CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 15 ottobre 2015
522.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Lavoro pubblico e privato (XI)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

5-05991 Gnecchi: Risoluzione del rapporto di lavoro e pensionamento al raggiungimento del limite ordinamentale per la permanenza in servizio dei dipendenti pubblici.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Rispondo all'onorevole Gnecchi che chiede di conoscere per quanti dipendenti pubblici, suddivisi per sesso, età e anni di contribuzione, sia stata disposta, dopo il 31 ottobre 2014, la risoluzione del rapporto di lavoro e il relativo pensionamento coatto per aver raggiunto il limite ordinamentale dei 65 anni di età.
  Preso atto che i dati a nostra disposizione sono stati forniti dall'INPS, in qualità di amministrazione competente, e riguardano i lavoratori con un'età compresa tra 65 anni e 66 anni e 3 mesi, iscritti alle gestioni pubbliche e cessati dopo il 31 ottobre 2014. I dati sono suddivisi per sesso e per anzianità contributiva alla decorrenza:

  Rispetto alla tabella riportata, specifico, inoltre, che in questa platea all'età esatta di 65 anni sono cessati 1.337 uomini (su 2.044) e 857 donne (su 3.157).
  L'INPS ha trasmesso altresì i dati relativi ai pensionamenti in deroga, per eccedenza di personale, cui si applica l'articolo 2, comma 11, lettera a) del decreto-legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review).

  Considerati questi dati, pur consapevole di quanto premesso dall'interrogante in merito alle problematiche determinate dalla normativa vigente, il Governo è disponibile a un confronto in sede parlamentare per le possibili proposte in grado di affrontare le questioni sollevate con l'interrogazione.

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ALLEGATO 2

5-06274 Ciprini: Iniziative concernenti il programma «Garanzia giovani».

TESTO DELLA RISPOSTA

  Gli onorevoli interroganti con il presente atto parlamentare richiamano l'attenzione sullo stato di attuazione del Piano nazionale Garanzia Giovani.
  Voglio ricordare che Garanzia Giovani è il primo programma di politiche attive del lavoro attivato in Italia che offre ai giovani dai 15 ai 29 anni che non studiano e non lavorano, un percorso personalizzato di formazione volto principalmente al rafforzamento della loro occupabilità.
  Ad oggi, lo stato di attuazione del programma conta oltre 807 mila giovani che si sono registrati e, di questi, circa 485 mila sono stati presi in carico dai centri per l'impiego e dai privati accreditati.
  Tra le misure offerte da Garanzia Giovani, vi sono i tirocini che rappresentano la prima esperienza di accesso al mondo del lavoro. Nell'ambito dell'intero programma, i tirocini hanno un'incidenza significativa; solo per i tirocini, infatti, è stato stanziato circa il 30 per cento delle risorse programmate. E, voglio sottolineare che, a meno di un anno e mezzo dall'avvio del Programma, sono stati avviati oltre 75.000 percorsi di tirocinio.
  Con specifico riferimento a quanto segnalato dagli onorevoli interroganti circa le tempistiche di pagamento delle indennità di partecipazione ai tirocinanti, è necessario chiarire alcuni aspetti procedurali relativi all'erogazione delle indennità.
  La procedura di pagamento coinvolge, oltre al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche l'INPS e le Regioni alle quali, ricordo, è delegata la definizione e la realizzazione delle misure e tra esse sono suddivise le risorse complessive.
  Attraverso specifiche convenzioni tra il Ministero, le singole Regioni e l'INPS vengono disciplinate le modalità con cui l'istituto eroga, per conto delle Regioni, l'indennità di tirocinio in favore dei giovani destinatari.
  Sulla base di tali accordi, le Regioni, con cadenza mensile, comunicano all'INPS l'elenco dei soggetti beneficiari nonché l'importo da corrispondere.
  Al riguardo, faccio presente che tutte le attività e gli interventi di Garanzia Giovani sono sottoposti a rigorosi controlli e nello specifico il controllo preliminare necessario e propedeutico all'erogazione del pagamento è effettuato alla luce della documentazione attestante l'effettivo svolgimento della misura erogata.
  Segnalo, inoltre, che il Ministero che rappresento ha già anticipato, ad oggi, un importo complessivo pari a 70 milioni di euro per il pagamento delle indennità dei tirocinanti.
  Tale importo viene monitorato settimanalmente sulla base dell'andamento delle richieste di pagamento inviate dalle Regioni all'Inps allo scopo di fornire la necessaria liquidità al sistema.
  Voglio sottolineare che, dall'attività di monitoraggio svolta, risultante dai report settimanali pubblicati sul portale web, si rileva che il 90 per cento delle richieste di pagamento è stata evasa dall'Inps, migliorando negli ultimi mesi la situazione dei pagamenti. Al contempo, faccio presente che, limitatamente alla quota residua, i ritardi riscontrati nel pagamento delle indennità sono da attribuire, in particolare, alle imprecisioni nella trasmissione dei dati da parte delle Regioni e alla dilazione Pag. 164dei tempi di conclusione delle verifiche connesse alla carenza documentale da parte degli enti promotori.
  Per quanto riguarda gli altri quesiti sollevati nel presente atto parlamentare, concernenti, in particolare le iniziative adottate per favorire l'inserimento lavorativo dei giovani, rappresento che negli appositi report di monitoraggio pubblicati sul web, vengono aggiornati anche i dati che mostrano la distribuzione di vacancy e posti disponibili per tipologia contrattuale e qualifica professionale.
  Informo che sono state rafforzate tutte le misure di monitoraggio dei servizi offerti dai servizi per l'impiego pubblici, al fine di garantire l'applicazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) uniformemente sul territorio nazionale, e svolgere, così, in maniera efficiente l'attività d'incontro tra domanda e offerta di lavoro nonché di realizzare una più efficace programmazione degli interventi.
  Voglio ricordare, inoltre, che per favorire l'inserimento lavorativo dei giovani NEET è stato previsto il «bonus occupazionale», una misura volta a favorire le assunzioni a tempo indeterminato e determinato di durata superiore a 6 mesi mediante l'erogazione di un incentivo economico ai datori di lavoro privati che provvedono all'assunzione di giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni particolarmente svantaggiati. La misura del bonus va dai 1.500 ai 6.000 euro in funzione della tipologia di contratto e della cosiddetta «classe di profilazione» attribuita al giovane. Dall'attività di monitoraggio risulta che alla data del 5 ottobre 2015 le domande confermate definitivamente ammesse al beneficio del bonus occupazionale ammontano a circa 12 mila unità. Evidenzio, al riguardo, che il 90 per cento delle assunzioni incentivate sono a tempo indeterminato, con una tendenza crescente all'utilizzo del bonus per l'apprendistato professionalizzante, mentre le assunzioni a tempo determinato con durata inferiore a 12 mesi rappresentano il 7 per cento.
  Per riguarda il processo di attuazione di «Garanzia Giovani», nel ricordare che il ministero del lavoro e delle politiche sociali ne cura il coordinamento nonché il monitoraggio delle attività, voglio sottolineare che proprio grazie allo strumento del monitoraggio dei dati a livello regionale, è possibile valutare l'attuazione degli interventi, l'avanzamento della spesa, nonché gli effetti delle misure sulla situazione occupazionale dei beneficiari, al fine di individuare eventuali azioni correttive.
  Evidenzio che i primi risultati già raggiunti mostrano un avanzamento significativo del Programma, che risulta essere in linea con i risultati degli altri Paesi.
  Inoltre, segnalo che la Commissione Europea ha lanciato un'attività di monitoraggio del programma a livello europeo ed il Governo italiano, adempiendo puntualmente alle richieste di dati, ha recentemente comunicato alla Commissione lo stato di avanzamento del programma. I risultati del monitoraggio saranno resi noti dalla Commissione Europea entro la fine dell'anno e costituiranno elemento di valutazione per le future raccomandazioni.
  Da ultimo, voglio rassicurare gli Onorevoli interroganti che il Ministero del lavoro, a fronte di segnalazioni di eventuali anomalie del sistema, intraprende specifiche azioni ispettive volte a contrastare l'uso improprio del Programma.

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ALLEGATO 3

5-06596 Patrizia Maestri: Riconoscimento degli ammortizzatori sociali ai lavoratori della società Pali Italia S.p.A.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Con riferimento all'atto parlamentare dell'Onorevole Maestri – inerente alla situazione occupazionale dell'impresa Pali Italia S.p.A., avente sede legale e unità produttiva in Parma ed ulteriore unità produttiva in Anagni, operante nel settore dell'illuminazione, delle telecomunicazioni e dell'alta tensione – faccio presente quanto segue.
  Lo scorso 27 gennaio Pali Italia S.p.A., denunciando una situazione di grave crisi, ha depositato presso il tribunale di Parma ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo con riserva di presentare, entro un successivo termine fissato dal giudice, la proposta, il relativo piano e la documentazione di cui all'articolo 161, commi 2 e 3, della legge fallimentare.
  Lo scorso 17 luglio, tuttavia, Pali Italia S.p.A. ha presentato presso il medesimo tribunale un'istanza di fallimento, dichiarando di trovarsi nell'impossibilità di addivenire alla formulazione di una proposta di concordato fondata su un piano fattibile e dando atto di versare in stato di insolvenza. Conseguentemente, lo scorso 21 luglio, Pali Italia S.p.A. è stata dichiarata fallita con sentenza del giudice fallimentare presso il Tribunale di Parma.
  In siffatto contesto, la curatela fallimentare, al fine di tutelare gli interessi dei creditori, ha deciso di non voler subentrare in luogo dell'impresa fallita nella esecuzione dei rapporti di lavoro pendenti alla data della dichiarazione del fallimento, ai sensi dell'articolo 72 della legge fallimentare.
  Allo stato attuale infatti – ad eccezione delle poche unità lavorative che hanno continuato a lavorare per assolvere le incombenze necessarie alla procedura fallimentare – le attività presso le due unità operative sono cessate, con conseguente impossibilità di utilizzare il personale in forza, né è prevista la loro prosecuzione nemmeno in esercizio provvisorio. Pertanto, lo scorso 2 settembre, la curatela fallimentare ha dato avvio – ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge n. 223 del 1991 – ad una procedura mobilità, dichiarando un esubero di 153 unità lavorative, pari all'intero organico aziendale.
  Al riguardo, faccio presente che – a seguito della conclusione, lo scorso 2 ottobre, della prima fase della predetta procedura (cosiddetta fase sindacale) con un mancato accordo tra le parti – i curatori fallimentari hanno richiesto ai competenti uffici del Ministero che rappresento un incontro per l'espletamento della successiva fase cosiddetta amministrativa.
  Informo, in proposito, che – proprio nella giornata di ieri – si è tenuto un primo incontro, all'esito del quale le parti hanno convenuto di aggiornare la riunione per il prossimo 19 ottobre, al fine di effettuare ulteriori approfondimenti in merito alla procedura in corso e di proseguire nel confronto.
  Con specifico riferimento al quesito formulato dall'interrogante – inerente alle iniziative da intraprendere affinché i lavoratori dell'impresa non rimangano privi di strumenti di ammortizzazione sociale – faccio presente quanto segue:
   lo scorso 4 marzo – presso i competenti uffici del Ministero che rappresento – si è tenuto un incontro tra i vertici Pag. 166aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, all'esito del quale le parti hanno concordato il ricorso – ai sensi dell'articolo 1, comma 5, della legge n. 223 del 1991 – al trattamento straordinario di integrazione salariale (CIGS) per «crisi aziendale per cessazione di attività a 12 mesi» a decorrere dal 19 febbraio 2015, in favore di un numero massimo di 156 unità lavorative (di cui 76 occupate presso la sede di Parma e 80 presso quella di Anagni).
  Successivamente, il 30 settembre, i medesimi uffici hanno comunicato – ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990 – la sussistenza di motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza di CIGS presentata dall'impresa in conformità al precedente accordo del 4 marzo. L'esame della documentazione, infatti, ha consentito di accertare che – dalla somma dei periodi di CIGS con quelli di CIGO fino a quel momento usufruiti dall'impresa – la stessa ha beneficiato complessivamente di 33 mesi di trattamento di integrazione salariale, per l'unità di Anagni, e di 34 per quella di Parma. Pertanto, l'accoglimento della nuova istanza di CIGS per 12 mesi comporterebbe il superamento, per entrambe le unità produttive, del limite massimo di 36 mesi nell'arco del quinquennio di riferimento (11 agosto 2010-11 agosto 2015) previsto dall'articolo 1, comma 9, della legge n. 223 del 1991.
  I predetti uffici hanno altresì precisato che la concessione dei periodi di CIGS che residuano al raggiungimento, da parte delle due unità produttive, del limite massimo di 36 mesi non garantirebbe comunque un'adeguata ed efficiente gestione dei lavoratori in esubero, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 2 del decreto ministeriale n. 31826 del 2002.
  Inoltre, non è nemmeno ipotizzabile un ulteriore ricorso al trattamento di CIGS per procedure concorsuali, avendo l'azienda utilizzato il limite massimo consentito dalla normativa per questa fattispecie (dodici mesi più sei mesi di proroga).
  Da ultimo, tengo a precisare che l'impresa purtroppo non può beneficiare nemmeno del trattamento di CIG in deroga in quanto l'articolo 2, comma 2, del decreto interministeriale n. 83473 del 1o agosto 2014 stabilisce che il predetto trattamento non può essere in ogni caso concesso per la causale di cessazione dell'attività dell'impresa o di parte della stessa.

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ALLEGATO 4

Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo (Nuovo testo C. 3272 Governo, approvato dal Senato, e abb.).

PARERE APPROVATO

   La XI Commissione,
   esaminato il nuovo testo del disegno di legge Atto Camera n. 3272, recante riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo, approvato dal Senato della Repubblica;
   rilevato con favore che, nell'ambito della riforma della governance societaria della RAI, si è inteso valorizzare l'espressione delle istanze dei dipendenti dell'azienda ai quali spetta, sulla base delle disposizioni introdotte nel testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici dall'articolo 2, comma 1, lettera e), la designazione di uno dei sette componenti del consiglio di amministrazione, attraverso elezione dall'assemblea dei dipendenti;
   osservato che il medesimo articolo 2, comma 1, lettera e), nel ridefinire il contenuto delle disposizioni del comma 10 dell'articolo 49 del decreto legislativo n. 177 del 2005, prevede che l'amministratore delegato definisca, sentito il parere del consiglio di amministrazione, i criteri e le modalità per il reclutamento del personale e quelli per il conferimento di incarichi a collaboratori esterni, in conformità con i principi di trasparenza, pubblicità e imparzialità, richiesti, per le società a partecipazione pubblica, dall'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, individuando i profili professionali e gli incarichi per i quali, in relazione agli specifici compiti assegnati, può derogarsi ai suddetti criteri e modalità;
   giudicato con favore l'intento di assicurare maggiore trasparenza alle procedure di conferimento degli incarichi dirigenziali, anche a soggetti esterni all'azienda, e ai contratti di collaborazione o di consulenza non artistica, nonché ai relativi compensi;
   apprezzato, infine, che, al fine di valorizzare le professionalità interne all'azienda, il nuovo articolo 49-quater del decreto legislativo n. 177 del 2005, introdotto dall'articolo 3, comma 1, del provvedimento, prevede che nello statuto della RAI siano definiti i limiti massimi del numero dei dirigenti non dipendenti della società che possono essere assunti con contratto a tempo determinato, fermo restando il possesso da parte di questi ultimi di requisiti di particolare e comprovata qualificazione professionale e di specifiche competenze attinenti all'esercizio dell'incarico da conferire,
  esprime

PARERE FAVOREVOLE.

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ALLEGATO 5

Riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo (Nuovo testo C. 3272 Governo, approvato dal Senato, e abb.).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEI DEPUTATI CHIMIENTI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO, TRIPIEDI E LOMBARDI

   La XI Commissione,
   esaminato il nuovo testo dell'AC 3272, concernente la riforma della RAI e del servizio pubblico radiotelevisivo;
   premesso che:
    la garanzia del pluralismo e dell'imparzialità dell'informazione costituisce strumento essenziale per la realizzazione di una democrazia compiuta. La giurisprudenza costituzionale, nella sentenza n. 420 del 1994, ha del resto richiamato il vincolo, imposto dalla Costituzione al legislatore, di assicurare il pluralismo delle voci, espressione della libera manifestazione del pensiero, e di garantire, in tal modo, il fondamentale diritto del cittadino all'informazione. Nella sentenza n. 155 del 2002 la Corte ha ribadito l'imperativo costituzionale, secondo cui il diritto di informazione garantito dall'articolo 21 della Costituzione deve essere «qualificato e caratterizzato, tra l'altro, sia dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie – così da porre il cittadino in condizione di compiere le proprie valutazioni avendo presenti punti di vista e orientamenti culturali e politici differenti – sia dall'obiettività e dall'imparzialità dei dati forniti, sia infine dalla completezza, dalla correttezza e dalla continuità dell'attività di informazione erogata»;
   considerato in particolare che:
    l'articolo 2 del disegno di legge in esame riduce il numero dei consiglieri d'amministrazione, designati, eletti dalla Camera dei deputati, dal Senato della Repubblica e dal Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, e solo un membro designato dall'assemblea dei dipendenti della RAI-Radiotelevisione italiana Spa. Sono riformulati i compiti del consiglio d'amministrazione che nomina, su proposta dell'assemblea dei soci, un amministratore delegato. Sono altresì ridotte le funzioni della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi;
    pare del tutto evidente, dunque, che la maggioranza parlamentare e l'Esecutivo detengano integralmente il dominio assoluto sulla governance e sulla gestione della Radiotelevisione italiana, alla luce del meccanismo di nomina del consiglio di amministrazione della società concessionaria e, segnatamente, della figura dell'amministratore delegato;
    in altri termini, contrariamente ai vincoli imposti dalla Costituzione repubblicana e dalla giurisprudenza costituzionale, il disegno di legge in esame cristallizza ed istituzionalizza, esasperandole, situazioni di predominio governativo, esemplarmente antitetiche ad un sistema «plurale» dell'emittenza radiotelevisiva. La dipendenza oggettiva e soggettiva del sistema radiotelevisivo pubblico dal potere esecutivo, oltre a non risultare conforme a un ordinamento democratico, risulta non idoneo a garantire il pluralismo, l'obiettività, la completezza e l'imparzialità dell'informazione, l'apertura alle diverse opinioni, Pag. 169tendenze politiche, sociali, culturali e religiose, nel rispetto della libertà e dei diritti garantiti dalla Costituzione;
    in relazione alla compatibilità delle disposizioni della legge in esame con le sentenze della Corte costituzionale, si consideri che essa (nella sentenza n. 826 del 1988) poneva come un imperativo la necessità di garantire «il massimo di pluralismo esterno, onde soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione». E ancora, nella sentenza n. 420 del 1994, la stessa Corte sottolineava l'indispensabilità di «un'idonea disciplina che prevenga la formazione di posizioni dominanti»;
   valutato inoltre che:
    l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione vigente considera «l'ordinamento della comunicazione» come materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni e ciò implica che il Parlamento deve limitarsi alla «determinazione dei princìpi fondamentali», essendo il resto di competenza del legislatore regionale;
   considerato che:
    al fine di realizzare una piena indipendenza del servizio pubblico radiotelevisivo, le regole costituiscono un presupposto necessario, che deve accompagnarsi a un mutamento della mentalità, al radicamento della cultura dell'imparzialità, fra gli operatori del servizio pubblico e, soprattutto, nella classe politica, la quale fino ad oggi ha considerato la RAI un territorio da occupare, uno strumento subordinato ai propri interessi, un luogo in cui costituire un proprio feudo, secondo quella malintesa – ma purtroppo cristallizzata – concezione del pluralismo politico come spartizione di uno spazio pubblico piuttosto che luogo neutrale di rappresentazione della diversità politica, sociale e culturale del Paese. Così frainteso, il pluralismo politico ha finito, nella prassi, per contrapporsi a quei principi di imparzialità e di indipendenza dei quali avrebbe invece dovuto costituire un corollario. Il disegno di legge in esame costituiva l'occasione per prevenire alla radice l'influenza dei partiti e del Governo sui vertici della società concessionaria e su tale assunto avrebbe dovuto esercitare la sua più rilevante missione innovativa, nella consapevolezza che il tema della governance della RAI è strettamente connesso ad altri aspetti del sistema pubblico radiotelevisivo, che necessitano anch'essi di essere celermente rivisitati. In primo luogo, è da chiedersi se la piena indipendenza dell'emittente pubblica non sia insidiata, in radice, dall'attuale assetto dei rapporti tra la RAI e il suo azionista, ovvero il Ministero dell'economia e delle finanze, cioè il Governo;
    il canone di ragionevolezza avrebbe voluto una inversione dell'ordine della discussione, partendo dalla definizione della missione del servizio pubblico per poi approdare alla riorganizzazione dell'azienda dopo ampio dibattito pubblico, capace di affrontare i temi del pluralismo, dell'indipendenza, dell'autonomia e, non da ultimo, della prevenzione e risoluzione dei conflitti di interesse. Si è invece di fronte, a un immediato rafforzamento del ruolo del Governo nella definizione della missione aziendale. Rafforzamento non in linea con la giurisprudenza costituzionale, ribadito ulteriormente dall'articolo 2, riguardante la cosiddetta governance, nella parte che riguarda i poteri di nomina, laddove si sancisce anche numericamente, in rapporto alle altre istituzioni, un più pregnante controllo dell'esecutivo sul consiglio di amministrazione;
    si sarebbe potuta e dovuta immaginare una procedura di nomina dei consiglieri di amministrazione della RAI da affidare ad una Autorità davvero indipendente, intervenendo a tal fine anche sulla legge istitutiva dell'Autorità stessa. L'obbligo di un avviso di sollecitazione pubblica, l'individuazione di precise e più stringenti competenze dei candidati consiglieri di amministrazione, accanto ai requisiti di indipendenza – cioè non aver ricoperto cariche governative, politiche, elettive e partitiche nei sette anni precedenti la nomina – nonché ai requisiti di Pag. 170onorabilità, l'esame parlamentare del programma dei candidati sono tutti elementi innovativi che non è dato rivenire nel presente disegno di legge. Il quale, in definitiva, non può dirsi aderente alle costanti raccomandazioni del Consiglio d'Europa e alla giurisprudenza della Corte costituzionale, che, da ultimo, nella sentenza n. 69 del 2009 ha richiamato con forza il principio – a sua volta affermato nella storica pronuncia n. 225 del 1974 – secondo il quale è indispensabile che gli organi direttivi della RAI non siano «direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante del potere esecutivo». La ricerca di una separazione effettiva fra potere esecutivo e concessionaria pubblica è ancor più necessaria oggi, alla luce della nuova legge elettorale che rischia di consegnare l'intero meccanismo – dal consiglio RAI ai suoi vertici – nelle mani del Governo pro tempore;
    per i consiglieri e per il presidente del consiglio di amministrazione, manca, nel testo in esame, un regime efficace di incompatibilità con qualsiasi incarico pubblico o privato, nonché con l'esistenza di un qualsiasi interesse nelle imprese operanti nei settori della comunicazione, dell'audiovisivo, della pubblicità o in qualunque altro settore relativo alla fornitura e alla somministrazione di beni e servizi alla RAI o alle società collegate. Parimenti, mancano una penetrante revisione delle funzioni del consiglio di amministrazione ed il rafforzamento dei meccanismi di controllo parlamentare e dell'AGCOM ma anche, e soprattutto, dei cittadini – cioè i fruitori del servizio pubblico radiotelevisivo;
    valutato, da ultimo, che nel corso dell'esame in Commissione un emendamento dei relatori al comma 1, lettera e), ha introdotto una disposizione che si ritiene censurabile, in quanto pone l'amministratore delegato nella condizione di poter nominare di fatto i dirigenti di primo livello e addirittura i direttori di testata,
  esprime

PARERE CONTRARIO.

«Chimienti, Cominardi, Ciprini, Dall'Osso, Tripiedi, Lombardi».

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ALLEGATO 6

DL 146/15: Misure urgenti per la fruizione del patrimonio storico e artistico della Nazione (C. 3315 Governo).

CORREZIONE DI FORMA APPROVATA

ART. 1

  Al comma 1, sostituire le parole: del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni con le seguenti: del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

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ALLEGATO 7

Sulla missione a Milano (21 settembre 2015).

RELAZIONE DEL PRESIDENTE

  Una delegazione della XI Commissione, guidata dai vicepresidenti Renata Polverini e Walter Rizzetto e composta dai deputati Luisella Albanella, Patrizia Maestri e Gessica Rostellato ha svolto, il 21 settembre 2015, una missione di studio a Milano, per una visita dell'Expo 2015, aderendo ad un invito formulato dal presidente di Confindustria.
  La missione ha costituito un'importante opportunità per confronti istituzionali tra i componenti della Commissione, rappresentanti del mondo produttivo e organizzatori dell'esposizione universale: nell'ambito dell'esposizione universale, la delegazione della Commissione ha infatti avuto modo di incontrare Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, Pierangelo Albini, Direttore dell'Area lavoro e welfare di Confindustria, e Diana Bracco, Presidente della società Expo 2015 S.p.A. e Commissario generale di sezione per il Padiglione Italia, nonché Vicepresidente per la ricerca e l'innovazione di Confindustria.
  Con lo svolgimento della missione e con gli incontri svolti in quella sede la Commissione ha inteso approfondire le tematiche occupazionali connesse all'Expo sotto un duplice profilo. Da un lato, infatti, si sono voluti raccogliere elementi di valutazione circa l'impatto in termini occupazionali dell'evento, sia nell'immediato sia in una prospettiva di medio-lungo periodo, mentre dall'altro si è inteso svolgere una riflessione più generale sulle questioni oggetto dell'esposizione, che – come è noto – ha come tema «Nutrire il Pianeta, energia per la vita», le quali rivestono indubbio interesse anche per la Commissione in relazione al loro rapporto con il mondo produttivo e del lavoro.
  Quanto al primo aspetto, occorre in primo luogo considerare che la preparazione e la realizzazione dell'esposizione universale hanno rappresentato e rappresentano un volano importante per la creazione di nuova occupazione direttamente impiegata nelle attività volte alla predisposizione dell'evento e al suo svolgersi quotidiano nel periodo dal 1o maggio al 31 ottobre 2015. Al di là di tale nuova occupazione, immediatamente coinvolta nella gestione dell'Expo 2015, si sono inoltre prospettate, sin dalla fase di allestimento dell'evento, positive ricadute in termini occupazionali di carattere indiretto, legate all'incremento dei flussi turistici in primo luogo nell'area dell'esposizione e, più in generale, nel territorio nazionale, anche grazie alla promozione dell'immagine del nostro Paese a livello internazionale. In una prospettiva di medio-lungo periodo, inoltre, la consistenza del lascito dell'esposizione in termini occupazionali sarà fortemente legata alla capacità dimostrata in questi mesi di mettere a disposizione di un grande evento di carattere internazionale, come l'Expo, un apparato organizzativo di alto livello e un sistema integrato di servizi nel campo turistico e dell'accoglienza, che possa essere sfruttato anche negli anni a venire. Per garantire la buona riuscita dell'evento, gli enti territoriali, le organizzazioni rappresentative delle diverse categorie produttive e le associazioni sindacali hanno avviato, con largo anticipo rispetto al suo svolgimento, un confronto volto a definire indirizzi condivisi per favorire l'individuazione di soluzioni sul piano dei rapporti di lavoro rispondenti alle esigenze della manifestazione. Pur non essendo mancate criticità, Pag. 173l'evento ha senza dubbio determinato nel corso del suo svolgimento apprezzabili effetti positivi in termini occupazionali, offrendo anche a molti giovani la possibilità di maturare esperienze lavorative. Proprio alla luce di tale impatto occupazionale positivo, uno degli obiettivi da perseguire in questa fase consiste nel fare in modo che le esperienze maturate in questi mesi non siano disperse e la nuova occupazione creata assuma stabilità anche dopo la chiusura dell'esposizione. Non essendo prospettabile la prosecuzione dell'evento, anche per un breve periodo, in considerazione delle regole previste dal Bureau International des Expositions (BIE), dopo il 31 ottobre 2015 si avvierà una fase di smantellamento di gran parte dei padiglioni, che dovrebbe concludersi nel giugno 2016, alla quale potranno prendere parte i lavoratori che già abbiano avuto esperienze nell'ambito dell'Expo. Come emerso anche nell'incontro con la dottoressa Bracco, pur essendo state avanzate diverse proposte, manca allo stato un progetto complessivo di sfruttamento del Padiglione Italia e dell'area dell'esposizione: le Istituzioni nazionali e territoriali sono quindi chiamate in questi mesi a individuare quale sarà la futura destinazione dell'area, considerata anche la rilevanza degli interventi infrastrutturali effettuati, in modo da renderla, anche per il futuro, un fattore propulsivo nella creazione di nuove occasioni di lavoro.
  Per altro verso, la visita all'esposizione e gli incontri con i rappresentanti di Confindustria hanno consentito di svolgere una valutazione sulla rilevanza che l'agricoltura e l'industria agroalimentare assumono ai fini della creazione di opportunità di lavoro a livello nazionale ed europeo. Anche in prospettiva futura, il settore agricolo e quello agroalimentare mostrano, infatti, apprezzabili potenzialità in termini di occupazione e costituiscono comparti che, anche nel corso della recente crisi economica e finanziaria, si sono dimostrati in grado di produrre nuove occasioni di lavoro. Al di là dell'occupazione in agricoltura, infatti, il settore delle industrie alimentari e delle bevande dà lavoro a circa 400.000 soggetti e non sono da sottovalutare i riflessi occupazionali anche su diversi altri settori industriali (si pensi in particolare all'industria chimica dei concimi e dei fitosanitari e all'industria metalmeccanica) e dei servizi.
  In questo contesto, la delegazione ha in primo luogo visitato la mostra «Fab Food. La fabbrica del gusto italiano», allestita dalla Confindustria nell'ambito dell'esposizione, nella quale si intende sollecitare una riflessione sulle tematiche dell'alimentazione sostenibile, della filiera agroalimentare e del contributo dell'industria italiana al settore. La delegazione ha inoltre visitato il Padiglione Zero, Palazzo Italia e i padiglioni di Germania e Giappone. Un filo conduttore che può ritrovarsi nei diversi padiglioni dell'esposizione visitati consiste proprio nel contributo che l'innovazione tecnologica e lo sviluppo delle competenze possono offrire in termini di incremento quantitativo e qualitativo delle produzioni, di miglioramento della loro sostenibilità sul piano ambientale anche attraverso la riduzione del consumo dell'energia e delle risorse naturali. Anche lo sviluppo di nuove prospettive in termini occupazionali nel settore agroalimentare quindi passa non solo dalla valorizzazione delle eccellenze italiane in questo campo, ma anche dalla capacità di sviluppare processi che sappiano mettere a frutto il progresso tecnologico per mettere a disposizione prodotti sostenibili e di qualità.

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ALLEGATO 8

Disposizioni in materia di fruizione delle ferie da parte del personale della scuola (C. 1974 Chimienti).

RELAZIONE TECNICA TRASMESSA DAL GOVERNO

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