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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 423 di venerdì 8 maggio 2015

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PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI

  La seduta comincia alle 9,30.

  ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 6 maggio 2015.

  PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
  (È approvato).

Missioni.

  PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Baretta, Di Lello, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Santerini e Valeria Valente sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
  I deputati in missione sono complessivamente ottantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
  Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

  PRESIDENTE. Comunico che, in data 6 maggio 2015, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte del Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione il senatore Luis Alberto Orellana, in sostituzione della senatrice Loredana De Petris, dimissionaria.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,40).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative di competenza volte a garantire un'adeguata dotazione organica del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la regione Sardegna, nonché la stabilizzazione dei vigili del fuoco in servizio temporaneo – n. 2-00944)

  PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Capelli e Dellai n. 2-00944, concernente iniziative di competenza volte a garantire un'adeguata dotazione organica del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la regione Sardegna, nonché la stabilizzazione dei vigili del fuoco in servizio temporaneo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo al deputato Capelli se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ROBERTO CAPELLI. Grazie Presidente, l'interpellanza in discussione prende spunto da alcuni dati molto significativi, che ci aiuteranno sicuramente a capire il contesto nel quale maturano Pag. 2alcune perplessità inerenti all'organizzazione e, di conseguenza, all'efficienza del Corpo dei vigili del fuoco nel territorio nazionale nel suo complesso e, in particolare, in Sardegna.
  Stante l'ultimo censimento, l'Italia è il quarto Paese dell'Unione europea per popolazione dopo Germania, Francia e Regno Unito. L'ultimo censimento registra, infatti, oltre 60 milioni di abitanti nel nostro Paese, con una densità demografica di oltre 200 persone per chilometro quadrato, la più alta d'Europa. In questo contesto, il personale operativo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco conta circa 28 mila unità, mentre ne sarebbero necessarie almeno altre 15 mila per garantire una vera efficienza, considerando anche il turnover annuale per i pensionamenti, che si aggira sulle 500 unità annue. La riforma dovuta alla legge n. 252 del 2004 ha di fatto colpito duramente il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, collocandolo in un sistema più vicino alle logiche della pubblica sicurezza, piuttosto che a quelle del soccorso e dell'incolumità delle persone, come sarebbe naturale.
  In venti anni un servizio essenziale per la popolazione è stato fortemente colpito da politiche di tagli, che hanno ridotto almeno del 40 per cento i fondi dedicati al Corpo nazionale dei vigili del fuoco. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: organici ormai ridotti all'osso, inferiori a quelli europei in maniera più che preoccupante. Si calcola che vi sia un vigile del fuoco ogni 15 mila italiani, mentre nel resto d'Europa il rapporto è di uno a mille. L'intera popolazione italiana censita dovrebbe essere servita dal servizio antincendio di 29.500 vigili del fuoco, oltre al migliaio di unità del personale SATI e direttivi non coinvolti negli interventi di soccorso. In realtà, alla cifra di 29.500 va sottratto un 20 per cento fisiologico di assenze, che porta la cifra a 23.600 unità, divise in quattro turni da 5.900 vigili del fuoco, cui ancora vanno sottratte le 2 mila unità di servizio degli aeroporti, trentacinque in tutta Italia, che non possono essere utilizzate per normali emergenze. Con questo organico ridotto, i vigili del fuoco devono fare fronte a circa 750 mila interventi annui in tutto il territorio, per una media di circa 2.060 al giorno; non c’è da meravigliarsi poi se anche una semplice forte pioggia metta in crisi delle grandi città. Un esempio: nel febbraio del 2014 a Roma c'erano 187 vigili del fuoco che dovevano affrontare l'emergenza creata a circa 4 milioni di abitanti da un abbondante nubifragio.
  Al contrario di quanto auspicabile, il progetto di riordino del Governo, pubblicato ormai un anno fa, nell'aprile 2014, prevede un modello organizzativo basato su turnover limitato, significativa spending review, innalzamento dell'età pensionabile, ulteriori riduzioni di risorse, di uomini e mezzi. Al contrario, appare evidente la necessità di potenziare in tempi rapidi le dotazioni organiche dei vigili del fuoco, in modo da cercare, quanto meno, di avvicinare quegli standard europei dai quali oggi, come ho detto, siamo lontanissimi, e come previsto anche dallo studio tecnico denominato «Soccorso Italia in venti minuti». Un contributo importante al riguardo sarebbe dato dalla stabilizzazione dei numerosi vigili del fuoco discontinui, che hanno un importante ruolo nel corpo, ma che vivono una situazione di perenne e inaccettabile precariato.
  Siamo di fronte a un assurdo: moltissime professionalità di alto livello, infatti, non vengono prese in considerazione e si tende, anzi, a tagliare proprio quei discontinui che, invece, sono fondamentali. In questo quadro, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 1997 ha provveduto alla ripartizione delle dotazioni organiche delle qualifiche dirigenziali, delle qualifiche funzionali e dei profili professionali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
  La legge 30 settembre 2004, n. 252, recante delega al Governo per la disciplina in materia di rapporto di impiego del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ha, di fatto, trasferito il Corpo dei vigili del fuoco nel comparto pubblicistico. Questa decisione ha aperto la porta alla Pag. 3direzione da parte dei prefetti, che, da allora, guidano il Dipartimento dei vigili del fuoco.
  Non si intende, ovviamente, entrare qui nel merito delle cause di questa scelta, ma non si può non far notare che in un corpo tecnico e specializzato nel soccorso tecnico urgente, quale quello dei vigili del fuoco, sarebbe preferibile una figura dirigenziale che avesse fatto parte del Corpo stesso, e che, quindi, conoscesse, per così dire, «dal di dentro» le problematiche e le dinamiche organizzative e finanziarie di un ente così specifico.
  Successivamente, il decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, «Ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco a norma dell'articolo 2 della legge 30 settembre 2004, n. 252», ha fornito gli unici dati effettivi sulla dotazione organica del Corpo dei vigili del fuoco, prima della riforma prevista dal progetto per il riordino delle strutture centrali e territoriali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, reso pubblico dal Governo nell'aprile dello scorso anno.
  Confrontando i dati dei due provvedimenti sopra ricordati, si osserva – e veniamo, quindi, alla Sardegna – che la Sardegna è, di fatto, la regione più colpita dai tagli previsti dal Governo, come emerge osservando i numeri relativi alla dotazione organica complessiva. Il totale evidenzia il preoccupante calo di personale previsto dal progetto governativo: si scende, infatti, da un personale pari a 1.391 ad uno pari a 1.371, di cui effettivi 1.344, per un'isola da 24 mila chilometri quadrati.
  Questi dati escludono a priori la possibilità, tante volte annunciata e mai realizzata, dell'autonomia della colonna mobile, ossia della forza operativa del Corpo dei vigili del fuoco che si muove in caso di calamità naturale. Detta autonomia doveva essere derivata da una dotazione organica di uomini e mezzi congrua e sovradimensionata rispetto alle omologhe del resto del Paese, visto che, in caso di emergenza, nessun aiuto potrebbe giungere in tempi brevi nell'isola, che sarebbe costretta a far da sola, con mezzi insufficienti. Vale la pena di ricordare l'alluvione in Sardegna dell'ottobre del 2013 con 19 morti e, poi, il contesto degli incendi in Sardegna, che vedremo successivamente.
  Al contrario, il progetto di riordino del Governo rende estremamente difficoltosa per la Sardegna la gestione dell'ordinario da parte dei vigili del fuoco. È facile comprendere quale possa essere la situazione, appunto, in caso di grave emergenza. Inoltre, molta parte delle responsabilità viene scaricata sul personale volontario dei vigili del fuoco, che è in numero francamente eccessivo e che non garantisce l'efficacia degli interventi in caso di emergenza.
  Chiedo, quindi, se il Ministro interpellato non intenda, per quanto di competenza, intervenire per evitare che la situazione sopra illustrata si cristallizzi, con gli evidentissimi rischi per la sicurezza delle popolazioni sarde, intervenendo, tra l'altro, sulla questione molto grave dei vigili del fuoco temporanei, la cui stabilizzazione, praticabile finanziariamente con opportuni interventi di razionalizzazione della spesa, renderebbe certamente più efficiente il Corpo dei vigili del fuoco, che potrebbe avvalersi di professionalità di alto livello e che da molto tempo svolgono un'azione molto importante nell'ambito del Corpo.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno, gli onorevoli Capelli e Dellai lamentano l'inadeguatezza delle dotazioni organiche previste per le strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ubicate nel territorio della regione Sardegna, nell'ambito del più generale progetto di riorganizzazione del Corpo medesimo elaborato dal Ministero dell'interno.
  Rappresento, innanzitutto, che la dotazione organica dei ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco prevista dal decreto legislativo n. 217 del 2005 ha fatto Pag. 4registrare nei dieci anni successivi consistenti incrementi per effetto di tre provvedimenti legislativi emanati rispettivamente nel 2005, nel 2013 e nel 2014.
  Tuttavia, non occorre che ricordi come nel corso dello stesso decennio il comparto dei vigili del fuoco abbia subito, al pari degli altri Corpi dello Stato, una progressiva riduzione degli organici effettivi per effetto del blocco parziale del turnover disposto dal legislatore nell'ambito delle varie manovre di spending review.
  D'altra parte, in questi anni, si è manifestata in maniera sempre più evidente l'esigenza di una revisione del dispositivo organizzativo del Corpo nazionale, al fine di adattarlo alle nuove esigenze del soccorso e della mutata domanda di sicurezza proveniente dal territorio.
  Alla luce di tali elementi di novità, l'amministrazione ha ritenuto necessario predisporre un progetto di riordino delle strutture centrali e territoriali del Corpo nazionale dettato da esigenze di efficientamento del dispositivo del soccorso tecnico urgente. Il progetto è stato frutto di un attento studio statistico-matematico nel quale sono stati utilizzati indicatori oggettivi tali da restituire la più fedele immagine del territorio e dei rischi che lo connotano. Ne è scaturita una nuova mappatura delle sedi e una corrispondente rimodulazione delle dotazioni organiche, volte, l'una e l'altra, a garantire l'uniformità della risposta e l'omogenea presenza delle risorse umane e strumentali sul territorio nazionale. In tale ambito, alle strutture della regione Sardegna è stato assegnato, nell'assoluto rispetto degli indicatori sopra citati, un organico di 1.751 unità di personale complessive, di cui 1.499 unità di personale operativo distribuite tra la direzione regionale (85 unità) e i comandi provinciali di Cagliari (460 unità), Nuoro (266 unità), Oristano (156 unità) e Sassari (532 unità). Ciò a fronte di un'attuale presenza di personale operativo pari a 1.363 unità.
  Faccio presente, comunque, che il dispositivo di soccorso a cui ho appena fatto riferimento è quello ordinario. Nel periodo estivo, esso è abitualmente potenziato per lo svolgimento della campagna antincendio, attraverso varie misure. A titolo di esempio, durante la campagna estiva dello scorso anno, il Corpo nazionale ha schierato ad Olbia, al servizio del territorio sardo, tre dei quindici Canadair a disposizione. Inoltre, grazie a una convenzione stipulata con la regione Sardegna, sono stati attivati nove presidi stagionali a protezione di aree costiere ed interne ed effettuati 500 richiami di vigili del fuoco volontari della durata di 20 giorni ciascuno.
  Per quanto detto, posso affermare che il territorio della regione Sardegna è stato ed è oggetto di ampia considerazione del Ministero dell'interno, anche allo scopo di far raggiungere all'isola l'indipendenza operativa, nel senso auspicato dagli onorevoli interpellanti.
  Con la medesima interpellanza, gli onorevoli pongono anche un'altra domanda, cioè se il Ministro dell'interno intenda promuovere interventi per stabilizzare i vigili del fuoco volontari. L'attenzione del Ministero dell'interno verso il personale volontario è testimoniata dalla previsione della riserva di posti nei concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco, nonché dalla procedura di stabilizzazione indetta nell'agosto del 2007, che a tutt'oggi ha consentito di immettere nei ruoli dei vigili del fuoco permanenti 3.081 volontari. Tale procedura è ancora aperta e consentirà di stabilizzare altri 300 vigili volontari nel secondo semestre dell'anno in corso, nell'ambito dell'operazione di incremento della dotazione organica di cui all'articolo 3, comma 3-nonies, del decreto-legge n. 90 del 2014. Inoltre, fino alla data di validità della graduatoria di stabilizzazione (fissata attualmente al 31 dicembre 2016), il 50 per cento delle assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco, che potranno essere effettuate a titolo di turnover, saranno riservate ai volontari utilmente collocati nella graduatoria medesima.

  PRESIDENTE. Il deputato Capelli ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

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  ROBERTO CAPELLI. Grazie, Presidente. Grazie, signor sottosegretario, mi dichiaro parzialmente soddisfatto. I numeri che ha dato il sottosegretario sono più che confortanti per quanto riguarda la stabilizzazione, eventualmente, dei cosiddetti volontari e discontinui, ma alcune precisazioni vorrei, se mi consente, portarle sullo stato degli incendi in Sardegna. Infatti, l'interpellanza cade all'inizio del periodo critico degli incendi, e non solo, in Sardegna. Dati dello scorso anno, forniti nell'agosto del 2014 dal Corpo forestale, informano che la Sardegna è la maglia nera di questo triste fenomeno e che, dall'inizio del 2014 fino al 10 agosto dello stesso anno, aveva visto svilupparsi ben 1.593 roghi, numero ben maggiore della seconda regione interessata al fenomeno, la Sicilia, che, nello stesso periodo, ebbe solo – si fa per dire – 236 incendi.
  La superficie boscata percorsa dalle fiamme fu di 1.158 ettari. Tirando le somme: nei 222 giorni considerati gli incendi scoppiati in Sardegna – volendo fare un'ipotetica media tra giorni totali e roghi totali – sono stati oltre 14 al giorno, e quei dati non tenevano conto di quanto accaduto nei giorni intorno a Ferragosto, in cui praticamente ogni provincia sarda era stata interessata da gravissimi incendi.
  Da circa quarant'anni si registra un numero sostanzialmente costante di incendi, che si attesta intorno ai 3.400 annui. E non si tratta – è bene ribadirlo – di una calamità naturale da affrontare in modo da contenere i danni inevitabili che si devono sopportare in casi di disastro naturale. È accertata la pressoché totale assenza di incendi causati da fattori naturali, mentre la quasi totalità dei roghi è dovuta all'intervento umano, sia doloso sia involontario, ed è dovuta a mera imprudenza.
  I vigili del fuoco, in questo contesto, hanno un ruolo fondamentale nel contrasto dell'evento, che non solo crea danni gravissimi all'economia della regione, ma che mette a rischio la vita delle persone, come è accaduto – sempre per fare un esempio – nel luglio scorso a Carbonia, dove fu necessario evacuare due reparti dell'ospedale e una comunità di recupero per disabili, a causa di una vera e propria tempesta di incendi dolosi, che seminò il terrore nel sud della Sardegna.
  La questione dell'organico dei vigili del fuoco, inoltre, non si limita al pur importante tema degli incendi. Può sembrare banale ricordare la situazione di insularità della Sardegna, ma non lo è. Infatti, la distanza fisica dell'isola dal resto d'Italia rende impossibile un intervento aggiuntivo da parte di soccorritori di altre regioni, come, invece, accade nel contesto del Paese. E l'esempio che ho riportato prima sull'alluvione di Olbia, con un intervento di aiuto che è stato valutato nell'ordine delle 48 ore, rispetto ai cosiddetti 20 minuti del piano, è significativo. La Sardegna, quindi, deve far conto solo sulle sue forze per poter fronteggiare eventuali emergenze molto estese, senza poter contare sull'aiuto immediato di altri territori.
  È, quindi, di tutta evidenza la necessità di un organico adeguato da parte dei vigili del fuoco. Si pone, quindi, la necessità di un ampliamento dell'organico non solo per affrontare le numerose emergenze che si verificano ogni anno, ma per espletare con efficienza i compiti ordinari. Questo ampliamento non dovrebbe – come abbiamo detto – avvenire tramite nuove assunzioni, ma, come – ne prendo atto – ha riferito il sottosegretario, deve essere affrontato con la stabilizzazione del cosiddetto precariato discontinuo e volontario. Quindi, pur comprendendo bene le necessità di bilancio, ci auguriamo che il Governo, comunque, provveda in modo adeguato per garantire alla Sardegna una congrua dotazione di vigili del fuoco.
  Un altro discorso è quello dei Canadair presenti in Sardegna: i tre di Olbia non erano tre, ma erano due, di cui uno era dislocato su Elmas, e devono provvedere oltre che alla Sardegna anche alle chiamate oltre Tirreno, a parti invertite.
  Non vorremmo che poi si dovesse piangere lacrime di coccodrillo, qualora vi fossero conseguenze gravi per un'emergenza non affrontata in modo adatto, non colpa dei soccorritori, ma per la mancanza Pag. 6del numero necessario di persone esperte e preparate, quali sono i componenti del Corpo dei vigili del fuoco.

(Misure volte a contrastare il fenomeno della violenza correlata al tifo sportivo – n. 2-00952)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Coccia ed altri n. 2-00952, concernente misure volte a contrastare il fenomeno della violenza correlata al tifo sportivo (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Prendo atto che la deputata Coccia rinuncia ad illustrare la sua interpellanza e si riserva di intervenire in sede di replica.
  Il sottosegretario di Stato per l'interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Grazie Presidente, con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Coccia, unitamente ad altri deputati, nel richiamare l'attenzione del Ministro dell'interno sull'episodio del ferimento di alcuni spettatori durante l'incontro di calcio tra Torino e Juventus del 26 aprile scorso, chiede quali misure urgenti si intendano adottare per porre fine ai fenomeni di violenza in occasione di manifestazioni sportive. Premetto che il derby torinese, in ragione dei peculiari profili di rischio che gli sono propri, era stato affrontato con un articolato dispositivo di ordine pubblico, frutto di un'attenta pianificazione, con predisposizione di specifici servizi di prevenzione attivi fin dalle prime ore della notte.
  Già prima della partita, per la verità, si erano verificati disordini al di fuori dello stadio. In particolare, nella fase di avvicinamento all'impianto, il pullman della Juventus era stato accerchiato da un consistente gruppo di tifosi granata, che, nel tentativo di bloccare l'automezzo, ne avevano danneggiato lievemente la fiancata e rotto un finestrino. Solo l'intervento delle forze di polizia aveva permesso di allontanare i tifosi un po’ facinorosi, consentendo al mezzo di proseguire la propria marcia. Poco dopo l'inizio della partita, fra le tifoserie contrapposte è iniziato un fitto lancio reciproco di oggetti, tra i quali alcuni petardi e bombe carta all'indirizzo del settore occupato dai tifosi del Torino. La deflagrazione di una delle bombe ha provocato il ferimento in maniera non grave di nove tifosi.
  Le attività di contrasto e prevenzione poste in essere dalle forze di polizia prima, durante e dopo la manifestazione hanno consentito di deferire all'autorità giudiziaria tredici persone in stato di arresto e quindici persone in stato di libertà. Ulteriori attività investigative hanno portato, pochi giorni fa, alla perquisizione delle abitazioni di quattro tifosi juventini, sospettati del lancio della predetta bomba carta. Presso il domicilio di uno di questi sono state trovate tre cartucce calibro 22. Quanto agli altri tifosi, uno è stato posto agli arresti, mentre gli altri due sono stati denunciati in stato di libertà per possesso di sostanze stupefacenti. Informo, infine, che, in relazione ai disordini del 26 aprile, il Ministro dell'interno ha disposto il divieto di trasferta della tifoseria juventina a Genova, mentre il questore di Torino ha emesso complessivamente ventuno provvedimenti Daspo. Questi in sintesi i fatti, sui quali gli onorevoli interpellanti hanno richiamato l'attenzione del Governo.
  In merito alle iniziative finalizzate ad evitare il ripetersi di episodi del genere, posso assicurare che l'impegno delle forze di polizia nel contrasto e nella prevenzione del fenomeno della violenza in occasione di eventi sportivi è ai massimi livelli. Ricordo, innanzitutto, che è attivo da tempo un articolato sistema di governo delle manifestazioni sportive sotto i profili dell'ordine e della sicurezza pubblica. Il sistema è imperniato, a livello centrale, sull'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive, che tra i suoi molteplici compiti annovera anche quello della valutazione del rischio dell'evento sportivo, partita per partita. Quando la manifestazione è considerata di particolare rilievo sotto il profilo del rischio, entra poi in Pag. 7azione un apposito organismo interforze e interdisciplinare, il Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive, che provvede a tenere i necessari contatti con le autorità provinciali di pubblica sicurezza e a diramare le direttive occorrenti per la gestione dell'evento. Inoltre, a livello periferico, da tempo sono operative, presso le DIGOS di tutta Italia, unità specializzate della Polizia di Stato che mantengono una costante attenzione sul fenomeno e contatti con società e tifoserie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 10)

  DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'interno. Si tratta di un sistema collaudato che ha prodotto risultati apprezzabili in termini di drastica riduzione di scontri e feriti e di incremento dei provvedimenti di deferimento all'autorità giudiziaria, in particolare a seguito delle rigorose misure legislative adottate nel 2007 dopo i gravi fatti della partita Catania-Palermo, che provocarono, come ricorderà, la morte dell'ispettore capo Filippo Raciti. Confidiamo ora che il provvedimento adottato in via d'urgenza lo scorso anno possa aiutare ancor di più le autorità pubbliche a stroncare il tentativo di far rientrare la violenza devastatrice negli stadi. Mi riferisco, ovviamente, al decreto-legge n. 119 del 2014, con cui sono state affinate le potenzialità applicative del Daspo e, al contempo, sono state introdotte soluzioni innovative, come il divieto di trasferta e la chiusura delle curve casalinghe. Soprattutto con queste ultime misure, a cui si è fatto già ricorso, tra l'altro, da un lato, per esempio, con gli ultrà dell'Atalanta e, come detto, della Juventus e, dall'altro, con gli ultrà di Roma, Lazio e Brescia, si intendono colpire tutte le frange più pericolose ed estremiste alla costante ricerca dello scontro fisico con le forze di polizia e le tifoserie contrapposte.
  Pur essendo prematuro stilare bilanci, evidenzio gli importanti risultati conseguiti sul fronte dei Daspo emessi nella corrente stagione, che ammontano a 1.808, cioè a circa il 30 per cento di tutti i divieti al momento attivi pari a 5.054. Anche il numero degli arresti risulta notevolmente aumentato rispetto alla stagione scorsa, segnando un incremento di circa il 52 per cento. Nello stesso senso, soprattutto con riferimento al campionato di maggior richiamo, quello di serie A, si registra una sensibile riduzione delle partite con feriti (meno 27 per cento), nonché del numero dei feriti tra le forze di polizia (meno 24 per cento), tra i tifosi (meno 30 per cento) e tra gli steward (addirittura meno 88 per cento).
  Si tratta di dati confortanti, ma che comunque evidenziano il persistere di una sottocultura violenta e prevaricatrice sulla quale occorre intervenire anche con specifiche campagne sociali e di sensibilizzazione. L'osservatorio del Viminale non manca di attivare proprie iniziative anche in questo campo, favorendo l'interazione con le società, gli enti nazionali e quelli locali.
  Più in generale, l'obiettivo che il Governo intende perseguire è quello di restituire lo spettacolo calcistico ad una dimensione di normalità e serenità, che invogli anche ad una maggiore frequentazione e riporti le famiglie agli stadi.
  Per il suo pieno raggiungimento, contiamo sulla collaborazione delle società sportive che hanno tutto l'interesse a recidere i pericolosi intrecci con gli ambienti più violenti del tifo, liberandosi da ogni possibile forma di condizionamento in grado di lederne gli interessi commerciali e d'immagine.
  Siamo impegnati, quindi, a consolidare questa sinergia che – siamo convinti – ci consentirà di conseguire risultati ancora più soddisfacenti di quelli raggiunti in questi ultimi anni, in modo tale da restituire centralità ai sani valori che lo sport è in grado di trasmettere.

  PRESIDENTE. L'onorevole Coccia ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  LAURA COCCIA. Grazie Presidente. Sì, sono soddisfatta della risposta del sottosegretario Pag. 8ma soprattutto sono soddisfatta del lavoro che le nostre forze dell'ordine fanno tutte le domeniche per garantire l'ordine pubblico durante le partite di calcio.
  Mi sembra paradossale, tuttavia, che dobbiamo sempre parlare di mobilitazione di forze per eventi sportivi. Lo sport dovrebbe essere altro e ricordo che nel nostro Paese si svolgono tutte le settimane campionati di diverse discipline sportive: penso alla pallanuoto, alla pallavolo, al basket e molti altri. Non succede praticamente mai nulla, soprattutto non è mai necessario lo stesso dispiegamento di forze che c’è per una partita di calcio. Credo che il punto non è tanto la gestione dell'ordine pubblico all'interno o all'esterno degli stadi. Credo che in questo Paese il problema sia che per molti lo stadio è visto come uno spazio extraterritoriale dove le leggi non valgono e si può fare qualunque cosa.
  La cosa grave che è avvenuta a Torino è che quella bomba avrebbe potuto causare molti più danni e molte più vittime di quelle che ci sono già state. Era passato appena un anno dalla morte di Ciro Esposito. Penso che dobbiamo avere il coraggio di rompere quel circolo vizioso che c’è dietro il rapporto tra società e tifoserie perché vede, sottosegretario, mi preoccupa molto la reazione dei tifosi della Roma all'indomani di una frase, forse eccessiva, forse detta in un momento di sfogo, del presidente della Roma, Pallotta, che ha stigmatizzato quelli che erano gli striscioni contro la madre di Ciro Esposito e, appunto, la reazione dei tifosi della Roma è stata veramente eccessiva. Così come mi preoccupa la reazione dei tifosi della Lazio nel momento in cui il presidente Lotito ha deciso una cesura con determinati tipi di rapporti e di comportamenti.
  Ritengo, però, che questi interventi e questa riappropriazione dei presidenti nella gestione non solo della squadra ma anche della trasmissione di quelli che sono i valori dello sport, vadano fortemente incentivati perché gli stadi non possono continuare ad essere territorio di nessuno, territorio dove si può pensare di portare una bomba carta. Non credo che la bomba carta sia un oggetto che normalmente ci si porta dietro. Chi porta con sé oggetti contundenti od ordigni, come in questo caso, è chiaro che interpreta il luogo dove sta andando come un qualcosa dove è lecito attuare certi tipi di comportamenti. Credo che ci voglia un codice etico delle tifoserie, bisogna andare, forse, oltre il Daspo, bisogna responsabilizzare le società, bisogna incentivare le società di calcio a portare avanti non solo campagne ma azioni forti nei confronti di gruppi di tifoserie organizzate che con il calcio e la tifoseria vera non hanno niente a che fare.
  Vede sottosegretario, io quel giorno ho preso una posizione abbastanza forte: ho chiesto la sospensione del campionato di calcio, cosa che, in questo Paese, è stata fatta solamente all'indomani della morte dell'ispettore Raciti. Io credo che dobbiamo avere il coraggio di fermarci a riflettere su quello che è il calcio e su quello che è lo sport in generale, perché non è pensabile, all'indomani delle partite, commentare sempre le stesse cose.
  Va benissimo, infatti, il decreto che è stato fatto con riferimento alla violenze negli stadi, va benissimo la responsabilità delle società e il pagamento del 2 per cento degli introiti per andare a finanziare gli stipendi e gli straordinari che le forze dell'ordine devono fare per garantire l'ordine pubblico all'esterno degli stadi, ma, evidentemente, dobbiamo fare di più. Dobbiamo andare avanti, continuando nella direzione che è stata presa dal Governo, ma, appunto, cercando di essere veramente più incisivi e convincenti nei confronti delle società.
  Vediamo, infatti, scene come quelle dei calciatori che si tolgono la maglia sotto la curva oppure che vanno a trattare o a parlare con i tifosi dopo una sconfitta, a testa bassa, come se dovessero chiedere il permesso di uscire o che devono essere insultati o minacciati: ebbene, io credo che questi siano sintomi che, in quel tifo organizzato, con lo sport e con il calcio, ma, soprattutto, con i tifosi veri, con i bambini che vogliono andare allo stadio – e lo vogliono fare perché è una festa e Pag. 9perché il calcio è uno sport meraviglioso – non hanno veramente niente a che fare. E noi dobbiamo tutelare il tifo bello, quello fatto con le bandiere, con le sciarpe, con i cori, i cori quelli buoni, non quelli di discriminazione territoriale. Dobbiamo farlo per loro, dobbiamo veramente riportare i bambini allo stadio.
  Tra una ventina di giorni ci sarà il derby di Roma: io veramente vorrei che quella fosse l'occasione per un approccio differente con il mondo della tifoseria e con il derby. Il derby deve tornare ad essere la festa di un'intera città. Non voglio fare paragoni con il rugby o con altri sport, ma veramente mi piacerebbe che l'immagine dei tifosi della Roma e della Lazio che si abbracciano possa essere veramente l'immagine costante non solamente di momenti episodici, ma possa essere veramente il filo conduttore del rapporto tra squadre, tifoserie e società da qui ai prossimi anni.

(Intendimenti circa la riduzione dei rimborsi relativi alle attività trasfusionali e dei contributi a favore delle associazioni e federazioni di donatori di sangue – n. 2-00950)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano e Mazziotti Di Celso n. 2-00950, concernente intendimenti circa la riduzione dei rimborsi relativi alle attività trasfusionali e dei contributi a favore delle associazioni e federazioni di donatori di sangue (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Buongiorno sottosegretario, la nostra interpellanza è stata sollecitata dallo sconcerto che abbiamo provato nell'apprendere che nella proposta di intesa tra Stato e regioni fosse previsto, relativamente al sistema trasfusionale, una riduzione dei rimborsi per la mobilità extraregionale di sangue per le associazioni e le federazioni di volontariato che si occupano di questo. Desta sconcerto perché, più volte, è stato ribadito da queste associazioni che questi tagli metterebbero a rischio gli sforzi che loro compiono tutti i giorni per fornire a chi ne ha bisogno sicurezza, quantità e qualità di sangue necessario.
  Oltre a questa preoccupazione molto importante ce n’è un'altra e cioè che il volontariato, con il proprio lavoro, contribuisce a effettuare importanti risparmi nella gestione di attività che se fossero gestite dal settore pubblico costerebbero molto, molto di più. Quindi, la preoccupazione di Scelta Civica è anche che, per effettuare tagli lineari veramente poco comprensibili, poi si rischi, in realtà, di spendere molto, molto di più.
  La interpelliamo, quindi, per sapere se questo è vero ed eventualmente, se fosse vero, per sapere quali iniziative contate di mettere in atto per evitare che venga compiuto questo errore.

  PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Galgano, anche per la sintesi.
  Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Galgano, inizio precisando che l'interpellanza in esame, richiama quanto era contenuto nella precedente proposta di intesa Stato-regione, all'esame della Conferenza Stato-regioni, relativa alla «manovra sanità 2015», nella quale, in effetti, in quella ipotesi, fra i tagli alla spesa previsti riguardanti la rinegoziazione dei contratti di acquisto di beni e servizi, venivano indicate le voci «Sangue ed emocomponenti da altri soggetti» e «Contributi ad associazioni di volontariato».
  Non è un caso che ho parlato di precedente proposta, visto che nel condividere la preoccupazione espressa proprio nell'interpellanza, e cioè che i prospettati tagli avrebbero potuto mettere a rischio l'obiettivo strategico dell'autosufficienza regionale e nazionale del sangue, che è un obiettivo rilevante di sanità pubblica, nella Pag. 10più recente bozza del testo di intesa contenente la «manovra sanità 2015», l'articolo 1, specificamente, prevede l'obbligo, per gli enti del Servizio sanitario nazionale, sicuramente di rinegoziare i contratti con i fornitori di beni e servizi contenuti nell'allegato 1 in modo da garantire un abbattimento su base annua di circa il 5 per cento del valore complessivo dei contratti in essere, ma le voci «Sangue ed emocomponenti da altri soggetti» e «Contributi ad associazioni di volontariato» nella seconda ipotesi di intesa sono state espunte. La bozza di intesa sarà presentata quanto prima in sede di Conferenza Stato-regioni.
  Colgo l'occasione, comunque, per ribadire la fondamentale importanza della legge 21 ottobre 2005, n. 219, citata, la quale dispone che le attività trasfusionali sono parte integrante del Servizio sanitario nazionale, erogate quali livelli essenziali di assistenza, basate sulla donazione volontaria, periodica, responsabile, anonima e gratuita, di cui lo Stato riconosce la funzione civica e sociale ed i valori umani e solidaristici assolutamente rilevanti.
  All'obiettivo dell'autosufficienza, infatti, concorrono, in maniera determinante e insostituibile, le associazioni e le federazioni di donatori volontari di sangue, che vedono riconosciuta la loro funzione, il loro ruolo dall'articolo 7, comma 2, della legge n. 219 del 2005, che prevede che: «Le associazioni di donatori volontari di sangue e le relative federazioni concorrono ai fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale attraverso la promozione e lo sviluppo della donazione organizzata di sangue e la tutela degli stessi donatori».

  PRESIDENTE. L'onorevole Adriana Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio e mi dichiaro soddisfatta sia perché dalle sue parole emerge che questi paventati tagli non ci saranno, sia per il riconoscimento dell'importanza che le associazioni in tema di volontariato hanno per la donazione di sangue. Cogliamo l'occasione per ribadire che i tagli alla sanità è importante che ci siano, visto che rappresentano l'80 per cento del bilancio di molte regioni, ma certo non devono andare a colpire persone che sono in stato di necessità.
  Questa è la seconda volta in pochi mesi che mi trovo qui a presentare un'interpellanza, la precedente era sui livelli essenziali di assistenza che sempre il Patto Stato-regioni metteva in discussione. All'epoca su questo punto mi è stato risposto che l'articolo che parlava di questo aveva una doppia interpretazione, ma secondo noi non ci devono essere doppie interpretazioni.
  Le interpretazioni devono essere univoche, i livelli di assistenza essenziali devono essere garantiti in ogni regione e non devono essere fatti tagli che vanno ad impattare su argomenti così importanti quale la dotazione di sangue necessaria nei nostri ospedali e nelle nostre cliniche.

(Chiarimenti in ordine alla necessità del recepimento, con provvedimento del commissario ad acta, delle nomine dei dirigenti sanitari per le regioni sottoposte al piano di rientro dal disavanzo sanitario – n. 2-00951)

  PRESIDENTE. Passiamo alla interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-00951, concernente chiarimenti in ordine alla necessità del recepimento, con provvedimento del commissario ad acta, delle nomine dei dirigenti sanitari per le regioni sottoposte al piano di rientro dal disavanzo sanitario (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  DALILA NESCI. Grazie, Presidente. Signor rappresentante del Governo, in Calabria la sanità è stata spesso gestita, così dice la storia, a vantaggio di strutture Pag. 11criminali, di lobby e anche di logge. Nella mia regione il diritto alla salute è stato largamente piegato a profitti e interessi di gruppi di potere. Tante volte la spesa pubblica è servita a perseguire fini privati piuttosto che a migliorare i servizi sanitari e a ridurne l'emigrazione verso gli ospedali del Nord. Nel 2007, in seguito alla morte dei minori Federica Monteleone, Flavio Scutellà ed Eva Ruscio, il Governo proclamò l'emergenza sanitaria per la Calabria, arrivarono soldi a palate e financo una Commissione ministeriale che indicò formalmente i grandi mali della sanità calabrese: l'illegalità, il condizionamento partitico della dirigenza, ’ndrangheta, affarismo e impreparazione gestionale. Fu dunque siglato un accordo di programma tra regione Calabria e Ministero della Salute finalizzato alla realizzazione di quattro nuovi ospedali, senza alcuna previsione di riorganizzazione del sistema, come richiesto invece dalla predetta commissione.
  Piuttosto che rimuovere le cause della vera malasanità e dell'assurda morte di vari pazienti e di giovanissimi come Federica, Flavio ed Eva, la regione ed il Ministero concordarono una nuova e poderosa spesa pubblica, finanziata soprattutto con fondi della protezione civile, ovviamente la solita manna per gli affamati di denaro, si ricordi L'Aquila come paradigma. L'emergenza sanitaria proseguì in Calabria, consentendo, a quanto pare, anche la costruzione di un ospedale su un suolo venduto dalla provincia di Reggio Calabria, che non ne era proprietaria, alla Azienda sanitaria reggina. Praticamente, un'operazione simile a quella di Totò con la Fontana di Trevi.
  Arrivò poi il piano di rientro dal debito sanitario, frutto dell'obbedienza canina dei vostri partiti agli ordini delle mafie bancarie che emettono moneta. All'epoca fu nominato commissario ad acta il Governatore regionale Giuseppe Scopelliti, nelle cui mani finì un potere senza precedenti in fatto di sanità. Potere utilizzato ovviamente per i soliti giochi, per consentire fra l'altro all'università di Catanzaro di ricevere un grattacielo di soldi pubblici a prescindere dalle prestazioni erogate per uno spreco di trentamila euro al giorno che continua nel silenzio del vostro Governo. Il personaggio in cerca di autore fu poi condannato per falso, interdetto dai pubblici uffici, e quindi decadde.
  Proseguirono poi gli abusi, al punto che la passata giunta tentò, nonostante fosse in regime di prorogatio, di nominare i propri accoliti ai vertici della sanità calabrese nell'assenza del nuovo commissario alla sanità, che il Governo Renzi rifiutò volutamente di nominare, diviso da beghe interne ed interessi di partito.
  Il Movimento 5 Stelle fece esposti, diffide ed interrogazioni contro le porcherie nella sanità calabrese, dove il Palazzo regionale agiva a piacimento, calpestando le leggi, il diritto e le altre istituzioni. Sempre più spesso il Governo si tappò le orecchie, chiuse gli occhi e si cucì la bocca, tutto preso dalle alleanze per le elezioni regionali del 2014 e per il dopo elezioni. Pertanto, non rispose ad una sola delle nostre interrogazioni e rinviò il più possibile la nomina del sostituto di Scopelliti alla guida del rientro sanitario in Calabria. Disbrigata questa pratica arrivarono presto le regionali ed il ministro Lorenzin girò la regione da cima a fondo, promettendo servizi alla «Dottor House», riguardo ad assunzioni, accompagnata ovviamente sempre dal sodale Andrea Urbani, suo fido sub-commissario, che denunciammo per assenza dal lavoro.
  I frutti di quel magnifico tour elettorale del ministro Lorenzin li vediamo oggi con l'ospedale di Melito di Porto Salvo remunerato di posti letto e di reparti già chiusi per legge, come il punto nascita, che aveva meno di 500 parti all'anno.
  E tutto ciò in virtù delle affinità elettorali – badiamo bene, non elettive – con i senatori del Nuovo Centrodestra Nico D'Ascola e Giovanni Bilardi, che lì sono delle popstar alle urne. Contestualmente, però, quel lorenzismo della Lorenzin non servì a riaprire gli ospedali di Praia a Mare e Trebisacce, come invece stabilito da sentenze della magistratura amministrativa, Pag. 12anche alla luce della nuova nomina del commissario Massimo Scura, nome omen verrebbe da dire.
  La sanità calabrese continua a essere affossata e depredata perché la sofferenza e la disorganizzazione meridionale è sempre un affare per romani o padani, come insegna infatti la vicenda – che tra l'altro è stata già attenzionata dalla magistratura catanzarese – dell'intesa della regione Calabria con Infrastrutture lombarde, società in house della regione Lombardia, per la realizzazione di nuovi ospedali calabresi. Il piano di rientro serve per ingrassare il revisore KPMG, che, nel frattempo, benché i conti della sanità siano quasi in pari (stando ovviamente alle dichiarazioni del ministro Lorenzin), appare sempre più prezioso e indispensabile e non si capisce per quale mistero della fede. In un simile contesto, sono arrivate nuove nomine di dirigenti sanitari da parte della Giunta regionale, tanto per non farsi mancare nulla e per partecipare alla sfida del potere a chi è più forte e più cazzuto. Se la verità non è opinabile o modificabile...

  PRESIDENTE. Onorevole Nesci, sono costretto a ricordarle che, se pure non in molte persone siamo qui, ma è pur sempre l'Aula del Parlamento.

  DALILA NESCI. Veniamo al dunque: se la verità non è opinabile o modificabile, in relazione alle esigenze del momento, al tavolo Massicci si precisò che nel caso di specie occorre sempre un atto di recepimento da parte del commissario preposto al rientro sanitario. Lo si può leggere in un articolo di Pietro Bellantoni del 9 dicembre pubblicato sul portale web della testata del Correre della Calabria, in merito alla nomina illegittima di Alessandro Moretti a dirigente generale dell'ASP di Cosenza. Lo disse Bruno Zito, dirigente generale del dipartimento regionale tutela della salute, ed è agli atti del tavolo Massicci. Mi auguro, quindi, che il rappresentante del Governo non la butti sull'ermeneutica dicendo che abbiamo interpretato male quello scritto che invece si riferiva, stando ai combinati disposti, ad una fattispecie ben diversa da quella riguardante la nomina in argomento. Se così facesse, il rappresentante del Governo indosserebbe il naso di Pinocchio, mentendo con audacia come fece il tandem Lorenzin-Urbani sul futuro dei lavoratori della Fondazione Campanella, struttura che svuotò le casse della regione Calabria con il trasferimento di reparti dell'Università di Catanzaro, messi impropriamente a bilancio della stessa fondazione, nata invece con il solo scopo di curare i pazienti oncologici e fare ricerca nel campo.
  Siccome nella storia, diceva Vico, ci sono corsi e ricorsi, in quella della Calabria, dico io, esistono le perenni ricorrenze. Non si può non ricordare che protagonisti del disastro della Fondazione Campanella vi fu uno dei nuovi nominati, il direttore generale Antonio Belcastro, quello che ai microfoni di Report rispose di non conoscere l'attività della struttura che dirigeva e di aspettare un attimo per rispondere a tema, il tempo giusto di chiedere al piano di sopra. Così il nuovo commissario dell'ASP di Reggio Calabria è quel Santo Gioffrè cui per legge non poteva essere conferito l'incarico, stando all'articolo 8 del decreto legislativo n. 39 del 2013 per il quale gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferite a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali in collegi elettorali che comprendono il territorio dell'ASL. Gioffrè, appunto, fu candidato a sindaco di Seminara nel 2013, comune che ricade nel territorio della stessa ASL. Di recente, il commissario per il rientro Massimo Scura è andato nei suoi uffici così legittimandolo. Eppure Scura se ne lavò le mani, quando lo scorso 31 marzo gli sottoposi personalmente il caso di inconferibilità, presente anche tra l'altro per il subcommissario Urbani. Ancora, il direttore amministrativo dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria è il pensionato Giulio Carpentieri il quale, benché non di diretta emanazione della Giunta regionale, in quel posto non può stare per effetto Pag. 13della circolare Madia pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 37 del 2015 e in forza della deliberazione della Corte dei conti depositata il 21 novembre 2014, anche laddove fosse in possesso di specifiche competenze in campo di amministrazione sanitaria. La Corte dei conti, ricordo, ha precisato in via preliminare che le nuove previsioni dettate dall'articolo 6 del decreto-legge n. 90 del 2014 hanno quale antecedente l'articolo 25 della legge n. 724 del 1994.
  Questa, al dichiarato fine di garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa, vieta il conferimento al personale delle pubbliche amministrazioni cessato volontariamente dal servizio per l'ottenimento della pensione di anzianità da parte delle amministrazioni di provenienza o di amministrazioni con le quali lo stesso personale ha avuto rapporti di lavoro o di impiego, nei cinque anni precedenti a quello della cessazione del servizio, di incarichi di consulenza, collaborazione studio e ricerca.
  Ci attendiamo dunque una risposta chiara e coerente dal Governo a cui chiediamo se, per le nomine discusse, serva o meno un atto di recepimento da parte del commissario governativo, così come sempre avvenuto nelle regioni in piano rientro.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Vito De Filippo, ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Nesci, in merito all'interpellanza in esame, con particolare riguardo al fatto che la Giunta regionale della Calabria, quella uscente, in regime di prorogatio, ha nominato nel luglio 2014 il nuovo direttore generale dell'azienda ospedaliera «Mater Domini» di Catanzaro, individuato nella persona, citata anche dall'onorevole, del dottore Antonio Belcastro, nomina poi revocata nell'ottobre del 2014 dal commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro – come è stato ricordato –, il generale Luciano Pezzi, si precisa quanto segue, nell'interpretazione che il Ministero ha dato degli atti e dei documenti che abbiamo richiesto anche alla regione Calabria e quindi spero che non sia soltanto una pratica di ermeneutica, ma un approfondimento di merito che possa essere valutato nella sua compilazione.
  Riguardo alla notizia apparsa di recente su organi di stampa, secondo cui il dottor Belcastro sarebbe stato nominato dalla Giunta regionale commissario dell'azienda ospedaliero-universitaria «Mater Domini» di Catanzaro, si segnala innanzitutto che non risulta ad oggi pervenuto ai Ministeri affiancanti (il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze) il provvedimento della Giunta regionale menzionato nell'interpellanza; questo non è stato ancora trasmesso.
  Risulta, invece, da una relazione della struttura commissariale per l'attuazione del piano di rientro, valutata dai tavoli tecnici nella riunione di verifica dell'8 aprile scorso, che la Giunta regionale abbia approvato l'elenco dei candidati idonei alla carica di direttori generali delle aziende del servizio sanitario regionale con la deliberazione della Giunta regionale n. 344, del 13 agosto 2014.
  Nella riunione di verifica dell'8 aprile 2015, i tavoli tecnici hanno chiesto alla struttura commissariale di essere informati sulle procedure di nomina dei citati direttori generali, procedura che, secondo i medesimi tavoli tecnici, deve essere condotta e portata a termine sicuramente dagli organi regionali istituzionali, purché nei pieni poteri, ossia non in regime di prorogatio.
  Si ritiene opportuno riportare, riguardo alla questione in esame su chi deve fare le nomine, estratti del verbale della precedente riunione, tenutasi il 24 ottobre 2011, per la verifica sullo stato di attuazione del piano di rientro della regione Calabria.
  In tale occasione, il tavolo e il comitato osservavano che, dall'analisi, e dal combinato disposto delle norme succedutesi nel tempo in materia di commissariamento delle regioni in piano di rientro, i compiti ed i poteri attribuiti al commissario ad acta, indipendentemente dalla procedura seguita per la sua nomina, attengono: in Pag. 14primo luogo, all'adozione di tutte le misure indicate nel piano di rientro, o nei programmi operativi adottati per la loro prosecuzione, nonché di tutti gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali implicati dal piano, in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del piano stesso; in secondo luogo, alla verifica della piena ed esatta attuazione del piano di rientro a tutti i livelli di governo del sistema sanitario regionale; in terzo luogo, alla trasmissione, al Consiglio regionale, dei provvedimenti legislativi regionali rilevatisi d'ostacolo all'attuazione del piano nel suo complesso.
  Tavolo e comitato ritengono, inoltre, che l'individuazione e la nomina dei singoli direttori generali delle aziende ed enti del servizio sanitario regionale non rientrino fra gli atti di cui al primo punto sopra indicato, quello concernente l'adozione di tutte le misure indicate nel piano di rientro, in quanto trattasi di provvedimenti non direttamente e immediatamente presupposti, o correlati, o necessari, ai fini dell'attuazione dello stesso piano di rientro.
  Conseguentemente, la nomina dei direttori generali resta sicuramente affidata agli organi istituzionali regionali. Tale atto di nomina, tuttavia, in quanto funzionale a garantire tempestivamente e correttamente l'attività di gestione e di coordinamento delle strutture amministrative coinvolte nell'attuazione del piano, è assorbito dalla sfera di competenze del commissario, laddove sussista inerzia, o grave ritardo da parte degli ordinari organi regionali, ovvero nel caso di palese inidoneità del soggetto indicato, situazioni queste che costituiscono un grave rischio di rallentamento e di impedimento delle necessarie azioni operative dello stesso piano di rientro. In questo senso, c’è una competenza anche del commissario. Spero che, anche nel tecnicismo, possa essere ritenuta chiara la formulazione e anche la posizione del Governo.
  Pertanto, tavolo e comitato valutano che, sulla base di quanto sopra considerato, l'organo istituzionale regionale debba adottare il provvedimento di nomina dei suddetti direttori generali. La posizione assunta dai tavoli tecnici è stata mantenuta nella valutazione e anche nel monitoraggio di tutte le regioni sottoposte al relativo piano di rientro, i cui organi istituzionali siano stati commissariati. I tavoli tecnici, collegialmente, così come, di concerto, i Ministeri affiancanti, sono intervenuti nelle situazioni in cui siano state riscontrate quelle difformità di comportamento che ho voluto indicare.
  Pertanto, questo Ministero ha provveduto, comunque, a chiedere elementi alla regione Calabria su questo punto (abbiamo chiesto questi elementi in occasione proprio della risposta a questa interpellanza), che ha precisato quanto segue: con deliberazione di giunta regionale n. 112 del 17 aprile 2015 e successivo decreto del presidente della regione, n. 46 del 20 aprile 2015, il dottor Antonio Belcastro, di fatto, è stato nominato direttore generale dell'Azienda ospedaliera universitaria «Mater Domini» di Catanzaro, previa intesa con il Magnifico rettore dell'Università «Magna Graecia» di Catanzaro.
  Questo professionista, peraltro, aveva già – come è stato ricordato – in precedenza ricoperto il medesimo incarico presso l'Azienda, a seguito della nomina a direttore generale disposta con deliberazione della giunta regionale n. 299/2014, e fino alle dimissioni, che sono state rassegnate il 21 ottobre 2014.
  Quella deliberazione, la n. 299 del 2014, che è stata citata dall'onorevole, era stata oggetto di censura da parte del Commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro pro tempore, il generale Luciano Pezzi, il quale, con specifica deliberazione nel mese di ottobre 2014, ne aveva disposto l'annullamento, in quanto – come era scritto in quell'atto – ritenuto «atto eccedente l'ordinaria amministrazione adottato dalla Giunta regionale in regime di prorogatio delle funzioni». L'annullamento fu motivato, quindi, in relazione alla ritenuta carenza di poteri in capo alla Giunta regionale, a seguito delle dimissioni dell'onorevole Giuseppe Scopelliti dalla carica di presidente della regione.Pag. 15
  La recente deliberazione, invece, della giunta regionale, la n. 112 del 2015, diversamente da quanto si sostiene nell'interpellanza, non dispone, né potrebbe, l'annullamento o la revoca del provvedimento precedentemente assunto dal generale Pezzi, ma si tratta di una nuova nomina, assunta da una giunta nel pieno esercizio delle proprie prerogative e funzioni, acquisita l'intesa con l'università – come ho detto – come richiesto dalla normativa vigente in caso di conferimento dell'incarico di direttore presso l'azienda ospedaliera universitaria.
  Con riferimento al secondo quesito, quello relativo al dottor Gioffrè, nominato commissario dell'Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, ed al rilievo concernente una posizione di inconferibilità in capo allo stesso, la regione ci segnala, in una comunicazione sulla base di una nostra richiesta, che è in corso – questa è la dizione puntuale che scrive la regione – un approfondimento istruttorio su questa nomina, al fine di valutare, in relazione alla specificità della disciplina, se è estensibile in via analogica l'articolo 8 del citato decreto legislativo n. 39 del 2013, quello sulla inconferibilità.
  Per esplicitare questo punto, la suddetta norma, infatti, introduce specifiche ipotesi di inconferibilità, ai fini dell'attribuzione degli incarichi sia di direttore generale, specificamente, sia di direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali, mentre – siamo a uno specifico punto, che la regione Calabria ci comunica che sta valutando – il dottor Gioffrè è stato nominato, secondo quella regione, all'ASP di Reggio Calabria in forza dell'articolo 20 della legge regionale n. 29 del 2002, secondo il quale: per esigenze di carattere straordinario possono essere nominati dalla Giunta regionale non direttori generali, ma in questo caso commissari nelle aziende sanitarie e in quelle ospedaliere preferibilmente scelti tra i dirigenti in servizio della pubblica amministrazione – cito la legge calabrese del 2002 – e di enti privati di media e grande dimensione con almeno cinque anni di anzianità svolta con autonomia gestionale e di risorse, per un periodo di sei mesi eventualmente rinnovabile per una sola volta fino ad un massimo di sei mesi.
  Quindi, c’è un approfondimento: si tratta di un commissario; la legge parla di direttore generale, amministrativo e sanitario. Quanto all'ultimo quesito, relativo alla posizione del dottor Giulio Carpentieri, direttore amministrativo dell'azienda ospedaliera di Reggio Calabria, di nuovo la regione ci comunica che, nella deliberazione aziendale n. 1 del 3 aprile 2015 di conferimento dell'incarico in questione, viene fatto rilevare chiaramente che questa nomina è esclusivamente a titolo gratuito, essendo il compenso economico assolto, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114.
  La suddetta norma – si precisa – nel disciplinare il divieto, che viene giustamente indicato nell'interpellanza in questione, ha chiarito che gli incarichi e le collaborazioni sono consentiti esclusivamente a titolo gratuito e per una durata non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile presso ciascuna amministrazione.
  Questo è quanto, con molto scrupolo, il Ministero della salute ha voluto ricostruire sulle anche delicate questioni poste dall'onorevole interpellante.

  PRESIDENTE. L'onorevole Nesci ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

  DALILA NESCI. Sì, sono assolutamente scioccata da questa risposta, perché innanzitutto i suoi tecnicismi sono stati capiti benissimo, perché erano comprensibili, quindi ho seguito tutto il suo discorso. Ma io le avevo chiesto se ci deve essere un atto di recepimento da parte del commissario ad acta per quanto riguarda le regioni sottoposte al piano di rientro. Quindi, non ho parlato semplicemente di atto di nomina e su questa domanda, chiara – come poi vorrebbero sapere tutte le regioni sottoposte al piano di rientro – Pag. 16non si è compreso se effettivamente ci debba essere o meno.
  Poi parla di approfondimenti in corso da parte della regione, cioè quindi la regione Calabria nomina dei soggetti che potrebbero avere un ruolo per il quale il mandato era inconferibile e, nel frattempo, facciamo gli approfondimenti, a spese ovviamente dei calabresi. Quindi, questo è inaudito. Poi anche su Carpentieri: i soggetti che escono dalla porta e facciamo rientrare dalla finestra. E poi ancora, lei ha parlato giustamente di direttori generali e poi ha effettivamente distinto le figure di commissari e direttori generali. Sa benissimo che non è così, perché in Calabria sono stati nominati questi commissari con funzioni di direttori generali, quindi diciamo che la storia è sempre la stessa, cioè prima voi fate delle leggi, fin quando stanno bene, così le interpretate, nel modo in cui le scrivete, poi, appena non vanno bene, perché c’è da fare evidentemente aggiustamenti oppure nomine ad amici e compari, allora lì si cambiano e, quindi, si reinterpretano. E questo non può essere accettato da nessuna parte, a maggior ragione in Calabria, sottosegretario e Presidente, perché vi ricordo che questo stesso Parlamento si era impegnato con una commissione ministeriale proprio per capire come veniva gestita la sanità in Calabria, quando ricordo sono morti dei minori: Monteleone, Scutellaro, Uscio. Quindi, non è che non è successo nulla in Calabria. Sono successe cose gravi e gravissime che, purtroppo, continuano a succedere, perché solo qualche giorno fa è morta una neonata nel corso del trasferimento da un ospedale all'altro, perché non c'era il trasferimento d'urgenza neonatale.
  Allora, siccome i politici calabresi su questo commissariamento ci hanno mangiato e hanno lucrato sulla morte di queste persone – perché, anziché pretendere che nella regione venisse garantito il diritto alla salute, come dice la Costituzione, al contrario, sono arrivati fiumi di soldi per la costruzione di questi nuovi quattro ospedali, che non si sa quando verranno costruiti e, soprattutto, chi li costruirà, perché, anche lì, non vi sono procedure trasparenti per capire effettivamente come andranno gli appalti – di diritto alla salute non se ne parla, né, tanto meno, di sanità. Infatti, la costruzione di questi nuovi quattro ospedali è stata assegnata prima di essere sottoposta a piano di rientro. Quindi, ora siamo sottoposti al piano di rientro e di questo noi vediamo solamente i tagli ai servizi e ai diritti di cittadini. Noi ci siamo stufati di avere questi commissariamenti farsa e il Governo Renzi, così come tutti gli altri, lo deve capire, perché non è possibile sottoporre a commissariamento le regioni e poi, quando si parla di legalità e di rispetto delle regole, anche sulle nomine...infatti, quella commissione ministeriale aveva stabilito questo, che in Calabria non vi è legalità, vi è una gestione disinvolta della sanità e delle casse della sanità e che dentro c'erano la ’ndrangheta e gli affari dei politici, e tutto questo c’è ancora.
  Allora, o ci vogliamo rendere conto che il commissariamento ha effettivamente una funzione, e allora vigili sulla legalità, altrimenti, di questo commissario Scura e degli altri che sono venuti, non ce ne importa nulla ! Quindi, decidiamo che funzione hanno questi commissariamenti.
  Non è possibile che la regione Calabria, in barba a qualsiasi legge, nomini persone che non possono essere nominate e, nel frattempo, faccia gli approfondimenti ! Allora, toglieteci questo commissariamento, perché sono in arrivo altri 2,6 miliardi di tagli alla sanità, e lo sappiamo perché, da quando siamo qui dentro, in Parlamento, leggiamo le carte e siamo in grado di dire in tempo cosa succederà.
  Allora, veramente, cittadini, svegliamoci, perché ci stanno letteralmente prendendo in giro. Quindi, o lo capiamo o questi qui continueranno a fare quello che vogliono: nominano gli amici-compari in Calabria e in tutte le altre regioni sottoposte a commissariamenti vari, perché ne abbiamo avuti vari, come per l'emergenza rifiuti. Siamo pieni di commissariamenti che non hanno portato risultati, che hanno solamente sprecato soldi pubblici ! Noi siamo qui in difesa dei cittadini, perché Pag. 17noi siamo cittadini qualsiasi e siamo entrati dentro le istituzioni per fare questo. Non vi daremo tregua, sappiatelo !

(Intendimenti del Governo in relazione ad un'adeguata rimodulazione dei tagli a carico degli enti locali, anche al fine di garantire la gestione delle residenze sanitarie assistenziali – n. 2-00953)

  PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fedriga e Borghesi n. 2-00953, concernente intendimenti del Governo in relazione ad un'adeguata rimodulazione dei tagli a carico degli enti locali, anche al fine di garantire la gestione delle residenze sanitarie assistenziali (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
  Chiedo all'onorevole Borghesi se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.

  STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. La stragrande maggioranza degli enti locali sta affrontando, come tutti noi sappiamo, con grave difficoltà la messa a punto dei bilanci di previsione. Sono molte le cause che impediscono agli amministratori di programmare un bilancio equilibrato: molte di esse sono riconducibili alle scelte del legislatore statale di operare tagli di risorse al Fondo di solidarietà in maniera, molto spesso, non compatibile con le finalità del Fondo stesso, ma bensì calcolate al solo fine di ripianare o coprire misure legislative nell'ambito di provvedimenti non inerenti l'attività dei comuni.
  Quindi, in una situazione generale di difficoltà finanziaria, alcuni enti, però, scontano penalizzazioni ancora superiori, a causa della mera scelta di criteri contabili, operata, ancora una volta, dal legislatore nazionale; ciò avviene, tra l'altro, per quei comuni che gestiscono alcuni servizi sociali essenziali, come, ad esempio, le residenze sanitarie assistenziali.
  La gestione, appunto, delle residenze per anziani, che noi giudichiamo essere una scelta positiva di comuni che intendono offrire un servizio importante per le famiglie, costituisce un'attività significativa in termini economici e incide percentualmente in maniera consistente sul bilancio comunale, fino a rappresentarne, molto spesso, il 50 per cento o più.
  I parametri di riduzione di spesa imposti dai provvedimenti di spending review sono stati imposti, invece, in maniera lineare, senza quindi tenere conto di alcune voci, come, appunto, la gestione delle residenze sanitarie assistenziali, che hanno caratteristiche non comprimibili o, perlomeno, non con gli stessi criteri delle altre spese dell'ente.
  Alla luce di ciò, siamo quindi a chiedere se il Governo intenda prevedere delle iniziative, anche normative, specifiche, riguardo agli enti locali che si trovano in questa situazione, affinché sia riconosciuta loro la specificità della gestione di alcuni servizi e ne consegua un'adeguata rimodulazione dei tagli per i comuni che si fanno carico di servizi come questi.

  PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Vito De Filippo ha facoltà di rispondere.

  VITO DE FILIPPO, Sottosegretario di Stato per la salute. Con l'interpellanza urgente, gli onorevoli interpellanti, nel segnalare le difficoltà finanziarie in cui versano gli enti locali a seguito delle manovre finanziarie che si sono susseguite negli ultimi anni e che non permettono, tra l'altro, una corretta programmazione dei documenti di bilancio, chiedono di conoscere se il Governo intenda assumere iniziative, anche normative, per la rimodulazione dei tagli nei confronti degli enti locali che gestiscono alcuni servizi sociali essenziali, quali le residenze sanitarie assistite, al fine di evitare ulteriori criticità gestionali e possibili aggravi tariffari per i cittadini interessati.
  Al riguardo, si fa preliminarmente presente che l'eventuale accoglimento delle richieste degli interpellanti, non può essere assentita, come è evidente, in via amministrativa, ma necessiterebbe, comunque, di un apposito intervento normativo.
  Tutto ciò premesso, va evidenziato, che il riparto dei predetti tagli è stato già Pag. 18operato e incluso nella determinazione del fondo di solidarietà comunale 2015 di spettanza di ciascun comune.
  Pertanto, l'eventuale modifica in esame non necessiterebbe di copertura finanziaria esclusivamente nel caso in cui il taglio non operato nei confronti dei comuni che gestiscono alcuni servizi sociali essenziali, quali le residenze sanitarie assistite, fosse redistribuito tra i restanti comuni, che verrebbero corrispondentemente penalizzati.
  Diversamente, laddove il ripristino del taglio si configurasse quale minor risparmio di spesa per il bilancio statale, come è evidente, occorrerebbe quantificare l'ammontare di tale minor risparmio ed apportare in bilancio le corrispondenti copertura finanziarie.
  È, peraltro, da evidenziare che, in merito alla ripartizione delle risorse spettanti per l'anno 2015, come peraltro sancito mediante accordo in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali del 31 marzo 2015, le modalità di riparto del fondo di solidarietà comunale, rispetto all'anno 2014, tengono conto della definizione di meccanismi perequativi finalizzati a consentire il passaggio graduale dal criterio della distribuzione delle risorse in base alla spesa storica ad un criterio di distribuzione basato su fabbisogni e capacità fiscali, «risorse standard», in una misura pari al 20 per cento delle risorse spettanti, in linea con la legge n. 42 del 2009, in materia di federalismo fiscale, e in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, come modificato, che ha posto tra i principi e i criteri direttivi generali il superamento graduale, per tutti i livelli istituzionali, del criterio della spesa storica a favore del fabbisogno standard per il finanziamento delle funzioni fondamentali e della perequazione della capacità fiscale per le altre funzioni.
  Questa è la risposta compilata e definita dal Ministro dell'economia e delle finanze.

  PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

  STEFANO BORGHESI. Grazie, Presidente. Sottosegretario, non sono assolutamente soddisfatto, in quanto è una non risposta. A me non interessava sapere attraverso quali meccanismi, nell'eventualità si decidesse di attuare un cambio normativo, vi fosse o non vi fosse le necessità di coperture o quant'altro. La domanda era ben diversa. A me non interessava sapere se il criterio della spesa storica sta per essere superata in qualche maniera, tramite la normativa in corso, e che nei prossimi mesi anni vi sarà una diversa ripartizione del Fondo di solidarietà. Il problema purtroppo è attuale per tutti questi comuni (ne cito uno come esempio: il comune di Sale Marasino, a Brescia), il problema ce l'hanno oggi. È una segnalazione che abbiamo fatto da diversi mesi e che riguarda diverse decine di comuni di questo Paese. Quindi, di fatto, non è stata data una risposta.
  Di fatto, il Governo non si è impegnato, in alcuna maniera, neanche a prendere in considerazione quella che è una penalizzazione evidente per tutti quei comuni e per tutte quelle amministrazioni comunali che hanno, all'interno del loro bilancio, servizi incomprimibili, come la gestione delle residenze per anziani.
  Quindi, sono assolutamente insoddisfatto della risposta che il Ministero ha dato. Non vi è neanche il barlume della volontà di aver preso in considerazione quello che è un problema reale di diversi comuni. Evidentemente non vi è neanche la volontà di mettere mano a una normativa che, di fatto, penalizza alcuni tipi di amministrazioni.
  Quindi, non posso che dichiararmi molto insoddisfatto della risposta che ho ricevuto, perché questi problemi purtroppo sono tali, restano tali e ancora una volta questo Governo ha dimostrato che non ha a cuore gli interessi degli enti locali, ai quali, purtroppo, questo Governo continua a imporre tagli. Il Governo considera purtroppo i nostri sindaci come dei veri e propri esattori, ai quali chiedere, chiedere, chiedere. Quando, invece, vi sono delle problematiche – ripeto – oggettive, dovute a una normativa nazionale che Pag. 19penalizza determinate amministrazioni, non vi è una risposta. Anche in questo caso si è dimostrato da parte del Governo un menefreghismo che assolutamente noi non possiamo accettare.

  PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Modifica nella composizione della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro.

  PRESIDENTE. Comunico che la Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro il deputato Luca Squeri in sostituzione del deputato Roberto Occhiuto, dimissionario.

Sui lavori dell'Assemblea.

  PRESIDENTE. Avverto che, con lettera del 6 maggio, la presidente della Commissione giustizia ha rappresentato l'esigenza, condivisa dall'Ufficio di presidenza della Commissione, che l'inizio dell'esame in Assemblea della proposta di legge n. 784 ed abbinate, recante disposizioni in materia di accesso del figlio adottato non riconosciuto alla nascita alle informazioni sulle proprie origini e sulla propria identità, previsto per lunedì 11 maggio, sia differito di non oltre quattro giorni, al fine di dare seguito alla richiesta avanzata dalla Commissione affari costituzionali e volta a poter disporre di maggiore tempo per l'espressione del parere di competenza sul provvedimento.
  La discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 784 ed abbinate non sarà pertanto iscritta all'ordine del giorno della seduta di lunedì e avrà, invece, luogo nella seduta di venerdì 15 maggio, dopo la discussione generale degli altri argomenti già previsti.

Ordine del giorno della prossima seduta.

  PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 11 maggio 2015, alle 15:

  1. – Discussione sulle linee generali del testo unificato delle proposte di legge:
   CIRIELLI ed altri; DURANTI ed altri; GAROFANI ed altri; ARTINI ed altri: Disposizioni concernenti la partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali (C. 45-933-952-1959-A).
  – Relatori: Manciulli, per la III Commissione; Causin, per la IV Commissione.

  2. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Capelli, Piras, Vargiu ed altri n. 1-00697, Nicola Bianchi ed altri n. 1-00850 e Nizzi e Palese n. 1-00851 concernenti interventi a favore della Sardegna.

  3. – Discussione sulle linee generali delle mozioni Dambruoso, Pagano, Capezzone, Catania, Fauttilli ed altri n. 1-00760, Carfagna ed altri n. 1-00827, Rondini ed altri n. 1-00692, Binetti ed altri n. 1-00483 e Grande ed altri n. 1-00849 concernenti iniziative in sede europea e internazionale per la protezione dei perseguitati per motivi religiosi.

  La seduta termina alle 10,55.