in particolare, affronta il tema delle materie prime essenziali per il funzionamento di un'ampia gamma di ecosistemi industriali e mira a: i) sviluppare catene del valore resilienti per gli ecosistemi industriali dell'UE; ii) ridurre la dipendenza dalle materie prime critiche primarie mediante l'uso circolare delle risorse, i prodotti sostenibili e l'innovazione; iii) rafforzare l'approvvigionamento interno di materie prime nell'UE; iv) diversificare l'approvvigionamento dai Paesi terzi e rimuovere le distorsioni del commercio internazionale.
  È stato altresì avviato un sondaggio da parte dell'unità «industrie energivore e materie prime» della competente direzione della Commissione europea, volto a comprendere l'interesse ad aderire ad un eventuale «importante progetto di interesse comune europeo» (IPCEI) sulle materie prime critiche. Gli IPCEI costituiscono, infatti, uno degli strumenti per realizzare l'obiettivo di una catena strategica del valore europea.
  In conclusione, dunque, ribadisco che è massima l'attenzione del Governo per evitare fenomeni speculativi e tutelare sia gli operatori del settore che i consumatori. A tal fine, si ritiene strategico delineare un quadro europeo, finalizzato ad addivenire a soluzioni, possibilmente armonizzate, per garantire l'approvvigionamento di materie prime, materiali e prodotti di base e sostenere lo sviluppo competitivo delle imprese italiane, ivi compresa l'industria cartaria italiana.

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ALLEGATO 4

5-07114 Sut: Iniziative volte a rafforzare la competitività e l'innovazione del settore automobilistico anche nel contesto degli obiettivi di transizione energetica europei.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Grazie Presidente, Grazie Onorevoli interroganti.

  Com'è noto, il settore automotive costituisce un pilastro dell'industria e dell'economia italiana, contribuendo al 6,2 per cento del PIL, all'11 per cento del fatturato dell'industria manifatturiera e contando oltre 5000 aziende.
  Invero, il settore automotive sta affrontando un insieme di criticità, che vanno dall'incremento dei prezzi, alla penuria dei semiconduttori, alle sfide poste dalla transizione «green».
  Se gli obiettivi della transizione «green» sono fondamentali, al contempo va anche considerata l'alta vocazione industriale italiana e le caratteristiche manifatturiere del nostro sistema produttivo.
  In tale quadro, il Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile ha autorizzato la spesa di 102 milioni di euro per l'attuazione di un programma di interventi finalizzati ad aumentare la competitività delle imprese produttrici di beni e servizi nella filiera dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e dei sistemi intelligenti per il trasporto, attraverso il sostegno agli investimenti produttivi finalizzati alla transizione verso forme produttive più moderne e sostenibili, con particolare riferimento alla ricerca e sviluppo di modalità di alimentazione alternativa.
  Per la realizzazione degli interventi in questione il Ministero dello sviluppo economico, con lo strumento dei Contratti di sviluppo, ha previsto risorse per complessivi 100 milioni di euro a valere sulle risorse assegnate dalla richiamata legge n. 232 del 2016. Al contempo, è stata realizzata, in collaborazione con il Politecnico di Milano, un'analisi sulla filiera del trasporto pubblico locale e sugli scenari competitivi emergenti dall'attuazione del Piano strategico nazionale della mobilità sostenibile. Dalle risultanze dell'analisi emerge che la transizione verso diverse forme di mobilità sostenibile potrebbe avere un forte impatto industriale e occupazionale sulla filiera dei costruttori di autoveicoli per il trasporto urbano e della componentistica; gli interventi volti a sostenere tale transizione dovrebbero essere finalizzati, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica e nell'ottica della valorizzazione delle competenze già consolidate, alla diffusione delle tecnologie a basso impatto ambientale, all'efficientamento del trasporto pubblico locale e allo sviluppo della mobilità condivisa, all'ottimizzazione della logistica urbana e di lungo raggio, nonché allo sviluppo delle tecnologie ITS (Intelligent Transportation Systems) e dell'automazione dei veicoli.
  In continuità con l'intervento di cui sopra, nell'ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la misura M2C2-41 – Investimento 5.3 prevede una dotazione di 300 milioni euro per il periodo 2021-2026, di cui 50 milioni imputati a progetti già in essere, per promuovere, mediante il ricorso alla misura dei «Contratti di sviluppo», la realizzazione di programmi di investimento finalizzati allo sviluppo della filiera produttiva degli autobus al fine di produrre veicoli elettrici e connessi; la quota dei progetti in essere è imputata ai fondi della legge n. 232 del 2016.
  Sempre nell'ambito del PNRR, la Missione 1 – Componente 2 prevede investimenti in «Politiche industriali di filiera e internazionalizzazione» (Investimento n. 5) volti, tra l'altro, a sostenere la «Competitività e resilienza delle filiere produttive» (Investimento n. 5.2); l'Investimento 5.2, alla Pag. 209cui attuazione sono destinate risorse per complessivi 750 milioni di euro, è volto a potenziare la capacità delle filiere produttive più innovative e/o strategiche, attraverso il riconoscimento di un supporto finanziario agli investimenti da concedere tramite lo strumento agevolativo dei Contratti di Sviluppo.
  In tale ambito, potranno essere finanziati investimenti dedicati alla filiera dell'automotive. Le risorse assegnate ai singoli interventi nell'ambito del PNRR verranno destinate per una quota pari ad almeno il 40 per cento del totale, al finanziamento di progetti da realizzare nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.
  In conclusione, ribadisco l'impegno del Governo a porre in essere ogni iniziativa di competenza al fine di favorire lo sviluppo di tutte le filiere afferenti al settore automotive e a tutelare gli interessi del settore anche in sede di Unione europea.

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ALLEGATO 5

5-07115 Baldini: Sull'attività dell'ente unico nazionale di accreditamento Accredia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Grazie Presidente, Grazie Onorevoli interroganti.

  Con il quesito in oggetto, si interroga il Ministero dello sviluppo economico circa l'attività di accreditamento dei laboratori chimici che viene compiuta da Accredia, e si chiedono quali siano le iniziative di competenza del Ministero dello sviluppo economico per verificare l'efficienza e la regolarità della citata attività.
  Orbene, com'è noto, la figura del chimico è una professione sanitaria e dunque occorre l'iscrizione al relativo albo professionale. Di conseguenza, spetta al Ministero della salute l'alta vigilanza sul Consiglio nazionale dei chimici (Federazione nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici).
  Tuttavia, sentita la Direzione Generale del Ministero dello sviluppo economico in merito agli aspetti di competenza si rappresenta che l'Ente unico nazionale di accreditamento Accredia – quanto al rapporto che intercorre tra l'accreditamento e l'esercizio delle professioni cosiddette «protette» o «regolamentate» – ha riferito di aver tenuto numerosi incontri con il Consiglio Nazionale dei Chimici, durante i quali è stato ribadito che il compito di tutelare la pubblica fede e di vigilare in merito al corretto esercizio di attività proprie delle professioni «protette» è affidato dalla legge agli Ordini Professionali stessi.
  Nondimeno, Accredia riferisce di aver previsto nel proprio «Regolamento per l'accreditamento dei laboratori di prova», già a decorrere dal 9 aprile 2018, la prescrizione che, laddove esistano requisiti cogenti per la firma dei rapporti, il laboratorio è tenuto a rispettarli. Inoltre, nella modulistica per la richiesta di accreditamento, i soggetti richiedenti devono sottoscrivere la dichiarazione «di essere in possesso di tutte le autorizzazioni previste dalla legge per l'esercizio delle attività richieste in accreditamento».
  Tuttavia, qualora, dovesse essere accertato dall'Autorità Giudiziaria che in un laboratorio di prova la direzione tecnica o la responsabilità dell'atto professionale sia stata affidata a chi non possiede i requisiti autorizzativi previsti dalla legge (a seguito di dichiarazioni mendaci), sarebbe senz'altro compito di Accredia prendere i dovuti provvedimenti.
  Si comunica altresì che sul tema è stato avviato un Tavolo di lavoro tra Accredia ed i principali Ordini Professionali. Tra le altre cose, il Tavolo affronta il problema di come l'articolato impianto legislativo delle Professioni Sanitarie si inserisca nel variegato contesto delle attività accreditate dai laboratori e si pone l'obiettivo di definire le procedure con le quali l'Ente unico nazionale di accreditamento possa segnalare eventuali presunte irregolarità agli Ordini.
  Invero, si specifica che l'accreditamento attesterebbe a chi possiede già i requisiti di Legge per svolgere l'attività oggetto di accreditamento, che «inoltre» opera nel rispetto della norma tecnica specifica, al fine di assicurare un livello di qualità documentabile. In altri termini, l'accreditamento è solo uno degli aspetti che il Laboratorio sceglie di porre in essere per fornire i propri servizi.
  Va precisato altresì che la norma di riferimento UNI GEI EN ISO/IEC 17025 non distingue le modalità di accreditamento tra gli ambiti Volontario e Regolamentato, e che questo principio è autorevolmente sancito dal Regolamento CE n. 765 del 2008, che disciplina normativamente l'istituzione e la funzione degli Enti di Accreditamento nell'Unione europea. Il diverso uso (Cogente o Volontario) dell'accreditamento Pag. 211 non implica dunque un minore rigore nella valutazione della competenza del Personale del Laboratorio. Anzi, i requisiti in merito alla competenza del Personale sono un punto chiave e sempre oggetto di valutazione su tutto il Personale Tecnico coinvolto nell'esecuzione e la valutazione delle attività rientranti nel campo dell'accreditamento concesso al Laboratorio. Qualora, infatti, un requisito legislativo, un metodo di prova o una norma di settore stabilisca espressamente un requisito di competenza tecnica del Personale, questo viene attentamente considerato ed è oggetto di una particolare valutazione, anche in termini di iscrizione in particolari Elenchi o Ordini o Collegi. Per gli aspetti che non sono un requisito per l'accreditamento, ma che sono ad esso collegati, perché indirettamente potrebbero inficiare l'immagine dell'Ente di accreditamento e/o non tutelare adeguatamente il Cliente finale, il comportamento di Accredia è pertanto quello di evidenziarlo al Laboratorio e, se del caso, ad altre Parti interessate, inclusa, quando dovuto, l'Autorità Giudiziaria.
  Alla luce di queste precisazioni, per qualsiasi ulteriore chiarimento in relazione alle criticità sollevate dagli Onorevoli interroganti, si rimanda al Ministero della salute, posto che l'Ordine professionale dei chimici è vigilato dal citato Ministero.