CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 agosto 2020
422.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere
ALLEGATO

ALLEGATO

Relazione sulla missione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali.
(WASHINGTON DC- NEW YORK, 13-18 gennaio 2020)

1. Premessa.

  Nel corso della seduta tenutasi il 9 dicembre 2019, l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi della Commissione ha deliberato, nell'ambito dell'inchiesta prevista dalla legge istitutiva 7 agosto 2018, n. 99, di effettuare una missione a New York City e Washington DC dal 13 al 19 gennaio 2020.
  Gli obiettivi conoscitivi della missione, che saranno illustrati approfonditamente nel corso della presente relazione (anche alla luce delle principali informazioni acquisite), riguardavano per un verso i profili generali concernenti il tema della presenza negli Stati Uniti di insediamenti della criminalità organizzata di origine italiana nonché dei rapporti tra la criminalità organizzata locale e quella del nostro Paese: invero, il recente svolgimento di operazioni giudiziarie in territorio italiano e la attuale pendenza di richieste di estradizione in corso di valutazione da parte dell'Autorità giudiziaria Usa, hanno imposto di guardare con rinnovata e cauta attenzione alla significativa ripresa di rapporti criminali tra i gruppi organizzati di origine italiana (in particolare, Cosa nostra e ’ndrangheta) e le associazioni criminali operanti negli Stati Uniti d'America.
  Strettamente collegato a tali profili, quello, anch'esso individuato tra gli obiettivi primari della missione, dell'analisi e valutazione dello stato di evoluzione della cooperazione giudiziaria e delle relazioni intercorrenti tra Autorità italiane e statunitensi con specifico riferimento alla materia della criminalità organizzata.
  Per altro verso ci si proponeva l'approfondimento e il confronto su alcuni temi specifici, come quello degli strumenti di contrasto del terrorismo e del suo finanziamento, nonché, quello, nevralgico, concernente le prospettive di integrazione e aggiornamento della Convenzione ONU del 2000 contro la criminalità organizzata transnazionale (c.d. Convenzione di Palermo), anche in vista del ventesimo anniversario che si celebrerà quest'anno, nonché l'analisi degli attuali profili di possibile collegamento tra le attività della criminalità organizzata e i gruppi dediti al terrorismo internazionale.
  La missione ha avuto inizio con l'arrivo, in territorio americano, nella serata del 13 gennaio u.s.; gli incontri programmati hanno quindi avuto luogo nelle giornate del 14, 15, 16 e 17 gennaio; il 18 gennaio, a conclusione della missione, la delegazione ha fatto rientro in Italia.

2. L'incontro con il Deputy Administrator della DEA.

  Il 14 gennaio ha avuto luogo l'incontro della delegazione con il Deputy Administrator DEA, Mr Preston Grubbs, e con i suoi collaboratori(1).
  Come è noto, la DEA è un'agenzia federale di «law enforcement», incaricata essenzialmente di contrastare il traffico e la distribuzione di stupefacenti negli Stati Uniti: dal punto di vista normativo, la DEA è l'agenzia principale per l'applicazione nazionale del «Controlled Substances Act», pur concorrendo e condividendo in parte tale materia con il Federal Bureau of Investigation (FBI). L'Agenzia ha, come responsabilità del tutto principale, quella

  1. Matthew DONAHUE – Deputy Chief of Operations, Dave CAUNTER, Jackie WOMBLE.
Pag. 129di coordinare e promuovere le indagini penali statunitensi sulle droghe, sia all'interno del territorio nazionale che all'estero. Istituita il 1o luglio 1973, la DEA è funzionalmente alle dipendenze del Department of Justice; il suo «Direttore» è nominato direttamente dal Presidente degli Stati Uniti e la sua nomina viene confermata dal Senato e risponde direttamente al Dipartimento della giustizia. Il personale in servizio alla DEA è di circa 10.800 unità di cui 5.000 agenti speciali; l'Accademia di formazione, unitamente a quella dell'FBI, si trova all'interno della base di Quantico, oggetto di visita da parte della delegazione il 15 gennaio.
  L'incontro – che ha dato avvio alla missione internazionale – è stato anticipato da una relazione preliminare svolta dal Presidente della Commissione, Sen. Nicola Morra, che ha evidenziato la rilevanza strategica della cooperazione internazionale a ragione della centralità, dal punto di vista criminale, del traffico internazionale di stupefacenti, che, rappresentando la principale fonte di profitti, da sempre costituisce uno dei punti nevralgici della dimensione transnazionale delle attività delle organizzazioni criminali.
  In questo specifico settore criminale – è stato sottolineato – è emersa a più riprese la rilevanza non soltanto delle misure repressive, ma anche di quelle aventi carattere preventivo, con particolare riferimento all'individuazione dei capitali illeciti, che la legislazione italiana, fin dai primi anni del Novanta e grazie anche allo straordinario contributo di Giovanni Falcone, con ruolo ’pionieristico’ nel panorama internazionale, ha recepito e sempre più sviluppato. In tale discorso introduttivo, il Presidente ha anche espressamente indicato l'indagine condotta nel 2019 dalla Procura della Repubblica di Palermo – denominata New Connection (su cui infra) – come uno dei più recenti e riusciti esempi di buon funzionamento delle dinamiche della cooperazione internazionale e ha rivolto ai funzionari della DEA intervenuti un quesito in ordine alla presenza, sul territorio statunitense, di sodalizi criminali stranieri.
  Il Presidente ha quindi chiesto che gli interlocutori fornissero indicazioni in merito alle tecniche di indagine utilizzate e ai percorsi investigativi seguiti da detta Agenzia nel settore di sua specifica competenza, potendo in tal modo cogliersi utili suggerimenti da tradurre eventualmente in proposte normative volte ad implementare gli strumenti interni di contrasto al crimine organizzato, secondo i compiti affidati a questa Commissione dalla legge istitutiva.
  Nel corso dei rispettivi interventi, Mr. Grubbs e i suoi collaboratori, anch'essi funzionari della DEA, hanno condiviso e ribadito il riconoscimento della estrema rilevanza della cooperazione internazionale, e ciò soprattutto nel settore – tradizionalmente e istituzionalmente di loro competenza – del traffico (internazionale) di stupefacenti.
  È stato soprattutto sottolineato che, in particolare nel settore in esame, risulta essenziale non soltanto la cooperazione giudiziaria in senso stretto – concernente le fasi processuali, allorché il procedimento nazionale è già instaurato o, addirittura, l'azione penale è già stata esercitata – ma, ancor di più e prima, appare indispensabile il coordinamento nella fase iniziale e di intelligence, da avviare immediatamente con il tempestivo scambio di informazioni, non appena accertata la transnazionalità dell'attività criminale.
  Tale coordinamento quindi, per una più efficace azione investigativa, dovrà attuarsi in termini sostanzialmente contestuali rispetto allo svolgimento delle attività delittuose oggetto di accertamento.
  Si tratta – si è anche detto – di una possibilità certamente già offerta da molteplici Convenzioni internazionali in materia (ad esempio, la Convenzione delle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope del 1988), ma probabilmente da incrementare, soprattutto dal punto di vista della diretta collaborazione tra uffici inquirenti e forze di polizia (ancor prima, in quest'ultimo caso, della iscrizione del procedimento penale).Pag. 130
  Dalle relazioni svolte – e dal dibattito che ne è scaturito – è emerso come una grande attenzione sia concentrata, in particolare di recente, sui mercati della droga attivi nei Paesi del Sud America, che tradizionalmente – e ancora ora – risultano i «grandi serbatoi» del rifornimento (anche) dei mercati europei.
  Le indagini svolte dalla DEA, anche sfruttando la cooperazione internazionale, su tali mercati esteri hanno consentito di confermare la consueta operatività, in questo settore, di veri e propri cartelli, strutturati come organizzazioni complesse; le indagini sui cartelli della droga, in un numero particolarmente consistente di casi, hanno consentito poi di accertare una serie di altri reati consumati da queste stesse organizzazioni, dal traffico di esseri umani e di armi fino al riciclaggio di capitali illeciti.
  Nello stesso settore è stato segnalato anche il ruolo sempre più rilevante di gruppi della criminalità organizzata cinese, russa e albanese, la cui attività tuttavia si concentra soprattutto nelle fasi successive a quelle del vero e proprio traffico internazionale di stupefacenti, allorché si tratta di reimpiegare e reinvestire i capitali illeciti derivanti da tale attività: per tale ragione diventa fondamentale riuscire a individuare la rotta degli illeciti patrimoni per addivenire a sequestri e confische.
  Gli appartenenti alla criminalità organizzata cinese, in particolare, in tale prospettiva «collaborano» con le altre associazioni dedite al traffico di stupefacenti, condividendone i proventi e offrendo il contributo della loro ’specializzazione’ nell'attività di ’ripulitura’ con lo spostamento dei capitali illeciti nei mercati esteri.
  Per quanto concerne, in particolare, il tema dei rapporti con le Autorità giudiziarie e le Forze di Polizia degli Stati del Sud America, è stato chiarito che la cooperazione internazionale con le stesse si fonda essenzialmente su accordi bilaterali (o, al più e raramente, regionali): in particolare, il rapporto di cooperazione è sinora risultato eccellente con le Autorità colombiane, che si sono spesso dimostrate molto affidabili; è risultato accettabile, ma con maggiori criticità legate al significativo tasso di corruzione ivi riscontrato, con le Autorità messicane.
  In ultimo, è stato fatto cenno anche al traffico di esseri umani posti in essere da talune organizzazioni criminali straniere.
  Da quanto osservato e dedotto in esito a questo utile confronto, la Commissione ha potuto apprezzare come le strategie di contrasto alla criminalità organizzata dell'Amministrazione statunitense dipendano in larga parte dalle direttrici fissate dagli executive orders presidenziali. In particolare l'amministrazione Trump ha concentrato la propria attività di contrasto verso il Centro e Sud America e, soprattutto, nei riguardi del Messico. Sul finire dell'anno 2019 l'amministrazione Trump ha fatto conoscere l'intenzione di considerare i cartelli di smercio di sostanze stupefacenti che operano in Messico, e soprattutto a Ciudad Juarez, come organizzazioni terroristiche. Ciò, naturalmente, darebbe vita ad una chiara trasformazione delle linee di relazioni internazionali bilaterali tra Messico e Stati Uniti, coinvolgendo oltre alla lotta alla criminalità, anche gli elementi fondamentali che attengono alla cooperazione finanziaria, al controllo dei flussi migratori, e agli scambi turistici e culturali. Nell'interesse della cooperazione bilaterale al contrasto alla criminalità organizzata, la Commissione ha desunto il rilievo e l'attenzione che devono essere attribuiti agli executive orders presidenziali, giacché essi indicano i bersagli dell'attività di contrasto ma anche le direzioni verso cui canalizzare ogni sforzo di dotazione economica e di risorse investigative. Peraltro, un modello da valutare consiste nell'idea di conferire anche valore legale in termini di sanzioni da comminare agli appartenenti ai cartelli inseriti nelle liste ricomprese negli stessi executive orders presidenziali. In tal modo si profilerebbe l'ipotesi, anche per l'ordinamento statunitense, di predisporre una sorta di «doppio binario duttile», non limitandosi alla sola qualificazione di priorità mediante le disposizioni presidenziali.

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3. L'incontro al Department of Justice.

  Nella medesima giornata del 14 gennaio si è svolto l'incontro presso il Department of Justice. L'incontro è stato aperto dal saluto dell'Attorney General del Governo degli Stati Uniti, Mr. William Barr, che ha immediatamente sottolineato non soltanto l'importanza del valore di una corretta diffusione della cultura della cooperazione internazionale, ma anche – e in particolare – l'importanza di tale valore nei rapporti reciproci tra l'Italia e gli Stati Uniti, da sempre caratterizzati, fin dagli anni Ottanta e, ancor più dai tempi dell'azione giudiziaria di Giovanni Falcone e dell'indagine denominata «Pizza connection», da un prezioso affiatamento investigativo. In tale contesto, ha ricordato di aver avuto occasione di incontrare personalmente il giudice Falcone prima dell'attentato di Capaci in occasione di un suo viaggio negli Stati Uniti.
  Una importante relazione è stata quindi svolta dall’Assistant Attorney General, Mr., Brian A. Benczkowski, che si è innanzi tutto espresso, facendo seguito all'apposita richiesta formulata a tal riguardo dal Presidente della Commissione, sulla questione della pendenza della procedura di estradizione richiesta dalle Autorità italiane nei confronti di Ferdinando Gallina: si tratta di soggetto già condannato, con sentenza passata in giudicato, per la fattispecie di cui all'articolo 416-bis del codice penale, in quanto riconosciuto quale «capo» della famiglia mafiosa di Carini, riconducibile al mandamento mafioso palermitano di San Lorenzo/Tommaso Natale. Legato da rapporti personali e di interesse con il noto latitante Matteo Messina Denaro, Ferdinando Gallina è stato raggiunto, nel corso del 2016, da un provvedimento cautelare di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Palermo e successivamente convertito in ordinanza applicativa di misura cautelare dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo distretto. In particolare, sono state contestate al predetto indagato tre fattispecie di omicidio aggravate dal metodo mafioso, in quanto commesse nell'interesse e su disposizione del capo-mandamento palermitano Salvatore Lo Piccolo. Tuttavia, al momento dell'esecuzione del provvedimento cautelare – come già era stato accertato dalla Procura della Repubblica di Palermo – Gallina risultava fuggito in territorio americano, probabilmente a causa di una fuga di notizie concernente il suo coinvolgimento nei menzionati omicidi: in particolare, le indagini hanno consentito di verificare la presenza di Gallina nel territorio della città di New York, ove lo stesso risultava provvisto di documenti contraffatti, nonché già «coperto» da un contratto di lavoro. La preziosa collaborazione tra le Autorità giudiziarie e le Forze di polizia dei due Paesi ha consentito – nell'ambito di un'operazione di arresto concordata ed espletata nelle medesime ore nei due Paesi – di fermare Ferdinando Gallina nella città di New York, nonché i suoi correi nella città di Palermo. Tuttavia, a distanza di alcuni anni dall'esecuzione del provvedimento (dicembre 2016), la procedura di estradizione dagli Stati Uniti del predetto non risulta ancora – per una serie complessa di ragioni tecniche – portata a termine, sicché si sta attualmente celebrando, dinnanzi alla Corte d'Assise di Palermo, il processo a carico di Gallina mediante la partecipazione a distanza dello stesso (con le forme della video-conferenza, prevista dalla Convenzione ONU di Palermo del 2000 e dal Trattato bilaterale di assistenza giudiziaria).
  A tale specifico proposito, l’Assistant Attorney General ha ribadito l'impegno e la volontà dell'Amministrazione giudiziaria americana di concludere la procedura di estradizione nel più breve tempo possibile.
  Nel corso dell'incontro è stata altresì affrontata la cruciale tematica della cooperazione tra Stati nel settore delle indagini patrimoniali e della (conseguente, eventuale) esecuzione dei provvedimenti ablatori suscettibili di sottrarre alle organizzazioni criminali i beni e i proventi dei quali le stesse si arricchiscono mediante le rispettive attività illecite.Pag. 132
  È stato chiaramente riconosciuto che, a far data in particolare dagli anni Ottanta, anche grazie ai metodi di indagine utilizzati dal c.d. pool antimafia di Palermo, si è indubbiamente aperta una nuova stagione di rinnovato ed insopprimibile interesse per la materia delle indagini patrimoniali e per gli istituti – che ne costituiscono naturale conseguenza – dei sequestri e delle confische: ciò soprattutto dal momento in cui se ne è apprezzata l'estrema duttilità operativa, nonché la impareggiabile idoneità al contrasto dei più allarmanti fenomeni criminali dell'esperienza recente, soprattutto dei fenomeni della criminalità organizzata, all'insegna di un interessante ed efficace slogan politico-criminale secondo il quale «il reato non paga».
  È stato a tal proposito tratteggiato lo stato attuale della legislazione sostanziale e processuale statunitense in materia di indagini patrimoniali, con particolare riferimento ai limiti – ormai del tutto ristretti – in cui risulti ancora tutelato il c.d. segreto bancario; si è inoltre fatto riferimento alla grande utilità derivante dalla istituzione di gruppi di polizia specializzati in tale tipologia di indagine.
  È stato quindi affrontato il tema nevralgico della possibilità di pronunciare provvedimenti di confisca in assenza di una condanna penale dell'imputato (si tratta della c.d. «non conviction based confiscation»): a tale specifico riguardo, l'Assistant Attorney General ha esplicitamente dichiarato l'apprezzamento per l'esperienza acquisita dall'Italia in questa materia (con riferimento, in particolare, alle cc.dd. misure di prevenzione patrimoniali), riconoscendo un concreto interesse a seguire l'esempio italiano anche in tale disciplina, ancora non compiutamente formulata nella legislazione USA, con inevitabili conseguenze sulla questione connessa dei margini concreti di possibile riconoscimento, in tale ordinamento, di sentenze italiane di confisca emesse nell'ambito di procedimenti di prevenzione (e, pertanto, non fondate su una condanna del soggetto «oltre ogni ragionevole dubbio»).
  È stata quindi illustrata la disciplina statunitense relativa alla amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata; tale disciplina varia a seconda che la confisca sia stata pronunciata per reati statali ovvero per reati federali: in questo secondo caso, in particolare, i proventi illeciti (o i profitti derivanti dalla vendita dei beni confiscati) vengono accreditati su un apposito fondo, che è gestito direttamente da un ufficio del Department of Justice e che viene utilizzato soprattutto per contribuire a finanziare le risorse delle singole Forze di polizia le cui attività investigative hanno consentito di addivenire al provvedimento di ablazione patrimoniale.
  L’Assistant Attorney General, su richiesta di diversi parlamentari della delegazione italiana, volta ad aprire un confronto su uno dei problemi che maggiormente affligge nel nostro ordinamento la tematica della misure patrimoniali, ha chiarito che anche nel sistema statunitense possono essere oggetto di provvedimento di confisca i beni tramite i quali vengono svolte attività di impresa, anche di proprietà di enti collettivi, nonché le stesse quote sociali: ciò qualora venga provato che essi siano provento di attività illecite o che siano fittiziamente intestati, ovvero che le imprese in questione facilitino il riciclaggio di proventi illeciti. Anche negli Stati Uniti è stato sperimentato l'inesorabile declino delle attività economiche svolte da tali enti una volta acquisiti al patrimonio pubblico e, non avendo il Governo interesse né competenze per continuare a gestire tali attività, conseguentemente la strategia seguita è quella di procedere rapidamente alla vendita dei beni in questione.
  È stato infine affrontato il tema dello standard attuale della cooperazione giudiziaria tra i due Paesi alla luce delle divergenze della disciplina del diritto penale sostanziale dei due ordinamenti, divergenze che – come si è già accennato con riferimento alle varie forme di confisca – sono certamente suscettibili, in astratto, di incidere sulla piena riuscita della cooperazione transnazionale, a Pag. 133fronte della quale rappresentano indubbiamente un possibile e importante ostacolo.
  A tale riguardo è stato comunque chiarito che, sebbene nell'ordinamento USA non esista una fattispecie criminosa sovrapponibile a quella delineata dall'articolo 416-bis del nostro codice penale, tuttavia, in materia di crimine organizzato (anche transnazionale, ai fini delle procedure di cooperazione giudiziaria e di estradizione), si è fatto ampio uso della legge federale RICO, che consente di applicare delle pene molto elevate per i soggetti appartenenti ad un gruppo criminale organizzato.
  La legge RICO, Racketeer Influenced and Corrupt Organizations Act, è stata originariamente introdotta proprio per perseguire le persone coinvolte in fenomeni e gruppi di criminalità organizzata, ma ha esteso, nel corso del tempo, la definizione di ciò che costituisce il suo ambito applicativo. Nella sua esperienza applicativa, essa è stata applicata anche ai cartelli della droga, alle bande di strada, a micro-organizzazioni di funzionari e agenti di polizia corrotti, a gruppi di pressione deputati ad attività illecita, nonché ad operatori finanziari coinvolti in articolate attività di riciclaggio. Coesistono sanzioni civili e penali per le violazioni della legge RICO; ad esempio, con riferimento alla fattispecie di estorsione, un imputato può essere condannato fino a 20 anni di reclusione per ogni specifico episodio di estorsione, cui può aggiungersi una multa fino a 250.000 $; inoltre, gli imputati possono anche essere citati dinnanzi al Tribunale civile, in cui alla persona offesa dal reato può essere assegnato fino a tre volte l'importo che gli è stato sottratto. Lo statuto RICO è applicabile al soggetto che, entro una scadenza di 10 anni, commette almeno due delitti ricompresi in una apposita lista di 35 fattispecie previste dalla legge: dei 35 reati (tra i quali, corruzione, gioco d'azzardo, omicidio, incendio doloso, estorsione, prostituzione, contraffazione, traffico di droga, sequestri di persona e terrorismo) che costituiscono il corpo della legge RICO, otto sono statali e 27 reati federali.
  Dal punto di vista della cooperazione internazionale, la disciplina RICO è stata considerata sufficiente a soddisfare gli obblighi di criminalizzazione previsti dalla Convenzione Onu di Palermo del 2000, cui pure gli Usa aderiscono. Inoltre, una legislazione equivalente allo statuto RICO si trova in paesi diversi dagli Stati Uniti, come Australia, Canada e Nuova Zelanda; per facilitare lo scambio di informazioni, l'organizzazione di polizia criminale ha sviluppato una definizione standard per «crimini RICO», anche se – nonostante questo – l'attuazione e l'applicazione della normativa varia notevolmente in tutto il mondo.

4. L'incontro con il Giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti, Samuel A. Alito.

  La prima giornata di missione ha offerto anche alla delegazione la possibilità di un incontro diretto con uno dei nove giudici della Corte Suprema.
  Il predetto ha innanzi tutto delineato ai presenti il funzionamento e le dinamiche di azione della Corte: istituita il 24 settembre 1789 come la più alta Corte federale degli Stati Uniti, si tratta dell'unico tribunale specificamente menzionato e disciplinato dalla Costituzione.
  La Corte ha sostanzialmente due tipi di giurisdizione: nella c.d. «original jurisdiction» la Corte decide in prima istanza, senza nessun grado di appello, controversie tassativamente indicate dalla legge (come nel caso di ambasciatori, consoli e rappresentanti stranieri, oltre a quelle in cui sia parte uno Stato); nella «appellate jurisdiction» essa, invece, decide sull'impugnazione di una sentenza emessa da una corte inferiore. Sempre nell'ambito della giurisdizione d'appello, la Corte può decidere altresì su richiesta di un giudice federale che, chiamato ad applicare una legge, l'abbia considerata in contrasto con la Costituzione: da questo punto di vista la Pag. 134Corte suprema è il giudice della costituzionalità delle leggi e del rispetto della gerarchia delle fonti.
  In tale ultima funzione – come sottolineato dal Giudice Alito – particolarmente importante risulta il ruolo svolto dalla Corte Suprema, di salvaguardia dei diritti riconosciuti dalla Costituzione: in particolare tale ruolo è stato svolto nel sindacato sulle norme che prevedono gli strumenti di indagine penale.
  Dal 1988 la Corte ha discrezionalità nell'esaminare o meno una certa controversia; questo contribuisce a spiegare il numero assai limitato dei ricorsi alla Corte Suprema, che è stato richiesto espressamente dai membri della delegazione: dai 60 agli 80 casi all'anno, a fronte di un numero di richieste che è ogni anno di circa 8.000 casi. Ogni settimana, in un'apposita udienza, i giudici della Corte si riuniscono e decidono, votando, se accettare o meno la causa. Dal punto di vista dei criteri utilizzati in tale importante selezione, non vengono accettati i ricorsi fondati sulla non condivisione delle motivazioni dei giudici dei gradi precedenti, ma quelli che riguardano temi giuridici che non costituiscono ancora oggetto di una posizione sedimentata da parte delle Corti di merito. In tal modo, la Corte viene a concentrare la propria giurisdizione in una prospettiva di rafforzamento della nomofilachia.
  Alcune riflessioni specifiche sono poi state dedicate al tema degli interventi della Corte Suprema in materia di trattamento sanzionatorio, ispirato come è noto – nell'ordinamento statunitense – al rigido criterio del c.d. «cumulo materiale»; da questo punto di vista sono state altresì illustrate le ragioni per cui la Corte Suprema ha ritenuto legittima la disciplina prevista da alcuni ordinamenti degli Stati, secondo la quale in caso di recidiva reiterata – anche a fronte della commissione di reati dotati di un disvalore penale tendenzialmente modesto – è possibile comminare sanzioni particolarmente rigorose, ivi incluso persino il carcere a vita. A tal riguardo, è stato fatto espresso riferimento alla funzione della pena consistente nella c.d. prevenzione speciale, che – ispirata all'obiettivo di impedire al reo di tornare a commettere nuovi reati, a maggior ragione ove ciò sia ritenuto altamente probabile – costituisce componente essenziale della multiforme dimensione delle funzioni della pena negli Stati Uniti.
  Dal punto di vista del trattamento penitenziario, è stato chiarito come non esista un vero e proprio regime del doppio binario, suscettibile di differenziare lo status di detenzione del singolo detenuto sulla scorta del titolo di reato (ad esempio, di criminalità organizzata) per il quale nei suoi confronti è stata irrogata la condanna da scontare, ma esistono comunque strutture penitenziarie graduate secondo il livello di sicurezza, nelle quali quindi il regime penitenziario del singolo muta sulla scorta di tali esigenze: per l'assegnazione alla singola struttura si terrà conto, in una valutazione del caso concreto, non solo della gravità del reato, ma anche della correlata esigenza di isolamento dal mondo esterno che si impone per il singolo detenuto.
  Come già in parte accennato, particolarmente interessante è stato il confronto con riferimento al problematico tema delle funzioni della pena: come emerso nel corso dell'incontro, per molti anni, anche negli Stati Uniti, si è ragionato di rieducazione e recupero del condannato. Questo ha portato – ha spiegato il Giudice Alito – ad una valorizzazione della rieducazione nelle specifiche discipline edittali che, tuttavia, anziché fungere da limite al calcolo meramente «retributivo», nella prospettiva del recupero sociale del singolo, ha fornito lo spunto per l'introduzione di discipline che, per alcuni reati, non prevedevano nessun trattamento massimo edittale: in tali casi, pertanto, erano le Autorità amministrative (soprattutto nell'ambito del circuito penitenziario), ad effettuare periodicamente una (ri-)valutazione della pericolosità sociale del condannato, svolta anche alla luce della sua concreta adesione al percorso trattamentale. Solo una valutazione positiva sul superamento del dato della pericolosità sociale poteva portare, in questi casi, alla Pag. 135cessazione in concreto del trattamento punitivo: appare evidente come, in tali casi, si addiveniva ad una tale valorizzazione della funzione rieducativa che la stessa finiva per trascendere addirittura la dimensione «retributiva» (e quindi di colpevolezza per il singolo fatto e di gravità obiettiva di quest'ultimo), a differenza di quanto accade negli ordinamenti che – come quello italiano – sono appunto ancorati al principio rieducativo. Tuttavia, come è stato chiarito, già a partire dai primi anni Ottanta, l'aumento del numero dei reati violenti, unito alla percezione sociale di insicurezza largamente diffusa nell'opinione pubblica, ha portato a ridimensionare significativamente tale approccio, con la conseguenza di un ritorno alla piena valorizzazione della funzione di prevenzione e retributiva e la conseguente previsione di massimi edittali molto elevati.
  Alcune riflessioni conclusive sono state dedicate all'istituto della pena di morte, ritenuto dalla Corte Suprema legittimo proprio sulla scorta delle funzioni della pena ancora oggi riconosciute come fondamentali: quella della c.d. prevenzione generale (ovvero, della deterrenza), quella della c.d. prevenzione speciale (incapacità futura da parte del condannato di tornare a delinquere e di commettere altri crimini) e quella della retribuzione (volta a rispondere al comportamento offensivo con una sanzione dalla gravità esattamente proporzionata e allineata alla sua dimensione lesiva).
  Nel corso dell'incontro, anche il Giudice Alito, ha sottolineato la grande e proficua collaborazione instaurata, nel tempo, con le Autorità italiane e, in particolare, la stagione delle grandi indagini transnazionali di mafia avviate dal giudice Falcone.
  Il Giudice Alito ha infine chiarito che il sindacato della Corte Suprema in tema di trattamento sanzionatorio ha riguardo precipuamente al controllo del rispetto dell'VIII Emendamento della Costituzione statunitense che inibisce l'inflizione di una punizione sproporzionata rispetto alla gravità del fatto commesso dall'imputato.

5. L'incontro con i Procuratori Distrettuali di New York (distretti di Manhattan e Brooklyn) e con il Giudice federale del distretto di Brooklyn.

  Nella giornata del 16 gennaio hanno avuto luogo, innanzi tutto, gli incontri con i Procuratori Distrettuali di New York.
  Il primo incontro ha avuto come interlocutore il Procuratore di New York per il Distretto Sud di Manhattan (SDNY), Mr. Geoffrey S. Berman, accompagnato dai suoi collaboratori.
  Il predetto ha riferito alla delegazione di una serie di casi affrontati nel contesto della propria competenza, che hanno comunque avuto a che fare con il territorio italiano o con soggetti italiani, ad esempio sotto il profilo della canalizzazione di flussi di capitali di origine illecita verso l'Europa e l'Italia in particolare.
  Come caso paradigmatico è stato citato, a più riprese, quello convenzionalmente denominato «Leaving Las Vegas», nell'ambito del quale sono state accertate attività illecite la cui finalità è risultata essenzialmente quella del riciclaggio dei capitali illeciti derivanti dalle attività, soprattutto in materia di droga, svolte nel territorio di Las Vegas. Nell'ambito delle indagini sono emersi anche cc.dd. «white collar crimes»: sono stati individuati, ad esempio, alcuni professionisti legali corrotti operanti a Panama, nonché alcuni funzionari di istituti di credito, operativi in Europa, cui pure è stato contestato di avere illecitamente svolto le proprie funzioni per effetto di accordi corruttivi. È stato quindi illustrato lo stato di una richiesta di estradizione inoltrata, nell'ambito di tale indagine, nei confronti dell'Italia e avente ad oggetto un analista finanziario cui sono state contestate alcune fattispecie di «conspiracy» in riciclaggio.
  Proprio prendendo lo spunto dall'esperienza maturata di recente grazie all'indagine «Leaving Las Vegas», è stato decisamente e condivisibilmente affermato come non sia possibile colpire questo tipo di fenomeni criminali con indagini solo nazionali, mentre è indispensabile la cooperazione internazionale sia nella fase Pag. 136propriamente giudiziaria, sia nella fase dello scambio di informazioni. Costituisce dato certamente condiviso quello della esigenza di incrementare le forme di dialogo nella fase di intelligence, scambiando informazioni su circostanze che, pur se prive in sé di diretta efficacia probatoria, possono certamente in concreto rappresentare lo spunto per orientare le indagini eventualmente già in corso nei singoli ordinamenti nazionali: è stato fatto, a tal proposito, espresso riferimento al caso del ritorno in Italia di alcuni esponenti della famiglia mafiosa Gambino, dato che – se comunicato tempestivamente – avrebbe certamente consentito di svolgere servizi mirati di osservazione e di pedinamento, in tal modo probabilmente consentendo di accertare le finalità perseguite con tali «missioni extraterritoriali».
  È stata inoltre offerta una panoramica delle principali dinamiche di riciclaggio riscontrate nel distretto di Manhattan: in particolare si è osservato come il tentativo di nascondere la liquidità illecita a lungo termine abbia spinto i gruppi criminali organizzati ad investire significativamente nell'attività immobiliare.
  Nella prospettiva di un contrasto efficace al riciclaggio di capitali (sia nazionale, sia transnazionale), è stata indicata in particolare la tecnica prevista da alcune leggi federali, che obbligano le istituzioni finanziarie a segnalare operazioni sospette dal punto di vista finanziario, sulla scorta di una serie di indici sintomatici che – periodicamente – vengono aggiornati e integrati. Tali segnalazioni vengono raccolte da un'unità centrale (FINCEN) che provvede anche a smistarle sulla base delle competenze territoriali e funzionali, e possono costituire anche spunto investigativo per iscrivere procedimenti di indagine. È stata quindi riferita la possibilità di condividere tali segnalazioni anche in prospettiva transnazionale: proprio gli Stati Uniti – è stato detto – hanno ricevuto molte segnalazioni da parte dell'Italia ed è previsto dalla legge un apposito meccanismo stabilito per condividere reciprocamente tali informazioni, meccanismo che tuttavia attualmente passa attraverso i rispettivi Ministeri della Giustizia.
  Il Procuratore Berman ha altresì illustrato la attuale condizione di La Cosa nostra americana (LCN) nella città di New York: a tale riguardo, è stato osservato come le cinque storiche famiglie – Genovese, Bonanno, Colombo, Gambino, Lucchesee – oggi siano state certamente indebolite dalle attività di indagine svolte ed è parallelamente diminuito il tasso di reati violenti riconducibili all'operato di tali famiglie rispetto a quello risalente a qualche decennio fa. È stata tuttavia accertata, in concomitanza al trend appena descritto, una preoccupante strategia delle cinque storiche famiglie consistente nell’«affidare» le tradizionali attività illecite tipiche della criminalità mafiosa, a gruppi (o, in alcuni casi, a singoli individui) autonomi ed esterni, che vengono ricompensati ad hoc per l'espletamento del singolo affare illecito: ad occuparsi dei c.d. reati-fine delle famiglie mafiose, sono quindi sempre più spesso soggetti non italiani privi di collegamenti sistematici con le famiglie tradizionali. Se, da un lato, ciò potrebbe essere interpretato come un segnale di debolezza, è tuttavia da considerare come tale fenomeno possa per converso essere più correttamente decifrato, appunto, come frutto di una vera e propria ’strategia’ volta a ridurre i rischi, risultando in tal modo inevitabilmente più complesse le attività di indagine di accertamento e di identificazione dei responsabili, senza considerare il correlato rischio di espansione del know-how criminale anche al di fuori delle cerchie di soggetti tradizionalmente inclini ad alcune attività.
  Il Procuratore Berman ha rassegnato inoltre che, per converso, si assiste ad un ’spostamento’ dell'ambito di operatività delle famiglie mafiose tradizionali verso i tipici reati dei ’colletti bianchi’, quali le frodi, con la conseguente difficoltà a far cogliere il non inferiore grado di pericolosità di tali soggetti alle giurie popolari, aduse a collegare l'idea della criminalità mafiosa ai reati violenti.Pag. 137
  Dal punto di vista dello stato della cooperazione con l'Italia sotto il profilo del riconoscimento delle sentenze italiane in materia di confisca, è stato osservato come negli Stati Uniti più volte siano state riconosciute sentenze di tal fatta, mentre maggiori difficoltà (talora insormontabili), come già accennato, si sono riscontrate per i casi di confisca pronunciata in assenza di statuizione di condanna penale del responsabile.
  Un cenno conclusivo è stato anche dedicato alla disciplina di protezione dei collaboratori di giustizia: è previsto che gli stessi abbiano benefici penitenziari, che si risolvono essenzialmente in possibili riduzioni di pena, ma si è dato atto del principio secondo cui non è possibile garantire trattamenti economici, comunque denominati, a soggetti che, in qualunque veste, abbiano reso una testimonianza in sede processuale.
  Successivamente, la delegazione ha incontrato il Procuratore di New York per il Distretto Est di Brooklyn Richard P. Donoghue. Quest'ultimo ha innanzi tutto illustrato la composizione e le modalità di organizzazione del suo Ufficio, composto da circa cento Procuratori, dei quali un nucleo variabile (da 12 a 15 unità) si occupa stabilmente e in maniera esclusiva di fattispecie di criminalità organizzata.
  Anche il Procuratore Donoghue ha illustrato alla delegazione alcuni casi giudiziari che, di recente, hanno rivestito importanza per i profili di collegamento con gli ambienti criminali italiani.
  Oltre al riferimento all'operazione «new Connection» (di cui si dirà infra), è stato fatto cenno anche all'operazione New Bridge, intercorsa tra il 2011 e il 2014: le indagini hanno riguardato due soggetti legati rispettivamente alla famiglia mafiosa Gambino e alla ’ndrangheta, i quali erano intenzionati a creare un asse privilegiato tra l'Italia e gli Stati Uniti in materia di traffico internazionale di stupefacenti. Nel corso delle indagini, è stato fatto ricorso – in misura a dire il vero del tutto preponderante – alla figura dell'agente sotto copertura: quest'ultimo è stato «infiltrato» iniziando ad eseguire piccole operazioni di riciclaggio di denaro, che sono servite a incrementare i margini di fiducia da parte del gruppo criminale e, quindi, a generare la possibilità successiva di conoscere l'identità di altri soggetti interessati alla medesima operazione illecita. È stato così accertato, in particolare, il progetto di trasportare con continuità significative quantità di eroina dall'Italia agli Usa. Sono quindi stati eseguiti nel territorio della Calabria da parte dell'agente sotto copertura alcuni acquisti controllati di sostanza stupefacente provenienti dalla Guyana, e ciò ha consentito di raccogliere materiale probatorio che, per finalità diverse ma collegate, sono servite sia negli Stati Uniti che in Italia.
  È interessante sottolineare come il progetto predetto contemplasse il porto di Gioia Tauro (attualmente oggetto di una specifica attività di inchiesta da parte del V Comitato di questa Commissione) quale snodo di transito italiano delle partite di sostanza stupefacente.
  L'attività illustrata ha consentito anche di accertare innumerevoli fattispecie di riciclaggio internazionale, che avevano ad oggetto i profitti illeciti derivati dall'attività di traffico internazionale di stupefacenti.
  A tale riguardo, si è rafforzato l'intendimento nei componenti della delegazione della Commissione di avviare un confronto, non certo solo con le Autorità giudiziarie e con le agenzie americane, sulla significatività di aver introdotto nell'ordinamento italiano la fattispecie di autoriciclaggio (articolo 648 – ter.1 c.p., introdotto dall'articolo 3, comma 3, della l. 15 dicembre 2014, n. 186).
  Si tratta di una norma che avanza il raggio di azione della punibilità verso condotte che, non di rado, possono essere consumate in una dimensione transnazionale. Per tale ragione, occorrerebbe valutarne gli eventuali effetti benefici nella prospettiva di una repressione efficace, anche nell'ipotesi in cui esso sia previsto quale delitto da uno solo dei Paesi coinvolti dalla collaborazione giudiziaria.
  Nel febbraio 2014 sono stati eseguiti arresti coordinati in Italia e negli Stati Uniti, a coronamento della proficua attività Pag. 138di cooperazione giudiziaria internazionale intrapresa. Esercitata quindi l'azione penale, nel dibattimento italiano è stato possibile procedere all'escussione in contraddittorio dell'agente sotto copertura; l'escussione è avvenuta a distanza, con le forme della videoconferenza, ed è stato consentito che la stessa avvenisse senza che fosse ripreso il volto dell'agente. È stato dato atto della difficoltà dell'esame, peraltro particolarmente lungo e complesso, ma espletato correttamente ricorrendo ad una sorta di integrazione di forme processuali: a titolo di esempio, si è fatto riferimento ad un'eccezione sollevata della difesa dell'imputato italiano, secondo cui nell'ordinamento nazionale tale testimonianza sarebbe stata inammissibile, dal momento che l'agente sotto copertura partecipa – sebbene in un regime particolare – alla consumazione di reati. In occasione di tale eccezione, è stata concessa la possibilità anche al Public Prosecutor presente in videoconferenza di argomentare una sorta di «opposizione», fondata sulla illustrazione della disciplina statunitense dell'agente sotto copertura e della specifica esimente prevista in quell'ordinamento.
  Anche l'altra operazione illustrata dal Procuratore del Distretto est di New York, la c.d. ’Columbus 2’, che grazie alla fattiva collaborazione nella fase investigativa delle Autorità italiane e di quelle statunitensi, ha condotto a diversi arresti nonché alla confisca di sostanza stupefacente, di denaro e di armi, oltre che di alcune società, ha consentito di accertare il coinvolgimento di soggetti calabresi in un grosso traffico internazionale di cocaina, che veniva importata a New York dalla Costa Rica ed era destinata al mercato italiano.
  La delegazione ha infine incontrato il giudice federale del Tribunale del distretto Est di New York, Nicholas G. Garaufis, che ha illustrato il funzionamento della giustizia federale con specifico riferimento al distretto di propria competenza.
  È stato quindi riferito che ad operare nel distretto Brooklyn sono complessivamente ventotto giudici federali, nominati a vita dal Presidente degli Stati Uniti e confermati dal Senato. Ai singoli giudici i casi specifici vengono assegnati con un criterio di rotazione computerizzata.
  Con riferimento a processi che hanno riguardato profili di collegamento tra la criminalità organizzata italiana e quella statunitense, Mr. Garaufis ha soffermato la sua attenzione sul processo celebrato a carico di alcuni esponenti della famiglia Bonanno: rivestivano il ruolo di imputati oltre 100 soggetti accusati di partecipazione a quella famiglia mafiosa, incluso Joseph Messina cui veniva in particolare contestato di aver costituito il vertice operativo e strategico della famiglia Bonanno. Quest'ultimo, processato per 7 omicidi e riconosciuto colpevole di tutti i reati contestatigli, dopo essere stato condannato alla pena dell'ergastolo, ha iniziato a collaborare con la giustizia americana. In tale percorso, non soltanto ha riconosciuto il proprio passato criminale, confessando a tal riguardo anche due ulteriori fattispecie di omicidio per le quali non era stato condannato, ma ha anche acconsentito di indossare una ricetrasmittente nel corso della sua detenzione, sicché è stato possibile accertare ulteriori elementi di responsabilità a carico di correi. È risultato particolarmente interessante il trattamento previsto, nel caso specifico, a fronte di questa proficua attività collaborativa: in assenza di una disciplina organica in materia, dopo la conclusione della collaborazione, il Department of Justice ha chiesto al Giudice federale di rinnovare la parte di decisione attinente, in via esclusiva (e, quindi, nel rispetto del principio del ne bis in idem processuale), alla quantificazione della pena irrogata, che – in considerazione della collaborazione prestata – è stata quindi significativamente ridotta.
  Per quanto riguarda invece i nuovi omicidi confessati nel corso della collaborazione, la prospettiva premiale è stata perseguita con l'emblematico ricorso all'istituto della non obbligatorietà dell'azione penale, nel senso che il Procuratore distrettuale ha scelto, in ragione della scelta compiuta, di non contestare processualmente le nuove fattispecie di omicidio.Pag. 139
  È stato altresì affrontato il tema delle possibili raccomandazioni che il giudice federale della cognizione – certamente il più adatto a valutare gli indici prognostici di pericolosità esterna del soggetto eventualmente condannato – può legittimamente rivolgere alla apposita Divisione del Department of Justice che ha sede in Texas e che è deputata alle scelte di allocazione dei detenuti nelle singole strutture penitenziarie, sulla scorta di criteri che – come visto sopra – risultano ispirati, oltre che alla gravità del reato, alla pericolosità del singolo detenuto.
  È stato infine accennato il tema della prescrizione e il Giudice Garaufis ha brevemente illustrato il meccanismo di funzionamento di tale istituto nel sistema statunitense, chiarendo come esso importi esclusivamente la necessità che entro il termine previsto venga dato inizio al processo, momento oltre il quale la prescrizione (quale causa estintiva del reato) cessa di operare.

6. La visita all'FBI Academy.

  Nella giornata del 15 gennaio si è svolta la visita all'FBI Academy situata in Virginia, all'interno della Base di Quantico del Corpo dei Marines. La delegazione ha potuto osservare le strutture e le tecniche utilizzate nell'Accademia per assicurare, mediante un addestramento della durata di 21 settimane, la preparazione degli agenti a svolgere le funzioni che le leggi assegnano alla polizia federale, essenzialmente rappresentate dalla prevenzione e dal contrasto della criminalità organizzata, del terrorismo, della corruzione politica, delle attività di intelligence da parte di agenzie straniere, dei reati informatici e, in collaborazione con la DEA, del narcotraffico. All'interno dell'Accademia ha sede anche la Operational technology division, che gestisce il sistema informatico e di comunicazione dell'FBI.
  La visita è stata anche l'occasione per rendere omaggio al busto in bronzo di Giovanni Falcone, situato in un giardino adiacente all'ingresso dell'Accademia. Istallato nel 1994, il monumento testimonia il valore che le autorità degli Stati Uniti attribuivano alla collaborazione con il magistrato italiano. Falcone aveva fornito ai propri interlocutori dell'FBI e della DEA un contributo fondamentale nella ricostruzione dei movimenti di denaro e delle tecniche di riciclaggio mediante le quali le organizzazioni criminali italo-americane gestivano il narcotraffico tra Palermo e New York.
  All'indomani della strage di Capaci, il 4 giugno 1992, il Senato degli Stati Uniti approvò la risoluzione n. 303, nella quale si afferma che l'assassinio del giudice italiano costituisce «una grave perdita per l'Italia, per gli Stati Uniti e per il mondo intero» e si esorta il gruppo di lavoro italo-americano di cui Falcone faceva parte a «perseguire con vigore la sua missione primaria, nonché indagare e assicurare alla giustizia i responsabili di questo crimine». L'allora direttore William Sessions inviò un gruppo di agenti ad indagare sul luogo della strage e mise a disposizione della magistratura italiana risorse e mezzi dell'FBI, che furono utilizzati in particolare per l'esame di alcune prove acquisite sulla scena del crimine.
  A tal proposito in occasione del successivo incontro tenutosi negli uffici di New York del Federal Bureau Investigation si è appreso che gli investigatori statunitensi riferirono alla loro sede centrale in merito agli esiti dell'attività svolta redigendo dei rapporti: l'acquisizione dei medesimi per le vie diplomatiche potrebbe fornire alla Commissione elementi di interesse nell'ambito dell'inchiesta in corso afferente il tragico attentato di Capaci e, più ampiamente, la c.d. “stagione delle stragi”.

7. L'incontro con il Federal Bureau Investigation.

  Nella giornata del 16 gennaio hanno avuto luogo anche gli incontri con l'Assistant Director dell'FBI di New York, William F. Sweeney, nonché con altri funzionari della Divisione criminale del medesimo Ufficio.
  Nel corso di tali incontri sono state illustrate, anche con l'esposizione visiva di Pag. 140alcune mappe geografiche, le questioni attinenti alla diffusione delle organizzazioni criminali italiane nel territorio degli Stati Uniti e, in particolare, dello Stato di New York.
  È stato quindi riferito che attualmente oltre 700 membri di Cosa nostra operano illecitamente nella sola città di New York e nel suo distretto; a questi si aggiungono gli esponenti della ’ndrangheta e delle altre organizzazioni criminali di origine italiana. Si è significativamente affermato come sia emerso dalle indagini un vero e proprio ruolo di superiorità gerarchica che la mafia di New York esercita rispetto alle altre organizzazioni criminali diffuse sul resto del territorio nazionale. A tale ultimo riguardo, è stato comunque evidenziato il particolare allarme destato dal proliferare delle attività criminali dei gruppi organizzati nel territorio della Florida, con particolare riferimento a Miami e a Fort Lauderdale.
  È stato quindi analizzato il nuovo trend delle organizzazioni criminali di origine italiana, operanti in territorio americano: esse mirano ad attuare, di recente, un profilo tendenzialmente basso, perché hanno rafforzato la loro sicurezza operativa e tendono quindi ad avere minore necessità di commettere atti violenti al fine di imporre la rispettiva egemonia criminale.
  Una apposita sezione degli incontri ha riguardato alcune tra le maggiori criticità operative e investigative riscontrate durante le indagini preliminari: tra queste, in particolare il ricorso, da parte degli esponenti delle famiglie criminali di origine italiana, al continuo aggiornamento di applicazioni informatiche utilizzate al fine di intraprendere conversazioni e comunicazioni criptate e, per questo, sottratte alle possibili attività di intercettazioni. È stato fatto specifico riferimento al problema relativo all'applicazione «Signal» ed è stato dato atto di una collaborazione attualmente in corso con partner dell'industria tecnica al fine di tentare di risolvere il problema tecnico della captabilità delle comunicazioni intercorse ricorrendo a tale strumento.
  Per quanto riguarda le attività illecite svolte in prevalenza dalle organizzazioni di origine italiana, oltre a quelle classiche della criminalità organizzata, è stato registrato negli ultimi anni un forte aumento delle frodi riconducibili al settore edile nonché delle fattispecie di racket sul lavoro: le indagini hanno anche consentito di accertare un rilevante incremento della corruzione di pubblici dipendenti.
  Con specifico riferimento a Cosa nostra, poi, è stato considerato particolarmente rilevante (definito «impressionante») il numero di siciliani aventi legami con organizzazioni mafiose che ogni anno compiono viaggi nella città di New York; è stato altresì fatto riferimento al rapporto ancora attuale tra la famiglia mafiosa di New York Bonanno e la famiglia mafiosa italiana di Castellammare del Golfo.
  Con specifico riferimento alla ’ndrangheta, è stato registrato un importante vuoto di informazioni e di intelligence, che indubbiamente rallenta le attività investigative. Molte cosche di origine calabrese sono state accertate come esistenti sul territorio di New York (Commisso, Aquino-Coluccio, Mazzaferro, Piromalli), ma si sa ancora molto poco sulle attività illecite attuali cui risultano dedite tali organizzazioni criminali: ciò rende ancor più significativa l'importanza dello scambio di informazioni tra autorità giudiziaria e di forze di polizia.
  È stato riscontrato, in ogni caso, un trend di progressivo aumento della collaborazione tra le organizzazioni riconducibili alla ’ndrangheta e le cinque storiche famiglie di Cosa nostra newyorkese, e ciò anche in quanto le stesse orbitano nei medesimi quartieri e comunque nelle stesse dimensioni territoriali.
  Al riguardo, è stato fatto esplicito riferimento all'operazione «Columbus» del maggio 2015, condotta dalla DDA di Reggio Calabria e dall'FBI; è stato, nell'occasione, smantellato un sodalizio criminale italo-americano dedito al traffico di sostanze stupefacenti dall'America Centrale, con importante base logistico-operativa all'interno di un ristorante newyorchese, gestito da un calabrese, formalmente Pag. 141esente da condotte criminali, ma ritenuto contiguo al clan Alvaro di Sinopoli (RC). I relativi processi pendono tuttora sia presso l'autorità giudiziaria italiana che presso quella statunitense.
  Sono state altresì registrate interazioni con i gruppi criminali operativi in Canada e a Los Angeles.
  Per quanto riguarda la Camorra, sono stati evidenziati importanti legami nello Stato di New York, oltre che nel Connecticut e nel Massachusetts, con la storica famiglia mafiosa dei Genovese. Sono stati, altresì, accertati viaggi considerati sospetti in North Carolina, nello Stato di New York, in Texas e in Messico di alcuni soggetti legati all'organizzazione criminale napoletana (si è fatto espresso riferimento, a tal riguardo, ai viaggi di Raffaele Imperiale e di Attilio Repetti). Vi è tuttavia ancora incertezza sulla natura di tali attività transnazionali.
  È stato dato atto di alcune attività investigative, ancora in corso, che hanno consentito di evidenziare collegamenti tra i gruppi criminali finora citati ed il compimento di reati ambientali. I gruppi della criminalità organizzata, in particolare, risultano aver appaltato e autorizzato lo svolgimento di attività illecite in materia di rifiuti da parte di organizzazioni specializzate esterne, lucrando in tal modo una percentuale dei guadagni conseguiti.
  Nell'ambito dell'analisi dei rapporti attuali tra Cosa nostra siciliana e criminalità organizzata americana, è stato poi fatto espresso riferimento alla recente indagine denominata «New Connection».
  Nel mese di luglio 2019, infatti, una articolata operazione coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha portato al fermo di molteplici soggetti, accusati di essere affiliati all'associazione criminale Cosa nostra, e alla esecuzione di innumerevoli attività di perquisizione e sequestro sia in Italia, sia negli Stati Uniti. Le indagini hanno riguardato il mandamento mafioso palermitano di Passo di Rigano e hanno consentito di ricostruire le relazioni – pienamente ricostituite – tra gli affiliati di Cosa nostra palermitana e gli appartenenti alla criminalità organizzata statunitense, con particolare riferimento alla potente famiglia Gambino di New York.
  Tra i soggetti sottoposti a fermo sono emerse, in particolare, le figure dei cugini Tommaso e Francesco Inzerillo: decimati durante la seconda guerra di mafia dalla fazione guidata dai corleonesi di Salvatore Riina, gli Inzerillo erano stati costretti, subito dopo l'omicidio di Salvatore Inzerillo nel 1981, a fuggire proprio negli Stati Uniti per avere salva la vita. Rientrati in Italia nei primi anni Duemila, i cugini Inzerillo sono riusciti a stabilire un equilibrio con alcuni tra gli ultimi esponenti del gruppo avverso ancora in libertà – i fratelli Gaetano e Giuseppe Sansone – e a ricostituire le file della famiglia mafiosa di Passo di Rigano.
  Alla luce di questi dati, è stato possibile approfondire: l'evoluzione delle attività di indagine New Connection e, almeno nella parte non sottoposta a segreto, i risultati investigativi acquisiti nel territorio degli Stati Uniti; le modalità ed il livello della cooperazione giudiziaria e di polizia instaurata; alcune prospettive, concernenti soprattutto il tema dello scambio spontaneo di informazioni, del possibile potenziamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria e di polizia.

8. Gli incontri presso la Rappresentanza permanente italiana presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite.

  Nella giornata del 17 gennaio sono stati organizzati alcuni incontri presso la sede della Rappresentanza Permanente d'Italia presso le Nazioni Unite; più nel dettaglio, la delegazione ha incontrato l'Assistant Secretary General del Counter-Terrorism Committee Executive Directorate (CTED), Sig.ra Michèle Coninsx, la Direttrice dell'Ufficio UNODC di New York, Sig.ra Simone Monasebian, il Vice Direttore dello United Nations Office of Counter-Terrorism (UNOCT), Sig. Raffi Gregorian, ed infine il Rappresentante Speciale dell’ INTERPOL presso le Nazioni Unite, Sig. Emmanuel Roux.
  Un tema che ha rappresentato un vero e proprio denominatore comune rispetto Pag. 142agli incontri che hanno avuto luogo nel contesto delle Nazioni Unite è stato quello dalla Convenzione Onu di Palermo del 2000.
  Come è noto, nel dicembre 2020 ricorrerà il ventesimo anniversario della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale (c.d. Convenzione di Palermo); nata (anche) grazie allo spunto fornito da Giovanni Falcone nel maggio 1992, allorché – poche settimane prima della strage di Capaci e in occasione di un discorso pubblico pronunciato a Vienna – lo stesso propugnò l'indifferibile necessità di uno strumento internazionale sulla cooperazione giudiziaria in materia di criminalità organizzata, la Convenzione ha rappresentato in questi venti anni un ausilio formidabile sia dal punto di vista della tendenziale armonizzazione delle legislazioni nazionali in materia di criminalità organizzata (ove si consideri che essa ha previsto specifici obblighi di criminalizzazione), sia sul versante del reale potenziamento della cooperazione internazionale (con l'introduzione del modulo procedimentale della «assistenza giudiziaria reciproca»).
  Il significativo lasso di tempo trascorso e l'avvicinarsi della ricorrenza forniscono una proficua occasione di bilancio; in particolare, è risultato particolarmente interessante riflettere sui temi dell'adeguamento della legislazione federale USA rispetto agli obblighi di criminalizzazione previsti dalla Convenzione, con particolare riferimento alla fattispecie di «partecipazione» ad un «gruppo criminale organizzato», della casistica relativa alle applicazioni concrete che la cooperazione giudiziaria e di polizia prevista in Convenzione ha trovato, nel corso degli anni, in procedimenti penali rientranti nella giurisdizione USA, dei limiti e delle criticità riscontrate nell'utilizzo in concreto degli strumenti previsti dalla Convenzione, della prospettiva di integrazione e di aggiornamento della Convenzione, con particolare riferimento alla possibilità di prevedere ulteriori obblighi di criminalizzazione di reati strumentali al rafforzamento del «gruppo criminale organizzato», nonché alla possibilità di incrementare la cooperazione internazionale in materia di indagini patrimoniali.
  Al di là di tale tema generale, deve certamente essere evidenziato l'intervento svolto dall'Ambasciatrice della Rappresentanza permanente italiana presso le Nazioni Unite, Mariangela Zappia, che ha sottolineato come sia ormai del tutto riconosciuto un ruolo italiano di vera e propria leadership in materia di cooperazione giudiziaria internazionale, ruolo testimoniato ad esempio dal fatto che in Assemblea generale proprio l'Italia è promotrice di una risoluzione annuale sul crimine, molto complessa, sulla quale tra l'altro si cerca di estendere sempre di più il consenso internazionale anche al fine di trasformare, in tutto o almeno in parte, i contenuti della risoluzione in strumenti normativi internazionali dotati di maggiore incisività.
  Particolarmente proficuo è risultato anche l'incontro con l'Assistant Secretary General-Direttore Esecutivo del Counter-Terrorism Committee Executive Directorate (CTED), Sig.ra Michèle Coninsx, che ha innanzitutto espresso sincera gratitudine al Governo italiano per aver fornito al suo ufficio i servizi di un ufficiale professionista, che negli ultimi due anni ha lavorato a stretto contatto con il coordinatore delle attività sul terrorismo. È stato spiegato come la Direzione esecutiva del comitato antiterrorismo (o «CTED») monitori, faciliti e promuova l'attuazione della risoluzione 1373-(2001) del Consiglio di sicurezza e le sue successive risoluzioni da parte di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite; sono state effettuate approssimativamente visite in 110 Stati membri, compresa la visita in Italia nel 2015. Nel quadro delle visite di valutazione per paese condotte per conto del CTC, CTED ha sempre continuato a impegnarsi con le autorità nazionali sulla loro percezione dei legami tra terrorismo e criminalità organizzata, nonché sui casi in cui tali collegamenti sono stati identificati. Sono state identificate pratiche statali pertinenti, tra cui la creazione di unità investigative comuni e autorità giudiziarie Pag. 143per gestire sia la criminalità organizzata che il terrorismo. Si è evidenziato come l'esperienza italiana sia stata considerata estremamente rilevante in questo contesto, tant’è che nel rapporto di visita del CTC 2015 si è scritto: «Il Comitato ritiene che la vasta esperienza dell'Italia nella lotta alla criminalità organizzata, ora applicabile nei casi di terrorismo ai sensi del decreto-legge n. 7, potrebbe ulteriormente rafforzare la sua risposta al terrorismo e servire da modello per altri Stati».
  Il CTED si occupa anche di identificare tendenze, questioni emergenti e sviluppi relativi alla minaccia rappresentata dal terrorismo, come ad esempio il fenomeno dei rimpatriati e dei ricollocatori di terroristi stranieri.
  È stato poi sottolineato come i legami tra terrorismo e criminalità organizzata non siano affatto un fenomeno nuovo: la loro costante importanza si è riflessa nel rinnovato slancio dato a questo problema dal Consiglio di sicurezza, in particolare nel corso del 2019. Tali sforzi hanno incluso una riunione sulla cooperazione in questo settore tra le Nazioni Unite e le organizzazioni regionali, un briefing tematico aperto del comitato antiterrorismo, tenutosi nell'ottobre 2018, e un incontro speciale per evidenziare le specificità regionali, tenutosi nell'aprile 2019 (durante il quale l'Italia è stata membro del panel).
  Sembra esserci una crescente interazione tra terroristi e criminali internazionali, in particolare nelle aree in cui sono attivi gruppi terroristici, esistono percorsi di traffico già esistenti e vi è una significativa instabilità politica. Questo è attualmente il caso, ad esempio, nella regione del Sahel. Le perdite territoriali subite dall'ISIS hanno certamente guidato gli sforzi per accedere ai fondi attraverso una vasta gamma di attività criminali, tra cui il traffico di droga, la vendita di armi, il rapimento e l'estorsione. Altri gruppi, tra cui al-Qaeda e le sue affiliate, hanno esplorato percorsi di finanziamento simili. Le interazioni e le sinergie tra terroristi e gruppi criminali possono assumere varie forme, tra cui la coesistenza nello stesso territorio, lo sviluppo di alleanze ad hoc basate sull'interesse comune e la convergenza o fusione di attività. Anche nelle regioni in cui il nesso tra terrorismo e criminalità organizzata potrebbe non essere così rilevante, come in Europa o Nord America, sembrano esserci potenziali collegamenti tra alcune altre forme di criminalità e terrorismo perpetrate all'interno di uno Stato o di un quartiere.
  È stato quindi fatto ampio riferimento alla risoluzione 2482, che invita gli Stati membri a rafforzare il coordinamento degli sforzi a tutti i livelli al fine di rafforzare una risposta globale ai collegamenti tra terrorismo internazionale e criminalità organizzata, sia essa nazionale o transnazionale, che costituisce una sfida seria e una minaccia alla sicurezza internazionale, attraverso in particolare la corretta attuazione di strumenti pertinenti come la Convenzione del 2000 contro il crimine organizzato transnazionale e la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.
  Ciononostante, si è detto come si continui a notare una significativa disconnessione tra il livello di preoccupazione espresso dai responsabili politici, l'attuazione di quadri giuridici che affrontano sia il terrorismo che la criminalità organizzata transnazionale e l'effettivo livello di indagine e perseguimento di casi che coinvolgono sia gruppi criminali che terroristici. È stata quindi posta particolare attenzione circa il modo in cui gli Stati scambiano e diffondono l’intelligence antiterrorismo (compresa l’intelligence finanziaria) al fine di identificare efficacemente potenziali collegamenti tra terrorismo e criminalità organizzata. Si è affermato anche come occorra superare gli ostacoli interistituzionali alla condivisione delle informazioni, anche tra le autorità locali e nazionali, specie ove si consideri che i collegamenti tra terrorismo e criminalità organizzata possono anche svilupparsi in contesti carcerari, aumentando così la possibilità di radicalizzazione o lo sviluppo di connessioni che consentiranno ai terroristi di accedere alle reti criminali.

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9. Conclusioni operative per lo sviluppo dell'effettività della Convenzione ONU contro la criminalità organizzata transnazionale, ratificata in Italia ai sensi della legge 16 marzo 2006, n. 146.

  Sul fronte della cooperazione su base multilaterale, la Convenzione contro il crimine organizzato, fatta a Palermo nel 2000, va considerata un architrave del contrasto alle Mafie. E ciò almeno per quattro ragioni, la cui fondatezza è emersa irrefutabilmente nel corso degli incontri tenuti dalla Commissione di inchiesta negli Stati Uniti. La Convenzione rappresenta ancora oggi, dopo venti anni dalla sua genesi, il documento più articolato e completo sulle tecniche di collaborazione giudiziaria. Oltre alla necessità di tornare a riflettere sugli istituti che essa prevede, l'esigenza di un contrasto e di una prevenzione declinati su base transnazionale sono ormai indefettibili e si spiegano alla luce della morfologia delle attività criminali organizzate che ha subito una poderosa trasformazione in chiave ultraterritoriale. Ma vi è di più.
  Nel corso della missione è emerso con costanza il problema della tracciabilità, della confisca e dei sequestri di somme denaro ingentissime nonché di beni patrimoniali che circolano fuori dai confini degli Stati, a fini di riciclaggio e di reimpiego. Dunque, non solo la fase commissiva e associativa dei reati assume le vesti della transnazionalità, ma anche lo sfruttamento di capitali delittuosi e di risorse derivanti da delitti interamente connessi in singoli Paesi, rappresentano un problema centrale dell'attività di contrasto. Da ultimo, la Commissione di inchiesta ha preso coscienza di un tema di indirizzo politico che circonda la Convenzione di Palermo in questo delicato frangente storico. Essa nacque sulla base dell'impulso a generalizzare, estendere e mettere a fattor comune di tutti i Paesi contraenti e poi ratificanti, gli strumenti più evoluti ideati in talune realtà nazionali. Tra questi, certamente, l'Italia ha svolto un ruolo di primo piano. Non occorre qui tornare sul valore paradigmatico della legislazione dei primi anni ottanta del secolo scorso (c.d. legge Rognoni – La Torre), né sul perfezionamento delle tecniche di organizzazione giudiziaria che hanno consentito di sviluppare un sistema di coordinamento della magistratura requirente, evoluto ed assai efficace. La completezza e il valore del sistema italiano di contrasto, d'altro canto, hanno costituito certamente una delle basi cognitive che hanno informato di sé il tessuto normativo della Convenzione. Ne deriva, comunque, che la Commissione ha assunto i seguenti due orientamenti di metodo e merito sul tema della Convenzione di Palermo.
   a. Metodologicamente appare decisivo svolgere un'analisi relativa al rendimento di alcuni istituti chiave previsti dalla Convenzione. L'effettività delle seguenti disposizioni andrebbe valutata alla luce di un lavoro di raccordo e collazione dei dati riferibili a questo primo ventennio di vita della Convenzione in titolo:
    1. le squadre investigative comuni;
    2. lo scambio di informazioni giudiziarie a fini di prevenzione;
    3. il riavvicinamento delle legislazioni nazionali in termini di fattispecie incriminatrici;
    4. i rapporti tra i pochi ordinamenti che prevedono un sistema di doppio binario repressivo e gli ordinamenti che non dedicano discipline legislative specifiche al fenomeno della criminalità organizzata;
    5. le virtù insite nella formulazione degli obiettivi di indirizzo recati dall'articolo 31 della Convenzione il quale declina le strategie di prevenzione verso la penetrazione delle associazioni criminali nel settore dell'evidenza pubblica così come nell'impiego degli strumenti societari in favore dello sviluppo dei codici di comportamento e di onorabilità, e a salvaguardia dei settori pubblici e degli enti privati.
   b. Rileva avviare una riflessione sistematica sui contenuti, l'impostazione e gli effetti sull'ordinamento italiano, della Pag. 145Risoluzione votata all'unanimità, al termine della nona sessione della Conferenza sulla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale, tenutasi a Vienna nell'ottobre 2018. Essa costituisce la base dell'innovazione dei contenuti della Convenzione, così che la Commissione di inchiesta antimafia non può sottrarsi alla sfida di contribuire a delineare le nuove forme di raccordo delle legislazioni nazionali dei Paesi contraenti, individuando istituti e strumenti da porre al centro del dibattito per il rilancio della Convenzione.