CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 12 settembre 2017
874.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-02484 Binetti: Sulla pubblicità lesiva della dignità professionale medica e forense.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Ringrazio l'onorevole interrogante poiché mi consente di illustrare le iniziative che in questi anni il Ministero della salute, anche grazie al decisivo contributo del Parlamento e delle sollecitazioni quali quelle contenute nell'atto ispettivo in esame, è riuscito ad adottare per affrontare e – si spera – risolvere definitivamente le disfunzioni causate dalla c.d. medicina difensiva.
  È ben noto come negli ultimi anni, a causa di un allarmante incremento del numero dei contenziosi in ambito medico, si è assistito ad un sempre più frequente ricorso, da parte del professionista sanitario, all'adozione di scelte diagnostico-terapeutiche finalizzate non tanto alla erogazione della migliore prestazione sanitaria, quanto alla riduzione del rischio di addebiti di responsabilità a proprio carico.
  Le ragioni dell'incremento della litigiosità derivano, invero, da una molteplicità di fattori, non tutti negativi: l'accresciuta aspettativa di vita, l'ampliamento del danno risarcibile operato dalla giurisprudenza, una maggiore consapevolezza dei diritti dell'ammalato.
  In tale contesto di accresciuta conflittualità non sono, tuttavia, mancati, come ha ricordato l'On.le interrogante, anche spot (o comunque altre manifestazioni mediatiche) tali da fornire rappresentazioni esasperate della realtà e da minare ulteriormente il delicatissimo rapporto medico-paziente.
  Ciò posto, non vi è dubbio che, in estrema sintesi, l'abuso della medicina difensiva costituisca un danno sia per la sicurezza delle cure che per i costi complessivi della spesa sanitaria.
  Nella consapevolezza di tali problematiche il Ministero della salute è intervenuto sul tema con il decreto-legge n. 158 del 2012, il quale, in considerazione dell'alto rischio insito nell'attività medica, ha cercato di dare una risposta alle criticità derivanti dalla rigida applicazione dei principi generali del codice civile e penale in materia di responsabilità professionale.
  Dopo aver effettuato ulteriori approfondimenti con tutti gli attori del sistema, anche nell'ambito di audizioni di professionisti, docenti universitari ed avvocati, si è ritenuto che fosse necessario intervenire nuovamente, e in modo organico, in materia.
  Nel 2015 è stata pertanto istituita presso il Ministero della salute un'apposita Commissione, composta da giuristi, medici ed esperti per elaborare una proposta in grado di risolvere i nodi non ancora sciolti della complessa tematica.
  Gli esiti dei lavori della Commissione, condivisi dal Ministro della salute, sono stati successivamente inviati al Parlamento, presso il quale, come noto, pendevano diverse proposte di legge in materia.
  In questo contesto di forte condivisione tra Governo e Parlamento in un tema così delicato – nell'ambito del quale occorre, da un lato, assicurare ai professionisti la giusta serenità nell'esercizio della propria attività e dall'altro garantire i cittadini incorsi in casi di malpractice – si è, dunque, resa possibile l'approvazione della legge n. 24 del 2017 (recante disposizioni Pag. 64in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie).
  La novella, nel ridisciplinare la materia, dopo aver introdotto specifiche disposizioni volte a garantire il diritto dei cittadini ad essere risarciti nelle ipotesi di reali profili di responsabilità del professionista o della struttura, ha assicurato, al contempo, regole più certe per i professionisti stessi, affinché nello svolgimento della propria attività non perdano mai di vista la centralità del paziente.
  Mi riferisco all'introduzione di norme generali sulla sicurezza delle cure quale parte costitutiva del diritto alla salute sia dell'individuo che della collettività ed, in particolare, a tutte le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio clinico da parte delle aziende sanitarie alle quali deve partecipare tutto il personale sanitario.
  È stata prevista, inoltre, l'istituzione in ogni Regione di un centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, con il compito di raccogliere dalle strutture sanitarie e sociosanitarie i dati sui rischi degli eventi avversi e sul contenzioso e di trasmetterli annualmente, mediante procedura telematica, all'Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, sul cui operato il Ministro della salute è chiamato a riferire annualmente al Parlamento.
  La citata legge ha previsto, altresì, che gli esercenti le professioni sanitarie si attengano, salvo le specificità del caso, alle raccomandazioni previste dalle linee guida, che saranno elaborate da enti ed istituzioni pubbliche e private nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in un apposito elenco istituito presso il Ministero della salute.
  Un'altra novità significativa introdotta dalla recente legge è l'introduzione nel codice penale di una fattispecie autonoma di reato per «responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario» tenendo conto delle peculiarità dell'attività svolta dai professionisti sanitari, si è disposto che, qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità in sede penale è esclusa se sono state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida, come definite e pubblicate ai sensi di legge sempre che queste risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
  Sono state inoltre dettate specifiche disposizioni in materia di responsabilità civile delle strutture e dei professionisti sanitari. In considerazione, infatti, del diverso rapporto giuridico che si instaura tra il paziente ed il medico, a seconda che quest'ultimo agisca quale libero professionista o quale dipendente di una struttura sanitaria, è stato disposto che la responsabilità professionale sia di tipo contrattuale per il libero professionista (e per le strutture) ed extracontrattuale per il professionista dipendente, con importanti ricadute sui termini di prescrizione dell'azione (10 anni nel primo caso e 5 anni laddove trattasi di professionista dipendente) oltre che sull'onere della prova (poiché nel caso del professionista dipendente ricadrà sul danneggiato l'onere di provare la negligenza, l'imprudenza o l'imperizia del medico).
  Si è, inoltre, demandato ad un regolamento interministeriale – in corso di adozione – l'istituzione di un apposito Fondo di garanzia per i casi di malpractice volto a risarcire le vittime nel caso in cui non si possa provvedere con le assicurazioni.
  È stato, poi, introdotto l'obbligo di esperire preliminarmente, nei giudizi civili, un tentativo obbligatorio di conciliazione, quale condizione di procedibilità stessa dell'azione di risarcimento del danno. Ciò al fine di accelerare l’iter dei procedimenti e deflazionare i contenziosi.
  Infine, il provvedimento di legge ha previsto che le consulenze tecniche nei giudizi civili e penali siano affidate non solo al medico legale, ma anche ad uno specialista nella disciplina oggetto di contenzioso: ciò affinché le valutazioni tecniche su cui si baserà il giudizio siano sempre compiute da esperti della materia.
  È di tutta evidenza, quindi, che la recente riforma legislativa si propone di determinare ricadute positive sia sulla riduzione Pag. 65della cosiddetta medicina difensiva che sulla riduzione del contenzioso. Tutto ciò, inoltre, potrà contribuire progressivamente a ripristinare l'imprescindibile rapporto di fiducia medico-paziente nonché, auspicabilmente, ad evitare la riproposizione di rappresentazioni della realtà esasperate, quali quelle contenute negli spot indicati nell'interrogazione in esame.

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ALLEGATO 2

5-08728 Grillo: Sull'applicazione dell'orario di lavoro nelle strutture ospedaliere.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli onorevoli interroganti hanno posto una problematica davvero rilevante, sulla quale il Ministero della salute – nella piena consapevolezza che i livelli delle prestazioni assistenziali sono collegati ad una seria organizzazione del personale – è impegnato da anni, con azioni concrete, e molte assai recenti, che mi appresto ora sinteticamente ad illustrare.
  Ricordo, infatti, che la legge n. 208 del 2015 (legge di stabilità 2016) ha previsto un primo intervento, volto a realizzare un piano straordinario di assunzioni nel Servizio Sanitario Nazionale – in parte riservate ai precari – anche al fine di consentire il rispetto della nuova disciplina sull'orario di lavoro.
  In particolare, tale legge ha disposto che le Regioni definiscano i propri fabbisogni di personale tenendo conto della cornice finanziaria programmata e delle disposizioni vigenti in materia di costo del personale, facendo riferimento a tutte le professionalità sanitarie per le quali abbiano rilevato effettive esigenze assunzionali.
  Laddove, sulla base del piano del fabbisogno del personale, emergano criticità, gli enti del Servizio Sanitario Nazionale possono, dunque, indire procedure concorsuali straordinarie per l'assunzione di personale medico, tecnico professionale e infermieristico.
  A tale specifico riguardo, desidero rimarcare che con la recente approvazione della riforma del testo unico del pubblico impiego (decreto legislativo n. 75 del 25 maggio 2017) i termini inizialmente previsti dalla legge di stabilità 2016 per l'espletamento delle richiamate procedure concorsuali straordinarie sono stati ulteriormente prorogati: ciò al fine di consentire alle Regioni e alle province autonome che non l'hanno fatto di indire le citate procedure straordinarie entro il 31 dicembre 2018 e di concluderle entro il 31 dicembre 2019.
  Oltre tali interventi, di carattere straordinario, si è voluto investire concretamente anche su misure di natura strutturale: mi riferisco all'ultima legge di bilancio, che ha previsto, nell'ambito del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il vincolo specifico di una quota pari a 75 milioni di euro per l'anno 2017 e a 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018, per fare fronte agli oneri derivanti dai processi di assunzione e stabilizzazione del personale sanitario.
  Tali nuove misure, aggiuntive rispetto a quelle già previste nella legge di stabilità per il 2016, rappresentano, pertanto, l'inizio di un cammino che porterà al ripristino di un «fisiologico turn over» del personale.
  Con specifico riferimento alla valutazione dei fabbisogni assunzionali indicati dalle Regioni, si fa presente che essa è demandata dalla legge al Tavolo di verifica degli adempimenti ed al Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA, nonché al Tavolo per il monitoraggio dell'attuazione del regolamento di cui al decreto ministeriale n. 70 del 2015.
  A fronte della notevole complessità delle attività di verifica indicate dalla legge, i predetti Tavoli hanno assegnato priorità alle figure professionali dei medici, infermieri e operatori socio sanitari, operanti nell'ambito del settore ospedaliero, nonché Pag. 67alla valutazione delle regioni che hanno evidenziato maggiori criticità. In particolare, nel corso nelle riunioni tenutesi presso il MEF nel mese di dicembre 2016, con riferimento alle informazioni comunicate dalle Regioni sulle consistenze di personale al 31 dicembre 2015, sono stati valutati i piani di fabbisogno delle Regioni Calabria, Lazio, Molise e Sicilia.
  A seguito di tali valutazioni, laddove è emersa una dotazione di personale sottodimensionata rispetto al fabbisogno ritenuto necessario per la garanzia dei Lea, le Regioni sono state autorizzate a procedere all'assunzione/stabilizzazione delle figure professionali di medici, infermieri e OSS.
  L'attività di verifica è poi proseguita, nell'anno in corso, integrando la valutazione dei Tavoli ad ulteriori figure professionali, non ancora inserite nella metodologia, nonché agli ulteriori settori dell'assistenza sanitaria, distrettuale e di prevenzione.
  Recentemente, in particolare, sono stati elaborati dei criteri per la definizione del fabbisogno teorico delle ostetriche ed è stato rimodulato il criterio di stima del fabbisogno teorico degli anestesisti.
  Concludo, comunicando che ad oggi due regioni, il Lazio e la Calabria, hanno proceduto alla elaborazione di provvedimenti commissariali volti ad autorizzare le aziende sanitarie all'indizione di procedure concorsuali ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 208 del 2015, che i Tavoli preposti hanno valutato nelle riunioni di verifica dei piani di rientro tenutesi ad aprile 2017 per la regione Lazio e a luglio 2017 per la regione Calabria.
  In merito alle altre regioni, devo comunicare che, al fine di addivenire ad una definizione più efficace ed aderente alle singole realtà locali, che sono risultate – sotto lo specifico aspetto oggetto di questa interrogazione – particolarmente differenziate tra di loro, si è reso necessario adottare una nuova metodologia dell'attività di verifica, che è stata sottoposta alle regioni medesime e che è in attesa della loro definitiva condivisione, in grado di tener conto di tali diversità.
  A tale ultimo riguardo, posso dare assicurazione agli onorevoli interroganti che le attività di verifica, rinnovate nella loro metodologia nel senso che si è detto, si concluderanno celermente. In ogni caso sarà mia premura comunicare a questa Commissione l'esito di tali attività o, comunque, il loro stato di avanzamento.

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ALLEGATO 3

Deleghe al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonché disposizioni per l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, per il riordino delle professioni sanitarie e per la dirigenza sanitaria del Ministero della salute. C. 3868 Governo, approvato dal Senato, e C. 334 Catanoso Genoese, C. 993 Rondini, C. 1088 Grimoldi, C. 1229 Lenzi, C. 1429 Fabbri, C. 1961 Miotto, C. 2518 Binetti, C. 2781 Lodolini, C. 3263 Gregori, C. 3307 Vezzali, C. 3319 Vezzali, C. 3377 Lenzi, C. 3999 Elvira Savino e C. 4556 Elvira Savino.

EMENDAMENTO 3.105 (NUOVA FORMULAZIONE) DEL RELATORE

ART. 3.

  Sopprimere il comma 14.

  Conseguentemente, dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

  «Art. 3-bis. (Modifica alla legge 1o febbraio 2006, n. 43). – 1. L'articolo 5 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, è sostituito dal seguente: «Art. 5. (Individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie). – 1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute, ovvero su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. A tal fine, le associazioni interessate inviano istanza motivata al Ministero della salute, che si pronuncia entro i successivi sei mesi e, in caso di valutazione positiva, attiva la procedura di cui al comma 2.
  2. L'istituzione di nuove professioni sanitarie è effettuata, nel rispetto dei princìpi fondamentali stabiliti dalla presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanità, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
  3. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale, l'ambito di attività di ciascuna professione, i criteri di valutazione dell'esperienza professionale nonché i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale e del Consiglio superiore di sanità, è definito l'ordinamento didattico della formazione universitaria delle nuove professioni sanitarie individuate ai sensi del presente articolo.
  4. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse».
3. 105. (Nuova formulazione). Il Relatore.