CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 23 settembre 2020
440.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Sull'individuazione delle priorità nell'utilizzo del Recovery Fund.

SCHEMA DI RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA

Premessa.

  Per rispondere alla crisi pandemica provocata dal COVID-19, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri dell'Unione europea (UE) hanno chiesto alla Commissione di presentare, a fine maggio, un ampio pacchetto di proposte che associ il futuro Quadro finanziario pluriennale (QFP) con uno specifico impegno per la ripresa nell'ambito dello strumento denominato Next Generation EU (NGEU).
  Dopo oltre quattro giorni di riunione, dal 17 al 21 luglio 2020, il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo sul Quadro finanziario pluriennale 2021-2027 e sull'associato programma Next Generation EU. Rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea, le principali novità possono essere riassunte nei seguenti termini:
   per il bilancio dell'UE per gli anni 2021-2027, rispetto alla proposta della Commissione europea, viene prospettata una riduzione di risorse complessive, per l'intero settennio, pari a 25,7 miliardi di euro (da 1.100 a 1.074,3 miliardi, pari all'1,067 per cento del reddito nazionale lordo dell'UE-27), limitando la spesa complessiva all'1 per cento del reddito nazionale lordo dell'UE-27;
   per il programma Next Generation EU, il nuovo strumento dell'UE che dovrebbe raccogliere fondi sui mercati per incanalarne l'impiego verso programmi destinati a favorire la ripresa economica e sociale, sono previste risorse complessive pari a 750 miliardi di euro, di cui 390 miliardi per sovvenzioni e 360 miliardi per prestiti, a fronte di 500 miliardi per sovvenzioni e 250 miliardi per prestiti originariamente previsti dalla proposta della Commissione europea;
   per le risorse proprie vengono confermati sia l'aumento permanente del massimale delle stesse, pari all'1,4 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) dell'UE, proposto dalla Commissione europea in considerazione delle incertezze economiche e della Brexit, sia l'innalzamento temporaneo di altri 0,6 punti percentuali, portandolo così al 2 per cento del RNL dell'UE, mediante ricorso ai mercati finanziari per il reperimento delle risorse da destinare al programma Next Generation EU. L'attività di assunzione dei prestiti cesserebbe al più tardi alla fine del 2026; il rimborso dei prestiti contratti sui mercati dei capitali tramite il bilancio dell'UE verrebbe iniziato a partire dal 1o gennaio 2027 (e non dal 2028 come proposto dalla Commissione europea). È altresì previsto che il nuovo sistema di risorse proprie entri in vigore il primo giorno del mese successivo al ricevimento della notifica relativa all'espletamento delle procedure per la sua adozione da parte dell'ultimo Stato membro. In ogni caso esso troverebbe applicazione retroattiva dal 1o gennaio 2021.

  Per quanto riguarda lo strumento Next Generation EU, l'ammontare totale di 750 miliardi di euro è così suddiviso per singolo programma:
   Dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF): 672,5 miliardi di euro (di cui 360 miliardi di euro in prestiti e 312,5 miliardi di euro in sussidi);
   REACT-EU: il meccanismo ponte tra l'attuale Politica di Coesione e i programmi Pag. 1892021-27, con una dotazione di 47,5 miliardi;
   Horizon Europe: il programma per la ricerca e l'innovazione cui vengono assegnati 5 miliardi di euro;
   InvestEU: che unisce tutti gli strumenti finanziari dell'UE in continuità con il Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS), cui sono destinati 5,6 miliardi di euro;
   Sviluppo rurale: i Programmi di sviluppo rurale (PSR), nell'ambito della Politica agricola comune, cui vanno 7,5 miliardi di euro;
   Fondo per una transizione giusta (JTF): che sostiene l'uscita dai combustibili fossili nelle regioni europee che più ne dipendono, con 10 miliardi di euro
   RescEU: il meccanismo di protezione civile dell'Unione, con risorse per 1,9 miliardi.

1. Next Generation EU.

  Nell'ambito del Next Generation EU, il più importante strumento previsto è senza dubbio il dispositivo per la ripresa e la resilienza. In particolare, la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un dispositivo per la ripresa e la resilienza, è attualmente in corso di completamento sulla base delle indicazioni contenute nell'accordo politico raggiunto al citato Consiglio europeo. Il dispositivo mette a disposizione degli Stati membri, per programmi di investimento e riforme, 672,5 miliardi di euro, di cui 312,5 miliardi di euro in sussidi e 360 miliardi di euro in prestiti. Secondo le prime stime elaborate dal Governo, le risorse complessive che confluirebbero nel nostro Paese ammonterebbero a 208,6 miliardi di euro, di cui 127,6 miliardi di euro a titolo di prestiti e 81 miliardi di euro sotto forma di sovvenzioni.
  L'ammontare dei sussidi sarà calcolato in due rate, pari rispettivamente al 70 per cento e al 30 per cento del totale. Per il loro calcolo saranno utilizzati parametri differenti:
   la prima rata, pari al 70 per cento, deve essere impegnata negli anni 2021 e 2022 e viene calcolata sulla base di alcuni parametri quali la popolazione, il PIL pro capite, il tasso di disoccupazione nel periodo 2015-2019;
   il restante 30 per cento deve essere interamente impegnato entro la fine del 2023 e sarà calcolato nel 2022 sostituendo al criterio della disoccupazione nel periodo 2015-2019 i criteri della perdita del PIL reale osservata nell'arco del 2020 e della perdita cumulativa del PIL reale osservata nel periodo 2020-2021.

  I Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR) degli Stati membri potranno essere presentati per la prima valutazione da parte della Commissione nel momento in cui il dispositivo entrerà in vigore, presumibilmente non prima del 1o gennaio 2021, ferma restando la data del 30 aprile 2021 come termine ultimo per la loro presentazione.
  La Commissione europea avrà a disposizione 2 mesi per le sue valutazioni e per proporre al Consiglio Ecofin l'approvazione del Piano nazionale. Il Consiglio Ecofin dovrà approvare il Piano con un atto di attuazione (implementing act), da adottare a maggioranza qualificata entro 4 settimane dalla presentazione della proposta della Commissione europea. Dalla presentazione formale del Piano potrebbero quindi passare alcuni mesi per l'approvazione, per effetto della quale vi sarà poi la possibilità di accedere al 10 per cento dell'importo complessivo.
  Inoltre, potranno essere incluse nei programmi spese sostenute a partire da febbraio 2020 se coerenti con gli obiettivi e i criteri del dispositivo RRF.
  Il dispositivo RRF individua le seguenti priorità:
   1. promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione migliorando la resilienza e la capacità di aggiustamento degli Stati membri;Pag. 190
   2. attenuare l'impatto sociale ed economico della crisi, favorendo l'inclusione territoriale e la parità di genere;
   3. sostenere le transizioni verde e digitale, contribuendo in tal modo a ripristinare il potenziale di crescita delle economie dell'Unione, a incentivare la creazione di posti di lavoro nel periodo successivo alla crisi provocata dal COVID-19 e a promuovere una crescita sostenibile.

  La proposta della Commissione europea stabilisce i criteri di ammissibilità dei progetti che gli Stati membri potranno inserire nei rispettivi PNRR.
  La condizione primaria affinché i progetti presentati siano ammissibili è che essi facciano parte di un pacchetto coerente di investimenti e di riforme ad essi correlate. I progetti e le iniziative di riforma dovranno essere conformi alle Raccomandazioni specifiche indirizzate al Paese dal Consiglio nonché alle sfide e alle priorità di policy individuate nell'ambito del Semestre europeo, in particolare quelle legate alle transizioni verde e digitale.
  Lo stretto legame con il Semestre europeo richiama anche alla necessità che le misure e i progetti contribuiscano alla correzione degli squilibri macroeconomici, in particolare per i Paesi come l'Italia i cui squilibri sono stati giudicati eccessivi nell'ambito della relativa procedura (Macroeconomic Imbalances Procedure – MIP).
  È inoltre essenziale che vi sia coerenza tra i contenuti, gli obiettivi del PNRR e le informazioni fornite nel Programma nazionale di riforma, nel Piano energia e clima (PNIEC), nei Piani presentati nell'ambito del Just Transition Fund e negli accordi di partenariato e altri programmi operativi dell'UE.
  I legami e la coerenza con le riforme e le politiche di supporto devono essere chiaramente esplicitati e dovrà darsi evidenza dei tempi e delle modalità di attuazione, con obiettivi intermedi (milestones) e finali, identificando chiaramente anche il soggetto attuatore.
  I criteri di ammissibilità dei progetti possono essere quindi sintetizzati nei seguenti termini:
   piena coerenza con gli obiettivi strategici e macro-settoriali del PNRR;
   significativo impatto positivo su crescita del PIL potenziale e occupazione;
   i costi e gli impatti economici, ambientali e sociali devono essere quantificabili, motivati e ragionevoli;
   esplicitazione dei legami e della coerenza con riforme e politiche di supporto;
   indicazione dei tempi e delle modalità di attuazione, con obiettivi intermedi (milestones) e finali;
   chiara identificazione del soggetto attuatore;
   se integrano progetti esistenti, devono rafforzarli credibilmente.

  Per quanto riguarda i pagamenti, al raggiungimento degli obiettivi intermedi previsti nel Piano, lo Stato membro sottopone alla Commissione una richiesta di pagamento su base semestrale. Il pagamento è strettamente condizionato al raggiungimento di tali specifici obiettivi. La Commissione ha due mesi per accertare il soddisfacente raggiungimento degli obiettivi, sentito il parere del Comitato economico e finanziario da adottare preferibilmente per consenso. Qualora uno o più Stati membri ritengano sussistere significative deviazioni rispetto al soddisfacente raggiungimento degli obiettivi intermedi o finali da parte dello Stato membro richiedente, può chiedere al Presidente del Consiglio europeo di rimettere la questione al Consiglio europeo, che ne discute esaustivamente. Durante questo periodo, che non può durare, di norma, più di tre mesi, la Commissione non può adottare alcuna decisione sui pagamenti.

2. Il Programma nazionale di riforma 2020.

  Quest'anno – sulla base delle indicazioni fornite dalla Commissione europea a seguito della eccezionalità della crisi pandemica e in conformità a quanto è accaduto Pag. 191negli altri Paesi dell'Unione europea – il Documento di economia e finanza (DEF), come è noto, è stato presentato dal Governo alle Camere in una versione più sintetica, comprendente le sole prime due sezioni (schema del Programma di stabilità e Analisi e tendenze della finanza pubblica), mentre la presentazione dello schema del Programma nazionale di riforma (PNR) – la terza sezione del DEF – e dei principali allegati è stata posticipata ad un momento successivo al completamento delle misure economiche più urgenti e al perfezionamento della strategia di riapertura delle attività produttive, in modo da rapportare le politiche del Governo e le iniziative di riforma non solo alle Raccomandazioni specifiche del Consiglio europeo al Paese (CSR) approvate nel 2019, ma anche alla proposta da parte della Commissione europea per le Raccomandazioni 2020.
  In particolare tale proposta prevede che l'Italia adotti provvedimenti, nel 2020 e nel 2021, al fine di:
   1) attuare, in linea con la clausola di salvaguardia generale, tutte le misure necessarie per affrontare efficacemente la pandemia e sostenere l'economia e la successiva ripresa; quando le condizioni economiche lo consentano, perseguire politiche di bilancio volte a conseguire posizioni di bilancio a medio termine prudenti e ad assicurare la sostenibilità del debito, incrementando nel contempo gli investimenti; rafforzare la resilienza e la capacità del sistema sanitario per quanto riguarda gli operatori sanitari, i prodotti medici essenziali e le infrastrutture; migliorare il coordinamento tra autorità nazionali e regionali;
   2) fornire redditi sostitutivi e un accesso al sistema di protezione sociale adeguati, in particolare per i lavoratori atipici; attenuare l'impatto della crisi sull'occupazione, anche mediante modalità di lavoro flessibili e sostegno attivo all'occupazione; rafforzare l'apprendimento a distanza e il miglioramento delle competenze, comprese quelle digitali;
   3) garantire l'effettiva attuazione delle misure volte a fornire liquidità all'economia reale, in particolare alle piccole e medie imprese, alle imprese innovative e ai lavoratori autonomi, ed evitare ritardi nei pagamenti; anticipare i progetti di investimento pubblici maturi e promuovere gli investimenti privati per favorire la ripresa economica; concentrare gli investimenti sulla transizione verde e digitale, in particolare su una produzione e un uso puliti ed efficienti dell'energia, su ricerca e innovazione, sul trasporto pubblico sostenibile, sulla gestione dei rifiuti e delle risorse idriche e su un'infrastruttura digitale rafforzata per garantire la fornitura di servizi essenziali;
   4) migliorare l'efficienza del sistema giudiziario e il funzionamento della pubblica amministrazione.

  In questo quadro, come emerge dal PNR, il Governo, nel giugno scorso, dopo un'ampia consultazione con le parti sociali, esperti e portatori di interessi, ha predisposto un piano di rilancio – basato sull'analisi dei punti di forza e dei ritardi del Paese nel contesto della crisi causata dalla pandemia – costruito intorno a tre linee strategiche:
   1) Modernizzazione del Paese;
   2) Transizione ecologica;
   3) Inclusione sociale e territoriale, parità di genere.

  Tali linee strategiche sono state sviluppate lungo le nove direttrici di intervento:
   1) un Paese completamente digitale;
   2) un Paese con infrastrutture sicure ed efficienti;
   3) un Paese più verde e sostenibile;
   4) un tessuto economico più competitivo e resiliente;
   5) un piano integrato di sostegno alle filiere produttive;
   6) una pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e delle imprese; Pag. 192
   7) maggiori investimenti in ricerca e formazione;
   8) un'Italia più equa e inclusiva;
   9) un ordinamento giuridico più moderno ed efficiente.

3. L'iniziativa della Commissione Bilancio.

  Nella seduta del 29 luglio scorso, le Assemblee della Camera e del Senato hanno approvato le misure prospettate nel Programma nazionale di riforma 2020, con le risoluzioni n. 6/00124 e n. 6/00126 che impegnano il Governo, tra l'altro, ad adottare rapidamente un Piano per la ripresa nazionale coerente con gli obiettivi delineati nel PNR e con le recenti strategie dell'Unione europea in tema di transizione digitale ed ecologica, da condividere in Parlamento e far vivere nel Paese, che ponga le basi per l'utilizzo, in una logica di integrazione dei fondi già attivati, del NGEU, del QFP 2021-2027 e dei fondi strutturali, nonché di tutte le risorse che saranno messe a disposizione del nostro Paese nei prossimi mesi per gli interventi finalizzati a ridurre l'impatto della crisi su imprese e cittadini, e a dotare il PNRR di contenuti specifici.
  In questo contesto, la Commissione bilancio ha convenuto, con il conforme avviso del Presidente della Camera, sull'opportunità di predisporre, al termine di una attività di carattere istruttorio, una relazione all'Assemblea ai sensi dell'articolo 143, comma 1, del Regolamento, al fine di consegnare alla Camera una utile base di lavoro che possa favorire la deliberazione di appositi atti di indirizzo al Governo, prima della presentazione del Recovery Plan da parte del Governo stesso.
  In particolare, in esito ad una specifica attività conoscitiva, la Commissione ha predisposto, in seno al proprio Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, una proposta di relazione all'Assemblea, sottoposta alle Commissioni di settore, ai fini della formulazione di rilievi ed osservazioni da parte di queste ultime.
  Nell'ambito dell'attività conoscitiva, la Commissione ha svolto un ciclo di audizioni informali con la partecipazione di rappresentanti di CNEL, Svimez, Banca europea per gli investimenti, UPI e Conferenza delle regioni e delle province autonome, CGIL, CISL, UIL, UGL, ISTAT, Cassa depositi e prestiti, ENI ed Enel, nonché un ciclo di audizioni formali che hanno visto la partecipazione del Commissario europeo per l'economia, Paolo Gentiloni, del Ministro per gli affari europei, Vincenzo Amendola, del Ministro dell'economia e delle finanze, Roberto Gualtieri, nonché di rappresentanti della Banca d'Italia. Sono stati acquisiti, inoltre, i contributi scritti dell'ANCI e del Ministro per il Sud e la coesione territoriale, Giuseppe Provenzano, la cui audizione era stata inserita nel programma dell'attività conoscitiva, ma che non hanno potuto prendervi parte, nonché di ulteriori soggetti che hanno spontaneamente trasmesso i propri contributi.
  Anche le Commissioni di settore, ai fini della formulazione dei predetti rilievi, hanno svolto specifiche attività conoscitive, anche con la partecipazione dei rappresentanti del Governo per gli ambiti di rispettiva competenza.
  Nell'ambito dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione bilancio, il Ministro Amendola, in qualità di delegato al Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE), di cui all'articolo 2 della legge n. 234 del 2012 – ossia l'organo di raccordo politico per le attività connesse alla definizione del PNRR – ha preannunciato, nel corso della sua audizione, svoltasi nella giornata di giovedì 10 settembre 2020, la presentazione alle Camere, da parte del Governo, di una proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, approvata, nei suoi contenuti essenziali, dal Comitato interministeriale per gli affari europei, nella riunione del 9 settembre scorso.
  L'obiettivo del Governo è quello di presentare alla Commissione europea le linee principali del PNRR con le priorità e i primi progetti, il 15 ottobre, unitamente Pag. 193al Documento programmatico di bilancio (DPB). Prima di quel momento, il Governo presenterà alle Camere la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), in cui si illustrerà come il PNRR e i connessi investimenti andranno ad inserirsi nella programmazione triennale di bilancio. La bozza di PNRR, che sarà presentata alla Commissione europea a ottobre, consentirà di avviare l'interlocuzione già negli ultimi mesi del 2020 e di accelerare la predisposizione del PNRR, che illustrerà progetti e obiettivi con le relative tappe di esecuzione e realizzazione di riforme.
  Da ultimo, il 17 settembre scorso, la Commissione europea ha fornito indicazioni sulla redazione dei Piani nazionali di ripresa e resilienza e sui progetti da presentare ai fini del finanziamento nella Comunicazione «Strategia annuale per una crescita sostenibile 2021» (COM(2020) 575).

4. La proposta del Governo di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

  La proposta di linee guida per la definizione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stata trasmessa dal Governo alle Camere nella giornata del 15 settembre scorso. Da essa emerge che il PNRR dell'Italia si baserà sul piano di rilancio predisposto dal Governo nel giugno scorso, di cui si è detto in precedenza, e sarà costruito secondo una sequenza logica così strutturata:
   le sfide che il Paese intende affrontare;
   le missioni del programma, a loro volta suddivise in cluster (o insiemi) di progetti omogenei atti a realizzare le missioni e, di conseguenza, vincere le sfide stesse;
   i singoli progetti di investimento, che saranno raggruppati nei cluster;
   le iniziative di riforma che saranno collegate ad uno o più cluster di intervento.

  Le sfide considerate nel PNRR possono essere così sintetizzate: migliorare la resilienza e la capacità di ripresa dell'Italia; ridurre l'impatto sociale ed economico della crisi pandemica; sostenere la transizione verde e digitale; innalzare il potenziale di crescita dell'economia e la creazione di occupazione.

4.1. Le missioni risultanti dalla proposta di linee guida.

  Le missioni sono sei e riguardano i seguenti argomenti:
   1) Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo;
   2) Rivoluzione verde e transizione ecologica;
   3) Infrastrutture per la mobilità;
   4) Istruzione, formazione, ricerca e cultura
   5) Equità sociale, di genere e territoriale;
   6) Salute.

  Le iniziative di riforma e le politiche di supporto, collegate ad uno o più cluster di intervento, riguardano invece l'incremento degli investimenti pubblici, la riforma della pubblica amministrazione, l'aumento delle spese in ricerca e sviluppo, la riforma del fisco, la riforma della giustizia e la riforma del lavoro.
  Per quanto riguarda la missione n. 1, Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo, il Governo punta alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, dell'istruzione, della sanità e del fisco. In questo contesto, ciascun cittadino e ciascuna impresa saranno dotati di un'identità digitale unica. La diffusione delle tecnologie digitali richiederà il potenziamento delle infrastrutture tecnologiche, con il completamento della rete nazionale Pag. 194ottica di telecomunicazioni e gli interventi per lo sviluppo delle reti 5G.
  Sul versante della competitività e resilienza del sistema produttivo si mira a rafforzare e modernizzare le imprese, favorendone la trasformazione digitale e la patrimonializzazione (in particolare delle micro e piccole imprese), potenziando gli strumenti finanziari disponibili e promuovendone l'internazionalizzazione. Un'attenzione particolare va riservata alla promozione dell'industria culturale e del turismo, vero asset strategico dell'Italia.
  Per quanto concerne la missione n. 2, Rivoluzione verde e transizione ecologica, il Governo ritiene necessario intensificare il proprio impegno per far fronte ai nuovi e più ambiziosi obiettivi europei relativi al raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Si punterà quindi a favorire la realizzazione di un ampio programma di investimenti al fine di conseguire gli obiettivi dello European Green Deal, anche attraverso il potenziamento dell'uso delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica e il miglioramento della qualità dell'aria. Si punterà inoltre all'incremento dell'efficienza energetica degli edifici pubblici e privati oltre che alla loro messa in sicurezza. Altri interventi riguarderanno una gestione accorta delle risorse naturali, la promozione dell'economia circolare e misure per accrescere la resilienza ai cambiamenti climatici.
  La missione n. 3, Infrastrutture per la mobilità, richiede investimenti e una maggiore efficienza dei processi autorizzativi. Il Governo intende puntare sulla rete ferroviaria ad alta velocità di rete per passeggeri e merci (AV-AC) con il completamento dei corridoi TEN-T, su interventi sulla rete stradale e autostradale con un'attenzione particolare per ponti e viadotti, su interventi finalizzati alla promozione dell'intermodalità logistica integrata per le merci e di una mobilità a supporto del turismo lento e sostenibile, con specifico riferimento alle ferrovie turistiche.
  Per quanto concerne la missione n. 4, Istruzione, formazione, ricerca e cultura, il PNRR punterà a migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione in termini di ampliamento dei servizi per innalzare i risultati educativi, anche attraverso interventi per allineare ai parametri comunitari il rapporto numerico docenti/discenti per classe. Nelle scuole e nelle università saranno previsti interventi di supporto al diritto allo studio, nonché interventi infrastrutturali per innalzare la qualità degli ambienti di apprendimento (riqualificazione energetica e antisismica, cablaggio con fibra ottica, infrastrutture per e-learning). Si interverrà, inoltre, con politiche specifiche per rafforzare le competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, politiche di apprendimento permanente e formazione dei lavoratori e dei cittadini disoccupati e inattivi. Per quanto riguarda la ricerca, si interverrà con azioni volte a sostenere i giovani ricercatori, a potenziare la ricerca di filiera e le infrastrutture di ricerca, a promuovere l'integrazione tra ricerca pubblica, mondo produttivo e istituzioni.
  Per quanto riguarda la missione n. 5, Equità sociale, di genere e territoriale, il Governo intende intensificare l'impegno ad eliminare le disparità di genere nel mondo del lavoro e nella vita sociale, le disuguaglianze di reddito e ricchezza e le disparità a livello territoriale in termini di reddito, occupazione e livelli di scolarizzazione, evitando che tali disparità si aggravino in conseguenza della pandemia. A tal fine sarà fondamentale prevedere un forte sostegno alla creazione di posti di lavoro e forme adeguate di tutela del reddito (anche attraverso l'introduzione del salario minimo legale), nonché misure di contrasto del lavoro sommerso e di maggior tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sarà inoltre necessario inserire le politiche sociali e di sostegno della famiglia in un quadro organico e coerente per migliorare la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Con riguardo, in particolare, alla parità di genere, il Governo prevede di adottare un ampio ventaglio di misure, per ridurre i divari che ancora permangono nel nostro Paese. Un'attenzione particolare sarà riservata all’empowerment femminile (in termini di Pag. 195formazione, occupabilità ed autoimprenditorialità), anche con progetti volti a favorire il reinserimento nel mondo del lavoro di persone appartenenti a categorie fragili, nonché ad incentivare le capacità imprenditoriali attraverso la costituzione di un Fondo per le micro e piccole imprese femminili.
  Per quanto riguarda la missione n. 6, Salute, il PNRR indirizzerà risorse per il rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario alle patologie infettive emergenti gravate da alta morbilità e mortalità nonché ad altre emergenze sanitarie. Si investirà nella digitalizzazione dell'assistenza medica ai cittadini, promuovendo la diffusione del fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina, nonché nell'ambito della cronicità e delle cure a domicilio, per superare le attuali carenze del sistema delle residenze sanitarie assistenziali e dei presìdi sanitari nelle aree rurali e marginali del Paese. Un contributo importante sarà offerto anche dal sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica.

4.2. La valutazione dei progetti.

  Ai fini della valutazione positiva dei progetti, allo scopo di rendere la selezione più precisa e granulare, le linee guida specificano i seguenti criteri aggiuntivi di valutazione, rispetto a quelli previsti dalla proposta di regolamento della Commissione:
   progetti che riguardano principalmente la creazione di beni pubblici (infrastrutture, educazione e formazione, ricerca e innovazione, salute, ambiente, coesione sociale e territoriale);
   rapida attuabilità o cantierabilità del progetto, soprattutto nella prima fase del PNRR;
   monitorabilità del progetto in termini di specificazione delle realizzazioni attese, dei traguardi intermedi e finali, nonché collegamento tra tali realizzazioni e gli obiettivi strategici del PNRR;
   progetti con effetti positivi rapidi su numerosi beneficiari, finora scartati per mancanza di fondi;
   progetti che per la realizzazione e il finanziamento prevedono forme di partenariato pubblico-privato, ovvero progetti che prevedono capitali privati per la loro realizzazione;
   patto occupazionale, oppure stima affidabile del beneficio occupazionale;
   progetti che comportano basso consumo di suolo e favoriscono l'utilizzo efficiente e sostenibile delle risorse naturali;
   progetti che contribuiscono al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni.

  Risultano quindi premianti la piena coerenza con gli obiettivi del Piano di rilancio del Paese (con particolare enfasi sull'innovazione e la sostenibilità ambientale e sociale), l'aderenza alle «missioni» del Piano Sud 2030, il valore aggiunto in termini di occupazione (anche nei settori a monte e a valle rispetto a quello beneficiario diretto del progetto), la creazione di beni pubblici, la rapidità di attuazione (onde non rischiare di disperdere le preziose risorse della RRF da qui al 2026), la partecipazione di capitali privati ai progetti (anche per elevare l'efficacia dell'intero programma) e la loro monitorabilità.
  Al fine di evitare una frammentazione del PNRR in progetti isolati e non coerenti fra loro, non collocati all'interno di strategie intersettoriali e che non sfruttino le economie di scala e di scopo, necessarie per un impatto significativo sugli obiettivi prefissati nel Piano stesso, si è ritenuto necessario specificare i criteri di valutazione negativa, ovvero di esclusione di determinati progetti:
   progetti finanziabili integralmente tramite altri fondi dell'UE e del QFP 2021-27;
   infrastrutture che non hanno un livello di preparazione progettuale sufficiente, dati i tempi medi di attuazione e la dimensione del progetto;Pag. 196
   progetti «storici» che hanno noti problemi di attuazione di difficile soluzione nel medio termine, pur avendo già avuto disponibilità di fondi;
   progetti o misure che non hanno impatti duraturi sul PIL e sull'occupazione;
   progetti che non presentano stime attendibili sull'impatto economico atteso (tasso di ritorno economico, impatto occupazionale duraturo, numero di beneficiari);
   progetti per i quali non è individuato il modo di monitorarne la realizzazione;
   progetti che non rispettino i criteri di sostenibilità.

  In questo contesto il Governo ha costituito una task force coordinata dal Comitato tecnico di valutazione (CTV), l'organismo di supporto al CIAE, che ha raccolto le proposte pervenute dalle amministrazioni centrali, dalle regioni e dai comuni e ne ha intrapreso la sistematizzazione od organizzazione, la valutazione e la selezione.

5. Indicazioni di carattere generale e metodologico, ai fini dell'elaborazione del PNRR, emerse nel corso dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione bilancio.

  Nel corso dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione bilancio sono emerse alcune indicazioni di carattere generale e metodologico, riconducibili in modo trasversale a tutti i settori di spesa, volte a definire i criteri su cui basare il processo di selezione degli interventi nei diversi ambiti, nonché a individuare modelli organizzativi per la gestione ottimale delle fasi di programmazione, gestione e realizzazione dei progetti. Altre indicazioni sono invece state finalizzate a individuare i settori prioritari di intervento su cui concentrare le risorse.
  Pertanto, fermi restando i contenuti della proposta di Linee guida presentata dalla Presidenza del Consiglio alle Camere il 15 settembre scorso, appare tuttavia opportuno tener conto delle indicazioni di carattere generale e metodologico di seguito evidenziate e raggruppate a seconda degli argomenti a cui si riferiscono.

5.1. Produttività, investimenti e crescita.

  Una prima fondamentale necessità consiste nell'individuare criteri di selezione degli interventi idonei a massimizzarne l'impatto sulla crescita.
  A questo riguardo, va ricordato innanzitutto che le indicazioni fornite il 17 settembre scorso dalla Commissione europea in merito alla redazione dei PNRR e dei relativi progetti sottolineano l'importanza delle cosiddette «European flagships», ovvero progetti che affrontano questioni comuni a tutti gli Stati membri, richiedono investimenti significativi, creano occupazione e crescita e sono strumentali alla duplice transizione verde e digitale. Si tratta di progetti idonei a generare benefici tangibili non solo ad un Paese membro, ma a tutti i cittadini dell'Unione. Saranno pertanto incoraggiati gli investimenti che vanno a beneficio del mercato unico e sono di natura transnazionale.
  L'obiettivo primario resta comunque quello di colmare i divari strutturali che il nostro Paese registra, rispetto alla media dell'UE, in relazione alla produttività e agli investimenti. Sotto tale profilo occorre evidenziare innanzitutto che la crescita del nostro Paese dipende strettamente dalla crescita del fatturato delle sue aziende. Sono le aziende a produrre ricchezza e benessere, ma il fatturato di tali aziende può crescere solo se messe in condizione dal nostro sistema economico di disporre di un vantaggio competitivo dato dalle condizioni ambientali più idonee per consentire alle imprese di svolgere la loro attività, quali la riduzione della pressione fiscale, il rilancio delle infrastrutture, la velocizzazione del funzionamento della giustizia, la valorizzazione del capitale umano, la tutela della salute pubblica, gli investimenti in ricerca e innovazione e il contrasto alla criminalità organizzata. Pag. 197
  Le risorse del PNRR dovranno, quindi, essere orientate alla realizzazione di un programma di riforme e investimenti – anche finalizzati al superamento delle procedure di infrazioni comunitarie in corso – che permetta al nostro Paese di creare un terreno fertile affinché le imprese possano riuscire ad essere realmente competitive a livello europeo e internazionale con un effetto moltiplicatore virtuoso tale da rafforzare gli investimenti privati senza che le risorse pubbliche siano disperse in mille rivoli come accadeva in passato.
  La principale vulnerabilità del nostro sistema economico è infatti rappresentata, da oltre un ventennio, dalla bassa crescita e dall'assai debole dinamica della produttività, con conseguenze rilevanti sugli attuali livelli di sviluppo economico e sulle prospettive future, come concordemente evidenziato dalle principali istituzioni nazionali, europee e internazionali.
  Sebbene la fase di bassa produttività italiana inizi dagli anni novanta, dalla crisi del 2009 ad oggi il divario di crescita della produttività nel nostro Paese rispetto ai principali Paesi europei – misurato dal valore del PIL per ora lavorata – si è ulteriormente ampliato. Nel 2019, la produttività del lavoro italiana ha registrato un incremento pari a 1,2 punti percentuali rispetto al valore del 2010, a fronte di un incremento medio di circa 8 punti percentuali in Germania, Francia e Spagna. Si tratta di una situazione resa ancor più grave dall'emergenza dovuta alla pandemia da Coronavirus che ha colpito profondamente l'economia italiana: a metà 2020 il PIL è tornato a livelli osservati all'inizio del 1993. In termini pro capite, il PIL è sceso ai valori registrati alla fine degli anni ’80.
  Sull'insoddisfacente dinamica della produttività italiana incidono anche le barriere nell'accesso ai mercati, come ripetutamente rilevato nelle Raccomandazioni del Consiglio rivolte all'Italia negli ultimi anni. A tale riguardo è stata evidenziata la necessità di affrontare le restrizioni alla concorrenza, in particolare nel settore del commercio al dettaglio e dei servizi alle imprese, anche mediante una nuova legge annuale sulla concorrenza, che nel nostro ordinamento costituisce lo strumento per promuovere, in un'ottica complessiva e di sistema, una maggiore apertura dei mercati.
  Altrettanto determinante ai fini di un recupero della produttività per unità di lavoro impiegato è una decisa inversione di rotta nell'investimento in capitale umano e in ricerca. Questi sono due delle principali determinanti della competitività della nostra economia trascurate nel recente passato. L'Italia, infatti, nell'ambito dei paesi OCSE si distingue per essere tra quelli che hanno la più bassa spesa per istruzione in rapporto alla spesa pubblica totale. Inoltre, a fronte di aumenti di spesa in questo settore negli ultimi dieci anni in Paesi come la Germania, la Francia e il Regno Unito, il nostro Paese ha registrato una diminuzione complessiva di tale spesa nello stesso arco temporale. Ciò ha inevitabilmente influenzato i livelli di istruzione che risultano sensibilmente più bassi rispetto a quelli esistenti nell'Unione europea: nel 2019 il 19,6 per cento della popolazione italiana di età compresa tra i 25 e i 64 anni aveva conseguito un titolo di studio terziario, a fronte del 31,6 per cento della media registrata nell'Unione europea, e il 27,7 per cento dei giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni aveva conseguito la laurea, rispetto al 39,4 per cento dell'Unione europea.
  È evidente che il basso livello di laureati e, più in generale, la mancanza di una formazione scolastica adeguata si traducono in costi sociali ed economici rilevanti per il Paese. In questa prospettiva, appare quindi necessario prevedere interventi di supporto al diritto allo studio volti a sostenere soprattutto i nuclei familiari con disagio economico e sociale.
  Tra i fattori che determinano il ritardo tecnologico del nostro Paese vi e’ inoltre il basso livello di investimenti in ricerca e sviluppo che in Italia hanno rappresentato nell'ultimo decennio una quota rispetto al PIL inferiore di circa la metà rispetto a quella registrata nell'Unione europea.
  In questo contesto il livello trascurabile degli investimenti in istruzione, da una Pag. 198parte, e in innovazione, dall'altra, rischia di innescare un circolo vizioso che amplifica il ritardo produttivo del Paese.
  Inoltre, le proiezioni demografiche non sono favorevoli per il nostro Paese: pur tenendo conto dell'apporto dell'immigrazione (stimato dall'Eurostat in circa 200.000 persone in media all'anno), la popolazione di età compresa tra 15 e 64 anni si ridurrà di oltre 3 milioni nei prossimi quindici anni. A questo riguardo va ricordato che il nostro Paese presenta un indice di fecondità pari a 1,29 figli per donna e si attesta ben al di sotto della media di 1,56 dell'Unione europea. Appare quindi necessario creare un contesto favorevole alla ripresa di questo indice, prevedendo misure di sostegno alla natalità e garantendo maggiori e migliori servizi ai nuclei familiari.
  Proseguendo lungo tendenze simili a quelle registrate negli ultimi dieci anni, l'aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e l'allungamento della vita lavorativa possono permettere all'occupazione di contribuire positivamente alla crescita, per oltre mezzo punto all'anno. Per riportare la dinamica del PIL almeno all'1,5 per cento, il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale, servirà quindi un incremento medio della produttività del lavoro di quasi un punto percentuale all'anno.
  Alla strutturale debolezza della produttività totale dei fattori, dal 2014 si è aggiunta la decisa contrazione del processo di accumulazione del capitale. La spesa per investimenti ha presentato nel corso dell'ultimo decennio uno sviluppo poco favorevole con un andamento, grosso modo, analogo a quello generale dell'attività economica. Dopo essersi fortemente ridotti per effetto della crisi nel biennio 2008-2009, gli investimenti hanno segnato una nuova profonda caduta nella successiva recessione e la risalita degli anni seguenti è stata lenta, con un recupero complessivo meno ampio di quello registrato nel resto dell'Unione economica e monetaria (UEM).
  Nel 2019, in Italia, la quota degli investimenti totali sul PIL (misurati a prezzi correnti) è risultata del 18,1 per cento, ben inferiore a quella media dei Paesi dell'area euro (pari al 22 per cento). Questa incidenza ha toccato nel nostro Paese il massimo del 21,3 per cento nel 2008 e il minimo del 16,7 per cento nel 2014.
  Per quel che riguarda le tipologie di capitale, il nostro Paese presenta una situazione comparativamente favorevole per gli investimenti in macchinari, mezzi di trasporto, materiali delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) e armamenti, mentre registra un divario ampio e crescente sia per le costruzioni, sia per la spesa in capitale immateriale (prodotti della proprietà intellettuale), la cui incidenza sul PIL risulta nel 2019 molto inferiore rispetto alla media dell'UEM (3,1 per cento contro 4,9 per cento). La componente pubblica ha giocato un ruolo di indebolimento della dinamica del processo di accumulazione del capitale.
  Nel 2019 la spesa complessiva per investimenti si è attestata allo stesso livello del 2010 e, al suo interno, la voce in diminuzione è quella degli investimenti delle amministrazioni pubbliche (-18,9 per cento), mentre quelli del settore privato – che comprendono anche le unità a controllo pubblico non classificate nel settore delle amministrazioni pubbliche – sono aumentati (+3,5 per cento). Dal 2008 al 2019 la quota di investimenti pubblici italiani rapportata al PIL è scesa di circa un punto percentuale (da 3,2 per cento a 2,3 per cento), attestandosi su un livello inferiore di quello dell'area euro (pari al 2,8 per cento nel 2019). Gli investimenti privati, invece, hanno registrato una moderata ripresa, principalmente nelle attrezzature, pur rimanendo sostanzialmente al di sotto del livello pre-crisi e della media della zona euro.
  A tale proposito è stato evidenziato dalla Banca d'Italia che l'effetto moltiplicativo degli interventi sul PIL sarebbe massimo in caso di destinazione prioritaria delle risorse del PNRR a finalità di investimento, trattandosi della tipologia di Pag. 199spesa pubblica che, in base all'evidenza empirica, fornisce lo stimolo più elevato alla crescita del prodotto. Inoltre, gli interventi dovrebbero essere addizionali rispetto a quelli già programmati, per cui sarebbe da evitare l'utilizzo delle risorse europee come fonti alternative di finanziamento di progetti già considerati negli andamenti tendenziali, i cui effetti, in termini di crescita del PIL, dovrebbero essere già stati incorporati nelle previsioni. La Banca d'Italia stima che, nel caso di integrale utilizzo dei fondi europei del Next Generation EU per interventi aggiuntivi riguardanti esclusivamente progetti di investimento, potrebbe registrarsi un aumento cumulato del livello di PIL di circa 3 punti percentuali entro il 2025. Tale effetto si ridurrebbe proporzionalmente alla quota di risorse che venisse invece utilizzata a copertura di spese già programmate e considerate negli andamenti tendenziali di finanza pubblica.
  Destinare la più ampia parte delle risorse a spese ad alto effetto moltiplicativo e a carattere addizionale appare essenziale per gli investimenti pubblici, tenendo conto del fatto che l'espansione del capitale pubblico e il miglioramento della qualità dei servizi destinati a imprese e famiglie ha effetti positivi, nel lungo periodo, sulla redditività del capitale privato e, quindi, sulla produttività generale e sul potenziale di crescita dell'economia nel suo complesso.
  Per quanto concerne gli interventi volti a promuovere investimenti privati, occorre delineare strumenti capaci di attivare le risorse in modo rapido ed efficace. A tal fine appare preferibile definire misure che si traducano in meccanismi agevolativi automatici, sulla base di criteri di accesso semplici e chiari, che riducano al minimo l'attività di intermediazione delle amministrazioni pubbliche e, conseguentemente, le scelte discrezionali nell'individuazione dei soggetti destinatari dei benefìci, anche attraverso la previsione di misure fiscali mirate e temporanee.
  Pertanto, le risorse del PNRR dovranno servire per formulare e attuare un programma di riforme e investimenti che permetta all'Italia di creare sul territorio nazionale, a partire dalla Capitale, un ambiente idoneo affinché le imprese possano nascere, crescere e creare ricchezza. Un programma il cui successo potrà essere valutato nella misura in cui ogni euro di risorse pubbliche investito genererà un incremento più che proporzionale di investimenti privati così da permettere al nostro Paese di recuperare quel gap di produttività e di crescita che ormai lo affligge da oltre un decennio.
  In questo quadro, appare necessario favorire e sostenere la graduale riconversione delle produzioni «mature» ossia di quelle produzioni per le quali l'Italia nel prossimo futuro non potrà mantenersi competitiva. Tale riconversione dovrà essere orientata verso le produzioni in grado di valorizzare la forza del «Marchio Italia», sfruttando il valore aggiunto universalmente riconosciuto alle produzioni appartenenti al Made in Italy. A tal fine sarà fondamentale in questa fase definire un vero e proprio Piano italiano di riconversione, individuando le produzioni o i settori produttivi sui quali intervenire indicando l'approdo della riconversione.
  Un'attenzione particolare va inoltre riservata alla promozione dell'industria culturale e del turismo, vero asset strategico dell'Italia. In tale ottica, appare fondamentale la creazione di veri e propri distretti territoriali ad alta vocazione turistica e culturale con l'obiettivo di rilanciare i siti minori.
  Non va infine trascurato il fatto che l'Italia, per la sua posizione privilegiata, può essere considerata una grande piattaforma sul Mediterraneo, capace di rappresentare il vero «porto d'Europa», approdo naturale dei traffici di merci. È fondamentale, quindi, investire nelle infrastrutture, per cogliere l'obiettivo di connettere in maniera efficiente tutto il territorio italiano all'Europa, rendendo fluidi e veloci gli scambi commerciali, anche al fine di colmare il divario tra il Nord e il Sud della Nazione. In tale contesto risultano quindi necessari investimenti sulla dorsale Tirrenica e Adriatica con una sinergica connessione tra reti ferroviarie, Pag. 200viarie e infrastrutture portuali e aeroportuali, nonché il raccordo fra il Brennero e il Tirreno.
  La mole delle nuove risorse da gestire, che andranno a sommarsi agli ordinari programmi di spesa previsti dalla legislazione vigente, unitamente alle esigenze di rapidità nel loro utilizzo, rappresenta una sfida che occorre raccogliere con pragmatismo, tenendo conto del carico amministrativo aggiuntivo, verosimilmente difficile da gestire, che verrebbe a determinarsi. Da molti anni le pubbliche amministrazioni, soprattutto in alcuni contesti territoriali, rivelano scarsa capacità progettuale e difficoltà nell'utilizzo delle risorse che sono chiamate a gestire, come dimostra l'esperienza dei fondi strutturali e, per certi versi, il calo della spesa per investimenti che si è registrato negli ultimi anni nel nostro Paese, determinato più dall'incapacità di spesa delle amministrazioni che dalla riduzione degli stanziamenti.
  Si dovrà quindi rapidamente procedere lungo la strada della semplificazione delle procedure e del recupero di efficienza della pubblica amministrazione – anche attraverso un'estensione del principio «once only» – che sarà favorito sia dalla digitalizzazione, sia dall'assunzione di nuovo personale qualificato, capace di dare impulso al processo di ammodernamento che tutti auspichiamo. Nel breve periodo, tuttavia, un'insufficiente reattività della pubblica amministrazione, soprattutto se chiamata ad agire secondo le procedure ordinarie, spesso lente e farraginose, rischia di compromettere l'efficacia degli interventi.

5.2. Il collegamento tra spesa e riforme.

  Altro capitolo di fondamentale importanza è quello delle riforme che dovranno accompagnare i programmi di spesa.
  A questo riguardo, le indicazioni fornite il 17 settembre scorso dalla Commissione europea in merito alla redazione dei PNRR e dei relativi progetti richiamano lo stretto legame che dovrà intercorrere tra i Piani nazionali e il Semestre europeo, specificando che riforme e investimenti dovrebbero essere affrontati in parallelo, concentrandosi sulle sfide e sulle priorità capaci di generare un impatto più duraturo e rafforzare il potenziale di crescita, la creazione di occupazione, la resilienza dei sistemi sanitari, la resilienza economica e sociale e la coesione regionale.
  La capacità delle spese aggiuntive di innescare aumenti di produttività e, quindi, crescita economica è fortemente condizionata dal contesto normativo in cui esse si inseriscono. Una pubblica amministrazione macchinosa e ancora orientata a schemi amministrativistici, un mercato del lavoro inefficiente e poco reattivo, un sistema fiscale che penalizza i fattori produttivi e non sostiene la crescita, una giustizia lenta sono tutti fattori che rallentano il dinamismo economico complessivo e attenuano l'effetto moltiplicativo della spesa. Non a caso la proposta di regolamento in discussione a livello europeo, che definirà il funzionamento del programma NGEU, lega strettamente i Piani nazionali di ripresa e resilienza alle riforme strutturali che ciascun Paese è chiamato a realizzare, prevedendo che siano valutati rispetto alla loro coerenza con le Raccomandazioni specifiche che l'Unione europea indirizza annualmente a ciascuno Stato membro.
  Una ripresa economica rapida e robusta e la costruzione di un sistema Paese più solido e resiliente, capace di fronteggiare nel modo migliore gli shock futuri, richiedono un salto di qualità a tutti i livelli. In tale quadro, riforme e spesa devono essere considerate come due facce di una stessa medaglia, in quanto le riforme strutturali rendono più produttiva la spesa, mentre la spesa è spesso necessaria per sbloccare processi di riforma e accompagnarne l'attuazione, ad esempio indennizzando le categorie e gli operatori economici chiamati a sopportarne i costi nel breve periodo. Poiché non poche riforme strutturali sono naufragate per gli stringenti limiti imposti dalle finanze pubbliche, un utilizzo delle risorse del PNRR che risulti quindi funzionale alla realizzazione di riforme mirate rappresenta un'occasione unica che consentirebbe di affrontare Pag. 201numerose questioni irrisolte, a cominciare da quella della parità di genere, che potrebbe aprirsi a nuove prospettive di soluzione, anche sulla base dei dati che saranno forniti dal «bilancio di genere» che dovrebbe essere, per la prima volta, presentato dal Governo alle Camere nei prossimi giorni.
  Al fine di massimizzare l'effetto di trasmissione dello stimolo all'intero sistema produttivo con conseguenti effetti positivi per la crescita della competitività, gli interventi dovrebbero poi concentrarsi sui settori aventi elevato peso economico, significativa capacità di attivazione della produzione interna (piuttosto che di importazioni) e una struttura delle relazioni intersettoriali idonea a trasmettere gli impulsi al resto del sistema. Inoltre gli interventi dovrebbero incentivare le imprese ad assumere comportamenti dinamici, ovvero ad aumentare la loro propensione a investire in tecnologia, digitalizzazione e formazione del personale (soprattutto ICT), a modernizzare l'organizzazione aziendale e i processi produttivi, prestando attenzione agli aspetti di sostenibilità e, più in generale, ad accrescere la dimensione aziendale.

5.3. Risorse, territori e governance.

  L'elaborazione del PNRR si innesta su un quadro programmatico e normativo che impone di tenere conto dei divari territoriali di sviluppo esistenti nel nostro Paese e delle misure fin qui messe in opera, con risultati variabili, per cercare di superarli. Gli interventi a sostegno delle aree più deboli del territorio nazionale devono pertanto essere ispirati alla creazione di un ambiente – fatto di capitale infrastrutturale, capitale umano e regolamentazione – idoneo affinché le attività d'impresa possano nascere e svilupparsi.
  Alla storica frattura territoriale tra Nord e Sud si sovrappongono, poi, il divario crescente tra centri urbani, aree interne e isole minori nonché l'emergere di una specifica questione appenninica, soprattutto nelle aree interessate, in tempi recenti, da terremoti e altri devastanti fenomeni naturali. A ciò si aggiunge il grave svantaggio competitivo delle isole maggiori, legato in larga parte allo storico e mai risolto problema della mancanza di continuità territoriale, e di alcuni territori alpini, fortemente in crisi e minacciati dalla concorrenza dei Paesi confinanti.
  Per quel che concerne le aree interne, è necessario che le risorse del PNRR siano destinate a misure volte ad invertire i fenomeni di depauperamento demografico e socio-economico dei territori, sia attraverso il rafforzamento dei settori a forte vocazione territoriale e il sostegno alla creazione di imprese innovative sia mediante la realizzazione di nuove e più efficienti infrastrutture per la mobilità, per avvicinare l'Appennino alle coste e alla Capitale, rilanciare i collegamenti tra il Mar Adriatico, il Mar Tirreno e il Mar Ionio e rafforzare le connessioni sulla dorsale appenninica. In questo quadro, è fondamentale concentrare le risorse su interventi volti a valorizzare il tema della vulnerabilità dei territori che presentano un elevato rischio di calamità naturali, garantendo la sicurezza dei cittadini mediante il miglioramento delle prestazioni sismiche delle abitazioni, delle scuole, degli uffici pubblici, e, più in generale, attivando politiche di tutela e di messa in sicurezza del territorio (dissesto idrogeologico), anche attraverso l'utilizzo delle nuove tecnologie.
  Le risorse che affluiranno attraverso il programma NGEU dovranno essere rivolte a coniugare l'obiettivo della crescita con quello della riduzione dei divari territoriali. Si tratta di obiettivi che sarebbe errato contrapporre, come dimostrano chiaramente le stime sull'effetto di più elevata crescita economica complessiva, nel breve come nel lungo periodo, derivante da una maggiore concentrazione delle nuove risorse di investimento nel Mezzogiorno.
  In questa prospettiva, appare fondamentale non ritardare ulteriormente l'avvio di politiche di riequilibrio degli investimenti e cogliere la straordinaria occasione offerta dal Recovery Fund». La SVIMEZ stima che «per ogni euro di Pag. 202investimento al Sud, si generino circa 1,3 euro di valore aggiunto per il Paese, e, di questi, circa 30 centesimi (il 25 per cento) ricadano nel Centro-Nord.
  Nel lungo periodo, infatti, il processo di accumulazione di capitale, dati i rendimenti decrescenti al crescere della dotazione dello stock di capitale, produce dinamiche più sostenute nel Mezzogiorno che al Centro-Nord. Anche in questo caso, il modello Svimez evidenzia come, posto uguale ad 1 il valore del moltiplicatore nel primo anno di realizzazione degli investimenti, questo cresca di oltre il 70 per cento al Mezzogiorno alla fine del quadriennio, contro una crescita del 10 per cento al Centro-Nord.
  Il PNRR rappresenta quindi una occasione unica per disegnare un nuovo percorso di perequazione tra le diverse aree del Paese che consenta il superamento del criterio della spesa storica e la messa a disposizione di risorse per garantire servizi pubblici adeguati anche nelle aree più disagiate nel pieno rispetto della legge n. 42 del 2009 di attuazione del federalismo e dei principi fondamentali della Carta Costituzionale in materia di salute, istruzione e mobilità. Sotto tale profilo le nuove risorse europee previste dal Recovery Fund potranno essere impiegate per attuare finalmente la complessa procedura di definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) afferenti ai diritti civili e sociali in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale, creando condizioni di sviluppo e benessere per le aree più depresse del Paese.
  Il PNRR, inoltre, costituisce anche uno strumento per accelerare l'attuazione del Piano Sud 2030, le cui linee di intervento paiono del tutto coerenti con la natura e le finalità di progetti che dovranno essere presentati all'Unione europea.
  L'obiettivo prioritario resta quello di incrementare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, al fine di colmare, nel giro di alcuni anni, il divario infrastrutturale che rallenta la crescita di quei territori. Le nuove risorse andranno utilizzate anche per trasformare la Strategia nazionale per le aree interne in una politica stabile e strutturale, uscendo definitivamente dalla logica sperimentale. In tale quadro appare essenziale che anche per le risorse del PNRR trovi applicazione la clausola del 34 per cento, che impone alle amministrazioni centrali di destinare alle regioni meridionali una quota di spesa ordinaria in conto capitale pari almeno alla percentuale di popolazione residente, sempre che, ovviamente, si tratti di risorse destinate a progetti che rispondano ai criteri di valutazione di cui si è detto in precedenza e che siano realizzati nei tempi previsti, da monitorare – anche in sede parlamentare – al pari degli altri interventi programmati sul territorio nazionale, come si dirà dettagliatamente al paragrafo 5.6.
  Anzi, considerato il più alto moltiplicatore che caratterizza la spesa di investimento effettuata al Sud – di cui peraltro beneficerebbe l'intero territorio nazionale – e la necessità di superare il divario soprattutto infrastrutturale esistente tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno, è auspicabile che le risorse del PNRR siano destinate al Mezzogiorno in misura anche maggiore rispetto a quanto prevista dalla clausola del 34 per cento. Alcune simulazioni presentate dalla SVIMEZ nel corso della sua audizione, mettendo a confronto scenari alternativi di ripartizione degli investimenti tra le diverse aree del Paese, evidenziano come la destinazione delle risorse del PNRR al Mezzogiorno anche in misura superiore al 34 per cento non solo accelererebbe la velocità di convergenza all'interno del territorio nazionale nel lungo periodo, ma migliorerebbe anche la dinamica di convergenza dell'Italia verso il resto d'Europa.
  Le risorse che affluiranno al Sud attraverso il PNRR vanno a sommarsi agli ordinari finanziamenti europei per la crescita e la convergenza nell'ambito del QFP 2021-2027, nonché alla quota di cofinanziamento nazionale. Si tratta di una massa critica di risorse senza precedenti, la cui entità supera, in percentuale sul PIL nazionale, quella dell'intervento straordinario per il Mezzogiorno, il che rende evidenza del fatto che siamo di fronte a un'occasione storica, probabilmente unica Pag. 203e irripetibile, per consentire al Mezzogiorno di colmare il divario rispetto alle zone più sviluppate del Paese.
  La dimensione della sfida che ci troviamo di fronte chiama inevitabilmente in causa anche il ruolo delle regioni e, più in generale, di tutti i livelli di governo. La molteplicità dei canali di finanziamento, soprattutto verso le regioni del Sud, impone un coordinamento tra la fase di elaborazione del PNRR e l'ordinaria attività di programmazione della politica di coesione del nuovo QFP 2021-2027, nell'ambito della quale le regioni svolgono un ruolo rilevante.
  Occorre quindi definire, in tempi rapidi, una governance delle attività di predisposizione e attuazione del PNRR, che sappia coniugare nel modo migliore le esigenze di una visione complessiva e a carattere nazionale delle sfide e missioni previste nel Piano, con il ruolo che i livelli di governo sottostanti, a partire da quello regionale, saranno chiamati a svolgere nei vari ambiti di competenza in diversa misura.
  Quale che sia il modello di governance sul quale si deciderà di convergere, ciò che appare imprescindibile è che al riconoscimento di competenze programmatorie e gestionali, cui consegue un potere di spesa, corrisponda l'attribuzione di precise responsabilità politiche e amministrative, in un quadro di massima efficienza e trasparenza complessive nell'utilizzo delle risorse.

5.4. Trasparenza e controllo.

  Altra questione di cui è necessario rimarcare l'importanza è quella della trasparenza e del controllo delle decisioni di spesa. L'entità delle risorse e la ristrettezza dei tempi per la pianificazione del loro utilizzo non devono condurre a decisioni poco meditate, scarsa trasparenza sulle motivazioni a base delle scelte e insufficiente o poco chiara rendicontazione dei risultati raggiunti rispetto agli obiettivi fissati. I requisiti che i PNRR e i «progetti previsti al loro interno» dovranno avere al fine di essere validati a livello europeo, secondo quanto previsto dalla bozza di regolamento attualmente in discussione, sono volti a fornire espresse garanzie anche sotto tali profili. Affinché le indicazioni normative si traducano in procedure e schemi operativi efficaci e funzionanti occorre tuttavia attrezzarsi per tempo. Ad esempio si potrebbe prevedere, a livello nazionale, un'infrastruttura di servizio, composta da soggetti pubblici (si pensi ad esempio all'ISTAT) e privati (centri di ricerca, università, think tank), che funga da serbatoio di competenze per il reperimento e l'elaborazione dei dati necessari ad accompagnare il processo di scelta, elaborazione e valutazione dei progetti. A questo riguardo è opportuno ricordare che, ai fini della valutazione degli effetti attesi dagli interventi da realizzare, sono oggi disponibili indicatori particolarmente sofisticati, come gli indicatori di benessere equo e sostenibile (BES), di cui all'articolo 10, comma 10-bis, della legge n. 196 del 2009, che consentendo una valutazione degli interventi a più ampio spettro, ossia non limitata alle sole ricadute sul PIL, ma estesa anche alla dimensione sociale e ambientale, dovrebbero costituire un riferimento fondamentale ai fini della valutazione degli interventi previsti nel PNRR. In tale contesto, lo sforzo progettuale che il Governo è chiamato a compiere, e che ha già visto il coinvolgimento dei principali attori economici e sociali, deve ora aprirsi al qualificato contributo che le eccellenze tecniche presenti nel Paese sono in grado di offrire.
  L'obiettivo della massima trasparenza nell'utilizzo delle risorse potrebbe poi consigliare di individuare una sede – un sito internet o un portale dedicati – che consenta in tempo reale, a tutti i cittadini, di verificare le scelte effettuate e lo stato di avanzamento dei progetti, anche con riferimento agli obiettivi fissati.
  L'Italia presenta un notevole ritardo, rispetto agli altri Paesi europei, rispetto alla capacità e agli strumenti di valutazione delle politiche pubbliche, che consentirebbero invece di orientare in modo più produttivo le scelte, individuando ex ante le soluzioni più efficaci e rimediando Pag. 204ex post, in modo più tempestivo, agli errori che possono verificarsi. L'elaborazione del PNRR e la sua successiva attuazione rappresentano un'occasione unica, che sarebbe sbagliato non cogliere, per innestare a tutti i livelli di governo una cultura della valutazione delle politiche pubbliche. I costi iniziali che un approccio strategico innovativo di questo tipo comporterebbe verrebbero ampiamente ripagati, nel medio-lungo periodo, dalla migliore qualità delle decisioni pubbliche e dell'agire amministrativo, anche dopo e al di là dell'esperienza del PNRR. Si tratterebbe, in altri termini, di un investimento sul futuro e sulla qualità della nostra democrazia, che fungerebbe da stimolo a un dibattito pubblico più saldamente fondato su dati concreti e misurabili.

5.5. Finanza pubblica e debito.

  La necessità di destinare la massima parte dei fondi europei a interventi ad alto effetto moltiplicativo, evitando in ogni caso sprechi di risorse, è strettamente connessa all'esigenza, imprescindibile anche in questa fase, di assicurare un sostanziale, progressivo e continuo riequilibrio dei conti pubblici.
  Le favorevoli condizioni attuali, legate alla sospensione del Patto di stabilità e crescita e al massiccio programma di acquisti di titoli pubblici attivato dalla Banca centrale europea a seguito della crisi pandemica, non potranno essere protratte indefinitamente, per cui è necessario non distogliere l'attenzione dall'obiettivo di definire un credibile piano di rientro che garantisca la sostenibilità della finanza pubblica nel medio-lungo periodo.
  Del resto, se è vero che le condizioni finanziarie a cui sono rese disponibili le nuove risorse europee sono assai favorevoli, il nostro Paese sarà in ogni caso chiamato a restituire i fondi presi a prestito (i loans) e a contribuire al finanziamento complessivo del programma. Anche le risorse assegnate all'Italia in qualità di sussidi (i grants) trovano infatti un corrispettivo nel nuovo debito comune che l'Europa si accinge ad emettere e che graverà nel futuro su tutti i Paesi europei. A questo riguardo si segnala che, partendo da un'ipotesi di rapporto debito/PIL al 157 per cento nel 2020, è stato stimato (BEI – Oxford Economics) che, se nel periodo 2021-2025 la crescita nominale del PIL del nostro Paese si fermasse all'1 per cento, servirebbe un avanzo primario del 3 per cento per ridurre il debito appena del 3 per cento, con i conseguenti effetti restrittivi sull'economia che ne deriverebbero. Tassi di crescita più elevati, abbinati ad avanzi primari anche inferiori, si tradurrebbero invece in riduzioni di debito progressivamente più elevate (ad esempio, una crescita annua del 3 per cento, abbinata a un avanzo primario del solo 2 per cento, condurrebbe nel 2025 a una riduzione del rapporto debito/PIL di ben 14 punti percentuali).
  Per tali ragioni è cruciale garantire un impiego efficiente delle risorse, che possa contribuire a rilanciare le prospettive di crescita dell'economia e, in questo modo, a ridurre il peso del debito sul prodotto e il rischio di tensione sui titoli di Stato, anche a prescindere da un'eventuale e auspicabile sterilizzazione dei prestiti concessi nell'ambito del Next Generation EU ai fini del rapporto debito/PIL da definire nell'ambito dell'Unione europea.
  In questo quadro, appare fondamentale la previsione di meccanismi che contemplino adeguati strumenti per affrontare la crisi finanziaria riscontrabile in alcuni enti locali, quale, ad esempio, la revisione dei «fabbisogni standard», in modo da evitare situazioni di dissesto finanziario.

5.6. Il coinvolgimento del Parlamento.

  Un aspetto molto delicato che attiene non solo alla fase di predisposizione del PNRR, ma anche a quella della sua successiva attuazione, riguarda il coinvolgimento del Parlamento.
  Per quanto concerne la fase di predisposizione del PNRR, appare indispensabile che le Camere siano coinvolte nell'intero iter che caratterizza tale fase, di cui la proposta di linee guida presentata dal Governo rappresenta soltanto il punto di Pag. 205partenza, in modo che esse possano esprimersi al riguardo con specifici atti di indirizzo. In particolare, tale coinvolgimento dovrebbe riguardare anche tutte le tappe successive alla proposta di linee guida, vale a dire sia la presentazione della bozza di PNRR – che dovrebbe essere trasmessa dal Governo alla Commissione europea contestualmente al Documento programmatico di bilancio (DPB) entro il prossimo 15 ottobre – sia la definitiva versione del PNRR che dovrebbe essere, invece, presentata in Europa dopo l'entrata in vigore del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, attualmente in corso di completamento, di cui si è detto in precedenza.
  Per quanto riguarda, invece, la successiva attuazione del PNRR, appare necessario che le Camere procedano ad un'accurata e continua attività di monitoraggio dello stato di attuazione del Piano, volta a verificare il puntuale rispetto degli obiettivi prefissati e dei relativi tempi, posto che, come visto, l'erogazione delle risorse da parte dell'Unione europea è strettamente collegata proprio al rispetto di tali aspetti.
  In particolare, si potrebbe prevedere, da un lato, la trasmissione di una relazione periodica, ad esempio quadrimestrale, da parte del Governo alle Camere sullo stato di attuazione del PNRR, dall'altro, l'attribuzione alle Commissioni permanenti dell'esame di tali relazioni periodiche, al fine di consentire alle stesse di esprimere le loro valutazioni per le parti di rispettiva competenza, ferma restando, tra l'altro, la possibilità di istituire nelle medesime Commissioni appositi Comitati permanenti con il compito di svolgere il monitoraggio della complessiva fase di attuazione del Piano.

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ALLEGATO 2

Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale. Nuovo testo C. 2313.

RELAZIONE TECNICA

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