CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 4 febbraio 2015
381.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari sociali (XII)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la disciplina del Servizio civile universale. C. 2617 Governo, C. 2071 Maestri, C. 2095 Bobba e C. 2791 Capone.

EMENDAMENTO DEL RELATORE

  Sostituire l'articolo 2, con i seguenti:

Art. 2.
(Princìpi e criteri direttivi generali).

  1. I decreti legislativi di cui all'articolo 1 disciplinano la costituzione, le forme organizzative e di amministrazione e le funzioni degli enti privati del terzo settore di cui all'articolo 1, comma 1, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi generali:
   a) riconoscere e garantire il più ampio esercizio del diritto di associazione e il valore delle formazioni sociali liberamente costituite, ove si svolge la personalità dei singoli, quale strumento di promozione e di attuazione dei princìpi di partecipazione, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo, ai sensi degli articoli 2, 3, 18 e 118 della Costituzione;
   b) riconoscere e favorire l'iniziativa economica privata, svolta senza finalità lucrative, diretta a realizzare in via principale la produzione o lo scambio di beni o servizi di utilità sociale o d'interesse generale, anche al fine di elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali;
   c) assicurare, nel rispetto delle norme vigenti, l'autonomia statutaria degli enti al fine di consentire il pieno conseguimento delle loro finalità e la tutela degli interessi coinvolti;
   d) semplificare la normativa vigente, garantendone la coerenza giuridica, logica e sistematica.

Art. 2-bis.
(Revisione del libro primo, titolo II, del Codice civile).

  1. Il decreto legislativo di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), è adottato nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
   a) rivedere e semplificare il procedimento per il riconoscimento della personalità giuridica e prevedere obblighi di trasparenza e di informazione, anche verso i terzi, attraverso le forme di pubblicità dei bilanci e degli altri atti fondamentali dell'ente;
   b) disciplinare, nel rispetto del principio di certezza nei rapporti con i terzi e di tutela dei creditori, il regime di responsabilità limitata degli enti riconosciuti come persone giuridiche e la responsabilità degli amministratori, tenendo conto del rapporto tra il loro patrimonio netto e il complessivo indebitamento;
   c) assicurare il rispetto dei diritti degli associati, con particolare riguardo ai diritti di informazione, partecipazione e impugnazione degli atti deliberativi, e il rispetto delle prerogative dell'assemblea, prevedendo limiti alla raccolta delle deleghe;
   d) prevedere che alle associazioni e alle fondazioni che esercitano stabilmente e prevalentemente attività commerciali si Pag. 58applichino le norme previste dai titoli V e VI del libro quinto del Codice civile, in quanto compatibili.

Art. 2-ter.
(Riordino e revisione della disciplina del Terzo settore e Codice del Terzo settore).

  1. Con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), si procede al riordino e alla revisione organica della disciplina degli enti del Terzo settore mediante la redazione di un Codice per la raccolta e il coordinamento delle relative disposizioni, con l'indicazione espressa delle norme abrogate a seguito della loro entrata in vigore, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
   a) stabilire le disposizioni generali e comuni applicabili, nel rispetto del principio di specialità, agli enti del terzo settore;
   b) individuare le attività solidaristiche e di interesse generale che caratterizzano gli enti del Terzo settore, il cui svolgimento costituisce requisito per l'accesso alle agevolazioni previste dalla normativa;
   c) definire forme e modalità di organizzazione e amministrazione degli enti ispirate ai princìpi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori nonché ai princìpi di efficienza, di trasparenza, di correttezza e di economicità della gestione degli enti, prevedendo appositi strumenti per garantire il rispetto dei diritti degli associati, con facoltà di adottare una disciplina differenziata che tenga conto delle peculiarità della compagine e della struttura associativa nonché della disciplina relativa agli enti delle confessioni religiose che hanno stipulato patti o intese con lo Stato;
   d) prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili e del patrimonio dell'ente, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, comma 1, lettera d);
   e) definire criteri e vincoli di strumentalità dell'attività d'impresa eventualmente esercitata dall'ente rispetto alla realizzazione degli scopi istituzionali e introdurre un regime di contabilità separata finalizzato a distinguere la gestione istituzionale da quella imprenditoriale;
   f) prevedere una disciplina degli obblighi di controllo interno, di rendicontazione, di trasparenza e d'informazione nei confronti degli associati e dei terzi, differenziati anche in ragione della dimensione economica dell'attività svolta e dell'impiego di risorse pubbliche;
   g) individuare specifiche modalità di verifica dell'attività svolta e delle finalità perseguite;
   h) disciplinare gli eventuali limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati;
   i) riorganizzare il sistema di registrazione degli enti e di tutti gli atti di gestione rilevanti, secondo criteri di semplificazione, attraverso la previsione di un Registro unico del Terzo settore, suddiviso in specifiche sezioni, da istituirsi presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche al fine di favorirne la piena conoscibilità in tutto il territorio nazionale. L'iscrizione al Registro è obbligatoria per gli enti del Terzo settore che si avvalgono prevalentemente o stabilmente di finanziamenti pubblici, di fondi privati raccolti attraverso pubbliche sottoscrizioni o di fondi europei destinati al sostegno dell'economia sociale o che esercitano attività in convenzione o in accreditamento con enti pubblici e che intendono avvalersi delle agevolazioni previste dall'articolo 6 della presente legge;
   l) valorizzare il ruolo degli enti nella fase di programmazione, a livello territoriale, relativa anche al sistema integrato di Pag. 59interventi e servizi socio-assistenziali nonché di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale e individuare criteri e modalità per l'affidamento agli enti dei servizi d'interesse generale, improntati al rispetto di requisiti minimi di qualità e impatto sociale del servizio, obiettività, trasparenza e semplificazione;
   m) prevedere strumenti che favoriscano i processi aggregativi degli enti.
2. 200. Il Relatore.

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ALLEGATO 2

5-04245 Rondini: Adeguamento delle linee guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi.

TESTO DELLA RISPOSTA

  La Legionella è un batterio che si trova negli ambienti naturali in cui sono presenti acque dolci.
  Le attività umane hanno determinato il trasferimento del batterio in numerosi ambienti artificiali, quali impianti di distribuzione dell'acqua calda di alberghi, ospedali, abitazioni, impianti sportivi, acque termali, fontane decorative, e così via, che possono essere fonte di trasmissione del batterio, specie se l'acqua viene spruzzata sotto forma di aerosol.
  L'infezione da Legionella non si trasmette da persona a persona, ma viene trasmessa da flussi di aerosol e di acqua contaminata, come nel caso di ambienti condizionati o con l'uso di umidificatori.
  Il batterio, infatti, si riproduce soprattutto in ambienti umidi, tiepidi o riscaldati, come i sistemi di tubature, i condensatori, le colonne di raffreddamento dell'acqua, sui quali forma un film batterico.
  Sedimenti organici, ruggini, depositi di materiali sulle superfici dei sistemi di stoccaggio e distribuzione delle acque facilitano l'insediamento della Legionella.
  In particolare, negli ultimi anni, il problema si è manifestato in seguito all'intensificarsi dei viaggi in zone del mondo dove la gestione degli impianti idrici può essere ancora poco accurata.
  La sorveglianza della Legionellosi è attuata attraverso la notifica obbligatoria dei casi (come da decreto ministeriale del 15 dicembre 1990) e la scheda epidemiologica ad hoc, il cui ultimo aggiornamento è contenuto nelle «Linee guida per la prevenzione ed il controllo della legionellosi», pubblicate nella G.U. 5 maggio 2000, con cui si è fornito uno strumento operativo per facilitare l'accertamento dei casi e per individuare le scelte strategiche in merito alle più appropriate misure preventive e di controllo.
  Parallelamente al sistema di sorveglianza dei casi italiani, esiste dal 1986 un programma di sorveglianza internazionale della Legionellosi nei viaggiatori, che dal 2010 è confluito nel programma denominato ELDSNet (European Legionnaires’ Disease Surveillance Network/sorveglianza delle malattie da legionella), al quale aderisce anche l'Italia, coordinato dal Centro europeo per il controllo delle malattie, di Stoccolma, che si basa su una rete di collaboratori nominati dal Ministero della salute dei vari Paesi aderenti.
  Nel febbraio 2005 sono stati pubblicati, inoltre, due Accordi tra il Ministero della salute e le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano.
  Il primo, «Linee guida recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico-ricettive e termali», ha la finalità di fornire, ai direttori di strutture turistico-ricettive e termali, sia gli elementi di giudizio per la valutazione del rischio di Legionellosi in dette strutture sia un insieme di suggerimenti tecnico-pratici, basati sulle correnti evidenze scientifiche, per ridurre al minimo tale rischio.
  Il secondo Accordo, «Linee guida recanti indicazioni ai laboratori con attività di diagnosi microbiologica e controllo ambientale della legionellosi», ha la finalità di organizzare e orientare le attività dei laboratori nel settore della diagnostica della Legionellosi e del controllo ambientale del batterio Legionella, ed è rivolto agli operatori di sanità pubblica, ai microbiologi Pag. 61laboratoristi e a tutto il personale comunque coinvolto nel controllo della Legionellosi in Italia.
  Nel 2008, presso il Ministero della salute, è stato istituito un gruppo di lavoro multidisciplinare (composto da ricercatori dell'Istituto Superiore di Sanità, da esperti regionali e da rappresentanti di questo Ministero), ai fini della stesura di linee guida aggiornate per la prevenzione ed il controllo della Legionellosi, tenendo conto dei diversi aspetti che caratterizzano questo tipo di malattia.
  L'elaborazione del documento in oggetto si è basata sulla corrente letteratura scientifica internazionale, nonché su quanto riportato nelle linee guida prodotte a livello internazionale ed europeo, nonché su procedure basate sull'evidenza, applicate anche a livello regionale.
  L’iter di approvazione del documento è iniziato con un confronto nel Coordinamento tecnico Interregionale della Prevenzione, che ha richiesto tempo.
  Nel frattempo, stante il verificarsi di emergenze inattese, quale ad esempio la gestione della pandemia influenzale da virus AH1N1, il citato documento ha richiesto ulteriori revisioni ed aggiornamenti.
  Le linee guida sono state sottoposte ad accurata disamina sia con riferimento alla sicurezza sul lavoro degli operatori che agli aspetti riguardanti la valutazione e il controllo del rischio nelle strutture sanitarie e socio-assistenziali, e nuovamente, le linee guida, nel giugno 2014 sono state poste all'attenzione del Gruppo tecnico di Sanità Pubblica del Coordinamento Tecnico Interregionale della Prevenzione, con il quale è stata concordata nell'ottobre 2014 l'ultima e definitiva stesura.
  Concludo, quindi, assicurando all'onorevole interrogante che il documento contenente le linee guida è in procinto di essere inviato all'esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, per la conclusiva approvazione.

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ALLEGATO 3

5-04093 Capone: Promozione di una attività di monitoraggio sulle problematiche dei malati affetti da sensibilità chimica multipla.

TESTO DELLA RISPOSTA

  Le questioni delineate nell'atto ispettivo in esame sono da tempo all'attenzione del Ministero della salute.
  Riguardo al riconoscimento della Sindrome da sensibilità chimica multipla (MCS), occorre ricordare che questo non è compito delle Istituzioni sanitarie di un Paese, ma della Comunità scientifica: è in corso da anni un serrato dibattito tra gli esperti, che vede posizioni assai distanti, affermando alcuni l'esistenza della MCS come entità nosologica definita, altri negando tale evidenza.
  Sulla questione si è pronunciata anche la Seconda Sezione del Consiglio Superiore di Sanità, che nel 2008 ha ritenuto che la indisponibilità di evidenze nella letteratura scientifica internazionale non consentiva di considerare la Sindrome come entità nosologicamente individuabile e che, comunque, il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso i Livelli essenziali di assistenza, sia in grado di fornire una adeguata assistenza a tutti coloro che mostrano intolleranza all'esposizione a sostanze chimiche.
  Preso atto del parere, questo Ministero ha valutato la necessità di garantire alcune misure assistenziali, anche al fine di evitare costosi trattamenti all'estero, dove le prestazioni erogate nella fattispecie risultano quasi sempre di dubbia efficacia.
  In tale ottica, è stato attivato nel 2010 un Tavolo tecnico, che si avvale anche di professionalità esperte segnalate dalle Associazioni di pazienti.
  Proprio in tale sede di lavoro, tuttavia, è emerso che le ipotesi prese in esame sono ancora in fase di approfondimento e che i risultati sperimentali non sono purtroppo sufficienti ad intraprendere iniziative utili nell'immediato.
  È sembrato quindi ragionevole sospendere le attività del Tavolo fino a che le conoscenze siano più consolidate, assicurando comunque la piena disponibilità a prendere in esame eventuali iniziative suggerite, come pure tutte le proposte che dovessero emergere da Commissioni o Gruppi tecnici istituiti da Regioni e Province Autonome.
  Appare indubbio che l'allestimento di specifici ambienti nell'ambito delle strutture sanitarie, come pure l'adozione di precauzioni da parte del personale che si trovi ad interagire con questi pazienti, sarebbe di grande aiuto, stante il timore di reazioni avverse scatenate dalla contaminazione chimica di ambienti ed attrezzature, e la difficoltà di applicazione di validi orientamenti volti a ridurre l'esposizione agli inquinanti ambientali.
  Riguardo ad un eventuale inserimento della MCS tra le malattie oggetto di particolari tutele, come le malattie rare (d.m. n. 279/2001), ciò non è al momento possibile per la mancanza di consolidate conoscenze epidemiologiche, cliniche e terapeutiche, che rendono difficili la condivisione di criteri e metodi diagnostici e di gestione dei pazienti, e, soprattutto, la corretta identificazione dei destinatari dei benefici, rischiando generalizzazioni che provocherebbero solo un aumento della spesa sanitaria.
  In effetti, la letteratura scientifica internazionale riporta diversi meccanismi eziopatogenici probabilmente connessi all'estrema Pag. 63eterogeneità e variabilità individuale dei segni e dei sintomi riferibili alla MCS: ciò comporta una certa difficoltà nel considerarla come unica entità nosologica e nel formulare una specifica diagnosi, che si basa per lo più sugli aspetti clinici e anamnestici della malattia.
  Le malattie rare sono patologie a bassa prevalenza nella popolazione generale, interessando non più di 5 persone ogni 10.000 abitanti.
  La MCS è ad oggi una sindrome dagli aspetti clinici e patogenetici ancora non ben definiti, che non ne consentono una precisa stima epidemiologica.
  Metto a disposizione dell'onorevole interrogante e della Commissione un elenco degli interventi normativi regionali rivolti all'inserimento della MCS all'interno del proprio sistema di tutela delle malattie rare, nonché gli estremi di alcune Associazioni di pazienti dedicate alla MCS.

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ALLEGATO 4

5-02661 L'Abbate: Iniziative per tutelare i consumatori di frutti di bosco congelati dal rischio di epatite A.

TESTO DELLA RISPOSTA

  L'epatite A è una malattia infettiva acuta causata da un virus che colpisce il fegato, a trasmissione prevalentemente oro-fecale.
  In Italia si verificano epidemie o casi sporadici, legati al consumo di alimenti (esempio frutti di mare crudi o poco cotti, vegetali e frutta) o acqua (per esempio di pozzo) contaminati. Tuttavia, la malattia è endemica soprattutto nelle Regioni meridionali, dove è più diffusa la pratica di consumare frutti di mare crudi.
  In Italia, l'epatite A è una malattia soggetta a notifica obbligatoria con le modalità di classe II, secondo quanto previsto dal decreto ministeriale 15 dicembre 1990.
  Nell'aprile 2013 sono stati segnalati, tramite il Sistema Europeo per le malattie trasmesse da alimenti e acqua ed il Sistema di allerta rapida della Commissione Europea, due «cluster» internazionali di epatite A: il primo in pazienti dei Paesi Nord-Europei («cluster» presumibilmente legato al consumo di frutti di bosco congelati, di importazione extra-UE); il secondo in turisti di rientro dall'Egitto.
  All'inizio di maggio 2013, attraverso le citate piattaforme, sono stati segnalati casi di epatite A in turisti stranieri, residenti in Germania, Olanda e Polonia, che avevano soggiornato nelle Province Autonome di Trento e Bolzano tra marzo ed aprile, periodo compatibile con l'incubazione della malattia.
  Dalla valutazione delle schede di notifica obbligatoria pervenute a questo Dicastero e da una prima analisi dei dati del Sistema epidemiologico integrato dell'epatite virale acuta, è emerso un incremento dei casi di epatite A, pari al 70 per cento nel periodo marzo-maggio 2013 rispetto allo stesso periodo del 2012.
  Inoltre, in relazione ad un «cluster» famigliare di epatite A, associato al consumo di una torta guarnita con frutti di bosco, verificatosi ad aprile 2013, è stato effettuato il campionamento e l'analisi di una confezione ancora integra di frutti di bosco misti congelati, con esito positivo della ricerca del virus.
  È stato, pertanto, attivato il Sistema di allerta rapido comunitario per alimenti e mangimi, in quanto i frutti di bosco sottoposti ad analisi erano originari da diversi Paesi (Bulgaria, Polonia, Serbia e Canada).
  Con la Circolare 23 maggio 2013, al fine di rafforzare la sorveglianza dell'epatite A in Italia, questo Ministero ha disposto di:
   segnalare tempestivamente tutti i casi al Ministero e all'Istituto Superiore di Sanità;
   inviare i campioni clinici (siero e feci) prelevati dai casi al Laboratorio di Riferimento dell'Istituto per effettuare la genotipizzazione ed il sequenziamento dei virus;
   inviare tutti i campioni di alimenti sospetti all'Istituto Zooprofilattico Sperimentale competente per territorio, per le indagini di laboratorio.

  Inoltre, anche alla luce delle due epidemie in corso in Europa, del recente aumento dei casi di epatite A in Italia e dell'isolamento del virus in una confezione Pag. 65di frutti di bosco surgelati, si è sottolineata l'importanza di indagare sempre sia eventuali viaggi all'estero, in particolare in Egitto o in Paesi del Nord Europa sia l'eventuale consumo di frutti di bosco surgelati.
  È stata, inoltre, istituita una «task force», con l'obiettivo di determinare le cause dell'aumento dei casi di epatite A, di stabilirne l'effettiva correlazione con la circolazione di alimenti contaminati, nonché di individuare la migliore strategia integrata di controllo da mettere in atto.
  A seguito delle indagini epidemiologiche analitiche e molecolari condotte sui casi umani e su campioni di frutti di bosco surgelati è stato possibile identificare il virus responsabile dell'epidemia.
  Da gennaio 2013 ad agosto 2014 sono stati segnalati, in totale, 1.787 casi di epatite A. Da novembre 2013 si è osservata una progressiva riduzione delle segnalazioni, che viene confermata anche per i mesi successivi.
  Tuttavia, nel corso del 2014 sono stati segnalati ulteriori casi legati al consumo di frutti di bosco surgelati.
  Da novembre 2013 a settembre 2014, l'Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, su incarico della Commissione Europea, ha attivato un gruppo di lavoro, composto da microbiologi, esperti di sicurezza alimentare, epidemiologi dei diversi Paesi Europei coinvolti nell'epidemia (Italia, Irlanda, Olanda, Polonia, Norvegia, Francia e Svezia).
  Il virus dell'epatite A è stato riscontrato analiticamente in 14 lotti di frutti di bosco misti surgelati e in 2 lotti di prodotti di pasticceria contenenti frutti di bosco misti in Italia, Francia e Norvegia.
  Ad oggi, non è stato individuato un unico punto di contaminazione che colleghi tutti i casi e tutti i lotti contaminati. Tuttavia, i risultati delle indagini condotte limitano le ipotesi a due sole possibili fonti, con un livello simile di evidenza:
   ribes rossi prodotti in determinate regioni e annate in Polonia;
   more prodotte in Bulgaria (anno e zone di produzione sconosciute).

  I più recenti aggiornamenti sull'andamento della situazione evidenziano quanto segue:
   i dati relativi al numero di casi segnalati, confermano la riduzione del numero di casi già evidenziata dal novembre 2013. Tuttavia, tale flessione va considerata con cautela, in quanto ad agosto 2014 sono stati notificati casi legati al consumo di frutti di bosco;
   dal mese di ottobre 2013, non sono più stati identificati ulteriori lotti di frutti di bosco surgelati contaminati da virus dell'epatite A;
   complessivamente sono stati identificati nel corso delle indagini 15 lotti confermati e 45 lotti sospetti, ascrivibili a 11 diverse ditte che hanno confezionato o commercializzato i frutti di bosco.

  Si è ritenuto necessario mantenere una particolare attenzione sulla sorveglianza dell'epatite virale A, finalizzata a monitorare l'andamento della malattia e a mantenere la sorveglianza di laboratorio dell'epatite A.
  Inoltre, è stata fornita istruzione alle Regioni:
   di indagare sui principali fattori di rischio (consumo di frutti di mare crudi, consumo di acqua non potabile, consumo di verdure crude, contatto diretto con casi sintomatici, comportamenti sessuali a rischio, storia di eventuali viaggi all'estero, tossicodipendenza, ecc.), includendo il consumo di frutti di bosco surgelati;
   nel caso di malattia in cui si evidenzi una correlazione con il consumo di un alimento, di effettuare a cura dei servizi competenti delle ASL, le indagini necessarie comunicando tempestivamente al sistema rapido di allerta nazionale una relazione dettagliata sul caso, indicando le azioni intraprese sul prodotto alimentare sospetto;
   di provvedere tempestivamente al campionamento degli alimenti sospetti, inviando i campioni all'Istituto Zooprofilattico Pag. 66Sperimentale o ad altro Laboratorio Pubblico territorialmente competente;
   di raccogliere ed inviare i campioni di siero o plasma dei casi al Laboratorio nazionale di riferimento presso l'Istituto Superiore di Sanità;
   di consigliare la vaccinazione per l'epatite A ai viaggiatori diretti in aree endemiche.

  Per quanto riguarda le attività di comunicazione, il Ministero della salute da subito ha adottato iniziative allo scopo di minimizzare il rischio per il consumatore.
  Dall'inizio di giugno 2013, sul sito internet ministeriale sono state pubblicate pagine informative con le raccomandazioni per il consumo dei frutti di bosco e le informazioni riguardanti le caratteristiche del virus dell'epatite A, le modalità di trasmissione ed il decorso della malattia.
  Parimenti, per consentire un efficace richiamo delle confezioni eventualmente acquistate e ancora conservate nei congelatori domestici, è stato pubblicato nelle sezioni «Avvisi di sicurezza» e «News e Media» l'elenco dei prodotti oggetto di allerta, ritirati e richiamati dal mercato, identificati da: nome commerciale, ditta produttrice, motivo delle misure di richiamo, lotto e termine minimo di conservazione.
  Il Ministero della salute, inoltre, ha sviluppato un intervento di sensibilizzazione di più ampio spettro, che ha coinvolto i programmi televisivi di cucina, nei quali sono state preparate ricette con frutti di bosco, raccomandando di consumarli solo previa cottura, ad esempio facendoli bollire per almeno due minuti.
  È stata predisposta, inoltre, una locandina dai contenuti più divulgativi, sempre scaricabile dal sito internet. La locandina è stata diramata con richiesta di massima diffusione alle Associazioni di categoria e agli operatori del settore alimentare, alle Associazioni dei medici di famiglia, medici igienisti, farmacisti, veterinari di sanità pubblica, alle Associazioni scientifiche, agli Assessorati alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome, ad Istituti Zooprofilattici Sperimentali ed altri Enti.
  Sono state inoltre rilasciate interviste su numerose riviste e settimanali di tiratura nazionale.
  Tali iniziative sono state effettuate a costo zero e in tempi ristretti, considerato il carattere d'urgenza che la questione richiedeva.
  Alla luce di quanto sopra riportato e considerata la riduzione dei casi di malattia riconducibili al consumo dei frutti di bosco del 2014, e dato che non si sono verificati ulteriori casi di allerta alimentare relativamente ai frutti di bosco, si deve ritenere superata la situazione di crisi.