CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 21 febbraio 2019
146.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-01535 Cecconi: Recepimento della direttiva 2013/59 EURATOM riguardante i nuovi limiti per l'esposizione alle radiazioni ionizzanti.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come ricordato nell'atto ispettivo in esame, la Direttiva 2013/59/EURATOM stabilisce norme di sicurezza per la protezione dall'esposizione alle radiazioni ionizzanti, includendo prescrizioni per la protezione dal radon sia nei luoghi di lavoro sia – e questa è una importante novità – nelle abitazioni.
  Dico subito che i lavori finalizzati al recepimento della Direttiva in questione sono iniziati nel giugno 2014 presso il Ministero dello sviluppo economico, che ha costituito un apposito Tavolo, con la partecipazione, tra gli altri, di rappresentanti tecnici dei numerosi Ministeri interessati (ricordo, oltre al Mise ed alla Salute, anche i Ministeri dell'Ambiente, dell'interno, dell'istruzione e della ricerca scientifica, della giustizia, nonché le Regioni e Province Autonome e, infine, il Dipartimento della Protezione civile e l'INAIL).
  Durante i lavori svolti dal Tavolo tecnico sono emersi significativi elementi di criticità tra le tante Amministrazioni coinvolte, che non hanno consentito il conseguimento di un testo pienamente condiviso, e ciò malgrado i successivi sforzi compiuti dal Ministero della salute che, dal mese di ottobre 2017, aveva assunto il coordinamento dei lavori.
  Non potendo entrare in questa sede nel merito delle ragioni, estremamente tecniche, che hanno ostacolato, finora, l'auspicato recepimento, mi limito a dire che esse hanno riguardato l'individuazione delle «autorità competenti», nonché la definizione del sistema sanzionatorio e l'assicurazione, da parte del Ministero dell'Economia e delle Finanze, della effettiva assenza di oneri in relazione alle nuove disposizioni.
  Pur nel protrarsi della cennata situazione di stasi, l'istituto Superiore di Sanità ritiene, comunque, che le iniziative già assunte in ambito nazionale al fine di contrastare i rischi derivanti dal radon pongano l'esperienza italiana tra le migliori in ambito internazionale.
  Fin dall'emanazione del decreto legislativo n. 241 del 2000, che conteneva norme sul radon riscontrato nei soli luoghi di lavoro, infatti, il Ministero della salute ha promosso l'elaborazione del Piano Nazionale Radon (PNR), che solo 10 anni dopo, proprio con la direttiva di cui si discute, è divenuto un obbligo per tutti i Paesi membri dell'Unione Europea.
  Il PNR, peraltro, aveva già l'obiettivo di estendere la protezione dal radon anche alle abitazioni, e di promuovere un adeguato coordinamento di tutte le diverse strutture, nazionali e locali, potenzialmente coinvolte nella protezione dal radon nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro.
  Inoltre, è stato attivato il Gruppo di Coordinamento Nazionale Radon, che si avvale dei rappresentanti di tutte le Regioni, e l'Archivio Nazionale Radon, gestito dall'istituto Superiore di Sanità.
  Infine, l'istituto Superiore di Sanità ha contribuito e sta contribuendo, in piena collaborazione col Ministero della salute, alle stesse attività internazionali sulla protezione dai rischi derivanti dall'esposizione al radon.
  Tra queste, cito solo la partecipazione al più grande studio epidemiologico europeo (pubblicato nel 2005) che ha permesso di valutare in modo affidabile il rischio di Pag. 64tumore polmonare dovuto al radon nelle abitazioni, ed il supporto offerto alla realizzazione di iniziative in vari Paesi per la promozione della protezione dal radon (incluso l'elaborazione dei Piani Nazionali Radon).
  Pur con le cennate rassicurazioni fomite dall'istituto in merito alla validità delle iniziative già intraprese, il Ministero della salute è comunque consapevole che debba giungere, al più presto, il recepimento della Direttiva 2013/59/EURATOM, il quale, tuttavia, potrà conseguire solo in esito ad un pieno accordo da parte delle numerose amministrazioni coinvolte.

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ALLEGATO 2

5-01539 Carnevali: Attuazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Come segnalato dalla interrogazione in esame, la completa operatività del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017 di aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza è, tuttora, subordinata all'entrata in vigore dei nuovi nomenclatori dell'assistenza specialistica ambulatoriale e dell'assistenza protesica (limitatamente agli ausili su misura) da approvarsi con decreto interministeriale di definizione delle tariffe massime nazionali relative alle medesime prestazioni.
  Fino all'approvazione di tale decreto interministeriale, dunque, resteranno in vigore i nomenclatori vigenti prima dell'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2017 e risalenti l'uno al 1996 (specialistica ambulatoriale) e l'altro al 1999 (assistenza protesica).
  Al riguardo, giova sottolineare che molte delle nuove prestazioni sono già erogate da alcune regioni (ad esempio Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana e altre regioni non in piano di rientro dal disavanzo sanitario), perché la normativa vigente consente loro di erogare prestazioni extra LEA se in equilibrio economico e non in piano di rientro. Ne consegue che tali nuove prestazioni innovative (ad esempio adroterapia, PMA, nuove tipologie di dialisi, prestazioni di laboratorio, e altro) sono già – e ovviamente continueranno ad essere – fornite nelle regioni in questione.
  Ciò premesso, con riferimento all'iter in corso sulla definizione delle tariffe, si fa presente che il Ministero della salute, nel novembre 2018, ha elaborato una nuova proposta di tariffe, dopo un ulteriore affinamento della valutazione di impatto resa possibile dalle nuove disponibilità dei dati forniti dal MEF: ciò, in particolare, grazie alla maggiore completezza del flusso informativo della Tessera Sanitaria per le prestazioni di specialistica ambulatoriale.
  Intendo sottolineare che il Ministero della salute seguirà con molta attenzione la procedura relativa alla nuova proposta tariffaria affinché si arrivi, in tempi brevi, alla definizione della stessa.
  In ogni caso, per rispondere allo specifico quesito posto dagli interroganti, si rappresenta che sulla base della relazione tecnica predisposta dai competenti uffici del Ministero, la stima di impatto risulta compatibile con le risorse finanziarie assegnate alle regioni, in applicazione dell'articolo 1, comma 555 della legge 208/2015, laddove, come noto, è prevista la finalizzazione, a valere sulla quota indistinta del fabbisogno sanitario standard nazionale, dell'importo di 800 milioni di euro.

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ALLEGATO 3

5-01536 Rostan: Misure per garantire su tutto il territorio nazionale l'accesso gratuito a prestazioni extra LEA per i pazienti affetti da malattie rare o da fibrosi cistica.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'interrogazione in esame riguarda una questione di particolare rilevanza e, per alcuni profili anche controversa, attinente alla presunta mancanza di legittimità ad erogare prestazioni sanitarie, nonché – in particolare — la necessaria assistenza farmaceutica, al di fuori di quanto riconosciuto nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), da parte delle Regioni sottoposte ad un piano di rientro da eccessivo deficit del settore sanitario.
  In proposito, la competente direzione del Ministero della salute, proprio in relazione al caso citato dagli interroganti, sollevato dalla Regione Puglia, ha ritenuto di precisare, dopo ulteriori approfondimenti, quanto segue.
  Pur confermando l'impossibilità, per le Regioni soggette a Piano di Rientro, di erogare prestazioni «extra-LEA», la Direzione ha evidenziato che, con riferimento alle Malattie Rare, l'ambito di applicazione del DM n. 279/2001 non si estende all'assistenza farmaceutica, che resta regolamentata dalle norme specifiche anche per le persone affette da malattia rara: farmaci in classe A, a totale carico del SSN, e farmaci in classe C, a totale carico del cittadino.
  Secondo le disposizioni nazionali vigenti, quindi, agli assistiti affetti da malattia rara non possono essere erogati a carico del SSN né i farmaci classificati dall'AIFA in classe C, né tanto meno i prodotti non classificati come farmaci, e la loro eventuale erogazione gratuita costituisce un Livello di assistenza ulteriore che può essere garantito, con fondi propri, solo dalle Regioni che non si trovano in piano di rientro.
  Tuttavia, il Ministero ha confermato quanto già precedentemente rappresentato in risposta ad un analogo quesito posto dalla Regione Campania sull'erogazione di prodotti extra-LEA a pazienti affetti da malattie rare.
  Segnatamente, in data 1o settembre 2015, era stato già chiarito che «...resta ferma la possibilità, che la famiglia presenti una specifica istanza alla Asl per l'emanazione di un provvedimento ad hoc che disponga l'erogazione dei prodotti in questione, a seguito di una valutazione clinica che ne attesti la “indispensabilità e insostituibilità”.».
  Quanto allo specifico riferimento alla Fibrosi Cistica, è stato evidenziato che risultano inclusi nei Livelli essenziali di assistenza (e non si configurano pertanto quali prestazioni extra-LEA) l'erogazione a titolo gratuito, delle prestazioni sanitarie, ivi compresa la fornitura gratuita del materiale medico, tecnico e farmaceutico necessario (ossia i farmaci necessari secondo le indicazioni terapeutiche prescritte dai Centri di riferimento regionali a prescindere dalla fascia di rimborsabilità appartenenza), come richiamati dall'articolo 3 della Legge 23 dicembre n. 548, per la cura e la riabilitazione a domicilio dei malati da detta patologia.
  Pertanto, si configura uno spazio entro il quale, ricorrendo determinate condizioni, è possibile alle Regioni sottoposte a piano di rientro, nel caso di prescrizioni emesse nei confronti di pazienti affetti da Pag. 67Fibrosi Cistica, di sbloccare la situazione determinatasi su tali costi «extra LEA», altrimenti insormontabile.
  Concludendo, si ribadisce che per i pazienti affetti da malattie rare, a seguito degli approfondimenti di cui sopra, e in coerenza con quanto già espresso con il citato parere del 2015, è stato chiarito che, ferma restando la linea generale di non rimborsabilità dei prodotti «extra-LEA» nelle Regioni sottoposte a Piano di Rientro per la riqualificazione del Servizio Sanitario Regionale, è già presente uno spazio relativo alla possibilità della valutazione caso per caso da parte delle ASL, per consentire la rimborsabilità in regime di Servizio sanitario nazionale delle prescrizioni emesse dai relativi Centri autorizzati dalla regione.

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ALLEGATO 4

5-01537 Pedrazzini: Attuazione dell'articolo 7 della legge n. 3 del 2018, che individua le professioni sanitarie dell'osteopata e del chiropratico.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito alla questione posta nell'interrogazione parlamentare in esame, si segnala che, subito dopo l'entrata in vigore della legge n. 3 del 2018, questo Ministero si è attivato per dare attuazione all'articolo 7 della medesima legge, che ha individuato, nell'ambito delle professioni sanitarie, le professioni dell'osteopata e del chiropratico, e si è anche proceduto ad attivare appositi incontri tecnici con le Associazioni professionali di riferimento.
  In particolare, si rammenta che l'articolo 7 della legge 3 del 2018, al comma 2, prevede che gli ambiti di attività e le funzioni caratterizzanti le professioni dell'osteopata e del chiropratico, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale, nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti sono stabiliti con Accordo stipulato in sede di Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, e che, con successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio Universitario Nazionale e del Consiglio Superiore di Sanità, sono definiti i relativi ordinamenti didattici della formazione universitaria.
  Considerata la complessità dell'iter procedurale ora descritto, si rappresenta, con specifico riferimento alla figura del chiropratico, che questo Ministero, nel corso del 2018 ha convocato diverse riunioni con le Associazioni professionali interessate, al fine di pervenire alla condivisione di uno schema di Accordo, da inoltrare, previo parere del Consiglio Superiore di Sanità, alla Conferenza Stato-Regioni.
  Tuttavia, occorre segnalare che, nell'ultimo incontro, tenutosi nel dicembre 2018, al quale ha partecipato, a seguito della richiesta di questo Ministero, anche un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono emerse divergenze di posizione tra le stesse Associazioni professionali coinvolte, con particolare riferimento agli aspetti formativi della istituenda figura professionale.
  Invero, è divenuto «dirimente» stabilire se il percorso universitario in Chiropratica debba avere una durata triennale, come per tutte le altre professioni sanitarie di cui alla legge n. 43 del 2006, ovvero quinquennale, come avviene in Francia e in Svizzera, Paesi dove si è particolarmente affermata la pratica della Chiropratica.
  Questo Ministero ha quindi ritenuto opportuno inviare una richiesta di parere in tal senso al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca che, una volta acquisito, consentirà di proseguire, senza indugio, nell'iter per la definizione di tale profilo professionale.
  Anche in relazione alla figura dell'Osteopata si fa presente che nel corso del 2018 sono stati sviluppati i lavori per la definizione del relativo profilo professionale con le Associazioni professionali interessate.
  Gli incontri svoltisi presso il Ministero della salute si sono rivelati particolarmente proficui, in quanto tutte le Associazioni coinvolte sono pervenute ad una Pag. 69piena convergenza sull'individuazione degli ambiti di attività e competenza della figura professionale in questione.
  Inoltre, una particolare attenzione è stata rivolta alla valutazione della formazione attualmente in corso, al fine di individuare i criteri per la valutazione dei titoli che potranno essere riconosciuti equipollenti, tenendo in considerazione anche l'esperienza lavorativa effettuata.
  Pertanto, tenuto conto del lavoro accurato sinora svolto, si ritiene che per la figura dell'Osteopata, se non verranno sollevate osservazioni da parte delle Associazioni professionali coinvolte, si potrà arrivare alla definizione di uno schema di Accordo, da inviare in Conferenza Stato-Regioni, previo parere del Consiglio Superiore di Sanità, già nell'ambito della prossima riunione utile.

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ALLEGATO 5

5-01540 Gemmato: Disposizioni relative all'assistenza ai pazienti con gravi compromissioni neurocerebrali.

TESTO DELLA RISPOSTA

  In merito a quanto delineato nell'interrogazione parlamentare in esame, si precisa che lo schema di decreto recante «Criteri di appropriatezza dell'accesso ai ricoveri di riabilitazione», ancora in via di definizione, per quanto concerne i criteri di appropriatezza dei ricoveri conseguenti ad evento acuto nelle unità operative di disciplina codice 75 «Neuroriabilitazione», prevede, allo stato, che questi sono da considerarsi appropriati se sono attribuibili alla MDC 1 e se tra le diagnosi principali o secondarie del ricovero in acuzie sia indicata la «grave cerebrolesione acquisita», sempre che tra la data di dimissione del ricovero in acuzie e la data di ricovero di riabilitazione intercorra un determinato intervallo temporale.
  Tali criteri sono stati individuati in base al presupposto che, data la specifica connotazione neuroriabilitativa dei suddetti reparti codice 75, fosse opportuno riservare tale « setting» al trattamento di lesioni cerebrali gravi, non realizzabile presso strutture riabilitative di altro livello, a causa della particolare criticità clinico-assistenziale.
  La definizione delle Gravi Cerebrolesioni acquisite, basata sui più recenti orientamenti scientifici in materia, è stata riportata in altra parte del decreto, ai cui sensi «Si definiscono pazienti affetti da «grave cerebrolesione acquisita» (GCA) i pazienti intesi come persone affette da danno cerebrale, di origine traumatica o di altra natura, tale da determinare una condizione di coma con punteggio GCS inferiore o uguale a 8 e protratto per almeno 24 ore, ed associate menomazioni sensomotorie, cognitive o comportamentali, che comportano disabilità grave che presentano tra le diagnosi, principali o secondarie della SDO del reparto per acuti, almeno un codice ICD9-CM elencato nell'Allegato 1».
  Per i pazienti affetti da patologie di origine neurologica non rientranti nella definizione di Gravi Cerebrolesioni acquisite, o affetti da patologie di altra natura che, a causa della loro complessità clinica e assistenziale, richiedessero trattamenti riabilitativi con particolari caratteristiche di intensità, lo schema di decreto in questione prevede tre diversi livelli di complessità per le unità operative di disciplina codice 56 (Recupero e riabilitazione funzionale), tra i quali il livello di riabilitazione intensiva ad alta complessità (codice 56 a) con caratteristiche di alta intensità assistenziale. Gli altri due livelli riguardano, invece, i ricoveri di riabilitazione intensiva a minore complessità (codice 56 b) ed i ricoveri di riabilitazione estensiva (codice 56 c).
  In estrema sintesi, si deve ritenere che i livelli di complessità sono correlati a specifici criteri di appropriatezza, diversi per i ricoveri conseguenti ad evento acuto e per i ricoveri non conseguenti ad evento acuto; essi, inoltre, sono basati sulla presenza – nella SDO del ricovero di riabilitazione –, di codici ICD9-CM rappresentativi di situazioni di complessità clinico-assistenziale per comorbilità da patologie concomitanti ed interagenti con la prognosi Pag. 71riabilitativa, tali da aggravare il percorso diagnostico, clinico-terapeutico e assistenziale.
  Nel concludere, intendo precisare che l’iter di adozione del decreto in parola non è ancora concluso, poiché, dopo essere stato partecipato alle società scientifiche ed alle principali associazioni di erogatori e dei pazienti e dopo aver ricevuto il parere del Consiglio Superiore di Sanità, esso dovrà ricevere il parere della Conferenza Stato-Regioni.

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ALLEGATO 6

5-01538 D'Arrando: Iniziative per ricostituire la Consulta nazionale per la salute mentale.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Desidero ringraziare gli Onorevoli interroganti per l'atto ispettivo in esame, in quanto esso mi consente di segnalare che, con decreto ministeriale del 24 gennaio 2019, il Ministro della salute ha già provveduto ad istituire un Tavolo di lavoro tecnico sulla salute mentale.
  Mi permetto, allora, di illustrare gli obiettivi di tale tavolo.
  Di certo, la prima mission dell'organismo risiede nel rafforzamento delle iniziative rivolte alla prevenzione e cura dei «quadri» psicopatologici, attraverso l'individuazione di percorsi terapeutici sempre più adeguati ai bisogni dei pazienti con disagio psichico, nonché alle necessità dei loro familiari e degli operatori sanitari preposti alla presa in carico: ciò, peraltro, anche al fine di ridurre il ricorso al trattamento sanitario obbligatorio/volontario e, quindi, i costi che comportano gli interventi socio-sanitari.
  Negli ambiti del Tavolo verrà avviato, altresì, un confronto con i principali «attori» del processo di cura in salute mentale, onde acquisire ogni utile informazione per individuare ulteriori interventi per la prevenzione, la cura e la riabilitazione dei soggetti portatori di disagio psichico.
  Infatti, al Tavolo di lavoro vengono assegnati i seguenti compiti:
   1) verificare lo stato di implementazione delle linee guida, documenti scientifici e accordi in Conferenza Stato-Regioni ed Unificata, in attuazione del Piano di azioni nazionale per la salute mentale;
   2) verificare l'appropriatezza dei percorsi di trattamento e riabilitazione erogati dai servizi territoriali e dai servizi psichiatrici di diagnosi e cura;
   3) approfondire l'esistenza di eventuali criticità riscontrate nei servizi territoriali, ed elaborare proposte per il loro superamento e per l'ottimizzazione della rete dei servizi, attraverso il loro potenziamento;
   4) proporre azioni operative e normative che favoriscano l'attuazione dei più appropriati modelli di intervento per la diagnosi, la cura e la riabilitazione psicosociale dei portatori di disagio psichico, finalizzati alla riduzione dei trattamenti sanitari obbligatori e volontari, della contenzione meccanica e della stessa terapia farmacologica.

  Desidero aggiungere che il Tavolo ha la durata di tre anni, ed è composto da rappresentanti istituzionali centrali e regionali, nonché da rappresentanti di istituti nazionali, delle società scientifiche, delle associazioni di familiari, e dei vari Ordini professionali.
  Inoltre, a conferma della necessità di un confronto sul tema sempre aperto agli altri attori istituzionale e della società civile, potranno essere invitati a partecipare ai lavori del Tavolo ulteriori rappresentanti di istituzioni pubbliche, associazioni e di altre società scientifiche.
  Concludo dando piena assicurazione che il tema del disagio psichico riveste carattere di assoluta priorità per il Ministero della salute: circostanza, questa, testimoniata non da vuote formule programmatiche ma da iniziative concrete come quella, appena illustrata.