CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 17 giugno 2020
389.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale. C. 2313 Di Stasio.

EMENDAMENTI

ART. 1.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
  1-bis. L'ampiezza della zona economica esclusiva italiana è pari a 200 miglia marine dalla linea di base. Nei casi in cui il rispetto di tale prescrizione risulti impossibile, il limite della zona economica esclusiva non può essere inferiore alla linea di equidistanza tra la costa italiana e quella dello stato controparte.
1. 1. Delmastro delle Vedove, Cirielli, Deidda, Ribolla.

ART. 2.

  Sostituire il comma 1 con il seguente:
  1. All'interno della zona economica esclusiva istituita ai sensi dell'articolo 1 l'Italia esercita i diritti sovrani attribuiti dalle norme internazionali vigenti.

  Conseguentemente, sopprimere il comma 2.
2. 1. Il Relatore.
(Approvato)

ART. 3.

  Al comma 1, sostituire le parole: dalla Convenzione con le seguenti: dal diritto internazionale generale e pattizio.
3. 1. Perantoni, Cabras.
(Approvato)

  Al comma 1, dopo la parola: sottomarini inserire le seguenti: , nonché degli altri diritti previsti dalle norme internazionali vigenti.
3. 2. Il Relatore.
(Approvato)

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ALLEGATO 2

Risoluzione n. 7-00490 Ehm: Sull'evoluzione della crisi in Yemen.

NUOVO TESTO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

  La III Commissione,
   premesso che:
    nel contesto della guerra civile in Yemen, scoppiata nel marzo del 2015, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, con le risoluzioni n. 2451 del 2018 e n. 2452 del 2019 approvate all'unanimità, recependo l'Accordo di Stoccolma del 13 dicembre del 2018, ha autorizzato l'invio di un team di osservatori a Hodeida, città situata sulle rive del Mar Rosso chiave per il passaggio degli aiuti umanitari nelle zone del Paese controllate dai ribelli, per monitorare l'attuazione dell'Accordo stesso e ha istituito la UN Mission to Support the Hodeida Agreement, UNMHA) con il mandato di monitorare la tenuta del cessate il fuoco;
    questi risultati negoziali si devono in larga misura al meritevole operato dell'Inviato Speciale delle Nazioni Unite Martin Griffiths, cui va riconosciuto uno sforzo straordinario soprattutto in termini di ascolto delle ragioni delle parti e di ricostruzione di relazioni basate sulla fiducia;
    dal 19 ottobre 2019 la missione delle Nazioni Unite ha iniziato ad istituire posti di blocco e di monitoraggio, con il fine ultimo di riportare la tregua nella regione. Il dislocamento delle truppe è una parte cruciale dell'Accordo di cessate il fuoco raggiunto in Svezia nell'ultimo giorno dei colloqui di pace, il 13 dicembre 2018;
    il 5 novembre 2019 il governo internazionalmente riconosciuto dello Yemen e il movimento di ispirazione autonomista Southern Transitional Council (STC) hanno siglato il «Riyadh Agreement», un accordo di pace per porre fine alla lotta al potere nel Sud del Paese e che sancisce l'ingresso dei secessionisti del Sud nel governo. L'accordo, prevede che la principale città della regione, Aden, torni sotto il controllo del governo centrale;
    parallelamente il 23 gennaio 2020 i ribelli sciiti Houthi hanno condotto un attacco contro quartieri residenziali e postazioni delle forze congiunte situate a Hodeidah, nell'ovest dello Yemen, configurando così una grave ulteriore violazione dell'Accordo di cessate il fuoco, siglato a Stoccolma sotto l'egida delle Nazioni Unite;
    il 25 febbraio 2020 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato, su proposta britannica e con l'astensione di Russia e Cina, la risoluzione n. 2511 per estendere di un altro anno le sanzioni individuali, già adottate con la risoluzione n. 2140 del 2014, di congelamento dei beni e di limiti agli spostamenti di soggetti che rappresentano una minaccia alla pace, alla sicurezza e la stabilità in Yemen, nonché per estendere l’embargo sulle armi già imposto nell'aprile 2015 alle milizie Houthi, rinnovando il mandato del Panel di Esperti istituito con la Risoluzione 2140 fino al 28 marzo 2021;
    tra gli individui sanzionati figurano personalità del regime dell'ex presidente yemenita Saleh ed ulteriori figure chiave riconducibili ai ribelli sciiti Houthi;
    in conformità con il Capitolo VII della Carta dell'ONU la risoluzione ha riaffermato l'esigenza di una piena e tempestiva Pag. 88attuazione della fase di transizione politica nei termini fissati dalla Conferenza per il dialogo nazionale;
    la risoluzione denuncia gli abusi degli Houthi nei confronti della popolazione yemenita e per la prima volta fa riferimento ai rischi per l'ambiente derivanti dal rischio di sversamento dalla petroliera Safer ancorata nel nord Paese e all'esigenza che gli ispettori dell'ONU possano visionare la nave senza alcun ritardo;
    la comunità internazionale non ha affrontato in modo unitario e coeso la crisi in Yemen e non ha mandato un segnale positivo alla popolazione yemenita stremata, considerato il permanere di gravi violenze e sistematiche violazioni del diritto internazionale umanitario, anche in riferimento al reclutamento di bambini soldato e come conseguenza non prevista del regime sanzionatorio in essere;
    il 26 aprile 2020, il Consiglio di transizione del Sud ha proclamato l'autonomia delle aree sotto il loro controllo, rompendo un accordo di pace firmato a novembre con il governo riconosciuto dalla comunità internazionale;
    in generale, il cessate il fuoco richiesto dalle Nazioni Unite è stato più volte accettato, anche se unilateralmente dalla coalizione a guida Saudita, e poi quasi sempre disatteso con combattimenti che sono continuati per tutto il mese di aprile. Nel frattempo i ribelli Houthi hanno conquistato nuove zone del nord del Paese come Al-Jawf;
    il 28 aprile 2020 le Nazioni Unite hanno avvertito del «rischio reale» che il COVID-19 stesse già circolando senza essere rilevato. Il giorno successivo si sono registrati i primi due decessi. Negli ultimi giorni, i media yemeniti hanno riferito dei veri e propri blitz degli Houthi nei quartieri e negli ospedali dove sarebbero state portate con la forza persone sospette di essere affette dal Coronavirus;
    in questi anni di guerra il patrimonio culturale e storico yemenita è stato praticamente distrutto, come denuncia l'Unesco;
    tre edifici antichi sono crollati solo nella capitale yemenita Sana'a dopo che le loro fondamenta sono state indebolite dagli attacchi aerei della coalizione saudita sulla città. Inoltre, tre dei quattro siti dello Yemen classificati Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco sono andati distrutti in questi anni: la stessa Sana'a, Zabid, capitale dello Yemen dal XIII al XV secolo, e Shibam, soprannominata la «Manhattan del deserto»;
    si rischia di perdere totalmente questo patrimonio di inestimabile valore;
    la tragedia umanitaria in Yemen è conclamata; secondo dati riportati da Oxfam, da quando la guerra è cominciata, nel marzo del 2015, le condizioni di vita della popolazione sono precipitate drammaticamente: 20 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare e malnutrizione, 18 milioni di persone sono esposte a rischio di contagio del colera per mancanza di acqua pulita e servizi igienico-sanitari; più di 3 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle loro case; 2 milioni di bambini non hanno accesso all'assistenza sanitaria di base; solo metà delle strutture sanitarie sono funzionanti,
impegna il Governo:
   a mantenere elevata l'attenzione nei confronti della situazione in Yemen e dell'evoluzione della crisi umanitaria, con un impegno specifico sul piano diplomatico per la soluzione politica del conflitto;
   a proseguire nell'impegno per facilitare l'ingresso nel Paese di beni essenziali per l'attività umanitaria, in particolare nei settori della sicurezza alimentare, della salute, della protezione dei gruppi più vulnerabili, nonché nel settore dello sminamento umanitario;
   a svolgere attività di sensibilizzazione e a valutare la fattibilità di iniziative, sia in sede bilaterale sia nei fora multilaterali, sull'importanza della cooperazione internazionale per la conservazione del patrimonio culturale in Yemen. 
(8-00076) «Ehm, Occhionero, D'Uva, Sabrina De Carlo, Fassino, Boldrini».

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ALLEGATO 3

Interrogazione n. 5-04070 Comencini: Sulla tutela della libertà religiosa e delle strutture di assistenza sanitarie facenti capo alla Chiesa cattolica in Eritrea.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La situazione è all'attenzione del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sin da quando, il 12 giugno 2019, i primi presidi sanitari sono stati improvvisamente colpiti da provvedimenti di esproprio. La nostra Ambasciata ad Asmara si è immediatamente attivata per verificare la portata dell'operazione e ha riferito che i circa 20 ambulatori interessati dalle misure, seppur di dimensioni modeste e dai limitati servizi, erano effettivamente importanti punti di riferimento per le comunità locali rurali, collocati come sono lontano dai principali centri abitati.
  La questione è stata dunque trattata ai più alti livelli. Dopo un primo incontro a Roma nel luglio 2019 tra l'allora Ministro Moavero Milanesi e l'omologo eritreo Osman Saleh, il Ministro Di Maio ha incontrato il Ministro Saleh lo scorso settembre a margine dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Il Ministro Di Maio ha auspicato l'avvio di un dialogo costruttivo con la Chiesa cattolica e, più in generale, con la società civile. Ha inoltre evidenziato il negativo impatto sulla popolazione della misura adottata, di cui si è augurato un ripensamento. Anche in considerazione della priorità tradizionalmente accordata dalla politica estera italiana al Corno d'Africa, l'Italia da sempre si adopera in ambito multilaterale per favorire un dialogo costruttivo dell'Eritrea con la comunità internazionale. Una posizione che diverrebbe sempre meno sostenibile qualora il Governo di Asmara non manifestasse segnali di distensione e di collaborazione sulla delicata tematica.
  Per quanto concerne specificamente i cittadini italiani, la comunità nazionale presente in Eritrea è di proporzioni ridotte (circa 500 individui) e principalmente residente nei grandi centri urbani. Pertanto essa non risulta essere direttamente toccata dalla chiusura delle strutture sanitarie religiose.
  Come rilevato dall'interrogante, la decisione è stata ricondotta dalle Autorità eritree ad una legge, approvata nel 1995, che prevede che lo Stato sia l'esclusivo erogatore di alcuni servizi, tra cui l'assistenza sanitaria.
  La normativa ha trovato limitata applicazione negli anni successivi. Un episodio analogo si era verificato nel novembre 2017, quando 8 presidi medici erano stati nazionalizzati, passando sotto la mano pubblica. Questo, secondo il Governo eritreo, dovrebbe essere il destino anche degli ambulatori recentemente confiscati.
  A testimonianza dell'importanza che l'Italia annette alla questione, in aggiunta ai contatti tra Autorità politiche, anche l'Ambasciatore ad Asmara ha compiuto svariati passi presso le competenti Autorità locali per reiterare il nostro auspicio di una positiva composizione dei rapporti tra Governo eritreo e confessioni religiose.
  Su un piano più generale, la tutela e la promozione della libertà di religione o credo e dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche e religiose rappresentano tradizionali priorità della politica estera italiana in ambito multilaterale, nei rapporti bilaterali con i Paesi terzi e nei programmi della Cooperazione allo sviluppo Pag. 90e figurano tra i temi prioritari del mandato triennale dell'Italia in Consiglio Diritti Umani ONU (2019-2021).
  In occasione dell'ultima sessione di Revisione Periodica Universale cui si è sottoposta l'Eritrea a gennaio 2019, l'Italia ha raccomandato ad Asmara, tra le altre cose, di garantire la libertà di religione o credo.
  Inoltre, nel corso del più recente dialogo interattivo con la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani in Eritrea, Daniela Kravetz, svoltosi lo scorso 26 febbraio durante l'ultima sessione del Consiglio Diritti Umani, l'Unione europea ha espresso preoccupazione per le severe violazioni dei diritti umani nel Paese, deplorando in modo particolare la chiusura delle strutture sanitarie gestite dalle istituzioni religiose e la confisca delle loro proprietà. Questi atti esemplificano infatti le violazioni della libertà di religione o credo e del diritto alla salute di tutte le persone in Eritrea, nonché dei diritti di terra e di proprietà, compresi quelli delle istituzioni religiose e delle comunità straniere. Ricordo inoltre che l'Italia ha co-sponsorizzato e votato a favore della Risoluzione del Consiglio Diritti Umani adottata a luglio 2019, finalizzata a rinnovare per un anno il mandato del Relatore Speciale per la situazione dei diritti umani in Eritrea.