CAMERA DEI DEPUTATI
Lunedì 10 settembre 2018
55.
XVIII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

DL 91/2018: Proroga di termini previsti da disposizioni legislative (C. 1117 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato per le parti di competenza il decreto-legge n. 91 del 2018 (A.C. 1117), recante «Proroga di termini di disposizioni legislative, approvato dal Senato;
   rilevato che:
    l'articolo 2, comma 1, proroga al 1o aprile 2019 l'efficacia della riforma della disciplina delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni introdotta dal decreto legislativo n. 216 del 2017 con la necessità di completare le «complesse misure organizzative in atto, anche relativamente alla predisposizione di apparati elettronici e digitali» presso strutture ed uffici;
    l'articolo 2, comma 2, sospende fino al 15 febbraio 2019 l'efficacia delle disposizioni della legge n. 103 del 2017 (cosiddetta Legge Orlando), con la quale sono state apportate modifiche alla disciplina della partecipazione al procedimento penale mediante videoconferenza, al fine di «garantire che l'adeguamento degli accresciuti fabbisogni derivanti dalle modifiche introdotte alla disciplina possa essere efficacemente gestito, soprattutto dal punto di vista dei livelli di sicurezza informatica»;
    l'articolo 2, comma 3, come modificato al Senato, proroga al 31 dicembre 2021 il termine per il temporaneo ripristino delle sezioni distaccate di tribunale operanti a Ischia, Lipari e Portoferraio;
    le ulteriori modifiche introdotte dal Senato anticipano al 26 febbraio di ciascun anno il termine – attualmente fissato al 28 febbraio – entro il quale deve essere riscosso dal Consiglio nazionale del notariato il contributo relativo alle forme collettive di assicurazione per la responsabilità civile derivante dall'esercizio dell'attività notarile (comma 3-ter dell'articolo 2) e differiscono di ulteriori due anni l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'esame di Stato per l'esercizio della professione forense (comma 3-quater dell'articolo 2),
  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo-vittima (Atto n. 29).

PARERE APPROVATO

  La Commissione II,
   esaminato il nuovo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di giustizia riparativa e mediazione reo – vittima (Atto 29), emanato in attuazione della delega legislativa conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 recante «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all'ordinamento penitenziario» (Articolo 1, commi 82, 83 e 85, lettera f));
   premesso che:
    lo schema in oggetto si propone di dare attuazione alla delega normativa conferita al Governo dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, e, in particolare all'articolo 1, comma 85, lettera f), che pone i programmi di giustizia riparativa «quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito intramurario sia nell'esecuzione delle misure alternative»;
    la disposizione di delega si riferisce a procedure da attuare sia in ambito penitenziario, sia dall'esterno, durante lo svolgimento di misure alternative alla detenzione;
    l'obiettivo perseguito dal provvedimento avrebbe dovuto essere quello di assicurare l'accesso ai servizi di giustizia riparativa della vittima secondo le indicazioni contenute nella direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea n. 29 del 5 ottobre 2012, recepita con decreto legislativo 15 dicembre 2015, che ha integrato il quadro previsto dall'ordinamento processuale penale nazionale a tutela delle vittime di reato in tema di informazione e partecipazione al processo;
    il provvedimento, tuttavia, non assicura alla vittima efficaci forme di riparazione delle conseguenze del fatto di reato, non essendo riconosciuta alla stessa un effettiva centralità nel procedimento, come invece richiesto dalla direttiva del parlamento europeo e del Consiglio dell'Unione europea n. 29 del 25 ottobre 2012. La valorizzazione della vittima, infatti, e la necessità di tutelarla, costituiscono un vincolo derivante dall'ordinamento dell'Unione europea capace di orientare le scelte del legislatore nazionale;
   tenuto conto che:
    la Conferenza unificata, nella seduta del 1o agosto 2018 ha espresso parere negativo sul provvedimento in discussione. In particolare, i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome e l'Anci hanno espresso parere negativo, e l'UPI ha espresso parere non favorevole;
   ritenuto che:
    l'articolo 1 al comma 1, esplicita la nozione di «giustizia riparativa» quale procedimento cui partecipano la vittima, l'autore del reato e, ove possibile, la comunità che, con l'apporto di un mediatore penale professionista, mira a comporre il conflitto generato dal reato e a ripararne le conseguenze;
    la disposizione, tuttavia, non reca la nozione di «vittima», dovendosi quindi la stessa riferire alla sola persona offesa Pag. 56dal reato; ciò a dispetto di quanto previsto dalla direttiva 2012/29/UE, che fornisce, invece, all'articolo 2, una nozione ampia di vittima, intesa come «persona fisica che ha subito un danno, anche fisico, mentale o emotivo, o perdite economiche che sono stati causati direttamente da un reato», e comprendente anche «un familiare di una persona la cui morte è stata causata direttamente da un reato e che ha subito un danno in conseguenza della morte di tale persona». L'articolo 8 della medesima direttiva consente, di conseguenza, l'accesso ai servizi di giustizia riparativa anche ai familiari della vittima in conformità delle loro esigenze e dell'entità del danno subito a seguito del reato commesso nei confronti della vittima stessa;
   ritenuto altresì che:
    il comma 2 dell'articolo 1 dispone che i programmi di giustizia riparativa possono essere avviati esclusivamente con il consenso delle persone coinvolte e non possono essere previsti come sanzione o condizione per l'accesso a benefici;
    tale ultima disposizione suscita rilevanti perplessità, rappresentando un implicito disincentivo al ricorso alla mediazione penale;
   considerato che:
    il medesimo articolo 1, al comma 3, stabilisce che ai programmi di giustizia riparativa previsti dalla legge, anche prima della fase esecutiva, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nello schema di decreto legislativo in discussione;
    la norma non chiarisce se i programmi di giustizia riparativa possano essere avviati con il condannato ammesso alla liberazione anticipata (articolo 54 dell'ordinamento penitenziario), posto che tale misura non rientra né tra quelle in ambito intramurario né tra le misure alternative alla detenzione;
   considerato altresì che:
    l'articolo 2 del provvedimento, al comma 1, prevede che i soggetti che accedono ai programmi di giustizia riparativa sono informati in modo accurato su significato, svolgimento e potenziale esito del programma, comprese le modalità dell'accordo di riparazione raggiunto;
    la disposizione non precisa in capo a quale soggetti (magistrati, difensori, operatori dei servizi sociali) ricada tale obbligo di informazione;
    il comma 3 del medesimo articolo prevede, inoltre, sia l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalle parti durante la mediazione «in relazione al fatto-reato per cui si procede o per il quale è intervenuta condanna», sia il divieto di testimonianza dei mediatori, in ordine al medesimo fatto, sul contenuto di quanto loro riferito nel corso delle attività svolte;
    dalla formulazione della disposizione discende la possibilità di utilizzazione delle dichiarazioni e della testimonianza in altro procedimento penale;
    la disposizione, invece, avrebbe dovuto essere formulata in termini tali da prevedere l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese nell'ambito dei programmi di giustizia riparativa in qualsivoglia procedimento penale. Parimenti, si sarebbe dovuto prevedere il generale divieto di testimonianza in capo al mediatore, che non dovrebbe essere obbligato a deporre in alcun procedimento penale relativo a fatti dei quali sia venuto a conoscenza in occasione dell'ufficio svolto, non solo in quello interessato dal percorso di giustizia riparativa in atto;
   valutato che:
    con riferimento ai requisiti per l'esercizio dell'attività professionale e alla formazione dei mediatori penali, l'articolo 3, al comma 4, stabilisce che il mediatore debba congiuntamente essere in possesso di una laurea almeno triennale in materie Pag. 57giuridiche, pedagogiche, psicologiche o socio-umanistiche o, in via alternativa, essere iscritto ad un albo professionale, ed aver maturato esperienza e competenze in tali materie;
    tale previsione suscita perplessità, posto che la Direttiva 2012/29/UE sancisce all'articolo 25 l'obbligo per gli Stati membri di incoraggiare iniziative che consentano a coloro che forniscono servizi di assistenza alle vittime e di giustizia riparativa di ricevere un'adeguata formazione, di livello appropriato al tipo di contatto che intrattengono con le vittime, nel rispetto delle norme professionali e per garantire che i servizi forniti siano imparziali, rispettosi e professionali;
    la Raccomandazione n. R(99)19 del 15 settembre 1999 del Consiglio d'Europa, ha stabilito, inoltre, che deve esserci uno standard di competenze e procedure per la selezione, formazione e valutazione dei mediatori, i quali «dovrebbero ricevere una formazione iniziale di base ed effettuare un training nel servizio prima di intraprendere l'attività di mediazione». In particolare, la formazione deve «fornire l'acquisizione di un alto livello di competenza che tenga presente le capacità di risoluzione del conflitto, i requisiti specifici per lavorare con le vittime e gli autori del reato, nonché un'adeguata conoscenza del sistema penale e degli effetti processuali e penali dei programmi di giustizia riparativa;
   osservato che:
    l'articolo 4 sancisce un obbligo di informazione del condannato sul possibile accesso ai programmi di giustizia riparativa, disponendo che per i minorenni, l'informativa va data all'esercente la potestà genitoriale;
    pur precisando la relazione illustrativa che tale informativa «può essere data da tutte le professionalità che, a vario titolo, entrano in contatto con l'autore o con la vittima di reato», la disposizione non specifica, tuttavia, in capo a quali soggetti ricada il relativo obbligo;
    l'articolo 5, nel disciplinare le modalità di avvio del programma di giustizia riparativa, prevede che, ricevuta la relativa richiesta, il servizio di giustizia riparativa chiede al magistrato di sorveglianza le informazioni sulle parti necessarie all'elaborazione del programma, che può proseguire, col consenso dell'interessato, anche a pena espiata o oltre il termine delle misure alternative;
    la disposizione avrebbe dovuto essere formulata in termini tali da scongiurare possibili dubbi di carattere procedurale, precisando che il procedimento si sarebbe potuto avviare su richiesta del condannato o su quella delle vittime, escludendo espressamente una iniziativa d'ufficio;
   osservato altresì che:
    l'articolo 6, comma 1, dello schema di decreto legislativo, nell'elencare i principali programmi di giustizia riparativa, prevede, alla lettera a), la mediazione reo-vittima, in cui l'autore del reato incontra la vittima, stabilendo inoltre che, qualora non sia possibile un incontro diretto tra le parti, lo stesso può avvenire per il tramite del mediatore;
    è prevista, inoltre, al medesimo comma, la mediazione c.d. aspecifica, in cui l'autore del reato incontra la vittima di altro reato lesivo del medesimo bene giuridico (lettera a)), nonché l'incontro guidato dal mediatore tra gruppi di autori e di vittime aspecifiche dello stesso tipo di reato (lettera b));
    tali istituti destano rilevanti perplessità, dal momento che gli stessi, in tutta evidenza, non determinano, di fatto, alcun beneficio nei confronti della vittima, cui andrebbero invece garantite più efficaci forme di ristoro e/o riparazione delle conseguenze pregiudizievoli dell'offesa subita;
   considerato, infine, che:
    l'articolo 8, nel disciplinare in dettaglio i programmi di giustizia riparativa, prevede, al comma 5, che l'esito negativo Pag. 58del programma non preclude l'accesso alle misure alternative o ai benefici penitenziari. Tale disposizione non appare condivisibile, in quanto va riconosciuta all'autorità giudiziaria ampia discrezionalità nel valutare, caso per caso, l'esito del programma ai fini dell'accesso del reo ad istituti di carattere premiale,
  esprime

PARERE CONTRARIO.