CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 21 novembre 2017
913.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam. C. 2976 Garnero Santanchè ed abb.

PARERE APPROVATO

  La II Commissione,
   esaminato il provvedimento in oggetto;
   premesso che:
    la proposta di legge in discussione si prefigge l'obiettivo di disciplinare la costituzione di moschee e l'attività degli imam;
    a tal fine, il provvedimento prevede l'istituzione di un registro pubblico delle moschee in Italia, alla cui iscrizione provvede il Ministro dell'interno, previa verifica degli elementi e della documentazione da parte della prefettura competente per territorio (articoli da 2 a 5), nonché il controllo da parte del prefetto sulle stesse moschee registrate, anche con riguardo alle attività compiute al loro interno (articolo 6);
    è, inoltre, prevista l'istituzione dell'albo nazionale degli imam, la cui iscrizione è disposta dal Ministero dell'interno a seguito dell'accertamento dei requisiti necessari (articoli 7 e 8), e di una Commissione per l'albo degli imam che, tra i vari compiti, rilascia l'attestato di idoneità necessario per presentare l'istanza di iscrizione al medesimo albo (articolo 9);
   rilevato che:
    i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche sono disciplinati dall'articolo 8 della Costituzione, che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. Tale articolo riconosce alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa sulla base di propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. È posto, inoltre, il principio secondo il quale i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze;
    relativamente alle associazioni islamiche, ad oggi, non sono state avviate trattative per la conclusione di intese;
    per le confessioni prive di intesa, come quella islamica, trova applicazione la legge n. 1159 del 1929 (legge sui culti ammessi) e il relativo regolamento di attuazione (R.D 289/1930);
    in particolare, la legge del 1929 si fonda sul principio dell'ammissione dei culti diversi dalla religione cattolica «purché non professino principi e non seguano riti contrari all'ordine pubblico e al buon costume»;
    entro tali limiti, pertanto, viene affermata la libertà di culto in tutte le sue forme, anche pubbliche, e l'eguaglianza dei cittadini, qualunque sia la religione dagli stessi professata;
   considerato che:
    i dati individuali in materia di religione godono di una tutela rafforzata (dati c.d. sensibili) ai sensi dell'articolo 4 del Codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, che richiama espressamente «le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere» e «l'adesione ad associazioni od organizzazioni a carattere religioso»;Pag. 38
    la Convenzione CEDU, rispettivamente agli articoli 9 e 14, prevede la libertà di coscienza e di religione e il principio di non discriminazione;
    in tale contesto la giurisprudenza della Corte EDU si è pronunciata diverse volte su doglianze di lesione del diritto di cui all'articolo 9 per provvedimenti nazionali volti a limitare le manifestazioni di carattere religioso;
    ritenuto, quindi, di non valutare nel merito i profili, sia pure marginali, di stretta competenza, in ragione dell'evidente incompatibilità del complessivo impianto del provvedimento sia con i principi espressi dalla Corte Costituzionale (sentenze n. 195 del 1993 e n. 346 del 2002) e dalla Corte EDU in materia di libertà religiosa, sia con la disciplina in materia di protezione dei dati personali;
  esprime

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 2

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che abroga la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio. COM (2017) 489 final.

DOCUMENTO FINALE APPROVATO

  La II Commissione (Giustizia),
   esaminata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento della Camera dei deputati, la proposta di direttiva relativa alla lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e che abroga la decisione quadro 2001/413/GAI del Consiglio (COM(2017)489),
   considerato che:
    l'Unione europea considera le attività relative alle frodi e alle falsificazioni di strumenti di pagamento diversi dai contanti un grave fenomeno in grado di generare un diffuso allarme sociale; si tratta di reati che possono ostacolare lo sviluppo del mercato unico digitale, causando rilevanti perdite economiche dirette, laddove intaccano la fiducia dei consumatori, determinando, in definitiva, una riduzione delle attività economiche;
    è questo un ambito di intervento di prioritaria importanza, per cui appare pienamente condivisibile l'iniziativa della Commissione europea volta ad aggiornare l'attuale quadro giuridico in materia di lotta contro le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti, allo scopo di adeguarlo alla realtà tecnologica odierna, in cui sempre più frequentemente si effettuano pagamenti tramite dispositivi mobili e si ricorre all'utilizzo di valute virtuali, all'interno di un ecosistema informatico che se, da un lato, offre continuamente alle persone fisiche e giuridiche nuove opportunità e servizi digitali in grado di migliorare la qualità della vita sociale ed economica, dall'altra, espone cittadini, imprese e istituzioni finanziarie ad un correlativo aumento delle possibilità di subire reati predatori perpetrati dalla criminalità semplice ed organizzata;
    è apprezzabile l'approccio della disciplina proposta, diretta a istituire un nuovo regime tecnologicamente neutro, ovvero suscettibile di applicazione agli attuali, ma anche futuribili, strumenti di pagamento diversi dai contanti grazie ai continui progressi dei sistemi dell'informazione e della comunicazione;
    appaiono altresì meritevoli gli obiettivi dichiarati nella proposta relativamente alle misure volte a facilitare le indagini e le azioni penali nei confronti delle frodi e delle falsificazioni ai danni dei mezzi di pagamenti diversi dai contanti, e potenziare gli strumenti di prevenzione, con particolare riguardo alle iniziative di sensibilizzazione degli utenti dei servizi di pagamento elettronici;
    appaiono altresì condivisibili le misure volte a potenziare lo scambio di informazioni tra Stati membri attraverso le nuove disposizioni relative alle funzioni e alle procedure che interessano i punti di contatto operativi nazionali, come anche i nuovi strumenti diretti ad agevolare e ad aumentare la comunicazione di un reato subito o di un sospetto di frode alle autorità competenti;
    è infine apprezzabile l'intento della Commissione di predisporre nuovi strumenti in materia di assistenza delle vittime, Pag. 40sia fisiche che giuridiche, dei reati citati, in linea con la disciplina generale europea in materia di vittime di reato, e di prevedere l'adozione di iniziative volte a sensibilizzare il pubblico per ridurre il rischio che le persone diventino vittime di frode;
   osservato che:
    il nuovo regime, recante una armonizzazione minima e non integrale delle disposizioni nazionali per il contrasto e la prevenzione dei reati citati, trova la sua base giuridica – per scelta della Commissione europea – nell'articolo 83 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che definisce l'ambito di competenza della legislazione europea in materia penale;
    la rilevanza della materia anche ai fini del corretto funzionamento del mercato interno avrebbe, tuttavia, potuto consigliare un'integrazione della base giuridica della nuova disciplina estendendo il riferimento alle norme del Trattato in materia di mercato interno, al fine di pervenire ad un grado più elevato di armonizzazione, almeno per la disciplina sostanziale, assicurando un contributo considerevole all'obiettivo del superamento delle marcate differenze che attualmente si registrano nelle legislazioni dei singoli Paesi membri;
    la disciplina prevista dall'articolo 11, relativamente alla competenza giurisdizionale degli Stati membri, contempla una serie di criteri di attribuzione (sia obbligatori che facoltativi) che, in considerazione della peculiare natura dei reati citati, potrebbero essere attivati in maniera cumulativa per il medesimo reato, aumentando i rischi di litispendenza tra più Stati membri. Tale condizione, oltreché tradursi in pregiudizio al principio di economia dei mezzi processuali, potrebbe determinare l'aberrante esito del contrasto tra giudicati. La possibilità di violare il principio del ne bis in idem risulta tanto più concreta se si considera che la normativa generale europea in materia di risoluzione di conflitti di giurisdizione contempla esclusivamente procedure di consultazione tra le autorità competenti di Stati membri diversi, in vista del raggiungimento del consenso su una soluzione efficace. Se in esito a tale procedura il conflitto di giurisdizione persiste, la questione è demandata ad Eurojust (unità europea di cooperazione giudiziaria nel contrasto al crimine), che, tuttavia, non ha il potere di dirimere la controversia in via definitiva potendo esprimere sulla questione un semplice parere;

esprime una valutazione positiva,
  con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 2, pur ritendendosi condivisibile l'impostazione della Commissione circa l'uso di una definizione di «pagamento virtuale» che possa ricomprendere anche i futuri sviluppi tecnologici, si evidenzia, tuttavia, l'opportunità di eliminare, alla lettera b), ogni riferimento ad esempi specifici;
   b) all'articolo 4, lettere b) e c), si evidenzia l'opportunità di sopprimere il riferimento a «fini di utilizzazione fraudolenta», che comporterebbe problemi in termini probatori circa la dimostrazione della sussistenza del dolo specifico e non consentirebbe la punibilità di condotte già autonomamente costituenti reato;
   c) all'articolo 5 (Reati connessi ai sistemi di informazione), si valuti l'opportunità di ripristinare l'attuale formulazione dell'articolo 3 della decisione quadro 2001/413/GAI nella parte in cui la descrizione della fattispecie criminale prevede il fatto di «aver causato intenzionalmente la perdita non autorizzata di proprietà a carico di un'altra persona», al fine di rendere esplicito il presupposto della sottrazione della disponibilità del denaro o di altra analoga utilità del legittimo titolare;
   d) relativamente all'articolo 8 (Sanzioni per le persone fisiche), si rileva la necessità di prevedere livelli di sanzione adeguati sia per poter utilizzare strumenti di indagine efficaci, come le intercettazioni, sia per poter disporre l'eventuale Pag. 41applicazione di misure di natura cautelare. Con specifico riferimento alle disposizioni di cui al comma 4, lettera a), del medesimo articolo, dovrebbe, inoltre, essere meglio precisato il significato della locuzione «nell'ambito di un'organizzazione criminale»; ciò al fine di poter applicare il più grave trattamento sanzionatorio previsto anche a soggetti che, pur non essendo inseriti in modo stabile nel contesto associativo, pongano in essere le condotte descritte ai precedenti articoli nella consapevolezza di agevolare, seppur in modo estemporaneo ed occasionale, le organizzazioni stesse;
   e) in riferimento all'articolo 11, si valuti l'opportunità di apportare rimedi idonei per quanto riguarda il regime dell'attribuzione della competenza giurisdizionale, al fine di ridurre i rischi di procedimenti paralleli e di contrasto tra giudicati, eventualmente mediante la previsione di meccanismi di prevalenza in base ai quali sia possibile privilegiare la giurisdizione di uno degli Stati membri interessati;
   f) nella medesima ratio, si valuti, con riferimento all'articolo 13 in materia di scambio di informazioni, l'esplicito inserimento dell'obbligo degli Stati membri di consultarsi per coordinare le rispettive iniziative, nell'intento di pervenire a un'azione penale efficace, ripristinando quanto già previsto nell'omologa disposizione dell'attuale decisione quadro,

  e con la seguente raccomandazione al Governo:
   siano attivate senza indugio tutte le procedure per adottare le misure legislative necessarie a garantire l'integrale recepimento della vigente e della futura disciplina europea in materia di frodi e falsificazioni dei mezzi di pagamento diversi dal contante, in modo da assicurare ai risparmiatori italiani le stesse tutele di cui possono fruire quelli di altri Paesi.

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ALLEGATO 3

5-12481 Cominardi: Sulla richiesta di estradizione di Mootaz Cheembi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con l'atto di sindacato in discussione, gli Onorevoli interroganti ripropongono all'attenzione del Governo la vicenda relativa al cittadino tunisino Mootaz Chaambi, il quale è stato condannato dalla corte d'assise di Brescia il 26 giugno 2017 alla pena di trenta anni di reclusione perché riconosciuto responsabile del delitto di omicidio aggravato commesso in data 22 settembre 2014 ai danni della moglie, Daniela Bani.
  Fin dall'inizio del procedimento relativo all'omicidio, Mootaz Chaambi aveva fatto perdere le sue tracce e, infatti, l'ordinanza di custodia cautelare in carcere adottata nei suoi confronti dal Giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Brescia non è stata mai eseguita per irreperibilità del medesimo.
  Come comunicato dal Ministero dell'interno, su disposizione del Ministero della giustizia, sin dal 19 novembre 2014, il segretariato generale dell'interpol, su richiesta del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, aveva provveduto alla diffusione delle ricerche in campo internazionale ai fini estradizionali di Mootaz Chaambi, in esecuzione della citata ordinanza cautelare.
  In data 3 dicembre 2014, il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia ha preso contatti con il collaterale ufficio tunisino per la possibile localizzazione ed il conseguente arresto in quel Paese del ricercato.
  Le ricerche avviate già nel corso del procedimento non hanno avuto alcun riscontro dalle autorità tunisine e, allo stato, risultano parimenti vani i tentativi di localizzazione del Mootaz Chaambi anche dopo la condanna inflittagli dalla corte d'assise bresciana. Come ha comunicato il Ministero dell'interno, infatti, in data 20 settembre 2017, i competenti organi italiani hanno sollecitato un intervento da parte dell'ufficio centrale nazionale Interpol di Tunisi, al quale è stato richiesto nuovamente se il latitante fosse reperibile in Tunisia e, in caso positivo, di provvedere per l'arresto del medesimo.
  Purtroppo, alla data del 13 novembre, non risultano notizie circa la localizzazione del condannato.
  Ferma la necessità di proseguire nelle attività, da tempo avviate, volte all'individuazione del condannato, occorre osservare quello che è il quadro normativo e convenzionale che disciplina i rapporti di cooperazione ed assistenza giudiziaria intrattenuti dall'Italia con lo stato tunisino.
  Tuttora vigente, infatti, è la «Convenzione relativa all'assistenza giudiziaria in materia civile, commerciale e penale, al riconoscimento ed all'esecuzione delle sentenze e all'estradizione» sottoscritta a Roma il 15 novembre 1967 ed entrata in vigore il 19 aprile 1972.
  L'articolo 15 del trattato predetto recita: «Le Alte Parti Contraenti non concederanno la estradizione dei propri cittadini. La qualità di cittadino si accerterà al momento della domanda di estradizione. Tuttavia, la parte richiesta si impegna, nella misura in cui essa ha competenza a giudicarli, a fare perseguire i propri cittadini che avranno commesso nel territorio dell'altro stato infrazioni punite come crimine o delitto nei due stati, allorché l'altra parte invierà per via diplomatica una domanda di azione penale corredata da fascicoli, documenti, Pag. 43oggetti e informazioni in suo possesso. La parte richiedente sarà informata del seguito che sarà dato alla domanda».
  Emerge dunque che, a disciplina vigente, un cittadino tunisino, come risulta essere Mootaz Chaanbi, non può essere estradato in Italia sempre che lo stesso si trovi effettivamente in Tunisia: ad oggi, infatti, questo Ministero non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione da Interpol in merito alla localizzazione.
  A localizzazione avvenuta, questo Ministero, come di consueto, richiederà il parere favorevole della competente Procura generale della Repubblica ad avanzare richiesta di perseguimento penale in Tunisia nei confronti di Mootaz Chaanbi ed il Ministro della Giustizia potrà procedere, in ossequio al disposto del ricordato articolo 15 della convenzione bilaterale, a richiedere il perseguimento penale alle competenti autorità tunisine.
  La disciplina convenzionale attualmente vigente, tuttavia, non può ritenersi tale da soddisfare le esigenze di una seria ed efficiente cooperazione giudiziaria in materia penale.
  Nella chiara consapevolezza che solo rapidi ed incisivi mezzi di assistenza giudiziaria internazionale possono agevolare il fermo contrasto alle nuove forme di criminalità, in primo luogo di matrice terroristica, l'impegno di questo Ministero è stato, nel corso degli ultimi anni proprio quello di migliorare l'efficacia degli strumenti di assistenza giudiziaria in materia penale: in questo senso, risultati di assoluto rilievo risultano quelli alla recente riforma organica del titolo XI del codice di procedura penale, attuata con l'approvazione del decreto legislativo 3 ottobre 2017, n. 149, nonché i decreti legislativi di adeguamento dell'ordinamento nazionale alle direttive ed alle discipline convenzionali comunitarie in materia di ordina europeo di indagine ed in materia di assistenza penale.
  Nella medesima direzione, poi, sono state svolte incisive azioni positive volte ad intavolare e portare a termine negoziati internazionali funzionali al medesimo scopo.
  In questo quadro complessivo, la competente articolazione ministeriale ha comunicato che più volte, anche nel corso del corrente anno, il Ministero della giustizia, dopo aver inoltrato alle autorità tunisine proposte di nuovi ed aggiornati trattati in materia di estradizione, assistenza giudiziaria penale e trasferimento delle persone condannate, ha sollecitato un incontro per agevolare lo svolgimento dei negoziati, senza purtroppo ricevere, allo stato, una pronta disponibilità dalla controparte.
  Il Ministero della giustizia proseguirà comunque negli sforzi sinora compiuti per portare a compimento i negoziati per la sottoscrizione, anche con la Tunisia, di accordi bilaterali adeguati alla soddisfazione delle esigenze più attuali della giustizia e dell'esecuzione penali.
  Allo stesso modo, dovrà proseguire l'impegno del Governo affinché il responsabile dell'efferato omicidio sia, in primo luogo, localizzato ed affinché nei confronti dello stesso siano attivati tutti gli strumenti resi disponibili dall'ordinamento vigente per l'esecuzione della condanna irrogata.