CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 12 giugno 2014
251.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

DL 66/2014: Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (C. 2433 Governo, approvato dal Senato).

PROPOSTA DI PARERE DEL RELATORE

  La I Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge C. 2433 Governo, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria»;
   rilevato, per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislativamente definite tra lo Stato e le regioni, che il provvedimento reca una serie di interventi riconducibili sia a materie di competenza esclusiva statale, sia a materie di competenza concorrente tra Stato e regioni, prevalentemente orientati sotto il profilo finalistico alla promozione delle imprese e allo sviluppo economico, riconducibili all'ampia nozione di «tutela della concorrenza» elaborata in questi anni dalla giurisprudenza costituzionale;
   ricordato, al riguardo, che – secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (si vedano in particolare le sent. nn. 14 e 272 del 2004, n. 175 e 242 del 2005, nn. 401, 430, 443 e 452 del 2007 nonché nn. 320 e 322 del 2008) – l'attribuzione alla legislazione esclusiva dello Stato della competenza in materia di «tutela della concorrenza» (articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione), pur non attribuendo in toto gli interventi in materia di sviluppo economico alla competenza dello Stato, tuttavia «evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese» (sentenza n. 14 del 2004);
   ricordato altresì che, in proposito, la Corte Costituzionale, sin dalla richiamata sentenza n. 14 del 2004, ha chiarito che «l'aver accorpato, nel medesimo titolo di competenza, la moneta, la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema valutario, i sistemi tributario e contabile dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e, appunto, la tutela della concorrenza, rende palese che quest'ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»;
   tenuto conto che il provvedimento interviene inoltre con disposizioni che rientrano nella materia «sistema tributario Pag. 216e contabile dello Stato», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione e che rilevano altresì, riguardo a singole disposizioni, le seguenti materie, che rientrano negli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», «ordinamento civile», «tutela dell'ambiente» (lettere a), g), l) e s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione);
   considerato che viene inoltre in rilievo la materia «coordinamento della finanza pubblica», attribuita alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), e che riguardo a quest'ultima materia, la Corte Costituzionale ha ricordato (sentenza n. 23 del febbraio 2014) come la nozione di «principio fondamentale non può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento congiunturale in relazione ai quali l'accertamento va compiuto e della peculiarità della materia» (sentenza n. 16 del 2010); di guisa che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009 e sentenza n. 417 del 2005)» (sentenza n. 52 del 2010);
   ricordato che nel preambolo del decreto-legge in esame, si richiama la straordinaria necessità ed urgenza di: emanare disposizioni in materia fiscale anche al fine di assicurare il rilancio dell'economia attraverso la riduzione del cuneo fiscale; intervenire in materia di revisione della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle spese per acquisti di beni e servizi, garantendo al contempo l'invarianza dei servizi ai cittadini, nonché per assicurare la stabilizzazione della finanza pubblica, anche attraverso misure volte a garantire la razionalizzazione, l'efficienza, l'economicità e la trasparenza dell'organizzazione degli apparati politico istituzionali e delle autonomie locali; emanare ulteriori disposizioni in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione;
   rilevato, peraltro, che l'articolo 26, comma 1, novella gli articoli 66 e 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e che, a seguito dell'approvazione, nel corso dell'esame presso il Senato, del comma 1-bis, tali novelle si applicheranno solo dal 1o gennaio 2016;
   ricordato che, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, i decreti-legge devono contenere misure di diretta applicazione; la Corte costituzionale, con sentenza n. 220 del 2013, ha rilevato che tale norma, pur non avendo sul piano formale rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo;
   rilevato che l'articolo 13 prevede che, dal 1o maggio 2014, il limite massimo retributivo, di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, sia pari a 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente;
   tenuto conto quindi che, rispetto alle disposizioni vigenti, introdotte a partire dal 2011, il parametro muta e non è più costituito dal trattamento economico variabile di una figura pubblica in una posizione apicale ma da una cifra fissa (240.000 euro annui al lordo dei contributi e degli oneri fiscali a carico del dipendente), priva di meccanismi di rivalutazione;Pag. 217
   preso atto che il comma 3 dell'articolo 13 reca la clausola di adeguamento delle Regioni al nuovo limite retributivo, nel medesimo termine del 1o maggio 2014, ai sensi dell'articolo 1, comma 475, della legge n. 147 del 2013, che prevede che le regioni adeguino, entro il 1o luglio 2014 e nell'ambito della propria autonomia, i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi 471-474 (legge di stabilità per il 2013), che hanno ulteriormente definito l'applicazione dell'articolo 23-ter del decreto legge n. 201 del 2012 in materia di trattamento economico annuo onnicomprensivo massimo;
   ricordato che il suddetto comma 475 qualifica il suddetto adeguamento come adempimento necessario ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legge n. 174 del 2012, il quale subordina il taglio dell'80 per cento dei trasferimenti erariali (fatta eccezione per quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale) al mancato rispetto di una serie di misure, tra cui quelle di cui all'articolo 23-bis, commi 5-bis e 5-ter («tetto» per le società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni) e all'articolo 23-ter («tetto» nell'ambito di rapporti di lavoro ed ai fini degli emolumenti dei componenti degli organi di direzione e controllo con pubbliche amministrazioni e autorità amministrative indipendenti);
   ricordato altresì che, con la sentenza n. 23 del febbraio 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza delle questioni poste da alcune regioni a Statuto speciale riguardo al suddetto articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 174 del 2012, rilevando in particolare che tale disposizione, pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bensì come oneri; non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d'imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle Regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio dei trasferimenti erariali;
   ricordato che, quanto alla destinazione dei risparmi conseguiti dall'articolo 13, nella relazione tecnica presentata al Senato, si precisa che: «con riferimento ai saldi di finanza pubblica, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 20 del presente provvedimento in relazione alle società partecipate, l'articolo in esame lascia immutato il quadro di riferimento a normativa vigente. Pertanto, ai sensi dell'articolo 1, commi 474 e 475 della legge di stabilità 2014, le risorse rivenienti dall'applicazione delle misure di cui al presente articolo, per le amministrazioni di cui all'articolo 23-ter della legge n. 214 del 2011, sono annualmente versate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato ai sensi del comma 4, del medesimo articolo 23-ter e, per le restanti amministrazioni e organismi, restano acquisite nei rispettivi bilanci ai fini del miglioramento dei relativi saldi»;
   rilevato altresì – come già ricordato in precedenti pareri della I Commissione riguardo a disposizioni di contenuto analogo – che le disposizioni che sono intervenute, nel tempo, con misure legislative riguardanti lo status economico, relativamente ai rapporti in essere, sono state oggetto di pronunce della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU);
   ricordato, in particolare, come le più recenti pronunce della Corte costituzionale in materia di legittimo affidamento in caso di interventi legislativi modificativi in peius di situazioni soggettive attinenti ai rapporti di durata hanno ribadito che il legittimo affidamento nella sicurezza giuridica costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex plurimis sentenza n. 209 del 2010) non violabile in modo irragionevole ex articolo 3 della Costituzionale (sentenza n. 271 del 2011 con cui è stata dichiarata incostituzionale la norma regionale che ridefiniva retroattivamente, riducendola, una determinata indennità);
   ricordato inoltre che, con la sentenza n. 310 del 2013, la Corte costituzionale ha Pag. 218richiamato il consolidato orientamento in base al quale le condizioni per escludere la irragionevolezza delle misure (nel caso di specie, quelle relative al blocco dell'adeguamento ed al blocco della progressione economica per classi e scatti) vanno ravvisate nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica;
   rilevato che il comma 5 dell'articolo 13 prevede che la Banca d'Italia adegui il proprio ordinamento ai principi posti da questo articolo del decreto-legge, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e finanziaria;
   evidenziato che, riguardo al medesimo articolo 13, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, è stato introdotto il comma 5-bis, che pone obblighi di pubblicità e trasparenza in capo alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009; in particolare, tali amministrazioni devono pubblicare nel proprio sito internet i dati relativi ai compensi percepiti da ciascun componente del consiglio di amministrazione in qualità di componente di organi di società ovvero di fondi controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse;
   rilevato, tuttavia, come la disposizione individui quali destinatarie dell'obbligo di pubblicità le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, nel cui elenco rientrano tutte le amministrazioni dello Stato centrale, gli organi costituzionali, le amministrazioni locali e regionali, varie categorie di enti pubblici nazionali e territoriali e che pertanto, tenuto conto della formulazione della disposizione di cui al comma 5-bis dell'articolo 13, andrebbe chiarita maggiormente la portata della norma, con particolare riguardo a quali soggetti si riferiscano i consigli di amministrazione dei cui componenti occorre pubblicare i dati relativi al compenso e al riferimento ai «fondi» controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse;
   rilevato che la disposizione di cui all'articolo 16, comma 4 – che segue precedenti interventi del legislatore in tale direzione – introduce una deroga, seppur temporanea, all'ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri: infatti, l'intervento in tale materia spetta, in via ordinaria, a un regolamento da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previo esame parlamentare del relativo schema che, in questo modo, viene meno;
   evidenziato, inoltre, che, sulla fissazione del termine del 15 luglio 2014, entro il quale gli schemi di regolamento debbono essere trasmessi al Ministero della pubblica amministrazione, l'adempimento richiesto è un atto interno al procedimento di adozione del decreto del Presidente del consiglio dei ministri, privo di pubblicità e che pertanto il rispetto del termine non è conoscibile e controllabile;
   rilevato che l'articolo 17 reca disposizioni per il contenimento della spesa degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale e che, in particolare, il comma 1 dispone che la Presidenza della Repubblica, il Senato, la Camera dei deputati e la Corte Costituzionale procedano a riduzioni di spesa per l'anno 2014 per un importo complessivo di 50 milioni di euro, da versare all'entrata del bilancio dello Stato, e che ciascun organo costituzionale effettui le riduzioni di spesa con misure autonomamente deliberate e secondo modalità previste dai rispettivi ordinamenti;
   ricordato che, nel corso dell'esame al Senato, è stato specificato, al comma 2-bis, che le riduzioni di spesa sono ripartite tra i diversi soggetti in misura proporzionale al rispettivo onere a carico della finanza pubblica per l'anno 2013;
   evidenziato che la disposizione in esame interviene sulla disciplina di organi che godono di un'autonomia normativa, organizzativa e contabile costituzionalmente Pag. 219garantita (sentenze della Corte costituzionale n. 129 del 1981, n. 154 del 1985, n. 379 del 1996 e n. 120 del 2014);
   rilevato che la ratio della disposizione appare quella di invitare anche gli organi costituzionali a dare il loro apporto al raggiungimento delle finalità previste dal provvedimento;
   rilevato che l'articolo 41-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, interviene sulle risorse finanziarie recate dalle leggi che istituiscono le province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004), destinate alla costituzione degli uffici periferici dell'amministrazione dello Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di completare gli interventi;
   evidenziato, in particolare, che l'articolo 41-bis, al fine di consentire l'adempimento delle obbligazioni assunte sulle risorse stanziate dalle suddette leggi per le nuove province dalle stesse istituite, autorizza la proroga al 31 dicembre 2014 dell'utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali di ciascuna delle tre province, come da ultimo stabilito dal decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 3 dicembre 2013, che ha prorogato al 31 dicembre 2013, facendo seguito a numerosi altri interventi precedenti, il termine per il mantenimento delle predette risorse sulle rispettive contabilità speciali;
   rilevato che, riguardo al contenuto della disposizione di cui all'articolo 41-bis, va considerato che essa interviene su una materia differente rispetto al contenuto del decreto-legge in esame, e va richiamato quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 con cui, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale del comma 2-quater dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 del 2010, in materia di proroga dei termini, introdotto nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione, la Corte ha sottolineato come «l'innesto nell’iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa possa certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione». «Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o no, in legge un decreto-legge»;
   tenuto conto, infine, riguardo all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 sono volte a conferire deleghe legislative al Governo e che la disposizione di cui al comma 11 incide su princìpi e criteri direttivi di altra delega legislativa, mentre la previsione costituzionale della decretazione di urgenza appare configurata come indicazione specifica di un procedimento la cui funzione si esaurisce nella conversione del decreto legge,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   si sopprima l'articolo 41-bis, che interviene su una materia differente rispetto al contenuto del decreto-legge in esame, tenendo conto di quanto da ultimo evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012;
  e con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 13, condividendo l'obiettivo di contenimento della spesa pubblica, anche attraverso la previsione di misure da applicare alla generalità dei possibili destinatari, si tenga conto, nella definizione degli strumenti Pag. 220giuridici da adottare, della giurisprudenza costituzionale in materia di status economico, soprattutto con riferimento alla transitorietà delle misure applicabili;
   b) si valuti la disposizione di cui all'articolo 16, comma 4, che, seguendo precedenti interventi del legislatore in tale direzione, introduce una ulteriore deroga, seppur temporanea, all'ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri, che comporta, tra l'altro, il mancato esame parlamentare dei relativi atti;
   c) riguardo all'articolo 17, si valuti, alla luce delle premesse poste, la compatibilità con il principio di autonomia costituzionale degli organi in questione;
   d) tenuto conto delle previsioni dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, che prescrive che i decreti-legge devono contenere misure di diretta applicazione, e della giurisprudenza costituzionale in materia, sia specificato che quanto stabilito dal comma 1-bis dell'articolo 26, che prevede che le disposizioni di cui all'articolo 26 si applichino dal 1o gennaio 2016, sia riferito solo al terzo periodo del capoverso 7 del comma 1 della lettera a) (che stabilisce che la pubblicazione di informazioni ulteriori avviene esclusivamente in via telematica e non può comportare oneri per le stazioni appaltanti), in modo che tutte le restanti disposizioni entrino in vigore immediatamente;
   e) riguardo al medesimo articolo 26, si valuti l'opportunità di prevedere che la salvezza degli effetti di cui al comma 1-ter sia più congruamente inserita nel testo del disegno di legge di conversione anziché nel testo del decreto-legge;
   f) con riferimento all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, siano valutate le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 – che sono volte a conferire deleghe legislative al Governo – e la disposizione di cui al comma 11 – che incide su princìpi e criteri direttivi di altra delega legislativa – alla luce della previsione costituzionale della decretazione di urgenza, che appare configurata come indicazione specifica di un procedimento la cui funzione si esaurisce nella conversione del decreto-legge.

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ALLEGATO 2

DL 66/2014: Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria (C. 2433 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

  La I Commissione,
   esaminato il testo del disegno di legge C. 2433 Governo, approvato dal Senato, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonché per l'adozione di un testo unico in materia di contabilità di Stato e di tesoreria»;
   rilevato, per quanto riguarda il rispetto delle competenze legislativamente definite tra lo Stato e le regioni, che il provvedimento reca una serie di interventi riconducibili sia a materie di competenza esclusiva statale, sia a materie di competenza concorrente tra Stato e regioni, prevalentemente orientati sotto il profilo finalistico alla promozione delle imprese e allo sviluppo economico, riconducibili all'ampia nozione di «tutela della concorrenza» elaborata in questi anni dalla giurisprudenza costituzionale;
   ricordato, al riguardo, che – secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale (si vedano in particolare le sent. nn. 14 e 272 del 2004, n. 175 e 242 del 2005, nn. 401, 430, 443 e 452 del 2007 nonché nn. 320 e 322 del 2008) – l'attribuzione alla legislazione esclusiva dello Stato della competenza in materia di «tutela della concorrenza» (articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione), pur non attribuendo in toto gli interventi in materia di sviluppo economico alla competenza dello Stato, tuttavia «evidenzia l'intendimento del legislatore costituzionale del 2001 di unificare in capo allo Stato strumenti di politica economica che attengono allo sviluppo dell'intero Paese» (sentenza n. 14 del 2004);
   ricordato altresì che, in proposito, la Corte Costituzionale, sin dalla richiamata sentenza n. 14 del 2004, ha chiarito che «l'aver accorpato, nel medesimo titolo di competenza, la moneta, la tutela del risparmio e dei mercati finanziari, il sistema valutario, i sistemi tributario e contabile dello Stato, la perequazione delle risorse finanziarie e, appunto, la tutela della concorrenza, rende palese che quest'ultima costituisce una delle leve della politica economica statale e pertanto non può essere intesa soltanto in senso statico, come garanzia di interventi di regolazione e ripristino di un equilibrio perduto, ma anche in quell'accezione dinamica, ben nota al diritto comunitario, che giustifica misure pubbliche volte a ridurre squilibri, a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo del mercato o ad instaurare assetti concorrenziali»;
   tenuto conto che il provvedimento interviene inoltre con disposizioni che rientrano nella materia «sistema tributario Pag. 222e contabile dello Stato», di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione e che rilevano altresì, riguardo a singole disposizioni, le seguenti materie, che rientrano negli ambiti di competenza legislativa esclusiva dello Stato «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali», «ordinamento civile», «tutela dell'ambiente» (lettere a), g), l) e s) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione);
   considerato che viene inoltre in rilievo la materia «coordinamento della finanza pubblica», attribuita alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni (articolo 117, terzo comma, della Costituzione), e che riguardo a quest'ultima materia, la Corte Costituzionale ha ricordato (sentenza n. 23 del febbraio 2014) come la nozione di «principio fondamentale non può essere cristallizzata in una formula valida in ogni circostanza, ma deve tenere conto del contesto, del momento congiunturale in relazione ai quali l'accertamento va compiuto e della peculiarità della materia» (sentenza n. 16 del 2010); di guisa che «la specificità delle prescrizioni, di per sé, neppure può escludere il carattere di principio di una norma, qualora essa risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione (sentenze n. 237 del 2009 e n. 430 del 2007)» (sentenza n. 16 del 2010); in quest'ottica, «possono essere ricondotti nell'ambito dei principi di coordinamento della finanza pubblica «norme puntuali adottate dal legislatore per realizzare in concreto la finalità del coordinamento finanziario, che per sua natura eccede le possibilità di intervento dei livelli territoriali sub-statali» (sentenza n. 237 del 2009 e sentenza n. 417 del 2005)» (sentenza n. 52 del 2010);
   ricordato che nel preambolo del decreto-legge in esame, si richiama la straordinaria necessità ed urgenza di: emanare disposizioni in materia fiscale anche al fine di assicurare il rilancio dell'economia attraverso la riduzione del cuneo fiscale; intervenire in materia di revisione della spesa pubblica, attraverso la riduzione delle spese per acquisti di beni e servizi, garantendo al contempo l'invarianza dei servizi ai cittadini, nonché per assicurare la stabilizzazione della finanza pubblica, anche attraverso misure volte a garantire la razionalizzazione, l'efficienza, l'economicità e la trasparenza dell'organizzazione degli apparati politico istituzionali e delle autonomie locali; emanare ulteriori disposizioni in materia di pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione;
   rilevato, peraltro, che l'articolo 26, comma 1, novella gli articoli 66 e 122 del decreto legislativo n. 163 del 2006 e che, a seguito dell'approvazione, nel corso dell'esame presso il Senato, del comma 1-bis, tali novelle si applicheranno solo dal 1o gennaio 2016;
   ricordato che, ai sensi dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, i decreti-legge devono contenere misure di diretta applicazione; la Corte costituzionale, con sentenza n. 220 del 2013, ha rilevato che tale norma, pur non avendo sul piano formale rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo;
   rilevato che l'articolo 13 prevede che, dal 1o maggio 2014, il limite massimo retributivo, di cui agli articoli 23-bis e 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, sia pari a 240.000 euro, al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a carico del dipendente;
   tenuto conto quindi che, rispetto alle disposizioni vigenti, introdotte a partire dal 2011, il parametro muta e non è più costituito dal trattamento economico variabile di una figura pubblica in una posizione apicale ma da una cifra fissa (240.000 euro annui al lordo dei contributi e degli oneri fiscali a carico del dipendente), priva di meccanismi di rivalutazione;Pag. 223
   preso atto che il comma 3 dell'articolo 13 reca la clausola di adeguamento delle Regioni al nuovo limite retributivo, nel medesimo termine del 1o maggio 2014, ai sensi dell'articolo 1, comma 475, della legge n. 147 del 2013, che prevede che le regioni adeguino, entro il 1o luglio 2014 e nell'ambito della propria autonomia, i rispettivi ordinamenti alle disposizioni di cui ai commi 471-474 (legge di stabilità per il 2013), che hanno ulteriormente definito l'applicazione dell'articolo 23-ter del decreto legge n. 201 del 2012 in materia di trattamento economico annuo onnicomprensivo massimo;
   ricordato che il suddetto comma 475 qualifica il suddetto adeguamento come adempimento necessario ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto legge n. 174 del 2012, il quale subordina il taglio dell'80 per cento dei trasferimenti erariali (fatta eccezione per quelli destinati al finanziamento del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali e per le non autosufficienze e al trasporto pubblico locale) al mancato rispetto di una serie di misure, tra cui quelle di cui all'articolo 23-bis, commi 5-bis e 5-ter («tetto» per le società non quotate controllate da pubbliche amministrazioni) e all'articolo 23-ter («tetto» nell'ambito di rapporti di lavoro ed ai fini degli emolumenti dei componenti degli organi di direzione e controllo con pubbliche amministrazioni e autorità amministrative indipendenti);
   ricordato altresì che, con la sentenza n. 23 del febbraio 2014, la Corte costituzionale ha dichiarato la non fondatezza delle questioni poste da alcune regioni a Statuto speciale riguardo al suddetto articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 174 del 2012, rilevando in particolare che tale disposizione, pur contenendo alcune previsioni puntuali, le configura non come obblighi bensì come oneri; non utilizza, dunque, la tecnica tradizionale d'imposizione di vincoli alla spesa ma un meccanismo indiretto che lascia alle Regioni la scelta se adeguarsi o meno, prevedendo, in caso negativo, la conseguenza sanzionatoria del taglio dei trasferimenti erariali;
   ricordato che, quanto alla destinazione dei risparmi conseguiti dall'articolo 13, nella relazione tecnica presentata al Senato, si precisa che: «con riferimento ai saldi di finanza pubblica, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 20 del presente provvedimento in relazione alle società partecipate, l'articolo in esame lascia immutato il quadro di riferimento a normativa vigente. Pertanto, ai sensi dell'articolo 1, commi 474 e 475 della legge di stabilità 2014, le risorse rivenienti dall'applicazione delle misure di cui al presente articolo, per le amministrazioni di cui all'articolo 23-ter della legge n. 214 del 2011, sono annualmente versate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato ai sensi del comma 4, del medesimo articolo 23-ter e, per le restanti amministrazioni e organismi, restano acquisite nei rispettivi bilanci ai fini del miglioramento dei relativi saldi»;
   rilevato altresì – come già ricordato in precedenti pareri della I Commissione riguardo a disposizioni di contenuto analogo – che le disposizioni che sono intervenute, nel tempo, con misure legislative riguardanti lo status economico, relativamente ai rapporti in essere, sono state oggetto di pronunce della Corte costituzionale e della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU);
   ricordato, in particolare, come le più recenti pronunce della Corte costituzionale in materia di legittimo affidamento in caso di interventi legislativi modificativi in peius di situazioni soggettive attinenti ai rapporti di durata hanno ribadito che il legittimo affidamento nella sicurezza giuridica costituisce elemento fondamentale dello Stato di diritto (ex plurimis sentenza n. 209 del 2010) non violabile in modo irragionevole ex articolo 3 della Costituzionale (sentenza n. 271 del 2011 con cui è stata dichiarata incostituzionale la norma regionale che ridefiniva retroattivamente, riducendola, una determinata indennità);
   ricordato inoltre che, con la sentenza n. 310 del 2013, la Corte costituzionale ha Pag. 224richiamato il consolidato orientamento in base al quale le condizioni per escludere la irragionevolezza delle misure (nel caso di specie, quelle relative al blocco dell'adeguamento ed al blocco della progressione economica per classi e scatti) vanno ravvisate nel carattere eccezionale, transeunte, non arbitrario, consentaneo allo scopo prefissato, nonché temporalmente limitato, dei sacrifici richiesti, e nella sussistenza di esigenze di contenimento della spesa pubblica;
   rilevato che il comma 5 dell'articolo 13 prevede che la Banca d'Italia adegui il proprio ordinamento ai principi posti da questo articolo del decreto-legge, nell'ambito della propria autonomia organizzativa e finanziaria;
   evidenziato che, riguardo al medesimo articolo 13, nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, è stato introdotto il comma 5-bis, che pone obblighi di pubblicità e trasparenza in capo alle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009; in particolare, tali amministrazioni devono pubblicare nel proprio sito internet i dati relativi ai compensi percepiti da ciascun componente del consiglio di amministrazione in qualità di componente di organi di società ovvero di fondi controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse;
   rilevato, tuttavia, come la disposizione individui quali destinatarie dell'obbligo di pubblicità le amministrazioni inserite nel conto economico consolidato, nel cui elenco rientrano tutte le amministrazioni dello Stato centrale, gli organi costituzionali, le amministrazioni locali e regionali, varie categorie di enti pubblici nazionali e territoriali e che pertanto, tenuto conto della formulazione della disposizione di cui al comma 5-bis dell'articolo 13, andrebbe chiarita maggiormente la portata della norma, con particolare riguardo a quali soggetti si riferiscano i consigli di amministrazione dei cui componenti occorre pubblicare i dati relativi al compenso e al riferimento ai «fondi» controllati o partecipati dalle amministrazioni stesse;
   rilevato che la disposizione di cui all'articolo 16, comma 4 – che segue precedenti interventi del legislatore in tale direzione – introduce una deroga, seppur temporanea, all'ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri: infatti, l'intervento in tale materia spetta, in via ordinaria, a un regolamento da adottare con decreto del Presidente della Repubblica, previo esame parlamentare del relativo schema che, in questo modo, viene meno;
   evidenziato, inoltre, che, sulla fissazione del termine del 15 luglio 2014, entro il quale gli schemi di regolamento debbono essere trasmessi al Ministero della pubblica amministrazione, l'adempimento richiesto è un atto interno al procedimento di adozione del decreto del Presidente del consiglio dei ministri, privo di pubblicità e che pertanto il rispetto del termine non è conoscibile e controllabile;
   rilevato che l'articolo 17 reca disposizioni per il contenimento della spesa degli organi costituzionali e di rilievo costituzionale e che, in particolare, il comma 1 dispone che la Presidenza della Repubblica, il Senato, la Camera dei deputati e la Corte Costituzionale procedano a riduzioni di spesa per l'anno 2014 per un importo complessivo di 50 milioni di euro, da versare all'entrata del bilancio dello Stato, e che ciascun organo costituzionale effettui le riduzioni di spesa con misure autonomamente deliberate e secondo modalità previste dai rispettivi ordinamenti;
   ricordato che, nel corso dell'esame al Senato, è stato specificato, al comma 2-bis, che le riduzioni di spesa sono ripartite tra i diversi soggetti in misura proporzionale al rispettivo onere a carico della finanza pubblica per l'anno 2013;
   evidenziato che la disposizione in esame interviene sulla disciplina di organi che godono di un'autonomia normativa, organizzativa e contabile costituzionalmente Pag. 225garantita (sentenze della Corte costituzionale n. 129 del 1981, n. 154 del 1985, n. 379 del 1996 e n. 120 del 2014);
   rilevato che la ratio della disposizione appare quella di invitare anche gli organi costituzionali a dare il loro apporto al raggiungimento delle finalità previste dal provvedimento;
   rilevato che l'articolo 41-bis, introdotto nel corso dell'esame presso il Senato, interviene sulle risorse finanziarie recate dalle leggi che istituiscono le province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani (leggi nn. 146, 147 e 148 del 2004), destinate alla costituzione degli uffici periferici dell'amministrazione dello Stato ed assegnate alle contabilità speciali istituite presso il commissario di ciascuna provincia e poi trasferite ai prefetti incaricati di completare gli interventi;
   evidenziato, in particolare, che l'articolo 41-bis, al fine di consentire l'adempimento delle obbligazioni assunte sulle risorse stanziate dalle suddette leggi per le nuove province dalle stesse istituite, autorizza la proroga al 31 dicembre 2014 dell'utilizzo delle risorse disponibili sulle contabilità speciali di ciascuna delle tre province, come da ultimo stabilito dal decreto del Presidente del consiglio dei ministri del 3 dicembre 2013, che ha prorogato al 31 dicembre 2013, facendo seguito a numerosi altri interventi precedenti, il termine per il mantenimento delle predette risorse sulle rispettive contabilità speciali;
   rilevato che, riguardo al contenuto della disposizione di cui all'articolo 41-bis, va considerato che essa interviene su una materia differente rispetto al contenuto del decreto-legge in esame, e va richiamato quanto evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012 con cui, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale del comma 2-quater dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 del 2010, in materia di proroga dei termini, introdotto nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione, la Corte ha sottolineato come «l'innesto nell’iter di conversione dell'ordinaria funzione legislativa possa certamente essere effettuato, per ragioni di economia procedimentale, a patto di non spezzare il legame essenziale tra decretazione d'urgenza e potere di conversione». «Se tale legame viene interrotto, la violazione dell'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, non deriva dalla mancanza dei presupposti di necessità e urgenza per le norme eterogenee aggiunte, che, proprio per essere estranee e inserite successivamente, non possono collegarsi a tali condizioni preliminari (sentenza n. 355 del 2010), ma per l'uso improprio, da parte del Parlamento, di un potere che la Costituzione gli attribuisce, con speciali modalità di procedura, allo scopo tipico di convertire, o no, in legge un decreto-legge»;
   tenuto conto, infine, riguardo all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 sono volte a conferire deleghe legislative al Governo e che la disposizione di cui al comma 11 incide su princìpi e criteri direttivi di altra delega legislativa, mentre la previsione costituzionale della decretazione di urgenza appare configurata come indicazione specifica di un procedimento la cui funzione si esaurisce nella conversione del decreto legge,

  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con la seguente condizione:
   si valuti la soppressione dell'articolo 41-bis ove questo non sia considerato attinente a pagamenti relativi alle imprese, tenendo conto di quanto da ultimo evidenziato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 22 del 2012;

  e con le seguenti osservazioni:
   a) con riferimento all'articolo 13, condividendo l'obiettivo di contenimento della spesa pubblica, anche attraverso la previsione di misure da applicare alla generalità dei possibili destinatari, si tenga Pag. 226conto, nella definizione degli strumenti giuridici da adottare, della giurisprudenza costituzionale in materia di status economico, soprattutto con riferimento alla transitorietà delle misure applicabili;
   b) si valuti la disposizione di cui all'articolo 16, comma 4, che, seguendo precedenti interventi del legislatore in tale direzione, introduce una ulteriore deroga, seppur temporanea, all'ordinario assetto delle fonti normative in materia di organizzazione dei ministeri, che comporta, tra l'altro, il mancato esame parlamentare dei relativi atti;
   c) riguardo all'articolo 17, si valuti, alla luce delle premesse poste, la compatibilità con il principio di autonomia costituzionale degli organi in questione;
   d) tenuto conto delle previsioni dell'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, che prescrive che i decreti-legge devono contenere misure di diretta applicazione, e della giurisprudenza costituzionale in materia, sia specificato che quanto stabilito dal comma 1-bis dell'articolo 26, che prevede che le disposizioni di cui all'articolo 26 si applichino dal 1o gennaio 2016, sia riferito solo al terzo periodo del capoverso 7 del comma 1 della lettera a) (che stabilisce che la pubblicazione di informazioni ulteriori avviene esclusivamente in via telematica e non può comportare oneri per le stazioni appaltanti), in modo che tutte le restanti disposizioni entrino in vigore immediatamente;
   e) riguardo al medesimo articolo 26, si valuti l'opportunità di prevedere che la salvezza degli effetti di cui al comma 1-ter sia più congruamente inserita nel testo del disegno di legge di conversione anziché nel testo del decreto-legge;
   f) con riferimento all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, siano valutate le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 – che sono volte a conferire deleghe legislative al Governo – e la disposizione di cui al comma 11 – che incide su princìpi e criteri direttivi di altra delega legislativa – alla luce della previsione costituzionale della decretazione di urgenza, che appare configurata come indicazione specifica di un procedimento la cui funzione si esaurisce nella conversione del decreto-legge.