CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 20 giugno 2017
841.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione. Testo unificato C. 913 Biondelli, C. 2983 Zolezzi, C. 3115 Baroni, C. 3483 Vargiu, C. 3490 Amato, C. 3555 Paola Boldrini e C. 3556 Binetti.

EMENDAMENTI ED ARTICOLI AGGIUNTIVI

ART. 1.

  Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: al sistema nervoso centrale, danni cardiaci e polmonari, problemi respiratori, danni renali, problemi riproduttivi, malattie gastrointestinali, difetti congeniti.
1. 7. Galgano, Catalano.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente: i) favorire la ricerca scientifica in ambito oncologico, soprattutto nel campo dei tumori rari, sulla base delle correlazioni emergenti dalla elaborazione dei dati contenuti nei registri dei tumori.
1. 1. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

  Al comma 1, dopo la lettera h), aggiungere la seguente: i) integrare i dati relativi agli aspetti diagnostico-terapeutici delle malattie oncologiche con quelli propri dell'assistenza e della ricerca, per migliorare l'organizzazione complessiva dei centri di diagnosi e cura oncologica e fornire risposte sempre più integrate e soddisfacenti ai bisogni dei pazienti.
1. 2. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

  Al comma 2, premettere le seguenti parole: Il Governo è delegato, mediante uno o più decreti legislativi, a individuare e disciplinare.

  Conseguentemente:
   a) al medesimo comma, sopprimere le parole: sono individuati e disciplinati con regolamento da adottarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni;
   b) al medesimo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo: e previo parere delle competenti Commissioni di Camera e Senato.
1. 6. Catalano, Galgano.

  Al comma 2 sostituire le parole: sentita la con le seguenti: previa intesa in sede di.
1. 9. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Al fine dell'inserimento sistematico dei dati nella Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza, entro il 30 giugno di ogni anno i soggetti preposti provvedono all'invio degli stessi secondo le modalità stabilite dal decreto di cui al comma 2.
1. 10. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

Pag. 172

  Al comma 4, lettera b), dopo le parole: della patologia oncologica aggiungere le seguenti: e di altre patologie.
1. 8. Galgano, Catalano.

  Dopo il comma 4, aggiungere il seguente:
  4-bis. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, tutti gli istituti, i centri e i soggetti in possesso di flussi informativi relativi ai dati sanitari dei cittadini interessati dalle previsioni di cui alla presente legge, sono tenuti a mettere a disposizione i medesimi dati ai soggetti competenti e al Ministero della salute quale titolare dei dati della Rete nazionale di cui al comma 1.
1. 4. Fossati, Murer, Fontanelli.

  Al comma 5, dopo le parole: Per le finalità di cui alla presente legge aggiungere le seguenti: ci si avvale dell'Istituito superiore di sanità e dell'Associazione italiana dei registri tumori (AIRTUM), nonché.
1. 5. Fossati, Murer, Fontanelli.

  Al comma 5, aggiungere, in fine, le seguenti parole: anche con riferimento alle Reti di riferimento europee (European Reference Networks-ERN), previste dalla direttiva 2011/24/UE sull'assistenza sanitaria transfrontaliera.
1. 3. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

ART. 2.

  Al comma 1, sopprimere le parole: più rappresentative e.

  Conseguentemente:
   a) dopo il comma 1, aggiungere il seguente: 1-bis. I dati della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza, opportunamente anonimizzati, sono resi pubblici e consultabili liberamente dal cittadino tramite il portale telematico del Ministero della salute. La pubblicazione avviene nel rispetto del Codice dell'amministrazione digitale, mediante standard di tipo aperto di cui all'articolo 68, comma 3, del decreto legislativo n. 82 del 7 marzo 2005;
   b) alla rubrica dell'articolo, dopo la parola: Partecipazione aggiungere le seguenti: dei cittadini,.
2. 3. Catalano, Galgano.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  3. Le organizzazioni di volontariato segnalano alla Rete nazionale dei registri dei tumori anche le misure di carattere sociosanitario che concorrono a migliorare la qualità di vita dei pazienti, a cominciare dalle varie forme di riabilitazione, indispensabili per il reinserimento sociale dei pazienti stessi.
2. 1. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  3. Le organizzazioni di volontariato suggeriscono, con i loro contributi specifici, come il team dei curanti possa intervenire congiuntamente a tre livelli: ricerca, organizzazione e formazione, favorendo la loro integrazione e stimolando la giusta collaborazione tra coloro che lavorano nell’équipe di diagnosi e cura.
2. 2. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

ART. 3.

  Al comma 1, sostituire le parole: sentita la con le seguenti: previa intesa in sede di.
3. 1. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

ART. 4.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  3. Gli enti preposti alla raccolta ed elaborazione dei dati aggregati costituenti Pag. 173il referto epidemiologico sono tenuti, con cadenza annuale, alla pubblicazione sui rispettivi siti istituzionali dei dati elaborati, in particolare per quanto riguarda l'incidenza e la prevalenza delle patologie più frequentemente causa di morte (le prime cinque) secondo i dati di mortalità dell'anno precedente.
4. 3. Zolezzi, Nesci, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  3. Gli enti preposti alla raccolta e all'elaborazione dei dati aggregati costituenti il referto epidemiologico sono tenuti, con cadenza annuale, alla pubblicazione sui rispettivi siti istituzionali dei dati elaborati.
4. 2. Zolezzi, Nesci, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  3. Il Ministro della salute, con relazione annuale, informa il Parlamento dell'andamento della salute del Paese, anche in riferimento al nuovo indicatore rappresentato dal referto epidemiologico.
4. 1. Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Disposizioni finanziarie).

  1. Al fine di consentire la piena attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge, nonché garantire l'ampliamento e l'ammodernamento della raccolta dati dei Registri previsti dalla normativa vigente, sono stanziati 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2017-2019.
  2. A copertura degli oneri di cui al comma 1, si provvede a valere sullo stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2017-2019, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
4. 01. Murer, Fossati, Fontanelli.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Il Ministro della salute trasmette annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della presente legge.
4. 02. Murer, Fossati, Fontanelli.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Commissioni parlamentari competenti la relazione sull'attività della Rete nazionale, al fine di monitorare e verificare gli effetti e l'efficacia della stessa.
4. 08. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro della salute trasmette una relazione alle Camere sull'attuazione della presente legge, con specifico riferimento alle risultanze delle finalità per le quali è stata istituita la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza Pag. 174di cui all'articolo 1. Nella relazione è fornita, altresì, dettagliata illustrazione del livello di attuazione e dell'entità dei dati forniti dai Centri di riferimento regionale di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109.
*4. 03. Miotto.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro della salute trasmette una relazione alle Camere sull'attuazione della presente legge, con specifico riferimento alle risultanze delle finalità per le quali è stata istituita la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza di cui all'articolo 1. Nella relazione è fornita, altresì, dettagliata illustrazione del livello di attuazione e dell'entità dei dati forniti dai Centri di riferimento regionale di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109.
*4. 05. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Conferimento dei dati).

  1. La raccolta e il conferimento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dei dati dei registri di patologia di cui all'elenco A2) del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109, rappresenta un adempimento ai fini della verifica della erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
**4. 04. Miotto.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Conferimento dei dati).

  1. La raccolta e il conferimento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dei dati dei registri di patologia di cui all'elenco A2) del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109, rappresenta un adempimento ai fini della verifica della erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel Pag. 175supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
**4. 06. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.

  1. La raccolta e il conferimento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dei dati dei registri di patologia di cui all'elenco A2) del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109, nonché il conferimento alla rete nazionale, rappresenta un adempimento ai fini della verifica della erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
4. 07. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

Pag. 176

ALLEGATO 2

Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione. Testo unificato C. 913 Biondelli, C. 2983 Zolezzi, C. 3115 Baroni, C. 3483 Vargiu, C. 3490 Amato, C. 3555 Paola Boldrini e C. 3556 Binetti.

NUOVO EMENDAMENTO DEI RELATORI

ART. 1.

  Al comma 4, lettera b), dopo le parole: a livello nazionale e regionale aggiungere le seguenti:, anche attraverso la pubblicazione dei dati sul sito internet del Ministero della salute.
1. 50. I Relatori.

Pag. 177

ALLEGATO 3

Istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri dei tumori e del referto epidemiologico nel controllo sanitario della popolazione. Testo unificato C. 913 Biondelli, C. 2983 Zolezzi, C. 3115 Baroni, C. 3483 Vargiu, C. 3490 Amato, C. 3555 Paola Boldrini e C. 3556 Binetti.

EMENDAMENTI ED ARTICOLI AGGIUNTIVI APPROVATI

ART. 1.

  Al comma 1, lettera a), sopprimere le parole da: e di ricerca scientifica fino alla fine della lettera.

  Conseguentemente, al medesimo comma, dopo la lettera h), aggiungere la seguente:
   i) promozione della ricerca scientifica in ambito oncologico, anche nel campo dei tumori rari.
1. 1. (Nuova formulazione) Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Miotto, Nesci, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Colonnese, Mantero.

  Al comma 4, lettera b), dopo le parole: a livello nazionale e regionale aggiungere le seguenti:, anche attraverso la pubblicazione dei dati sul sito internet del Ministero della salute.
1. 50. I Relatori.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
  2-bis. Al fine dell'inserimento sistematico dei dati nella Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza, entro il 30 giugno di ogni anno i soggetti preposti provvedono all'invio degli stessi secondo le modalità stabilite dal decreto di cui al comma 2.
1. 10. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

ART. 2.

  Al comma 1, dopo le parole: attive nella tutela della salute umana e della prevenzione oncologica aggiungere le seguenti:, nonché con le associazioni attive nel campo dell'assistenza sociosanitaria.
2. 4. (ex 1.5.) (Nuova formulazione) Fossati, Murer, Fontanelli, Miotto.

ART. 4.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole:, nonché la pubblicazione, con cadenza annuale, dei dati aggregati costituenti il referto epidemiologico, in particolare per quanto riguarda l'incidenza e la prevalenza delle patologie che costituiscono più frequentemente causa di morte, sui siti internet degli enti preposti alla raccolta e all'elaborazione dei dati stessi.
4. 3. (Nuova formulazione) Zolezzi, Nesci, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

Pag. 178

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro della salute trasmette una relazione alle Camere sull'attuazione della presente legge, con specifico riferimento alle risultanze delle finalità per le quali è stata istituita la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza di cui all'articolo 1, nonché sull'attuazione dell'istituzione del referto epidemiologico di cui all'articolo 4. Nella relazione è fornita, altresì, dettagliata illustrazione del livello di attuazione e dell'entità dei dati forniti dai Centri di riferimento regionale di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109.
*4. 03. (Nuova formulazione) Miotto.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Relazione alle Camere).

  1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, e successivamente entro il 30 giugno di ogni anno, il Ministro della salute trasmette una relazione alle Camere sull'attuazione della presente legge, con specifico riferimento alle risultanze delle finalità per le quali è stata istituita la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza di cui all'articolo 1, nonché sull'attuazione dell'istituzione del referto epidemiologico di cui all'articolo 4. Nella relazione è fornita, altresì, dettagliata illustrazione del livello di attuazione e dell'entità dei dati forniti dai Centri di riferimento regionale di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109.
*4. 05. (Nuova formulazione) Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Conferimento dei dati).

  1. La raccolta e il conferimento da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano dei dati dei registri di patologia di cui all'elenco A2) del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109, rappresenta un adempimento ai fini della verifica della erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
**4. 04. Miotto.

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

Art. 5.
(Conferimento dei dati).

  1. La raccolta e il conferimento da parte delle regioni e delle province autonome Pag. 179di Trento e di Bolzano dei dati dei registri di patologia di cui all'elenco A2) del decreto del Presidente dei Consiglio dei ministri 3 marzo 2017, recante «Identificazione dei sistemi di sorveglianza e dei registri di mortalità, di tumori e di altre patologie», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 maggio 2017, n. 109, rappresenta un adempimento ai fini della verifica della erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da parte del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.
**4. 06. Nesci, Zolezzi, Grillo, Lorefice, Mantero, Silvia Giordano, Colonnese.

Pag. 180

ALLEGATO 4

Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale. Atto n. 418.

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

   La XII Commissione (Affari sociali),
   esaminato, nelle sedute del 30 maggio, dell'8, del 13 e del 20 giugno 2017, lo schema di decreto legislativo recante Revisione della disciplina in materia di impresa sociale (atto n. 418);
   tenuto conto delle audizioni informali svoltesi presso la medesima Commissione il 5 e il 14 giugno 2017 e preso atto delle memorie scritte depositate dai soggetti auditi nel corso di tali audizioni;
   considerato che la legge 6 giugno 2016, n. 106, all'articolo 1, comma 2, lettera c), ha previsto la revisione della disciplina dell'impresa sociale, nel rispetto dei principi e criteri generali di cui agli articoli 6, 7, comma 1, e 9, comma 1, lettera f), della medesima legge;
   rilevato, in generale, che lo schema di decreto legislativo in esame appare coerente con le finalità e gli obiettivi della legge delega;
   rilevato, per quanto riguarda le singole disposizioni recate dallo schema di decreto in esame, che:
    l'articolo 1, comma 2, non include esplicitamente le imprese individuali e le società unipersonali tra gli enti che non possono assumere la qualifica di impresa sociale, come invece sarebbe opportuno in ragione della vocazione sociale e partecipativa di un istituto che meglio si presta alla dimensione dell'iniziativa collettiva; per lo stesso motivo, all'articolo 4, è necessario estendere anche alle imprese individuali e alle società unipersonali il divieto di detenere il controllo di un'impresa sociale;
    all'articolo 1, comma 3, si riserva esclusivamente agli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti, accordi o intese con lo Stato e non ad altri enti del Terzo settore la possibilità di accedere alla qualifica di impresa sociale limitatamente alle attività comprese nell'elenco di cui all'articolo 2;
    il decreto in esame, all'articolo 1, comma 4, dispone che le cooperative sociali e i loro consorzi di cui alla legge 381 del 1991 assumano di diritto la qualifica di impresa sociale, ma che per esse si applichino solo gli articoli 14, 15, 16 e 18 del decreto stesso, rimanendo valida per il resto la specifica normativa vigente;
    l'attuale disciplina delle cooperative sociali non risulta pertanto coordinata con la nuova definizione delle attività di interesse generale delle imprese sociali di cui all'articolo 2 dello schema di decreto legislativo in esame, con la conseguenza di penalizzare oggettivamente le cooperative sociali, che peraltro rappresentano la forma più ampiamente diffusa di impresa sociale;
    tra le attività di interesse generale indicate dall'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto non sono incluse alcune voci che sarebbe opportuno inserire mentre altre sono presenti con definizioni imprecise o diverse da quelle utilizzate per la medesima attività nell'articolo 5 dello schema di decreto recante Disciplina del Pag. 181Codice del Terzo settore (Atto 417), rischiando così di generare ambiguità interpretative;
    il divieto, contenuto all'articolo 3, comma 2, lettera b), di corrispondere ai lavoratori subordinati o autonomi compensi superiori di oltre il 20 per cento a quelli previsti per qualifiche simili dai contratti collettivi, in quanto ciò configurerebbe un caso di distribuzione indiretta di utili, appare una eccessiva ingerenza nell'autonomia dell'ente e nella sua capacità di dotarsi di competenze adeguate ad attuare strategie di sviluppo;
    al tempo stesso la possibilità, contemplata dal medesimo articolo 3, comma 3, lettera b), che l'impresa possa destinare parte degli utili o avanzi di gestione annuale ad erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali, anche non soci né controllati, desta perplessità in quanto rischia di favorire comportamenti antieconomici quando non addirittura elusivi;
    pur attribuendo la legge delega centralità e primazia ai principi di partecipazione e di democrazia economica, le garanzie in tal senso contenute nello schema di decreto sono insufficienti; in particolare, la disposizione contenuta nell'articolo 7, comma 1, con riguardo alla composizione dell'organo amministrativo, non assicura che la maggioranza degli amministratori sia espressione dei soci, né previene l'eterodirezione dell'impresa;
    destano serie perplessità anche le norme sulla devoluzione del patrimonio, in particolare all'articolo 12, comma 5, dove si prevede la devoluzione «libera» del patrimonio ad un altro ente del Terzo settore non soggetta ad alcun controllo o autorizzazione: questo, oltre che discutibile per ragioni di prevenzione delle condotte elusive, è in contrasto con la disposizione contenuta nell'articolo 9 dello schema di decreto recante il Codice del Terzo settore (Atto 417), ove si prevede che la devoluzione del patrimonio in caso di estinzione o scioglimento sia necessariamente condizionata al previo parere dell'Ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, pena la nullità degli atti di devoluzione;
    l'articolo 14, comma 5, che disciplina la devoluzione del patrimonio in caso di procedura concorsuale, rinvia proprio all'articolo 12, comma 5, in cui si disciplina la devoluzione «libera» del patrimonio per scioglimento volontario o perdita volontaria della qualifica, con ciò consentendo irragionevolmente che, anche in ipotesi di liquidazione coatta per insolvenza, l'impresa possa liberamente devolvere il patrimonio residuo ad un ente di propria scelta; sarebbe più coerente il rinvio all'articolo 15, comma 8, ove si prevede la devoluzione obbligatoria del patrimonio in caso di perdita della qualifica di impresa sociale;
    desta perplessità anche l'articolo 16, dove si stabilisce la facoltà e non l'obbligo di destinare una quota non superiore al 3 per cento degli utili netti annui ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali, in quanto la non obbligatorietà del versamento rischia di relegare tale istituto alla inutilità; inoltre va rilevata la mancata menzione della salvaguardia della normativa specifica delle cooperative, che all'articolo 11, comma 4, della legge 31 gennaio 1992, n. 59, già prefigura l'obbligo di versamento del 3 per cento degli utili netti annui ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione;
    all'articolo 18, in relazione alle agevolazioni fiscali previste dai commi 3 e 4 per le persone fisiche o le società che effettuino investimenti nel capitale di un'impresa sociale e li mantengano per almeno tre anni, va valutato se tale limite temporale sia sufficiente a scongiurare eventuali operazioni di carattere puramente speculativo;
    lo schema di decreto, ogni volta che richiama o cita le cooperative sociali, omette il riferimento ai consorzi di cooperative sociali di cui all'articolo 8 della legge 8 novembre 1991, n. 381; Pag. 182
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1. all'articolo 1, comma 2, si provveda ad inserire anche le imprese individuali e le società unipersonali tra i soggetti che non possono acquisire la qualifica di impresa sociale;
   2. all'articolo 1, comma 4, sia soppressa la disposizione che limita esclusivamente agli articoli 14, 15, 16 e 18 l'applicabilità delle norme contenute nel presente schema di decreto alle cooperative sociali e ai loro consorzi di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381;
   3. all'articolo 2, comma 1, si apportino le seguenti modifiche:
    I. alla lettera a), siano aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, delle leggi regionali di settore e della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni»;
    II. alla lettera b), siano soppresse le parole: «riconducibili ai Livelli essenziali di assistenza come definiti dalle disposizioni vigenti in materia»;
    III. alla lettera e), siano premesse le parole: «attività e»;
    IV. alla lettera i), le parole: «turistiche o ricreative di particolare interesse sociale» siano sostituite dalle seguenti: «ricreative di interesse sociale»;
    V. alla lettera l), siano aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché la formazione realizzata da enti accreditati dalle regioni, finalizzata al rilascio di qualificazioni professionali di cui all'articolo 8 del decreto legislativo n. 13 del 2013»;
    VI. la lettera o) sia sostituita dalla seguente: «attività commerciali, produttive, di educazione e di informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell'ambito o a favore delle filiere del commercio equo e solidale, da intendersi – nelle more dell'applicazione definitiva della disciplina sul commercio equo e solidale – come un rapporto commerciale con un produttore operante in un'area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a consentire, accompagnare e migliorare l'accesso del produttore al mercato, attraverso il dialogo, la trasparenza, il rispetto e la solidarietà, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l'obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere loro di condurre un'esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile»;
    VII. alla lettera q), siano soppresse le parole: «e di accoglienza umanitaria di stranieri»;
    VIII. dopo la lettera t), siano aggiunte le seguenti:
     u) comunicazione a carattere comunitario, ai sensi dell'articolo 16, comma 5, della legge 6 agosto 1990, n. 223;
     v) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
     w) protezione civile, ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni;
     x) accoglienza umanitaria e integrazione sociale degli stranieri;
     y) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata;

   4. all'articolo 3, comma 2, lettera b), si innalzi dal 20 al 40 per cento il previsto limite di incremento dei compensi, a parità di qualifiche, rispetto a quelli indicati dai contratti collettivi, in Pag. 183quanto ciò costituirebbe distribuzione indiretta di utili;
   5. all'articolo 4, comma 3, siano apportate le seguenti modificazioni:
    a) siano aggiunti, fra i soggetti che non possono detenere il controllo di un'impresa sociale, oltre agli enti con scopo di lucro e alle amministrazioni pubbliche, anche le imprese individuali o società unipersonali;
    b) dopo le parole: «decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165» siano aggiunte le seguenti: «e le società a partecipazione pubblica di cui al decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175»;

   6. all'articolo 12, comma 3, vengano soppresse le parole: «, ovvero la denominazione dei beneficiari delle devoluzione del patrimonio» in quanto questo comma si riferisce agli atti di cui al comma 1, che non contemplano alcuna ipotesi di devoluzione, semmai di trasferimento dell'azienda;
   7. all'articolo 12, comma 5, allo scopo di prevenire il rischio di eventuali operazioni elusive nella devoluzione libera del patrimonio, dopo le parole: «ad altri enti del Terzo settore» siano aggiunte le seguenti: «costituiti e operanti da almeno tre anni»;
   8. all'articolo 14, comma 5, le parole: «ai sensi dell'articolo 12, comma 5» siano sostituite dalle seguenti: «ai sensi dell'articolo 15, comma 8»;
   9. all'articolo 17, ove si prevedono norme di coordinamento e transitorie, venga inserita una novella dell'articolo 1 della legge 8 novembre 1991, n. 381, volta a far rientrare fra le attività esercitabili dalle cooperative sociali di tipo a), anche le attività di cui alle lettere a), b), c), d), i), l), m) e p) dell'articolo 2 dello schema di decreto in esame;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) all'articolo 1, comma 1, si valuti l'eventualità di sostituire le parole: «favorendo il più ampio coinvolgimento» con le seguenti: «assicurando il più ampio coinvolgimento»;
   b) all'articolo 1, si valuti l'opportunità di prevedere, anche per le associazioni di promozione sociale, la possibilità di acquisire la qualifica di impresa sociale limitatamente allo svolgimento di una delle attività di cui all'articolo 2, con le medesime modalità previste al comma 3 per gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti;
   c) all'articolo 3, comma 3, andrebbe valutata l'opportunità di sopprimere la lettera b), con la quale si prevede la possibilità di effettuare erogazioni gratuite a soggetti del Terzo settore non soci;
   d) all'articolo 7, appare opportuno assicurare in modo più chiaro che la maggioranza degli amministratori sia espressione dei soci o associati;
   e) all'articolo 15, comma 3, si valuti l'eventualità di abbassare il numero di 2.000 imprese sociali aderenti necessario affinché un ente associativo riconosciuto possa essere accreditato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini dell'esercizio dell'attività ispettiva;
   f) all'articolo 16, comma 1, andrebbe presa in considerazione l'eventualità di rendere obbligatorio e non facoltativo il contributo del tre per cento degli utili da destinarsi ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali, escludendo da tale obbligo le imprese sociali cooperative, in quanto già assoggettate all'obbligo di cui all'articolo 11, comma 4, della legge n. 59 del 1992;
   g) all'articolo 17, sarebbe opportuno prevedere, fra le norme di coordinamento, anche una modifica dell'articolo 8 della legge 8 novembre 1991, n. 381, con la possibilità di conteggiare nel 70 per cento della base sociale dei consorzi anche le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali;
   h) all'articolo 18, commi 3 e 4, si valuti l'opportunità di portare da 3 a 5 gli Pag. 184anni nei quali deve essere mantenuto l'investimento di capitale in un'impresa sociale al fine di usufruire delle previste agevolazioni fiscali;
   i) si valuti l'utilità di sostituire, ovunque ricorrano nel testo, le parole: «cooperative sociali» con le seguenti: «cooperative sociali e loro consorzi».

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ALLEGATO 5

Schema di decreto legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale. Atto n. 418.

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE PRESENTATA DAI DEPUTATI NESCI, GRILLO, LOREFICE, SILVIA GIORDANO, COLONNESE, MANTERO, BARONI

   La XII Commissione,
   premesso che:
    il presente schema di decreto, nell'ambito della più generale opera di riordino legislativo prevista dalla legge n. 106 del 2016, recante «Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale», pur mantenendo la struttura del decreto legislativo n. 155 del 2006, che viene abrogato, apporta sostanziali modifiche alla disciplina;
    il provvedimento, animato dall'intento di promuovere e sostenere lo sviluppo di questa tipologia di ente del Terzo settore prevede un forte ampliamento dei settori di attività delle imprese sociali, una più puntuale precisazione degli aspetti relativi alla governance, l'introduzione di nuovi strumenti di controllo e, infine, un pacchetto significativo di agevolazioni normative che spaziano dalla detassazione, ai fini delle imposte dirette, degli utili destinati all'attività statutaria, al riconoscimento di detrazioni IRPEF per gli investimenti in capitale delle imprese sociali, sino alla possibilità di impiegare nelle stesse, lavoratori volontari;
    secondo la disciplina vigente, l'impresa sociale è qualificazione che può essere assunta da soggetti aventi qualsiasi forma giuridica, a due fondamentali condizioni: l'operatività in settori considerati di utilità sociale e il divieto di distribuzione degli utili ai soci;
    lo schema in esame, incidendo su tutti e due i succitati profili, prevede la possibilità per l'impresa sociale di distribuire dividendi ai soci (seppure entro certi limiti) ed estende il novero di attività che configurino una utilità sociale;
   considerato che:
    il comma 1 dell'articolo 1 definisce l'impresa sociale quale organizzazione privata che esercita in via stabile e principale un'attività d'impresa di interesse generale, senza scopo di lucro e per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, con modalità di gestione responsabili e trasparenti e col più ampio coinvolgimento di lavoratori, utenti e altri soggetti interessati alle sue attività; pertanto tale definizione di fatto colloca l'impresa sociale a pieno titolo tra enti del Terzo settore, indipendentemente dalla sua natura giuridica;
    come segnalato dallo stesso relatore, al successivo comma 2, in relazione agli enti che non possono assumere la qualifica di impresa sociale non si fa alcun riferimento alle imprese individuali o alle società unipersonali, dal che si desume che anche questo tipo di enti giuridici possa assumere la qualifica di impresa sociale. «Pertanto tale disposizione non appare coerente con la vocazione sociale e solidaristica di un istituto (l'ente di Terzo settore, in generale, l'impresa sociale, in particolare) che meglio si presta alla dimensione di una iniziativa collettiva»;
    al comma 4 del medesimo articolo 1, si dispone che per le cooperative Pag. 186sociali di cui alla legge n. 381 del 1991, che acquisiscano di diritto la qualifica di imprese sociali, si applichino solo alcuni articoli del presente decreto (quelli su procedure concorsuali, monitoraggio e controllo, Fondo per lo sviluppo e agevolazioni fiscali) rimanendo valide per il resto le specifiche norme vigenti. Ciò comporta che viene confermata la limitazione delle attività delle cooperative sociali ai quattro settori indicati dalla predetta legge, mentre col presente decreto viene ulteriormente ampliato l'elenco delle possibili attività delle imprese sociali, ivi comprese quelle tipiche delle cooperative sociali;
    si determina così una disparità fra imprese sociali e cooperative sociali che sembra contraddire la volontà del legislatore di equiparare tali tipologie di enti, peraltro chiaramente espressa nel criterio di delega contenuto all'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge n. 106 del 2016;
    sempre all'articolo 1, il comma 5, prevedendo una clausola di rinvio, precisa che le fonti di disciplina delle imprese sociali sono il decreto stesso in esame, l'emanando codice del Terzo settore, il codice civile, nonché le norme relative alla forma giuridica in cui l'impresa sociale è costituita. Il comma 6 pone una clausola di compatibilità, per cui le disposizioni dello schema sono da intendersi applicabili solo se non contrastanti con il decreto legislativo n. 175 del 2016 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica);
    a tale proposito, come anche segnalato dal dossier del Servizio Studi, «alcune disposizioni del Testo unico richiamato, di per sé, non sono agevolmente compatibili con le vicende proprie del Terzo settore, perché “altro” dallo Stato e dal mercato, pertanto la condizione, ai fini dell'applicazione delle disposizioni dello schema, della compatibilità con la disciplina della partecipazione pubblica avrebbe bisogno di più puntuale specificazione quanto ad articoli e disposizioni»;
    come infatti più volte detto dal Movimento 5 Stelle in sede di esame della legge di delega, se la Impresa Sociale fa parte del Terzo settore non può essere una impresa nel senso civilistico e fiscale del termine, in quanto l'impresa sociale si prefigura come l'anello di congiunzione tra profit e non profit; da tempo alcune lobbies stanno spingendo perché pezzi di welfare vengano messi a frutto sul versante del profitto. Tale spinta va di pari passo, ormai in larga parte del continente europeo, con politiche di destrutturazione dei sistemi di tutela e cura delle persone. Il tentativo di mettere nell'angolo il welfare universale è continuo;
    uno stato sociale a «tutele socialmente differenti» con servizi da acquistare, per chi se li può permettere, e servizi minimi per i più poveri può essere il terreno ideale sul quale far sviluppare il sociale profit. Pertanto si ribadisce che, esattamente come la legge delega, lo schema all'esame non consegua affatto i nobili propositi e gli elevati ideali che sarebbe stato legittimo attendersi da una riforma di tale portata, introducendo al contrario una serie di distorsioni e compromessi destinati a peggiorare efficienza ed equità del sistema economico pervenendo, nel complesso, a un peggioramento del sistema normativo vigente;
    all'articolo 2, il comma 1 elenca le attività di interesse generale (mentre attualmente l'attività di impresa deve essere caratterizzata da pubblica utilità) che consentono di acquisire la qualifica di impresa sociale se esercitate in via stabile e principale e secondo le modalità previste dallo schema di decreto;
    l'elencazione delle attività di interesse generale, che di fatto estende indefinitamente il novero delle attività che consentono di acquisire la qualifica di impresa sociale e i settori in cui può essere svolta l'attività di impresa, legittima definitivamente il concetto che l'impresa sociale fa impresa a tutti gli effetti salvo poi beneficiare di trattamenti agevolati sul piano normativo. Il Movimento 5 Stelle Pag. 187continua a sostenere convintamente che se la impresa sociale fa parte del Terzo settore non può essere una impresa nel senso civilistico e fiscale del termine;
    al successivo comma 2, si prevede che tale elenco di attività possa essere periodicamente aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, e dunque con uno strumento normativo più flessibile rispetto alla fonte di rango primario;
    tale previsione non risulta nei principi di delega, infatti nella legge delega è assente un principio direttivo inteso a «flessibilizzare» l'elenco delle attività di interesse generale, inoltre, come anche indicato nel dossier studi della Camera, un'ulteriore problematicità si ravvisa in riferimento al rapporto tra fonti, posto che, una volta condotto l'aggiornamento, si avrebbe una convivenza tra previsioni di rango primario ed altre di rango sub-primario, tale configurazione è al di fuori del procedimento di delegificazione quale disciplinato dalla legge n. 400 del 1988;
    al comma 3 dell'articolo 2 si chiarisce che le attività di interesse generale, per potersi considerare svolte in via stabile e principale, devono produrre ricavi superiori al 70 per cento dei ricavi complessivi dell'impresa sociale. Ciò comporta che l'impresa sociale possa svolgere anche attività diverse da quelle indicate al comma 1, purché i relativi ricavi non superino il 30 per cento dei ricavi complessivi. Ciò rimane immutato rispetto alla disciplina attuale, ma si estende la platea dei beneficiari; pertanto, di fatto, con l'allargamento della platea dei lavoratori, si corre il rischio che l'impresa sociale ricopra un ruolo di ammortizzatore sociale e una mortificazione per i soggetti più deboli (ad esempio i disabili);
    l'articolo 3 al comma 3, nel prevedere forme di remunerazione del capitale sociale e di ripartizione di utili, da assoggettare a condizioni e limiti massimi, e differenziabili anche in base alla forma giuridica dell'impresa, costituisce uno dei principali elementi di novità della legge delega n. 106;
    in definitiva il succitato comma 3 consente innovativamente all'impresa sociale la distribuzione di una quota degli utili e degli avanzi di gestione annuali, in deroga al generale divieto sancito dal comma 1 del medesimo articolo. Tale quota deve comunque essere inferiore al cinquanta per cento degli utili e avanzi complessivi, dedotte eventuali perdite maturate negli esercizi precedenti. La distribuzione di tale quota è ammessa per le imprese sociali costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, secondo indicate modalità;
    uno dei punti di massima criticità, investe, tuttavia l'assenza – all'interno dello schema di decreto – di efficaci e penetranti sistemi anti-elusivi del divieto di distribuzione indiretta degli utili. A dispetto di quanto accade per gli altri enti del privato sociale, per i quali vigono attualmente norme decisamente più severe, all'impresa sociale è consentito, infatti, corrispondere alle categorie degli amministratori, sindaci e alle cariche sociali in genere – quelle per cui sussiste più ragionevolmente il rischio di comportamenti elusivi in ragione del potere direzionale attribuito – compensi persino superiori rispetto a quelli praticati dalle imprese profit operanti nel medesimo comparto. Lo scostamento è ammesso nella misura massima del venti per cento e salvo comprovate esigenze di acquisizione di competenze specifiche;
    non può non notarsi la stridente contraddizione per cui ai dirigenti di un ente del Terzo settore, assistito da provvidenze fiscali e normative, sia consentito la percezione di compensi allineati, se non addirittura superiori, a quelli delle corrispondenti categorie operanti all'interno di imprese soggette a tassazione in forma ordinaria. Un profilo, quest'ultimo, suscettibile di generare problemi in ordine al corretto funzionamento della concorrenza nei mercati delle imprese e dei lavoratori, all'efficienza allocativa e alla equità distributiva, essendo la detassazione – di cui gode l'impresa sociale a differenza di quella ordinaria – un beneficio che consentirebbe, Pag. 188a parità di altre condizioni di redditività e patrimonializzazione, l'erogazione di compensi maggiori;
    manca, altresì, nel quadro delineato degli interventi anti-elusivi, una norma destinata a contrastare i fenomeni nepotistici. Le ispezioni presso gli enti del Terzo settore, condotte dalle agenzie fiscali e del lavoro, hanno evidenziato, sovente, che la distribuzione indiretta di utili avviene anche attraverso fenomeni di «splitting» familistico. Il carattere volutamente verticistico dell'impresa sociale, sottratta come è all'imperativo del principio di democraticità che domina la governance degli altri enti non profit, può favorire le assunzioni di figli, parenti o conviventi di soci, dirigenti e membri degli organi di controllo. Manca, altresì, un principio di «necessità» ed indispensabilità a governo delle assunzioni del tipo previsto, ad esempio, per le associazioni di promozione sociale di cui alla legge n. 383 del 2000;
    preoccupazione desta altresì la possibilità che le imprese sociali, anche quelle non costituite nelle forme di cui al libro V del codice civile, possano effettuare erogazioni gratuite in favore di enti del Terzo settore diversi dalle imprese sociali stesse, che non siano fondatori, associati, soci dell'impresa sociale o società da questa controllate, seppur finalizzate alla promozione di specifici progetti di utilità sociale;
    senza ledere il principio di cooperazione che può favorevolmente intervenire tra enti del Terzo settore nel comune perseguimento della medesima finalità sociale, lo schema di decreto avrebbe dovuto prevedere idonee forme anti-elusive. Disponendo, ad esempio, soglie massime in rapporto agli utili o avanzi entro le quali le erogazioni gratuite sono ammissibili ed il principio che esse debbono avere carattere occasionale, o quantomeno non sistematico, e non possono essere dirette sempre verso gli stessi beneficiari, quantunque sganciati dal controllo o dal collegamento formale con l'impresa donante;
    allo stesso modo, il provvedimento avrebbe dovuto prevedere il diritto delle categorie potenzialmente danneggiate dall'erogazione a soggetti terzi di quote patrimoniali (ad esempio, i lavoratori dipendenti) di partecipare con diritto di voto alle relative deliberazioni: è lapalissiano, infatti, che anche quello delle erogazioni liberali è un sistema potenzialmente atto a distribuire utili, attraverso la collocazione di fondi patrimoniali a favore di enti ove vigono sistemi di controllo e trasparenza meno incisivi ed efficaci;
    al riguardo, l'errore sta nella supposta equazione finalità sociali = Terzo settore, mentre la corretta equazione è invece Terzo settore = senza fini di lucro, inoltre va detto che l'impresa sociale dovrebbe invece destinare gli utili unicamente al perseguimento dei fini istituzionali socialmente utili e che deve vigere per essa il divieto di distribuzione anche indiretta degli utili;
    sarebbe stato preferibile definire l'impresa sociale come ente senza scopo di lucro, pur riconoscendogli una struttura di tipo imprenditoriale per favorirne l'efficienza. In tal modo viene indebolito il principale requisito soggettivo distintivo degli enti del Terzo settore, ossia l'assenza di scopo di lucro diretto ed indiretto, elemento sul quale sarebbe stato legittimo una più specifica e concludente volontà di indirizzo del Parlamento affinché fosse stato delegato al Governo il compito di definirne una nozione aggiornata e ben delimitata. Pertanto appare indispensabile una identificazione di tutti i comportamenti anomici da rubricare come espressione di divisione indiretta degli utili;
    inoltre concedere di procedere alla distribuzione parziale di utili, fatto salvo l'accantonamento prevalente dei medesimi al perseguimento delle finalità statutarie appare una formula ibrida e confusa che si presta al rischio di generare distorsioni di mercato e comportamenti elusivi; è ben noto che la distribuzione di utili può essere largamente realizzata attraverso molteplici artifici in modo indiretto; consentire ad un ente del Terzo settore una gestione di tipo imprenditoriale, non soggetta Pag. 189alle formalità e ai rituali della democrazia associativa, in ambiti e settori di interesse collettivo tutt'altro che marginali dal punto di vista della profittabilità, senza un'adeguata struttura di limiti e di bilanciamenti, prevedendo per giunta benefici normativi a carico della collettività, equivale a generare un «mostro giuridico» che rischia di cannibalizzare sia il mondo dell'impresa sia quello del Terzo settore autentico;
    vale la pena precisare, come anche richiamato dal dossier del servizio studi, che lo schema all'esame, non riproduce – e dunque sopprime – l'articolo 6 del decreto legislativo n. 155 del 2006. Questo articolo recava una disciplina di favore per le imprese sociali, in materia di responsabilità patrimoniale. Esso prevedeva infatti che nelle organizzazioni che esercitano un'impresa sociale – il cui patrimonio sia superiore a 20.000 euro – delle obbligazioni assunte risponda soltanto l'organizzazione con il suo patrimonio (dal momento della iscrizione nella apposita sezione del registro delle imprese). Soltanto quando risulta che, in conseguenza di perdite, il patrimonio sia diminuito di oltre un terzo rispetto all'importo citato, delle obbligazioni assunte rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e per conto dell'impresa;
    non risulta che tale intervento normativo (soppressivo) in materia di responsabilità patrimoniale rientri nell'ambito della delega quale conferita dalla legge n. 106 del 2016, trattandosi evidentemente di una forzatura che determina un chiaro eccesso di delega;
    il rinvio ad un decreto ministeriale che individui gli atti che devono essere depositati per la costituzione dell'impresa sociale appare oltremodo limitante in relazione ai principi di pubblicità e trasparenza. È evidente che considerata la delicatezza delle attività che configurano l'impresa sociale e la commistione con le attività che non perseguono l'interesse generale, sarebbe stato auspicabile definire da subito tutti gli atti che devono essere devono essere depositati;
    con riferimento agli aspetti di governance, lo schema di decreto delinea impresa sociale come un istituto dai caratteri marcatamente imprenditoriali. L'articolo 7, al comma 1 attribuisce all'assemblea dei soci o associati la competenza a nominare la maggioranza dei componenti dell'organo di amministrazione anche se il successivo comma 2 ammette che le cariche sociali – diverse dalla presidenza – possano essere assunte anche da soggetti nominati da enti con scopo di lucro o pubbliche amministrazioni;
    a differenza di quanto previsto ordinariamente per gli enti del Terzo settore assistiti da provvidenze fiscali, non è sancito, tuttavia il principio del voto capitario (una testa, un voto) né quello della sovranità dell'assemblea. La carenza del principio di democraticità, nel modello di impresa sociale, così come delineato dal presente schema di decreto, è compensata solo in parte dal coinvolgimento degli stakeholders nel processo decisionale;
    l'articolo 11 stabilisce l'obbligo di inserire, negli statuti delle imprese sociali, clausole volte disciplinare le modalità di partecipazione dei lavoratori e degli utenti all'organo assembleare. Ciò con l'obiettivo di consentire a tali soggetti la possibilità di esercitare una qualche influenza sul governo dell'impresa. Tuttavia, sulla qualità ed incisività delle suddette clausole, lo schema rimanda a specifiche linee guida, da adottarsi da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo un procedimento di delega a fonti normativa subordinate che appare inaccettabile, tenuto conto della rilevanza e delicatezza della questione;
    è evidente che il coinvolgimento dei lavoratori e degli utenti è trattato in modo inadeguato in quanto riguarda un aspetto essenziale in relazione alla natura stessa dell'impresa sociale, ad esempio laddove si stabilisce l'eventualità e non la obbligatorietà del coinvolgimento nell'assemblea dei rappresentanti dei lavoratori e degli utenti. Pag. 190Sarebbe stato auspicabile indicare meccanismi di partecipazioni più incisivi in relazione all'organizzazione del lavoro, sulle condizioni di lavoro e sulla qualità di beni e servizi;
    inoltre andrebbe meglio definita la partecipazione dei lavoratori agli organi statutari rispetto a ruolo e poteri per tutte le Imprese sociali e non solo per quelle di grandi dimensioni. Inoltre non si comprende la ratio della esclusione del coinvolgimento dei lavoratori nelle cooperative a mutualità prevalente e negli enti ecclesiastici. Infatti, pur sancendo la legge delega la centralità dei princìpi di partecipazione e di democrazia, lo schema pone solo blande garanzie in tema di partecipazione;
    il comma 5 dell'articolo 12 prevede che, in caso di scioglimento volontario dell'ente o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, il patrimonio residuo, dedotto il capitale effettivamente versato dai soci (eventualmente rivalutato o aumentato) e dedotti i dividenti deliberati, è devoluto solo in favore di un altro ente del Terzo settore, ovvero del Fondo per lo sviluppo delle imprese sociali, salvo quanto previsto dalle norme specifiche in tema di società cooperative, sempre che l'impresa sociale sia costituita nelle forme di cui al libro V del codice civile. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano agli enti ecclesiastici;
    al riguardo, onde evitare fenomeni elusivi, sarebbe opportuno indicare con precisione e maggiore chiarezza le modalità di restituzione ai soci del capitale versato, rivalutato o aumentato e di dividendi, così come sarebbe opportuno indicare forme di controllo e autorizzazione sulla libera devoluzione in favore di altri enti del Terzo settore, onde evitare o prevenire condotte abusive oltreché rispettare la simmetrica disposizione di cui all'articolo 9 dello schema di decreto legislativo recante il codice del Terzo settore (Atto Governo 417), ove si prevede che la devoluzione del patrimonio dell'ente del Terzo settore, in caso di estinzione o scioglimento, sia necessariamente condizionata al previo parere, obbligatorio e vincolante, dell'Ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, pena la nullità degli atti di devoluzione;
    riguardo alla disposizione relativa al lavoro nell'impresa sociale, diversamente dal decreto legislativo n. 155 del 2006 non si fa rinvio all'articolo 4 della legge-quadro sul volontariato (legge n. 266 del 1991), così come non si fa rinvio agli articoli 2 e 17 della legge n. 266, relativi rispettivamente all'attività di volontariato (e la sua assenza di fini lucro, con divieto di retribuzione), alla flessibilità nell'orario di lavoro. Inoltre sarebbe stato auspicabile definire più del numero dei volontari, anche il monte ore, in quanto di norma le prestazioni dei volontari sono ridotte;
    in relazione alle funzioni di monitoraggio, ricerca e controllo, si prevede che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali possa avvalersi nell'esercizio dell'attività ispettiva non solo delle associazioni di cui al decreto legislativo n. 220 del 2002, ma anche di altri enti associativi riconosciuti, a cui aderiscano almeno 2.000 imprese sociali iscritte nel registro delle imprese di almeno cinque diverse regioni; il fatto che il Ministero possa avvalersi nell'attività di ispezione anche di enti associativi riconosciuti suscita qualche perplessità in tema di conflitto di interessi;
    l'articolo 18 dispone circa le misure di sostegno e di agevolazione fiscale volte alla promozione dello sviluppo dell'impresa sociale. Anzitutto gli utili o avanzi di gestione delle imprese sociali non costituiscono reddito imponibile ai fini delle imposte dirette, purché siano accantonati a riserva indivisibile e poi effettivamente destinati (entro i due esercizi successivi a quello in cui vengono conseguiti) allo svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio, analogamente a quanto già previsto per le cooperative sociali e per i consorzi tra piccole e medie imprese;
    gli utili potranno essere distribuiti ai soci sotto forma di aumento gratuito del Pag. 191capitale sociale nei soli limiti previsti dall'articolo 3, comma 3 (interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo, rispetto al capitale effettivamente versato). È fatto espresso divieto all'impresa sociale ogni altra forma anche indiretta di distribuzione degli utili o avanzi di gestione. Della medesima esclusione ai fini delle imposte dirette godranno anche i proventi conseguiti con attività diverse da quelle di interesse generale, svolte entro il limite del 30 per cento dei ricavi complessivi, a patto che l'impresa proceda a reinvestirli nelle modalità sopra specificate;
    sono altresì previste una serie di agevolazioni fiscali volte a favorire gli investimenti di capitale nelle imprese sociali. In particolare, le persone fisiche potranno portare in detrazione d'imposta Irpef il 30 per cento delle somme investite nel capitale sociale di una o più imprese sociali. Tale detrazione potrà essere esercitata entro il terzo periodo d'imposta successivo a quello in cui è eseguito l'investimento e nel limite massimo di 1.000.000 di euro per ogni anno. Analoga agevolazione fiscale è prevista anche per gli investimenti effettuati da società, ma in questo caso di tratta di una deduzione dalla base imponibile Ires pari al 30 per cento del capitale investito, fruibile sempre per tre anni con un importo massimo deducibile di euro 1.800.000,00 per ogni periodo di imposta. Sia per le persone fisiche che per le società l'investimento dovrà essere integralmente mantenuto per almeno tre anni, pena la decadenza dal beneficio;
    inoltre, in analogia con le start-up e PMI innovative, è previsto che alle imprese sociali non si applichino le norme in materia di società di comodo e di società in perdita sistematica. Alle imprese sociali non si applicheranno gli studi di settore e i parametri e gli indici sintetici di affidabilità. Infine, si prevede la possibilità per le imprese sociali di accedere alla raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici regolati dal decreto legislativo n. 58 del 1998;
    appare evidente che tutte le disposizioni fiscali sopra elencate di fatto dispensano le imprese sociali da tutta una serie di vincoli fissati da norme di carattere antielusivo e che quindi potrebbero nascondere veri e propri aiuti di stato. Nelle intenzioni dichiarate, esse sono giustificate da profili di «simmetria fiscale tra divieto di distribuire utili e non imponibilità degli stessi». Fortunatamente l'efficacia di tali norme è stata comunque prudenzialmente subordinata alla autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
    se si considera che per le misure agevolative previste si tiene conto delle risorse, già destinate alle imprese sociali, del fondo rotativo previsto con la legge finanziaria del 2005 (articolo 1, comma 354, della legge n. 311 del 2004) istituito per le piccole e medie imprese, si corre il rischio evidente di alterare la concorrenza a danno delle piccole e medie imprese che svolgono attività commerciale. A tal proposito, sarebbe stato opportuno prevedere che l'autorità garante della concorrenza e del mercato avesse tra i suoi compiti anche quello di verificare il raggiungimento degli impatti sociali ottenuti dalle imprese sociali, verificando altresì l'investimento degli utili per gli obiettivi sociali;
    infine, provvidenze a carattere non fiscale, ma di impatto altrettanto saliente, riguardano la possibilità di impiegare lavoratori volontari nell'impresa sociale – facoltà chiaramente preclusa alle imprese del comparto profit – e di soggiacere alla procedura di liquidazione coatta amministrativa in caso di insolvenza.

   considerato infine che:
    il provvedimento delinea un modello di «impresa» con finalità sociali che soffre, ab origine, dei mali geneticamente ereditati dalla legge delega che ne ha stabilito i principi e criteri direttivi: in specie, l'idea che lo svolgimento di attività Pag. 192di interesse generale, anche a carattere civico o solidaristico, costituisca requisito, per se stesso, sufficiente a legittimarne l'esercizio secondo modalità imprenditoriali, con il beneficio di significative agevolazioni fiscali e normative – solitamente precluse al novero delle altre imprese – e senza il sistema di «checks and balances» ordinariamente previsto per gli altri enti del Terzo settore: il divieto assoluto di distribuzione di ogni forma di utile, anche indiretta, il carattere democratico della governance, il riconoscimento dello spirito «donativo» come principio basilare sotteso all'impegno dei privati, per citarne alcuni;
    invero, è statisticamente dimostrato che nelle economie mature, come quella nostrana, caratterizzate dall'aumento dell'età media della popolazione, da significativi movimenti migratori, da fenomeni di degrado ed abbandono del territorio, dalla crescita emergente di bisogni sanitari, educativi e rieducativi, ecc. la fornitura di servizi alle persone, registri fatturati in continua crescita e, pertanto, legittimamente appetibili dalle imprese del mercato, operanti a fini di lucro: una normativa di favore a beneficio degli operatori del «privato sociale» non può dunque basarsi principalmente sulle caratteristiche di utilità collettiva dell'offerta, ma deve necessariamente essere accompagnata da altri canoni e principi direttivi di cui l'istituto dell'impresa sociale – come delineato nell'atto del Governo, è decisamente carente;
    si è visto che per l'attuazione di diverse disposizioni contenute nello schema all'esame si rinvia a decreti ministeriali o altri atti, che potrebbero introdurre ulteriori rilevanti modifiche dell'assetto normativo, al di fuori di qualsiasi preventivo necessario controllo o confronto;
    la natura originale di impresa sociale, quale soggetto di Terzo settore che persegue finalità sociali in forma no profit attraverso attività di interesse sociale, sarebbe dovuta prevalere su ogni altro aspetto dell'impresa, prevedendo vincoli e controlli sulla remunerazione del capitale sociale e con un modello di governance fortemente partecipato dei lavoratori e degli utenti e dunque l'impresa sociale avrebbe dovuto assicurare e non semplicemente favorire la partecipazione degli stessi;
    inoltre, le misure fiscali e di sostegno economico previste rischiano di alterare oltremodo la natura no profit dell'Impresa sociale, aprendo a operazioni speculative e a ingerenze strumentali di soggetti profit, anche in forza del fatto che in caso di scioglimento dell'impresa sociale costituita in forma societaria, il capitale versato, eventualmente rivalutato o aumentato è rimborsato,
   tutto ciò premesso e considerato,
  esprime

PARERE CONTRARIO.