Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute

XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 364 di mercoledì 1° luglio 2020

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 9.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

LUCA PASTORINO , Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Battelli, Brescia, Businarolo, Colucci, Davide Crippa, Delmastro Delle Vedove, Delrio, Gallo, Gebhard, Gelmini, Giachetti, Liuni, Lorefice, Lupi, Maggioni, Molinari, Parolo, Saltamartini, Schullian, Tasso, Tomasi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Discussione della proposta di legge: Delrio ed altri: Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale (A.C. 687-A); e delle abbinate proposte di legge: Gelmini ed altri; Locatelli ed altri (A.C. 2155-2249).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge n. 687-A: Delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e universale; e delle abbinate proposte di legge nn. 2155-2249.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta del 30 giugno 2020 (Vedi l'allegato A della seduta del 30 giugno 2020).

(Discussione sulle linee generali – A.C. 687-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Stefano Lepri.

STEFANO LEPRI, Relatore. Grazie signor Presidente e grazie colleghi. Il Parlamento si accinge da oggi a discutere della proposta di legge delega al Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'assegno unico e la dote unica per i servizi. Lo dico subito, senza giri di parole: possiamo fare in questo Parlamento una riforma epocale, possiamo rendere memorabile questa legislatura anche con questa proposta, se sarà approvata e finanziata. È un po' come quando si fece nel secondo dopoguerra, appena dopo, la riforma agraria; oppure quando nel 1978 si approvò, dopo un lungo percorso parlamentare, l'istituzione del Servizio sanitario nazionale. Ci sono riforme epocali che hanno segnato e svoltato e hanno cambiato la storia dell'Italia; noi abbiamo questa occasione, naturalmente per questa parte, per questo argomento di cui ci occupiamo. Partiamo dai fatti: noi abbiamo oggi in Italia, ormai da molti anni, un numero medio di figli per donna molto basso. È 1,34 nel 2017, è sceso a 1,29 nel 2018, e abbiamo motivo di temere che sarà ancora più basso nel 2019 e ancora di più quest'anno per le ragioni che sappiamo.

Senza un forte ricambio demografico chiudono gli asili e le scuole, il sistema previdenziale va in ginocchio - abbiamo già previsioni che ci indicano l'insostenibilità, da qui a vent'anni, del sistema previdenziale attuale in assenza di forti entrate derivanti dai nuovi lavoratori -, i consumi e la produzione flettono anche per questa ragione e anche il prodotto interno lordo - è una cosa che pochi sanno -, se in Italia non cresce abbastanza o meno degli altri Paesi, è esattamente perché abbiamo un tasso di fecondità anche più basso della media europea. Ma, soprattutto, si perde fiducia nel futuro, è un Paese impaurito, in difesa, non fa figli e tiene i risparmi sul conto corrente, non investe. Il basso tasso di natalità dipende non solo da motivi economici, lo sappiamo sicuramente e lo sappiamo bene, tant'è che il Governo ha proposto al Parlamento l'approvazione del cosiddetto Family Act, che si concentrerà esattamente sui servizi e sul miglioramento dei servizi a favore delle famiglie e a sostegno dei figli, ma ci sono anche altre ragioni della bassa natalità.

Una cultura talvolta prevalentemente edonistica, il ritardo nell'età media del primo figlio causato dalla lunghezza con cui si costruisce una carriera lavorativa. Però tutto questo non basta per giustificare i limiti che ho ricordato. Ci sono, in effetti, cinque limiti almeno peculiari del modello italiano di sostegno ai figli e alla famiglia, che sono tutti concentrati nelle misure che cerchiamo di superare attraverso, appunto, l'assegno unico universale. Il primo limite è riconducibile alla limitatezza delle risorse di cui disponiamo: il sostegno alle famiglie e alla natalità oggi è sottofinanziato, se facciamo un confronto con gli altri Paesi europei. Noi ci concentriamo di più sulla previdenza, sull'assistenza, ma poco e troppo poco in termini di rapporto spesa/PIL a favore dei figli e delle famiglie.

La seconda ragione è l'iniquità: abbiamo carichi familiari che sono poco considerati rispetto all'incidenza della spesa dei figli sul totale della spesa di una famiglia. Abbiamo scale di equivalenza che, per opinione condivisa, non tengono conto del costo soprattutto delle famiglie numerose e abbiamo il paradosso per cui gli incapienti non beneficiano delle detrazioni per i figli a carico. Abbiamo un complesso - e questo è il terzo limite - di misure tra di loro contraddittorie e soprattutto troppe. Ce ne sono ben otto che ci accingiamo, se il Parlamento lo vorrà, ad abrogare e altre quattro in servizi, anch'esse oggetto di una razionalizzazione con la misura del Family Act. Quindi una stratificazione di misure che progressivamente si sono succedute senza la volontà del legislatore, invece, di razionalizzarle. Si è preferito aggiungere un bonus piuttosto che mettere mano a una riforma complessiva.

Il quarto limite è la selettività: si interviene spesso su base lavorativa, quindi, per esempio, si riconoscono gli assegni per il nucleo familiare solo in quanto lavoratore dipendente; oppure si introducono elementi di esclusione in diverse delle misure che ho ricordato, per cui siamo di fronte a scelte di selettività che si giustificano poco, almeno con questa intensità, su una misura di questo genere.

Il quinto limite è riferibile alla discontinuità delle misure, che non sono assicurate appunto in un periodo lungo, quindi sono misure su cui ragionevolmente in molti casi non si può contare. Ecco allora il senso della riforma: i cinque limiti diventano cinque opportunità. La proposta prevede che, con atti successivi, su cui tornerò, si possano aggiungere risorse e allinearci, quindi, a cifre che sono comparabili con quelle degli altri Paesi europei in riferimento al sostegno ai figli e alla famiglia. Quindi, una misura robusta. Secondo, una misura equa: non più scale di equivalenza, ogni figlio vale uno e dopo il secondo figlio vi è un ulteriore aiuto e, quindi, si va nella logica di sostenere in modo particolare le famiglie numerose o le famiglie con due o più figli. Terzo, la proposta in campo è una proposta semplice: da otto misure, dicevo, a una sola ogni mese, se possibile, se si vuole, all'inizio del mese accreditato sul proprio conto corrente. Quarto, è universalistico, tutti vi accedono, ma con progressività. Quinto, è continuo, e questa è una garanzia importante soprattutto di fronte a gravidanze indesiderate o comunque non programmate. La possibilità di poter contare su risorse certe ogni mese può, in non pochi casi, decidere per la prosecuzione di una gravidanza e magari per un secondo, un terzo o un quarto figlio.

Ecco, queste sono le ragioni che ci spingono a proporre al Parlamento questo nuovo disegno di sostegno per i figli a carico e per le famiglie. Funzionerà? Noi non lo sappiamo, abbiamo buone ragioni per crederlo, soprattutto tenendo conto di ciò che si fa all'estero e dei risultati che hanno determinato scelte simili a quelle che ci accingiamo a fare. Il Child Benefit in Gran Bretagna funziona così, il Kindergeld in Germania funziona così: una cifra ogni mese, che viene data con criteri più o meno simili alle famiglie con figli. In Francia c'è un altro modello, il quoziente familiare, che abbiamo ritenuto non convincente, anche se sicuramente le risorse messe sono moltissime. Ma anche recentemente ci sono nazioni, come il Canada, come la Russia stessa, che, attraverso incentivi forti, alla natalità hanno cambiato il trend e quindi hanno visto aumentare fortemente il numero di nuovi nati. Abbiamo, quindi, buone ragioni per ritenere che questa possa essere una misura certamente potente per sostenere e incentivare la natalità.

Ci sono altre caratteristiche che questa proposta contiene: il criterio dell'ISEE per l'accesso alla prestazione, seppur, come ho già detto, tutti ne beneficeranno fino a 21 anni, quindi con una previsione di minore importo ma comunque con una dote in denaro che sarà riconosciuta fino al ventunesimo anno di età, qualora il figlio sia ancora a carico; un maggiore riconoscimento dell'impegno familiare nel caso di figli con disabilità, quindi con una maggiorazione indicata in modo molto chiaro; la possibilità di incassare, come ho già detto, in cash all'inizio del mese o attraverso il credito d'imposta, non più attraverso detrazioni che non danno il senso del valore dell'aiuto dello Stato e che non consentono agli incapienti di poter appunto avere questo beneficio.

Gli stranieri sono anch'essi oggetto di una precisa indicazione sulle modalità attraverso cui potranno accedere: il senso è quello di una progressiva inclusione, soprattutto nella misura in cui progressivamente si ottiene il permesso di soggiorno di lungo periodo e, quindi, la continuità anche della misura in oggetto.

Ci sono altre ragioni però più profonde di senso che spingono a sostenere questa proposta, ed è la convinzione della bellezza, ma anche della difficoltà ad essere genitori. Generare è anzitutto una straordinaria e unica esperienza di legami tra madre e figlio, tra padre e figlio, rafforza i genitori, la famiglia e la stabilità affettiva, consente di vivere la fratellanza, che è la prima e principale esperienza di rispetto, complicità, condivisione, senso del limite; apre a nuove relazioni tra genitori, chiama la reciprocità parenti nipoti e nonni, permette di intuire il mistero della vita e di comprendere il susseguirsi delle generazioni, promuove il mutuo aiuto morale e materiale, determina tutele economiche tra generazioni, con effetti spesso superiori a quelle del welfare pubblico, impegna i genitori a darsi da fare, perché la loro ricompensa sta nella tavola conviviale della famiglia.

Ecco, questa è una riforma, io penso, se il Parlamento vorrà approvarla, che è davvero coerente con gli indirizzi della Costituzione italiana, che è orientata nella tutela della promozione della famiglia, della natalità e, in modo particolare, delle famiglie numerose. Questa è la cornice: come ben sappiamo, siamo di fronte a una legge delega, quindi il Governo sarà chiamato poi ad approvare decreti legislativi successivamente, e tutte e tre i Ministeri indicati nel provvedimento opereranno congiuntamente esattamente perché è una materia che riguarda sia le politiche familiari che quelle di protezione e di welfare che quelle evidentemente di finanza e di economia. Oggi noi disponiamo di circa 15 miliardi e mezzo di risorse - faccio riferimento alle 8 misure che la proposta intende abrogare - che sarebbero messe a disposizione per l'assegno unico universale, ne servirebbero 6-7 in più - abbiamo fatto moltissime stime - per poter consentire a tutte le famiglie di avere almeno le stesse risorse di cui oggi dispongono sommando le misure che andremo a superare e consentendo ad altri che ne beneficiano molto poco o per nulla di poterne, invece, beneficiare, e penso, ripeto di nuovo, agli autonomi e agli incapienti, ai piccoli imprenditori, che oggi, per esempio, non hanno gli assegni familiari.

Sarebbe facile, forse anche utile a questo punto, domandarci perché mai finora si è preferito fare altre scelte rispetto a una scelta così impegnativa, perché quando si tratta di 6-7 miliardi si parla di misure simili a quelle del reddito di cittadinanza o dei cosiddetti 80 euro o di “quota 100”, o dell'incentivo alle assunzioni. Ecco, il Parlamento naturalmente è sovrano, e quindi ha fatto queste scelte. Avrei buoni argomenti forse per dire che sarebbe stato preferibile optare per una scelta che oggi discutiamo, ma tant'è.

Ci sono altre possibilità oggi, oltre a quelle che ho ricordato, che il Parlamento potrà considerare, se lo vorrà, per appunto dotare questa misura delle risorse senza le quali la proposta onestamente rischia di essere solamente velleitaria e, quindi, ho motivo di credere che poi, senza quelle risorse, non potrà vedere effettivamente la luce.

Ci sono entrate che sono annunciate, nuove, maggiori, finalmente dal contrasto all'evasione; ci sono nuovi fondi europei, è un'occasione straordinaria, alcuni proprio sembrano fatta apposta per questa misura, perché la misura del Next Generation Fund sicuramente io credo potrebbe essere almeno in piccola parte destinata anche al sostegno, all'investimento, perché di questo si tratta, nel futuro; i fondi per gli assegni familiari, che oggi in larga parte sono destinati, almeno quelli finanziati con la fiscalità generale, giustamente e inevitabilmente destinati a finanziare gli assegni familiari stessi, ma abbiamo scoperto che in parte non irrilevante, circa 3 miliardi, sono destinati diversamente. Questa è un'ipotesi naturalmente che costa, ma che riporterebbe alla sua naturale destinazione il finanziamento oggi già previsto attraverso la fiscalizzazione degli oneri a carico degli imprenditori e che appunto dovrebbe secondo me tornare alla giusta destinazione, che è quella del sostegno ai figli.

Ci sono tempi stretti per la delega, e questa indicazione che il Governo ha voluto dare - e che noi abbiamo recepito - è importante perché, lo dico al Ministro con delega alla famiglia, che naturalmente rappresenta tutto il Governo - ma in realtà in questo caso vorrei parlare in particolare al Ministro dell'Economia - noi abbiamo tempi stretti per le deleghe e il fatto che sia stato indicato un tempo ridotto fin da subito per queste deleghe porta a pensare che tutto il Governo sia convinto dell'importanza di questa misura; misura che, come abbiamo indicato nella proposta di legge, si inquadra nella più ampia riforma fiscale. Ecco, io penso che, se il Parlamento lo vorrà, questo è il mio auspicio naturalmente, si possa interpretare e attuare questa riforma come il primo passo - e probabilmente il più importante - di una riforma fiscale che ci accingiamo a discutere, esattamente sganciando le misure di sostegno alla famiglia dalle regole e dall'impostazione fiscale, portandola in sostanza fuori, facendola diventare quindi una prestazione di protezione sociale e non più uno sconto fiscale o un obbligo per i datori di lavoro. Ecco, in particolare entrando proprio nel merito della discussione di questi giorni e in particolare sulla domanda su come si possa far ripartire il nostro Paese di fronte a questa drammatica crisi, un'ipotesi su cui tutto il Parlamento mi pare convinto è quella del sostegno agli investimenti pubblici, alla semplificazione; ci dividiamo, mi pare, o comunque non abbiamo opinioni identiche, ad esempio, sulla proposta di un abbassamento pur temporaneo dell'IVA, mentre, ad esempio, il mio partito è molto convinto dell'opportunità di ridurre il cuneo fiscale e già dal 1° di luglio vedremo i primi effetti. Ma io dico che, ad esempio, il taglio del cuneo fiscale può essere attuato in molti modi, può essere dato anche attraverso questa formula, cioè alle famiglie attraverso maggiori risorse, naturalmente con un criterio che tiene conto dei carichi familiari e senza tener conto della condizione lavorativa, come si fa, ad esempio, riconoscendo pur legittimamente al solo lavoro dipendente il taglio del cuneo fiscale; così come è inserita nella delega l'indicazione molto precisa per una progressiva abrogazione dei rimanenti carichi per i datori di lavoro nella contribuzione degli assegni familiari. Come voi sapete, oggi in larga parte gli assegni familiari sono già fiscalizzati dallo Stato e, quindi, si tratterebbe di completare questo percorso di fiscalizzazione a carico degli imprenditori attraverso una proposta di cuneo fiscale, che andrebbe esattamente, da un lato, a sostenere i consumi delle famiglie e quindi a mettere più risorse in tasca alle famiglie con figli, ma, dall'altro, anche taglierebbe completamente e completerebbe quindi il taglio già attuato negli anni precedenti a carico degli imprenditori, che debbono finanziare gli assegni per il nucleo familiare. Bene, si potrebbe dire: è una sorta di helicopter money all'italiana? No, perché mentre il modello statunitense dà soldi a pioggia a tutti, senza tener conto dei carichi familiari, noi faremo un intervento più selettivo, oltre che di razionalizzazione così come ho provato a spiegare, anche - questo è molto importante - per alimentare i consumi, ma è una leva più intelligente, credo, per i consumi, soprattutto perché le famiglie consumano spesso beni e servizi di prossimità e quindi c'è motivo di credere che vi possa essere anche una leva moltiplicativa di questo investimento per consumi interni maggiore.

PRESIDENTE. Deve concludere.

STEFANO LEPRI, Relatore. E torniamo quindi in conclusione - pochi minuti e ho concluso, Presidente - al percorso parlamentare. Fin dal 2014 è stato depositato un disegno di legge, di cui sono stato il primo firmatario, abbiamo fatto un lungo approfondimento nel corso della scorsa legislatura insieme a tanti colleghi senatori e poi la proposta è rimasta lì, perché altre priorità sono state date, ma il mio partito e anche altre forze politiche hanno progressivamente acceso i riflettori su questa proposta. Io non voglio far torto a nessuno, ma voglio citare sicuramente altre forze politiche, a cominciare da Italia Viva, Liberi e Uguali, ma anche l'ex Ministro di allora, ancora Ministro ma che faceva un altro mestiere, Di Maio, si occupò dell'assegno unico e anch'egli, solo un anno fa, uscì molte volte sostenendo l'opportunità di questa proposta. Il Ministro Fontana fece lo stesso, Fratelli d'Italia con interventi autorevoli. Quindi, mi pare di poter dire, senza tirare troppo la coperta a favore della proposta, che vi sia una larga convergenza oggi, parlamentare ma non solo…

PRESIDENTE. Grazie, deve concludere.

STEFANO LEPRI, Relatore.…delle forze associative e sindacali rispetto alla proposta. E quindi la nostra idea, l'idea della maggioranza che ha condiviso questa proposta, è di fare in modo che, se possibile, vi sia davvero un percorso condiviso e allargato. In conclusione, Presidente, abbiamo fatto bene a insistere per la discussione di una proposta di iniziativa parlamentare, non tanto per una pur comprensibile paternità della proposta, quanto per l'importanza…

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Lepri, lei ha già parlato abbondantemente oltre il tempo assegnatole. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. Se si riserva, può anche riservarsi di chiudere il dibattito.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Sì, preferirei ascoltare l'Assemblea, perché credo che possa semplicemente dare un contributo importante a questo dibattito e al percorso che questa proposta di legge può avere anche attraverso il percorso parlamentare.

PRESIDENTE. Grazie a lei, signora Ministra. È iscritta a parlare la deputata Maria Teresa Baldini. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BALDINI (FDI). Grazie, Presidente. La prima riflessione che, secondo me, occorre fare prima di valutare nello specifico questo provvedimento, è quella di dire se un provvedimento del genere, con la delega al Governo, fosse il momento adesso di affrontarlo. Oggi dobbiamo fare i conti con le conseguenze di un'emergenza, l'emergenza COVID, e la prima cosa da fare è stabilire se dobbiamo dare lavoro ai genitori o soldi ai figli. E questo è un punto importante: siamo fuori tempo, perché si parla di dover dare in questo momento storico liquidità per migliaia di milioni di euro. È un momento davvero particolare e sappiamo che cosa dice il primo articolo della Costituzione: “L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”, e questo è il primo articolo, è la base di tutta la Costituzione. Certamente io sono per la famiglia, ma sono per il lavoro, perché è quello che ti permette di poter fare, di costruire la famiglia, di poterla far vivere bene e, comunque, di poterla far vivere. E in questo provvedimento vedo molto assistenzialismo e non si vede alla base, che è portante proprio, il primo articolo della Costituzione, cioè ci si dimentica il lavoro. Dobbiamo permettere alle persone di lavorare e di formarsi, dobbiamo permettere di dare lavoro ai giovani, che i giovani possano lavorare, che possano entrare in un mondo lavorativo formati, capaci di affrontarlo. Dobbiamo dare, magari, ai giovani, non dei soldi - che non sappiamo come spenderanno - dai 18 ai 21 anni, come è previsto in questa delega, ma la possibilità di fare dei corsi gratuiti di formazione. Il lavoro veramente è fondante per la formazione della famiglia. In generale, pur veramente condividendo una parte di questa proposta, non è possibile non partire da problematiche economiche che questa emergenza ha creato, un'economia che ha portato e porterà mancanza di lavoro. Certamente, la natalità va favorita, è un punto importante, ma, se i genitori non lavorano, i figli vivono con l'assegno unico e universale? L'aspetto della natalità credo che andrebbe analizzato e rivisto in modo imparziale, nei confronti di tutti i cittadini, sia con i figli, sia senza figli: questa delega deve essere davvero esaminata in termini di giustizia sociale. Ripeto: questo non è certamente un periodo sereno, abbiamo visto morire moltissime persone e dobbiamo curare moltissimi malati e anche moltissimi malati che saranno dei malati anche psicologici ed affrontare un post COVID che sarà davvero complicato. Il grande aiuto alla natalità e alla famiglia è quello di creare delle strutture, di creare degli asili, di creare del sociale, e non dare del denaro così, ma dare del denaro, ripeto, proprio per fare dei corsi gratuiti formativi ai giovani che vogliono farlo, che vogliono imparare e che, magari, non hanno la possibilità di farlo. La maternità è molto complessa ed è molto cambiata in questi anni e richiederebbe veramente dei tempi lunghissimi di discussione e di analisi per parlare di maternità.

Ma oggi dobbiamo parlare di donne e, in particolare, permettere alla donna di poter lavorare, di poter rientrare nell'ambito lavorativo, come dice, appunto, il primo articolo della Costituzione italiana. Mi riferisco al fatto di poter incentivare e dare asili gratuiti a tutti, dare la possibilità di avere le spese mediche gratuite e quelle odontoiatriche per i figli, per dare gratuità a quei servizi necessari per la crescita, appunto, dei figli. In questa delega non c'è nemmeno un riferimento all'età della procreazione della donna, che dovrebbe essere aiutata in modo differenziato. Una donna giovane rispetto ad una donna di un'età avanzata ha sicuramente una prospettiva di formare una famiglia più numerosa o più incentivante. Noi come Stato dovremmo aiutarla a formarla veramente e a favorire la natalità.

I giovani devono essere aiutati per entrare nel mondo lavorativo e la formazione di tutti è fondamentale. Manca una contestualizzazione del provvedimento, che fa riferimento soltanto al numero dei figli. Qui manca la bussola del concetto di lavoro ed è un elemento basilare, di base della Repubblica italiana. Credo che sia decontestualizzato in rapporto alla famiglia, perché vede i figli in un'ottica economica e non incentiva la responsabilità del genitore. È decontestualizzato rispetto all'attuale momento storico, in cui dovremmo aiutare a far ripartire e dovremmo trovare quelle giuste energie affinché la donna da sola… perché la maternità non si ordina, la maternità si sente, la maternità si vuole. Si vuole un figlio, si decide di avere un figlio e si decide di avere una famiglia e dobbiamo dare questo aiuto per poter ripartire e trovare queste giuste energie per poter far rinascere un Paese. Soltanto i giovani, soltanto alcune donne giovani cominciano a sentire di nuovo questa voglia di avere un figlio e le dobbiamo aiutare particolarmente. Ma, soprattutto, è decontestualizzato proprio rispetto alla Costituzione stessa.

Quindi, sono per la famiglia, sono per l'aiuto per favorire la natalità, ma dobbiamo rivedere anche la cultura e che cosa vuol dire essere madre, che cosa vuol dire essere donna in un momento storico così particolare, in un momento così difficile, che occorre far ripartire (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Rostan. Ne ha facoltà.

MICHELA ROSTAN (IV). Grazie, Presidente. Il rapporto annuale Istat sulle prospettive demografiche ci dice che nel nostro Paese nell'ultimo decennio la flessione è netta: la popolazione italiana al 2019 era di 60,4 milioni di persone, più di 400 mila cittadini in meno solo negli ultimi cinque anni, e con una popolazione sempre più anziana perché solo il 13 per cento degli italiani ha meno di 14 anni e gli over 65 superano il 22 per cento. La natalità è bassa, ahimè, sempre più bassa: nel 2018 sono stati iscritti in anagrafe 439 mila bambini, oltre 18 mila in meno rispetto all'anno precedente e quasi 140 mila in meno nel confronto con il 2008. Il numero medio di figli per donna scende ancora attestandosi a 1,29; nel 2010 era 1,46. L'età media arriva a 32 anni; quella alla nascita del primo figlio raggiunge i 31,2 nel 2018, quasi un anno in più rispetto al 2010. Un dato, quello della denatalità, che sarebbe ancora più marcato se non ci fosse il contributo alle nascite da parte delle donne immigrate. Infatti, circa un quinto di bimbi nati nel 2019 ha una madre straniera. Tra queste nascite, pari a un totale di 85 mila, 63 mila sono quelle con partner straniero e 22 mila quelle con partner italiano.

E, dunque, il tema è chiaro: si fanno meno figli e, soprattutto, i figli si fanno più tardi. Uno studio sulla natalità in Italia ci dice che le donne nate nel 1941 all'età di 24 anni hanno avuto quasi il quadruplo dei figli rispetto alle loro coetanee nate nel 1977. I rapporti si invertono quando si guardano i figli avuti a quarant'anni; in questo caso le donne della classe 1977 hanno avuto circa 14 mila figli in quella fascia di età, ben il triplo di quelli avuti alla stessa età dalle donne del 1941. A questi dati certo contribuiscono, con tutta evidenza, una serie di fattori di cambiamento culturale, economico e sociale del Paese, con cui dobbiamo necessariamente fare i conti e su cui siamo chiamati a costruire politiche del tutto nuove.

Contemporaneamente a questi dati, aumentano, anche a causa della nuova crisi economica e di quella che accompagnerà il post COVID, i livelli di povertà che colpiscono sempre più spesso le famiglie e le coppie di giovani.

E, allora, è evidente che la situazione del Paese chiede un intervento significativo sul tema demografico e della natalità. È un'esigenza ormai riconosciuta da tutti e anche il nostro Presidente della Repubblica ha chiesto fortemente che venisse assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno, e cito le sue parole: “Chi è anziano come me ha ben presente l'abbassamento di scala della natalità nelle generazioni. Due generazioni prima della mia i figli erano numerosi. Poi si sono ridotti ancora e questo è un problema che riguarda l'esistenza stessa del nostro Paese. Le famiglie - dice il nostro Presidente della Repubblica - non sono il tessuto connettivo dell'Italia; le famiglie sono l'Italia, perché l'Italia non è fatta dalle istituzioni ma dai suoi cittadini, dalle persone che ci vivono”. Poche parole ma precise e nette e chiare, come sempre.

Sulla famiglia, lo sappiamo, si è spesso consumato uno scontro ideologico che ha finito per indebolire da una parte e dall'altra le politiche per la genitorialità e per i figli stessi. Oggi, invece, si pone la necessità di un intervento concreto che si cali nella realtà del Paese, che affronti i nodi dell'oggi e del domani. Un intervento che passa anche attraverso un riordino delle misure a sostegno delle famiglie con figli a carico che abbiamo avuto fino ad ora e che, purtroppo, non sono sufficienti, oltre che un aumento degli strumenti e delle risorse a disposizione.

Questa proposta di legge, la cui discussione è cominciata prima dell'esplosione della pandemia che ha sconquassato il mondo intero, si era data come obiettivo proprio quello di procedere a riordinare e potenziare le misure a sostegno di chi ha figli a carico, con uno sguardo preminente alle disabilità, l'idea e l'istituzione dell'assegno unico e della dote unica per i servizi, assegno che, per i figli con disabilità, sarà maggiorato da un minimo del 30 fino al 50 per cento in base alla gravità, che sarà riconosciuto anche dopo i 21 anni senza limiti di età per i figli con disabilità che siano a carico e che non sarà valutato per la richiesta del calcolo di altre prestazioni sociali in favore dei figli con disabilità né per l'ottenimento di borse di lavoro per inclusione in attività lavorative.

Dunque, colleghi, l'obiettivo è chiaro: superare la frammentazione di quelle mille misure per la genitorialità attraverso la parziale soppressione di molti interventi e utilizzando le risorse e le procedure per dare vita a una misura sola, a una misura unica che diventi il vero sostegno ai nuclei familiari con figli a carico, archiviando, con la frammentazione, anche la parzialità, l'occasionalità, la disparità di molti strumenti. Naturalmente non basta razionalizzare: bisogna anche aumentare l'impegno, cioè bisogna aggiungere risorse, mettere risorse, implementare le misure, comporre anche un quadro informativo da una parte più semplice e dall'altra più efficace. La semplificazione della normativa di sostegno alle famiglie con figli è fondamentale anche e soprattutto per rendere effettivo ed operativo l'aiuto. Il problema è che molte sono le famiglie che neppure conoscono le opportunità a loro disposizione, mentre la discontinuità e la frammentazione degli interventi non riesce a dare quel carattere di sistematicità e di affidabilità che aiuterebbe anche e soprattutto la dinamica demografica e incoraggerebbe le famiglie che spesso si sentono sole, abbandonate, piegate dalla precarietà, dall'incertezza del mondo del lavoro, dai salari bassi e dall'occupazione che è sempre più discontinua.

Giova ricordare, in questa sede, che la presente proposta di legge sull'assegno unico va a relazionarsi con il Family Act della Ministra Bonetti, licenziato dal Governo due settimane fa. Un provvedimento di portata storica, di speranza e di coraggio, come lo ha definito la stessa Ministra. Al nostro Paese la più grande riforma delle politiche familiari, un provvedimento non soltanto economico ma che ha davvero una grande valenza sociale.

Questo, a nostro giudizio, è un vero e proprio progetto, è un progetto ampio, integrato, multidimensionale, un provvedimento complessivo, che raccoglie queste istanze e che soprattutto fa perno sulla famiglia, associa all'assegno unico, al sostegno economico anche altre forme di aiuto. Un provvedimento che abbina le politiche per la famiglia a quelle per promuovere la parità di genere all'interno dei nuclei familiari, favorendo l'occupazione femminile, in modo particolare nelle regioni del Mezzogiorno, nelle regioni del Sud, che sono storicamente sempre state le regioni più svantaggiate, anche attraverso la predisposizione di modelli di lavoro volti ad armonizzare i tempi familiari.

Importanti anche i capitoli che riconoscono il valore sociale di attività di apprendimento, anche quelle non classiche, attraverso i bonus fiscali. E poi ci sono le misure per sostenere le famiglie con contributi che coprono le rette relative per asili nido, pubblici e privati, asili nido familiari, micronidi. Si aiutano le spese per le gite scolastiche, abbonamenti ad associazioni sportive e palestre, corsi di lingua, si sostengono per acquisti di carattere culturale.

E ancora, un'indennità integrativa della retribuzione per le madri lavoratrici per il periodo in cui rientrano al lavoro dopo il congedo obbligatorio; detraibilità delle spese per addetti ai servizi domestici e all'assistenza di familiari. Ricordiamo poi le agevolazioni fiscali per il fitto della prima casa delle giovani coppie, e le misure come gli incentivi al lavoro femminile, la riforma del congedo parentale, che puntano ad un più complessivo riequilibrio di genere. Il tutto con uno sguardo, finalmente, anche ai ceti medi, che vengono inclusi nelle misure con soglie di ISEE più accessibili e più ampie.

Un provvedimento organico, quindi, il Family Act, un provvedimento e un primo vero piano per genitori e figli che costruisce, con le misure sull'assegno e sulla dote unica della proposta di legge in discussione oggi, una progettazione di ampio respiro, che mette insieme aiuto e visione, sostegno economico ed investimenti. La famiglia, colleghi, non è più una questione solo di welfare e servizi sociali, come se il sostegno dovesse inserirsi esclusivamente dentro un discorso sulla povertà e sul disagio sociale, sull'assistenza, ma è un riferimento culturale e sociale, e se ne riconosce il valore educativo, il ruolo di coesione, la funzione rilevante per la società. Ecco perché misure come queste oggi possono rappresentare davvero la base per un cambiamento culturale profondo in questo Paese, rispetto al ruolo della famiglia e rispetto anche al ruolo della donna, in modo particolare, sul lavoro, nella società e nella famiglia stessa. Papa Francesco spesso ci ha ricordato quanto oggi la famiglia sia disprezzata, quanto oggi la famiglia sia maltrattata; e quello che ci viene semplicemente chiesto è di riconoscere, invece, quanto sia bello, vero e buono formare una famiglia, essere famiglia oggi, quanto indispensabile questo per la vita del mondo, ma soprattutto per il futuro dell'umanità (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Carnevali. Ne ha facoltà.

ELENA CARNEVALI (PD). Grazie, signor Presidente. Ministra, care colleghe e cari colleghi, ci sono rivoluzioni necessarie che, seppur maturate nel tempo, hanno atteso anni. Così vale per le politiche a sostegno della genitorialità, della famiglia, dell'occupazione femminile, della condivisione dei carichi di cura, educativi, di contrasto alla denatalità e alla povertà. Questa rivoluzione oggi porta un nome: la legge delega per semplificare e potenziare le misure di sostegno ai figli a carico attraverso l'assegno unico universale.

Già nella scorsa legislatura i colleghi e il PD avevano messo in campo proposte di legge, come quella che approda oggi alla Camera. Durante la campagna elettorale, nel 2018, il Partito Democratico si era preso un impegno chiaro e preciso con gli elettori: una nuova politica che mettesse al centro la famiglia. Poche settimane dopo, alla fine di quella campagna elettorale, all'apertura della nuova legislatura il Partito Democratico presentava la proposta di legge di delega a prima firma Delrio sull'assegno unico e dote universale, sostenuta e promossa da molte associazioni e dal Forum delle famiglie. Era il 4 giugno 2018. Due anni dopo siamo qui, a discutere di quel progetto diventato parte integrante ed indispensabile del Family Act di più ampia azione, votato poche settimane fa nel Consiglio dei ministri, a cui consegniamo la realizzazione della dote unica.

Voglio esprimere qui una profonda gratitudine al lavoro del relatore Lepri, della maggioranza e della minoranza, per il contributo operoso che abbiamo dato in questi mesi; e, non da ultimo, alla Ministra Bonetti con delega alle pari opportunità e alla famiglia, a Nunzia Catalfo e a tutti i ministri che vi sono coinvolti.

Oggi non onoriamo un impegno che avevamo preso con gli elettori: oggi recuperiamo, tardivamente rispetto agli altri Paesi, una dimensione europea di approccio culturale e giuridico, riconoscendo il valore dei figli e delle figlie (Applausi del deputato Dario Bond), dopo anni di convegni, di discussioni, di investimenti, di proposte che però non si sono tradotti in un cambiamento sostanziale. Io dico: oggi non abbiamo più tempo; il tempo non è una variabile indipendente che può concorrere o non concorrere al declino di un Paese, e le politiche per le famiglie devono diventare la parte centrale delle politiche dello sviluppo. Sostenere le scelte virtuose dei giovani e delle famiglie aiuta a ridurre gli squilibri e a crescere; e poiché non c'è più tempo, oggi è tempo di fare questa rivoluzione.

Partiamo da una convinzione che ci accompagna da sempre: le famiglie sono una risorsa vitale, non solo per i propri componenti, ma per l'intera collettività; e un nuovo corso di politiche familiari è possibile superando il tradizionale ambito di azione delle politiche familiari, legato per lo di più ai trasferimenti monetari, a volte intermittenti ed iniqui, o alle politiche sociali, per realizzare quei beni relazionali, affettivi, sociali, economici a vantaggio di tutta la società.

L'Italia, come ben ci ricordano molti studiosi tra cui il professor Alessandro Rosina, è uno dei Paesi con la più persistente bassa fecondità al mondo: oltre a non essersi risollevata dai bassi livelli raggiunti, ha subito anche un peggioramento durante la crisi economica. Adesso, dopo l'uscita dagli anni più acuti della recessione, fatichiamo verso il recupero; siamo però nel frattempo entrati in una fase che frena ulteriormente la ripresa delle nascite, perché la denatalità passata si sta ulteriormente riducendo nelle donne, che entrano in età riproduttiva più tardi. L'arrivo di un figlio ha un impatto soprattutto sul tempo delle madri, sui costi delle famiglie, mentre deve coinvolgere, come benessere relazionale, tutta la coppia e deve essere riconosciuto come valore sociale che aiuta e riesce a rendere più solido un futuro comune.

Come tutti sappiamo, la scarsa occupazione soprattutto femminile incide fortemente, condiziona, mortifica il desiderio di maternità, e anche di paternità. La scelta di fare figli è senza dubbio una scelta privata e personale, ma è dovere della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini ed impediscono il pieno sviluppo della persona umana. Gli articoli della nostra Costituzione, articoli 30 e 31, sono il nostro riferimento e chiamano in causa la Repubblica, i doveri dello Stato e dei suoi componenti.

L'Italia è da decenni un Paese con i tassi di fecondità e di natalità più bassi al mondo, un trend negativo che non accenna ad avere un'inversione di tendenza soprattutto per gli effetti della crisi economica. Guardate, noi abbiamo fatto una scelta, doverosa e giusta, perché dovevamo salvare molte persone dalla pandemia, ma ci sono dati che si presentano, proprio i dati sugli effetti del lockdown, che sono ancora più preoccupanti. L'anno scorso, nel 2019, sono nati 67 bambini ogni 100 persone decedute, solo dieci anni prima il rapporto era invece quasi pari, con 97 nascite e 100 persone decedute. Il saldo negativo tra nascite e decessi che registra il nostro Paese porta ad un costante calo della popolazione residente e ad una diminuzione delle donne in età riproduttiva. Assistiamo da anni ad un assottigliamento delle coorti in età potenzialmente fertile, contro l'innalzamento, per fortuna, delle speranze di vita che ingrossa le file delle coorti più vecchie.

Quindi, quando parliamo quindi di famiglie dobbiamo tenere presente che parliamo di un filo lungo, che passa dalla natalità, dall'occupazione femminile, dallo sviluppo economico del Paese, dal suo dinamismo, creatività, dalla tenuta del nostro sistema pensionistico, dall'investimento nelle nuove generazioni e tantissimi altri fattori che concorrono a formare la tenuta economica dell'Italia di oggi e di quella del domani.

Le politiche per la famiglia che si sono adottate fin qui hanno funzionato poco, perché è la stabilità e la continuità delle misure di sostegno a generare sicurezza e a consentire di progettare il futuro. Lo dimostrano anche i dati di sociologici e demografici che fotografano la situazione del nostro Paese: le cause della denatalità non vanno cercate solo in un calo di desiderio di avere figli, quanto nelle difficoltà crescenti che incontrano coloro che li vorrebbero avere. La precarietà economica e lavorativa che accompagna i nostri giovani mina la vocazione di genitorialità, in un contesto in cui oggi, abbiamo visto, i padri hanno più propensione e desiderio a dedicarsi alla cura dei figli. Non possiamo avere un quadro completo della situazione dell'Italia, senza considerare la condizione delle donne. Voglio partire da un altro dato recente, quello che ci ha dato l'ispettorato del lavoro in questi giorni, lo scorso luglio: nel corso del 2019 si sono dimesse 37 mila donne, un dato che rispecchia le enormi difficoltà incontrate in Italia dalle donne lavoratrici che decidono di avere figli. E' una questione di qualità del lavoro, certo, come dimostrano i dati sul part-time e i preoccupanti e crescenti dati sul part-time involontario, difficoltà crescenti riscontrate anche dagli uomini, ma in misura minore. Stabilizzarsi nel mondo del lavoro, avere un reddito dignitoso, avere servizi continuativi è sempre una condizione sine qua non per poter desiderare di avere un figlio o una figlia. Anche in questo caso, lo vediamo, le donne tra i 35 e i 39 anni decidono più spesso di avere figli rispetto alle donne tra i 25 e i 29 anni. I genitori aspettano, quindi, una situazione economica e lavorativa più serena, prima di decidere di avere figli. Questi sono alcuni dati da cui dobbiamo prendere spunto, che evidenziano l'urgenza, a cui siamo chiamati oggi, di ciò che stiamo discutendo in quest'Aula. Vedete, in questa direzione si inserisce il Family Act e la nostra proposta di riordinare le misure a sostegno dei figli a carico, attraverso l'assegno universale, architrave di una nuova politica di welfare. La misura si rifà alle migliori pratiche in vigore negli altri Paesi (penso alla Germania, alla Gran Bretagna, al Canada) ed a una idea molto chiara: chiunque abbia figli, a prescindere dalla sua condizione, non può essere lasciato solo nel mantenerli. I criteri di universalità e progressività tenuti, che sono i principi della delega, non sono principi concorrenti: tutti i figli avranno e godranno del riconoscimento dell'assegno, proprio perché universale. L'universalità diventa un diritto soggettivo e un diritto esigibile. Progressività, perché verrà erogato sulla base della condizione dell'ISEE del nucleo familiare. Tutti godranno del diritto, ma in misura differente, per contemplare i principi di equità ed efficacia. Il mandato contenuto nella delega per la definizione dei decreti attuativi stabilisce un altro principio fondamentale: tenere conto dell'età dei figli e degli effetti di disincentivo dell'offerta di lavoro del secondo percettore di reddito. Uscire dal mercato del lavoro per un periodo prolungato non è mai una buona scelta per una donna, perché rientrarvi è molto difficile, specie in un Paese come l'Italia, che ha un mercato del lavoro formale assai rigido e una domanda di lavoro relativamente scarsa. L'obiettivo che vogliamo raggiungere è favorire la scelta di genitorialità. Scoraggiare l'occupazione femminile è controproducente, stando che il tasso di fecondità è più elevato nei Paesi e nelle regioni con il più alto tasso di occupazione femminile. Occorre, invece, rendere più agevole la combinazione di occupazione e di maternità, incoraggiando anche un maggior coinvolgimento dei padri, sostenendo fortemente il congedo di maternità (Chiara Saraceno ce la ricorda molto questa necessità). Ci sono tre aggettivi che sintetizzano questa proposta: è semplice, equa e continuativa. Semplice, perché finalmente si mette fine alla variegata e confusa giungla di sussidi, di bonus, di assegni. Equa, perché modulata sulle soglie dell'ISEE, destinata a tutti a prescindere dalla condizione lavorativa, anche per le categorie finora escluse come gli incapienti e gli autonomi. Ed infine continuativa, perché è una misura strutturale, che inizia a decorrere dal settimo mese di gravidanza, fortemente voluta, perché è lì che noi dobbiamo cominciare a sostenere: noi sappiamo che soprattutto i primi anni sono fondamentali per uno sviluppo armonico di un bambino e di una bambina. E la possibilità di poterlo avere fino a 21 anni, perché noi dobbiamo favorire l'autonomia.

Un'altra caratteristica importante che noi abbiamo migliorato attraverso il lavoro della Commissione Affari sociali, è quella dedicata alla disabilità. Ma voglio anche ricordare che abbiamo inserito la possibilità di una maggiorazione fino al terzo figlio, quando questo risulta ancora a carico. Noi lo sappiamo che le politiche per le famiglie non devono essere soltanto politiche di contrasto alla povertà. Abbiamo il dovere di mettere in campo politiche di contrasto alla povertà, non può essere che generare figli possa metterci nelle condizioni di favorire condizioni di povertà. Ecco perché abbiamo l'urgenza di poter arrivare ad approvare, nei tempi che vengono consegnati per i decreti attuativi, queste misure, perché essere genitori, essere figli, avere figli disabili non può essere una condizione che pone le famiglie in condizioni di rischio e in condizioni di fragilità. I nostri figli e le nostre figlie, però, non hanno tutti bisogni uguali. Abbiamo figli che hanno bisogni diversi: penso ai figli più fragili, alle loro famiglie ed è un dovere ineludibile, per noi, doverli sostenere. La disabilità, vi dicevo, non può essere né un limite alla crescita né allo sviluppo delle opportunità educative e formative di autonomia, non può essere un fattore di condizioni di povertà per una famiglia, in cui spesso l'impegno è prolungato nel tempo. Noi abbiamo un dovere, quello di favorire l'autonomia dei nostri giovani e delle nuove generazioni. Siamo un Paese in cui i giovani vivono nella propria famiglia spesso fino a 27-30 anni di vita. Non possiamo mortificare le loro aspirazioni, dobbiamo sostenere la loro formazione e dobbiamo dare tutti gli strumenti per una formazione ed un'educazione adeguata. Un mutamento culturale importante è quello che cerca di allargare il coinvolgimento dei padri nella cura della famiglia e dei figli, partendo dal presupposto che maternità e paternità devono essere viste e valutate come parti integranti di diritti di cittadinanza delle persone. Guardate, non è più tempo di temporeggiare, non è più tempo di procrastinare, è invece tempo di fare tesoro di questi anni di lavoro per la politica e per una politica ambiziosa per la famiglia, per una parità di genere e per un futuro del Paese. Seneca, in una lettera a Lucilio, dice: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”. Vedete, questi marinai siamo noi. Noi sappiamo dove vogliamo andare, perché questa rotta è tracciata e non ci sarà vento contrario che potrà fermare questa piccola grande rivoluzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Carnevali. E' iscritta a parlare l'onorevole Locatelli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA LOCATELLI (LEGA). Grazie Presidente, buongiorno signor Ministro e colleghi, qualcuno prima si chiedeva se fosse o no il momento giusto di intraprendere questa scelta, questo cammino. A mio avviso sì, questo e non altri momenti probabilmente sono stati mai più giusti. Io penso che cogliere, da questa grave crisi, l'opportunità di intraprendere insieme una riforma anche importante, che riguarda le famiglie, sia forse lo stimolo ed anche l'insegnamento più grosso che possiamo trarre. Da quando è iniziata questa grave emergenza, infatti, ho cercato di cogliere nelle famiglie, nelle associazioni, in tutte le persone, gli enti anche istituzionali coinvolti dall'emergenza, la voglia di ripartire, ripartire non dal punto che abbiamo lasciato, ma da opportunità nuove, da riprogettazioni, da qualcosa in più. Quindi, il lavoro che stiamo iniziando oggi in Aula e che abbiamo fatto in Commissione sicuramente ha questo slancio fondamentale per me e l'impegno è trasversale, l'abbiamo visto anche in passato, con alcune proposte votate insieme in Parlamento sulla denatalità, sul contrasto all'inverno demografico, su proposte che contenevano proprio anche il riordino normativo e quindi la messa in pratica concreta di un assegno unico per figlio.

È chiaro che siamo davanti ad un percorso che richiede qualche sforzo in più, a mio avviso, l'abbiamo visto anche in Commissione che ci sono alcuni limiti, che noi vorremmo in qualche modo superare e vorremmo, attraverso il dibattito parlamentare e la discussione poi degli emendamenti, cercare di riequilibrare e migliorare magari insieme questo testo. È chiaro che spacchettare un provvedimento, una proposta di legge, che era arrivata insieme, mette già dei dubbi sul futuro e su come verranno poi trovate le risorse e ci lascia quantomeno dei dubbi su come portare avanti, in modo separato, un tema che, a nostro avviso, invece, proprio anche perché si tratta di riordino normativo, dovrebbe essere gestito in un'unica fase. Quindi, non ci siamo molto rassegnati a superare questo paradosso ma capiamo l'importanza fondamentale di procedere e di dare risposte alle famiglie che chiedono, anche in modo trasversale, di continuare insieme questo cammino e, quindi, valuteremo insieme, anche nelle proposte emendative, ciò che si potrà fare ma abbiamo capito che ci saranno due percorsi: quello dell'assegno unico e poi quello del Family Act, che arriverà anche da noi.

Un altro limite che noi difficilmente riusciamo a superare è quello riguardante l'universalità ma più che altro la progressività: l'universalità per noi è fondamentale e vediamo che, all'interno del testo, ancora vengono posti dei tetti che, quindi, ci lasciano intuire che non si tratta solo di una politica rivolta alle famiglie, una politica delle famiglie, poiché vi sono ancora degli strascichi rispetto alle politiche di sostegno al reddito e ovviamente il tema della progressività lo dimostra. Il fatto di non quantificare questo assegno è chiaramente un altro limite dovuto probabilmente al fatto di superare dei blocchi che potrebbero esserci da parte del MEF, per esempio. Lo comprendiamo, però è chiaro che, davanti ad una nostra proposta e ad altre che contenevano chiaramente un obiettivo rispetto alla quantificazione dell'assegno e che quindi già dicevano alle famiglie “voi riceverete questo contributo”, lascia qualche altro dubbio che ovviamente si lega a quello delle coperture economiche, che anche il relatore ha ben evidenziato. Poi avevamo espresso qualche perplessità rispetto al fatto che questo assegno, che verrà erogato a livello nazionale, si possa completamente cumulare ed essere compatibile con quello delle province autonome e delle regioni a statuto speciale, perché ci sono già regioni e province autonome che hanno, molto sapientemente e in modo virtuoso, messo in pratica questo tipo di politiche e che hanno tutto il diritto di mantenere intatta la loro misura rispetto a quella che verrà emanata dal Governo. Naturalmente, chiediamo anche, collegandoci al fatto dell'universalità, che non si entri nel calcolo dell'ISEE e che anche questo assegno possa fare reddito, perché ovviamente pone un altro vincolo rispetto alla politica delle famiglie. Noi riteniamo che sarebbe meglio sganciarsi dal tema e sarebbe fondamentale perché l'assegno sia veramente universale e sia una politica vera della famiglia. Ovviamente c'è anche il tema della residenza e noi avevamo chiesto che, come per il reddito di cittadinanza, venisse incluso il vincolo dei dieci anni di residenza, due anni in via continuativa al momento della domanda, e anche per tutta la durata del beneficio. È chiaro che il dubbio più grande che abbiamo, se abbiamo difficoltà a reperire le risorse che al momento non ci sono, è ampliare la platea in modo così esagerato, senza pensare che, in questo grave momento peraltro di crisi economica, sociale e lavorativa come abbiamo detto - l'ho sentito dire anche dai colleghi - le nostre famiglie sono veramente in grave difficoltà. Quindi, direi che accelerare il più possibile il provvedimento a favore del riordino e dell'emanazione di un assegno unico per le famiglie italiane debba essere necessariamente una priorità, naturalmente rispettando alcune delle normative, che sappiamo che già ci sono, che garantiscono la parità di trattamento tra cittadini europei e stranieri ma quantomeno porre un vincolo di cittadinanza uguale per tutti, come è stato fatto peraltro in altri provvedimenti, a nostro avviso, garantirebbe maggiore equità e maggior efficacia anche rispetto alle tempistiche del provvedimento.

Voglio anche dire che, nonostante questi limiti, che non potremo far a meno di ripercorrere e ribadire durante l'esame del provvedimento, siamo comunque soddisfatti del fatto che ci troviamo qui oggi ad iniziare questo percorso e che non si parli solo ed esclusivamente dell'assegno unico come mero riordino. Come ho sentito anche dai validissimi colleghi che hanno parlato prima di me, sia in Aula sia in Commissione, ma debbo dire anche dal Ministro e dal relatore, abbiamo parlato anche di conciliazione, di tema di lavoro, di donne, di politiche di welfare aziendale e di quanto sia indispensabile al giorno d'oggi per tutti - credo a livello europeo ma anche mondiale ci sia già una coscienza - cercare di sostenere la natalità, evitare che permaniamo in questa condizione di denatalità crescente che, purtroppo, ha condizionato e sta condizionando il nostro Paese ormai da tanti anni. La Lega - da sempre ma in particolar modo con il Ministro Fontana - ha già intrapreso politiche importanti di sostegno alla famiglia, pertanto, vogliamo, in questo dibattito, svolgere un ruolo che sia migliorativo, che sia collaborativo, cercando necessariamente di ricondurre e riorientare questa proposta su alcuni punti che vi ho elencato. In via generale, mi sento anche di dire che, durante il dibattito che prosegue a livello parlamentare, vorrei che si migliorassero alcuni punti che riguardano il tema della disabilità perché è vero che è contenuto il sostegno e c'è una differenziazione per le famiglie che hanno figli con disabilità ma credo che non si possa limitare a questo punto l'aiuto ma debba proseguire. È vero che ci sono altri sostegni mirati alla non autosufficienza oppure altre agevolazioni che, a livello locale o di altri enti istituzionali, possono andare incontro alle necessità delle famiglie che hanno figli con disabilità ma possiamo cogliere, anche in questo provvedimento, un sostegno più che valido, perché, non sempre rispetto alla politica sociale di sostegno alla disabilità o di sostegno al reddito per le persone e per le famiglie che hanno un disabile in famiglia, ma perché chi ha un figlio con disabilità vive una condizione sicuramente più difficile rispetto ad altre famiglie. È anche necessario tener conto che ci sono famiglie numerose e che i provvedimenti che noi andremo a riordinare potrebbero mettere in difficoltà economica quanto stanno percependo oggi rispetto a quanto percepiranno con l'assegno. È necessario garantire che quanto gli è stato dato fino ad oggi rimanga, perché, altrimenti, noi non andremo a fare una politica di sostegno e migliorativa ma qualcosa che, in realtà, le limita e magari potrebbe anche penalizzarle. Quindi, occorre porre attenzione alle famiglie numerose, alle famiglie con la persona disabile, con il figlio disabile e anche alle monoparentali perché è chiaro che i genitori separati, chi si trova a dover crescere un figlio da solo vive anche momenti di scoraggiamento che noi, grazie al provvedimento in esame, possiamo cogliere e cercare di supportare. Vorrei che questo periodo di crisi abbia insegnato che le famiglie sanno fare tutto, che si sanno arrangiare in tutto e molto spesso non chiedono nemmeno di più: diciamo che sono molti anni in realtà che incontriamo gli esponenti e i rappresentanti dei forum ma poi ci sono tutte le altre persone, le altre famiglie che, magari, nel silenzio, lavorano e ovviamente senza prendere nulla di più resistono davanti a questi fenomeni, in particolare in questi buissimi mesi hanno dovuto fare sacrifici enormi.

Quindi, credo che sia questo il momento giusto per cogliere tutti questi sacrifici e non mettere solo sulla carta qualcosa che faccia quadrare i conti, ma che sia uno stimolo e un aiuto per fare sempre meglio. Un grazie io lo devo dire alle tante associazioni, alle tante famiglie che credo che ognuno di noi abbia incontrato, perché penso che mettere in sintonia, quantomeno sulle linee generali, tutti i gruppi politici, il Governo e il Parlamento su questi temi sia, in particolare, da imputare alla grande capacità che hanno avuto di parlarci, di parlare ai diversi livelli istituzionali, quindi dai comuni ai nostri rappresentanti negli enti, alle regioni, fino ad arrivare a noi, oggi. E credo che questo impegno, questa determinazione sia una caratteristica propria delle tante mamme, dei tanti papà che ci sono in Italia e che credono anche ancora un po' nella politica, io mi sento di non deluderli.

Quindi, chiedo, ovviamente, che tutte le nostre istanze vengano quantomeno recepite, ascoltate e discusse, che ci sia la possibilità di un sano dialogo, per migliorare e che questa cornice - che, in realtà, non è ancora così robusta, purtroppo, io spero che abbia modo di migliorarsi anche nel corso, poi, del tempo, al di là di questo preciso istante temporale - trovi e lasci modo, poi, di declinare altri tipi di politiche anche sui territori, perché c'è la parte economica, ma, poi, ci sono anche tante altre azioni che possono portare all'interno del meccanismo economico, del lavoro, dell'accoglienza nelle nostre città, per esempio, a sostenere le famiglie, le famiglie numerose, le famiglie con bambini disabili, le famiglie con difficoltà, qualsiasi tipo di famiglia in maniera più giusta, mirata e che ci porti, per il futuro, ad avere un'attenzione diversa.

L'ultima cosa che ripeto, ma l'ho già detto, è che mi auguro che, poi, le risorse vengano trovate davvero, perché è chiaro che i decreti attuativi non potranno essere fatti finché non ci saranno quelle risorse che mancano, io credo che, però, sia uno sforzo da fare. Nel momento in cui siamo arrivati, stiamo intraprendendo questo cammino, non mi pare che sia giusto fermarsi e, quindi, mi auguro che qualsiasi sforzo possa essere fatto, venga fatto per il bene degli italiani, di questo Paese e di tutte le famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Novelli. Ne ha facoltà.

ROBERTO NOVELLI (FI). Grazie, Presidente. Signor Ministro, Papa Giovanni Paolo II ebbe a dire: “Se la famiglia va, va anche la nazione e va il mondo intero in cui viviamo”. Ecco, questa frase credo che, nella sua semplicità e intensità, possa esprimere perfettamente il senso e l'importanza della famiglia. Noi, oggi, iniziamo un percorso, che è un percorso che ci dovrebbe portare a un provvedimento, a varare un provvedimento che ha i migliori contenuti possibili per le famiglie del nostro Paese. È un percorso accidentato. Sappiamo che, anche in Commissione, noi di Forza Italia abbiamo espresso delle perplessità, abbiamo fatto delle proposte, che reitereremo per l'Aula, siamo stati critici anche su un percorso che doveva e poteva essere, dal nostro punto di vista, semplificato, abbiamo posto l'accento su un problema che, peraltro, emerge quasi sempre ogni qualvolta si cerca di portare a compimento un processo legislativo: il problema delle risorse. Il problema delle risorse, in questo caso, allocate nel modo migliore per le nostre famiglie, per i figli, per la struttura portante della società, è negli aspetti sostanziali su cui il Parlamento si deve concentrare.

Nel mio intervento cercherò di ripercorrere anche alcuni aspetti che hanno avuto, come dicevo inizialmente, una portanza anche critica, ma lo faccio perché? Perché credo che, di fronte alla responsabilità che è stata espressa da tutte le persone, da tutti i colleghi che mi hanno preceduto, si debba anche pensare che il percorso non è compiuto in quanto è iniziata la discussione del provvedimento di legge in Aula e che, forse, con un po' di buona volontà, con un po' di condivisione, si può fare ancora di più. Poi ci sarà il momento anche per poter dire questa cosa: “vorremmo farla, ma non possiamo farla”. Ecco l'onestà intellettuale del legislatore che proietta delle azioni che, in questo momento storico, socio-economico, non sono possibili, però le proietta al futuro e dice: “Il percorso è iniziato e vogliamo, comunque, arrivare a quel risultato”. Guardate, io da cittadino, ma da uomo che fa politica, come tutti noi, a volte soffro, soffro nel sentire come è giudicata la politica e come sono giudicati gli uomini e le donne che fanno politica, perché non è la promessa quella che deve racchiudere il senso della politica, ma è la promessa che poi si realizza che può far crescere e far tornare a diventare la politica un punto di riferimento anche per i cittadini. E questa è un'occasione, è un'occasione importante, è un'occasione importante che noi dobbiamo cercare di realizzare e sono convinto che potremmo anche farlo, pur con tutte le differenze e le visioni che non sono sempre combacianti tra di noi.

Allora, provo a ripercorrere un po' quello che è stato il percorso. Il provvedimento ha iniziato il suo iter in Commissione affari sociali esattamente un anno fa, era il giugno del 2019, e prevede una delega che è volta a riordinare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'istituzione dell'assegno unico. È inevitabile che ricordi con piacere che questa proposta di legge delega è stata abbinata fin dall'inizio alla proposta di legge di Forza Italia, a prima firma della presidente Gelmini, per l'erogazione di un assegno per ogni figlio a carico e per il sostegno della famiglia e della natalità. Ecco, sulla natalità, è giusto anche ricordare, come è stato fatto, che arriviamo tardi rispetto a politiche per la famiglia che sostengano la natalità che altri Paesi hanno iniziato con largo anticipo rispetto a noi e questo, purtroppo, è concretizzato dai fatti, dai risultati. È superfluo ritornare ad elencare quelli che sono dei dati aridi sulla natalità di questo Paese, sull'invecchiamento di questo Paese, sulla riduzione della capacità, anche della forza, del lavoro e della capacità contributiva di chi lavora, che, poi, è quella che va a sostenere l'economia nel Paese e va a sostenere, quindi, anche le famiglie, però siamo arrivati qui e non si torna indietro, si può solo andare avanti, si può solo migliorare, si può solo avere un obiettivo che questa volta deve essere raggiunto. E la proposta di legge, quindi, fino ad una decina di giorni fa, prevedeva una più ampia delega del Governo per riordinare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso due strumenti: l'istituzione dell'assegno unico e l'istituzione della dote unica per servizi a sostegno della genitorialità. Ecco, a questo punto, abbiamo assistito a una forte accelerazione in Commissione affari sociali, con sostanziali modifiche e anche delle limature piuttosto importanti al testo, e questo in conseguenza dell'approvazione, al Consiglio dei ministri, l'11 giugno, del cosiddetto Family Act.

Allora, il testo dell'Aula, proprio alla luce del Family Act che è stato approvato, appunto, una ventina di giorni fa, non è conosciuto nei suoi contenuti e questo potrebbe, forse, anche aiutarci a fare un ragionamento più approfondito su quello di cui stiamo discutendo oggi e, quindi, magari, nel corso del dibattito in Aula, forse, se ci fosse qualche intervento che ci desse delle informazioni che ci possano far guardare il quadro, l'affresco, nella sua complessità, pur non avendo ancora quello che è il testo scritto, sarebbe bene, almeno, avere delle indicazioni che, ovviamente, devono essere precise e corrette, per poter ragionare anche su determinati interventi, perché, lo ripeto, questo è un affresco e va guardato nella sua completezza.

Il disegno di legge in arrivo dovrebbe, inoltre, contenere misure di potenziamento e riordino della disciplina sui congedi, incentivi al lavoro femminile, nonché sostegno per la formazione dei figli. Su questo mi piace anche dire una cosa che è importante, perché è sentita da tutti noi e lo si capisce dagli interventi che ci sono stati in Commissione, ma anche dagli interventi che ci sono stati in Aula: la famiglia è un ecosistema o, meglio, le famiglie sono tanti ecosistemi, perché all'interno delle famiglie ci sono i figli sani, i figli felici, i genitori uniti, ma ci sono anche i genitori disuniti, i figli che purtroppo hanno dei problemi di salute, c'è la disabilità, ci sono le famiglie con tanti figli, poche, ma ci sono, ci sono le famiglie monoparentali, ci sono le famiglie che hanno un sostegno sociale in quanto integrate all'interno di comunità piccole che hanno ancora ciò che una volta era la normalità e ci sono famiglie che vivono ai margini della società, famiglie che non sono neanche conosciute da quella che è la società, la società normale; uso questo termine improprio, ma per riferirmi a quella che vive di normalità: il lavoro, la casa, i piccoli problemi quotidiani.

Ecco che noi dobbiamo cercare di intercettarli tutti e dobbiamo cercare di dare la miglior risposta possibile; è chiaro che la miglior risposta possibile è teorica, non ci sarà mai la miglior risposta possibile, perché, lo ripeto, ci troviamo ad affrontare una diversità che è naturale, però è una diversità che noi dobbiamo cercare di equilibrare, facendo in modo che non ci sia più nessun bambino, come si legge sulle cronache e sulle statistiche, che abbia difficoltà a mettere assieme la cena o che abbia un'alimentazione che non gli consente di sviluppare il suo fisico e la sua mente, perché non si può vivere di soli carboidrati, non si può vivere con un tozzo di pane. Per queste cose, che forse sto dicendo con troppa semplicità all'interno di un'Aula del Parlamento importante, forse bisognerebbe usare delle argomentazioni molto più tecniche, però questa è la realtà, la quotidianità, lo ripeto, la quotidianità. Non è più possibile pensare che il futuro di questo Paese sia ancora legato a una parte di questa società dove le famiglie non riescono a dare ai propri figli quello che sarebbe giusto dare, il minimo, ma non le si può far vivere in condizioni di disagio tali che questi bambini poi crescano senza avere quelle risposte umane e anche sociali che di cui hanno bisogno.

Allora, tornando a questa proposta di legge che l'Aula si appresta a discutere, vorrei sottolineare che fin dall'inizio, questa, prevedeva una delega che aveva l'ambizione di rivedere e razionalizzare una gran parte delle misure vigenti di sostegno alla famiglia e, effettivamente, garantiva il tempo minimo necessario per realizzare questa trasformazione non semplice. Adesso, però, il testo al nostro esame si è prosciugato e si è ridotto all'istituzione dell'assegno unico e questo avrebbe dovuto far ripensare la necessità di introdurre una delega; ecco, questo è un aspetto che, dal nostro punto di vista, poteva essere superato, con tutto quello che comporta in termini di allungamento dei tempi di attuazione.

Forse, ci voleva un po' di coraggio in più, lo dico sempre come critica costruttiva: la delega - noi insistiamo, poi, lo abbiamo anche messo su carta attraverso degli emendamenti -, forse, poteva essere superata, visto che il provvedimento, come dire, si è asciugato. Siamo, purtroppo, all'inizio di una grave crisi economica e sociale che, peraltro, si innesta su una crisi, forse, più latente, ma che ormai va avanti da molti anni e un sostegno monetario immediato per aiutare le famiglie sarebbe stato doppiamente importante, prima arrivi e prima dai le risposte compatibili, lo ripeto ancora una volta, con le risorse che sono messe e che verranno messe a disposizione. Questo, purtroppo, non è stato possibile, allora, ci auguriamo che l'Aula cambi questo orientamento e consenta di istituire subito l'assegno unico per i figli a carico, lo dico, togliendo la delega al Governo, lo dico perché mi sembra giusto dirlo, poi, lo so che questo non accadrà, ma perché rimanga agli atti una visione che sono convinto anche nella maggioranza molti potrebbero avere, proprio per le motivazioni che ho detto poc'anzi.

Vorrei concludere, dicendo alcune cose che riguardano le nostre proposte e che, comunque, sono ancora lì, lo ripeto, sono ancora lì ed essendo ancora lì, potrebbe anche essere che possano servire a migliorare questo percorso legislativo e, quindi, il contenuto della legge. Noi abbiamo cercato e cercheremo di migliorare il provvedimento e per dare corpo e sostanza alla delega che voi affidate al Governo noi abbiamo presentato delle proposte precise; le ricordo avendole elencate in Commissione: indicare in questa legge delega una soglia di reddito minimo ISEE, abbiamo proposto 70 mila euro, per mettere un paletto utile a evitare, come spesso è stato fatto in passato, che questa poi sia interpretata come una misura prettamente assistenziale che dimentica le famiglie del ceto medio, anche su questo la consapevolezza non è di Forza Italia o solo di Forza Italia o di chi vi sta parlando, la consapevolezza è di tutti noi, perché si guarda alla realtà, il ceto medio sostanzialmente si è ridotto, si è compresso a tal punto che in alcuni casi è addirittura scomparso e questo è un danno incredibile, anche perché sarà difficile che si riproponga uno schema sociale e familiare come quello che eravamo abituati a vivere da molto tempo; abbiamo chiesto la soppressione della prevista possibilità di beneficiare dell'assegno anche con la modalità della detrazione d'imposta, torneremo a proporla, perché noi riteniamo che sia importante che la detrazione sia assolutamente vista in seconda, terza o quarta battuta rispetto all'assegno, cioè al denaro che viene dato alla famiglia. O è un assegno cash, mese per mese o non lo è, per noi. Questa è la misura sulla quale ci siamo impegnati, poi, anche indicare con chiarezza che l'assegno mensile deve avere un importo minimo che non può essere inferiore ai 150 euro.

Ecco, anche il fatto di definire un minimo dell'assegno sarebbe per noi, anzi, è per noi, importante.

Mantenere l'importo integrale dell'assegno fino al ventunesimo anno di età: abbiamo invece ascoltato, durante gli interventi precedenti, che ora si prevede un assegno ridotto per i figli da 18 a 21 anni. Oggi in Commissione ne abbiamo parlato: è molto raro che i figli siano fuori casa, indipendenti economicamente prima di quell'età. Tutto si è spostato. Si è spostata la famiglia, la donna che fa figli come età, ma si è spostata anche l'indipendenza dei ragazzi, che un tempo, a ventun anni, se non frequentavano l'università, erano sicuramente già a lavorare e si stavano costruendo un'indipendenza economica e, quindi, anche una responsabilità, che li portava poi a costruire una famiglia, in anni, dove, attualizzando al momento presente, invece, il ragazzo o la ragazza sono ancora nella casa dei genitori.

Garantire un assegno mensile di importo maggiorato a tutti i figli a carico con disabilità a prescindere dall'età: questo è un aspetto importante. È importante per tutti noi questo aspetto e devo dire che non è solo un problema di denaro. È un problema di servizi, che lo Stato deve riuscire ad erogare. Questa pandemia ci ha insegnato molte cose e ha messo in evidenza molte fragilità. Il pensiero che i centri diurni per la disabilità siano stati chiusi per motivi di sicurezza sanitaria è stata una cosa che ha provocato dei problemi enormi a famiglie che sono già in difficoltà. Quindi, è un problema, sì, di assegno unico, è vero, ma anche di servizi, che noi dobbiamo riorganizzare e riorganizzare al meglio.

Vado a conclusione, continuando ad elencare le nostre proposte: garantire un assegno mensile di importo maggiorato, quindi per i ragazzi disabili e le famiglie dei ragazzi disabili; mantenere in vita il fondo di sostegno alla natalità. E questo fondo per noi è importante, perché favorisce l'accesso al credito delle famiglie con uno o più figli; indicare un termine più breve - noi proponiamo tre mesi -, entro cui il Governo deve esercitare la delega.

Insomma, siete ancora in tempo per valutare il merito ed accogliere eventualmente alcune nostre proposte. Discutiamole, cerchiamo di arrivare a un provvedimento, così che si possa dire con orgoglio da parte di tutti noi: è un provvedimento che abbiamo costruito insieme. Senza voler scavalcare nessuno, voi siete la maggioranza, siete il Governo, siete quelli che avete, come si suol dire, il pallino in mano, però, l'orgoglio di poter dire che siamo riusciti a fare qualcosa di importante e di buono assieme, è un orgoglio che poi potremmo portarci dietro, anche quando non calcheremo più i banchi di quest'Aula, ma sapremo di aver fatto qualcosa di importante.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bellucci. Ne ha facoltà.

MARIA TERESA BELLUCCI (FDI). Grazie, Presidente. Lo dirò sin dall'inizio, in maniera chiara e definita, senza lasciare dubbi. Fratelli d'Italia sarà sempre a supporto di qualsiasi iniziativa possa sostenere la natalità in Italia. Questo lo diciamo da sempre. Per noi la natalità è una priorità. È fra i punti più importanti, il punto più importante, del nostro programma, quando ci siamo proposti agli italiani e abbiamo detto cosa per noi bisognava fare per rilanciare e salvare questa Italia; l'abbiamo dimostrato, presentando una mozione d'Aula, che abbiamo anche calendarizzato; ne abbiamo chiesta noi la calendarizzazione e l'abbiamo fatto, presentando anche una proposta di legge con le nostre idee, su come incentivare la natalità.

Questo - mi permetto di dire, Presidente - non nasce da un'opinione, ma nasce da dei fatti reali, da dati. A me in questa settimana ha sorpreso molto un evento. Mi ha sorpreso, ovviamente, cogliendomi con un sentimento di gioia, che è stata la nascita a Cremona di quindici bambini in 24 ore, un atto straordinario. Ma straordinario, non come è straordinaria giustamente la nascita di ogni vita, ma straordinario in Italia, perché è raro. Oggi, nascere in Italia è straordinario, purtroppo, perché è raro. Quindi, se ne ha parlato nei nostri giornali, perché è stato un evento meraviglioso, che ha dato speranza e fiducia, soprattutto in una città che ha pagato i costi legati alla pandemia, al Coronavirus e, quindi, anche all'innalzamento della mortalità. È un atto che ha dato fiducia, ma che inevitabilmente ci fa fare i conti con una situazione drammatica nella nostra Italia, proprio legata al fatto che in Italia non si nasce, come si vorrebbe, come si dovrebbe, come sarebbe legittimo che avvenisse in una nazione che si definisce civile.

Sono i dati a dirlo, perché? Sono i dati a dirlo, perché nel 2018 (l'Istat ancora non ha presentato i dati sulla natalità del 2019, c'è un ritardo a causa del Coronavirus, li avremo a luglio, ma già ci ha anticipato che sono ancor più drammatici dello scorso anno) non sono nati 18 mila bambini. Nel 2018 abbiamo avuto poco meno di 440 mila nascite. Abbiamo avuto un minimo storico dall'unità d'Italia. In dieci anni, nella nostra Italia, non sono nati 140 mila bambini.

È stata fatta, in un festival della statistica, una proiezione che ci dice che, nei prossimi cento anni, l'Italia da 60 milioni di residenti passerà a 16 milioni. Questo è agghiacciante. È agghiacciante, perché una nazione che non mette come priorità tra le priorità, come tema tra i temi prioritari, la nascita, mette in discussione la propria esistenza. Oggi le istituzioni sono responsabili dell'estinzione della nostra Italia, dell'estinzione di un patrimonio storico, culturale, sociale e identitario. Noi dobbiamo fare i conti con tutto questo e dobbiamo misurarci con questa responsabilità, perché, sì, ci sono delle responsabilità.

L'Italia ha, rispetto alla nascita dei figli, una media di 1,29 figli per donna. Si confronta con una media europea di 1,59 figli. È la peggiore. Mi permetto di dire e di utilizzare questo termine, che mi fa venire i brividi: è la peggiore in Europa per nascita di bambini. È tra le peggiori al mondo per nascita di bambini. E dire che siamo ben lontani da quello che viene chiamato il tasso di sostituzione 2,1! Per mantenere la nostra nazione, per il mondo, per continuare a esistere, una coppia dovrebbe almeno far nascere 2,1 bambini, ossia almeno due bambini, almeno per garantire la propria prosecuzione. Ma non è così.

Su questo, come Fratelli d'Italia, ci siamo interrogati a livello italiano e a livello europeo, perché, quando diciamo che noi siamo il fanalino di coda in Europa, dobbiamo anche dire che l'Europa non sta in una situazione rassicurante, perché, proprio in confronto a quel livello di sostituzione, che è di due figli per coppia, l'Europa sta a 1,59. La stessa nostra Europa ha un problema rispetto alla nascita di figli europei, all'esistenza stessa dell'Europa.

Rispetto a tutto questo, certo che abbiamo chiesto di fare qualcosa anche all'Europa.

Abbiamo chiesto di fare un piano straordinario in Europa per sostenere, incentivare, promuovere la natalità, il fare famiglia, riconoscere il desiderio, di ciascun uomo e di ciascuna donna, di fare figli, perché, lo dico chiaramente, non ci sto all'idea che in Italia non si facciano i figli per una cultura edonistica. Non ci sto, lo dico chiaramente, non è così. Chi conosce la realtà delle famiglie italiane, dei giovani italiani, sa che non sono nella condizione di avere la speranza, quella che gli è stata tolta, quella che avevano i nostri nonni e i nostri bisnonni, magari con condizioni economiche certamente difficili, ma avevano la speranza nel loro cuore, avevano il riscatto, la rivincita, la possibilità di ricostruire una nazione; quella che noi alle nostre generazioni, nuove generazioni, abbiamo tolto progressivamente negli ultimi vent'anni, scaricando su di loro costi, spese, regalie che erano per soddisfare bisogni estemporanei, e quindi in questo effimeri, scaricando su di loro le scelte che sono state fatte, continuamente. E quindi, se i nostri giovani oggi non fanno i figli, è perché non se lo possono permettere, perché ci sono state delle istituzioni che non hanno pensato a loro, ma hanno pensato ad altro.

E allora su questo certo che c'è da riflettere, perché tutto questo si unisce anche ad altri aspetti che sono drammatici. L'Istat ci dice che la seconda causa di povertà in Italia è la nascita di un figlio, cioè, se metti al mondo un figlio, sarai più povero, avrai meno economie per poter vivere, per poter continuare a vivere. Questa è la nostra Italia, Altro dato drammatico: se sei una donna e fai un figlio, hai il 67 per cento di probabilità di uscire fuori dal mercato del lavoro, 67 donne su 100 che hanno avuto un figlio escono fuori dal mercato del lavoro. Certo che c'è un problema di occupazione, drammatico, anche perché se hai un lavoro fai figli, questo ci dice la situazione in Italia, questo ci dice la situazione in Europa; non è che se stai a casa fai i figli. Quindi, anche in questo c'è un problema di politiche di incentivazione dell'occupazione.

Unito a tutto questo c'è poi un'altra questione drammatica che riguarda il saldo negativo, naturale nel rapporto tra morti e nati. Abbiamo un saldo negativo ormai da anni: sono 636 mila morti, come ho detto, su poco meno di 440 mila nati. Abbiamo un saldo negativo di 187 mila persone, cioè nella nostra Italia nascono meno persone di quante ne muoiono. E poi cala la popolazione residente. A continuare a costellare questa strada, drammatica, della condizione italiana ci sono proprio gli italiani che scelgono di andare via, gli italiani che emigrano, gli italiani che emigrano in un numero importante: 400 mila sono gli italiani che in quattro anni hanno dovuto - non scelto, dovuto - andare a vivere e cercare di trovare la speranza in un'altra nazione, 400 mila italiani.

Ho fatto una ricerca e sono andata a guardare qual è la città che ha un numero di residenti pari a 400 mila, e ho trovato Bologna, poco meno di 400 mila residenti. È come se in quattro anni la città di Bologna sparisse perché i residenti a Bologna si trasferissero tutti di blocco, a fronte di una città che non dà risposte rispetto al proprio futuro. Questa è la condizione in cui noi stiamo e viviamo in questi anni. Aumentano gli italiani che emigrano, quindi, più 1,9 per cento; nello scorso anno sono stati 157 mila gli italiani che sono andati in un'altra nazione. Aumenta la quota degli ultrasessantacinquenni e diminuisce la quota degli under 14, e questo non è soltanto un problema di natalità, di famiglia, seppure, anche qui lo dico chiaramente, per noi di Fratelli d'Italia, la famiglia è un valore che va protetto prima di tutto e prima di ogni cosa, ma è un problema di carattere economico, sociale, di welfare, perché inevitabilmente la nostra Italia avrà una diminuzione di forza lavoro, inevitabilmente avrà una domanda di assistenza maggiore, di spese sanitarie maggiori a causa dell'invecchiamento della popolazione, inevitabilmente ci sarà un appesantimento delle pensioni, inevitabilmente ci sarà più solitudine, perché sono sempre maggiori le famiglie monoparentali, perché sono sempre meno numerosi i figli, e quindi inevitabilmente si sarà più soli, si starà più soli, e inevitabilmente ci sarà meno aiuto reciproco, ci sarà meno possibilità di aiutarsi e di mutuo aiuto. E questo davvero è un grande problema perché, se non lo cambiamo, ci vede impreparati, perché anche in questa pandemia abbiamo visto come la differenza l'hanno fatta le famiglie, che continuamente hanno avuto, scaricato su di esse, il peso di essere ammortizzatori sociali. Cosa avrebbero fatto i bambini disabili se non ci fossero state le mamme, i papà, le sorelle, i fratelli ad occuparsi di loro? La questione dei caregiver familiari l'abbiamo segnalata più di una volta; anche in questa occasione della pandemia abbiamo chiesto continuamente, nei diversi decreti che sono arrivati in quest'Aula, di poter introdurre un aiuto, un supporto, un'indennità ai caregiver familiari, perché oggi sono loro che si fanno carico di quell'assenza, drammatica, di politiche di promozione della famiglia e della natalità. E ancora attendiamo, perché invece ancora non abbiamo ricevuto alcuna risposta, ma non desistiamo: anche in questo “decreto Rilancio” continueremo a chiedere che ci sia attenzione e centralità per tutti quei familiari che amorevolmente si prendono cura dei figli d'Italia più fragili, perché sono figli di noi tutti.

Purtroppo quello che è successo in questi anni non è un caso, la diminuzione della natalità non è un caso: è una scelta. Nelle altre nazioni, seppur non sono a livelli che possono essere rassicuranti, io comunque continuerei a preoccuparmi, come ho detto, se fossi anche in Francia, in Germania o in Svezia, nonostante la situazione sia migliore della nostra, perché comunque si è sotto il tasso di sostituzione, ma comunque in Italia tutto questo non è un caso. Viviamo questa drammatica situazione a fronte di un'assenza di politiche per la famiglia. Quello che hanno scelto altre nazioni, e su questo hanno avuto, quindi, una risposta maggiore nel fare figli, non è stato scelto in Italia, perché? Perché in Italia la famiglia e le politiche di promozione della famiglia, Ministro Bonetti, sono state viste come un costo, e quindi, in quanto costo, non c'era lo spazio mentale, di visione, strategico di investimento. Potremmo fare un parallelismo: quello che è successo alla sanità in questi anni è quello che è successo alla famiglia, visti entrambi come dei costi, e non come degli investimenti. Oggi, con il Coronavirus, abbiamo visto come la sanità e la salute degli italiani devono essere un investimento, ma lo abbiamo visto con l'estrema conseguenza, con migliaia di vittime in Italia.

In realtà, nonostante migliaia di bambini non nati ci siano stati in questi anni nella nostra Italia, non abbiamo avuto la capacità, le istituzioni, i Governi che si sono succeduti non hanno avuto la capacità di aprire gli occhi; era troppo morbida, perché non si trattava di morti, si trattava semplicemente di non nati, semplicemente di non nati. E, quindi, di certo non è stata immaginata una politica della famiglia come una forma di investimento. Ma, invece, investire nella famiglia - è così banale, quando lo dico mi sento banale perché è di una tale banalità - significa investire nel futuro, investire nella famiglia significa investire nell'esistenza stessa della nostra Italia e della nostra nazione.

Rispetto a questa delega noi non faremo mancare il nostro appoggio, perché è necessario agire e agire subito. Ci siamo stati nei lavori di Commissione, ci siamo stati assiduamente, ci siamo stati concretamente, ci siamo stati con la saggezza del buonsenso, entrando nel merito e cogliendo questa calendarizzazione da parte della maggioranza come un'opportunità. Siamo stati un'opposizione responsabile, perché l'abbiamo detto dall'inizio, da quando siamo entrati in questa legislatura in questo Parlamento: la nostra sarebbe stata sempre e comunque un'opposizione nel merito, concreta e responsabile, e l'abbiamo dimostrato in ogni giorno di questa nostra presenza all'interno di questo Parlamento in questa legislatura. E anche in questo caso ce l'avete riconosciuto, le forze di maggioranza ce l'hanno riconosciuto, il relatore ce l'ha con riconosciuto, il Ministro Bonetti ce l'ha riconosciuto, perché abbiamo rispetto delle istituzioni, rispetto degli italiani, rispetto del desiderio di ciascun italiano di avere un figlio, che non deve e non può essere negato. E continueremo a farlo. Oggi si avvia la discussione generale in quest'Aula, noi continueremo a farlo. Continueremo a dare la nostra disponibilità piena a portare avanti questa iniziativa, a concluderla, a far sì che diventi realtà concreta nella vita delle famiglie degli italiani, in ciascuna donna e in ciascun uomo, in ciascuna famiglia, in ciascuna coppia. Corre l'obbligo sottolineare delle nostre preoccupazioni: la delega che oggi ci troviamo a discutere e quindi poi ad esaminare, è una delega che apre infinite opzioni; è una delega senza importi certi, è una delega senza stanziamenti certi. Allora anche qui lo diciamo chiaramente: non appoggeremo un'iniziativa di forma con un bel titolo. Troppi bei titoli abbiamo visto! Family Act, o questa delega per il sostegno dell'assegno unico, e anche poi per la delega unica, non deve essere un bel nome. Può avere un bel nome, ci piacciono anche bei nomi, ma deve essere piena di contenuti, di sostanze, di certezze. Nessuno si può permettere di prendere in giro gli italiani né le famiglie. Noi saremo al vostro fianco per aiutarvi, per spingere il Governo a mettere questa come priorità tra le priorità. Usateci come volete, in tutti i modi, se l'obiettivo è quello di far nascere figli in Italia e agli italiani. E sarò chiara anche su un altro aspetto: no all'assegno unico come misura per contrastare la povertà. L'assegno unico, la dote universale, deve essere una misura per tutti. No all'idea che la risposta alla denatalità in Italia passi per la natalità degli immigrati. No! Si chiama sostituzione etnica, è un'altra cosa. Per gli italiani è un problema fare figli: lo desiderano, ma non sono aiutati dalle istituzioni, lì devono avere una risposta. Sì a sostegni economici certi, sì a politiche per il lavoro! Bisogna incentivare il lavoro, incentivare soprattutto il lavoro delle donne, quindi sia gli incentivi per le imprese sia le esenzioni dei contributi se ti trovi nella condizione di sostituire una donna per maternità. Sì a tutto quello che fa diventare - e arrivo a chiudere, Presidente - la natalità una certezza. Noi a questo punto, se verranno fatte queste cose, saremo qui. Saremo qui ad aiutarvi, saremo qui a sostenervi, saremo qui a portare avanti questa battaglia insieme, uniti da un unico valore, quello della nascita di un bambino, un miracolo, un miracolo ancora pieno di mistero che noi uomini però abbiamo la possibilità di sostenere, e che sosterremo in tutte le maniere come Fratelli d'Italia.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

ROMINA MURA (PD). Signor Presidente, io credo che le famiglie, le politiche di sostegno per le famiglie, la natalità, il lavoro delle donne, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro siano le leve strategiche con cui noi dobbiamo sforzarci a ricostruire il dopo COVID, se davvero abbiamo preso atto delle fragilità del nostro sistema e delle prospettive che si possono aprire laddove in questi mesi di progettazione del futuro sapremo fare scelte adeguate e ambiziose. La denatalità è problema strutturale del nostro Paese, viene da lontano, io ritengo sia il risultato di un cambiamento anche culturale rimasto a metà, di un'organizzazione sociale e del mercato del lavoro che non hanno saputo e forse non hanno voluto reinventarsi e innovarsi innanzi in particolare alla libertà, alle competenze e al protagonismo femminile. Da ciò deriva, per quello che ho potuto constatare dagli approfondimenti che ho fatto, la conseguente sottostima da parte della politica e non solo. Diciamo che per anni denatalità e decremento demografico sono stati semplici dati statistici, anche marginali, in ambito ad analisi di contesto in cui ci si concentrava su altro. Non ricordo programmi di sviluppo che abbiano considerato la demografia quale leva strategica di cambiamento, ovvero campagne elettorali in cui leader e leadership - sempre maschili, e questo è un dato - si siano cimentati al riguardo. L'incentivazione delle nascite e la promozione della genitorialità - termine questo che, fra l'altro, si utilizza da poco tempo, perché si è sempre parlato delle donne che fanno figli, genitorialità è già un passo avanti in questo senso - oggi diventa missione istituzionale con questa nuova strada che noi stiamo provando ad aprire. Sino ad ora la sensazione è che erano rimaste o un fatto privato, quindi legato alla famiglia, e spesso sulle spalle delle donne, ovvero iniziative sporadiche, frammentarie, episodi limitati nel tempo o limitati a contesti territoriali in cui amministratori illuminati hanno voluto spendere risorse per le politiche delle famiglie, diversamente da com'è avvenuto in altri Paesi europei nei decenni precedenti. Abbiamo citato la Francia, abbiamo citato la Germania e i Paesi del nord Europa, guarda caso tutti sistemi in cui - aggiungo subito un dato - non solo si fanno più figli, ma le donne partecipano in maniera più massiccia al mercato del lavoro, le politiche di conciliazione sono molto più forti e più diffuse e anche più accessibili. In Italia, invece, sino ad ora abbiamo avuto politiche frammentate, parziali ed episodiche, come ho detto. Ecco, oggi, con questa legge delega - e non a caso abbiamo scelto questo strumento - noi proviamo ad aprire un cantiere, un cantiere innanzitutto di semplificazione delle politiche per la famiglia, che è un tema non irrilevante, perché, è stato detto anche da altri colleghi, ci sono famiglie che spesso non sono nemmeno a conoscenza delle opportunità che già oggi esistono. Un sistema, attraverso questa legge delega - legge che, fra l'altro, è importante anche ricordarlo, perché noi abbiamo iniziato questa legislatura con questa ambizione di aprire il cantiere, la “legge Delrio”, che io stessa ho sottoscritto e tanti altri colleghi, parte dal marzo 2018, quindi un cantiere aperto già due anni fa, quindi una consapevolezza rispetto all'importanza del tema -, che appunto introduce alcuni parametri di fondamentale importanza: la semplificazione, come dicevo, e l'universalità, perché noi, come hanno detto bene anche il collega Lepri e poi la collega Carnevali, abbiamo un sistema in cui gli assegni per i figli, ad oggi, sono andati solo ai lavoratori dipendenti. Ma in questa fase, in cui, con i nostri provvedimenti emergenziali, abbiamo aperto un cantiere anche, per esempio, per il sostegno ai momenti di difficoltà occupazionale dei lavoratori, aiutando, oltre ai dipendenti, anche il mondo delle partite IVA e degli autonomi, noi facciamo un ulteriore passo e diciamo che il sostegno alla famiglia deve essere universale, destinato a tutte le tipologie degli individui e delle famiglie, a prescindere da quelli che siano i loro lavori e le loro occupazioni.

Altra cosa molto importante nell'apertura del cantiere, che abbiamo definito, è il monitoraggio, cioè un percorso in divenire e, quindi, con un controllo e una verifica costante di quello che succederà, in modo tale che si possa migliorare, coinvolgendo in questo il terzo settore - aspetto rilevantissimo - e anche tentando di costruire e di mettere a reddito le tante misure che sono presenti anche nel welfare locale, in modo tale che, con l'approccio dell'universalità, si possa costruire una politica per le famiglie e quindi rivolta a incentivare la natalità, che interessi tutto il Paese dal nord al sud. L'assegno unico diventa - questo è l'altro aspetto importante, che è stato sottolineato bene - un pilastro fondamentale di un contesto in cui si costruisce una strategia positiva di politiche per la natalità e per la famiglia, che abbiamo voluto definire come Family Act e in cui l'assegno universale diventa pilastro fondamentale, misura economica per determinare percorsi virtuosi.

Quindi, andiamo a fare una cosa che è sempre stata richiesta dalle associazioni familiari: mettiamo a correre risorse e definiamo un sistema efficiente di servizi, perché la natalità, la scelta della genitorialità non è legata solo ad avere più risorse, ma è legata anche ad avere più servizi, ad avere un sistema, anche del mercato del lavoro, che consenta alle donne e agli uomini di favorire la genitorialità. Infatti, l'altra cosa che a me piace molto e sulla quale, secondo me, dovremmo spingerci anche oltre, è che il valore della genitorialità non è solo un valore che deve essere caro e, come dire, sulle spalle delle donne, ma è un valore che deve essere a carico delle donne e degli uomini. Questo è il salto di qualità su cui, secondo me, noi dovremo lavorare bene nei passaggi parlamentari, in modo tale che questo aspetto sia chiaro e per evitare anche che il supporto alla genitorialità non si trasformi, come spesso è accaduto, in un disincentivo per il lavoro delle donne. Abbiamo citato anche stamattina il dato dell'ispettorato del lavoro di qualche giorno fa: le 37 mila neo-mamme con figli sotto i tre anni che si sono dimesse dal lavoro perché non riuscivano a conciliare la loro attività lavorativa con la cura dei figli. Quindi si pone un problema, che è affrontato anche nel Family Act, di costruire una condivisione della responsabilità di cura dei figli e della famiglia tra uomini e donne, in modo tale che il carico non sia totalmente sulle spalle delle donne.

Insomma, noi abbiamo costruito un sistema in cui le famiglie - le famiglie: abituiamoci a utilizzare questo termine, non la famiglia, le famiglie - siano considerate un fattore di sviluppo e di crescita, una fondamentale variabile di competitività. E che sia così lo dicono i dati relativi al nostro capitale umano: infatti, se noi andiamo a vedere i dati Istat sulla popolazione attiva, ci rendiamo conto che fra dieci anni, dopo aver perso per strada un gran numero di trentenni - oggi i trentenni in Italia sono 7 milioni, i quarantenni sono 9 milioni e cinquantenni sono ugualmente circa 9 milioni - fra dieci anni anche i quarantenni e cinquantenni scenderanno terribilmente a 7 milioni. Questo significa che noi perdiamo in termini di capitale umano, cioè che noi, fra un decennio, ci dovremmo porre un problema in termini di sostenibilità della forza lavoro. Ecco che la famiglia è un fattore competitivo e la natalità diventa una leva fondamentale per far crescere il Paese e per rimetterlo in condizioni di competere. E non possiamo non considerare l'impatto COVID. L'Istat ci ha già detto che nel 2020 la crisi determinata dal COVID determinerà circa 2000 nascite in meno rispetto a quelle previste; nel 2021, laddove le nostre misure, che auspico e su cui stiamo lavorando per questo, accelerando anche sul processo di approvazione e di costruzione delle condizioni affinché il Governo possa procedere con i decreti delegati, ecco, nel 2021 rischiamo di andare sotto la soglia delle 400 mila nascite, il che sarebbe, anche da un punto di vista di percezione, un grande danno.

Altre due considerazioni velocissime, perché il tempo è terminato e io mi ero scritta tante altre cose, quindi, il lavoro delle donne, gli strumenti di conciliazione, le politiche attive per il lavoro, perché, l'abbiamo detto, le giovani coppie non fanno figli, i giovani spesso rimangono troppo figli e scelgono in ritardo di diventare genitori; allora servono politiche attive, che lavorino sulla loro autonomia e sulla loro capacità di fare e di costruire un progetto di vita. Altro che, come diceva qualche collega, non è questo il momento di parlare di politiche di promozione della natalità e di sostegno alle famiglie, così, per rubare uno slogan che abbiamo sentito spesso nelle nostre piazze, quando i diritti delle donne sono stati messi in discussione: “se non ora, quando?” (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bond. Ne ha facoltà.

DARIO BOND (FI). Presidente, grazie anche al Ministro che è qui, che con tanta umiltà ci ascolta e anche per le parole che ieri sera in Commissione ha usato, cercando e chiedendo la massima collaborazione di tutte le forze politiche. Vedete, non c'è tanto da inventare. Onorevole Lepri, lei ha fatto un intervento che a me è piaciuto molto, ricco di contenuti, ma non c'è - e lei ha una storia alle spalle su questo argomento - tanto da inventare, perché basta guardare alcuni Paesi europei: hanno stabilito un aiuto certo, pubblicizzato attentamente; lo hanno divulgato, hanno detto a chi spetta l'aiuto e hanno fatto politiche che durano almeno cinque anni.

Allora, Ministro, la cosa che le chiedo con la massima attenzione è che nella delega al Governo ci sia una programmazione finanziaria certa. Magari, se la coperta è corta, qualcosa in meno, ma certa, certa nel senso di avere almeno una programmazione di cinque anni, perché altrimenti diventa il solito “aiuto spot” - ma non politico - disorganizzato, tale per cui chi ti ascolta, chi ti segue, chi ascolta magari il consulente familiare o il sacerdote, oppure qualche altro amico, non riesce a capacitarsi e ad essere convinto che avrà una sorta di aiuto continuo: una piccola goccia, ma continua, precisa, tale da sostenere quel nucleo familiare. Questo è il primo passaggio.

Il secondo: qualche intervento lo ha citato bene, penso che convenga anche lei, il nucleo familiare, la famiglia è una continua evoluzione. Prendiamo un'età relativamente bassa, piccola: i ventenni, se hanno una gravidanza molte volte non è programmata, in molti casi c'è una battaglia nel tenere o no il figlio, quando quella battaglia si vince, quel figlio e quella mamma vanno nel loro nucleo familiare originario; ecco, anche quella è una casistica da fotografare attentamente, perché nel nucleo originario c'è anche un ISEE, e lì c'è anche un'altra famiglia che non ha la possibilità di un tetto, non ha la possibilità di un numero civico, e magari il ragazzo, il compagno di quella ragazza, di quella mamma, è lì, ma è senza lavoro, studia, e la ragazza vorrebbe continuare a studiare. È una casistica che riguarda 70-90 mila casi in Italia: pochi, può dirmi lei, però sono 90 mila bambini, che per noi in questo momento sono oro colato.

Poi c'è chiaramente la casistica, quella più elevata - lo diceva bene l'onorevole Carnevali - della famiglia trentasettenne, trentacinquenne, trentenne, che programma un figlio perché ha raggiunto una solidità economica: quello è il modello standard, dove magari c'è anche il nonno o ci sono i nonni che aiutano, c'è un'integrazione. Anche lì noi dobbiamo in qualche maniera fare un ragionamento: assegno unico? Benissimo, però attenzione: servizi, servizi, servizi! Perché l'assegno unico non è che ti permetta di vivere: se tu poi hai un assegno unico, è una certezza, è uno stimolo, però poi devi dare loro una garanzia di una serie di servizi, che in parte in alcune regioni ci sono già, soprattutto nel nord, ma in altre regioni non ci sono proprio, non ci sono proprio.

Non ci sono proprio! Voglio citare solamente il trasporto dei bambini in una qualsiasi struttura che li ospita durante la giornata, oppure praticamente un servizio a ore, perché la mamma lavora magari non tutta la giornata, e altre cose di questo tipo e anche qui - e sarà probabilmente il Family Act che interverrà su questa cosa specifica - dovremo intervenire.

E poi attenzione, perché nei primi dodici mesi di vita - lo diceva nell'intervento qualcuno; è bello intervenire alla fine di una discussione sulle linee generali - e nei diciotto mesi di vita il bambino ha talmente una sensibilità e una capacità sensoriale di acquisire dati, di avere vibrazioni, di avere la voglia di vivere ma anche di acquisire che c'è bisogno non solo della mamma ma anche del padre. E, allora, lo dico come esempio: Fidelity, che è una grande azienda del risparmio o dell'economia mondiale dei fondi, ha voluto dare anche al papà la possibilità di avere dei permessi di congedo uguali a quelli della mamma all'interno dei dodici mesi - e io aggiungo, se fosse possibile, diciotto - per dare la stessa possibilità di educazione sia del papà che della mamma. Anche questo è un grande obiettivo; un obiettivo che alcune aziende private stanno valutando in maniera molto interessante e anche praticamente attenta, perché fa parte di quel grande obiettivo della comunità familiare e della crescita della comunità familiare di tutti i dipendenti di quell'azienda ed è una crescita anche per l'azienda. Allora, se il privato comincia a fare questi ragionamenti, onorevole Ministro, cominciamo a farli anche noi, perché è una crescita dell'intero Paese.

Aggiungo - e finisco già, perché non voglio ripetere le cose che dicono gli altri - che c'è notevole confusione negli aiuti alla famiglia sia per regioni sia per comuni sia per enti locali in Italia. Ci sono situazioni molto interessanti delle province autonome che hanno dei soldi ma hanno anche tanta sensibilità e ci sono situazioni molto meno interessanti. Ecco, assegno unico; all'assegno unico, come diceva l'ex Ministro del sociale, l'onorevole leghista, ci devo mettere assieme anche gli altri interventi che sono programmati già. Non si può dire assegno unico e togliere tutto il resto, perché altrimenti la sedia va giù.

E poi aggiungo un'altra cosa, secondo me interessante, che deve essere portata avanti. Va bene il figlio, però noi dobbiamo mandare un messaggio alle famiglie: ossia che il concepire dei figli non è un ostacolo, ma una crescita per l'intero sistema familiare. Quindi, occorre incentivare e questo lo dico con certezza perché, in alcuni Paesi, lo si fa. Anche il doppio figlio, anche la seconda nascita è un grande obiettivo, perché in quel caso si forma una vera famiglia. È vero: basta anche un figlio, ma, nella crisi che abbiamo, stimolare e incentivare anche la seconda nascita significa far crescere un vero e completo nucleo familiare. E, allora, con riferimento a ciò - e manca in questo progetto di legge, in questa delega - dobbiamo ragionare sul concetto di famiglia numerosa. Non dobbiamo più vedere una famiglia numerosa fatta da tre e più soggetti nati, perché i tempi cambiano. I due figli nati in una famiglia sono già, in questo momento, un grandissimo obiettivo e lo dobbiamo mettere nella delega al Governo che è un obiettivo, perché, lo ripeto, anche dal punto di vista pedagogico e sociale della famiglia, è una grande crescita.

Io termino questo intervento, chiedendole solamente una certezza: di soldi, di programmazione e di grande pubblicità. Le ricordo che molti nuclei familiari non sanno neanche ancora, quando concepiscono un figlio, cosa possono avere a disposizione. Vanno in comune e chiedono e, molte volte, si ritrovano ad avere delle idee talmente confuse che non chiedono neppure. Ecco, la trasparenza e la pubblicità su queste azioni faranno crescere la nostra popolazione e le nostre famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Gadda. Ne ha facoltà.

MARIA CHIARA GADDA (IV). Grazie, Presidente. Signora Ministra, noi stiamo vivendo un momento storico in cui non solo è necessario fare delle scelte ma, soprattutto, dobbiamo decidere come e dove indirizziamo le risorse perché le persone ne vedano gli effetti. Infatti, per troppo tempo la mancanza di scelte ma soprattutto una corretta definizione di come queste risorse dovevano essere utilizzate e indirizzate non ha consentito alle persone di tornare ad avere fiducia e oggi insieme - e l'abbiamo ascoltato in questo interessante e approfondito dibattito - arriva un'importante linea di demarcazione, un punto di riferimento fondamentale, grazie alla sua tenacia, signora Ministra, ma grazie anche all'impegno corale del Parlamento e di tutte le forze politiche. È una linea di demarcazione che finalmente sancisce che non dobbiamo solo parlare di famiglia ma anche agire nella direzione di politiche per e con la famiglia, perché la società in questi anni è cambiata e soprattutto è cambiato il senso, la richiesta fortissima, non solo nel nostro Paese ma anche nella nostra Europa, di protezione sociale da parte delle persone. Questa tappa non è una tappa esclusiva, come è stato detto, ma fa parte di un progetto di sistema che è il Family Act, che vede nell'assegno universale un punto chiave ma non l'unico. È un testo che arriva in Parlamento grazie davvero a un lavoro importante anche della Commissione affari sociali e all'impegno di tutte le forze politiche e così deve essere, perché questo tema deve essere davvero patrimonio di tutta la nostra comunità e società.

Le riforme vere - e io credo che il Family Act sia proprio questo - non sono solo un elenco di misure o di benefici, ma portano dietro di sé un carico che è prima di tutto culturale, che è in grado di sedimentare effetti di lungo periodo e portare con sé altri mutamenti, non soltanto sull'oggetto della delega o delle misure ma nel mondo del lavoro, nell'impatto culturale di queste scelte e in tutti quei mutamenti che sono necessari apportare anche nel rapporto tra istituzioni, cittadini e famiglie. Io credo, quando si parla di riforme, che le riforme portino sempre con sé un grande grado di innovazione e soprattutto un'anima, perché, non si ricorda mai, ma le leggi e le riforme hanno sempre un'anima, un filo conduttore che le porta davvero a consentire un cambiamento e un mutamento nella società e credo poi che sia questo l'obiettivo e anche il fine ultimo della politica, cioè cambiare le cose, migliorarle e cambiare le condizioni di vita delle persone.

Io credo che il Family Act porti tre innovazioni fondamentali: l'universalità nella progressività e nella continuità, la centralità della famiglia, della persona, dei bambini e delle bambine e, soprattutto, la corresponsabilità. Rispetto a cosa? Rispetto al futuro che vogliamo dare al nostro Paese e alla qualità della vita, perché oggi insieme alla necessità di protezione sociale c'è una grande richiesta, da parte delle persone e delle famiglie, rispetto alla qualità della vita, al benessere, a come si vive e si sta in questa società e con chi, all'interno di una comunità e non come soggetti singoli, e per quanto riguarda la universalità nella progressività e nella continuità, come è stato detto più volte questa mattina, perché per sedimentare e per consentire degli effetti è necessario dare una visione di continuità.

Io credo che questa sia una parola molto preziosa. Ogni società che si è evoluta si è basata su dei diritti universali e questo è legato non soltanto alla platea dei soggetti ma anche alla progressività e all'attenzione, alla cura, al senso di protezione che si deve dare, in una società evoluta, alle persone più fragili, e questo credo sia un punto importante contenuto all'interno del Family Act. Una società davvero moderna e davvero evoluta non può non partire dai diritti dei bambini e delle persone più fragili.

Questo è un punto fondamentale perché all'interno del Family Act si fa anche un'inversione culturale dal punto di vista di come ci si approccia al sostegno alle famiglie, che non può essere la sommatoria di benefici di tipo fiscale. È, questo, anche un insieme di risorse, ma che in questi anni, nella frammentazione e nella discontinuità delle misure, non ha consentito alle persone di vedere l'effetto di quelle scelte e di percepire qual è il sostegno reale che le istituzioni hanno comunque dato in questi anni. E, quindi, una misura organica, un assegno di tipo universale ma all'interno di un piano più strutturato, ha proprio questo senso, di consentire alle persone di tornare ad avere fiducia e di percepire che la politica, che le istituzioni credono nel progetto di vita all'interno di una comunità.

E la centralità della famiglia e della persona e dei bambini, anche qui, parte da un presupposto diverso, appunto non dalla sommatoria dei benefici, ma da un concetto diverso: dal prendersi cura e dal partire dai bisogni, dai bisogni che oggi la nostra comunità, la nostra società sta manifestando. E noi questo percorso, di fatto, l'abbiamo avviato, come è stato ripetuto, non oggi, ma io credo che anche nella scorsa legislatura ci sia stato un passaggio molto importante rispetto ad un approccio, un cambiamento di tipo culturale rispetto a questo punto di vista, perché dare centralità alla famiglia, alle persone, e alle persone più fragili, significa dare centralità alle scelte di vita, ed è prioritario che nel Family Act si dia priorità alla scelta di vita autonoma. Non è semplicemente pensare di dare un sostegno all'affitto, alle genitorialità: significa dare centralità a tutti i soggetti di poter avere una vita autonoma, di trovare soddisfazione. Noi siamo in un momento storico in cui anche la politica può cambiare vocabolario: siamo in un'Aula parlamentare, nel luogo dove si prendono le decisioni, e oggi parliamo di felicità, di soddisfazione, perché dare una risposta alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, dare una risposta alla corresponsabilità nella gestione della famiglia, nella presa in carico e cura dei minori, delle persone con disabilità, vuol dire dare delle risposte in questa direzione e dare una risposta all'esigenza di soddisfazione e di prendersi cura delle famiglie, e la corresponsabilità rispetto al futuro e alla qualità della vita. Ecco, credo che su questo noi oggi diamo anche attuazione e stabiliamo un punto di riferimento molto importante rispetto ad un articolo di cui si parla poco nella Costituzione, che è l'articolo 118, che parla di sussidiarietà. Già allora, in modo molto moderno, i nostri padri e le nostre madri costituenti seppero declinare la responsabilità che la società, nella sua interezza, intesa come istituzioni, come aggregazioni sociali, Terzo settore, le persone, nelle loro diverse responsabilità, hanno rispetto alle persone più fragili e rispetto alla qualità della vita e al benessere delle nostre comunità.

Credo che, da questo punto di vista, davvero segniamo un cambio di passo dal punto di vista culturale, che determinerà, io auspico, ma soprattutto credo, un cambiamento anche nell'approccio con il quale le nostre istituzioni si indirizzano verso le politiche per la famiglia, è stato ricordato più volte, questa mattina; ma l'emergenza sanitaria, che è diventata emergenza sociale ed emergenza economica, ha messo in luce le tante potenzialità da un lato (e la famiglia è sicuramente un pilastro fondante del nostro Paese e della nostra coesione sociale), dall'altro ha mostrato anche le tante fragilità del nostro sistema, le tante risposte non date, in questi anni: con grandi disomogeneità territoriali, con servizi che mancano nei territori. E quando parlavo, all'inizio di questo intervento, del progresso della società legato ai bisogni e ai diritti delle persone più fragili, tra questi diritti, se pensiamo ad esempio ai diritti delle persone con disabilità o a quelli dei minori, se pensiamo alla Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, c'è anche quello di poter accedere a dei servizi di qualità nei tempi, nei modi e a costi sostenibili.

Da questo punto di vista, quindi, inserire un piano organico, un piano strutturato che metta al centro i bisogni e, oso aggiungere, anche i sogni delle persone, delle famiglie, delle loro prospettive di vita, credo che ci porterà un passo avanti, e porterà la politica un passo avanti, rispetto alla fiducia che i cittadini devono poter riporre. Perché poi costituire una famiglia è un grandissimo atto di fiducia, a cui noi dobbiamo dare un valore: e credo che questo valore, con questa prima tappa di un lungo, complesso, ma interessante percorso, la stiamo dando (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Menga. Ne ha facoltà.

ROSA MENGA (M5S). Grazie, Presidente. Gentile Ministra, colleghe e colleghi, la proposta di legge che discutiamo oggi in quest'Aula reca una delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'istituzione di un assegno, unico e universale.

Prima di entrare nel merito della proposta, mi preme però evidenziare in quale contesto demografico, sociale ed economico essa trova spazio, e quali sia stato dunque il motivo dell'impegno, e anche dell'urgenza, con i quali - e va dato atto di ciò - tutte le forze politiche in Commissione affari sociali hanno lavorato al provvedimento.

Numerosissimi sono i dati in nostro possesso che confermano la drammatica realtà del nostro Paese in merito alle difficoltà che ogni giorno le famiglie italiane sperimentano a causa di una scelta che dovrebbe essere, invece, quanto più possibile serena e naturale, ed è la scelta di mettere al mondo o di adottare dei figli e di prendersi cura di loro, assecondando le loro naturali inclinazioni e provvedendo alle loro necessità. E, invece, secondo quanto rilevato dal rapporto annuale Istat sulle prospettive demografiche, l'Italia è un Paese sempre meno popoloso, sempre più vecchio e con sempre meno nascite. Cito solo pochi, ma drammatici dati: in dieci anni, dal 2008 al 2018, abbiamo raggiunto il record del saldo naturale, ovvero della differenza tra il numero dei nati e il numero dei morti nel nostro Paese, in negativo di 191 mila unità; e sempre nell'arco dello stesso decennio abbiamo assistito ad una riduzione costante delle nascite, diminuite di quasi 130 mila unità, e ad un aumento dei decessi, che ovviamente non è legato ai passi avanti che, invece, sono stati compiuti dalla scienza medica nella cura di tante patologie, ma è ovviamente da attribuirsi ad un inesorabile, progressivo invecchiamento della popolazione. Ed è superfluo e doloroso evidenziare come, in questo quadro, già problematico, l'emergenza legata alla pandemia da COVID-19 abbia soltanto contribuito all'acuirsi del declino demografico. Inoltre al 1° gennaio 2019 i residenti in Italia sono stati calcolati pari a circa 60,4 milioni, e sono purtroppo 400 mila in meno rispetto al 1° gennaio 2015: è quasi come se una città grande come Bologna o come Firenze fosse stata totalmente cancellata, in soli quattro anni.

L'esperienza della genitorialità sembra diventare una prospettiva di vita sempre più fonte di preoccupazione e di incertezza, e per questo motivo rimandata se non addirittura evitata. Il numero medio di figli per donna stimato dall'Istat nel 2018 è di appena 1,29, con un'età media al momento della nascita del primo figlio che è arrivata a superare i 31 anni; e ancor più scoraggiante è il quadro che emerge dai dati relativi al tasso di occupazione femminile, se confrontato con il tasso di occupazione maschile. Infatti, si vede da tutti i grafici che quanto più aumenta il numero di figli, tanto più si allarga la forbice tra uomo e donna, a scapito purtroppo di queste ultime, a conferma del fatto che la partecipazione femminile al mercato del lavoro è purtroppo ancora oggi influenzata dal ruolo ricoperto in famiglia, e che è ancora molto difficile, se non impossibile, soprattutto per le donne, riuscire a conciliare il lavoro retribuito con il lavoro di cura.

La politica tutta ha, allora, il dovere di interrogarsi e di trovare rapidamente soluzioni da porre in essere per contrastare questo declino e per ridare sicurezza e fiducia alle famiglie italiane, a maggior ragione in un periodo storico come questo in cui tutto sembra incerto. In questo solco si è già mosso il nostro Governo, che lo scorso 11 giugno, in Consiglio dei ministri, ha approvato il cosiddetto Family Act, un disegno di legge che va appunto a delineare la cornice normativa volta a sostenere la genitorialità, ma anche la funzione sociale ed educativa delle famiglie, a contrastare la denatalità, a valorizzare la crescita armoniosa dei nostri bambini, dei nostri giovani e a favorire la conciliazione della vita familiare con il lavoro, in particolare con il lavoro femminile.

Il Governo si è impegnato ad introdurre entro due anni una serie di agevolazioni fiscali e aiuti per le famiglie con figli, ad esempio riconoscendo un'indennità integrativa della retribuzione per le madri lavoratrici, erogando contributi alle spese per libri, sport e attività culturali dei ragazzi, nonché per pagare l'affitto dei figli all'università. A completamento, ma a valorizzazione di questa già ammirevole iniziativa, si inserisce appunto questa proposta di legge di iniziativa parlamentare, a prima firma del collega Delrio, che ha visto tutte le forze politiche intensamente coinvolte, con l'obiettivo comune di razionalizzare e meglio utilizzare le risorse economiche già impiegate nelle politiche della famiglia, per istituire appunto un assegno unico familiare. Il testo esaminato in Commissione è stato ampiamente modificato. Abbiamo anzitutto soppresso il vecchio articolo 3, che recava la delega al Governo per l'istituzione della dote unica per i servizi a favore dei figli a carico, poiché, come ho appena ricordato, il Governo si è già impegnato in tal senso attraverso il Family Act. Abbiamo individuato poi i principi che l'assegno unico dovrà rispettare e, in particolare, abbiamo stabilito che venga assicurato per ciascun figlio a carico e che venga ripartito in pari misura tra i genitori e riconosciuto universalmente alle famiglie, rispettando però il criterio costituzionalmente garantito della progressività, quindi andrà modulato secondo la condizione economica del nucleo familiare. Abbiamo concordato che il beneficio abbia inizio già prima della nascita del figlio ovvero a decorrere dal settimo mese di gravidanza, sostituendo così di fatto il cosiddetto bonus bebè e l'assegno verrà successivamente erogato sino al compimento del diciottesimo anno d'età e poi, in forma ridotta, sino al ventunesimo anno d'età, a patto però che il figlio sia impegnato in un percorso di studio o di formazione o sia in cerca di occupazione o abbia già intrapreso un'esperienza di servizio civile universale o di lavoro, ma con reddito minimo. Ritengo che questo sia un segnale molto importante di fiducia nei giovani meritevoli del nostro Paese e anche, se vogliamo, un segnale di responsabilizzazione, se consideriamo che, sempre in Commissione Affari sociali e anche grazie all'approvazione di un subemendamento a mia prima firma, abbiamo previsto che l'importo dell'assegno unico possa essere corrisposto non più al genitore, ma direttamente al figlio maggiorenne, se quest'ultimo ne fa richiesta. Inoltre, abbiamo voluto prevedere che l'assegno sia di importo maggiorato per i figli successivi al secondo. Siamo consapevoli del fatto che oggigiorno, se è per certi versi coraggioso mettere al mondo un figlio, lo è ancor di più quando i figli sono tre o più e mi piace pensare che questo sia un piccolo passo per normalizzare tale scelta, che desta spesso stupore, soprattutto se osservata con lo sguardo della generazione a cui io stessa appartengo. Abbiamo parimenti previsto un sostegno importante per i nuclei familiari con uno o più figli affetti da disabilità. In particolare, nell'ambito della delega che il Parlamento conferirà al Governo con questa proposta di legge, abbiamo chiesto che vengano individuate risorse economiche affinché l'assegno in favore dei figli disabili sia maggiorato in una misura compresa tra il 30 ed il 50 per cento e che tale maggiorazione sia graduata secondo la gravità della disabilità stessa. Inoltre, l'assegno senza maggiorazione continuerà ad essere corrisposto anche dopo il ventunesimo anno, senza un limite d'età prefissato, purché il figlio risulti ancora a carico dei genitori. Infine, sempre per questi nuclei familiari, abbiamo espressamente specificato che l'assegno non dovrà essere considerato ai fini del calcolo delle prestazioni sociali agevolate, dei trattamenti assistenziali e di qualsiasi altra prestazione dedicata alle persone disabili, quindi potrà solo andare ad aggiungersi come reale supporto per queste famiglie. Ultima, ma non per importanza, la modifica al testo con la quale abbiamo esplicitato la piena compatibilità dell'assegno con la fruizione del reddito di cittadinanza. Abbiamo anche respinto, in Commissione, qualsiasi proposta emendativa giunta dalle forze di opposizione, che mirava a reperire risorse per finanziare la misura dell'assegno unico familiare, operando tagli al reddito di cittadinanza. Come MoVimento 5 Stelle, infatti, non avremmo potuto accettare che si utilizzasse questo provvedimento per depotenziare il nostro. Il sostegno alle famiglie, che vogliamo dare con questa giusta e condivisibile proposta di legge, non può e non deve essere scisso da una politica di lungo periodo, che miri, come già stiamo facendo, all'aiuto ai più deboli, al contrasto alla povertà e all'inserimento o reinserimento lavorativo.

Sono certa, infatti, che alle giovani coppie di oggi e alle famiglie del domani non manchi il coraggio, bensì la visione di un futuro sicuro e stabile ed è questa visione che abbiamo il compito di ricostruire, con interventi normativi che non si pongano in contrasto gli uni con gli altri, come mere banderuole sventolate da questo o quell'altro partito politico, ma che anzi si coordinino e si completino a vicenda e che siano anche perfezionabili nel tempo, man mano che se ne osservano gli effetti, perché quando parliamo di futuro non possiamo pensare che basti l'entrata in vigore di una legge a cambiarlo radicalmente e subitaneamente. Dunque, Presidente, Ministra, colleghi, andiamo avanti così con il reddito di cittadinanza, con il Family Act e anche ovviamente con la proposta di legge sull'assegno unico, che oggi abbiamo discusso in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio onorevole Menga. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 687-A)

PRESIDENTE. Avrebbe facoltà di replicare il relatore, ma ha finito il tempo, se ha bisogno di qualche secondo glielo do; no. Ha facoltà invece di replicare la rappresentante del Governo, la Ministra Bonetti. Prego, Ministra.

ELENA BONETTI, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia. Grazie Presidente, davvero grazie onorevoli deputate e deputati, grazie per questo dibattito, che ha avviato un percorso importante all'interno di quest'Aula, un dibattito franco, costruttivo, arricchente e che dà seguito anche ad un lavoro altrettanto prezioso e importante che si è svolto in Commissione e per questo vorrei in particolare ringraziare sia la Presidente che nuovamente il relatore, nonché tutte le forze sia di maggioranza che di opposizione. Mi associo al ringraziamento fatto anche alle associazioni e alle realtà familiari che, in questi anni, hanno contribuito ad un dibattito pubblico che ha permesso quel cambio di carattere culturale che oggi ci permette, credo, di essere qui in quest'Aula a dibattere di questo importante provvedimento. Vorrei partire da un dato che è appena stato citato tra i tanti: l'11 febbraio abbiamo dovuto assumerci la consapevolezza che il rapporto tra la natalità e la mortalità del nostro Paese aveva raggiunto un livello così basso da paragonare questo nostro tempo al 1918, cioè dopo il primo conflitto bellico. Ahimè prima, questo dato, della pandemia e della tragedia enorme che abbiamo dovuto vivere e quindi sì, è questo il momento giusto nel quale noi oggi siamo chiamati a intervenire, perché noi oggi siamo chiamati di nuovo a stabilire in quale direzione far andare la storia del nostro Paese. È una responsabilità di questo Parlamento ed è una responsabilità che il Governo si è voluto assumere, approvando il Family Act come primo disegno di legge nel momento della ripartenza, l'11 giugno. All'interno del Family Act, la proposta dell'assegno unico universale certamente rappresenta una colonna fondamentale ed è per questo, riconoscendo la maturità del percorso parlamentare e, in particolare, della proposta di legge a prima firma Delrio, ma anche dei contributi che sono arrivati da tutte le forze politiche, che si è voluto sostenere e procedere con un'accelerazione nel dibattito, sia in Commissione che all'interno di quest'Aula, ma, come tanti hanno in realtà richiamato, anche il valore e l'efficacia di questo strumento va inserito e iscritto all'interno di una progettualità di sistema, che vede accanto a questa misura l'investimento in servizi e sostegno all'educazione delle nuove generazioni, promozione di maggiore parità di genere, corresponsabilità nell'ambito familiare, incentivi importanti per il lavoro femminile e protagonismo dei giovani e delle giovani coppie. Da Ministra con la delega per le pari opportunità non posso che richiamare e condividere che solo politiche di investimento nel lavoro femminile possono, anche nell'ambito demografico, avere un'efficacia significativa. Ecco, io credo che dobbiamo dire con chiarezza qual è il cambio di paradigma che abbiamo e stiamo iniziando ad operare, che è quello di riconoscere finalmente le famiglie, nel nostro Paese, come soggetti capaci di contribuire ed è per questo che è importante riconoscere - lo ha fatto il relatore - che questo provvedimento è di fatto il primo principio su cui anche il Governo intende costruire la riforma fiscale, che ha messo nel proprio programma. Questo ci permette anche di fare un altro passaggio: le politiche familiari non sono più politiche di costo, sono politiche di investimento e in questo sono qui a rassicurare, a nome del Governo, un impegno fattivo nel reperimento delle risorse per permettere l'attuazione di quanto è previsto dalla legge delega, ma anche nel valorizzare quegli elementi che, all'interno della legge delega - penso in particolare alla promozione del lavoro femminile - possono invece, altresì, rappresentare investimento e reperimento di risorse, quindi non solo costo. Investiamo in umanità, nel valore universale delle nuove generazioni, di tutti i bambini e le bambine e lo abbiamo fortemente voluto, questo elemento di universalità e ringrazio le opposizioni per averlo costantemente e tenacemente sollecitato e risottolineato.

Investimento, semplificazione, chiarezza, stabilità sono gli elementi che permettono alla proposta di legge di attivare una progettualità per le famiglie del nostro Paese ed è la progettualità necessaria perché il Paese assuma il coraggio della speranza che oggi il nostro Paese è chiamato ad assumere. Mi piace dedicare questo inizio di percorso parlamentare ai quindici bambini che, come è stato richiamato, sono nati in 24 ore in uno dei territori e degli ospedali più lacerati dalla tragedia che abbiamo appena vissuto, e a tutti i bambini che sono nati in questi mesi di grande difficoltà per il nostro Paese. Vorrei che si sentissero accompagnati nella loro crescita, custoditi e, in particolare, da mamma e da donna, lasciatemi dire che spero che le bambine che sono nate abbiano la consapevolezza che non dovranno mai più farsi una domanda che troppe donne nel nostro Paese si sono fatte o che è stata loro posta: devi scegliere tra l'essere madre o l'essere lavoratrice (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Italia Viva). Credo che il Parlamento sia all'altezza - lo ha ampiamente dimostrato - della responsabilità che la storia in qualche modo gli sta consegnando; penso che siamo chiamati oggi davvero a riconciliare il Paese anche attraverso il percorso di approvazione del provvedimento in esame, perché sarà un provvedimento che farà davvero il bene del Paese, sarà per tutti solo se sarà di tutti. L'impegno del Governo è di accompagnarne il percorso in questa direzione per mantenere alta la responsabilità e il sogno che oggi abbiamo in cuore (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle, Partito Democratico e Italia Viva).

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito dell'esame del provvedimento. Avverto tuttavia che la Commissione Bilancio, avendo richiesto al Governo una relazione tecnica, non ha espresso il parere sul testo della proposta di legge. Il seguito dell'esame del provvedimento, già previsto per la seduta odierna, non avrà quindi luogo e la sua futura iscrizione all'ordine del giorno potrà essere presa in considerazione, anzi, sarà senz'altro presa in considerazione in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.

Sospendiamo quindi la seduta che riprenderà alle ore 15 con le interrogazioni a risposta immediata, con la partecipazione, come sapete, del Presidente del Consiglio dei ministri. La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 11,42, è ripresa alle 15.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ROBERTO FICO

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderà il Presidente del Consiglio dei ministri. Invito gli oratori ad un rigoroso rispetto dei tempi, anche considerata la diretta televisiva in corso.

(Iniziative volte al rilancio economico e al potenziamento infrastrutturale del Paese, anche tramite la semplificazione dei procedimenti di autorizzazione - n. 3-01640)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interrogazione all'ordine del giorno, Paita ed altri n. 3-01640 (Vedi l'allegato A).

La deputata Fregolent ha facoltà di illustrare l'interrogazione di cui è cofirmataria.

SILVIA FREGOLENT (IV). Grazie, signor Presidente. Buongiorno Presidente del Consiglio, come ella ben saprà, la chiusura di attività economiche a causa dell'emergenza sanitaria da COVID-19 sta provocando una grave crisi economica nel nostro Paese. Ovviamente noi siamo consapevoli della difficoltà del rilancio economico dell'intera struttura nazionale ed è per questo che già in tempi non sospetti, nell'ottobre 2019, nella mia città Torino, Italia Viva e Matteo Renzi presentarono il piano shock, un piano di investimenti infrastrutturali, non soltanto ferroviari e viari, ma che riguardavano anche la sicurezza delle scuole, la rete Internet, insomma un piano ambizioso per il nostro Paese, da 120 miliardi, da sbloccare subito con sei semplici articoli. Ecco, pensiamo che sia il momento di arrivare ad una condivisione di questo piano e arrivare alla approvazione di questo piano, attraverso norme molto semplici, che prevedono l'individuazione di opere ben precise da parte del Governo, la nomina di commissari come nel modello Genova, che a lei deve essere molto caro o Expo o Pompei, insomma a modelli semplici che rendano effettiva l'azione e la definizione di queste opere. Per questo che noi, come Italia Viva, interroghiamo su quali sono le iniziative che il Governo vuole porre per il rilancio economico e, in particolare, infrastrutturale del nostro Paese.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Grazie, signor Presidente. La pandemia da COVID-19 ha determinato una recessione senza precedenti. Fra gli strumenti adottati per riportare il Paese su un sentiero di crescita vi è senz'altro lo schema di decreto-legge sulle semplificazioni che stiamo discutendo in queste ore. Con questo vogliamo intervenire nelle varie fasi che interessano la realizzazione delle opere pubbliche. Io ho definito questo decreto-legge la madre di tutte le riforme. Lo ritengo indispensabile, insieme a tutto il Governo, per modernizzare l'Italia, tornare a far correre il Paese ed è per questo che in queste ore, a livello governativo, con il coinvolgimento delle forze di maggioranza, ci stiamo confrontando in maniera costruttiva per trovare le soluzioni migliori.

Le misure che saranno introdotte con questo decreto-legge sono volte a produrre un'accelerazione e una semplificazione dell'iter di realizzazione delle opere e sono accompagnate - tengo a precisarlo - anche da un rafforzamento dei presidi di legalità.

Per quanto riguarda la fase dell'affidamento delle opere, si prevede una semplificazione delle procedure esistenti, consentendo alle stazioni appaltanti anche di affidare i contratti in modo più semplice, più rapido per questo periodo transitorio che abbiamo individuato. Per quanto riguarda, poi, alcune opere di particolare interesse nazionale, ma non solo, si è previsto di introdurre compatibilmente con il diritto europeo la procedura negoziata, anche senza bando, e qui anche abbiamo fatto riferimento alla comunicazione della Commissione europea in materia di appalti e COVID-19. La deroga alle norme in oggetto – ripeto, la deroga, che è stata contemplata per un periodo ben definito, è accompagnata da specifiche misure in tema di trasparenza, pubblicazione degli atti, controlli di antimafia che sono, da un lato, semplificati ma, dall'altro lato, anche rafforzati con il puntuale riconoscimento normativo anche dei protocolli di legalità. Le misure intervengono anche nella fase dell'esecuzione, al fine di accelerare non solo la cantierizzazione delle opere, ma soprattutto la loro realizzazione e, a tal proposito, si limitano le ipotesi in cui è possibile sospendere l'esecuzione delle opere pubbliche e si ampliano anche gli strumenti e i criteri che la stazione appaltante può seguire per assicurare la prosecuzione dei lavori.

Nella predisposizione del decreto-legge sono state valutate approfonditamente, studiate e, in buona parte dei casi, anche accolte, le proposte di Italia Viva e, quindi, mi riferisco alle sollecitazioni formulate dagli interroganti. Fra le misure previste dal decreto-legge, ad esempio, vi sono interventi nella fase contenziosa per rendere ancora più veloce il processo amministrativo, per evitare sospensioni delle gare pubbliche nelle ipotesi in cui non sia strettamente necessario per tutelare la legalità. Sono misure accompagnate anche da interventi sulla responsabilità dei pubblici dipendenti, perché vogliamo superare la cosiddetta paura della firma e, quindi, a questo fine, limitiamo la responsabilità dei soggetti sottoposti - e concludo, Presidente - alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica per l'azione di responsabilità al solo profilo del dolo per le azioni, e non anche per le omissioni. Quindi, i pubblici dipendenti avranno maggiori rischi di incorrere in responsabilità in caso di non fare, d'ora in poi, rispetto al fare.

PRESIDENTE. La deputata Paita ha facoltà di replicare.

RAFFAELLA PAITA (IV). Grazie, Presidente. Quando, sette mesi fa, noi di Italia Viva abbiamo presentato il piano shock per le opere infrastrutturali del Paese, ma anche per quelle del dissesto idrogeologico e per l'edilizia scolastica, lo abbiamo fatto in un Paese che, naturalmente, aveva molti problemi, ma questi problemi non potevano essere paragonati alla situazione di emergenza che abbiamo vissuto e che stiamo ancora vivendo. Oggi più che mai, abbiamo bisogno di queste risposte. È vero, come lei ha detto, è in atto un lavoro, un confronto importante che coinvolge anche le forze della maggioranza. Abbiamo ancora qualche ora per poter portare a compimento un lavoro, ripeto, molto, molto importante e ci auguriamo che questo lavoro sappia raccogliere lo spirito iniziale della proposta che, come Italia Viva, abbiamo portato. Innanzitutto, un decreto che sia davvero semplice, costituito da pochi articoli e che costituisca in sé una novità assoluta in un impianto normativo, troppo spesso stratificato, e che sappia mettere in circolo risorse - attraverso i nostri approfondimenti, noi abbiamo individuato 120 miliardi di risorse già disponibili - per poter far davvero ripartire il Paese, un Paese che non può più aspettare, un Paese che ha bisogno di collegamenti ferroviari, portuali, stradali, che ha bisogno di scuole davvero ripristinate e sicure e che può, da subito, essere uno dei volani per la ripresa economica e anche per la ripresa occupazionale del Paese. Ci sono opere, Presidente, che davvero inspiegabilmente sono ferme: mi riferisco alla Gronda di Genova, che deve partire, che deve partire subito e che deve costituire, anche per quel territorio, un'occasione di vero rilancio. Abbiamo avuto inspiegabilmente una tempistica molto più breve, rispetto alla realizzazione del ponte nuovo, in riferimento ad altre scelte che, invece, non sono ancora state compiute. Ecco, utilizziamo questa straordinaria occasione che abbiamo di fronte per dare un segnale all'Italia; facciamolo, perché questo Paese non può davvero più attendere (Applausi dei deputati del gruppo Italia Viva).

(Intendimenti del Governo in merito ad un piano di rilancio del comparto siderurgico – n. 3-01641)

PRESIDENTE. Il deputato Guglielmo Epifani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01641 (Vedi l'allegato A).

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Grazie, signor Presidente. Signor Presidente del Consiglio, torniamo con questa interrogazione a porre il problema e l'allarme sulla condizione del settore siderurgico italiano, che già attraversava problemi e crisi prima della pandemia e che, naturalmente, con la pandemia vede accelerate tutte le sue problematiche. Perché lo facciamo? Perché, in queste settimane, sono successe cose che vanno esattamente in questa direzione: l'accordo di marzo fatto ArcelorMittal su Taranto, che coinvolgeva poi anche Genova e Novi Ligure, è stato rimesso in discussione e, ancora oggi, non sappiamo cosa voglia fare ArcelorMittal. Vuole restare o vuole andare? Secondo, Piombino: gli impegni presi, tutt'oggi, sono disattesi. L'azienda dice che li farà, i nuovi investimenti, ma, allo stato, non ci sono.

Come se questo non bastasse, in questi giorni, la Terni è stata messa in vendita da parte della Thyssen. Ora, se i problemi si aggravano malgrado lo sforzo del Governo, che cosa bisogna chiedere di più al Governo e al Paese per provare a dare una soluzione vera ai problemi di questo settore? L'interrogazione chiede al Governo di porsi seriamente di fronte a questo problema.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Grazie. Grazie per la sollecitazione per questa interrogazione. Preciso che il settore siderurgico costituisce, nella opinione del Governo, un elemento imprescindibile delle attività produttive del nostro Paese ed è per questo che lo consideriamo fortemente strategico. Come è noto, in Europa e in Italia, è in corso una perdurante crisi della siderurgia, ulteriormente aggravata adesso da questa emergenza epidemiologica. Alla luce di queste circostanze, l'obiettivo del Governo è realizzare un piano strategico per la siderurgia, che definisca nel dettaglio il fabbisogno di acciaio nel nostro Paese, le condizioni di mercato su cui i produttori devono muoversi, nel rispetto, ovviamente, delle regole europee del libero mercato, ma con la consapevolezza che sono necessari anche alcuni elementi di protezione commerciale. Il rilancio di questo settore passa non soltanto dalla ristrutturazione del comparto, in un'ottica sicuramente di maggiore competitività, ma anche per una specializzazione sugli acciai di qualità a beneficio di filiere ad alto valore aggiunto, come l'industria elettrotecnica e la meccanica di precisione, di cui l'Italia è leader e; ovviamente, passa anche attraverso una transizione energetica e crediamo che proprio questo settore debba orientarsi in questa direzione quanto prima per non rimanere ai margini, poi, del mercato e della competitività. Tale progetto di rilancio deve includere, naturalmente, anche ogni iniziativa necessaria alla soluzione delle crisi più gravi, tra cui l'ex Ilva di Taranto, la Acciai Speciali Terni, Jindal di Piombino.

ArcelorMittal ha comunicato ai commissari e ai rappresentanti delle istituzioni che per il sopraggiungere della pandemia le misure di contenimento adottate dal Governo hanno fortemente inciso sulla capacità produttiva dello stabilimento di Taranto e, di conseguenza, aveva la necessità di una rivisitazione del piano industriale. Attualmente la trattativa sta proseguendo, ArcelorMittal ha dichiarato che gli accordi di marzo sono vincolanti e intende rispettarli, seppure il Governo abbia bocciato il piano presentato dall'azienda il 5 giugno scorso. Come è noto, in queste ore, in questi giorni, si sta lavorando alla nuova compagine societaria contemporaneamente e si sta valutando anche un intervento pubblico, ricorrendone tutte le condizioni, perché riteniamo che questa sia la miglior garanzia per raggiungere i livelli occupazionali e gli obiettivi ambientali che il Governo considera qualificanti.

In secondo luogo, ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni ha annunciato la necessità di cessione di moltissimi stabilimenti in quanto non ritenuti strategici, similmente a quanto già annunciato due anni fa dall'azienda, la quale non ha, poi, lo ricordo, dato seguito a questo proposito. In attesa delle scelte che la proprietà vorrà compiere in termini di cessione azionaria, le interlocuzioni avvenute in questi giorni con l'amministratore delegato dell'azienda ci portano a ritenere che verrà confermato il piano industriale, il quale prevede investimenti per circa 60 milioni di euro e che i tempi non saranno brevi.

Ancora, per la Jindal si è delineato un percorso costruttivo condiviso, che garantisce i lavoratori e il prosieguo delle attività produttive a Piombino, che si inseriscono pienamente nell'ambito del piano allo studio del Governo per sostenere un nuovo modello di siderurgia ecosostenibile in Italia.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato Epifani.

ETTORE GUGLIELMO EPIFANI (LEU). Il fatto che il Governo riconosca, attraverso le sue parole, il bisogno di predisporre un piano strategico per il fabbisogno e l'utilizzo dell'acciaio per le imprese italiane è sicuramente un passo importante, del quale c'è bisogno. Provo a fare un esempio: se noi non abbiamo un'idea di che cosa serva al nostro sistema produttivo, qualcuno mi spiega come potremmo noi, di fronte alla vendita della Terni, dove potremmo avere due produttori italiani che hanno già dimostrato il loro interesse e almeno due grandi produttori stranieri che hanno dimostrato il loro interesse, magari, ipotesi, un grande cinese, magari, ipotesi, un altro grande indiano, mi sa dire qualcuno come il Governo italiano, insieme all'impresa, potrà esprimere un'opinione se prima non ha una sua opinione? E la stessa cosa vale per Piombino, perché non basta dire che il piano si farà, più in là, perché il tempo non sempre gioca a favore. In settori così pesanti, dove gli investimenti di innovazione e di ricerca, anche ambientali, sono fondamentali, il tempo gioca a nostro sfavore, e la stessa cosa riguarda Taranto, che oggi produce 2 milioni di tonnellate l'anno, cioè il minimo sindacale indispensabile per tenere aperti gli altiforni.

Per questo c'è bisogno di un piano e c'è bisogno di farlo presto; per farlo presto e bene c'è bisogno che il piano si faccia insieme alle imprese e insieme ai sindacati dei lavoratori. Ci vuole più concertazione di settore, perché solo questa assicura, di fronte a un bene intermedio per la produzione manifatturiera, di trovare le soluzioni migliori per l'Italia e, aggiungo, per l'Europa.

(Chiarimenti in ordine a ipotesi di riduzione dell'IVA, con particolare riferimento alle modalità dell'intervento e alle sue tempistiche, nonché in relazione a connesse ipotesi di accordo che comporterebbero l'utilizzo del MES – n. 3-01642)

PRESIDENTE. Il deputato Molinari ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01642 (Vedi l'allegato A).

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, al termine degli “Stati generali dell'economia” a Villa Pamphilj, dopo dieci giorni di incontri, lei, in conferenza stampa, ha lanciato una proposta che riteniamo molto interessante e su cui ci piacerebbe collaborare, una volta approfondita, e che è l'ipotesi di un taglio selettivo dell'IVA, esattamente come fatto in Germania e in altri Paesi. Riteniamo questa proposta interessante, perché un'azione sulla leva fiscale è quanto noi proponiamo dal primo giorno della crisi COVID e della conseguente crisi economica ed è quanto propongono tutte le categorie produttive, anche prima degli incontri a Villa Pamphilj, perché in tutte le audizioni sul “decreto Rilancio” la richiesta che tutti avevano fatto era quella di un taglio della pressione fiscale.

Quello che è successo dopo, però, può dare un quadro plastico al Paese sul perché la Lega e il centrodestra non abbiano voluto partecipare a quella kermesse, perché, un secondo dopo la sua proposta di buonsenso, sono partiti i distinguo nella sua maggioranza, a partire dal Ministro dell'Economia e dei vari partiti che fanno parte della maggioranza, a ritenere che quella proposta potesse essere rivista, che ci sarebbero altre priorità, che serve uno shock fiscale. Fondamentalmente, dal nostro punto di vista, avete dimostrato nuovamente come Governo di non essere in grado di decidere e di essere sotto ricatto delle varie componenti della vostra maggioranza. Con il question time di oggi, noi vorremmo sapere se la proposta del taglio dell'IVA è ancora sul tavolo e, se lo è, come intende portarla avanti (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. In merito al quesito posto dagli onorevoli interroganti, giova evidenziare che questo Governo sta lavorando ad un'ampia riforma della tassazione diretta e indiretta, finalizzata a definire e disegnare un fisco equo, semplice e trasparente per i cittadini. È una riforma che non si può attuare nel giro di pochi giorni o di poche settimane; ovviamente, l'obiettivo non è aumentare, ma ridurre la pressione fiscale sui ceti medi, sulle famiglie con figli e accelerare la transizione del sistema economico verso una maggiore sostenibilità ambientale e sociale. Punti chiave della riforma saranno la semplificazione, la rimodulazione delle aliquote fiscali e, allo stesso tempo, le scelte fiscali dovranno supportare la politica industriale nel processo di riconversione successivo alla crisi sanitaria e agevolare le produzioni in quei settori dove l'emergenza epidemiologica ha evidenziato una carenza produttiva, a fronte di un'evidente necessità per gli approvvigionamenti nazionali. Dai momenti di confronto all'interno degli incontri di “Progettiamo il Rilancio”, la consultazione nazionale che abbiamo avuto a Villa Pamphilj, sono emersi, lo confermo, diversi spunti di riflessione su possibili interventi futuri in chiave fiscale. In molti hanno condiviso la scelta di ridurre ulteriormente il cuneo fiscale, sul quale siamo già intervenuti, lo ricordo, con la legge di bilancio per il 2020; infatti, a partire dal mese di luglio, 16 milioni di lavoratori avranno un aumento concreto in busta paga. In linea con le richieste giunte abbiamo già deciso di rendere questa misura strutturale. Anche il potenziamento del sisma bonus, dell'ecobonus, è stato apprezzato e abbiamo registrato da più parti un notevole interesse per questo tipo di interventi.

Fra le proposte pervenute durante i tavoli di confronto vi è stata anche quella di un possibile intervento specifico sulle aliquote IVA, in relazione anche alla possibilità di introdurre, soprattutto in questo periodo, misure di sostegno ai consumatori. E qui, se mi permette, ma è nella sua stessa interrogazione, non c'è discrasia tra la voce del Presidente e la voce del Ministro, abbiamo tutti confermato che è un'ipotesi, non abbiamo ancora deciso sul punto, la stiamo valutando. Il Governo, in particolare, ha ribadito la volontà di valutare - lo ripeto, nessuna decisione è stata presa - interventi anche sul lato della domanda che tengano conto del quadro normativo comunitario, del contesto e delle misure adottate anche da altri Paesi. A tal proposito, una possibile linea di intervento - possibile, dovrà essere valutata dal Governo in relazione al costo, alla durata e all'impatto atteso sull'economia - è quella di introdurre anche misure premiali volte a incentivare l'utilizzo dei pagamenti digitali tramite meccanismi di cashback, in linea con la strategia già intrapresa dal Governo per la promozione degli strumenti di pagamento elettronici o digitali, che dir si voglia.

Infine, ricordo che non vi è alcuna connessione tra le linee di credito del MES, del tipo Pandemic Crisis Support, previste solo per spese sanitarie dirette e indirette legate al COVID-19, e le scelte generali di politica di bilancio dei governi nazionali, riguardanti la spesa pubblica e la tassazione.

PRESIDENTE. Il deputato Molinari ha facoltà di replicare.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, apprezziamo che lei e il suo Governo stiate valutando delle misure per alleggerire la pressione fiscale, ma il dato di fatto è che, sulla proposta che ha fatto lei, a Villa Pamphilj, sul taglio dell'IVA, una risposta oggi non ce l'ha data e, quindi, la informo che le partite IVA, le imprese, i commercianti e gli artigiani avrebbero bisogno di una risposta oggi, non tra qualche mese (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); pertanto, sarebbe opportuno che faceste in fretta a decidere come agire sulla leva fiscale. Le dico quella che è la nostra idea sull'IVA per dare un contributo costruttivo a questo dibattito. Noi riteniamo che un taglio dell'IVA abbia senso sul modello tedesco, che debba essere limitato nel tempo e bisogna scegliere su quale settore lo vogliamo fare, perché, vede, fare un taglio di un punto percentuale di IVA, che costa 4 miliardi e mezzo, su tutti i consumi, non genererebbe un aumento degli acquisti e un aumento dei consumi, perché pagare un prodotto da 122 euro a 121 è evidente che non cambia nulla; se noi invece facciamo una scelta strategica e decidiamo di tagliare di dieci punti, ad esempio, la percentuale di IVA su un particolare settore potremmo avere un incremento. Le faccio un esempio, quello del settore turistico alberghiero, il settore delle vacanze, che è stato particolarmente colpito dalla pandemia. Se, invece, che mettere due miliardi e mezzo di euro sul bonus vacanze che, dal nostro punto di vista, non servirebbero a niente, avessimo agito sulla leva fiscale, probabilmente avremmo incentivato di più quel settore (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

La stessa cosa si può dire, dal nostro punto di vista, su altri tipi di interventi. Nel “decreto Rilancio” - anche qui, vi do un'informazione - l'opportunità di agire c'era già adesso, perché quando si spendono 55 miliardi, il fatto che non si metta una sola misura sul taglio delle tasse, dimostra che l'atteggiamento della maggioranza non è quello di incentivare la produttività e i consumi ma è quello delle mance, è quello dei bonus a pioggia (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier) che non vanno a risolvere niente ma sono figli di una logica assistenziale. Questa logica ha creato anche delle ingiustizie di fondo, come ad esempio quella sulle partite IVA, perché voi avete messo 6 miliardi di euro per il bonus di 600 euro alle partite IVA; se volevamo fare una riforma fiscale in quel settore, c'è una norma che è già legge dello Stato, che è prevista nella legge di bilancio 2019, e che è l'estensione della mini flat-tax per chi fattura tra i 65 mila e i 100 mila euro (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier); dalle tabelle del MEF questa operazione sul 2021 sarebbe costata un miliardo e 100 milioni, quindi, molto meno dei 6 miliardi che avete messo per il bonus, anche perché il bonus, non cancellando le tasse, ma soltanto spostandole, ha il sapore della beffa per gli artigiani, le partite IVA e gli imprenditori…

PRESIDENTE. Concluda.

RICCARDO MOLINARI (LEGA). Infatti, il messaggio che dà il Governo - e chiudo, signor Presidente - è che chi lavora, ha un'impresa, uno studio professionale, alza la serranda tutti i giorni, dallo Stato - non avendo potuto lavorare - riceve 600 euro, che è meno di chi prende il reddito di cittadinanza, ma, ancor di più, è meno del nonno che verrà pagato 1.200 euro per fare il nonno (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

Allora, se voi non cambiate atteggiamento verso i produttori di reddito, capite che ogni tipo di collaborazione su questi temi con noi sarà molto complicato, perché le partite IVA e i lavoratori autonomi, che sono lavoratori al pari dei lavoratori dipendenti, noi li difenderemo sempre (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

(Intendimenti del Governo in merito a ipotesi di interventi specifici volti alla riduzione dell'IVA – n. 3-01643)

PRESIDENTE. La deputata Gelmini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01643 (Vedi l'allegato A).

MARIASTELLA GELMINI (FI). Grazie, Presidente. Anche la nostra interrogazione verte sul tema dell'IVA, perché riteniamo che gli italiani abbiano il diritto di conoscere il reale intendimento del Governo su questo punto. Devo dire che la risposta che lei ha fornito al collega Molinari è una risposta interlocutoria, a tratti evasiva. Ha semplicemente manifestato una generica disponibilità a prendere in considerazione e a valutare una riduzione dell'IVA. Noi, invece, vorremmo conoscere effettivamente i contenuti e i confini di questa proposta, i termini, le modalità e l'entità del taglio. Perché, Presidente, lei ha provato a negare, ma, all'interno della sua maggioranza, su questo punto, si sono levate voci diverse: chi è favorevole, ma anche chi, invece, preferisce il taglio del cuneo fiscale. Francamente siamo stati molto sorpresi dal fatto che il Ministro dell'Economia, in audizione alla Commissione bilancio, non abbia sprecato una parola su questo tema. Lo troviamo abbastanza strano. Ecco perché anche noi vogliamo sapere se l'annuncio che lei ha fatto a Villa Pamphilj serviva per colmare il vuoto di proposte di idee di quella kermesse oppure se gli italiani, per una volta, possono ritenerla affidabile e considerare il taglio dell'IVA come una volontà concreta di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente)

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi permetto di essere più breve, non per scarsa considerazione nei confronti degli onorevoli interroganti, ma solo perché in parte ho già risposto. Vale quanto già riferito nella precedente risposta sul medesimo tema.

Ho ricordato che il Governo è al lavoro per rendere il sistema fiscale più equo, semplice e trasparente per i cittadini. L'obiettivo è far pagare a tutti le tasse e, quindi, consentire a tutti di poter pagare meno. È questo l'obiettivo fondamentale di politica fiscale.

Per quanto riguarda poi il ciclo di incontri, confermo che dal ciclo di incontri progettiamo il rilancio. Ci sono giunte diverse sollecitazioni su possibili interventi futuri, proprio in chiave fiscale, anche per rilanciare i consumi. Vorrei anche precisare che io non ho annunciato nulla, ma, a una domanda specifica di un giornalista, ho detto che, durante questi incontri, si è parlato anche di questa possibilità. Confermo che la stiamo valutando in questi giorni e in queste ore, per quanto riguarda nuovi interventi e nuove misure.

In particolare, è emersa anche la necessità di riproporre un meccanismo di cashback, su cui il Governo aveva già lavorato in occasione della passata legge di bilancio, con il cosiddetto bonus Befana. Quindi, l'ipotesi, su cui si può anche ragionevolmente lavorare, delineando, a mio avviso, un meccanismo efficace e produttivo di effetti, è quella di mettere insieme le due istanze, dando una scossa ai consumi attraverso un possibile sgravio dell'IVA per chi ricorre alla moneta elettronica. In sostanza, si potrebbe delineare un meccanismo incentivante che combina l'esigenza di rilanciare, sì, la domanda, ma insieme anche di modernizzare il Paese e di incentivare i pagamenti digitali e, quindi, anche quella prospettiva per cui tutti paghino le tasse, perché tutti possano pagare meno.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Gelmini. Prego.

MARIASTELLA GELMINI (FI). Presidente, glielo diciamo con rispetto, ma noi siamo profondamente delusi dalla sua risposta, che non è una risposta, perché il Paese verte in condizioni particolarmente difficili e, francamente, quello che appare anche da queste sue parole è il tratto distintivo di un Governo che è immobile, di un Governo che non ha la capacità e la consapevolezza delle condizioni difficili, direi estreme, in cui verte e in cui si trova il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Allora, io vedo che il “decreto Semplificazioni” è al “caro amico”, infrastrutture e cantieri sono fermi; della riforma della giustizia non vi è traccia e, francamente, quello che deduciamo dalla sua risposta è che anche l'IVA, il taglio dell'IVA, è l'ennesimo annuncio, è l'ennesima promessa, fatta in maniera così facile, ma non seria (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

Allora, purtroppo, non è una novità che il suo Governo si contraddistingua per i ritardi e per le mancate promesse. Perché è già capitato, Presidente. È capitato quando avete promesso di cancellare la povertà con il reddito di cittadinanza e non ci siete riusciti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). È capitato con la cassa integrazione, dove avevate promesso che sarebbe arrivata prima di Pasqua, ad aprile, a maggio. Siamo al 1° luglio e, molte volte, laddove è avvenuto il versamento della cassa integrazione, si devono ringraziare gli imprenditori (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), non il suo Governo.

È capitato sulla liquidità, una parola evocata, ma non praticata. Basta parlare con le mille partite IVA, con le piccole e medie imprese e con gli artigiani, che di liquidità hanno sentito solo parlare.

E oggi veniamo all'IVA. Anche qui, dite di voler tagliare l'IVA, però non raccontate la verità. Non dite se si tratta di un taglio orizzontale su tutte le aliquote oppure di un taglio selettivo. Non specificate con quali risorse pensate di finanziare questo taglio. Non dite se è a tempo determinato o indeterminato. E, soprattutto, quello che rischiate è un danno ulteriore sui consumi, perché, Presidente, si metta nei panni di una famiglia, che deve comprare un bene durevole, non un bene di prima necessità, un'automobile, una lavatrice, dell'arredamento. È chiaro che, sulle sue promesse, quella famiglia fa conto. E, quindi, cosa farà? Posticiperà l'acquisto, in attesa di riscontrare il taglio dell'IVA, che alla fine non ci sarà (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente). Quindi, l'effetto del suo annuncio sarà quello di deprimere ulteriormente i consumi e, quindi, di fare un danno a quelle categorie che hanno già lamentato le lacune dei suoi provvedimenti. Ecco perché le abbiamo detto che non siamo più disponibili a votare scostamenti di bilancio per i monopattini o per piccoli bonus e non per un progetto di rilancio vero del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

PRESIDENTE. Concluda, deve concludere.

MARIASTELLA GELMINI (FI). Chiudo, dicendo che il fattore tempo è un fattore decisivo. Quello che io capisco dalle sue parole oggi è che, ancora una volta, voi arriverete, se arriverete, fuori tempo massimo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente), non in grado di salvare questo Paese, non in grado di interloquire con il Parlamento in maniera seria, non in grado di mantenere le promesse. Quindi, purtroppo, la sua credibilità e quella del suo Governo ogni giorno che passa viene minata dal vostro agire, dal vostro non fare…

PRESIDENTE. Concluda.

MARIASTELLA GELMINI (FI). …da promesse vuote, di cui ormai nessuno sente più il bisogno e a cui nessuno dà più credito. Questo è il problema (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).

(Iniziative urgenti in merito a recenti aumenti delle commissioni per l'utilizzo degli strumenti di pagamento elettronico a carico degli esercenti attività d'impresa e dei liberi professionisti – n. 3-01644)

PRESIDENTE. Il deputato Schullian ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01644 (Vedi l'allegato A).

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Grazie, Presidente. Signor Presidente del Consiglio, il tema può sembrare di poco rilievo, ma non lo è. Da oggi il limite all'utilizzo del denaro contante passa da 3 mila euro a 2 mila…

PRESIDENTE. Deputato Schullian, scusi. Colleghi! Per favore.

MANFRED SCHULLIAN (MISTO-MIN.LING.). Da oggi il limite all'utilizzo del denaro contante passa da 3 mila euro a 2 mila euro per operazione e, dal 1° gennaio 2022 si abbasserà ulteriormente a mille euro. Già questo è percepito - io questa percezione la condivido - come un freno alla competitività delle imprese, soprattutto nelle zone di confine, considerando che nella maggior parte dei Paesi confinanti - penso all'Austria, alla Germania e alla Svizzera - non sono previste limitazioni analoghe.

A ciò si aggiunge che, negli ultimi mesi, alcuni intermediari finanziari hanno trasmesso alla propria clientela proposte di modifiche unilaterali dei rapporti contrattuali, concernenti sostanzialmente l'aumento delle commissioni per i pagamenti con il POS. Questo vanifica, in buona sostanza, il credito d'imposta riconosciuto agli esercenti il commercio, nella misura del 30 per cento delle commissioni addebitate per le transazioni effettuate mediante il POS, e rappresenta un ulteriore costo per le imprese in questo periodo difficilissimo.

Per questo chiediamo al Governo quali iniziative di competenza intenda adottare, per contrastare questi ingiustificati aumenti o, comunque, per riequilibrare la situazione per chi già è in difficoltà.

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Con riferimento a quanto segnalato dagli interroganti, si sottolinea che il Governo ha intrapreso un'articolata ambiziosa strategia cashless - l'ho già menzionata in parte - volta a promuovere i pagamenti elettronici, attraverso una serie di iniziative legislative, che si muovono lungo diverse direttrici.

In termini generali, si precisa che l'importo del merchant fee cosiddetto, cioè quello legato ai pagamenti effettuati con carta, è fissato dal soggetto convenzionate, nell'ambito del rapporto contrattuale instaurato con il cliente convenzionato, nell'esercizio dell'autonomia negoziale delle parti. La commissione è composta sostanzialmente da una pluralità di componenti, che sono dovute a voci di costo differenti. Stando a quanto asserito dalle associazioni di categoria in Italia, gli importi delle commissioni risultano nella media in linea con quelli riscontrati in altri Paesi europei o, ci viene detto, anche alcune volte inferiori. Ciò premesso, da una preliminare verifica dei fatti rappresentati dagli interroganti risulterebbe che l'invio da parte di Nexi della proposta di modifica unilaterale dei corrispettivi, segnalata dagli interroganti, sia stato effettuato per conto di una banca cliente, come da accordi di cui al contratto di licenza tra le due società, e che la modifica sia stata stabilita dalla banca cliente più di sei mesi prima dell'invio della comunicazione, tra il 20 febbraio e il 9 marzo, e sia diventata effettiva a partire dal 1° maggio per gli esercenti che non hanno receduto da quel contratto.

Ferme restando queste precisazioni, alla luce dell'impegno assunto dal Governo nell'ottica della promozione dei pagamenti con carte e conseguente digitalizzazione/modernizzazione del Paese, è comunque ferma determinazione del Governo promuovere e incentivare iniziative private degli operatori del mercato finalizzate a ridurre l'impatto sugli esercenti delle merchant fee in caso di pagamenti con carta, specie con riferimento ai micro pagamenti.

Una via che si sta perseguendo, ad esempio, è quella dell'attivazione di un protocollo volontario con il sistema bancario e con gli operatori dei sistemi di pagamento volto a definire criteri e modalità per contenere i costi delle carte di pagamento. Si tratta di un obiettivo non facile da conseguire alla luce della natura composita delle voci che compongono la commissione a carico degli esercenti, della numerosità dei soggetti che sono parte del sistema dei pagamenti, della loro natura anche internazionale e delle regole concorrenziali che vanno applicate anche a questo settore.

Tra le iniziative private poi già adottate in tal senso si potrebbero citare quelle promosse dalla stessa Nexi volte alla restituzione ai piccoli commercianti di tutte le commissioni pagate dal 1° marzo al 31 dicembre 2020 per le transazioni fino ai 10 euro, nonché all'azzeramento del canone sullo smart POS, che sarebbe poi quel POS utilizzato dai piccoli commercianti.

PRESIDENTE. Il deputato Lupi, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.

MAURIZIO LUPI (M-NI-USEI-C!-AC). Signor Presidente, lei ama la concretezza quanto noi e credo che su questi temi la vittoria sarebbe una vittoria di tutti, non dell'onorevole Zucconi piuttosto che dell'onorevole Schullian. Ma vorrei essere molto concreto, per capire come questo tema riguarda tutti: 270 miliardi sono i pagamenti con moneta elettronica. La commissione media che viene applicata sull'esercente è 1,25; vuole dire 3,5 miliardi di euro che vanno semplicemente perché uno paga con il POS alle banche o agli affidatari. È vero che in Europa o fuori Europa la media è uguale, ma in Germania il limite al contante non c'è, uno può scegliere come pagare. Da noi si metterà il limite al contante. Il credito di imposta, che correttamente abbiamo fatto, su 3,5 miliardi che pagano gli esercenti è di - glielo dico subito - esattamente di 54 milioni: 54 milioni su 3,5 miliardi, e lo pagano i cittadini, non le banche.

Se uno paga con l'assegno o con il bonifico bancario, paga 1 euro o 2 euro; se uno paga con il POS, il commerciante, l'esercente, sa quanto paga su 1000 euro? Tredici euro! Le sembra giusto o le sembra sbagliato (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi con l'Italia-USEI-Cambiamo!-Alleanza di Centro e di deputati dei gruppi Forza Italia-Berlusconi Presidente e Fratelli d'Italia)? Sa quanto è il ricavo netto, l'utile netto di un ristorante? Lei lo sa come me, perché è sensibile come me: è il 3 per cento. Sa cosa vuol dire l'1,25 per cento sull'utile netto? Il 30 per cento dei guadagni di un ristorante che viene dato come tassa occulta a quella banca. Le sembra corretto? Allora, concludo: si metta un tetto massimo, si chiamino le banche. Questo è quello che noi dobbiamo fare, ma le si chiamino e non si prenda ad alibi che non si può fare perché il mercato è libero.

No, il mercato dal 1° luglio non è più libero, semplicemente perché, se devo pagare con 2 mila euro o con mille euro, dovrò per forza di cose usare un POS. Allora, credo che possiamo lavorare insieme su queste cose, non deve pagare sempre il cittadino o l'esercente. Facciamo pagare o facciamo pagare il giusto, e concludo, anche le banche; e lo dice uno che crede che l'utile finanziario non sia un reato, ci mancherebbe altro. Le imprese, anche le banche, devono fare utili. Non è, come si diceva nel Medioevo, che l'utile o il denaro sia lo sterco del demonio, ma le tasse occulte sì. E allora insieme, tutti insieme, abbiamo il coraggio di dire che vogliamo la diffusione della moneta elettronica, ma come si è fatto nel passato.

Il Governo può prendere l'iniziativa e dire che oltre un certo tetto, oltre lo 0,6, lo 0,7, non è più un utile giusto, è una tassa occulta che gli esercenti pagano. Credo che tutti dobbiamo essere d'accordo su questo (Applausi).

(Priorità negoziali dell'Italia nell'ambito della definizione dell'accordo in sede di Unione europea relativo al cosiddetto Recovery fund – n. 3-01645)

PRESIDENTE. Il deputato Davide Crippa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01645 (Vedi l'allegato A).

DAVIDE CRIPPA (M5S). Grazie, Presidente. Presidente Conte, in questi giorni si è parlato a lungo dei 750 miliardi del Recovery Fund. Considerato che per l'Italia oggi serve un piano di investimenti ben dettagliato e mirato per l'istruzione, serve un piano per la mobilità sostenibile, serve un piano per le produzioni energetiche da rinnovabili, ma soprattutto serve un piano per la conversione green di intere filiere produttive oggi al palo per obsolescenza e divisione, serve soprattutto metterci l'anima all'interno di scelte politiche coraggiose che devono essere fatte, e devono essere fatte scelte di visione, e non di mantenimento dello status quo, come talvolta ci viene chiesto da alcuni stakeholder. Serve oggi, abbiamo un'occasione unica per cercare di cambiare e di avere una visione del nostro sistema Paese che vada oltre al dopodomani cui siamo stati purtroppo abituati per lungo e lungo tempo.

Allora, Presidente, noi vorremmo capire quali priorità negoziali intende perseguire l'Italia all'interno del tavolo della Next Generation EU (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. In queste ore il Governo sta conducendo un'intensa attività diplomatica per garantire una risposta europea adeguata alle dimensioni della crisi innescata dalla pandemia da COVID-19. Ricordo che la Commissione europea ha proposto, lo scorso 27 maggio, un quadro finanziario pluriennale per il periodo 2021-2027 dotato di 1.100 miliardi di euro e un Fondo per la ripresa, Next Generation EU, da 750 miliardi, di cui 500 miliardi sotto forma di sovvenzioni e 250 miliardi in forma di prestiti. Tale fondo per la ripresa è necessario per preservare beni essenziali europei, come il funzionamento del mercato interno, le catene di valore europee, la base industriale europea. Ne ho parlato ancora in questi giorni con il Premier Rutte e con la Cancelliera Merkel, che da oggi avrà la presidenza semestrale - lo ricordo, oggi è il primo giorno della presidenza semestrale tedesca del Consiglio dell'Unione europea -, e ne abbiamo parlato, ovviamente, con l'obiettivo di preparare al meglio il prossimo Consiglio europeo.

Da parte italiana resta l'obiettivo di un'intesa rapida che mantenga l'ambizione di partenza. Dovrà rimanere fermo il principio di un finanziamento straordinario a lungo termine tramite debito comune europeo e il risultato finale non dovrà discostarsi dalla proposta della Commissione quanto al volume, alla composizione delle risorse, ad ampia prevalenza, lo ricordo, di sovvenzioni. Riteniamo, poi, che i criteri di allocazione del nuovo piano Next Generation EU debbano confermare il sostegno ai Paesi, regioni e settori più colpiti dalla crisi da COVID-19 e quelli che potrebbero, anche per ragioni ovviamente storiche, avere più difficoltà nel recupero, e quindi che venga mantenuta la distinzione tra i criteri di allocazione per gli strumenti di Next Generation EU volti alla ripresa dalla crisi da COVID-19 e quelli dei fondi di coesione ordinari.

L'Italia condivide i cardini della proposta della Commissione, che mirano a rendere l'Unione europea più forte e orientata verso obiettivi per un futuro sostenibile e competitivo, come il Green Deal nel digitale, che sono al centro della nostra azione di Governo, preservando politiche fondamentali, come la coesione e la politica agricola comune. In questo scenario, è auspicabile un concreto avanzamento anche sulle nuove risorse proprie; obiettivo ineludibile se vogliamo che l'Unione europea possa non solo uscire da questa crisi, ma anche essere in grado di affrontare per tempo ulteriori emergenze di così ampia portata. Nella discussione sul quadro finanziario, poi, in particolare figureranno anche i cosiddetti rebates, per pochi Stati membri, che fin dal negoziato precedente alla crisi abbiamo definito anacronistici. Ne comprendiamo l'elevata importanza per alcuni Stati membri in termini di politica nazionale, ma vogliamo credere che tale sensibilità venga accompagnata da quegli stessi Stati membri da apertura e flessibilità riguardo a Next Generation EU.

Infine, è forte la consapevolezza che l'uso di tali risorse rappresenta per il Paese un'occasione formidabile per la riconversione del nostro modello industriale e di sviluppo, secondo le direttrici della sostenibilità, delle infrastrutture fisiche, ma anche digitali, della semplificazione, dell'inclusione sociale. A settembre l'Italia presenterà un Recovery Plan, l'abbiamo già annunciato, a cui stiamo lavorando alacremente, contenente le riforme necessarie per il rilancio del Paese e per un utilizzo efficace, senza sprechi, di queste risorse. Sono questi gli impegni che, come Presidente del Consiglio, mi sento di rinnovare in questa sede, ribadendo che ogni decisione relativa all'utilizzo di queste risorse sarà condivisa, doverosamente e ben volentieri, con il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la deputata Ilaria Fontana.

ILARIA FONTANA (M5S). Presidente, il progetto che ci ha illustrato evoca un cambio di passo importantissimo per il nostro Paese. L'Italia, per la prima volta, ha una maggioranza che mette al centro della propria agenda politica l'ambiente, gli equilibri degli ecosistemi, bypassando un modello di sviluppo che ha visto il depauperarsi delle nostre risorse e che ha compromesso, ben prima della pandemia, la salute delle persone e del pianeta. Voltiamo effettivamente e definitivamente pagina, Presidente, ce lo chiedono milioni di giovani che riempiono le nostre piazze, di tutto il pianeta.

Siamo stati abituati a parole vuote, siamo stati abituati a slogan, a mode, ecco, il Paese non ha bisogno di questo, ha bisogno di concretezza, ha bisogno di pragmatismo, ed è proprio quello che stiamo facendo, è proprio quello che lei ci ha appena illustrato. Abbiamo bisogno di una transizione ecologica, e per questo ovviamente ci vuole del tempo, ma è un orizzonte temporale chiaro e completo, con obiettivi verificabili. È importante anche - importantissimo - un approccio sistemico all'economia circolare, perché finalmente oggi le persone hanno capito che ambiente e lavoro non sono in contrasto, che ambiente non significa bloccare il progresso, ma accelerarlo, e soprattutto che ambiente significa anche occupazione. Abbiamo degli studi internazionali che ci dicono che se applichiamo una vera e propria economia circolare il PIL aumenta fino al 7 per cento. E questo cosa vuol dire? Vuol dire solo migliaia di centinaia di posti occupazionali, quindi più lavoro. La nostra prima stella è l'ambiente. Non eravamo in tanti, eppure qualche anno fa dicevamo che doveva essere la priorità. Ecco, oggi uno degli ambiti di intervento principali nel nostro Paese è proprio l'ambiente, e un po' di merito, sì, è di questo Governo e anche del MoVimento 5 Stelle. Siamo orgogliosi di questo, siamo orgogliosi del lavoro che si sta facendo, ma vigileremo giorno per giorno affinché diventi realtà, che è la cosa principale. L'Europa e il mondo stanno capendo che questo è il vero progresso, ma è anche vero che senza giustizia sociale non c'è giustizia ambientale. Quindi, la strada è tracciata. Buon cammino a tutti, buon cammino a lei (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).

(Iniziative urgenti volte a garantire, in vista dell'avvio del prossimo anno scolastico, un incremento delle risorse umane e della formazione per i docenti, nonché un adeguamento strutturale e un potenziamento tecnologico per lo svolgimento della didattica – n. 3-01646)

PRESIDENTE. La deputata Flavia Piccoli Nardelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Delrio ed altri n. 3-01646 (Vedi l'allegato A), di cui è cofirmataria.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Grazie, Presidente. Presidente Conte, il sistema dell'istruzione si è trovato ad affrontare situazioni imprevedibili fino a poche settimane fa, sia allora, con la completa chiusura delle attività didattiche in presenza, sia adesso, con la programmazione dell'avvio del prossimo anno scolastico con tutte le cautele richieste dalla necessità di evitare ogni ulteriore occasione di diffusione del virus e quindi sulla base di dettagliati protocolli di comportamento. Il sistema scolastico, è inutile ricordarlo, ha mostrato grande capacità di impegno e di resilienza nell'affrontare l'emergenza. Famiglie, docenti, dirigenti scolastici, in questo tempo di quarantena, hanno compiuto uno sforzo prima impensabile per far fronte all'emergenza.

Rimane il fatto che la sospensione dell'attività scolastica e i limiti della didattica a distanza rilevati in questi mesi richiedono con forza soluzioni che garantiscano la sicurezza sanitaria e che, al tempo stesso, tengano in particolare considerazione alcuni obiettivi che questi mesi di emergenza hanno reso, Presidente, ulteriormente prioritari: il contrasto alla disuguaglianza attraverso una scuola inclusiva che permetta lo sviluppo pieno delle potenzialità di ciascuno e la ricostruzione di ambienti di apprendimento che accompagnino gli studenti nel reinserimento in contesti a cui sentano di appartenere e in cui possano ricostruire la trama di relazioni esistenti prima del COVID. In vista del rientro a scuola, a settembre 2020, è necessario rassicurare il personale scolastico, gli studenti, le famiglie, garantendo che il sistema scolastico si attrezzerà con risorse adeguate per assicurare strutture sicure, formazione di qualità e sostegno ai docenti.

PRESIDENTE. Concluda.

FLAVIA PICCOLI NARDELLI (PD). Ecco perché le chiediamo quali azioni urgenti e mirate il Governo intenda attuare per garantire, in previsione dell'avvio del prossimo anno scolastico, un aumento delle risorse umane in termini di organico, strutture adeguate allo svolgimento della didattica e un sostegno alla formazione dei docenti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. Presidente, come già anticipato nel corso della conferenza stampa di presentazione delle linee guida per la presentazione dell'anno scolastico 2020-2021 insieme alla Ministra Azzolina, abbiamo ribadito che a settembre tutti i nostri studenti e le nostre studentesse torneranno a scuola per una didattica finalmente in presenza. Consapevoli della necessità di intervenire per rafforzare il sistema scolastico, che ha dimostrato nel corso dell'emergenza - dobbiamo sottolinearlo - eccezionali risorse umane - e qui rivolgo un ringraziamento sentito ai dirigenti scolastici, a tutti gli insegnanti, all'interno personale scolastico, che ha anche dimostrato nell'insieme grande capacità di resilienza -, abbiamo preannunciato lo stanziamento di un ulteriore miliardo per la ripresa della didattica in presenza. Sono risorse aggiuntive che consentiranno, tra l'altro, di avere un maggiore organico, per evitare classi sovraffollate e di disporre degli spazi supplementari ove necessari. Potremo pertanto arrivare - si stima - a un incremento di 50 mila unità tra docenti e personale ATA per il prossimo anno scolastico, sulla base delle esigenze che emergeranno e verranno più puntualmente definite dai territori.

Con riguardo all'acquisto di arredi coerenti a una riconfigurazione degli spazi, il Ministro dell'istruzione ha già avviato le opportune interlocuzioni con il commissario straordinario per l'emergenza COVID-19 per velocizzare i tempi. Le risorse di cui ho detto si aggiungono al miliardo già stanziato nell'articolo 235 del decreto-legge cosiddetto Rilancio, che istituisce presso il Ministero dell'istruzione - lo ricordo - un fondo proprio allo scopo di adottare opportune misure per la riapertura delle istituzioni scolastiche contenendo il rischio epidemiologico. Il menzionato decreto-legge ha poi incrementato il fondo per il funzionamento delle scuole di 331 milioni di euro per la pulizia e la costante igienizzazione degli ambienti scolastici, oltre che per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale. In merito dobbiamo anche ringraziare ovviamente gli enti locali per il grande lavoro che stanno facendo (quindi loro sono assolutamente coinvolti e assolutamente disponibili a perseguire questa strategia).

In merito, poi, alle scuole paritarie, l'articolo 233 del decreto-legge n. 34 - parliamo sempre del “decreto Rilancio” - ha previsto finanziamenti straordinari pari a complessivi 150 milioni di euro, ciò a riprova della volontà del Governo di tutelare non tanto delle scuole che sono confessionalmente orientate, quanto gli studenti che sono in quelle scuole, nel rispetto del valore costituzionale della libertà di scelta educativa delle famiglie. Rispetto all'edilizia scolastica, sempre nel “decreto Rilancio” abbiamo poi introdotto misure finalizzate a semplificare le procedure di autorizzazione ed è stato poi incrementato di 30 milioni di euro per il 2020 la sezione del fondo unico per l'edilizia scolastica destinata alle emergenze. Il Governo si sta impegnando per soluzioni concrete, per garantire sicurezza, qualità agli studenti, alle loro famiglie e un sostegno ai docenti.

Tutto questo ovviamente va garantito nel rispetto dell'autonomia scolastica e impone anche flessibilità. Ogni scuola è diversa dall'altra sotto molteplici aspetti, di queste differenze dobbiamo tener conto garantendo al contempo l'unità del sistema nazionale d'istruzione. Le scuole non saranno lasciate sole, al loro fianco vi sarà la cabina di regia nazionale, con compiti di coordinamento e tavoli regionali, insediati presso gli uffici territoriali del Ministero dell'istruzione e ai gruppi di lavoro parteciperanno anche i rappresentanti degli enti locali. Nel lavoro che sarà fatto dalle scuole e dai tavoli regionali, massima priorità sarà data, poi, agli alunni con disabilità, ai più piccoli, che più di tutti hanno sofferto la sospensione della didattica in presenza. Quanto esposto, ovviamente, non può prescindere dall'adeguata formazione del personale rispetto ai temi della sicurezza, delle nuove tecnologie, per non disperdere, anzi potenziare, le competenze acquisite da tutto il personale scolastico.

La scuola - e concludo - è tornata al centro del dibattito pubblico, oltre che dell'azione di Governo. Siamo tutti più consapevoli che è il perno dello sviluppo umano, sociale, economico, della nostra comunità e vi assicuro che sarà anche al centro degli investimenti che andremo a proporre all'Europa per il Recovery Plan.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il deputato Delrio.

GRAZIANO DELRIO (PD). Grazie, Presidente. Grazie Presidente per la sua risposta così determinata. Vede, mi fa molto piacere che lei oggi ribadisca che la scuola è al centro, che è il pilastro della rinascita di un Paese, perché in questi mesi, diciamocelo con franchezza, diciamocelo oggi mentre in quest'Aula si sta discutendo l'assegno unico per i figli: l'investimento che tutta la maggioranza fa, insieme anche alla collaborazione dell'opposizione, è per dire a tutto il Paese che la famiglia e i figli sono un bene prezioso per tutti; proprio oggi che c'è il taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse, mettiamo a 16 milioni di lavoratori in tasca più soldi; proprio oggi che il Governo celebra due passi importanti della sua attuazione del programma - perché noi un programma ce lo abbiamo già, lo vorrei ricordare -, ecco, proprio oggi, in cui viene ricordato anche dagli amici del MoVimento 5 Stelle il tema dell'investimento sulla transizione ecologica, che è un altro punto fondamentale, lei oggi ribadisce un punto fondamentale del programma. La scuola è al centro, però in questi mesi, Presidente, abbiamo avuto troppi silenzi sul tema della scuola; non un silenzio del Governo ma un silenzio della società intera; è un silenzio colpevole per tutti noi. Tutti noi abbiamo discusso delle aperture, abbiamo discusso di altre cose, della sicurezza sanitaria; tutto giusto, ma la scuola è stata per mesi lontana dal dibattito pubblico, come se non fosse la grande infrastruttura su cui fare rinascere questo Paese, come se le scuole di ogni ordine e grado - di ogni ordine e grado! -, le scuole pubbliche di ogni tipo, paritarie e statali, non giochino un ruolo determinante non solo per l'acquisizione dei saperi formali, ma proprio per l'acquisizione dei valori su cui si fonda la nostra comunità. Con meno scuola la nostra comunità è più debole, perché l'educazione è forse il compito più importante nella democrazia, perché il peggior pericolo della democrazia è l'ignoranza: l'ignoranza dei valori degli altri, l'ignoranza delle istituzioni, l'ignoranza dei beni comuni. Questo è il peggior pericolo della democrazia e noi crediamo, quindi - e siamo molto rassicurati dalle sue parole, che non sono annunci ma sono impegni -, che la vera rinascita di questo Paese nasca dalla scuola, della valorizzazione del personale scolastico, dei docenti, dalla valorizzazione di tutto il personale scolastico, dalla lotta forte alla dispersione scolastica, che deve essere, come la lotta alla disoccupazione, al centro delle nostre preoccupazioni.

Ogni figlio che riusciamo ad educare, ogni bambino che accompagniamo a scoprire le vere ricchezze che ha dentro di sé, ogni figlio è un cittadino prezioso per la nostra comunità. Siamo sicuri che in questo periodo la sua attenzione sarà prioritaria proprio su questo argomento e la ringraziamo della sua risposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte all'incremento degli assegni per invalidità civile, alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale del 23 giugno 2020 – n. 3-01647)

PRESIDENTE. Il deputato Lollobrigida ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01647 (Vedi l'allegato A).

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, oggi lei è qui grazie a Fratelli d'Italia, che ha richiamato la Presidenza, che ha accolto il nostro invito, al nostro Regolamento, che pretende che lei risponda in maniera trasparente, come oggi avviene. È con la stessa responsabilità che noi chiediamo oggi chiarimenti su quello che accade rispetto alla pensione di invalidità. Sono anni che Fratelli d'Italia e Giorgia Meloni si battono per raddoppiare l'assegno di 285,66 euro che la Corte costituzionale, con sentenza del 23 giugno, reputa insufficiente per garantire un livello di vita adeguato agli invalidi: un pezzo del nostro popolo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Uno Stato che, nello stesso tempo, garantisce, per i richiedenti asilo, quattro volte tanto, più di mille euro, e che dice che, per sopravvivere con il reddito di cittadinanza, anche per persone che delinquono e che non meriterebbero nemmeno il sussidio: 780 euro. E allora, Presidente, se la Corte costituzionale dice che si viola la Costituzione e l'articolo 38, per la precisione, noi chiediamo, qui e subito, che si ponga rimedio, chiedendo: perché non è stato ancora fatto, visto che sono anni che denunciamo questa criticità e oggi lo fa meglio di noi la Corte? E diciamo anche: perché non lo inserisce nel “decreto Rilancio” adesso, visto che deve affrontare l'emergenza (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)?

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE CONTE, Presidente del Consiglio dei ministri. In merito alla pronuncia della Corte costituzionale, che è stata richiamata dagli onorevoli interroganti, mi preme sottolineare che la notizia di cui discorriamo e ragioniamo è stata diffusa dall'ufficio stampa della Corte costituzionale e, ad oggi, il testo della sentenza non è stato ancora depositato; ma questa è una questione formale, perché lo stesso ufficio stampa ha peraltro reso noto che la Corte - cito letteralmente - ha stabilito che la propria pronuncia non avrà effetto retroattivo, dovrà applicarsi soltanto per il futuro, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza sulla Gazzetta Ufficiale.

Ma posso riferire, al di là degli aspetti formali, venendo alla sostanza, che il Governo sarà senz'altro pronto ad intervenire tempestivamente a livello legislativo per adeguare le pensioni di invalidità, ancora oggi ferme ad una soglia senz'altro inaccettabile, e in esecuzione della citata pronuncia, nel momento in cui la stessa poi spiegherà i propri effetti e, quindi, a seguito della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Il Governo sta già lavorando a un testo, che non potrà che essere affinato a seguito, poi, della pubblicazione di questa sentenza, che dovremo comunque leggere attentamente. Soltanto grazie però - vorrei ricordare - all'introduzione del reddito di cittadinanza, sono stati fissati i livelli essenziali delle prestazioni, finalizzati a garantire un livello minimo vitale di reddito, di contrasto quindi alla povertà, alla diseguaglianza, all'esclusione sociale.

Vorrei invitare a considerare che il reddito di cittadinanza e adesso anche le pensioni di cittadinanza intendono combattere la soglia minima di povertà, sono accessibili ove si sia in possesso dei requisiti di residenza e soggiorno, economici e patrimoniali, previsti dalla norma, anche da parte dei soggetti che già beneficiano della pensione di cui si discute.

Si evidenzia, inoltre, che nel reddito ISEE, richiesto per accedere al reddito e alla pensione di cittadinanza, non vengono computati i benefici sociali non sottoposti alla prova dei mezzi, tra cui rientra anche la pensione di inabilità civile. Pertanto, già in base alla normativa vigente, sussistono delle misure di sostegno al reddito, che, ove ne ricorrano i presupposti, sono cumulabili con i benefici oggetto della presente interrogazione.

Faccio presente infine - il vostro partito non ha accettato l'invito, ma lo recupereremo presto - che l'incremento delle pensioni d'invalidità è una delle misure concrete presentate nel Piano di rilancio del Governo, proprio a Villa Pamphilj, e che abbiamo discusso nel corso della consultazione nazionale sull'economia. A tale misura il Governo attribuisce grande rilevanza al fine di rafforzare il nostro sistema di welfare, nell'interesse di tutti, soprattutto dei più deboli e dei più emarginati, in direzione di una maggiore equità e inclusività sociale.

PRESIDENTE. Il deputato Lollobrigida ha facoltà di replicare.

FRANCESCO LOLLOBRIGIDA (FDI). Presidente, il nostro partito non ha ricevuto alcun invito da lei per parlare a Palazzo Chigi di quelle che possono essere soluzioni all'Italia; lei ha mentito quando, in conferenza stampa, ha detto che l'avrebbe trasmesso, è restato in Villa Pamphilj a ragionare di tanto, ma oggi, come al solito, dopo tanti interventi, non ha dato risposte concrete praticamente su nulla, anche su questo tema; di fronte a 500 mila invalidi civili, che chiedono di avere una risposta immediata, lei rinvia: “faremo”, “diremo”, “daremo”, ma non dà oggi, quando ha la possibilità di farlo, perché oggi noi discutiamo, in Commissione bilancio, in queste ore, di 55 miliardi di euro, che lei ha a disposizione grazie a questo Parlamento, che, all'unanimità, le ha dato la possibilità di utilizzarli. Avete costruito un “decreto Rilancio” fatto di tante “marchette” (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), di viaggi a Dubai, di viaggi in business class, di consulenze, di assunzioni facili, di cose inutili che abbiamo puntualmente denunciato. Ci avete chiamato per diventare complici di questo processo, ci avete chiesto: “che vi serve?” Ecco, io glielo dico adesso che cosa ci serve: a Fratelli d'Italia non serve niente. Fratelli d'Italia propone, oggi, in quest'Aula, al Ministro D'Incà, di fare un emendamento a firma di tutti i capigruppo, non solo di Fratelli d'Italia, perché noi vogliamo che sia un'iniziativa del Parlamento, per raggiungere la cifra di 100-140 milioni di euro che serviranno da domani a dare un assegno di invalidità degno e dignitoso che permetta di sopravvivere e di dar retta alla Corte costituzionale, perché lei è troppo esperto, da avvocato, per richiamare alla pubblicazione della sentenza, di fronte a bocche da sfamare e a cittadini in difficoltà a cui dare risposte oggi e lei lo può fare oggi, non domani (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Allora, a Fratelli d'Italia non serve niente. Serve questo emendamento comune. Se lei non accetterà di sollecitare la sua maggioranza a firmare insieme a noi questo emendamento lo presenteremo comunque in quest'Aula a firma di Fratelli d'Italia, chiedendo al Parlamento di votare a favore, togliendo i soldi alle “marchette”, alle prebende e alle cose inutili che ci sono nel “decreto Rilancio” e destinandole magari ai monopattini e destinandole all'assegno per sostenere i cittadini invalidi civili che non ce la fanno (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, non vi sono ulteriori deputati in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.

I deputati in missione sono complessivamente ottantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sui lavori dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Ricordo che, secondo quanto previsto ad esito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dello scorso 25 giugno, nella seduta di venerdì 3 luglio è previsto l'esame del disegno di legge n. 2500 di conversione del decreto-legge cosiddetto Rilancio, ciò nel presupposto che l'iter del provvedimento in sede referente sia concluso entro questa sera.

Tuttavia, con lettera in data odierna, il presidente della Commissione bilancio, avendo acquisito l'assenso unanime dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha rappresentato l'esigenza di disporre di un tempo ulteriore per la conclusione dell'esame in sede referente sino alle ore 20 di domani, giovedì 2 luglio.

Considerati i tempi tecnici necessari per la predisposizione del testo per l'Assemblea, l'esame del provvedimento nella seduta di venerdì 3 luglio pertanto non avrà più luogo.

In sede di Conferenza dei presidenti di gruppo sarà stabilita la nuova data di avvio della discussione del provvedimento.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Rizzetto. Ne ha facoltà.

WALTER RIZZETTO (FDI). La ringrazio, Presidente. Chiedo, se possibile, al Primo Ministro Conte di ascoltare - se posso umilmente - questo intervento che durerà pochi secondi, perché, Presidente, oggi ricorre il 1° luglio. Ebbene, il 1° luglio 2016, Presidente, sono stati uccisi, barbaramente uccisi, degli italiani nella strage di Dacca e oltre agli italiani sono morte anche altre persone. Un manipolo di fondamentalisti ha di fatto separato gli ostaggi, Presidente, in base a chi sapeva recitare i versi del Corano, e chi non sapeva recitare i versi del Corano è stato torturato e ucciso addirittura con armi affilate.

Nessuno chiaramente dei parenti, che anche in questo caso, voglio dire, hanno dimostrato una grande umanità, si è sentito felice e sollevato rispetto alle condanne a morte che poi sono state comminate a questi terroristi. Una signora Cristina Rossi, la sorella di una vittima, ha dichiarato che la pena capitale è inconcepibile come cultura contro ogni essere umano.

Claudio Cappelli, Maria Riboli, Vincenzo D'Allestro, Claudia Maria D'Antona, Simona Monti, che era incinta - e, quindi, le vittime italiane si possono considerare non nove ma dieci -, Adele Puglisi, Nadia Benedetti, Marco Tondat e Cristian Rossi, questi ultimi due di 39 e 47 anni, due friulani. Don Luca Monti, il fratello di Simona Monti, ha dichiarato: “Questa esperienza di martirio” - perché di martirio si trattò - “spero possa contribuire a costruire un mondo più giusto e fraterno”. Io le chiedo, Presidente, ufficialmente di ricordare la prossima settimana, alla prima occasione utile, i nove martiri italiani di una strage perpetrata da parte di integralisti che conoscono soltanto odio e rabbia nei confronti di chi non la pensa come loro (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Venerdì 3 luglio 2020 - Ore 12:

1. Comunicazioni del Presidente.

La seduta termina alle 16,10.