CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 24 gennaio 2019
131.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Interrogazione n. 5-01291 Ehm: Sulla riapertura dell'Ambasciata italiana a Damasco.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Abbiamo più volte sottolineato come il conflitto siriano possa trovare una soluzione solo attraverso un processo politico credibile in linea con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU n. 2254. Ed è in questa direzione che si rivolge il nostro impegno per una pace duratura in Siria, puntando a facilitare la ripresa dei negoziati a Ginevra e auspicando che, nel frattempo, sia effettivamente convocato il Comitato costituzionale, così come annunciato lo scorso dicembre dal Gruppo di Astana.
  Il livello di attenzione su questa drammatica crisi va quindi tenuto alto, anche alla luce delle rinnovate tensioni tra Israele e Siria e dei pericoli concreti di allargamento della crisi su scala regionale. Allo stesso tempo, restiamo convinti che occorre continuare a rispondere alle pressanti emergenze umanitarie e rispondere in modo efficace alle drammatiche esigenze di base della popolazione siriana, in stretto coordinamento con le agenzie ONU.
  Sulla nostra presenza diplomatica a Damasco, vorrei innanzitutto precisare che l'Ambasciata non è mai stata chiusa. Dal 2012 ne è stata sospesa temporaneamente l'operatività, ma essa è tuttora parte integrante della nostra rete diplomatico-consolare e, sotto il profilo amministrativo, non sussistono pertanto problemi alla sua completa riattivazione. Per il resto, non posso che rifarmi a quanto detto dal Ministro Moavero Milanesi nella risposta a un question time in Aula Camera lo scorso 16 gennaio. E cioè che, considerato l'insieme dei più recenti sviluppi in Siria, stiamo valutando ogni ipotesi, incluso l'eventuale innalzamento del livello del nostro rappresentante diplomatico presso l'ambasciata stessa. Si tratta di un'iniziativa di analisi, diretta a metterci in condizione di poter disporre di ogni elemento al fine di essere pronti, se necessario, a discutere i modi dovuti e adottare le decisioni migliori.
  Abbiamo recentemente avvicendato l'Incaricato d'Affari dato che il precedente era rimasto in servizio oltre otto anni. Analogamente al suo predecessore, il nuovo Incaricato d'Affari continua ad essere basato a Beirut e ad attenersi strettamente alla posizione adottata dall'Unione europea per quanto riguarda i rapporti con le Autorità siriane. Da Roma un Coordinatore per la Crisi Siriana continua a mantenere il dialogo con i suoi omologhi europei e dei principali Paesi interessati e con l'opposizione.

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ALLEGATO 2

Interrogazione n. 5-01292 Delmastro Delle Vedove: Sulla firma del «Trattato di Aquisgrana» di cooperazione tra Francia e Germania.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La cooperazione fra Germania e Francia non è certo una novità ad Aquisgrana ma affonda le proprie radici in un lungo percorso iniziato con il Trattato dell'Eliseo del 1963, la cui firma fu tappa fondamentale del riavvicinamento franco-tedesco e della riconciliazione dopo le due guerre mondiali.
  Il Trattato di Aquisgrana si prefigge di rafforzare tale cooperazione e di aggiornarla sulla base del mutato contesto europeo e internazionale. È strutturato in cinque aree prioritarie di cooperazione, con una dimensione europea più elaborata rispetto agli anni Sessanta, confermando nel contempo la propensione a svolgere un ruolo di motore politico dell'Unione.
  In questa sede mi pare interessante menzionare un paio di punti. Il primo è citato nel preambolo del trattato, dove Francia e Germania si impegnano ad approfondire la collaborazione a livello di politica europea. Una cooperazione finalizzata a «favorire l'unità, l'efficacia e la coesione dell'Europa» mantenendola «aperta a tutti gli Stati membri dell'UE».
  Il secondo punto, menzionato anche dall'Onorevole interrogante, riguarda la previsione di consultazioni regolari prima dei principali appuntamenti europei. Ciò in realtà riflette la prassi esistente (non solo tra Francia e Germania). La novità è che non si limita alla fase «ascendente» ma anche a quella «discendente», laddove si afferma che le Parti si coordineranno sulla trasposizione del diritto UE nel loro diritto nazionale. Anche la prassi dei periodici Consigli dei ministri congiunti era già prevista dal Trattato dell'Eliseo. Il trattato di Aquisgrana la codifica in modo più preciso.
  Altro punto che vorrei sottolineare è il fatto che il Trattato non include riferimenti ad una «zona franca di libero scambio» tra i due Paesi (essendo peraltro la libertà di scambio tra gli Stati membri già garantita dai Trattati UE), né appare prevedere misure distorsive della libera concorrenza nel Mercato unico europeo. Semmai è la parte relativa alla zona economica integrata, dotata di regole comuni quella potenzialmente in grado di avere il maggiore impatto a livello europeo. Eventuali avanzamenti verso crescenti forme di integrazione franco-tedesca in un ambito non completamente armonizzato potrebbero «predeterminare» un modello per successivi sviluppi in ambito UE.
  Anche il sostegno di Parigi alle aspirazioni tedesche ad un seggio permanente in Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite non è una novità. Tuttavia, la sua codificazione quale «priorità della diplomazia franco-tedesca» va certamente in direzione contraria rispetto al dibattito tuttora in corso a livello europeo sull'ipotesi di un «seggio UE» in Consiglio di Sicurezza, come riaffermato dal presidente Conte ieri al vertice di DAVOS.
  In generale, quindi, il Trattato non sembra innovare molto e non fa compiere grandi salti di qualità alla collaborazione franco-tedesca. Sembra piuttosto un quadro di riferimento per meglio strutturare prassi di raccordo già sviluppatesi nel corso degli scorsi decenni. Da un punto di vista strettamente giuridico, non sembrerebbero rilevarsi profili di incompatibilità del testo del Trattato in parola con il diritto dell'UE, Pag. 33anche alla luce della presenza di un'apposita clausola di salvaguardia europea contenuta nel preambolo del testo, laddove si stabilisce che le Parti agiscono «conformemente alle loro rispettive regole costituzionali e giuridiche nazionali e nel quadro giuridico dell'Unione europea».
  Ad ogni modo, questo Governo non mancherà di vigilare affinché l'attuazione di questo Trattato non infici lo spirito e i valori fondanti dell'UE e non vada contro le norme comunitarie, rischiando in tal modo di mettere a repentaglio la casa comune europea.

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-01293 Fitzgerald Nissoli: Sulla mancata erogazione dei fondi per i corsi di lingua italiana a Montreal.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il MAECI favorisce la diffusione della lingua e cultura italiana nel mondo attraverso diversi strumenti, tra cui il capitolo di bilancio 3153, con il quale si erogano contributi all'organizzazione di corsi, prevalentemente per alunni di età scolare. A norma della circolare in materia (la 13 del 2003), l'erogazione degli importi assegnati è condizionata dall'esame dei bilanci consuntivi dell'anno precedente, che pervengono solitamente entro il mese di aprile. Gli enti beneficiari sono tenuti a presentare un bilancio di cassa, contenente tutte le entrate e le uscite. A fine anno devono inoltre essere recuperati eventuali saldi attivi, cioè le risorse non spese durante l'esercizio finanziario.
  È importante tener presente che i contributi del capitolo 3153 non sono da considerarsi come un finanziamento a copertura di tutti i costi. L'ente deve innanzitutto utilizzare le risorse proprie e, in seconda battuta, quelle ministeriali. Ciò che avanza a fine anno va restituito ma il recupero di tali somme non comporta una riduzione del margine d'azione degli enti gestori. L'entità delle risorse proprie non è un dato accessorio, ma un elemento rilevante per la definizione dei contributi ministeriali. Per la loro erogazione, infatti, si tiene conto, tra l'altro, di aspetti quali la serietà e l'affidabilità dell'Ente in relazione al livello delle attività promosse, alla gestione finanziaria e amministrativo-contabile nel complesso, anche sulla base delle risultanze del bilancio consuntivo annuale e l'impegno dell'ente per il reperimento di risorse proprie e la capacità di autofinanziamento dello stesso.
  La Farnesina annette particolare importanza alle attività in Nord America e in Canada, tra cui l'area del Québec. Nella circoscrizione che fa capo al Consolato Generale a Montreal per il 2018 è stata prevista l'assegnazione di contributi a tre enti gestori: CESDA, PICAI e, ad Halifax, a ICCA.
  All'ente CESDA si sono potuti erogare per il 2018 19.974 euro. Una cifra inferiore rispetto ai 36.000 euro assegnati all'inizio dell'anno, poiché vi era un saldo attivo a chiusura dell'esercizio finanziario 2017. Viceversa, all'ente ICCA di Halifax si è potuto erogare l'intero contributo assegnato, pari a 40.000 euro.
  La gestione economica e finanziaria da parte del PICAI si è rilevata di più difficile decifrazione. L'Ente gestore aveva beneficiato di fondi a valere sul Capitolo 3153 fino all'esercizio finanziario 2013. Successivamente, in base al parere della competente Ambasciata, le erogazioni sono state interrotte, essendo emerso che l'Ente non aveva dichiarato in bilancio tutte le entrate. Dal 2017 si è voluto riporre nuovamente fiducia nell'ente in questione, anche sulla base delle valutazioni favorevoli del Consolato Generale a Montreal e dell'Ambasciata a Ottawa, ristabilendo l'erogazione di un contributo.
  Tuttavia, lo scorso anno sono emerse incongruenze riconducibili alla mancata iscrizione in bilancio di tutte le entrate ed uscite. Sono tuttora in corso, per il tramite del Consolato Generale, i contatti con l'Ente gestore ai fini di una corretta rappresentazione in bilancio di tutti i movimenti finanziari. Da parte del Ministero, nell'auspicio di un chiarimento Pag. 35della situazione, sono stati comunque accantonati i fondi assegnati nel 2018, che sono quindi ancora erogabili. L'importo esatto dipenderà, al termine delle verifiche in corso da parte del Consolato Generale, dalla definizione dell'ammontare del saldo attivo da recuperare. Tali verifiche vengono condotte nel modo più rapido possibile e tenendo conto della necessità prioritaria di assicurare agli alunni dei corsi e alle loro famiglie la massima continuità didattica. Per questo contiamo sulla piena e fattiva collaborazione dell'ente interessato.

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ALLEGATO 4

5-01294 Quartapelle Procopio: Sullo stato delle relazioni diplomatiche tra Italia e Francia.
5-01295 Lupi: Sullo stato delle relazioni diplomatiche tra Italia e Francia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  I recenti scambi sul piano della comunicazione tra Roma e Parigi hanno certamente messo in luce alcune divergenze a livello politico tra Italia e Francia in alcuni settori strategici delle politiche europee, a cominciare dal settore migratorio. Esse, tuttavia, non sono tali da rimettere in discussione la natura delle relazioni bilaterali tra Italia e Francia, che restano profonde, intense e radicate in scelte comuni di valori e alleanze. Come ha detto ieri il Presidente del Consiglio Conte, «Italia e Francia hanno una tradizione di rapporti che non viene messa in discussione, si tratta di affrontare i temi politici critici che sono nell'agenda attuale europea e internazionale di politica estera, in modo molto sereno».
  È importante tenere a mente il contesto più generale in cui si sono svolti tali scambi dialettici. Le prossime elezioni al Parlamento Europeo, per la prima volta, vedono una vera competizione politica tra visioni diverse dell'Europa e del futuro dell'Europa. Di conseguenza, le logiche tipiche di una campagna elettorale tendono a importare una dialettica e toni che non siamo ancora abituati ad avere su scala europea perché più tipica dei dibattiti interni agli Stati. È una dinamica che riguarda e riguarderà tutti i Paesi europei, non solo Roma e Parigi.
  È, inoltre, ben noto come su alcuni temi, in particolare quello migratorio, le posizioni dei governi italiano e francese non coincidano. Non lo scopriamo certamente oggi ed è normale che possa essere così anche fra Paesi amici. D'altra parte questa divergenza riflette le divisioni esistenti in Europa sul tema migratorio e dipende da queste. Ciò ha impedito all'UE di compiere progressi sostanziali su questo fronte dal Consiglio europeo di giugno 2018, sia per la dimensione interna sia per la dimensione esterna.
  Come ha detto il Presidente Conte, «continueremo a lavorare con le istituzioni di governo francesi – oltreché europee e di altri Paesi – fianco a fianco per trovare soluzioni condivise». Sul piano politico, il dialogo continua a caratterizzarsi per costanza e regolarità, come testimoniano i molteplici incontri bilaterali tra esponenti di governo susseguitisi negli ultimi mesi. Basti solo pensare ai ripetuti incontri fra il Ministro Moavero Milanesi e il Ministro francese Le Drian. In riferimento a quanto sollevato dall'Onorevole Quartapelle, il progetto del Trattato del Quirinale rappresenta soltanto uno dei potenziali strumenti in cui si può articolare la fitta rete della collaborazione bilaterale tra Italia e Francia.

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ALLEGATO 5

Interrogazione n. 5-01296 Boldrini: Sull'impegno del Governo per il definitivo accertamento della verità sull'assassinio di Giulio Regeni.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il Governo italiano attribuisce massima priorità alla ricerca della verità sulla barbara uccisione di Giulio Regeni ed è pienamente impegnato affinché il Cairo assicuri piena ed efficace cooperazione giudiziaria sul caso. Con questo spirito, continuiamo a sollecitare le Autorità egiziane ad agire rapidamente per rispettare l'impegno, assunto al più alto livello politico, di raggiungere «risultati definitivi» e consegnare i colpevoli alla giustizia, come ricordato dal Presidente Conte al Presidente Sisi a margine della Conferenza di Palermo sulla Libia nel novembre scorso.
  Tali elementi sono stati ribaditi dal Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Enzo Moavero Milanesi, che ha formalmente convocato alla Farnesina il 30 novembre l'Ambasciatore della Repubblica Araba d'Egitto in Italia, Hisham Badr, per sollecitare le Autorità egiziane al rispetto dell'impegno di fare piena luce su quanto accaduto a Giulio Regeni. Il Ministro Moavero ha inoltre sottolineato come gli esiti dell'ultima riunione svoltasi a Il Cairo tra magistrati italiani ed egiziani abbiano determinato una forte inquietudine in Italia, reiterando l'esigenza da parte italiana di vedere concreti sviluppi investigativi, quali la decisione da parte egiziana di rinvio a giudizio dei sospettati o l'ottenimento di nuove importanti evidenze investigative.
  Il raggiungimento di una piena ed efficace cooperazione giudiziaria sul caso è peraltro costantemente evocato dal nostro Ambasciatore al Il Cairo, Gianpaolo Cantini, in tutti i suoi contatti con le Autorità egiziane. Sin dalla data del suo arrivo nella capitale egiziana il 14 settembre 2017, la presenza dell'Ambasciatore Cantini al Il Cairo, ha permesso di portare avanti una assidua azione di sensibilizzazione a tutti i livelli. I risultati ottenuti nell'ultimo anno e mezzo, tra cui la consegna del fascicolo d'indagine e la complessa attività investigativa congiunta sull'analisi dei video della metropolitana, dimostrano la perdurante validità di tale approccio. Si tratta chiaramente di sviluppi parziali che devono ora portare senza ulteriori indugi a risultati definitivi, come ribadito dal Ministro Moavero.
  Sulla base di queste direttrici di azione, resta ferma la determinazione del Governo italiano a proseguire nella ricerca della verità sull'uccisione di Giulio Regeni, e mantenere alta l'attenzione sulla situazione dei diritti umani in Egitto, attraverso le opportune sensibilizzazioni condotte tanto sul piano bilaterale quanto in coordinamento con i Paesi partner. Rilevano in tal senso le dichiarazioni finali rilasciate dall'Unione europea in occasione del Consiglio di Associazione con l'Egitto del 20 dicembre scorso, che invitano le Autorità egiziane, «a fare luce senza ulteriori indugi sulle circostanze della morte» di Giulio e «a identificare e perseguire chi si è reso responsabile» della sua barbara uccisione.

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ALLEGATO 6

Interrogazione n. 5-00929 Ehm: Sulla situazione politica in Camerun.

TESTO DELLA RISPOSTA

  A livello diplomatico, l'Italia, in stretto coordinamento con l'Unione europea, monitora costantemente le manifestazioni di protesta in atto da circa due anni nelle regioni anglofone del Camerun e contribuisce attivamente all'azione dell'UE volta a favorire possibili soluzioni di mediazione e invitare tutte le parti in causa ad astenersi da ogni atto di violenza.
  La Farnesina ha in numerose sedi espresso preoccupazione per gli eventi in Camerun e auspica una pronta normalizzazione della situazione, anche attraverso riforme volte ad assicurare un maggiore decentramento. In occasioni di recenti incontri politici, da ultimo l'incontro fra il Min. Moavero e l'omologo camerunense Mbella Mbella a margine della seconda edizione della Conferenza Italia-Africa, il nostro Paese si è detto disponibile a collaborare con il governo camerunense alla realizzazione di queste riforme.
  Va dato atto che il Governo camerunense, nel ribadire l'insindacabile unità del Paese, ha riaffermato la volontà di attuare le riforme necessarie per la normalizzazione della situazione nelle due regioni. Yaoundé ha risposto alla crisi con intransigenza verso i gruppi armati e allo stesso tempo con l'impegno a realizzare riforme a favore degli interessi delle popolazioni anglofone, come l'introduzione dell'insegnamento di elementi di common law nelle università camerunensi, la creazione una Camera speciale per il diritto anglosassone in seno alla Corte Suprema e l'istituzione di un Ministero per il Decentramento. È stata inoltre costituita ed è già operativa la Commissione Nazionale sul Multilinguismo e Multiculturalismo e sono state disposte 1.000 assunzioni di professori di lingua inglese. A marzo 2018 con un gesto di apertura verso le istanze autonomiste, il Presidente Paul Biya ha leggermente modificato la composizione del Governo, affidando due dicasteri chiave (Istruzione secondaria e Amministrazione territoriale) a politici anglofoni.
  Vorrei ora offrirvi un quadro su quello che fa il nostro Paese in concreto sul campo. L'Italia è impegnata per favorire l'armonizzazione delle diverse componenti etniche, linguistiche e religiose del Camerun nelle regioni anglofone. Nel 2018 abbiamo disposto un contributo di 500.000 euro a favore del Fondo UN WOMEN per garantire una maggiore protezione alle donne e ragazze vittime di violenze di genere nelle zone del Sud-Ovest e Nord-Ovest del Paese.
  Siamo anche impegnati a favore delle regioni del Paese colpite dalle attività terroristiche di Boko Haram, che opera dal confinante Stato nigeriano di Borno. L'Italia ha, infatti, sostenuto la decisione dell'UE di concedere un contributo di 50 milioni di euro per sostenere la Multi-National Joint Task Force, costituita da Benin, Camerun, Ciad, Niger e Nigeria per contrastare Boko Haram.
  Il nostro Paese è, inoltre, attivo sul fronte della risposta all'emergenza umanitaria nella regione del Lago Ciad ed ha confermato lo stanziamento di 15 milioni di euro da utilizzarsi nel triennio 2017 – 2019 per programmi di sviluppo in favore delle popolazioni della regione. Nel quadro di questi interventi, per il 2018, è programmata un'iniziativa regionale del valore di 3,6 milioni di euro da realizzarsi in Camerari e Ciad nei settori della sicurezza alimentare e nutrizione, salute, igiene, accesso Pag. 39all'acqua potabile. Tali programmi di assistenza rivestono particolare importanza in quanto, alleviando le sofferenze della popolazione, contribuiscono ad attenuare le tensioni tra gruppi etnici e religiosi per il controllo delle risorse.
  In conclusione, fermo restando che la Repubblica del Camerun considera la questione anglofona come puramente interna al Paese, l'Italia, coerentemente con la posizione maturata in seno all'Unione europea, continuerà, in tutte le sedi opportune, a sollecitare le Autorità camerunesi a proseguire gli sforzi per ottenere delle soluzioni durevoli che siano nell'interesse di tutti i camerunesi e che rispettino i diritti e le libertà civili, nonché l'unità e l'integrità territoriale della Repubblica del Camerun.

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ALLEGATO 7

Interrogazione n. 5-00765 Quartapelle Procopio: Sul fermo del presidente dell'Interpol.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispetto ai fatti riportati nel testo dell'interrogazione dell'On. Quartapelle, si conferma la messa in stato di arresto e la successiva detenzione di Meng Hongwei sulla base di un comunicato ufficiale emesso lo scorso ottobre dalla Commissione Centrale per l'Ispezione della Disciplina (CCDI) e dalla Commissione Nazionale per la Supervisione (NSC), i due principali organi cinesi coinvolti nel contrasto alla corruzione.
  La vicenda va quindi letta alla luce della campagna in corso di lotta alla corruzione, che ha coinvolto diversi esponenti di spicco del Governo e del Partito. Restano tuttavia ignote, al netto delle ricostruzioni fornite dalla stampa internazionale, le modalità con cui l'arresto è stato effettuato. Mancano anche riferimenti specifici sui termini delle indagini a suo carico e sui capi d'accusa contestatigli.
  Sul punto si è espresso nel mese di ottobre il Ministero cinese di Pubblica Sicurezza in un comunicato stampa. In esso si parla di «tempestività delle indagini a carico di Meng, che dimostrano come non ci siano privilegi o eccezioni dinanzi alla legge e come nessuno possa sfuggire alla punizione per i crimini commessi».
  Quasi in contemporanea, il 7 ottobre 2018, il Segretariato Generale dell'Interpool ha annunciato di aver ricevuto dallo stesso Meng una lettera di dimissioni dal suo incarico di Presidente dell'Organizzazione con effetto immediato. Il successore è stato nominato il 21 novembre 2018, nel corso dell'Assemblea Generale di Interpol di Dubai: il sudcoreano Kim Jong Yang.
  Nel corso di tale vicenda, è stata espressa preoccupazione dell'Italia, come degli altri Stati membri, per assicurare in ogni momento la piena operatività dell'Interpol. L'Italia continua a considerare Interpol un'organizzazione importante per promuovere la cooperazione internazionale nel contrasto al crimine organizzato, al terrorismo, ai traffici illeciti: basta considerare il ruolo positivo svolto dall'Ufficio di Lione nell'arresto in Bolivia di Cesare Battisti. Ed è proprio in considerazione dell'alto valore di foro di collaborazione pratica tra forze di polizia che auspichiamo Interpol venga salvaguardata da qualsiasi tentativo di strumentalizzazione politica.

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ALLEGATO 8

Interrogazione n. 5-01158 Delmastro Delle Vedove: Sulla crisi doganale in atto tra la Serbia e il Kosovo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il dialogo fra Belgrado e Pristina facilitato dall'UE sta attualmente attraversando una fase delicata. In tale contesto vanno inquadrate le misure adottate dal Kosovo che hanno elevato dazi sulle merci provenienti dalla Serbia (e dalla Bosnia-Erzegovina) e hanno vietato l'ingresso nel territorio kosovaro di quei prodotti con diciture non in linea con il nome costituzionale del Paese.
  Vi sono certamente degli aspetti tecnici legati a tale questione. La Serbia ritiene le misure del Kosovo contrarie alle regole dell'Accordo centro-europeo di libero scambio (CEFTA), di cui sono parte entrambi i Paesi. Il Kosovo accusa la Serbia (e la Bosnia-Erzegovina) di porre ostacoli non tariffari all'importazione di merci kosovare, da Pristina considerati ugualmente contrari all'Accordo. Per questo il Kosovo ritiene di essere legittimato a imporre nuovi dazi considerandoli una contromisura contro le violazioni serbe e bosniache. Su questo fronte, l'Italia ha subito sostenuto l'iniziativa della Commissione Europea che ha offerto la propria assistenza tecnica per favorire il superamento di ogni contrasto di natura tecnico-commerciale tra i due Paesi.
  A parte gli aspetti tecnici, vi è però anche una dimensione politica, che appare prevalente. Per questo il Governo italiano ha innanzitutto evitato di farsi coinvolgere nel dibattito su chi abbia la maggiore responsabilità dell'attuale fase di stallo del dialogo facilitato: se il Kosovo, a seguito all'introduzione delle tariffe, o la Serbia, attraverso la campagna contro l'adesione del Kosovo ad Interpol o quella condotta, da un anno circa a questa parte, per una pronuncia di «disconoscimento» della sua statualità da parte di Paesi che l'hanno già riconosciuta.
  In secondo luogo, l'Italia continua a mantenere uno stretto raccordo con l'UE e gli altri Paesi del «Quint» (oltre all'Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti) chiedendo a entrambi i Paesi di astenersi da qualsiasi iniziativa suscettibile di elevare ulteriormente la tensione e di riprendere quanto prima il dialogo.
  Abbiamo inoltre sfruttato tutte le occasioni di interlocuzione con le Autorità kosovare per sostenere la necessità di revocare l'introduzione delle tariffe o di sospenderne l'applicazione quale mezzo per favorire un abbassamento della tensione e creare un clima favorevole alla ripresa del negoziato.
  Riteniamo che la conclusione tra Serbia e Kosovo di un accordo di normalizzazione giuridicamente vincolante resti l'unica prospettiva percorribile nei rapporti tra i due Paesi nonché un elemento chiave nella stabilizzazione della regione e un presupposto per il loro rispettivo percorso di avvicinamento all'UE.
  Continueremo a seguire la questione con la massima attenzione. Registriamo nel frattempo due fatti positivi: la mancata adozione di contro-misure da parte di Belgrado e l'istituzione da parte del Parlamento di Pristina di una delegazione statale per il dialogo. Si tratta di segnali incoraggianti, che indicano come la ripresa del dialogo facilitato dalla UE sia in realtà tuttora considerata anche da parte di Serbia e Kosovo l'unica prospettiva possibile.

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ALLEGATO 9

Interrogazione n. 5-00944 Andrea Romano: Sulla dichiarazione conclusiva della consultazione annuale del Fondo Monetario Internazionale sull'Italia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Per rispondere all'interrogazione dell'On. Romano, vado ora a leggere gli elementi forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, competente in materia.
  La notizia apparsa a mezzo stampa (Corriere della Sera del 14 novembre 2018), secondo cui le Autorità italiane abbiano posto un veto alla pubblicazione della dichiarazione conclusiva (cd. concluding statement) della consultazione annuale ex Articolo IV dello Statuto FMI sull'Italia, è del tutto infondata.
  Anche quest'anno, al termine della missione per le consultazioni sullo stato dell'economia italiana (13 novembre 2018), il Direttore del Dipartimento europeo del FMI, Poul Thomsen, e il capo missione, Rishi Goyal, hanno presentato alle nostre Autorità, il Governatore della Banca d'Italia e il Ministro dell'economia, una dichiarazione conclusiva con la descrizione dei risultati preliminari della missione. I contenuti e le opinioni espresse in questa dichiarazione sono di esclusiva responsabilità della delegazione del FMI. La redazione del predetto documento è preceduta dalle interlocuzioni avute nel corso della consultazione con le Autorità italiane, delle cui osservazioni la delegazione FMI può tenere conto nel cd. concluding statement secondo il proprio insindacabile giudizio, essenzialmente nella misura in cui siano utili ad evitare errori fattuali o evidenti incomprensioni ed ambiguità.
  Come di consueto, anche in questa circostanza, le Autorità italiane hanno acconsentito alla pubblicazione della dichiarazione che è stata infatti resa disponibile sul sito web del FMI lo stesso giorno della conclusione della missione (https://www.imf.org/en/News/Articles/2018/11/13/-ms111318-italy-staff-concluding-statement-of-the-2018-article-iv-consultation).

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ALLEGATO 10

Interrogazione n. 5-01159 Delmastro Delle Vedove: Sulla tutela dei monasteri ortodossi in Kosovo.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Il quadro di sicurezza nella Repubblica del Kosovo è andato progressivamente migliorando a partire dall'indipendenza e risulta al momento stabile.
  Nel Paese non si registrano attualmente particolari tensioni religiose. Gli stessi atti vandalici compiuti tra il 1999 ed il 2004 contro siti ed edifici religiosi ortodossi, più che ad una matrice prettamente religiosa, erano da collegare alle tensioni e violenze interetniche – che hanno infatti interessato anche numerosi edifici civili e privati – tra kosovari di lingua albanese e di lingua serba, a seguito dei tragici eventi collegati al conflitto culminato con l'intervento NATO nella primavera del 1999.
  Permangono, certamente, alcuni elementi di fragilità, anche in ragione delle complesse ed ancora non normalizzate relazioni con la Serbia. I potenziali rischi per la sicurezza motivano la perdurante presenza della missione NATO-KFOR, attualmente guidata – per la decima volta dal suo dispiegamento e per il sesto mandato annuale consecutivo – da un generale italiano. L'ampiezza della missione è andata tuttavia decrescendo in linea con la sinora positiva evoluzione sul terreno, che ha consentito di ridurre progressivamente i siti religiosi ortodossi oggetto della sorveglianza diretta da parte delle forze NATO, ora limitati al solo caso del Monastero di Decani. Alla base di tali positivi sviluppi vi sono anche le crescenti capacità dello Stato e della Polizia del Kosovo, che nelle zone abitate dai Serbi è composta anche da personale serbo, come previsto dalle intese raggiunte nel corso degli anni nel quadro del dialogo tra Pristina e Belgrado facilitato dall'UE.
  La missione NATO-KFOR rimane comunque in generale il «third responder» in materia di sicurezza, dopo la Polizia del Kosovo e la missione europea EULEX. In tale quadro è opportuno che le attuali capacità operative di KFOR atte a garantire la capacità e l'efficacia dell'espletamento della propria missione siano mantenute ad un livello adeguato – e a questo l'Italia attribuisce una importanza prioritaria.
  Allo stesso modo, l'Italia è particolarmente impegnata nel sostegno alle Autorità della Repubblica del Kosovo nel settore dello Stato di diritto, al fine di favorire lo sviluppo duraturo di capacità e professionalità adeguate ad un'efficace lotta e prevenzione anche alla radicalizzazione religiosa ed al terrorismo. Queste ultime rientrano tra le priorità dell'azione del Governo di Pristina, impegnato nella prevenzione e nel contrasto di tali fenomeni e firmatario delle intese internazionali in materia.
  Va infine rilevato come la tutela del patrimonio culturale – incluso quello religioso – sia prevista dalle vigenti leggi della Repubblica del Kosovo, la cui Costituzione tutela le minoranze e la libertà religiosa e di culto.