CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 13 ottobre 2021
675.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (Atto n. 285).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA
DAL GRUPPO MISTO – L'ALTERNATIVA C'È

  La II Commissione,

   esaminato lo schema di decreto legislativo in epigrafe indicato;

   premesso che:

    l'articolo 2, Dichiarazioni di autorità pubbliche sulla colpevolezza delle persone fisiche sottoposte a procedimento penale, introduce il divieto per le autorità pubbliche di indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini ovvero l'imputato fino a quando la colpevolezza non sia stata accertata con provvedimento irrevocabile di condanna.
    Ciò posto, qualora si verifichi la violazione, l'interessato ha diritto di rettifica della dichiarazione stessa, la quale se fondata – come prescritto dal comma 3 – obbliga l'autorità da cui è promanata a rettificare non oltre le quarantotto ore.
    Circoscrivere i tempi di rettifica in un lasso di tempo tanto esiguo non può che generare ulteriore aggravio in termini di lavoro per i Magistrati, i quali impiegheranno tempo e risorse per organizzarne la diffusione fermo restando l'altro onere, quello di comunicazione, che potrebbe riguardare anche più soggetti di un procedimento e rispetto al quale non sono esplicitate le modalità. A ciò si aggiunga che l'interessato, in caso di urgenza o «difformità» ovvero «inerzia», da parte dell'Autorità potrebbe esperire il procedimento cautelare d'urgenza (art. 700 c.p.c.); procedimento che comunque necessita di diversi mesi prima di trovare conclusione e che investe un elenco di materia già nutrito, alle quali si aggiunge quella relativa alle dichiarazioni, e dunque un'aggiunta che comporterebbe un ulteriore peso per i già estremamente oberati Tribunali.

    L'articolo 3, importa modifiche al decreto legislativo 20 febbraio 2006, 106, (Disposizioni in materia di riorganizzazione dell'ufficio del pubblico ministero). In particolare, sono apportate modifiche all'articolo 5, titolato «Rapporti con gli organi di informazione».
    Lo schema governativo impone, alla lettera a), che i rapporti di informazione siano mantenuti esclusivamente tramite comunicati ufficiali o conferenze stampa. Una modifica che evidentemente non ha contezza delle realtà delle Procure, in primis perché glissa sulla circostanza per cui i giornalisti potrebbero conoscere delle vicende penali, soprattutto se afferenti casi di particolare interesse sociale o del territorio, e in questo caso non vi sarebbe alcuna forma di tutela per l'interessato. Infatti «potrebbe» paventarsi il pericolo di reinterpretazione o alterazione dei dati da parte degli organi di informazione. Secondariamente, imporre comunicati ufficiali o conferenze stampa per ogni filone di inchiesta impegnerebbe, oltremodo, i magistrati sottraendoli dalla loro funzione primaria in favore di attività a latere. In ultimo prescrivendo esclusivamente i canali ufficiali, il rischio potrebbe essere quello di lunghi silenzi nelle more delle indagini, ovvero comunicazioni di difficile comprensione da parte dei «non addetti ai lavori» sacrificando il diritto all'informazione;

    ancora, alla lettera b) dell'articolo 3, è previsto l'inserimento del comma 2-bis al suddetto articolo 5. Subordinare l'informazione Pag. 54 ai concetti estremamente elastici e non circoscritti di strettamente necessaria per la prosecuzione delle indagini o in presenza di rilevanti ragioni di interesse pubblico avrebbe come conseguenza la scelta – discrezionale – di non procedere ad alcuna forma di comunicazione da parte della Procura anche per diverso tempo e, come già esposto nel punto precedente, potrebbe determinarsi un'ingiustificata compressione del diritto all'informazione e dei suoi corollari quali conoscenza e controllo da parte dell'opinione pubblica;

    al comma 2 dell'articolo 3, è modificato l'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, 106, aggiungendo tra i doveri del procuratore della Repubblica presso la corte d'appello – oltre a quelli di vigilanza sulla corretta applicazione dei principii del giusto processo e di uniforme esercizio dell'azione penale – il dovere di segnalare e sollecitare l'azione disciplinare nei confronti di quei magistrati le cui condotte violano il divieto di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'ufficio, ex art. 5, comma 3;

    ebbene, se, come prescritto dalla lettera b) dello schema di decreto, l'informazione è rimessa ai concetti astratti e arbitrari di «strettamente necessaria» e «rilevanti ragioni», il magistrato ben potrebbe incorrere nella violazione, con la conseguenza di contenziosi disciplinari ad oltranza il che avallerebbe il timore, già esternato, di evitare ogni qualsivoglia comunicazione azzerando il rischio di contenziosi;

    con riguardo alle modifiche al codice di rito, introdotte dall'articolo 4 del decreto in esame, occorre evidenziarne le criticità e i precipitati applicativi conseguenti all'introduzione dell'articolo 115-bis. Se da un lato la novella legislativa rafforza la presunzione di innocenza all'interno del processo, dall'altro, al comma 1, tocca un punto estremamente delicato ossia la motivazione dei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità. Dunque, per tali provvedimenti è fatto divieto al magistrato di indicare l'indagato o l'imputato come colpevole e nella valutazione dei prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza, i riferimenti alla colpevolezza devono restare nell'ambito dei soli requisiti di legge per l'adozione del provvedimento. Come correttamente osservato, in sede di audizione, dal Dott. Nello Rossi, ci si potrebbe imbattere in «goffe acrobazie verbali o a esercizi di ipocrisia argomentativa che in casi limite potrebbero risultare addirittura paradossali» e ancora ricorda come «le vere falle di una motivazione stanno nel ricorso di epiteti, aggettivi, qualificazioni moralistiche degli indagati e degli imputati in luogo della ricostruzione minuziosa dei fatti e delle modalità dell'azione».
    Osservazioni più che condivisibili se si pensa alle misure cautelari (personali e reali) per la cui adozione devono sussistere gravi indizi di colpevolezza i quali, nella spasmodica ricerca di sinonimi in linea con la presunzione di innocenza da parte del magistrato, rischierebbero di essere svuotati di contenuto finanche svilendo le esigenze cautelari a sostegno del provvedimento;

    ai commi 3 e 4 del nuovo articolo 115-bis, del codice di procedura penale viene introdotto un meccanismo di «correzione» qualora venga violato il comma 1. Trattasi di un procedimento ben lontano dalla impronta di efficienza e celerità di definizione del carico giudiziario di cui il Governo si fa promotore. Vengono previsti tempi celeri, vero, ma senza tener conto del fatto che si appesantisce il carico dei Tribunali e ancora di più quello dei Gip (già al collasso): sono previste le stesse 48 ore prescritte in capo al Gip per fissare l'udienza di convalida dell'arresto o del fermo, il che è una follia visto il peso diverso che ha un'istanza di correzione da un provvedimento che incide sulla libertà personale.
    Non solo, anche prevedere un sistema di notificazioni (si pensi ai casi in cui la motivazione investa più indagati – imputati nell'ambito dello stesso procedimento) non alleggerisce l'amministrazione della giustizia che parrebbe pensata per dirimere più contenziosi di principio e meno di diritto;

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    in ultimo si segnala l'ulteriore modifica all'articolo 329 del codice di rito, con la quale, al secondo comma, viene aggiunto l'avverbio «strettamente». Quindi, solo quando è strettamente necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può derogare al divieto di pubblicazione degli atti processuali. Posto che l'avverbio non apporta nulla in più rispetto alla corrente formulazione – la quale ha già carattere possibilista senza un contorno ben definito circa il quando e in quali casi – appare però che possa ulteriormente svuotare il dovere del pubblico ministero di svolgere attività di indagine in favore del reo (dovere, peraltro, non presidiato da alcuna sanzione processuale) nella misura in cui se non ritenuto strettamente necessario esternare dettagli di inchiesta potrebbe essere, ad esempio, più complicato reperire persone informate sui fatti ovvero altre prove determinati;

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PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (Atto n. 285).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA
DAL GRUPPO PARTITO DEMOCRATICO

  La II Commissione,

   esaminato lo schema di decreto legislativo recante disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali (A.G. 285)

  esprime

PARERE FAVOREVOLE