CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 5 aprile 2017
798.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Agricoltura (XIII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane. (C. 3265 Romanini).

TESTO ELABORATO DAL COMITATO RISTRETTO ADOTTATO COME TESTO BASE

Art. 1.
(Finalità).

  1. Il pane fresco italiano, quale frutto del lavoro, dell'insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni, costituisce un patrimonio culturale nazionale da tutelare e valorizzare negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.
  2. La presente legge reca disposizioni in materia di produzione e di vendita del pane al fine di garantire il diritto all'informazione dei consumatori e di valorizzare il pane fresco.

Art. 2.
(Definizioni).

  1. È denominato pane il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, di cui all'articolo 4, comma 1, preparata con sfarinati di grano o di altri cereali, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune.
  2. La denominazione di pane di cui al comma 1 può essere integrata dalle seguenti denominazioni aggiuntive:
   a) la denominazione di pane fresco è riservata in via esclusiva al pane che è stato preparato secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione di impasti, ad eccezione delle tecniche mirate al solo rallentamento del processo di lievitazione senza additivi conservanti e altri trattamenti con effetto conservante. È ritenuto continuo il processo di produzione per il quale non intercorre un intervallo di tempo superiore a settantadue ore dall'inizio della lavorazione fino al momento della messa in vendita del prodotto;
   b) la denominazione di pane di pasta madre è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo esclusivo, ai fini della fermentazione dell'impasto, di pasta madre di cui all'articolo 4, comma 5, e senza ulteriori aggiunte di altri agenti lievitanti. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato pane fresco di pasta madre;
   c) la denominazione di pane con pasta madre è riservata al pane che è stato prodotto mediante l'utilizzo contestuale del lievito di cui all'articolo 4, commi 2, 3 e 4, in proporzioni variabili tra loro. Il pane che rientra anche nelle condizioni previste dalla lettera a) può essere denominato pane fresco con pasta madre.

  3. È fatto divieto di utilizzare la denominazione di pane fresco:
   a) per il pane destinato ad essere posto in vendita oltre le 24 ore successive al momento in cui è stato completato il processo produttivo, indipendentemente dalle modalità di conservazione adottate;
   b) per il pane posto in vendita successivamente al completamento della cottura Pag. 234di pane parzialmente cotto, comunque conservato;
   c) per il pane ottenuto dalla cottura di prodotti intermedi di panificazione, comunque conservati.
   d) per il pane prodotto con l'aggiunta di paste acide essiccate.

  4. È comunque vietato l'utilizzo di denominazioni, quali pane di giornata e pane appena sfornato nonché di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore.
  5. Il pane ottenuto da una cottura parziale, se è destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione di pane completata dalla dicitura «parzialmente cotto» o altra equivalente, nonché l'avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l'indicazione delle relative modalità della stessa.
  6. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 5, l'etichetta deve riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la dicitura «surgelato».
  7. La violazione degli obblighi di cui al presente articolo comporta l'immediata sospensione dell'attività e, nei casi più gravi, il ritiro delle autorizzazioni amministrative rilasciate dagli enti competenti.
  8. I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelati con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l'aggiunta alla denominazione di pane della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

Art. 3.
(Prodotto intermedio di panificazione).

  1. È definito prodotto intermedio di panificazione l'impasto, preformato o no, lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l'ottenimento del prodotto finale pane. È da considerare tale l'impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi di tempo, determinando un'effettiva interruzione del ciclo produttivo.
  2. Nel caso in cui un'impresa provveda alla lievitazione e alla cottura ovvero alla sola cottura di un prodotto intermedio di panificazione, il pane così ottenuto deve essere commercializzato in scaffali distinti e separati dal pane fresco, recanti sia le indicazioni previste dalle norme in materia di etichettatura che la dicitura «pane ottenuto da cottura di impasti», seguita dall'indicazione del metodo di conservazione utilizzato.

Art. 3-bis.
(Pane conservato o a durabilità prolungata)

  1. Il pane sottoposto a trattamenti che ne aumentino la durabilità è posto in vendita con una dicitura aggiuntiva che ne evidenzi lo stato o il metodo di conservazione utilizzato, nonché le eventuali modalità di conservazione e di consumo.
  2. Al momento della vendita, i prodotti di cui al comma 1 devono essere esposti in scomparti appositamente riservati.

Art. 4.
(Prodotti utilizzabili per la lievitazione nella panificazione).

  1. Per lievito si intende un organismo unicellulare, tassonomicamente appartenente, ma non limitante, alla specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di convertire gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell'amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata. La produzione di lievito deve essere ottenuta a partire da microrganismi presenti Pag. 235in natura, appartenenti, ma non limitanti, alla specie Saccharomycescerevisiae, coltivati su substrati provenienti da prodotti di origine agricola.
   2. Il lievito impiegabile nella panificazione, denominato anche lievito fresco o lievito compresso, deve essere costituito da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore al 75 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.
  3. La crema di lievito, denominata anche lievito liquido, impiegabile nella panificazione deve essere costituita da cellule in massima parte viventi con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'83 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca.
  4. Il lievito secco impiegabile nella panificazione deve essere costituito da cellule in massima parte viventi, con adeguato potere fermentativo, con umidità non superiore all'8 per cento e con ceneri non superiori all'8 per cento riferito alla sostanza secca. Può esistere sia nella forma attiva, da reidratare nell'acqua prima dell'uso, o istantanea, da aggiungere direttamente all'impasto.
  5. È definito pasta madre l'impasto ottenuto con farina e acqua, sottoposto a una lunga fermentazione naturale acidificante utilizzando la tecnica dei rinfreschi successivi al fine di consentire la lievitazione dell'impasto. La fermentazione deve avvenire esclusivamente a opera di microrganismi endogeni della farina o di origine ambientale. È inoltre ammesso l'utilizzo di colture di avviamento (starter) costituite da batteri lattici, senza materiale di supporto ed esenti da conta-minanti e materiali di supporto.

Art. 5.
(Paste acide).

  1. Le Paste acide essiccate possono essere utilizzate purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti all'articolo 2 comma 1. Oltre la versione essiccata, possono essere utilizzate le versioni liquide e in pasta, rispettivamente denominate pasta acida liquida e pasta acida in pasta, purché rispondenti alle prescrizioni di cui al presente comma.
  2. Le paste acide essiccate non sono dotate di adeguato potere fermentativo e, ai fini di cui all'articolo 2 comma 1, necessitano di essere integrata con il lievito. La loro funzione primaria è l'apporto di acidità e di componenti aromatici caratteristici della lievitazione condotta con pasta madre.

Art. 6.
(Definizione di panificio e modalità di vendita).

  1. È denominato panificio l'impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l'intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale.
   2. L'avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), così come disciplinata dal decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 22.
  3. È comunque facoltà del titolare del panificio vendere in aree pubbliche e allo stato sfuso i prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell'azienda con l'osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
   4. Il pane fresco deve essere posto in vendita in scaffali distinti e separati rispetto al pane ottenuto dal prodotto intermedio di panificazione.
   5. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o no, deve essere messo in vendita, previo confezionamento ed etichettatura riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati Pag. 236dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto.

Art. 7.
(Forno di qualità).

  1. La denominazione di forno di qualità è riservata in via esclusiva al panificio che produce e commercializza pane fresco.
  2. La denominazione di forno di qualità può essere usata nella denominazione della ditta, dell'insegna o del marchio.

Art. 8.
(Responsabile dell'attività produttiva).

  1. Il responsabile dell'attività produttiva di cui all'articolo 6, ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell'impresa di panificazione, è designato dal legale rappresentante dell'impresa stessa all'atto della presentazione della SCIA.
  2. Al responsabile dell'attività produttiva è affidato il compito di assicurare l'utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l'osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito.
  3. Il responsabile dell'attività produttiva deve essere individuato per ogni panificio e per ogni unità locale di un impianto di produzione presso il quale è installato un laboratorio di panificazione.
  4. Il responsabile dell'attività produttiva è tenuto a frequentare un corso di formazione professionale, accreditato dalla regione o della provincia autonoma competente per territorio, il cui contenuto e la cui durata sono deliberati dalla giunta regionale o della provincia autonoma con apposito provvedimento.
  5. È esonerato dal corso formativo di cui al comma 4 il responsabile dell'attività produttiva che risulta già in possesso di uno dei seguenti requisiti:
   a) aver prestato la propria opera per almeno tre anni presso un'impresa di panificazione, con la qualifica di operaio panettiere o con una qualifica superiore secondo la disciplina dei vigenti contratti collettivi di lavoro;
   b) aver esercitato per almeno tre anni l'attività di panificazione in qualità di titolare, collaboratore familiare o socio prestatore d'opera con mansioni di carattere produttivo;
   c) aver conseguito un diploma in materie attinenti, all'attività di pianificazione, incluso in un apposito elenco individuato dalla giunta regionale o della provincia autonoma;
   d) aver ottenuto un diploma di qualifica di istruzione professionale in materie attinenti all'attività di panificazione, conseguito nell'ambito del sistema di istruzione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione di almeno un anno presso imprese del settore, di due anni qualora il diploma sia ottenuto prima del compimento della maggiore età;
   e) aver conseguito un attestato di qualifica in materie attinenti all'attività di panificazione o il profilo di panificatore, in base agli standard professionali della regione o della provincia autonoma, rilasciato a seguito di un corso di formazione professionale, unitamente a un periodo di attività lavorativa di panificazione della durata di almeno un anno svolta presso imprese del settore.

  6. Il responsabile dell'attività produttiva svolge la propria attività in completa autonomia relativamente alla gestione, all'organizzazione e all'attuazione della produzione.

Art. 9.
(Mutuo riconoscimento).

  1. I prodotti da forno realizzati e commercializzati negli altri Paesi membri Pag. 237dell'Unione europea o in uno Stato parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo possono essere commercializzati anche nel territorio dello Stato italiano.
  2. È vietato utilizzare le denominazioni di pane fresco e di pane conservato, anche se accompagnate da integrazioni o specificazioni, per designare prodotti che si differenziano in modo sostanziale, per modalità di composizione o per procedura di produzione, da quelli di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5.

Art. 10.
(Pane tradizionale di alta qualità).

  1. Sono denominati pane tradizionale di alta qualità:
   a) i pani tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, e del regolamento di cui al decreto del Ministro per le politiche sociali 8 settembre 1999, n. 350, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell'elenco nazionale istituito dal citato regolamento, purché non contengano ingredienti finalizzati alla conservazione o alla durabilità prolungata né siano stati sottoposti ad altri trattamenti ad effetto conservante.
   b) potranno altresì avvalersi della denominazione di pane fresco tradizionale di alta qualità i pani riconosciuti ai sensi della normativa dell'Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, di indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita.

  2. Le regioni, su proposta delle associazioni territoriali di rappresentanza della categoria della panificazione aderenti alle organizzazioni imprenditoriali più rappresentative a livello nazionale, riconoscono i disciplinari di produzione dei pani di cui alla lettera a) del comma 1.

  3. Nell'ambito delle iniziative volte alla valorizzazione e alla promozione dei prodotti agroalimentari, sono definiti annualmente, nel capitolo di spesa di competenza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, appositi programmi finanziari volti a sostenere e a promuovere la produzione e la commercializzazione del pane fresco e del pane fresco tradizionale di alta qualità.

Art. 11.
(Vigilanza).

  1. La vigilanza sull'attuazione della presente legge è esercitata dalle aziende sanitarie locali e dai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall'applicazione di eventuali sanzioni amministrative stabilite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, per la violazione delle disposizioni della medesima legge.

Art. 12.
(Abrogazioni).

  1. Sono abrogati:
   a) gli articoli 14 e 21 della legge 4 luglio 1967, n. 580;
   b) l'articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 502;
   c) l'articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

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ALLEGATO 2

Norme in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo. (C. 898 Faenzi e C. 1049 Fiorio).

TESTO UNIFICATO ELABORATO DAL COMITATO RISTRETTO ADOTTATO COME TESTO BASE

Capo I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1.
(Oggetto e finalità).

  1. La presente legge reca disposizioni sulla raccolta, coltivazione e commercializzazione dei tartufi freschi e conservati destinati al consumo.
  2. La presente legge persegue l'obiettivo di promuovere la tutela e la valorizzazione dei tartufi e dell'ambiente naturale in cui si riproducono, nonché la conservazione e la diffusione delle provenienze autoctone dei tartufi e delle piante ospiti e il miglioramento e lo sviluppo della tartuficoltura, ispirandosi a criteri di qualità ed eccellenza, anche a tutela dei consumatori.
  3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a disciplinare con propria legge la raccolta, la coltivazione e la commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel rispetto dei princìpi fondamentali e dei criteri stabiliti dalla presente legge.
  4. Al fine di conservare l'ambiente tartufigeno naturale, le regioni possono incentivare le attività delle aziende agricole forestali volte al miglioramento ambientale.

Art. 2.
(Definizioni).

  1. Ai fini dell'applicazione della presente legge, si intendono:
   a) per raccolta controllata: l'insieme delle operazioni che comprendono la ricerca e il prelievo dei corpi fruttiferi dei tartufi, nonché il trasporto degli stessi nei e dai luoghi naturali di produzione; la raccolta controllata è consentita nel rispetto delle disposizioni della presente legge;
   b) per tartufaia naturale: qualsiasi formazione vegetale di origine naturale che produce spontaneamente tartufi, ivi comprese le piante singole;
   c) per tartufaie controllate: le tartufaie naturali su fondi interessati da operazioni di miglioria ambientale e di incremento boschivo con la messa a dimora di piante tartufigene;
   d) per tartufaie coltivate: le piantagioni in cui la produzione di tartufi è conseguente alla diretta coltivazione di piante inoculate e mantenute produttive con idonee cure all'apparato radicale ed epigeo della pianta micorrizata;
   e) per tartufi coltivati: i corpi fruttiferi ricavati dalle tartufaie coltivate.

Art. 3.
(Misure generali di tutela).

  1. Sono considerate protette tutte le specie di tartufi.
  2. Sono vietati l'estirpazione e il danneggiamento di parti sotterranee di tartufi, fatta salva la raccolta controllata.

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Art. 4.
(Generi e specie di tartufi).

  1. I tartufi destinati al consumo da freschi devono appartenere ad uno dei seguenti generi e specie, rimanendo vietato il commercio di qualsiasi altro tipo:
   1) Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco;
   2) Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato;
   3) Tuber brumale var. moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato;
   4) Tuber aestivum Vitt., detto volgarmente tartufo d'estate o scorzone;
   5) Tuber uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato (2);
   6) Tuber brumale Vitt., detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera;
   7) Tuber Borchii Vitt. o Tuber albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo;
   8) Tuber macrosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero liscio;
   9) Tuber mesentericum Vitt., detto volgarmente tartufo nero ordinario.

  2. Le caratteristiche botaniche ed organolettiche delle specie commerciali sopraindicate sono riportate nell'allegato 1 che fa parte integrante della presente legge.
  3. L'esame per l'accertamento delle specie può essere fatto a vista in base alle caratteristiche illustrate nell'allegato 1 e, in caso di dubbio o contestazione, con esame microscopico delle spore eseguito a cura del centro sperimentale di tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, o del centro per lo studio della micologia del terreno del Consiglio nazionale delle ricerche di Torino, dei laboratori dell'Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali o dei laboratori specializzati delle facoltà di scienze agrarie o forestali o di scienze naturali dell'Università o di altre strutture specializzate individuate dalle singole regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano, mediante rilascio di certificazione scritta.

Art. 5.
(Riconoscimento di tartufaie controllate e coltivate).

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità e le procedure per il rilascio e la revoca dell'attestazione di riconoscimento della tartufaia controllata o coltivata, con particolare riferimento alla certificazione dell'impresa vivaistica relativa all'avvenuta micorizzazione.
  2. Il rilascio dell'attestazione di cui al comma 1 consente l'apposizione delle tabelle delimitanti le tartufaie stesse e il conseguente esercizio del diritto alla raccolta riservata, ai sensi dell'articolo 6.
  3. L'attestazione di cui al comma 1 ha una validità commisurata al buono stato vegetativo delle specie arboree micorrizate messe a dimora e alle relative cure colturali, comunque non superiore a cinque anni, salva la facoltà di rinnovo.
  4. L'ottenimento dell'attestazione di cui al comma 1 consente l'assimilazione dell'attività di conduzione della tartufaia controllata o coltivata all'attività agricola di cui all'articolo 2135 del codice civile.

Art. 6.
(Proprietà sui tartufi e delimitazione delle tartufaie controllate e coltivate).

  1. Hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano. Tale diritto di proprietà si estende a tutti i tartufi, di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse. Pag. 240
  2. Le tabelle di cui al comma 1 devono essere poste ad almeno 2,50 metri di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, ad una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso ed in modo che da ogni cartello sia visibile il precedente ed il successivo, con la scritta a stampatello ben visibile da terra: «Raccolta di tartufi riservata».
  3. Le tabelle sia nei fondi singoli che in quelli consorziati non sono sottoposte a tassa di registro.

Art. 7.
(Consorzi volontari).

  1. I titolari di aziende agricole e forestali o coloro che a qualsiasi titolo le conducano possono costituire consorzi volontari per la difesa del tartufo, la raccolta e la commercializzazione nonché per l'impianto di nuove tartufaie.
  2. Nel caso di contiguità dei loro fondi la tabellazione può essere limitata alla periferia del comprensorio consorziato.
  3. I consorzi possono usufruire dei contributi e dei mutui previsti per i singoli conduttori di tartufaie.
  4. Qualora le aziende consorziate interessino il territorio di più regioni o province autonome tra loro confinanti, le stesse regioni o province autonome possono stabilire, d'intesa tra loro e per quanto di rispettiva competenza, apposite norme per garantire l'uniformità giuridica e regolamentare dell'attività del consorzio.

Capo II
RACCOLTA DEI TARTUFI

Art. 8.
(Disciplina della raccolta dei tartufi).

  1. La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati.
  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano la ricerca e la raccolta dei tartufi nei boschi e nei terreni non coltivati e istituiscono un registro in cui annotare annualmente la quantità di prodotto commercializzato nell'anno e raccolto nella regione stessa.
  3. Nelle tartufaie controllate o coltivate delimitate dalle tabelle previste dall'articolo 6, il diritto di ricerca e raccolta è riservato al proprietario, all'usufruttuario ed al coltivatore del fondo, ai membri delle rispettive famiglie, ai lavoratori da loro dipendenti regolarmente assunti per la coltivazione del fondo, nonché, per i terreni condotti in forma associata, ai soci delle associazioni che conducono la tartufaia ed ai loro familiari.
  4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, al fine di consentire l'attività dei raccoglitori autorizzati non conduttori di tartufaie controllate o coltivate, provvedono a definire la percentuale massima del territorio a produzione tartufigena che è possibile destinare alla raccolta riservata.
  5. La ricerca deve essere effettuata con l'ausilio del cane a ciò addestrato e lo scavo, con l'apposito attrezzo, il vanghetto o la vanghella, deve essere limitato al punto ove il cane lo abbia iniziato.
  6. È in ogni caso vietata:
   a) la lavorazione andante del terreno nel periodo di raccolta dei tartufi;
   b) la raccolta dei tartufi immaturi;
   c) la non riempitura delle buche aperte per la raccolta;
   d) la ricerca e la raccolta del tartufo durante le ore notturne da un'ora dopo il tramonto ad un'ora prima dell'alba, salve diverse disposizioni regionali in attuazione del comma 2.

Art. 9.
(Abilitazione a praticare la raccolta).

  1. Per praticare la raccolta del tartufo, il raccoglitore deve sottoporsi ad un esame per l'accertamento della sua idoneità. Sono esentati dalla prova d'esame coloro Pag. 241che sono già muniti del tesserino alla data di entrata in vigore della presente legge.
  2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano il rilascio, a seguito dell'esame di cui al comma 1, di apposito tesserino di idoneità con cui si autorizza a praticare la ricerca e la raccolta del tartufo. Sul tesserino devono essere riportate le generalità e la fotografia.
  3. L'età minima dei raccoglitori non deve essere inferiore ai 14 anni.
  4. Le autorizzazioni di raccolta hanno valore sull'intero territorio nazionale.
  5. Non sono soggetti agli obblighi di cui ai precedenti commi i raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà.

Art.10.
(Registro di raccolta).

  1. Il raccoglitore, al fine di consentire il controllo da parte delle autorità preposte e il monitoraggio, annota su una scheda, da allegare al tesserino di cui all'articolo 5, la zona territoriale, la data, la quantità e le specie raccolte.
  2. Entro il 31 gennaio di ogni anno il raccoglitore invia alla regione competente la scheda di cui al comma 1 relativa all'anno precedente.
  3. In caso di mancato adempimento della disposizione del comma 2, la regione provvede a comunicare al raccoglitore la riduzione dei giorni previsti per esercitare l'attività di raccolta.
  4. Dopo due anni consecutivi di mancato invio delle ricevute da parte del raccoglitore, la regione provvede alla sospensione o al ritiro del tesserino per un anno.
  5. Il raccoglitore, qualora intenda cedere i tartufi raccolti, anche a titolo gratuito, rilascia al cessionario una ricevuta, contenente le proprie generalità e il nome e la partita IVA o il codice fiscale del cessionario, l'indicazione della specie, della qualità, della quantità, della data e del luogo o dell'area di raccolta, nonché del corrispettivo ricevuto.

Art. 11.
(Calendari di raccolta).

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano gli orari, i calendari e le modalità di raccolta e di vigilanza.
  2. La raccolta è consentita normalmente, nei terreni demaniali, nei periodi sottoindicati:
   1) Tuber magnatum, dal 1o ottobre al 31 dicembre;
   2) Tuber melanosporum, dal 15 novembre al 15 marzo;
   3) Tuber brumale var. moschatum, dal 15 novembre al 15 marzo;
   4) Tuber aestivum, dal 1o maggio al 30 novembre;
   5) Tuber uncinatum, dal 1o ottobre al 31 dicembre;
   6) Tuber brumale, dal 1o gennaio al 15 marzo;
   7) Tuber albidum o Borchii, dal 15 gennaio al 30 aprile;
   8) Tuber macrosporum, dal 1o settembre al 31 dicembre;
   9) Tuber mesentericum, dal 1o settembre al 31 gennaio.

  3. I tartufi della specie Tuber indicum, Tuber himalayensis e Tuber sinoaestivum possono essere detenuti esclusivamente dalle industrie alimentari per la successiva trasformazione in prodotti a base di tartufo. È esclusa la vendita a consumatori finali di tartufi freschi di tali specie.
  4. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono provvedere a variare il calendario di raccolta sentito il parere di centri di ricerca specializzati di cui all'articolo 4.
  5. È vietata ogni forma di commercio delle varie specie di tartufo fresco italiano Pag. 242nei periodi in cui non è consentita la raccolta.

Capo III
LAVORAZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI TARTUFI

Art. 12.
(Caratteristiche dei tartufi posti in vendita).

  1. I tartufi freschi, per essere posti in vendita al consumatore, devono essere distinti per specie e varietà, ben maturi e sani, liberi da corpi estranei e impurità.
  2. I tartufi interi devono essere tenuti separati dai tartufi spezzati.
  3. I «pezzi» ed il «tritume» di tartufo devono essere venduti separatamente, senza terra e materie estranee, distinti per specie e varietà. Sono considerate «pezzi» le porzioni di tartufo di dimensione superiore a centimetri 0,5 di diametro e «tritume» quelle di dimensione inferiore.
  4. Ai tartufi posti in commercio ai fini dell'utilizzo nell'alimentazione umana si applicano le disposizioni concernenti l'igiene, la tracciabilità, la sicurezza alimentare e l'attività di controllo ufficiale, di cui alle pertinenti normative dell'Unione europea e nazionali vigenti.

Art. 13.
(Lavorazione dei tartufi).

  1. La lavorazione del tartufo, per la conservazione e la successiva vendita, può essere effettuata:
   1) dalle aziende iscritte alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel settore delle industrie produttrici di conserve alimentari, e soltanto per le specie indicate nell'allegato 2;
   2) dai consorzi di cui all'articolo 7;
   3) da cooperative di conservazione e commercializzazione del tartufo.

Art. 14.
(Tartufi conservati).

  1. I tartufi conservati sono posti in vendita in recipienti ermeticamente chiusi, muniti di etichetta a norma delle vigenti disposizioni europee e nazionali.
  2. I tartufi conservati sono classificati come nell'allegato 2, che fa parte integrante della presente legge.
  3. I tartufi conservati sono confezionati con aggiunta di acqua e sale, con l'aggiunta facoltativa di vino, liquore o acquavite, e debbono essere sottoposti a sterilizzazione a circa 120 gradi centigradi per il tempo necessario in rapporto al formato dei contenitori.
  4. L'impiego di altre sostanze, purché non nocive alla salute, oltre quelle citate, o un diverso sistema di preparazione e conservazione, deve essere indicato sulla etichetta con termini appropriati e comprensibili.
  5. È vietato in ogni caso l'uso di sostanze coloranti.

Art. 15.
(Confezionamento dei tartufi conservati).

  1. Il peso netto indicato nella confezione deve corrispondere a quello dei tartufi sgocciolati con una tolleranza massima del 5 per cento.
  2. Il contenuto dei barattoli e flaconi deve presentare le seguenti caratteristiche:
   a) liquido di governo o di copertura limpido, di colore scuro nel Tuber melanosporum, brumale, moschatum, e giallastro più o meno scuro nel Tuber magnatum, aestivum, uncinatum, mesentericum;
   b) profumo gradevole e sapore appetitoso tipico della specie;
   c) assenza di terra, di sabbia, di vermi e di altre materie estranee;
   d) esatta corrispondenza con la specie e classifica indicate nell'etichetta.

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  3. È vietato porre in commercio tartufi conservati in recipienti senza etichetta, o immaturi, o non sani, o non ben puliti, o di specie diversa da quelle indicate nell'articolo 2, o di qualità o caratteristiche diverse da quelle indicate nell'etichetta o nella corrispondente classifica riportata nell'allegato 2.

Art. 16.
(Etichettatura dei tartufi).

  1. È obbligatorio indicare, nella denominazione dell'alimento e nell'elenco degli ingredienti, il nome del tartufo in latino e in italiano secondo la denominazione indicata nell'articolo 2, e nell'allegato 1 della presente legge, nonché l'indicazione «pelati» quando i tartufi sono stati liberati dalla scorza.
  2. Nell'etichetta di un prodotto che riporta le diciture «tartufato» o «a base di tartufo» o qualsiasi altra dicitura che esalta il prodotto stesso per la presenza di tartufo, devono essere chiaramente specificati, con lo stesso carattere e con la medesima dimensione tipografica, la specie del tartufo, nonché il relativo nome latino e la provenienza geografica, con facoltà di indicare, oltre al Paese di provenienza, anche la regione e la località di origine.
  3. Nel prodotto qualificato come «tartufato» o «a base di tartufo» o nella cui etichetta è comunque richiamata la presenza di tartufo deve essere presente una percentuale minima di tartufo pari al 3 per cento del peso totale del prodotto medesimo. Tale percentuale deve essere riportata sull'etichetta con lo stesso carattere tipografico accanto alla denominazione di vendita.
  4. I prodotti contenenti aromi di sintesi al tartufo, ancorché utilizzati congiuntamente al tartufo, non possono evocare in alcun modo nell'etichetta, fatti salvi gli ingredienti, il termine «tartufo», né attraverso diciture né attraverso immagini, e devono riportare in modo chiaramente visibile la dicitura «prodotto contenente aromi di sintesi».
  5. L'impiego di qualificazioni o di diciture diverse da quelle previste dal presente articolo è vietato.

Art. 17.
(Clausola di mutuo riconoscimento).

  1. Fatta salva l'applicazione della normativa europea vigente, le disposizioni della presente legge non si applicano ai tartufi o ai prodotti a base di tartufo fabbricati ovvero commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o in Turchia né ai prodotti fabbricati in uno Stato membro dell'Associazione europea di libero scambio (EFTA), parte contraente dell'Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE).

Capo IV
CONTROLLI E SANZIONI

Art. 18.
(Vigilanza e controlli).

  1. La vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata agli agenti del Corpo forestale dello Stato.
  2. Sono inoltre incaricati di far rispettare la presente legge le guardie venatorie provinciali, gli organi di polizia locale urbana e rurale, le guardie giurate volontarie designate da cooperative, consorzi, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell'ambiente.
  3. Gli agenti giurati debbono possedere i requisiti determinati dall'articolo 138 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e prestare giuramento davanti al prefetto.
  4. Il controllo sulla commercializzazione dei tartufi freschi e conservati è affidato all'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi del Ministero Pag. 244delle politiche agricole alimentari e forestali e alle Aziende sanitarie locali.

Art. 19.
(Sanzioni).

  1. Ogni violazione delle norme della presente legge, salvo che il fatto non costituisca reato, comporta la confisca del prodotto ed è punita con sanzione amministrativa e pecuniaria.
  2. La legge regionale determina misure e modalità delle sanzioni amministrative e pecuniarie per ciascuna delle seguenti violazioni:
   a) la raccolta in periodo di divieto o senza ausilio del cane addestrato o senza attrezzo idoneo o senza il tesserino prescritto;
   b) la lavorazione andante del terreno e la apertura di buche in soprannumero o non riempite con la terra prima estratta per decara di terreno lavorato e per ogni cinque buche o frazione di cinque aperte e non riempite a regola d'arte;
   c) la raccolta nelle aree rimboschite per un periodo di anni quindici;
   d) la raccolta di tartufi immaturi;
   e) la raccolta dei tartufi durante le ore notturne;
   f) la raccolta di tartufi nelle zone riservate;
   g) la vendita al mercato pubblico dei tartufi senza l'osservanza delle norme prescritte;
   h) il commercio dei tartufi freschi fuori dal periodo di raccolta;
   i) la messa in commercio di tartufi conservati senza l'osservanza delle norme prescritte;
   l) la vendita di prodotti a base di tartufo o contenenti aromi di sintesi al tartufo non conformi alle disposizioni di cui all'articolo 16.

Capo V
DISPOSIZIONI FINANZIARIE, TRANSITORIE E FINALI

Art. 20.
(Disposizioni finanziarie).

  1. Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente legge e da quelle regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione regionale annuale, ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, per il rilascio dell'abilitazione di cui all'articolo 5. Il versamento sarà effettuato in modo ordinario sul conto corrente postale intestato alla tesoreria della regione.
  2. La tassa di concessione di cui al comma 1 non si applica ai raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà o, comunque, da essi condotti, né ai raccoglitori che, consorziati ai sensi dell'articolo 7, esercitino la raccolta sui fondi di altri appartenenti al medesimo consorzio.

Art. 21.
(Adeguamento normativa regionale).

  1. Le regioni, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, devono adeguare la propria legislazione in materia.

Art. 22.
(Abrogazioni).

  1. La legge 16 dicembre 1985, n. 752, è abrogata.

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ALLEGATO 3

Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya-Kuala Lampur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. (C. 3916 Governo).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE APPROVATA DALLA COMMISSIONE

  La XIII Commissione Agricoltura,
   esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge C. 3916 recante: Ratifica ed esecuzione del Protocollo addizionale di Nagoya – Kuala Lumpur, in materia di responsabilità e risarcimenti, al Protocollo di Cartagena sulla biosicurezza, fatto a Nagoya il 15 ottobre 2010;
   preso atto che il Protocollo addizionale è finalizzato a contribuire alla conservazione e all'uso sostenibile della diversità biologica, tenendo anche conto dei rischi per la salute umana, con l'elaborazione di norme e procedimenti a livello internazionale in materia di responsabilità e risarcimento del danno derivanti da movimenti transfrontalieri di organismi viventi modificati;
   valutato positivamente il contenuto del Protocollo, in particolare nella parte in cui impegna le Parti a prevedere nei rispettivi ordinamenti disposizioni legislative e regolamentari, nonché procedurali, in materia di danno, in modo da assicurare misure di risposta adeguate a quanto stabilito dal Protocollo addizionale;
   esprime

PARERE FAVOREVOLE