CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 2 febbraio 2017
760.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Norme in materia di consenso informato e di dichiarazioni di volontà anticipate nei trattamenti sanitari. Testo unificato C. 1142 Mantero, C. 1298 Locatelli, C. 1432 Murer, C. 2229 Roccella, C. 2264 Nicchi, C. 2996 Binetti, C. 3391 Carloni, C. 3561 Miotto, C. 3584 Nizzi, C. 3586 Fucci, C. 3596 Calabrò, C. 3599 Brignone, C. 3630 Iori, C. 3723 Marzano, C. 3730 Marazziti e C. 3970 Silvia Giordano.

PROPOSTE EMENDATIVE APPROVATE

ART. 1.

  Al comma 5, primo periodo, sopprimere le parole: accettare o.
1. 141. Menorello, Bosco, Calabrò, Monchiero.

  Al comma 5, primo periodo, dopo la parola: rifiutare aggiungere le seguenti: in tutto o parte.
1. 57. Nicchi, Gregori, Ricciatti, Scotto, Silvia Giordano, Mantero, Palmieri.

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ALLEGATO 2

5-10029 Brignone: Iniziative per la riduzione dell'utilizzo di antibiotici in zootecnia.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'interrogazione in esame – che affronta, peraltro, una tematica analoga a quelle delle mozioni approvate di recente in Aula – preliminarmente occorre precisare che la fitta rete di controlli ufficiali in materia di distribuzione e impiego dei medicinali veterinari, ad opera sia dei Servizi Veterinari Locali che del Comando Carabinieri per la Tutela della Salute, ha come obiettivo quello di garantire:
   1) tracciabilità (controllo sull'intera filiera distributiva);
   2) uso corretto.

  Tali attività rivestono un ruolo fondamentale per assicurare lo stato di salute e il benessere degli animali, tutelare la sanità pubblica, assicurando il rispetto dei tempi di attesa per garantire che gli alimenti derivanti dagli animali trattati non contengano residui chimici oltre i limiti massimi consentiti dalle normative nazionali e/o comunitarie, e contrastare lo sviluppo della resistenza antimicrobica.
  Benché quest'ultima rappresenti un fenomeno naturale biologico, causato da mutazioni genetiche a cui vanno incontro i batteri, la pressione selettiva esercitata sulla popolazione microbica da un uso eccessivo e/o abuso degli agenti antimicrobici, sia in medicina umana che veterinaria, gioca un ruolo importante nel suo sviluppo e diffusione.
  Allo stato attuale, comunque, non sembra fattibile una zootecnia moderna che escluda completamente l'uso di qualsiasi antimicrobico per trattamenti veterinari, mentre un buono stato di salute degli animali e un uso razionale e responsabile degli antimicrobici contribuirebbero a prevenire la diffusione della resistenza agli antimicrobici (Risoluzione del Parlamento europeo del 12 maggio 2011 sulla resistenza agli antibiotici).
  E proprio in tale direzione che sono orientate le attività del Ministero della Salute, intraprese ormai dal 2012, nell'ambito di una strategia nazionale volta alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della resistenza agli antimicrobici, che è posta tra i punti principali all'ordine del giorno dell'Agenda politica.
  L'applicazione dei principi e/o requisiti previsti nel Manuale di biosicurezza e uso corretto e razionale degli antibiotici in zootecnia, nelle Linee guida per la predisposizione, effettuazione e gestione dei controlli sulla distribuzione e l'impiego dei medicinali veterinari e nelle nuove Linee guida per la corretta gestione degli allevamenti di animali da reddito, al fine di ridurre le prescrizioni di antimicrobici e prevenire il rischio di antibiotico-resistenza (in fase di perfezionamento in seno alla Sezione per la Farmacosorveglianza del Comitato tecnico per la Nutrizione e la Sanità Animale), contribuiscono, infatti, a prevenire e/o ridurre l'introduzione, lo sviluppo e la diffusione di malattie animali, massimizzando il numero di animali sani e riducendo, quindi, al minimo la necessità dell'uso degli agenti antimicrobici.
  Tuttavia, alla luce dei risultati provenienti dal progetto ESVAC (European Surveillance of Veterinary Antimicrobial Consumption), che vedono l'Italia tra i Paesi con i più alti volumi di vendita di antimicrobici, Pag. 98risulta quanto mai necessaria la completa digitalizzazione della gestione dei medicinali veterinari (dalla distribuzione alla prescrizione da parte del veterinario fino alla somministrazione agli animali), attraverso l'introduzione della ricetta veterinaria elettronica. Ciò al fine di ottenere un quadro preciso del reale consumo degli antimicrobici, dettagliato anche per filiere produttive e categorie animali, migliorando, in tal modo, l'efficacia dei controlli ufficiali e l'appropriatezza delle misure adottate, garantendo un livello sempre più elevato di tutela della salute umana.
  Un siffatto processo di digitalizzazione è in atto dal 2013 con la sperimentazione «Tracciabilità del farmaco veterinario», che traccia le movimentazioni delle confezioni dei medicinali veterinari dal produttore al destinatario finale (allevatore, ambulatorio veterinario). Nel 2015, poi, dopo una preliminare fase di test necessaria per la validazione e «messa a punto» del sistema informativo e del processo operativo e organizzativo, è ufficialmente partita la sperimentazione «Ricetta elettronica». Ad oggi, la ricetta elettronica è già in uso in 2 Regioni ed è prossima all'avvio in una terza. Da settembre è, inoltre, partita una fase di formazione che ha visto coinvolti oltre 100 professionisti (liberi professionisti e dipendenti pubblici) di altre 10 Regioni/P.A. Numerose, infatti, sono state le richieste di Regioni e P.A. di entrare a far parte di quella che oggi non può più considerarsi solo una semplice sperimentazione, ma una concreta e imprescindibile fase di semplificazione tecnologica.
  La «ricetta elettronica» è risultata promossa a pieni voti: la ricetta elettronica risulta «positiva, inevitabile, necessaria ed urgente anche per rafforzare l'esclusiva titolarità del medico veterinario alla prescrizione e alla gestione del medicinale veterinario», a seguito di una consultazione promossa dalla Società Italiana Veterinari per Animali da Reddito.
  Tale strumento, inoltre, consente anche la riduzione degli adempimenti a carico delle imprese, in linea con gli obiettivi dell'Agenda per la Semplificazione 2015-2017.
  La presenza di una norma cogente circa l'obbligatorietà della ricetta elettronica ne accelererebbe la diffusione e, di conseguenza, una sua applicazione certa su tutto il territorio nazionale e se ne è avviato l'iter, in via di perfezionamento.
  In riferimento al Piano per la riduzione degli antibiotici, esso è in fase di predisposizione da parte di un Gruppo di lavoro multi-disciplinare sull'antimicrobico-resistenza, basato sull'approccio «One Health» ed in accordo con gli obiettivi strategici del WHO-Global Action Plan.
  Il Piano si propone di fornire un indirizzo coordinato e sostenibile per contrastare il fenomeno dell'AMR a livello nazionale, regionale e locale, individuando obiettivi, azioni da intraprendere e indicatori di processo ed esito per il monitoraggio.

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ALLEGATO 3

5-10263 Sbrollini: Interventi in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas).

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'interrogazione in esame, occorre preliminarmente precisare che, per quanto riguarda le vie di esposizione alle sostanze perfluoroalchiliche (pfas), la principale per l'uomo è rappresentata dall'ingestione di acqua potabile e di cibo contaminati. L'esposizione prenatale è attualmente considerata dalla ricerca scientifica particolarmente rischiosa per i suoi possibili effetti tossici nei confronti del feto.
  Il Ministero della salute, al corrente della problematica, ha coinvolto l'Istituto Superiore di Sanità per gli approfondimenti di natura tecnico-scientifica e sono state interpellate, al riguardo, anche l'OMS e la Commissione europea.
  Circa le problematiche dei possibili impatti sulla salute umana delle popolazioni della regione Veneto interessate dall'inquinamento, si sottolineano i seguenti aspetti:
   l'assenza dei valori di riferimento collegati a un rischio per la salute umana, in quanto i valori di riferimento attuali riguardano indici di performance, che, pertanto, possono variare a livello europeo e nella normativa dei singoli Stati Membri;
   nella normativa vigente, che concerne gli inquinanti presenti nei corpi idrici, sono ancora assenti diverse sostanze di interesse per la salute pubblica;
   per quanto riguarda le possibili infiltrazioni nella falda, tutta l'acqua generata e utilizzabile in loco deve essere trattata, o comunque rivalutata, come fonte primaria di acqua potabile. Il Ministero della salute, assieme alla Regione Veneto, ha raccomandato fortemente di limitare l'utilizzo idrico nelle zone interessate dall'inquinamento, ponendo particolare attenzione sul rischio afferente alla matrice agricolo-alimentare.

  Si sottolinea che la problematica è ancora sotto attenta valutazione sia dell'Organizzazione Mondiale della Sanità che della Commissione europea.
  Al contempo, è stato raccomandato di utilizzare il principio di massima cautela sugli approfondimenti tecnici e scientifici al fine di apportare aggiustamenti alla normativa europea e nazionale e, contestualmente, attivare ordinarie e idonee misure di verifica e controllo.
  In merito agli interventi posti in atto, preme evidenziare che l'ISS è direttamente impegnato, in collaborazione con la Regione Veneto, alla realizzazione di un workshop internazionale propedeutico alla stesura di protocolli di studi e di sorveglianza dello stato di salute, che si terrà a Venezia il 22-23 febbraio 2017.
  Il Workshop vedrà la partecipazione dei ricercatori dell'istituto superiore di sanità già operanti nel complessivo Progetto PFAS in collaborazione con la Regione Veneto, e dei tecnici ed esperti a livello regionale/locale coinvolti nei processi di valutazione ambientale e sanitaria che riassumeranno lo stato delle conoscenze sulla diffusione temporale e spaziale dell'inquinamento ambientale nell'area di interesse.
  Lo stato dell'arte sul rischio per la salute per le popolazioni esposte a PFAS verrà ricostruito grazie al contributo di esperti internazionali che parteciperanno al Workshop.Pag. 100
  Nell'ambito del Workshop verranno dunque effettuate valutazioni e possibili approfondimenti delle attività già poste in essere e verranno, altresì, acquisiti gli elementi necessari per fissare i punti qualificanti del disegno di ulteriori indagini necessarie per una corretta valutazione dell'esposizione, dei rischi sanitari e dell'impatto complessivo sulla salute della contaminazione ambientale da PFSA.

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ALLEGATO 4

5-09246 Silvia Giordano: Riorganizzazione del reparto di ginecologia e ostetricia presso l'azienda ospedaliera universitaria San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Si risponde all'interrogazione in esame, sulla base degli elementi pervenuti dalla Direzione generale dell'Ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno, per il tramite della competente prefettura.
  Le criticità rilevate dagli On.li interroganti in riferimento al reparto di ostetricia e ginecologia dell'Ospedale di Salerno, attengono alle difficoltà ed ai disagi per le neo-mamme dovuti all'ubicazione del reparto distante dal relativo nido.
  Tali criticità, note alla Direzione Strategica che, già all'atto del suo insediamento quale struttura commissariale, nel febbraio 2016, si era immediatamente attivata per la ristrutturazione degli ambienti, hanno portato, nel mese successivo, all'approvazione di un progetto per la riqualificazione del reparto.
  In concomitanza, si è proceduto all'aggiudicazione della gara relativa ai lavori di ampliamento di un ascensore della struttura al fine di porre un primo ed immediato rimedio alle suddette difficoltà di accesso al nido; lavori eseguiti ed ultimati già da tempo e che hanno permesso una prima riduzione del disagio.
  Quanto ai lavori di ristrutturazione del reparto, al fine di garantire la piena ed efficiente realizzazione del rooming in, si è ritenuto di dover procedere a necessarie modifiche del progetto, funzionali alle esigenze clinico assistenziali, oltre che rispondenti ai requisiti tecnico strutturali.
  Pertanto, nel dicembre 2016, è stata adottata una perizia di variante per la realizzazione dei locali da destinare al reparto di ginecologia con rooming in al primo piano del Corpo A della struttura ospedaliera.
  In particolare, è stata disposta la realizzazione di stanze di degenza con letto e relativa culla, nonché la realizzazione, nella medesima struttura, dell'area dedicata al nido.
  Conclusivamente, la stessa Direzione, per il tramite della prefettura di Salerno, ha fatto sapere che i lavori, attualmente in fase di avanzata realizzazione, saranno prevedibilmente ultimati entro la fine di marzo 2017.

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ALLEGATO 5

5-10086 Lorefice: In ordine a casi di contagio da epatite C.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'interrogazione in esame, rappresento che il Direttore del Centro regionale sangue – Servizio 6 dell'Assessorato alla salute della Regione Sicilia, già con nota del 25 novembre 2016, aveva immediatamente informato il Ministero della salute della rilevazione di casi di sieroconversione HCV in pazienti emoglobinopatici, verificatesi presso il Centro di talassemia, annesso al Servizio trasfusionale di Sciacca.
  Dalla nota – e da altra documentazione – del Direttore del Centro regionale sangue (CRS), nonché da successive interlocuzioni con lo stesso, risulta che, sin dalla prima segnalazione, gli organi regionali si sono immediatamente attivati chiedendo al Direttore del Servizio trasfusionale di Sciacca di svolgere una indagine conoscitiva dalla quale sono emersi ulteriori casi di sieroconversione HCV in pazienti emoglobinopatici, in cura presso il Centro di talassemia, con un numero di pazienti pari a 11. Due pazienti degli 11 hanno presentato la sieroconversione in epoca antecedente ai fatti in oggetto e, se pur analizzati per completezza a posteriori alla luce dei fatti, non sembrerebbero riconducibili alla stessa vicenda.
  Veniva quindi avviato il controllo retrospettivo («look back») sui donatori delle trasfusioni ricevute dai pazienti nei sei mesi antecedenti la sieroconversione, per accertarne la negatività sierologica e molecolare per HCV, in modo da escludere un eventuale nesso di causalità tra la trasfusione e la sieroconversione dei pazienti.
  Dall'indagine fino ad ora condotta, che ha riguardato i donatori di 9 pazienti e che è tuttora in corso, è risultata l'assenza dei marcatori per HCV in tutti i donatori richiamati e ritestati, escludendo l'ipotesi che le infezioni da HCV fossero state trasmesse attraverso le trasfusioni.
  Questi dati hanno fatto spostare quindi l'attenzione sull'ipotesi di una possibile trasmissione nosocomiale dell'HCV, stante la sieroconversione accertata in pazienti assistiti presso il medesimo Centro di talassemia, annesso al Servizio trasfusionale di Sciacca.
  Nel frattempo il Centro Regionale Sangue (CRS) pur non ravvisando sufficienti elementi che potessero ricondurre ad una trasmissione trasfusionale, in ragione del numero importante di pazienti coinvolti, ha comunque richiesto al Centro nazionale sangue (CNS) di valutare la possibilità di effettuare un audit congiunto in relazione all'evento avverso.
  Il CNS, con nota del 7 dicembre 2016, ha effettuato la visita nei giorni 14 e 15 dicembre, congiuntamente al CRS. Dalle notizie acquisite dal CNS a seguito della verifica eseguita, si conferma l'esclusione della causa trasfusionale alla luce dell'esito negativo della ricerca dei marcatori del virus HCV nei donatori correlati ai pazienti. Sono state verificate le procedure di laboratorio adottate dal centro di qualificazione biologica (CQB) afferente al servizio trasfusionale di Sciacca e ne è stata accertata la conformità operativa rispetto al rischio di cross-contaminazione.
  Sono state anche esaminate le procedure di preparazione degli emocomponenti con particolare attenzione al lavaggio manuale dei globuli rossi, effettuato per alcuni pazienti, non rilevando anomalie procedurali o fattori di rischio per una potenziale contaminazione riconducibile Pag. 103agli operatori. Peraltro tutti gli operatori tecnici e sanitari del servizio trasfusionale sono stati esaminati e nessuno è stato rilevato portatore del virus HCV.
  Analoga verifica dello stato sanitario è stata svolta sul personale medico e infermieristico in servizio presso il Centro di talassemia.
  Il CNS ha anche raccolto la documentazione relativa all'analisi delle possibili cause di trasmissione ospedaliera attraverso manovre invasive (inserimento di aghi cannula), peraltro ancora in fase di completamento, dalla quale appare possibile, per la concomitanza temporale, circoscrivere l'attenzione ad un numero limitato di giorni, nei quali si concentrerebbero gli accessi ospedalieri della maggior parte dei pazienti coinvolti. Tale indagine non è ancora conclusa.
  È stato inoltre richiesto di poter acquisire, non appena completate, le analisi filogenetiche dei virus rilevati in ciascun paziente per la valutazione comparativa rispetto alla provenienza dallo stesso ceppo virale. Relativamente a questi accertamenti è stata offerta la disponibilità di laboratori specializzati dell'ISS, ove risiedono competenze specialistiche in materia.
  Pertanto, da quanto trasmesso dalla Regione Sicilia e dalle riferite notizie acquisite dal CNS a seguito della vista effettuata, è possibile affermare che sono state avviate e condotte le iniziative adeguate nel caso di eventi avversi come quello segnalato, in conformità alla normativa trasfusionale, in particolare, al decreto 2 novembre 2015.
  Inoltre, in conformità al decreto legislativo n. 207 del 2007, è stato avviato l’audit da parte del Centro nazionale sangue per la verifica della corretta applicazione dei protocolli trasfusionali previsti dalle norme, i cui esiti non sono ancora disponibili.
  Riguardo, poi, la conformità dei Servizi trasfusionali alle norme nazionali ed europee, rappresento che, a seguito della conclusione del percorso regionale di autorizzazione e accreditamento (30 giugno 2015), i Servizi trasfusionali della Regione Sicilia risultano autorizzati e accreditati in base all'Accordo Stato-Regioni 16 dicembre 2010 sui requisiti minimi organizzativi strutturali e tecnologici.
  Ciò premesso, al momento si può escludere che la sieroconversione HCV registrata sia imputabile ai donatori, e ciò consente anche di evidenziare l'elevato grado di sicurezza trasfusionale conseguito, relativo alle malattie infettive trasmissibili, grazie anche alle misure adottate (decreto ministeriale 2 novembre 2015) che vanno dalla accurata selezione e valutazione dell'idoneità del donatore, ai test sierologici e molecolari, applicati per la validazione biologica.