ALLEGATO 1
Disposizioni in materia di responsabilità professionale del personale sanitario. Testo unificato C. 259 Fucci, C. 262 Fucci, C. 1324 Calabrò, C. 1312 Grillo, C. 1581 Vargiu, C. 1902 Monchiero, C. 1769 Miotto e C. 2155 Formisano.
EMENDAMENTI E SUBEMENDAMENTI APPROVATI
Articolo aggiuntivo 7.010 (Nuova formulazione) del Relatore risultante dai subemendamenti approvati.
Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:
Art. 7-bis. — (Tentativo obbligatorio di conciliazione). – 1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione tesa ad ottenere il risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell'articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.
2. La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda. In tali casi non trova applicazione l'articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, né l'articolo 3 del decreto-legge 12 settembre 2014 n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162. L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Il giudice, ove rilevi che il procedimento di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile non è stato espletato ovvero che è iniziato ma non si è concluso, assegna alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione dinanzi a sé dell'istanza di consulenza tecnica in via preventiva ovvero di completamento del procedimento.
3. Ove la conciliazione non riesca, o il procedimento non si concluda entro il termine perentorio di sei mesi dal deposito del ricorso, la domanda diviene procedibile e gli effetti della domanda sono salvi se, entro novanta giorni dal deposito della relazione o dalla scadenza del termine perentorio, è depositato, presso il giudice che ha trattato il procedimento di cui al comma 1, il ricorso di cui all'articolo 702-bis del codice di procedura civile. In tal caso il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti e si applicano gli articoli 702-bis e seguenti del codice di procedura civile.
4. La partecipazione al procedimento di accertamento tecnico preventivo di cui al presente articolo è obbligatoria per tutte le parti, comprese le compagnie assicuratrici di cui all'articolo 8 della presente legge. La mancata partecipazione obbliga il giudice a condannare, con il provvedimento che definisce il giudizio, le parti che non hanno partecipato al pagamento delle spese di consulenza e di lite, a prescindere dall'esito del giudizio, oltre che ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che è comparsa alla conciliazione.
7. 010. (Nuova formulazione) Il Relatore.
Subemendamenti approvati all'articolo aggiuntivo 7.011 (Nuova formulazione) del Relatore.
All'articolo aggiuntivo 7.011 (Nuova formulazione) del Relatore, comma 3, dopo le parole: che ne abbia aggiungere la seguente: definitivamente.
0. 7. 011. (Nuova formulazione). 12. Sisto.
All'articolo aggiuntivo 7.011 (Nuova formulazione) del Relatore, comma 5, dopo le parole: avere ad oggetto aggiungere la seguente: anche.
0. 7. 011. (Nuova formulazione). 14. Sisto.
All'articolo aggiuntivo 7.011 (Nuova formulazione) del Relatore, comma 6, dopo la parola: retribuzione aggiungere la seguente: mensile.
0. 7. 011. (Nuova formulazione). 15. Sisto.
Articolo aggiuntivo 7.011 (Nuova formulazione) del Relatore risultante dai subemendamenti approvati.
Dopo l'articolo 7, aggiungere il seguente:
Art. 7-bis. – (Azione di rivalsa). – 1. L'azione di rivalsa della struttura sanitaria nei confronti dell'esercente la professione sanitaria può essere esercitata solo in caso di dolo o colpa grave.
2. Se il danneggiato, nel giudizio promosso contro la struttura sanitaria, non ha convenuto anche l'esercente la professione sanitaria, la struttura sanitaria può esercitare l'azione di rivalsa nei confronti di quest'ultimo soltanto successivamente al risarcimento, avvenuto sulla base di titolo giudiziale o stragiudiziale. In ogni caso, l'azione di rivalsa deve essere esercitata, a pena di decadenza, entro un anno dall'avvenuto risarcimento.
3. La struttura sanitaria ha l'obbligo di dare comunicazione all'esercente la professione sanitaria dell'instaurazione del giudizio risarcitorio mediante notifica dell'atto di citazione. Tale comunicazione deve contenere l'avviso che la sentenza di condanna che ne abbia definitivamente accertato la responsabilità per dolo o colpa grave farà stato nei confronti del professionista nel giudizio di rivalsa.
4. L'omissione o la incompletezza della comunicazione preclude l'ammissibilità del giudizio di rivalsa. In tal caso, la struttura sarà direttamente responsabile nel giudizio di responsabilità amministrativa instaurato dalla Corte dei conti.
5. Se l'esercente la professione sanitaria è stato riconosciuto responsabile del fatto illecito, con sentenza passata in giudicato, senza che il giudice abbia accertato il grado della colpa, il giudizio di rivalsa dovrà comunque avere ad oggetto anche l'autonomo accertamento del grado della colpa.
6. La struttura sanitaria esercita azione di rivalsa nei confronti dell'esercente la professione sanitaria nella misura massima di un quinto della retribuzione mensile. Per i tre anni successivi al passaggio in giudicato della decisione pronunciata nel giudizio di rivalsa, l'esercente la professione sanitaria, nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche, non può avere assegnazione di incarichi professionali superiori rispetto a quelli ricoperti, né può partecipare a pubblici concorsi per incarichi superiori.
7. Nel giudizio di rivalsa il giudice può desumere argomenti di prova dal materiale probatorio acquisito nel giudizio instaurato dal paziente nei confronti della struttura sanitaria.
8. L'esercizio dell'azione erariale da parte della procura presso la Corte dei conti rende improcedibile la domanda di rivalsa in sede civile della struttura sanitaria pubblica.
7. 011. (Nuova formulazione) Il Relatore.
ALLEGATO 2
5-05617 Lorefice: Indennizzi in favore dei soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie e da trasfusioni.
TESTO DELLA RISPOSTA
Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
In merito alle risorse finanziarie da destinare alle finalità disciplinate dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210 «Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati», il comma 1, dell'articolo 186, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato», ha previsto che «agli oneri finanziari derivati dalla corresponsione degli indennizzi di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 210, erogati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 26 maggio 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 dell'11 ottobre 2000, a decorrere dal 1o gennaio 2012 fino al 31 dicembre 2014 e degli oneri derivanti dal pagamento degli arretrati della rivalutazione dell'indennità integrativa speciale di cui al citato indennizzo fino al 31 dicembre 2011, si provvede mediante l'attribuzione alle medesime regioni e province autonome, di un contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2015, di 200 milioni di euro per l'anno 2016, di 289 milioni di euro per l'anno 2017 e di 146 milioni di euro per l'anno 2018. Tale contributo è ripartito tra le regioni e le province autonome interessate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, da adottare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in proporzione al fabbisogno derivante dal numero degli indennizzi corrisposti dalle regioni e dalle province autonome, come comunicati dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome entro il 31 gennaio 2015, previo riscontro del Ministero della salute».
Con tale norma si è provveduto a coprire gli oneri sostenuti dalle regioni per l'applicazione della legge 25 febbraio 1992, n. 210, per il periodo 1o gennaio 2012-31 dicembre 2014, e a mettere a disposizione delle stesse i finanziamenti necessari a garantire il pagamento degli arretrati per la rivalutazione della indennità integrativa speciale.
Il decreto 27 maggio 2015 del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero della salute, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 167 del 21 luglio 2015, in attuazione della previsione di cui al comma 1, dell'articolo 186, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ha ripartito il contributo in percentuale al fabbisogno di ciascuna regione e provincia autonoma, che è stato determinato in base al numero degli indennizzati comunicato dalla Conferenza delle regioni e province autonome.
La ripartizione è operata in proporzione al fabbisogno relativo alle due componenti dell'indennizzo, e quindi in misura pari al 70 per cento per le anticipazioni relative al periodo 2012/2014, e al 30 per cento per gli arretrati della rivalutazione della indennità integrativa speciale.
Inoltre, al fine di garantire l'esecuzione della sentenza della Corte europea dei Pag. 164diritti dell'Uomo del 3 settembre 2013, nel decreto si precisa che le regioni «utilizzano annualmente il contributo di cui al comma 1, prioritariamente, almeno per una quota non inferiore al 50 per cento, per il pagamento degli arretrati della rivalutazione della indennità integrativa speciale di cui agli indennizzi previsti dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210».
In ordine alla richiesta in tema di decreti attuativi per l'indennizzo della regione Sicilia, si rappresenta che detta regione non ha mai assunto le funzioni di competenza riguardo alla legge n. 210/1992, in quanto è necessaria una modifica dello Statuto regionale (regione a statuto speciale) e, pertanto, il Ministero della salute provvede direttamente ai pagamenti dei residenti nella stessa regione.
Allo stato attuale, tutti i danneggiati titolari dell'indennizzo e residenti nella regione Sicilia ricevono il beneficio dell'indennizzo integralmente rivalutato, e sono stati liquidati loro gli arretrati a titolo di rivalutazione dell'indennità integrativa speciale.
ALLEGATO 3
5-06471 Colonnese: Interventi per garantire la corretta applicazione della normativa sulle interruzioni volontarie di gravidanza.
TESTO DELLA RISPOSTA
La situazione descritta nell'interrogazione in esame, circa l'attuazione della legge n. 194/1978 sulle Interruzioni Volontarie di Gravidanza (IVG), non corrisponde in effetti a quella esistente, come evidenziata dai dati raccolti nel monitoraggio «ad hoc» istituito dal Ministro Lorenzin nel 2013, i cui risultati sono contenuti nelle relazioni trasmesse annualmente al Parlamento.
Con riferimento ai dati più recenti, riportati nella relazione sull'attuazione della legge n. 194/1978, trasmessa al Parlamento lo scorso 28 ottobre, contenente i dati preliminari del 2014 e quelli definitivi del 2013, ricordo che tale relazione conferma la situazione già descritta l'anno precedente, arricchita dai dati sul carico di lavoro per ogni ginecologo non obiettore, raccolti per la prima volta a livello subregionale, cioè per ciascuna singola Asl/distretto: da questi dati non emergono criticità nell'applicazione della legge n. 194/1978.
In particolare, i tempi di attesa delle donne continuano a diminuire, e il 90,8 per cento delle IVG viene effettuata nella regione di residenza, di cui l'87,1 per cento nella provincia di residenza.
Le IVG vengono effettuate nel 60 per cento delle strutture disponibili, con una copertura soddisfacente, tranne che in Molise e nella provincia autonoma di Bolzano.
Il numero dei punti IVG, paragonato a quello dei punti nascita, mostra che mentre il numero di IVG è pari a circa il 20 per cento del numero di nascite, il numero di punti IVG è pari al 74 per cento del numero di punti nascita, superiore, cioè, a quello che sarebbe potuto essere rispettando le proporzioni fra IVG e nascite.
Confrontando poi punti nascita e punti IVG non in valore assoluto, ma rispetto alla popolazione femminile in età fertile, a livello nazionale, ogni 5 strutture in cui si fa una IVG, ce ne sono 7 in cui si partorisce.
Considerando le IVG settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1,6 a settimana, un valore medio fra il minimo di 0,5 della Sardegna e il massimo di 4,7 del Molise.
Questo stesso parametro, valutato a livello sub-regionale, mostra che anche nelle regioni in cui si rileva una variabilità maggiore, cioè in cui si rilevano ambiti locali con valori di carico di lavoro che si discostano molto dalla media regionale, si tratta comunque di un numero di IVG settimanali sempre inferiore a dieci: in particolare, i valori più elevati (9,6 e 9,4), sono, rispettivamente, in una Asl della Sicilia e in una del Lazio.
Tutti gli altri valori sono inferiori.
Il numero di non obiettori risulta quindi congruo, anche a livello subregionale, rispetto alle IVG effettuate, e il carico di lavoro richiesto non dovrebbe impedire ai non obiettori di svolgere anche altre attività oltre le IVG, e non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda di IVG.
Al fine di consolidare la qualità dei dati raccolti dal sistema di sorveglianza IVG utili a monitorare l'applicazione della legge n. 194/1978, il Ministero della salute ha finanziato un progetto del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo Pag. 166delle malattie, della durata di 12 mesi, coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità.
In particolare, verranno esaminate, insieme ai referenti regionali, le criticità presenti a livello locale per quanto riguarda la raccolta dati e l'applicazione della legge n. 194/1978, e verranno realizzati incontri formativi per i referenti regionali sulle tecniche di controllo dei dati, sulla stima del bisogno a livello locale e sulle principali criticità emerse.
Tale attività si svolgerà entro la prossima primavera, mentre la prima riunione organizzativa si è svolta in data 21 maggio 2015, a Roma, presso il Ministero della salute, e ha visto il coinvolgimento di tutte le regioni italiane e delle province autonome di Trento e Bolzano.
ALLEGATO 4
5-06482 Capone: Accesso alle procedure concorsuali per medici operanti nelle strutture di pronto soccorso.
TESTO DELLA RISPOSTA
L'articolo 4, comma 6 e seguenti, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 ottobre 2013, n. 125, prevede apposite procedure concorsuali riservate, da destinare al personale titolare di contratto a tempo determinato nelle Amministrazioni centrali.
Per gli enti del Servizio sanitario nazionale il legislatore, nella consapevolezza della peculiarità del settore, nell'ambito del quale la permanenza del blocco del «turnover» ha portato al reiterarsi del ricorso a forme di lavoro flessibile di tutto il personale, ha demandato ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la disciplina delle procedure speciali di reclutamento destinate al personale con contratto a tempo determinato in sanità, e delle connesse proroghe dei contratti in essere.
Al citato decreto si demandano, altresì, apposite disposizioni per il personale dedicato alla ricerca in sanità, «nonché per il personale medico in servizio presso il pronto soccorso delle aziende sanitarie locali, con almeno 5 anni di prestazione continuativa, ancorché non in possesso della specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza».
Nell'ambito dei lavori di predisposizione del decreto è stata approfondita, in particolare, la possibilità di far accedere alle procedure concorsuali riservate tutto il personale medico in servizio presso il pronto soccorso delle aziende sanitarie locali, indipendentemente dal possesso della specializzazione.
Tale possibilità si è tuttavia ritenuta preclusa, anche alla luce del confronto con le Amministrazioni concertanti, dalla stessa lettera della legge, che fa riferimento al personale medico in servizio presso il pronto soccorso delle aziende sanitarie locali, «con almeno 5 anni di prestazione continuativa, ancorché non in possesso della specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza».
Posto che la regola generale sancita dal decreto legislativo n. 502/1992, e dai successivi regolamenti attuativi per l'accesso al Servizio sanitario nazionale è quella del possesso della specializzazione nella disciplina oggetto del concorso, la normativa non consente di derogare, in generale, al possesso di tale requisito, ma esclusivamente al possesso della specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza.
In tal senso l'articolo 6 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015, in conformità a quanto previsto dal legislatore, prevede che: «Il personale medico con almeno cinque anni di prestazione continuativa antecedenti alla scadenza del bando, fatti salvi i periodi di interruzione previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, presso i servizi di emergenza e urgenza degli enti di cui all'articolo 1, è ammesso a partecipare ai concorsi di cui al presente decreto, ancorché non in possesso del diploma di specializzazione in medicina e chirurgia d'accettazione e d'urgenza».Pag. 168
Ne deriva che le linee guida adottate dalla Conferenza delle regioni in data 9 settembre 2015 sono in linea con il dettato del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 marzo 2015.
Fatte salve le informazioni sopra rese, anticipo che nella consapevolezza della portata non completamente esaustiva della normativa sopra riferita, sono stati avviati approfondimenti, anche di natura politica, al fine di valutare la possibilità di un nuovo intervento normativo, volto a stabilizzare, in particolare, i professionisti già operanti a vario titolo nell'ambito dei servizi di emergenza-urgenza indipendentemente dal possesso del diploma di specializzazione.