CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 15 settembre 2021
657.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020. C. 3258 Governo, approvato dal Senato.

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione Finanze,

   esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 3258, approvato dal Senato, recante il Rendiconto generale dell'Amministrazione dello Stato per l'esercizio finanziario 2020,

DELIBERA DI RIFERIRE
FAVOREVOLMENTE.

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ALLEGATO 2

Disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato per l'anno finanziario 2021. C. 3259 Governo, approvato dal Senato.

Tabella n. 1: Stato di previsione dell'entrata per l'anno finanziario 2021.

Tabella n. 2: Stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2021 (limitatamente alle parti di competenza).

RELAZIONE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La VI Commissione Finanze,

   esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 3259, approvato dal Senato, recante l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2021,

   evidenziato innanzitutto che le variazioni proposte con il disegno di legge di assestamento per l'anno 2021 determinano un peggioramento del saldo netto da finanziare rispetto alle previsioni iniziali della legge di bilancio pari a circa 39,4 miliardi di euro, imputabile per 40,7 miliardi di euro alle variazioni per atto amministrativo, compensate da un miglioramento di 1,3 miliardi proposto dal disegno di legge in esame;

   osservato come il peggioramento determinato dalle variazioni apportate per atti amministrativi discenda essenzialmente dagli effetti dei decreti-legge adottati per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, per i quali il Parlamento ha autorizzato il ricorso all'indebitamento;

   rilevato inoltre come il disegno di legge di assestamento rechi, dal lato della spesa, una previsione assestata per il 2021 di 815 miliardi di euro rispetto agli 840 miliardi di euro di spese finali a consuntivo per l'anno 2020; tale apparente riduzione corrisponde tuttavia a un aumento della spesa corrente, al netto della spesa per interessi, dai 604 miliardi di euro del 2020 ai 622 miliardi dell'assestamento 2021, a fronte di un'effettiva riduzione della sola spesa in conto capitale da 169 miliardi per il 2020 a 114 miliardi per il 2021;

   considerato che l'elevato livello della spesa corrente raggiunto nell'anno 2020 è stato la risposta alla straordinaria situazione derivante dalla pandemia in atto e che certamente l'esercizio 2021 sconta un giustificato effetto di trascinamento;

   rilevato come, in ogni caso, non appaia sostenibile mantenere un così elevato livello di spesa corrente per un periodo di tempo troppo superiore alla fine della fase acuta dell'emergenza pandemica, risulta opportuno comprendere meglio, nell'imminenza della sessione di bilancio 2021-2023, le dinamiche di possibile inerzialità per quanto concerne il livello di spesa corrente previsto per l'anno 2021 anche al fine di assicurare un ordinato tapering dello stimolo di spesa corrente effettuato durante il 2020,

DELIBERA DI RIFERIRE
FAVOREVOLMENTE

  con la seguente osservazione:

   valuti la Commissione di merito l'opportunità di acquisire maggiori elementi in ordine alle prospettive di evoluzione nel breve-medio termine della spesa corrente, al fine di assicurare la sostenibilità strutturale della stessa.

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ALLEGATO 3

5-06580 Cancelleri: Chiarimenti in ordine agli oneri documentali relativi alla dichiarazione dei redditi precompilata.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame l'Onorevole interrogante, nell'evidenziare come con il decreto legislativo n. 175 del 21 novembre 2014 sia stata data attuazione alla delega in materia di semplificazioni fiscali, contenuta nella legge n. 23 del 2014, rappresenta che tra le semplificazioni introdotte è ricompresa la messa a disposizione della dichiarazione precompilata (modello 730) sul cassetto fiscale di ogni contribuente, potendo quest'ultimo accettare i dati trasmessi con la precompilata oppure modificarli, rettificandoli o inserendo ulteriori informazioni. In alternativa, il contribuente può delegare il proprio sostituto d'imposta (se presta assistenza fiscale), un centro di assistenza fiscale o un professionista abilitato.
  L'Onorevole interrogante osserva, poi, come, nel caso in cui la dichiarazione (modello 730) venga presentata, con o senza modifiche, tramite CAF o professionisti abilitati, questi ultimi siano tenuti all'apposizione del visto di conformità sui dati della dichiarazione, compresi quelli messi a disposizione dei contribuenti con la dichiarazione precompilata, richiedendo per tale ragione la documentazione contabile ai propri assistiti.
  Tanto premesso, l'Onorevole segnala che l'articolo 1, comma 679, della legge 27 dicembre 2019, n. 160 (legge di bilancio 2020) ha previsto a decorrere dal periodo di imposta 2020, la possibilità di effettuare detrazioni dall'imposta lorda nella misura del 19 per cento degli oneri indicati nell'articolo 15 del TUIR solo a condizione che l'onere sia tracciabile, e, pertanto, chiede di sapere se non ritenga «opportuno assumere le iniziative di competenza, anche di tipo normativo, al fine di evitare il rinnovo della richiesta, in caso di variazione 730 o di invio tramite Caf e professionisti, della documentazione relativa alle spese sanitarie, considerata l'obbligatorietà della tracciabilità e dell'uso della tessera sanitaria, i cui dati sono già in possesso dell'Agenzia delle entrate».
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Agenzia delle entrate, si rappresenta quanto segue.
  L'articolo 1, comma 689, della legge n. 160 del 2019 (legge di bilancio 2020) ha reso obbligatoria la tracciabilità dei pagamenti sostenuti per le spese indicate dall'articolo 15 del TUIR e suscettibili di detrazione fiscale, pur se con qualche distinguo relativo alle spese mediche.
  Il legislatore, con la disposizione citata, ha inteso identificare l'autore del pagamento mediante il monitoraggio del flusso finanziario dal soggetto che sostiene la spesa al soggetto beneficiario della detrazione.
  Al riguardo, l'Agenzia delle entrate, con la circolare 7/E del 25 giugno 2021, ha chiarito che possono ritenersi tracciabili tutti quegli strumenti che garantiscono l'identificazione dell'autore del pagamento al fine di facilitare gli eventuali controlli da parte dell'Amministrazione Finanziaria.
  Il requisito richiesto dalla norma circa l'obbligatorietà della tracciabilità del pagamento per accedere alle agevolazioni non ha modificato i presupposti stabiliti dall'articolo 15 del TUIR e dalle altre disposizioni normative ai fini della detraibilità degli oneri e del successivo controllo.
  Nello specifico, si evidenzia come l'articolo 4, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n. 175 del 2014 prevede che, nel caso in cui la dichiarazione precompilata sia presentata tramite CAF o professionista abilitato, deve essere prodotta da parte del contribuente anche la relativa documentazione così che si possa verificare la conformità dei dati esposti nelle dichiarazioni Pag. 157con quanto contenuto nella documentazione contabile ai sensi dell'articolo 34, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
  Lo stesso decreto legislativo n. 175 del 2014, all'articolo 5, comma 3, stabilisce che «Nel caso di presentazione della dichiarazione precompilata, anche con modifiche, effettuata mediante CAF o professionista, il controllo formale è effettuato nei confronti del CAF o del professionista, anche con riferimento ai dati relativi agli oneri, forniti da soggetti terzi, indicati nella dichiarazione precompilata».
  Alla luce di quanto rappresentato, per effetto del combinato disposto degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 175 del 2014, anche a seguito dell'introduzione del nuovo obbligo sulla tracciabilità dei pagamenti, resta confermato in capo al CAF e al professionista abilitato che appone il visto di conformità, l'onere di richiedere la documentazione contabile in fase di trasmissione della dichiarazione precompilata al fine di verificare la corrispondenza con quanto riportato in dichiarazione.
  Ciò posto, si rappresenta che eventuali modifiche normative volte ad evitare la presentazione della documentazione relativa alle spese sanitarie in caso di variazione 730 o di invio tramite Caf e professionisti, dovranno essere valutate anche in considerazione delle necessarie esigenze di controllo sulla spettanza della detrazione indicata nel Modello 730.

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ALLEGATO 4

5-06643 Centemero: Iniziative di carattere normativo per consentire l'ingresso di capitali privati in società in house.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come noto l'affidamento in house rappresenta una modalità, alternativa all'applicazione della disciplina dell'Unione europea in materia di appalti e servizi pubblici, in forza della quale una pubblica amministrazione si avvale, al fine di reperire determinati beni e servizi ovvero per erogare alla collettività prestazioni di pubblica utilità, di soggetti sottoposti al suo controllo. Si tratta, in pratica, di un modello organizzativo per mezzo del quale la pubblica amministrazione reperisce prestazioni a contenuto negoziale al proprio interno, servendosi di un ente strumentale, da essa distinto sul piano formale, ma non anche alla stregua di una valutazione sostanziale.
  L'assenza di effettiva terzietà del soggetto affidatario rispetto al soggetto affidante, unitamente alla possibilità di ricondurre il primo alla veste di promanazione organizzativa del secondo, valgono ad escludere in radice l'applicazione della normativa unionale in tema di procedure ad evidenza pubblica.
  L'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante il «Codice dei contratti pubblici», mutuato dall'articolo 12, paragrafo 1, della Direttiva 2014/24/Ue del 26 febbraio 2014, stabilisce che l'affidamento in house è ammesso ove sussistano le tre seguenti condizioni: i) l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore esercita sulla persona giuridica affidataria un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi (elemento strutturale del rapporto in house); ii) oltre l'80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall'amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche da questa controllate (elemento funzionale del rapporto in house); iii) nella persona giuridica controllata non è presente alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati previste dalla legislazione nazionale, in conformità dei Trattati, che non esercitano un'influenza determinante sul soggetto controllato. Pertanto, la normativa italiana già prevede forme di partecipazione da parte di capitali privati alle società in house, in conformità alle direttive europee nn. 23, 24 e 25 del 2014, a condizione che ciò non sia in contrasto con gli obiettivi dei Trattati, che non comporti l'esercizio, da parte del privato, di un'influenza dominante sulla società controllata e che sia prescritta dalla legge (articoli 5 del Codice dei Contratti pubblici e 16 del TUSP). A ciò si aggiunga che l'assenza, sul piano sostanziale, di una distinzione tra amministrazione affidante, in cui sono incardinati i poteri di controllo analogo e soggetto affidatario determina una delegazione interorganica tra articolazioni interne di uno stesso plesso amministrativo. Riguardo a tale ultimo profilo, relativo all'esigenza di una giuridica preordinazione, posta da una fonte di normazione primaria interna, ad una eventuale partecipazione di capitali privati a società riconducibili alla qualificazione di soggetti in house, non sembra potersi rinvenire alcun difetto di coordinamento tra le disposizioni poste all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e all'articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, (recante il «Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica»), nell'ambito delle quali le locuzioni ricorse dal legislatore per conferire adeguata connotazione a tale tratto, pur apparentemente distinte sul piano letterale, sono tali da dover necessariamente essere Pag. 159ricondotte alla medesima portata interpretativa ed applicativa. E ciò non solo per le ragioni già esposte ma anche in forza della prevalenza della specifica disposizione posta dal TUSP rispetto a quella collocata nel decreto legislativo n. 50 del 2016, in quanto posta da una fonte (il TUSP per l'appunto) equiordinata al Codice dei contratti pubblici e ad esso, tuttavia, temporalmente posteriore.
  Ciò posto, pur prendendo atto dei distinti orientamenti talvolta emersi in seno alle diverse Sezioni del Consiglio di Stato sull'ammissibilità o meno di affidamenti diretti a beneficio di organismi poi partecipati — seppur in forza di norme di legge – da soggetti privati (Consiglio di Stato, Sezione II, Sentenza 30 gennaio 2015, n. 298; Consiglio di Stato, Sezione VI, Sentenza 26 maggio 2015, n. 2660) e con riserva di ulteriori possibili approfondimenti in ordine alla definizione dei contorni, più o meno ampi, entro cui dovrebbe essere ricondotto l'intervento pubblico nell'economia per non contravvenire ai paradigmi concorrenziali sanciti dai Trattati europei, si ritiene tuttavia che ogni valutazione funzionale ad una eventuale introduzione di misure tese a mitigare i limiti e i vincoli all'apertura del capitale di società in house ai privati debba essere oggetto di adeguata trattazione nei competenti consessi interni e dell'UE, al fine di evitare l'insorgere di fonti di palese contrasto: i) con le disposizioni legislative interne sopra richiamate, di recepimento di Direttive dell'Ue; ii) con una ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (si ricorda Corte di Giustizia europea, Sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03; Sentenza 10 novembre 2005, causa C-29/04), secondo cui, in particolare, per la sussistenza del controllo analogo da parte dell'ente pubblico partecipante/affidante, l'impresa non deve poter acquisire una vocazione commerciale, profilo questo che emergerebbe in tutta la sua interferenza ove l'apertura del capitale della società avvenisse sotto forma di una quotazione in borsa dei titoli azionari; iii) con un autorevole punto di arresto giurisprudenziale interno (in particolare: Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria del 3 marzo 2008, n. 1), secondo il quale la partecipazione, pur se minoritaria, di una impresa privata al capitale di una società cui partecipi anche l'amministrazione aggiudicatrice vale da sé ad escludere, in ogni caso, che tale amministrazione possa esercitare sulla medesima società un controllo analogo a quello che essa svolge sui propri servizi.
  Non può non considerarsi, inoltre, che appare difficile consentire con norma di legge la partecipazione di privati a società in house, destinate per loro natura ad operare nell'interesse e sotto l'egida dell'amministrazione pubblica, senza pregiudicare l'interesse delle altre imprese a non vedersi discriminate nelle procedure di scelta del contraente privato. A sostegno di tali perplessità, infatti, sembrano militare le argomentazioni sostenute dal Consiglio di Stato nel parere n. 1389/2019, secondo cui, facendo leva su quanto espressamente previsto nel «Considerando» n. 32 della Direttiva appalti e n. 46 della Direttiva concessioni, muovendo dalla distinzione semantica tra «partecipazione prescritta» e «partecipazione semplicemente prevista», ogni valutazione concernente la conformità ai Trattati di un affidamento diretto a società in house partecipate anche da soci privati non può, in alcun modo, prescindere da una valutazione, ad opera del legislatore nazionale, da cui emerga l'obbligatorietà della presenza di capitali privati nell'assetto proprietario (in relazione alla stretta connessione tra un assetto così conformato ed il perseguimento delle finalità affidate alle cure della società medesima) e non la mera facoltatività.
  Conclusivamente ed alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale dinanzi ricostruito, il Governo si riserva di approfondire ulteriormente la problematica evidenziata dagli onorevoli interroganti al fine di verificare la possibilità di implementare l'ingresso di capitali privati nelle società in house.

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ALLEGATO 5

5-06630 Fragomeli: Chiarimenti sull'applicazione del cosiddetto Superbonus fiscale per taluni interventi di ristrutturazione.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con il documento in esame gli Onorevoli interroganti, fanno riferimento alla disciplina introdotta dall'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto Superbonus), segnalando come alcuni aspetti di detta normativa necessitino di chiarimenti al fine di rendere più agevole l'applicazione della disposizione in oggetto con particolare riferimento a specifiche fattispecie. Ciò al fine di evitare possibili richieste di restituzione dell'indebita fruizione da parte dell'Amministrazione finanziaria.
  Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell'Amministrazione finanziaria, si rappresenta quanto segue.
  Gli Onorevoli interroganti chiedono in primis di sapere «se, in caso di demolizione e ricostruzione di un immobile, un soggetto proprietario al 50 per cento che ha già utilizzato l'agevolazione del Superbonus per la riqualificazione energetica di altri due immobili, possa aver comunque diritto all'agevolazione per la riqualificazione energetica di un ulteriore immobile ovvero se l'altro proprietario al 50 per cento possa comunque cumulare l'agevolazione, al fine di non perdere la possibilità di fruire del beneficio».
  In proposito, il comma 10 dell'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, prevede che per le persone fisiche il Superbonus si applichi limitatamente agli interventi di efficienza energetica realizzati su un numero massimo di due unità immobiliari. Tale limitazione non opera, invece, con riferimento alle spese sostenute per gli interventi finalizzati al risparmio energetico effettuati sulle parti comuni dell'edificio, nonché per gli interventi antisismici.
  Si precisa che la predetta limitazione non è correlata agli immobili oggetto degli interventi, bensì ai contribuenti interessati dall'agevolazione. Pertanto, nel caso rappresentato di un soggetto che ha già utilizzato l'agevolazione per la riqualificazione energetica di due immobili, lo stesso non potrà fruire del Superbonus con riferimento ad interventi di riqualificazione energetica realizzati su un altro immobile di cui è comproprietario al 50 per cento.
  L'altro comproprietario potrà fruire del Superbonus, in relazione alle spese sostenute, qualora non abbia, a sua volta, già fruito dell'agevolazione per interventi di efficienza energetica realizzati su altre due unità immobiliari.
  In ordine al quesito concernente la possibilità di applicare il Superbonus, ai sensi dei commi 2 e 4 dell'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020, anche alle spese sostenute per l'installazione di montascale, si osserva che le predette norme richiamano, ai fini dell'individuazione degli interventi agevolabili, l'articolo 16-bis, comma 1, lettera e), del Testo Unico delle imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR). Si tratta, tra gli altri, degli interventi finalizzati alla eliminazione delle barriere architettoniche, aventi ad oggetto ascensori e montacarichi.
  Per effetto di tale richiamo, gli interventi in questione sono ammessi al Superbonus a condizione che rispettino le caratteristiche tecniche previste dalla specifica normativa di settore applicabile ai fini dell'eliminazione delle barriere architettoniche.
  Uno specifico chiarimento in tal senso sarà contenuto in una circolare dell'Agenzia delle entrate in corso di predisposizione con la quale saranno forniti ulteriori criteri Pag. 161interpretativi per l'applicazione del Superbonus.
  Gli Onorevoli interroganti chiedono poi chiarimenti in merito alla possibilità di accedere al beneficio del Superbonus per un condominio provvisto di concessione edilizia e di titolo abitativo, costruito in difformità dal progetto originario, insanabile da un punto di vista urbanistico, ma reso alienabile con il ravvedimento dei condomini dopo aver pagato la relativa sanzione prevista dal comune di appartenenza (come previsto dall'articolo 206-bis della legge regione Toscana n. 65 del 2014 recante la sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di produzione stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392).
  A tale riguardo, si evidenzia che il comma 13-ter dell'articolo 119 del citato decreto-legge n. 34 del 2020, da ultimo modificato dal decreto-legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, prevede che gli interventi oggetto del Superbonus sono realizzabili mediante comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) e che la presentazione della CILA non richiede l'attestazione dello stato legittimo di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, del testo unico delle disposizioni in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2021, n. 380.
  In merito al chiarimento se nei massimali di spesa previsti per i pannelli solari possano essere ricomprese anche le spese per le sonde geotermiche, si fa presente che tra gli interventi cosiddetti «trainanti» oggetto del Superbonus rientrano anche quelli di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale esistenti con impianti centralizzati dotati di pompe di calore e sistemi ibridi assemblati in fabbrica anche con sonde geotermiche ed eventualmente abbinati all'installazione di impianti fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo.