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Resoconto dell'Assemblea

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XVIII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 504 di lunedì 10 maggio 2021

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ETTORE ROSATO

La seduta comincia alle 12.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA RITA TATEO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 7 maggio 2021.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Ascani, Bergamini, Boschi, Brescia, Brunetta, Cancelleri, Carfagna, Casa, Castelli, Cirielli, Colletti, Comaroli, Davide Crippa, D'Incà, D'Uva, Dadone, Daga, Delmastro Delle Vedove, Di Stefano, Durigon, Fassino, Gregorio Fontana, Ilaria Fontana, Franceschini, Frusone, Gallinella, Garavaglia, Gava, Gelmini, Gerardi, Giachetti, Giacomoni, Giorgetti, Grimoldi, Guerini, Invernizzi, Iovino, Liuni, Lollobrigida, Lorefice, Macina, Maggioni, Mandelli, Marattin, Molinari, Molteni, Morelli, Mulè, Mura, Nardi, Nesci, Occhiuto, Orlando, Paita, Parolo, Perantoni, Rampelli, Rizzo, Rotta, Ruocco, Scalfarotto, Serracchiani, Carlo Sibilia, Sisto, Speranza, Tabacci, Vignaroli, Raffaele Volpi e Zoffili sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente 75, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Trasmissione dal Senato di un disegno di legge di conversione e sua assegnazione a Commissione in sede referente.

PRESIDENTE. La Presidente del Senato, con lettera in data 7 maggio 2021, ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge, che è stato assegnato, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, in sede referente, alla V Commissione (Bilancio): S. 2144 – “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41, recante misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e gli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da COVID-19” (approvato dal Senato) (A.C. 3099​) – Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti inerenti alla materia tributaria), VII, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII, XIII e XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Il suddetto disegno di legge, ai fini dell'espressione del parere previsto dal comma 1 del predetto articolo 96-bis, è stato altresì assegnato al Comitato per la legislazione.

Discussione del disegno di legge: S. 2168 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 45, recante misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia (Approvato dal Senato) (A.C. 3072​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 3072: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 45, recante misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 3072​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento.

La IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore, onorevole Davide Gariglio.

DAVIDE GARIGLIO, Relatore. Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, la Camera dei Deputati esamina in seconda lettura il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 45 del 1° aprile del 2021, recante misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia (Atto Camera n. 3072). Voglio segnalare preliminarmente che, nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, il provvedimento non ha subìto significative modifiche, ad eccezione dell'approvazione di un emendamento di merito che ha prorogato i termini entro i quali dovranno essere completate le procedure telematiche per il rilascio del documento unico di circolazione e proprietà, previsto dall'articolo 2 del decreto-legge in esame.

Passando, quindi, all'esame dei quattro articoli che compongono il provvedimento, mi limiterò a identificarli per sommi capi e poi a fare alcune considerazioni finali. L'articolo 1 del decreto-legge prevede che le disposizioni della convenzione stipulata tra il Ministero dei Trasporti e la Compagnia italiana di navigazione (CIN), in data 18 luglio 2012, per effettuare i servizi di collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori, continuino ad applicarsi oltre la scadenza della Convenzione e delle proroghe che l'hanno seguita, per il tempo strettamente necessario a consentire la conclusione delle procedure bandite per l'imposizione di oneri di servizio pubblico e per l'aggiudicazione dei contratti di servizio, in applicazione del regolamento europeo concernente l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi all'interno degli Stati membri, il cosiddetto cabotaggio marittimo. Ricordo che la convenzione in questione riguarda l'organizzazione dei servizi di collegamento marittimo di interesse nazionale, ossia i servizi che riguardano il servizio pubblico effettuato fra le isole maggiori e la Penisola, nonché quelli fra le isole minori e il territorio di una regione diversa. Si tratta in particolare dei collegamenti quindi con le isole Sicilia e Sardegna e del collegamento tra le isole Tremiti e il Molise, mentre sono esclusi da questa normativa i servizi di esclusivo interesse regionale, cioè i collegamenti interni alle regioni e tra queste e le loro isole minori, che sono disciplinate dai contratti sottoscritti dalle regioni, dal cosiddetto trasporto pubblico locale. Ora, noi stiamo parlando della convenzione con la Compagnia italiana navigazione, che riguardava storicamente dieci tratte, di cui otto passeggeri e due merci. Voglio ricordare che, nel 2020, il Ministero dei Trasporti, essendo scaduto il periodo della convenzione, ha attivato un'istruttoria, ai sensi delle leggi e delle normative europee, per valutare la permanenza della necessità di un sostegno pubblico, attraverso l'imposizione di obblighi di servizio pubblico per garantire questi collegamenti, in alternativa all'affidamento al mercato di queste tratte. Al termine dell'istruttoria del Ministero dei Trasporti, per quattro di queste tratte è stata disposta l'interruzione del sovvenzionamento dal dicembre 2020 e l'affidamento al mercato di queste linee; quindi, sulle dieci linee, quattro, dalla fine del 2020, sono già gestite in una logica puramente di mercato. La disposizione in esame prevede inoltre che, in caso di mancata conclusione delle procedure di gara entro il 31 maggio 2021, cioè entro la fine di questo mese, e limitatamente ai collegamenti marittimi con le isole maggiori e minori non adeguatamente assicurati mediante l'erogazione di servizi di trasporto mercato di persone e di merci, con decreto del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, adottato di concerto con il Ministero dell'Economia e delle finanze, l'efficacia della convenzione possa essere prorogata per ulteriori trenta giorni. Allora, secondo la relazione illustrativa, questa proroga ulteriore potrebbe riguardare solamente due di queste tratte, la tratta Termoli-Tremiti e la tratta Civitavecchia-Cagliari-Arbatax. In relazione a queste tratte, infatti, durante il periodo estivo non esiste alcun altro collegamento oltre a quelli garantiti dalla Compagnia italiana navigazione, nessun collegamento mercato. Ecco perché la norma si pone il problema che, nel caso in cui entro la fine di maggio non si riescano a completare le procedure di gara e gli affidamenti, sia possibile, per queste tratte, garantire ancora la copertura per un mese proprio per evitare che, in pieno periodo estivo, dei collegamenti siano assolutamente indisponibili per i cittadini.

Per quanto riguarda la copertura finanziaria dell'articolo 1, si fa riferimento alle risorse attualmente previste per il finanziamento di questi servizi, indicate all'articolo 19-ter del decreto-legge n. 135 del 2009 e nelle successive disposizioni di rideterminazione degli stessi fondi.

Per quanto concerne l'articolo 2, esso differisce - come già detto - dal 31 marzo al 30 settembre 2021 il termine entro cui devono essere completate le procedure telematiche per il rilascio del documento unico di circolazione e di proprietà, previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 98 del 2017 recante razionalizzazione dei processi di gestione dei dati di circolazione e di proprietà di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi, finalizzata al rilascio di un documento unico, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera d), della legge n. 124 del 2015.L'operatività di detto documento unico, originariamente prevista per il 1° luglio 2018, è stata più volte prorogata nel tempo. La relazione illustrativa motiva l'esigenza di un nuovo differimento dei termini, alla luce del fatto che, in considerazione del protrarsi delle misure di contenimento per l'emergenza epidemiologica in atto, il perfezionamento delle procedure telematiche relative ai soli veicoli adibiti al trasporto di merci e persone ha subito rallentamenti, considerato, tra l'altro, che tali veicoli hanno normative di settore molto complesse in materia di immatricolazione. Inoltre, occorre migliorare ulteriormente gli strumenti di monitoraggio del funzionamento operativo delle nuove procedure digitali, al fine di apportare con maggiore tempestività i conseguenti correttivi e implementare le funzionalità degli applicativi, nonché per assicurare l'ottimizzazione delle procedure.

L'articolo 3 prevede che l'Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico settentrionale, Autorità che ha sede a Venezia, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della disposizione in esame, proceda all'esperimento, ai sensi dell'articolo 156, comma 7, del codice dei contratti pubblici, di un concorso di idee articolato in due fasi e avente ad oggetto l'elaborazione di proposte ideative e di progetti di fattibilità tecnica ed economica relativi alla realizzazione e gestione di punti di attracco fuori dalle acque protette della laguna di Venezia, utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40 mila tonnellate e dalle navi porta-container adibite a trasporti transoceanici, anche tenendo conto delle risultanze di eventuali studi esistenti e che esistono in abbondanza. Per tale finalità, è autorizzata, nell'anno 2021, la spesa di 2,2 milioni di euro, coperta mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del Fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2021-2023, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell'Economia e delle finanze per l'anno 2021, allo scopo utilizzando parzialmente l'accantonamento relativo al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. L'articolo 4 disciplina, infine, l'entrata in vigore del decreto-legge al 1° aprile del 2021.

Durante il passaggio nella IX Commissione, così come è avvenuto nel corso dell'esame in Senato, vi è stato un giudizio molto severo sull'ammissibilità degli emendamenti, un giudizio che ha portato a escludere e a dichiarare inammissibile qualsiasi emendamento che non attenesse strettamente al contenuto dei tre articoli che avevano disposizioni normative. Questo ha fatto sì che, nell'esame in Commissione così come nell'esame del Senato, sia stato impossibile ragionare su molti emendamenti presentati da tutti i gruppi parlamentari che contenevano proposte tese a introdurre emendamenti o proposte normative necessari e urgenti su temi affini, ma non assolutamente identificati nel contenuto dei tre articoli. Questo è un fatto che voglio sottolineare perché rappresenta, credo, un precedente importante che condizionerà l'attività legislativa, l'attività di conversione della decretazione d'urgenza nei due rami del Parlamento, quindi è un fatto importante. È un fatto, anche, che segue alcune vicende che hanno caratterizzato la conversione di alcuni decreti-legge, laddove si sono introdotte, nel corso dei passaggi nei due rami del Parlamento, vere e proprie modifiche di intere parti di codici - penso al codice della strada - che hanno obiettivamente rappresentato un vulnus. Quindi, si è passati da una soluzione in cui, in sede di conversione, si è ecceduto - penso a quello che è avvenuto al Senato l'anno scorso -, andando a normare intere parti del codice della strada, che erano, peraltro, interessate da un lavoro nelle Commissioni parlamentari dell'altro ramo del Parlamento, a una procedura molto rigida in punto di ammissibilità. Di conseguenza, proprio perché sono stati dichiarati inammissibili tutti gli emendamenti non strettamente attinenti al testo dei primi tre articoli, la Commissione ha deciso di non emendare il provvedimento licenziato dal Senato per evitare una terza lettura, per evitare un ingolfamento e anche perché, sostanzialmente, si è ritenuto di rispondere a un'esigenza di celerità dei tempi di conversione posta dal Governo. Si pone però una questione, che pongo a nome di tutta la Commissione perché è un tema che ha trovato il consenso di tutta la Commissione: esiste forte la necessità di intervenire in via d'urgenza per normare alcuni aspetti di varie materie attinenti alle competenze della Commissione Trasporti della Camera dei deputati, la cui soluzione non può essere differita nel tempo. Ecco perché è stato convenuto in sede di Commissione di accompagnare la discussione e il lavoro di conversione che si terrà qui in Aula con un ordine del giorno che verrà presentato dai gruppi della Commissione Trasporti nella giornata di domani - speriamo presentato unitariamente - che, in qualche modo, contiene un'indicazione al Governo di quelle che vengono considerate delle emergenze su cui intervenire prontamente con un atto avente valore di normazione primaria.

Ecco, noi in questo modo abbiamo voluto garantire una rapida conversione di questo decreto, anche per le ragioni di urgenza che lo contraddistinguono, però abbiamo anche voluto esercitare la nostra funzione di indirizzo verso il Governo, chiedendo l'impegno del Governo di farsi carico della soluzione di problemi che non possono attendere di essere risolti attraverso l'azione normativa ordinaria della Camera dei deputati, attraverso il passaggio delle proposte di legge all'esame della Commissione, dell'Aula e poi dell'altro ramo del Parlamento. Auspichiamo che il Governo possa essere sensibile e possa accogliere questo atto di indirizzo, perché credo che questo atto rappresenti in pieno la sensibilità dei gruppi parlamentari verso istanze che ci sono state più volte accuratamente proposte da tutte le categorie, da tutti gli stakeholder interessati.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Barbuto. Ne ha facoltà.

ELISABETTA MARIA BARBUTO (M5S). Grazie, Presidente. Il decreto di cui oggi discutiamo in quest'Aula consta esclusivamente di quattro articoli, ma alcuni degli argomenti nello stesso trattati sono stati, sono e ritengo che continueranno ad essere di fondamentale importanza non soltanto per i territori specificamente individuati nell'intervento normativo, ma per l'Italia intera. Ciò per due motivi: perché riguardano territori che sono patrimonio dell'intera umanità e perché afferiscono a dei temi politici fondamentali quali quello della solidarietà e della tutela dell'ambiente, temi da sempre cari al MoVimento 5 Stelle, dai quali non si può prescindere se si parla, come si parla, di continuità territoriale e di salvaguardia della laguna di Venezia.

Allora, più che parlare di questi articoli, illustrati con dovizia di particolari dal relatore, che ringrazio per la sua puntuale illustrazione, limiterò il mio intervento ad alcune considerazioni che afferiscono ai temi che li permeano e che sono identitari della parte politica per cui oggi intervengo: innanzitutto, il tema della solidarietà e, quindi, l'articolo 1 che tratta della continuità territoriale. Sappiamo bene, come dicevo introducendo il mio intervento, che la bellezza e la storia dei luoghi interessati dal decreto sono patrimonio non soltanto della nostra Nazione, ma di tutto il mondo e devono poter continuare ad essere fruibili in termini di accessibilità a chiunque voglia immergersi nella natura, ancorché nella cultura del nostro Paese, ma soprattutto devono essere accessibili alla popolazione residente, il cui diritto alla mobilità, tutelato dalla Costituzione, non può e non deve mai essere messo in discussione. È purtroppo innegabile che vi siano ancora oggi zone in Italia che risultano difficilmente accessibili a tutti, se non tramite il riconoscimento della continuità territoriale, e non solo zone insulari, fisicamente parlando, ma anche, purtroppo, vere e proprie isole in terraferma. Tuttavia, nel frangente, parliamo di trasporto marittimo e parliamo dei collegamenti necessari e indispensabili verso isole come la Sardegna, la Sicilia e le Tremiti.

Ecco perché non può che accogliersi con estremo favore l'intervento previsto dall'articolo 1 del decreto in esame, che proroga ulteriormente il termine già stabilito nel decreto-legge n. 34 del 2020, con il quale era stata individuata come data ultima di scadenza della convenzione tra la compagnia italiana di navigazione ed il Ministero la fine di febbraio 2021. Proroga assolutamente necessaria, dunque, anche in considerazione del fatto che tale compagnia, pur essendo scaduta la convenzione a fine febbraio, sta continuando a lavorare in una situazione di sostanziale scopertura contrattuale per garantire la continuità territoriale su quelle linee in cui, senza l'intervento pubblico, non si potrebbero garantire le esigenze di mobilità dei cittadini. Per quanto riguarda, invece, il tema trattato nell'articolo 3 e, quindi, il tema della tutela dell'ambiente e la laguna di Venezia, non ci sono parole credo per descrivere la bellezza e la maestà della laguna di Venezia, patrimonio dell'intera umanità. Credo che tutti, almeno una volta nella loro vita, debbano recarsi a Venezia per godere dell'incanto di questa meravigliosa città, ma è e continua a risultare totalmente incomprensibile come e perché questo meraviglioso ecosistema così affascinante e, al contempo, così fragile abbia dovuto subire l'aggressione per anni delle navi da crociera giganti, il cui passaggio in laguna ha sempre messo a rischio la città e i suoi abitanti. Vorrei ricordare, infatti, come, oltre al continuo strazio delle acque e dei fondali della laguna causati dal passaggio di questi giganti del mare, debba essere sempre presente nella nostra memoria il monito costituito dall'incidente, come quello dell'MSC Opera e, quindi, della Costa Deliziosa del 2019, che ha sbandato, quest'ultima, sfiorando la riva in bacino San Marco e solo per un vero miracolo si è evitato il totale disastro. E nessuna argomentazione, credo, in favore dell'esigenza di tutelare l'economia imprenditoriale privata avrebbe potuto giustificare, di fronte ai nostri posteri, la perdita di un tesoro così inestimabile, di un patrimonio dell'umanità. Il MoVimento 5 Stelle, d'altronde, ha sempre chiesto che le dimensioni delle navi ammesse in laguna fossero e siano limitate e vorrei ricordare ancora che, già all'epoca dei fatti, nel 2019, l'allora Ministro dei Trasporti si stava adoperando affinché venissero trovate delle soluzioni alternative per consentire l'attracco delle grandi navi fuori dalla laguna. E non vorrei ricordare, invece - ma sono costretta a farlo - l'aspro confronto in Commissione trasporti che proprio la sottoscritta ebbe con il sindaco di Venezia, che tale intenzione del Ministro dell'epoca contestava e che, ancora oggi, mi sembra di capire, contesta, indicando Marghera non già come una soluzione temporanea, ma come una soluzione definitiva. Ebbene, oggi, l'articolo 3 va proprio nella direzione che è sempre stata auspicata per contemperare le esigenze di tutela del patrimonio artistico, culturale e ambientale e quelle legate allo svolgimento dell'attività crocieristica. Ma ciò che ci preoccupa sono i tempi di realizzazione. Infatti, pur apprezzando il concorso di idee previste nel decreto, ci chiediamo se lo stesso sarà sufficiente a vietare il transito delle grandi navi a San Marco, senza voler, poi, aggiungere che, come rilevato da più parti, gli approdi a Marghera destano perplessità, se non preoccupazione, a causa degli interventi sul canale e sulla sponda nord, che risulteranno inevitabilmente dannosi per la movimentazione dei fanghi e dei costi ingenti per la realizzazione della banchina di approdo: 62 milioni stanziati, a fronte di una stima che oscilla tra i 150 e i 200 milioni e che inducono a ritenere che l'intervento, lungi dall'avere i caratteri della temporaneità, ne riveste, invece, quelli della definitività. Ed ancora, considerando i tempi necessari per l'espletamento del concorso di idee per i lavori di sistemazione dell'approdo provvisorio o definitivo a Marghera, le grandi navi continueranno a passare davanti a San Marco con la loro stazza imponente, navi con migliaia di persone a bordo che ben poco portano all'economia della città, perché in nave si mangia, si dorme, si partecipa agli spettacoli, si svolge attività ludica, ricreativa, si frequentano le animazioni, il cinema, il teatro ed è tutto compreso nel prezzo. Quale vantaggio, dunque, per l'economia della città di Venezia? Nullo rispetto alla gravità dell'inquinamento dell'aria, del moto ondoso che sbanca i fondali e mette a rischio i pali delle fondamenta di rive, palazzi, monumenti che l'Unesco ha ultimamente ribadito, nel dossier redatto dai suoi ispettori - a conferma di quanto studiosi e scienziati ribadiscono da anni -, patrimonio dell'umanità. E noi lo mettiamo a rischio. Bisogna, allora, agire subito, applicando il “decreto Clini-Passera”, che pone il limite delle 40 mila tonnellate al transito a San Marco, bisogna pianificare partenze ed arrivi, bisogna monitorare subito, tramite il CNR e l'ISPRA, i danni ai fondali, ai monumenti e lungo i canali lagunari interni. In tal modo, il tempo necessario per l'espletamento del concorso di idee consentirà anche di studiare le corrette caratteristiche di tonnellaggio e di costruzione delle navi, caratteristiche compatibili con l'ambiente lagunare, il cui ecosistema va assolutamente protetto e preservato. Solo così, solo in questo modo avremo la possibilità di affermare che sono state realmente coniugate le esigenze economiche con l'esigenza della tutela dell'ambiente. Un cenno vorrei fare anche all'articolo 2 del decreto e della proroga in esso contenuta, che si rende necessaria per consentire il completamento delle procedure telematiche per il rilascio del Documento unico di circolazione, che trova, come ricordava il relatore, la sua fonte in un provvedimento normativo del 2017 e avrebbe dovuto entrare in vigore già nel 2018. Auspichiamo che tale proroga sia utile a rafforzare e sancire strutturalmente la collaborazione degli sportelli telematici dell'automobilista verso il comune obiettivo, nell'interesse della collettività, della funzionalità dei procedimenti per il rilascio del Documento unico. E per tale motivo abbiamo intenzione di chiedere che, in tale lasso di tempo previsto dalla proroga, vi sia un coinvolgimento anche delle associazioni di categoria riconosciute e maggiormente rappresentative a livello nazionale delle imprese di consulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto, procedendo, altresì, alle opportune revisioni degli atti amministrativi già emanati in materia di adempimenti relativi alla richiesta e al rilascio del Documento unico di circolazione e di proprietà del veicolo. In conclusione, non posso non fare un cenno sul fatto che siano stati presentati, come ricordava il relatore, da parte della maggioranza, ma anche dell'opposizione, diversi emendamenti che, tuttavia, non hanno trovato accesso nel presente provvedimento a causa di un vaglio estremamente rigido esercitato dai Presidenti delle Camere, sulla base di un recente intervento anche del Presidente della Repubblica, il quale, in occasione dell'esame del “decreto Semplificazioni” - lo vorrei ricordare - ha rilevato come l'omogeneità del contenuto sia un requisito essenziale dei decreti-legge, così come previsto dall'ordinamento giuridico e come anche ribadito dalla Corte costituzionale. Basta, insomma, con i “decreti omnibus”. Si deve a quel precedente, ai moniti del Capo dello Stato, all'intervento della Corte costituzionale e non ad atteggiamenti di chiusura del Governo, la severità da parte della Presidenza della Camera sull'ammissibilità degli emendamenti presentati. La maggioranza credo, comunque, pare abbia chiarito con precisione allo stesso Governo che l'attività emendativa effettuata rispecchia temi e argomenti sui quali occorre necessariamente intervenire con urgenza, ottenendo, peraltro, una rassicurazione in tal senso. Ecco perché molti di questi emendamenti, come lo stesso relatore ricordava, sono stati tradotti in ordine del giorno e saranno presentati proprio per ottenere un formale impegno a concretizzare, a breve, un intervento legislativo che colmi le lacune normative evidenziate nell'interesse della collettività. In conclusione, non possiamo che accogliere con favore il decreto di cui oggi discutiamo la conversione in legge, pur con le criticità rilevate per quanto attiene il tema delle grandi navi, anche se non è possibile non rilevare che è stato compiuto in merito un passo significativo che merita il riconoscimento di quest'Aula, ma, soprattutto, il riconoscimento delle cittadine e dei cittadini italiani.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Romano. Ne ha facoltà.

ANDREA ROMANO (PD). Grazie, Presidente. Qui parliamo di un decreto che, nella prima parte, interviene, nella logica che ci è stata forzatamente imposta dalla pandemia, sul rallentamento che ha riguardato tutti gli iter di autorizzazione, un rallentamento che ha coinvolto, ovviamente, anche il settore dei trasporti e che, dunque, richiede, come fa questo decreto-legge, la proroga sui servizi di continuità marittima con la Sardegna, la Sicilia e le isole Tremiti. La proroga è giusta, opportuna e necessaria anche per non far ricadere sugli abitanti di queste isole italiane un costo sociale ed economico aggiuntivo, oltre a quello che hanno già patito per l'emergenza COVID. Ma, ovviamente - lo hanno detto in tanti prima di me, il relatore, la collega del MoVimento 5 Stelle -, la parte principale di questo decreto riguarda il tema enorme, complicato, impegnativo delle grandi navi a Venezia o, meglio, il tema della minaccia che le grandi navi rappresentano per Venezia. Un tema su cui la politica italiana ha acceso i riflettori da anni, nella comune consapevolezza che sia indispensabile trovare una soluzione capace di rispondere, al contempo, a due esigenze insopprimibili: da un lato, l'esigenza di salvaguardare una città che, vale la pena ripeterlo, è patrimonio insostituibile dei veneziani, di tutta l'Italia e, ovviamente, dell'umanità, ma, dall'altro lato, c'è un'altra esigenza, che è quella di salvaguardare la portualità veneziana, che è parte insopprimibile della storia e dell'identità della città di Venezia, ma anche dell'intero sistema portuale italiano.

Tale sistema, se fosse privato del polo veneziano o se vedesse quel polo marginalizzato, ricaverebbe danni inaccettabili sotto il profilo del nostro interesse nazionale, della nostra capacità commerciale e anche dei livelli occupazionali dell'area veneziana e della stessa forza complessiva delle nostre infrastrutture. Quindi, sono due esigenze che possono e devono essere affiancate e l'urgenza di rispondere a queste due esigenze muove da un assunto condiviso, lo ripeto, da tutta la politica italiana, ormai da anni: difendere Venezia da un gigantismo navale, che non solo è estraneo alla storia e alla natura di quella città, ma che rappresenta una minaccia mortale, potremmo dire, per la salvaguardia di un ineguagliabile patrimonio culturale e artistico, come quello che Venezia rappresenta. Su questo, lo ripeto, a costo di essere ripetitivo, sulla difesa da questa minaccia, siamo, io credo, tutti d'accordo da molti anni e lo siamo anche senza attendere la riproposizione, per certi versi violenta, che l'emergenza grandi navi ci ripropone attraverso la cronaca periodicamente. Lo ricordava la collega, poco prima di me: è avvenuto nel luglio del 2019 un altro di questi episodi, forse il più grave degli ultimi anni, quando un'enorme nave da crociera, la Costa Deliziosa, rischiò di sbattere contro Riva dei Sette Martiri, sollevando, in modo appropriato e inevitabile, una nuova ondata di indignazione in Italia e anche fuori dall'Italia.

Ecco, rispetto a questo obiettivo condiviso, rispetto anche all'indignazione che progressivamente richiama l'attenzione del mondo sulla minaccia del gigantismo navale, sulla minaccia che il gigantismo navale rappresenta per la storia e per il futuro di Venezia, il decreto che oggi discutiamo compie un passo avanti; un passo avanti, a mio parere, significativo, ossia avviare finalmente la transizione verso una soluzione definitiva, che protegga Venezia da quella minaccia, senza peraltro mettere a repentaglio la forza economica e commerciale del polo portuale veneziano. Ed è, appunto, la soluzione del concorso di idee, quella che è contenuta in questo decreto, ovvero di una gara di progetti per una soluzione definitiva e congrua; e questo avvio di un concorso di idee è esattamente quanto possono e devono fare, in questa fase, il Governo e il Parlamento rispetto ad un percorso che, negli anni scorsi, ha già visto lavorare gli enti locali, l'autorità di sistema portuale, i mondi economici, le associazioni ambientaliste, le università, le competenze più ampie. Tutti soggetti - questi e altri che certamente ho dimenticato - che hanno accumulato in questi anni competenze, progettualità, idee, un patrimonio di soluzioni; un patrimonio di soluzioni possibili, che ora può, e deve, essere messo a sistema, per poi passare finalmente dall'allarme per la minaccia del gigantismo navale alla soluzione, si spera definitiva, per quella minaccia.

Quindi, il percorso del concorso di idee è la strada giusta, per quanto io credo che, legittimamente, possa apparire ad alcuni una soluzione diversa da quella soluzione miracolosa, che forse in tanti si attendono. Perché è una strada giusta? Perché ora si tratta di arrivare finalmente al dunque, aprendo il campo ad una competizione di livello mondiale - perché sarà una competizione di livello mondiale - per la soluzione migliore e, ripeto, definitiva, scegliendo - questo voglio sottolinearlo - una commissione di altissimo profilo, che sappia valutare, in tempi certi e ovviamente auspicabilmente rapidi, quale sia quella soluzione, tra le moltissime ipotesi che certamente arriveranno.

Appare, quindi, questa, la strada giusta per chiudere la stagione dell'indignazione - necessaria ovviamente, ma insufficiente a garantire una soluzione -, avviare la transizione verso la soluzione più efficace e porre le basi perché quella soluzione sia realizzata rapidamente, in via definitiva e attraverso un percorso condiviso, che, ripeto, metta a sistema tutto il lavoro che è stato fatto in questi anni, che è un lavoro straordinariamente prezioso. In questo modo, io credo si potrà superare una volta per tutte la minaccia del gigantismo navale, senza alcun danno per il futuro economico e commerciale di Venezia e del Veneto, ma anche di tutto il nostro Paese. Perché in fondo, poi, la storia di Venezia - e su questo concludo, Presidente - ci insegna, sia nel passato che nel presente, che quanto appare spesso frustrante e talvolta impossibile può essere realizzato con quella caparbietà che istituzioni antiche e, nel nostro caso, contemporanee possono garantire.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bazzaro. Ne ha facoltà.

ALEX BAZZARO (LEGA). Grazie Presidente. Onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame offre senza dubbio una prima risposta ad un tema molto sentito da associazioni, cittadini ed imprese, con la proroga del termine entro il quale dovrà essere completato il passaggio alle procedure telematiche per il rilascio del documento unico contenente i dati di circolazione e di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi. Un differimento indispensabile, fortemente richiesto a tutto il settore dell'automotive, che non aveva ancora trovato soluzione e che rischiava di creare problemi ad un comparto colpito duramente dall'emergenza COVID.

Così come siamo orgogliosi che, grazie ad un emendamento della Lega, reso inammissibile a questo decreto dal Senato, ma poi confluito ed approvato nel “decreto Sostegni”, nel 2021 gli autotrasportatori non dovranno versare i contributi all'Authority di regolazione dei trasporti. Un intervento di buon senso per sostenere il settore del trasporto, in ginocchio a causa della crisi economica causata dall'emergenza sanitaria, ed un ulteriore segnale del cambio di passo, con la Lega all'interno di questo Esecutivo di unità nazionale.

Sappiamo tutti, però, che molti nodi che non siamo riusciti ad affrontare in questo decreto e che sono stati sollevati in maniera trasversale dai gruppi politici, restano aperti e che occorre e occorrerà dare risposte urgenti nel prossimo decreto. Ne cito alcuni che i colleghi della Commissione trasporti illustreranno con puntualità negli ordini del giorno che il gruppo Lega andrà a presentare nella giornata di domani.

Occorre completare il percorso legislativo per consentire di affidare ad officine esterne la revisione dei mezzi pesanti, come già accade, con successo, per quelli leggeri: misura indispensabile per ridurre i tempi di attesa nelle motorizzazioni, dove, già prima della pandemia, si rischiava di dover attendere oltre un anno per revisionare un mezzo pesante, con gravi rischi per la sicurezza stradale.

È poi urgente prorogare ed estendere la platea e semplificare il sistema di erogazione dei cosiddetti “buoni viaggio” a favore delle categorie più svantaggiate: una misura che era stata approvata dal precedente Esecutivo, ma che non ha mai realmente funzionato; si tratta di una richiesta che arriva forte dai comuni italiani e dal preciso impegno che la Lega ha assunto con le associazioni di categoria del trasporto pubblico non di linea, che da mesi ne denunciano l'inapplicabilità, mentre potrebbe dare un sostegno vero e concreto ad un settore gravemente colpito dalla crisi sanitaria ed economica.

Occorre affrontare la questione delle patenti nautiche e consentire da subito le visite mediche, nelle more dell'applicazione del nuovo regolamento e dell'approvazione della direttiva ministeriale, anche nelle sedi delle scuole nautiche, delle autoscuole o delle imprese di consulenza.

Abbiamo chiesto di eliminare i previgenti limiti posti dalle attività della concessione CAV SpA e permettere di effettuare tutti gli interventi di realizzazione e gestione, ivi compresa l'attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di tutte quelle tratte autostradali ricadenti nel territorio della regione Veneto e nelle regioni confinanti.

Veniamo, poi, cari colleghi – e, da veneziano, non posso che porre l'accento e la massima attenzione su questo punto -, al porto e alla crocieristica della mia città, Venezia. Credo sia doveroso, prima di tutto, fare il punto su quello che rappresenta per il capoluogo veneto questo settore: il porto di Venezia è uno dei principali snodi del nord Adriatico, è dotato di infrastrutture importanti, con aree operative, portuali e industriali servite da 12 chilometri di banchine, da raccordi stradali e da 45 chilometri di rete ferroviaria di manovra; al suo interno lavorano 13 mila addetti e ha un traffico merci consistente, pari a 26.500 tonnellate registrate nell'anno 2018. Tuttavia, per l'economia della città, è giusto trovare velocemente una soluzione sostenibile per il settore crocieristico e per la sua filiera. È evidente, pertanto, quali impatti per l'economia della città e di tutta la regione abbiano avuto le limitazioni imposte dal Governo per contenere e gestire l'emergenza del COVID-19, vista l'importanza strategica che riveste per il territorio il turismo, uno dei maggiori settori colpiti dalla crisi. È necessario, ora più che mai, lavorare per conciliare la salvaguardia dell'ambiente e la tutela del paesaggio, con la ripartenza e lo sviluppo, consentendo anche la piena ripresa delle attività crocieristiche quale elemento chiave e fondamentale per il settore turistico.

Dovete sapere, cari colleghi, che nel 2019, quindi prima della pandemia, grazie alle navi da crociera, sono sbarcati a Venezia un milione e 650 mila turisti, alcuni dei quali anche per soggiornare all'interno della nostra città. Si tratta di una filiera e di un indotto in grado di movimentare 260 milioni di euro nella città metropolitana, compresi i rifornimenti agroalimentari. Si contano 1.800 persone coinvolte nel solo sistema di check-in e check-out, tra cui 500 ragazze e ragazzi universitari, che fanno gli stagionali a supporto di attività, per l'appunto, di imbarco e sbarco, mentre la filiera complessiva dell'home port ha un rilevante di persone occupate di circa 15 mila addetti.

Fatte queste doverose premesse, è bene precisare come questo testo ci soddisfi e lo approveremo convintamente, non solo per le dovute proroghe di termini che ho citato all'inizio del mio intervento, bensì perché anche sul delicatissimo tema della crocieristica a Venezia si apre finalmente un doveroso dibattito. Il concorso di idee e lo stanziamento di 2 milioni di euro per questo brainstorming al servizio di Venezia è una scelta giusta, ma è altrettanto doveroso che non si soprassieda mai a quel principio di sussidiarietà che un convinto federalista non può far mai venire meno. Le scelte politiche di un territorio spettano al sindaco, alla sua giunta e al consiglio comunale; le decisioni sul futuro della città i cittadini le determinano nelle urne quando vanno ad eleggere un primo cittadino piuttosto che un altro; le attività turistiche e i flussi sono a carico degli amministratori, che ne rispondono al voto del popolo; e non si pensi mai di dividere tra buoni e cattivi, tra chi ama Venezia da un lato e chi, invece, parrebbe volerla vendere a un etereo dio denaro. Venezia è patrimonio del mondo e la sua tutela e i suoi interessi sono di tutti, ma bisogna smetterla di usare il mantra dell'ecologismo militante che viaggia sul motto “la cura ha funzionato, ma il paziente è morto”. Centocinquantamila lavoratori dell'indotto non possono divenire dei danni collaterali, soprattutto perché dal fronte del “no grandi navi”, molto rumoroso, ma poco consistente in città, non c'è una soluzione immediata che risponda alla tutela di lavoro e ambiente. Il Governo ha giustamente parlato di concorso di idee perché l'off-shore è una prospettiva futuribile, ma come parlamentare nato, residente e anche amministratore di questa città è mio dovere lavorare per tutelare anche l'oggi. In questo senso, l'ordine del giorno a mia prima firma, sostenuto dal gruppo Lega della Commissione trasporti, verrà protocollato nelle prossime ore e chiederà con forza al Governo su temi concreti delle decisioni chiare: l'immediata soluzione temporanea e il tempestivo avvio del progetto definitivo per liberare il canale della Giudecca e San Marco dalle navi da crociera, come citato dai colleghi; di individuare gli accosti per le navi di dimensioni più grandi nella zona portuale di Marghera, con precisa ubicazione nel canale nord, sponda nord, con accesso attraverso la bocca di porto del Malamocco e i grandi canali di navigazione Malamocco-Marghera; di mantenere la centralità dell'esistente stazione marittima per le unità di dimensioni medio-piccole; di effettuare la caratterizzazione immediata dei sedimenti del canale di navigazione Vittorio Emanuele III e il contestuale progetto di riprofilazione, previa, se necessaria, la valutazione ambientale; la definizione delle condizioni per la ripresa e il rilancio di Porto Marghera in chiave sostenibile, attraverso la conclusione delle opere di marginamento ambientale con le risorse ministeriali necessarie; la conclusione del nuovo protocollo fanghi, bloccato da anni da un'inammissibile controversia interministeriale e oggetto, poi, delle norme nel “decreto Agosto”, non condivise con gli enti locali, che ne hanno aggravato l'applicazione, con l'istituzione di un'ulteriore commissione tecnica consultiva; la conclusione del Progetto Integrato Fusina, chiamato PIF; l'impianto di messa in sicurezza permanente dell'intera area industriale del Porto di Marghera attraverso il trattamento delle acque di drenaggio derivanti dai marginamenti, nonché delle acque derivanti dai processi industriali e delle acque pluviali, anch'esse risultate inquinate; e ultimo, ma non ultimo, la risoluzione concreta delle problematiche che mettono a rischio le attività lavorative del porto turistico e industriale, e che di conseguenza portano alla messa in discussione di 20 mila posti di lavoro.

Per l'economia della città metropolitana è giusto trovare velocemente una soluzione sostenibile per il porto e il settore crocieristico. La città museo, deindustrializzata, bellissima e vuota non sarà mai la nostra scelta, né tanto meno la scelta dei cittadini veneziani. Concludo, signor Presidente, richiamando gli appelli del mondo, quelli citati anche poc'anzi dai colleghi, quando personalità internazionali, colpite dalle immagini forti delle navi da crociera che passano davanti a San Marco, in particolare quelle con stazza superiore alle 40 mila tonnellate, hanno richiesto interventi a tutela dell'unicità, della bellezza di Venezia, del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale della sua laguna.

Siamo qui per questo e credo che l'articolo 3 di questo decreto vada in quella direzione, come ritengo altrettanto che ogni scelta fatta a Roma non possa avvenire a discapito di migliaia e migliaia di famiglie che a tuttora sono lasciate senza lavoro e senza prospettive stabili per il futuro. Sono certo che lavorerò con tutti i miei colleghi, con i cittadini veneziani, tutti con un passato di amministratori, anche e soprattutto approfittando di un Governo di unità nazionale che ci esorta a sfruttare questo periodo per dare risposte immediate. Rimango convinto che nessuno di noi vorrà farsi tirare per la giacca dal partito del “no” a tutto, ancorato a un'immagine di Venezia che non solo non c'è più, ma che i veneziani stessi rifuggono, e che nessuno sarà disposto a sacrificare la doverosa autonomia amministrativa sull'altare di futili e temporanee divergenze politiche con l'amministrazione in carica.

Il COVID ha colpito tutti, ma le città d'arte, come spesso sottolineato in quest'Aula da tanti esponenti politici, sono risultate le più tartassate dal blocco del turismo internazionale. Venezia ha sofferto 24 mesi terribili, cominciati con la seconda acqua alta della storia e proseguiti con la cancellazione di un carnevale unico al mondo e di una serie di eventi che, a causa della pandemia, non hanno potuto svolgersi, minando la tenuta del sistema sociale, ma soprattutto economico e cittadino. Ben venga, dunque, questo primo fondamentale atto: grazie al lavoro della Lega, risulterà nel voto finale, per merito degli ordini del giorno collegati, più incisivo e capace di venire incontro alle molteplici sfaccettature della nostra comunità; ma deve essere, per l'appunto, un primo atto, in grado di aprire un vero e proprio dossier su Venezia.

Nuova legge speciale con finanziamenti certi, autorità per la laguna, gestione del MoSE: come gruppo Lega e come parlamentare veneziano, forte dell'impegno di questo decreto, che si occupa anche di crocieristica lagunare, porrò e porremo al centro del dibattito nazionale la difesa e la tutela di Venezia e dei suoi lavoratori, chiedendo al Parlamento tutto di fare lobby per tutelare quella che per noi è la città più bella e unica al mondo (Applausi dei deputati del gruppo Lega-Salvini Premier).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Battilocchio. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO BATTILOCCHIO (FI). Presidente, colleghi, signora sottosegretario, prima di entrare nel merito del provvedimento in esame ritengo doverosa una premessa: questo decreto in materia di trasporti poteva certamente essere fatto meglio. Non mi riferisco a quello che c'è, che va bene, ma soprattutto alle tante cose che non ci sono e che non è stato possibile inserire nella doppia lettura parlamentare. Non si tratta di un'opinione personale e neppure di una valutazione politica di parte, ma di un dato evidente e oggettivo, che emerge dalle proposte emendative depositate in Senato e alla Camera. In Commissione trasporti, qui, alla Camera, nel corso dell'esame in sede referente, sono stati depositati 116 emendamenti, che, a differenza di altre occasioni, provenivano in gran parte dai gruppi di maggioranza.

È un dato che qualcosa vorrà pur dire: significa che in materia di trasporti c'è l'esigenza condivisa di affrontare numerose tematiche che sono ferme o procedono troppo lentamente da un paio d'anni. Sappiamo che, nel corso della legislatura, la Commissione trasporti ha avuto l'occasione di esaminare in sede referente pochi decreti-legge; ce ne sono stati un paio su Alitalia, un altro paio sul versante delle telecomunicazioni, in materia di sicurezza cibernetica. Per il resto, le norme in materia di trasporti sono sempre state inserite in decreti di portata più generale e di natura prettamente economico-finanziaria, dunque di competenza di Commissioni diverse. Questo è il primo decreto-legge, sostanzialmente, varato esclusivamente in materia di trasporti e di competenza esclusiva della Commissione trasporti. In questo senso - e lo dico senza volontà polemica - limitarne il contenuto soltanto a tre argomenti, estremamente settoriali e limitati, delimitando un perimetro talmente ristretto che, alla luce dei criteri vigenti di ammissibilità applicati dalle Camere, avrebbe reso impossibile presentare proposte emendative su altre tematiche, è stato un errore.

Se a questo aggiungiamo che il Governo non ha consentito di accogliere neppure le poche modifiche, assolutamente innocue, proposte alle disposizioni presenti, fatta eccezione per le correzioni formali, gli errori commessi dallo stesso Ministero nella scrittura del decreto, la valutazione del metodo che si è voluto seguire non può essere totalmente positiva. Come Forza Italia, ad esempio, avevamo presentato un emendamento che semplificava ulteriormente le procedure in materia di documento unico di circolazione, che si fatica a capire perché abbia avuto parere contrario. È vero che siamo in seconda lettura, ma il termine per convertire questo decreto spira il 29 maggio e oggi siamo al 10.

Dunque, almeno in questo caso ci sarebbe stato tutto il tempo per un terzo passaggio al Senato. La proroga disposta dall'articolo 1 è uno di quegli interventi d'urgenza tipici da decreto-legge in scadenza: la convenzione per garantire il collegamento marittimo in regime di servizio pubblico con le isole maggiori e minori. Dunque, è indispensabile prevedere una proroga limitata per evitare di tagliare i collegamenti con le isole nelle more della nuova assegnazione. In questo senso, era già intervenuto il Governo precedente e anche l'attuale Governo non ha potuto esimersi dal varare una proroga ulteriore. Ovviamente, l'auspicio è che non ve ne sia una ulteriore e che il collegamento tra continente e isole maggiori e minori in regime di servizio pubblico sia assicurato da una nuova convenzione definitiva. Abbiamo poi il differimento al 30 settembre 2021 del termine entro il quale deve essere completato il passaggio alle procedure telematiche (vedi il rilascio del documento unico contenente i dati di circolazione e di proprietà degli autoveicoli, dei motoveicoli e dei rimorchi), che è un intervento non solo oggettivamente indispensabile, ma che condividiamo pienamente. Giova sottolineare che un differimento in tal senso era stato chiesto all'unanimità dalla Commissione trasporti della Camera all'inizio di agosto 2020, con l'approvazione di una risoluzione unanime a firma di tutti i gruppi parlamentari.

C'è poi l'articolo 3 del decreto, che, intervenendo sul tema del traffico crocieristico nella laguna di Venezia, ha conquistato la ribalta mediatica. L'articolo 3 è quello al quale è stato presentato il maggior numero di emendamenti dichiarati ammissibili, emendamenti non solo dell'opposizione, ma alcuni anche di maggioranza. Cosa prevede, in sostanza, questo articolo? Stanzia risorse - circa 2 milioni di euro - per la realizzazione di progetti relativi all'attracco delle grandi navi da crociera fuori dalle acque protette della laguna di Venezia. La lettura che dà Forza Italia di questa norma è assolutamente positiva. Condividiamo questa disposizione, perché il Governo Draghi torna su una questione che era oggettivamente morta da molti anni. C'era una norma di rango regolamentare, che era il “decreto Clini-Passera”, varato ai tempi del Governo Monti, che, considerato il tempo di inattuazione, aveva, di fatto, perso ogni cogenza. Il Governo Draghi torna sul tema della tutela della laguna di Venezia, lo riporta d'attualità con una norma di rango primario ma, al tempo stesso, lo fa in modo corretto e in linea con il suo stile, guardando ai fatti e non all'ideologia. Si raccoglieranno progetti e idee e, sulla base di studi, si valuterà la soluzione migliore.

Proprio in riferimento ai progetti e agli studi di fattibilità, concludo facendo riferimento a un tema che non è ricompreso nel decreto, ma che ha importanza fondamentale non solo per l'Italia, ma per i piani europei dell'alta velocità. La commissione istituita dalla Ministra De Micheli ha ormai concluso i propri lavori circa la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. C'è una relazione definitiva: lo hanno scritto i giornali e lo ha confermato lo stesso Ministro Giovannini, partecipando, qualche giorno fa, a una trasmissione televisiva. In quella trasmissione il Ministro non ha voluto rispondere alle domande della conduttrice circa la sua opinione in merito alla realizzazione del ponte, ma soprattutto ha dato l'idea di voler prendere tempo. Sul ponte, di tempo, non ce n'è più. Sul ponte sono mutate, rispetto a qualche anno fa, le posizioni politiche e c'è uno schieramento, ormai ampio, che lo ritiene necessario. Nella relazione al PNRR, approvata, a gennaio, dalla Camera, uno dei rilievi richiede che lo studio della commissione sia trasmesso subito al Parlamento, perché questo possa esprimersi. Ebbene, il Ministro dia seguito a questo impegno. Si depositi quanto prima la relazione e si consenta a questo Parlamento di discuterla e di assumere una decisione che solo al Parlamento può spettare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rotelli. Ne ha facoltà.

MAURO ROTELLI (FDI). Grazie Presidente Rosato e buongiorno alla sottosegretaria Bini, che ha la pazienza di ascoltarci. Intanto, saluto tutti i colleghi della Commissione trasporti e gli altri che sono intervenuti rispetto al punto che andiamo a discutere oggi. Questo decreto, sottosegretario, è quello cosiddetto delle “grandi navi”, ma non è soltanto delle grandi navi perché poi all'interno - lo abbiamo sentito nei precedenti interventi - in questi quattro articoli c'è anche dell'altro e non è un altro di secondaria importanza o di poco conto, perché si parla dell'organizzazione del servizio pubblico di collegamento con le isole maggiori e minori, quindi la cosiddetta continuità territoriale, e si parla del differimento dal 31 marzo al 30 settembre per le procedure telematiche che permetteranno il rilascio in formato elettronico del documento unico di circolazione, il DUC. Abbiamo lavorato tanto su questi quattro articoli. Il collega che mi ha preceduto ricordava un numero decisamente rilevante di emendamenti presentati. Su quattro articoli avere 116 emendamenti, sottosegretario, sottolinea il fatto che i gruppi hanno lavorato molto. Devo dire che di questi 116 emendamenti, almeno per quanto riguarda la Camera dei deputati, soltanto quattro sono del gruppo di Fratelli d'Italia, solo quattro. Questo la dice lunga su quella che è la visione comune della maggioranza, che, quindi, nei 112 rimanenti ha provato a modificare più di un articolo (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), in alcuni casi anche in maniera rilevante e radicale. Quindi, il lavoro di tutti, ma la gran parte, tranne quelli relativi all'articolo 3, sono stati, come sappiamo, dichiarati inammissibili. Ho seguito all'inizio con attenzione la relazione del collega Gariglio, la quale parlava di questa nuova modalità intrapresa dal Governo per cui tutto quello che non rientra all'interno delle tematiche presentate dal decreto viene decretato, per la prima volta, credo, inammissibile.

Tale sottolineatura di Gariglio, che considerava interessante, da evidenziare, a noi, naturalmente, sembra decisamente preoccupante. È preoccupante, perché spesso e volentieri non abbiamo avuto modo di poter affrontare queste tematiche e quando abbiamo la possibilità di poterle affrontare arriva una specie di ghigliottina che rende inammissibili praticamente quasi tutti gli emendamenti. Il testo arriva blindato dal Senato, quindi dall'altra Camera, pur, come avete sentito anche nei precedenti interventi, avendo avuto tutto il tempo utile per poterlo discutere, modificare e magari fare addirittura una terza lettura, visto che il limite per la conversione è posto alla fine di questo mese. Quindi, abbiamo provato a dare un nostro contributo e abbiamo molto probabilmente perso nuovamente del tempo, purtroppo. Abbiamo perso tempo perché in Commissione avevamo affrontato decine di questioni e durante gli interventi ne sono stati citate veramente molte. Alcune delle situazioni che riguardano i trasporti sono bloccate ed erano già in ritardo prima della pandemia; poi, con l'emergenza pandemica, le autoscuole, i centri di revisione, sono decine, insomma, i temi che potremmo sollevare e che erano stati interessati dagli emendamenti e che, purtroppo, sono stati penalizzati e nuovamente non riconosciuti. Quindi, ci sarà un atto di indirizzo del Parlamento, al quale noi proveremo a dare il nostro contributo, e un nuovo decreto-legge. Presidente, non possiamo che dire “vedremo se poi realmente sarà così”, perché ci è stato detto già più di una volta. Resta il fatto, sottosegretario, che questo metodo è assolutamente insopportabile, perché, vista com'è andata la situazione, tanto valeva porre la fiducia su questo decreto. Con una maggioranza dei nove decimi dell'Assemblea (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia) non si capisce per quale motivo si debbano fare delle pseudo-discussioni che poi portano a un risultato che non è né più né meno che quello, cioè un provvedimento che viene da una Camera all'altra e che non può essere assolutamente modificato. Io penso che la giustificazione a monte di questo tipo di comportamento è una, ed è un nuovo mantra che noi abbiamo scoperto con il Governo Draghi, vale a dire il cosiddetto “tema divisivo”.

Ogni volta che trattiamo la questione, a un certo punto della discussione nelle Commissioni parlamentari, viene posto al centro dell'attenzione un tema divisivo che, proprio in quanto tale, si ha una grossa difficoltà a trattarlo in una maggioranza monstre, nella quale c'è tutto e, naturalmente, il contrario di tutto. Il Governo è stato giustificato con questa modalità, perché c'è una pandemia e, quindi, visto che c'è una pandemia, bisogna mettere in campo una serie di scelte strategiche importanti e veloci, che possano aiutare a superare questo tipo di problematica e, soprattutto, adottare nuove soluzioni. Il problema è che, proprio rispetto al tema della pandemia, si litiga dalla mattina alla sera, fuori e dentro la maggioranza e fuori e dentro le Aule parlamentari; ogni qualvolta deve essere presa una decisione, al di là del tema pandemico, si arriva, inevitabilmente, sottosegretario, al corto circuito, sia nei gruppi parlamentari che all'interno del Governo, e quello che ne esce fuori che cos'è? È o il bavaglio al Parlamento, come questa iniziativa, oppure un compromesso al ribasso. Mi permetto di dire, Presidente, che anche questo decreto è tale. Il testo prevede, nell'articolo clou, che è quello delle navi da crociera nella laguna di Venezia, che l'autorità di sistema portuale, entro 60 giorni, organizzi un concorso di idee per elaborare proposte ideative e progetti di fattibilità per realizzare e gestire punti di attracco fuori le acque protette della laguna di Venezia, per navi da crociera e mercantili oltre 40 mila tonnellate. Per questo concorso di idee, Presidente, vengono stanziati 2 milioni e 100 mila euro; quindi, un concorso di idee per trovare la modalità attraverso la quale queste navi possano attraccare off-shore, al largo, fuori la laguna di Venezia. Cosa succederà, poi, in realtà? Nel frattempo, le navi continueranno a passare all'interno della laguna e passeranno non soltanto all'interno della laguna, ma anche attraverso il canale della Giudecca e per raggiungere l'unico attracco organizzato e strutturato per far fronte a tutte le necessità COVID, che è quello della Marittima.

La storia di questo dibattito rispetto alla vicenda delle grandi navi, o delle grandissime navi, da crociera è veramente impietosa, sottosegretario, e mette in risalto anche tanti responsabili. Molti l'hanno già citato; partiamo dal 2012, dal decreto dei Ministri Clini e Passera, durante il Governo Monti, che impone, nel 2012, il limite di 40 mila tonnellate per la stazza delle navi che possono solcare la laguna. Questo decreto non ha alcun tipo di attuazione, e questo perché non c'è alternativa per raggiungere il terminal delle crociere; le navi, in deroga, continuano a passare attraverso il canale della Giudecca. Nel 2014, un comitato interministeriale ci riprova, il TAR del Veneto annulla il provvedimento, continuano indisturbati i transiti. I numeri, già ricordati dal collega che mi ha preceduto, nel 2018 parlano di 594 navi da crociera a Venezia e, quindi, quasi una media di 2 al giorno. Sappiamo perfettamente che il turismo crocieristico non è uguale in tutto l'anno e, quindi, ci sono dei momenti nei quali le navi passano a decine nello stesso giorno. Questo fino al 2 giugno 2019, quando la MSC opera in avaria, urta un battello con 130 persone a bordo; il fatto è gravissimo, quello che lo rende ancora più eclatante è, naturalmente, la potenza delle immagini e dei filmati; molto probabilmente questo evento ce lo ricordiamo tutti. La divulgazione di queste immagini e dei filmati fa in modo che esploda l'indignazione nei confronti di queste navi giganti che arrivano nella laguna di Venezia.

Il 31 luglio, in Commissione trasporti abbiamo uno scambio di vedute, definiamolo così, con il Presidente della regione Veneto e con il sindaco della città di Venezia, ma anche con il sindaco della città di Chioggia, che non capita lì a caso, Presidente; questa audizione è particolarmente rude; io non mi ricordo, in questi tre anni, altri momenti di scontro così forte all'interno della Commissione tra gli ospiti, gli auditi e i commissari. Il presidente Zaia ci ricorda un po' di cose, che non sono proprio vezzi veneti o veneziani, ma dice: guardate che Venezia è un home port, vale a dire un porto di arrivo e di partenza di questo tipo di turismo e di traffico crocieristico: si parla di 1,6, 1,8 milioni di persone che vengono interessate, 160 milioni di euro di fatturato e 4 mila dipendenti. Nel novembre 2017, sottosegretario, un suo collega di partito, il Ministro Delrio, al tempo all'interno di questo fantomatico e famigerato “comitatone” - così viene definita questa organizzazione che all'interno vedeva tutta una serie di rappresentanti parlare e discutere di questa tematica -, trova una sintesi e la votano, la votano tutti tranne - forse, astenuto o contrario , questo non me lo ricordo - il sindaco di Chioggia, anche lui presente alla commissione di luglio. Il “comitatone” vota che si può passare per il canale dei petroli, già esistente e già usato per arrivare a Marghera, si può mettere in sicurezza, ripulire e risistemare il Vittorio Emanuele, in maniera tale da poter dividere le navi di grande tonnellaggio verso Marghera, e gli yacht di lusso, la parte residuale - ma non so se di qualità - verso la Marittima, dove c'è la stazione Marittima, dove c'è lo scalo già previsto. Oltretutto, il presidente sottolinea un aspetto fondamentale, su cui chiedo a tutti i colleghi, anche a quelli già intervenuti, di far mente locale, e di seguire bene: quando si parla, in questo caso, di tenere “fuori le grandi navi dalla laguna”, non dobbiamo confondere il piano che riguarda “fuori le grandi navi dal canale della Giudecca” con quello ”fuori le grandi navi dalla laguna con porto off-shore”, perché difendere la storia marittima della città di Venezia non vuol dire spostare le navi dalla laguna (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), vuol dire fare in modo che possano entrare e possano continuare con tutte le altre mercantili, in maniera responsabile, ma non espellerle, perché su questo si vive un po' di incomprensione.

In quel periodo, durante questa audizione, era Ministro Toninelli, già citato, e aveva la soluzione pronta; pensi, Presidente, prima di questa audizione presso la Commissione trasporti, aveva una soluzione pronta ancor prima dell'incidente di cui abbiamo parlato; ce l'aveva il 3 giugno, Il Sole 24 Ore lo riporta; Toninelli aveva già per le mani un progetto che riguardava proprio Chioggia - guarda un po', la città nella quale il MoVimento 5 Stelle esprimeva il sindaco - e un altro progetto che riguardava Ravenna e Trieste; quindi, la delocalizzazione delle navi da crociera fuori da Venezia. Il sindaco Brugnaro interviene in Commissione e ricorda la storia di questa città, della Serenissima, e, soprattutto, quella del magistrato delle acque, Presidente, che doveva garantire - questa personalità esiste ancora - la navigabilità della laguna, mantenere i canali navigabili, né più né meno come quando un assessore ai lavori pubblici fa riasfaltare le strade di una città. Tutto questo è fatto a Venezia assolutamente dall'uomo, ed è fatto proprio attraverso questa possibilità che il sindaco e il presidente della regione ci fecero vedere con delle slide e dei video: attraverso Malamocco, il canale petroli, il canale nord, il bacino nord e poi, dopo, la possibilità di rimettere in funzione il Vittorio Emanuele, con arrivo alla Marittima. È una soluzione praticabile? È qualche cosa di realizzabile, oppure è soltanto nella testa del sindaco e del presidente della regione? Ebbene, ogni anno c'è una festa a Venezia: la Festa del Redentore, la terza domenica di luglio, se non sbaglio. Pensi, Presidente, che questa festa celebra la fine della peste: quanto è vicina rispetto ai periodi che stiamo purtroppo vivendo in questo momento. La peste che, tra il 1575 e il 1577, flagella la città di Venezia. Il sabato precedente la Festa del Redentore viene aperto un lungo ponte votivo di barche; questo lungo ponte di barche mette in contatto la Giudecca con la parte meridionale della città di Venezia;

Questo permette di raggiungere a piedi la chiesa del Redentore. Cosa succede il giorno nel quale il canale della Giudecca viene bloccato da questo lungo ponte di barche? Dove vanno a finire le navi da crociera: non viaggiano quel giorno, non ci sono? Le navi ci sono, naturalmente, anche il giorno della festa del Redentore; anzi, io credo che proprio per lo spettacolo pirotecnico che ci sarà il giorno dopo, per tutto quello che verrà organizzato, il pacchetto che riguarda quel giorno sarà ancora più interessante per i turisti. Ebbene, la terza domenica di luglio le navi entrano da Malamocco, si fanno il canale dei Petroli, vanno a Marghera e arrivano lì, dove in questo momento c'è sinceramente la desolazione. Perché se c'è qualcosa che può e deve essere bonificato è proprio Marghera, che è stato quasi completamente abbandonato e può essere non soltanto riqualificato ma può e deve essere di nuovo reso utilizzabile.

Quindi, sono cambiati i Governi: dopo Monti - e il “Clini-Passera” del 2012 -, Letta, Renzi, Gentiloni, il “Conte 1” e il “Conte 2”, con soluzioni in tasca da parte dei Ministri; il 31 marzo 2021 arriva il Governo Draghi e arriva l'ennesimo annuncio; un annuncio addirittura sottoscritto da ben quattro Ministri. Questi quattro Ministri espellono le grandi navi dalla laguna? Assolutamente no: dicono che spenderemo 2,1 milioni di euro di soldi pubblici per un concorso di idee per realizzare l'attracco off-shore.

Quindi, praticamente tutto quello che si poteva fare già da decenni, che era già scritto e che addirittura ogni anno viene realizzato quando c'è la festa del Redentore, viene cancellato.

Nessuno, sinceramente, sottosegretario, vuole negare il sogno o l'incubo di questo porto off-shore, ma le risorse pubbliche impegnate prevedono rispetto e attenzione, soprattutto in questa fase. Oltretutto, non siamo più nel 2018: purtroppo, al tempo vi erano già i dati di un'economia sotto pressione ma che almeno vedeva un settore turistico vivo; in questo momento raccontiamo un settore turistico che è in ginocchio e alcuni quotidiani e alcuni osservatori hanno parlato di Venezia all'anno zero. In quest'Aula è già stato ricordato tutto quello che è stato cancellato e quello che, purtroppo, il COVID ha spazzato via rispetto a quella che era la fiorente e forte industria turistica della città di Venezia.

Quindi, questa Repubblica, la Serenissima, splendida, unica al mondo ma fragile, Presidente, sta provando a rialzarsi, e lo fa con il coraggio, di chi? Dei suoi abitanti. Lo fa con il coraggio dei veneziani, non con il coraggio che non abbiamo mai riscontrato nei numerosi Governi di centrosinistra, dal 2012 in poi, che si sono alternati per provare a trovare una soluzione.

L'approdo a Marghera costerà decine di milioni di euro: ci vogliamo prendere in giro dicendo che è un attracco provvisorio? Io credo proprio di sì. I Ministri Cingolani, Franceschini, Garavaglia, Giovannini hanno siglato l'ennesimo accordo al ribasso - per mettere un po' tutti d'accordo, o almeno provarci - che naturalmente impegnerà nuovi soldi pubblici. E' l'ennesima marmellata burocratica che parte proprio dalla decisione del 2012 del “decreto Clini-Passera”, che oltretutto deriva da un altro incidente (perché poi il “Clini-Passera” del 2012, purtroppo, deriva dall'incidente della nave da crociera della Costa all'Isola del Giglio, con l'inchino all'Isola del Giglio).

Di tutti questi anni di rinvio, sottosegretario, chi è che ne ha giovato? Sicuramente i crocieristi perché hanno continuato ad affacciarsi potendo vedere, poco prima dell'attracco, dalle loro cabine, piazza San Marco, pur con le compagnie sempre disponibili a trovare degli sbocchi alternativi, sempre lì pronte a poter dire “organizziamoci in un'altra maniera”.

Quello che manca, a nostro modo di vedere, Presidente, è un progetto d'insieme, una visione per Venezia; un progetto complessivo, soprattutto rinnovato e aggiornato dopo la stagione del COVID. Quello che abbiamo descritto e di cui abbiamo discusso e parlato con il Presidente Zaia e il sindaco Brugnaro in Commissione non è più attuale, purtroppo, per quello che nel frattempo è successo.

Io, Presidente, penso che la presenza nel Governo di gruppi o di derivazioni no-TAV, no-TAP, in questo caso “no-navi” - perché questa è la declinazione rispetto alla questione di Venezia - ha bloccato ragionamenti e decisioni che potevano essere approntate, organizzate e sviluppate almeno dieci anni fa. Il richiamo al coraggio e alla storia marittima della città, all'uso delle nuove tecnologie per difenderla, alla ricerca di una visione e del futuro per la città di Venezia, purtroppo sono incompatibili con questa forma di governo, in cui tutto e il contrario di tutto provano a risiedere nello stesso momento; in alcuni casi, non soltanto a resistere, ma per alcune forze politiche anche a sopravvivere, perché hanno raccontato degli impegni in campagna elettorale che poi, alla prova dei fatti, non sono più in grado di rispettare o di portare a casa.

Questo è il motivo - sottosegretario e Presidente - per il quale Fratelli d'Italia è rimasta fuori dal Governo. E' il motivo per il quale non ci piace questo aspetto di ragionamento nel quale tutto - e anche no - e il resto vanno insieme. Soprattutto, per dare voce a tutti quegli italiani che la pensano come noi e che pensano che esattamente il modello utilizzato per risolvere e affrontare la questione del crollo del ponte Morandi, quindi la questione di Genova, possa essere lo stesso modello utilizzabile per quanto riguarda Venezia, dando al sindaco e agli organismi eletti sul territorio i poteri straordinari per poter mettere insieme la questione del MOSE (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia), la vicenda dei fanghi, per trovare la soluzione per quanto riguarda le navi da crociera, e non solo, e per fare in modo che su queste problematiche, che da più di dieci anni tengono inchiodati i cittadini veneziani, e non solo, si possa riprendere a ragionare con i tempi occidentali e contemporanei del 2021 senza che siano più ancorate a veti che le rendono praticamente paralizzanti (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - A.C. 3072​)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Gariglio.

DAVIDE GARIGLIO, Relatore. Grazie, Presidente. Una breve replica. Non entrerò nel contenuto delle critiche ai vari articoli, ai tre articoli di merito del decreto-legge in esame, quanto piuttosto credo sia mio dovere, in qualità di relatore, puntualizzare un aspetto: il tema dell'ammissibilità degli emendamenti attiene agli interna corporis di questo Parlamento e non può, in nessun caso, essere imputato ai rapporti tra Parlamento e Governo. Lo voglio dire per chiarezza, perché abbiamo registrato in qualche modo un inasprimento dell'interpretazione regolamentare nei due rami del Parlamento, di cui dovremmo tenere conto nel prosieguo della nostra attività.

Proprio a fronte di questa scelta interpretativa è emersa ancor più forte la necessità di provvedere per altre vie a fare quello che non si è riuscito a fare attraverso l'attività emendativa ordinaria, cioè a tradurre in atti di normazione primaria delle istanze che sono emerse e che sono ritenute, al di là delle distinzioni politiche dei gruppi parlamentari, ampiamente condivisibili all'interno della Commissione. Ne cito solo alcune a mero titolo esemplificativo per chi volesse seguire la discussione di questa seduta. Una ferrovia internazionale da Domodossola a Locarno; una ferrovia internazionale normata da una Convenzione del 1923, una ferrovia sganciata da tutta la disciplina europea, perché è una ferrovia con scartamento particolare e completamente scollegata dalla rete ferroviaria; Convenzione del 1923, affidamento a una società ferroviaria fino al 31 agosto 2021 e poi, ad oggi, nulla. Quindi, vi è la necessità di normare la continuità di gestione di questa linea ferroviaria.

Un altro tema e l'articolo 200-bis del decreto n. 34 del 2020, i cosiddetti buoni viaggio: una norma per favorire la mobilità all'interno delle grandi città metropolitane delle persone a rischio. È una norma ampiamente condivisa, considerata unanimemente utile dai sindaci ma altresì unanimemente considerata inapplicabile per come è scritta, quindi con l'Associazione dei comuni italiani che chiede un pronto intervento di semplificazione per mettere questi soldi - parliamo di più di 50 milioni di euro che sono già nella loro disponibilità - in condizioni di essere spesi.

Penso alla necessità - vedo il collega della Sardegna - di far sì che anche Arbatax rientri nelle competenze dell'autorità portuale della Sardegna, al tema, già indicato in questa Aula, dell'estensione delle competenze della società concessionaria CAV, nonché alla necessità di implementare i poteri dei commissari per la realizzazione delle opere olimpiche e delle opere da realizzare per le ATP Finals di Torino. Credo che, su tutto questo, si debba intervenire.

Da relatore oggi voglio dare un messaggio al Parlamento e al Governo: per far funzionare bene il continuum Parlamento-Governo, è necessario che vi sia una presa in carico di tante istanze che il Parlamento, nella sua attività ordinaria, ha raccolto, di cui si fa relatore al Governo. Non potendolo fare attraverso una via emendativa ordinaria, abbiamo deciso di individuare un altro percorso. Devo dire che il Governo, posto di fronte a queste questioni, è stato ampiamente disponibile e il Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili ha assicurato la massima attenzione su questi temi. Sono convinto che, a partire da questo decreto, dalla gestione dell'attività emendativa del suddetto, che porterà a questo atto di indirizzo, possano comunque crearsi le condizioni per risolvere tutta una serie di questioni ampiamente necessarie e urgenti: questo Parlamento avrebbe voluto risolverle in sede di conversione, poiché però non si possono risolvere oggi, dovranno avere una risposta celere, la quale dovrà essere portata all'attenzione di questo Parlamento in tempo utile per assolvere ai bisogni della nostra comunità nazionale.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la rappresentante del Governo, la senatrice Bini: prendo atto che non intende intervenire.

Quindi, il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13,50.

La seduta, sospesa alle 13,20, è ripresa alle 13,50.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta. I deputati in missione sono complessivamente 75, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Andrea Romano ed altri; Potenti ed altri; Berti ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave "Moby Prince" (Doc. XXII, nn. 47-49-51-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, nn. 47-49-51-A: Andrea Romano ed altri; Potenti ed altri; Berti ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave Moby Prince.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali – Doc. XXII, nn. 47-49-51-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Il presidente del gruppo parlamentare MoVimento 5 Stelle ne ha chiesto l'ampliamento. La IX Commissione (Trasporti) si intende autorizzata a riferire oralmente. Ha facoltà di intervenire il relatore, deputato Potenti.

MANFREDI POTENTI, Relatore. La ringrazio, Presidente. Arriviamo oggi, dopo un lavoro di approfondimento, che devo dire in maniera encomiabile è stato molto veloce, ma non perché abbia trascurato i contenuti, anzi in appena due settimane la Commissione Trasporti ci ha permesso di arrivare in questo luogo, nell'Aula di Montecitorio, con un unico testo, frutto dell'approfondimento e dell'abbinamento di tre proposte, per cui i colleghi, onorevole Andrea Romano, che è relatore insieme alla mia persona, e il collega Francesco Berti del MoVimento 5 Stelle hanno voluto presentare dei loro testi, supportati dai colleghi dei rispettivi partiti. Siamo, quindi, qui con un testo unificato, a parlare e a proporre a questa pregevole Assemblea di voler esaminare la gravissima situazione che, dopo trent'anni dal disastro del 10 aprile 1991, accaduto a Livorno, ancora oggi non ha avuto una risposta certa da parte degli organi giurisdizionali. Ricordiamo che quella sera, una tranquilla serata primaverile, del 10 aprile del 1991, il traghetto Moby Prince con a bordo 141 persone partiva dal porto di Livorno e, arrivato poco oltre la rada, nella rada anzi, del porto di Livorno, andò a collidere con la petroliera Agip Abruzzo, che era ivi ancorata. Dall'urto scaturì uno sversamento di liquido infiammabile, petrolio, che purtroppo alimentò un incendio anche a bordo del traghetto Moby Prince. A bordo di questo ultimo naviglio 140 persone perirono dopo atroci sofferenze. C'è stata - e mi preme accennare a questa lunga e tediosa vicenda giudiziaria - una prima sentenza, che risale al 31 ottobre 1998. In quel provvedimento hanno trovato assoluzione quattro imputati perché il fatto non sussiste. C'è stato un processo di secondo grado, un processo che si è tenuto presso la Corte d'appello del tribunale di Firenze, presso la sede dove oggi è anche il tribunale di Firenze, che ha parzialmente riformato questa sentenza. Purtroppo, però, nell'individuare in uno dei precedenti quattro imputati il soggetto a cui potevano essere ascritte delle responsabilità, ha dovuto pronunciare un provvedimento di estinzione per intervenuta prescrizione. Nel 2006 un ulteriore tentativo dell'autorità giudiziaria, che fu attivato grazie alla istanza depositata allora dall'avvocato Carlo Palermo, per conto di uno dei figli del comandante del traghetto Moby Prince, comandante Ugo Chessa. Ci fu un'ulteriore attività di indagine: la procura presso il tribunale di Livorno, purtroppo, nuovamente, dispose l'archiviazione del procedimento, evidenziando però, in quel caso, che l'incidente fu determinato, in parte, dall'errore umano, in parte, da fattori causali concomitanti. In particolare, sottolineò l'insorgenza del particolare tipo di nebbia, lo speronamento proprio della cisterna numero 7 della nave Agip Abruzzo, la responsabilità del comando del Moby Prince e ancora l'insufficienza di regole al tempo vigenti per salvaguardare la sicurezza della navigazione in rada. È solo grazie al Senato della Repubblica, che nel corso della XVII legislatura volle dare corso al tentativo, attraverso una Commissione parlamentare d'inchiesta, di far luce sui fatti attinenti a quella tragica serata, ed è grazie a una relazione di quella Commissione, che il 22 dicembre 2017 fu depositata, che oggi, forse, noi siamo qua a poter individuare dei precisi punti sui quali nuovamente il Parlamento, e precisamente la Camera dei deputati, possono - e devono direi - riprendere quel pregevole lavoro, con preciso riferimento a quegli elementi che, durante il lavoro della Commissione del Senato, sono stati oggetto di indagine. Si tratta, in particolare, di elementi che, a dir la verità, se confrontati con le risultanze dei procedimenti giudiziari fino a quel momento avutisi, sono anche sorprendenti, perché si parla dell'accertamento dell'assenza di banchi di nebbia, si è verificato il prodursi di un'esplosione a bordo del traghetto Moby Prince e si è messo seriamente in discussione la tempestività dei soccorsi, andando addirittura a sovvertire il contenuto di una prima perizia che fu disposta dal tribunale di Livorno, che allora aveva acclarato, diversamente da quanto poi emerso nel corso dell'indagine del Senato, che le vittime avevano trovato una rapida morte, quando invece sappiamo che tristemente questo non è accaduto: le persone sono morte a bordo di quel traghetto dopo atroci sofferenze e anche dopo molte ore dall'avvenuto sinistro. Quindi, dopo un nuovo tentativo dei familiari delle vittime - a cui va tutto, veramente tutto, il nostro riconoscimento per aver tenuto viva per 30 anni la fiducia, di tantissimi cittadini e di tante comunità, che si sono strette attorno a queste persone, la grande fiducia di poter finalmente arrivare alla verità -, nel 2020, di poter ottenere un ristoro dallo Stato, proprio sulla base dei contenuti di quella inchiesta condotta dal Senato della Repubblica, ahimè, il tribunale di Firenze respingeva questa richiesta di risarcimento e affermava nuovamente in questo senso, nella materia civile, l'intervenuta prescrizione, per il decorso dei due anni, dei termini dalla data della sentenza divenuta irrevocabile. Qui devo dire - e lo sottolineo per il luogo nel quale ci troviamo e per il lavoro che ci accingiamo a svolgere, qualora quest'Aula decidesse appunto di procedere, come auspicabilmente noi crediamo sia doveroso – che bisogna prendere atto che quel tribunale, il tribunale di Firenze, nell'ultimo pronunciamento, ha sottolineato che il lavoro svolto dal Senato, nel corso della XVII legislatura, è niente di più che un atto politico che non supera quanto accertato a livello penale. Ciò pone in grave dubbio anche il significato e la portata del lavoro dell'attività parlamentare che è svolta - lo ricordo - sulla base di un preciso disposto della Costituzione; quindi abbiamo qualche dubbio che un giudice, pur nel libero convincimento che deve avere e nel libero e prudente apprezzamento del materiale probatorio, possa totalmente dissentire.

Ma non lo dico perché voglio andare a sindacare un'attività che è distinta da quella parlamentare e che è afferente al potere giudiziario, ma ci dobbiamo, in qualche modo, anche domandare perché il contenuto di una relazione, frutto di un'inchiesta di un ramo del Parlamento, possa essere semplicemente relegata a un mero atto politico, quando potrebbe, invece, avere una fede privilegiata nella possibile sua lettura. Ma questo, mi permettete, come relatore, di poterlo sottolineare solo ed esclusivamente al fine di cercare di mantenere, sull'attività che il Parlamento è deputato a svolgere in forza della Costituzione, quel necessario clima anche di responsabilità, ma soprattutto di importanza del lavoro che qui viene svolto.

Arriviamo al testo. Il testo si compone di un primo articolo, nel quale è circoscritto l'oggetto dell'indagine: “accertare le cause della collisione”, su questo evidentemente siamo tutti d'accordo. Al comma 2, vengono elencati con precisione - e mi preme darne una brevissima lettura - gli elementi sui quali dovrà soffermarsi l'attività della futura Commissione: ricercare e valutare eventuali nuovi elementi che possano integrare conoscenze sulle cause e circostanze del disastro; accertare eventuali responsabilità riconducibili ad apparati, strutture, organizzazioni comunque denominate - vado molto velocemente tagliando su alcuni punti, ma senza voler lasciare nulla al caso -; accertare con la massima precisione le circostanze della collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo, nonché le comunicazioni radio intercorse tra soggetti pubblici e privati nelle giornate del 10 e 11 aprile 1991, i tracciati radar e le rilevazioni satellitari, di qualsiasi provenienza, inerenti al tratto di mare prospiciente il porto di Livorno nelle stesse giornate; verificare fatti, atti e condotte commissive o omissive che abbiano costituito, o costituiscano, ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative al disastro; esaminare le procedure, le modalità e i mezzi con cui sono stati organizzati e attuati i soccorsi in mare - questo sarà un altro punto molto delicato della attività della futura Commissione -, le circostanze nelle quali essi sono stati condotti e ogni altro fatto utile a individuare eventuali responsabilità e quindi anche di ogni eventuale ente o soggetto privato o pubblico; accertare eventuali correlazioni tra l'incidente e eventuali traffici illegali di armi, combustibili, scorie, rifiuti tossici, avvenuti la notte del 10 aprile 1991 nella rada di Livorno; valutare i termini di un accordo armatoriale sottoscritto a Genova il 18 giugno 1991 tra alcune società che evidentemente avevano premura di accordarsi per proteggersi reciprocamente rispetto ad eventuali importi da erogare in ristoro dei danni che cose, persone, ma anche l'ambiente, avessero subìto.

Il comma 3 stabilisce poi che la Commissione dovrà terminare i lavori alla scadenza della legislatura: è evidente il richiamo di responsabilità che dobbiamo rivolgere ai futuri membri per organizzare un lavoro di metodo, un lavoro chiaramente serio e svolto con attenzione ai punti che nel testo abbiamo deciso di individuare come focali per cercare di fare luce su questo episodio.

L'articolo 2 definisce la composizione: 20 deputati, che saranno nominati dal Presidente della Camera.

L'articolo 3 si occupa di attribuire alla Commissione poteri che sono identici a quelli dell'autorità giudiziaria, nelle indagini e negli esami appunto dei fatti e degli atti che dovranno essere accertati, autorità giudiziaria che - ricordo - comprende tutte le varie specializzazioni, quindi possiamo ricorrere a tutti quei poteri riconosciuti dalla legge, a tutte le articolazioni del sistema giudiziario, amministrativo, civile e penale. Naturalmente, ci occuperemo poi di acquisire atti e documenti: l'articolo 4 si occupa di individuare quali potranno essere i supporti documentali di cui si potrà avvalere la Commissione; l'articolo 5 conferisce un obbligo di segreto ai componenti la Commissione e ai funzionari, al personale addetto e ad ogni altra persona che con essi abbia evidentemente necessità di collaborare o compiere attività.

L'articolo 6, infine, è inerente all'organizzazione interna della Commissione e a un proprio regolamento che dovrà disciplinarne il funzionamento. Naturalmente, locali e strumenti operativi sono messi a disposizione dal Presidente della Camera, ai commi 4 e 5.

Concludo, dovendo fare menzione delle parole utilizzate dal Presidente della Repubblica in occasione dei 30 anni che, da pochi giorni, sono trascorsi da questi fatti, perché non è evidentemente cosa comune che il Presidente della Repubblica intervenga in maniera espressa e in maniera decisa per responsabilizzare le istituzioni, affinché si possa giungere a una chiarezza su fatti che sono rimasti a gettare ombra e discredito sulle istituzioni, lo ripeto, ombra e discredito; mi preme concludere, ricordando come questo Parlamento dedichi molta attenzione ad avvenimenti sui quali il comune sentire ritiene che non si sia fatta necessaria luce; ricordo soprattutto il territorio toscano, che è particolarmente seguito dal Parlamento; ricordo le Commissioni di inchiesta sul caso del Forteto, sulla morte di David Rossi e sul sistema dell'affido dei minori, in generale; quindi, il Parlamento, devo dire, sta svolgendo anche una delicata funzione di sensibilizzazione e di affiancamento, perché non vuole e non può sostituirsi all'autorità giudiziaria, ma va rafforzando –e, forse, salvaguardando - l'immagine di una parte delle istituzioni che in una certa fase del proprio cammino può evidentemente, come in questi giorni anche le notizie di cronaca ci hanno dimostrato, essere sottoposta a un fuoco mediatico e anche purtroppo alla macchia del comportamento, non certo irreprensibile, di alcuni membri, che fanno parte di questi organi istituzionali. Quindi, se il Parlamento agisce insieme ad altri organi dello Stato, lo fa perché, lì, evidentemente, c'è necessità di chiarezza, chiarezza che poi deve servire al Parlamento, è evidente, anche per legiferare meglio e per capire dove la pubblica amministrazione può aver sbagliato.

Quindi, mi sento di raccomandare - e concludo - all'Aula di prendere seriamente in considerazione anche questa esperienza di Commissione di inchiesta e, nel farlo, di tenere a mente le parole del Capo dello Stato, che ha rivolto questo invito, facendolo in un giorno evidentemente simbolico per tante persone, come i tanti familiari che hanno permesso di mantenere una memoria dei fatti e di mantenere vivo il sentimento popolare di vicinanza alla richiesta di verità e di giustizia; noi verità e giustizia crediamo di poterla trovare dando seguito a questo testo.

PRESIDENTE. L'altro relatore, onorevole Romano, non intende intervenire.

Anche la rappresentante del Governo non ritiene di intervenire, quindi passiamo agli interventi programmati. è iscritto a parlare il collega Marino. Ne ha facoltà.

BERNARDO MARINO (M5S). Grazie, Presidente. Signora sottosegretaria, preliminarmente corre l'obbligo di ringraziare il Presidente della Camera per aver calendarizzato questa proposta di legge in tempi estremamente brevi, raccogliendo l'invito dei relatori che, poi, è stato anche condiviso da tutta la Commissione trasporti. Ringrazio il lavoro dei relatori e ringrazio anche il collega del MoVimento 5 Stelle, Francesco Berti, che è il primo firmatario di una delle tre proposte di legge che vengono unificate per l'istituzione di questa Commissione di inchiesta in questa Camera.

Dico subito che il MoVimento 5 Stelle è stato, è e sarà sempre al fianco dei familiari delle vittime di questa sciagura. Dobbiamo tornare indietro di trent'anni, molto brevemente, per ricordare quello che è accaduto quella sera di mercoledì 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince della NavArMa parte da Livorno alla volta di Olbia; 141 persone tra passeggeri e membri dell'equipaggio sono a bordo, ma a Olbia il Moby Prince non arriverà mai: il suo tragitto finirà subito dopo essere cominciato, sul suo cammino il Moby Prince trova una petroliera, l'Agip Abruzzo, e il resto è cronaca di una strage, ma è la cronaca di una strage senza colpevoli; è la cronaca di una strage, perché di questo si tratta, rimasta per troppo tempo in uno di quegli angoli nascosti in cui, a volte, alcune delle nostre più tremende sciagure, in questo Paese, hanno trovato riparo, spazi virtuali in cui cristallizzare verità fallaci, verità di comodo, non verità, qualcosa che faccia in modo che il tempo lenisca le ferite e il dolore, qualcosa che tenga lontana la ricerca della verità, ma nel caso del Moby Prince tutto questo non è successo, perché i familiari delle vittime di questa tragedia non hanno mai accettato verità precostituite, verità di comodo; si sono contrapposti fieramente a questa logica, alla logica che il tempo lenisce, si sono opposti all'ennesimo finale già scritto, si sono opposti alla teoria dei “140 morti, nessun colpevole!”, le parole scritte in uno striscione che vediamo con ricorrenza periodica da trent'anni, a tutte le manifestazioni, a tutte le cerimonie, e che ancora oggi non è possibile ripiegare, quello striscione resta.

Vede, io ho anche dei ricordi importanti e indelebili di quella tragedia; nel 1991 muovevo i primi passi della mia carriera professionale da giornalista e ricordo benissimo quando arrivò quella notizia nella redazione in cui stavo, e ricordo la sensazione di sbigottimento, eravamo sbigottiti e fin dall'inizio la domanda è sempre stata: come è potuto accadere? Quella domanda, con il passare dei mesi e degli anni si è cristallizzata, è diventata sempre più pesante, sempre più ingombrante, ma è anche grazie a quella domanda se molti giornalisti, molti colleghi hanno condotto delle inchieste che hanno contribuito a tenere desta l'attenzione, hanno cercato la verità. C'è una vasta letteratura sul Moby Prince, molto interessante, con molte domande e anche con la ricerca di una verità che sembrava dovesse essere messa sotto il tappeto; ci sono libri, ci sono trasmissioni televisive, ci sono reportage, ci sono delle splendide inchieste su questo caso, tutte estremamente importanti. Quindi, a distanza di trent'anni, noi, tutti noi, ci ritroviamo di fronte a una responsabilità enorme: contribuire a rendere giustizia a tutti coloro che quella notte videro morire i propri cari, senza che ci fosse un motivo plausibile. Ed è questo il punto focale della nostra discussione, la domanda che ripetevo prima: per quale motivo 140 persone trovarono la morte sul traghetto Moby Prince? Ora, è chiaro che nessuna Commissione parlamentare, neanche questa, potrà mai sostituirsi a un tribunale, ma è altrettanto chiaro che in alcuni casi la verità storica, quando è possibile, deve essere acclarata. Noi abbiamo il dovere, la responsabilità di capire se ci siano state delle distorsioni, delle negligenze, delle incongruenze nella ricerca della verità. Noi abbiamo il diritto e il dovere di perlustrare e ripercorrere le strade che hanno portato a una sequenza processuale che ha prodotto soltanto assoluzioni e archiviazioni e, quindi, nessun colpevole e che, quindi, ha legittimato la tesi dell'incidente e che, quindi, ha preso per buone alcune circostanze, alcune testimonianze, alcuni scenari che, in realtà, lasciano dei buchi neri, delle perplessità legate, però, a elementi fattuali. Questo è un punto importantissimo: più si è andati a verificare, più si è andati a scavare e più la verità processuale si allontanava dalla verità dei fatti. Ora, noi dobbiamo prendere atto delle conclusioni a cui è giunta la Commissione di inchiesta del Senato istituita nella scorsa legislatura, che sono conclusioni importanti, che rappresentano indubbiamente la piattaforma da cui questa Commissione di inchiesta deve ripartire; in caso contrario, si perderebbe ulteriore tempo e non ce lo possiamo permettere. E guardate, ciò che la Commissione di inchiesta del Senato ha appurato non è soltanto un tassello di un mosaico ancora tutto da sviluppare, è un punto di partenza avanzato, dal quale deve partire l'indagine di questa Camera, per non perdere tempo. Vedete, qualcuno dice che è troppo tardi, ma io ricordo che la Commissione di inchiesta del Senato ha lavorato in due anni, fondamentalmente, dal 2015 al 2017, e, in quei due anni, ha prodotto centodieci sedute, ha trovato accordi con una serie di consulenti che si sono rivelati, in alcuni casi, decisivi, ha rovesciato, letteralmente, alcune verità precostituite che hanno inquinato la ricerca della verità - la nebbia, la partita Juventus-Barcellona, che avrebbe causato un comportamento negligente della squadra di comando del Moby - e, di conseguenza, il lavoro di quella Commissione ha rovesciato e ribaltato anche la verità processuale.

Oggi siamo, quindi, chiamati a fare un ulteriore passo avanti verso la verità, ma quella reale, non quella suggerita e, quindi, vediamo di ripartire dalle verità acclarate dalla precedente Commissione di inchiesta. La nebbia? Non c'era, ed è dimostrato. Non vi è stata alcuna negligenza o condotta discutibile da parte del comandante Chessa. Dove si trovava la petroliera Agip Abruzzo? Stava certamente - oggi lo sappiamo - in un'area in cui era vietato l'ancoraggio. Agip Abruzzo non poteva stare là, ma ci si è arrivati troppo tardi a questa conclusione. Cosa ha costretto una nave con 141 persone a bordo a cercare di deviare la propria rotta? Non lo sappiamo, ma sappiamo che il timone era bloccato a 30 gradi, così lo hanno trovato. Evidentemente, la nave ha cercato di evitare qualcosa durante il tragitto, forse un'altra imbarcazione.

Come è possibile che tutti i soccorsi siano stati indirizzati verso la petroliera Agip Abruzzo in fiamme e nessuno si sia curato di capire quale altra nave fosse coinvolta? Come è stato possibile che nessuno fosse a conoscenza del fatto che c'era un traghetto con 141 persone a bordo coinvolto, in uscita dal porto? L'impatto risale alle 22,25, il Moby Prince viene trovato, casualmente, alle 23,45. E per quale motivo, quando si è capito che il Moby era coinvolto, si è rinunciato a cercare di spegnere le fiamme? Perché nessuno lo ha fatto? Perché, mentre il comandante della capitaneria di porto di Livorno annunciava che sul Moby erano tutti morti e che la nave era inavvicinabile, un marinaio in servizio su un rimorchiatore saliva, in abiti da lavoro, sulla nave per agganciare il Moby alla deriva e rimase sulla nave, secondo quanto ha raccontato lui stesso, in un'audizione alla Commissione di inchiesta del Senato, per 10-15 minuti? E perché, ancora, le analisi autoptiche sui corpi si sono concentrate solo sul riconoscimento e non sulle cause della morte? Noi, oggi, non sappiamo se e quante persone fossero sopravvissute più a lungo in una nave che aveva, comunque, delle parti a compartimenti stagni in cui erano stati radunati i passeggeri. Si può affermare con certezza, però, che non tutti – non tutti - i passeggeri sono morti nel giro di trenta minuti dall'inizio dell'incendio. Anche questa era una verità acclarata, ed è stata smentita.

Non sappiamo con esattezza cosa stesse accadendo nella rada di Livorno quella sera del 10 aprile. C'era, forse, un'attività di scambio di armi? Nei pressi c'è la base di Camp Darby, la base americana, eravamo ancora in piena Guerra del Golfo. Era, forse alle prese, l'Agip Abruzzo, in un'attività di bunkeraggio off-shore e, quindi, pericoloso?

Fa riflettere, e molto, una delle cose accertate dalla Commissione di inchiesta del Senato che, interpellando l'assicurazione Lloyd's di Londra sugli spostamenti della petroliera Agip Abruzzo, smentisce, di fatto, la versione fornita alle autorità sul tragitto che portò la petroliera a Livorno. L'Agip Abruzzo, come avevano raccontato, non arrivava dal porto di Sidi Kerir, in Egitto, ma aveva fatto un percorso diverso, toccando altri porti, soprattutto, italiani. Per quale motivo è stato dichiarato che la nave aveva compiuto il viaggio da Sidi Kerir a Livorno in cinque giorni, cosa altamente improbabile, salvo, poi, vedersi smentire dalla propria compagnia assicurativa? Secondo Lloyd's di Londra, esiste una discrepanza di tre giorni rispetto alla partenza e, peraltro, noi nulla sappiamo di cosa la nave trasportasse nel momento in cui salpa dal porto egiziano, né di ciò che potesse imbarcare negli scali da essa effettuati in Italia – in Italia - fino alla maledetta sera del 10 aprile.

Una cosa possiamo dirla, però: Agip Abruzzo proveniva da Genova e non da Sidi Kerir. Altra stranezza: a distanza di due mesi e una settimana dalla tragedia, NavArMa e Snam stipulano accordi assicurativi di sostanziale compartecipazione delle spese prima ancora che il processo stabilisse eventuali responsabilità. Ricordiamo che l'Agip Abruzzo fu mandata in demolizione dopo appena sette mesi, senza che i periti della procura potessero esaminarla compiutamente, sembra per asseriti problemi di sicurezza. Né può essere sottaciuto il tentativo di manomissione compiuto da un marinaio della NavArMa della leva del timone nella plancia di comando della nave: perché è stato fatto? Non lo sappiamo. Molte, troppe persone, nel momento clou delle indagini, hanno avuto accesso al traghetto.

Tante cose ci sarebbero da dire, come, per esempio, i tempi di inchiesta sommaria della capitaneria di porto: appena undici giorni per una tragedia di queste dimensioni, con approssimazioni molto gravi. E, poi, i soccorsi: oggi noi sappiamo che non è vero che i soccorsi per il Moby Prince arrivarono in ritardo; in realtà, i soccorsi per il Moby Prince non ci furono, non partirono mai. Sappiamo che le dichiarazioni dell'unico superstite, Alessio Bertrand, il mozzo del Moby, una volta tratto in salvo, non furono recepite nella loro drammaticità. Bertrand ha confermato alla Commissione di inchiesta del Senato di non aver mai detto che tutti i passeggeri erano morti. Allora, per quale motivo non si è provato ad avvicinare il traghetto con i mezzi di soccorso? Per quale motivo il Moby è stato abbandonato a se stesso? Oggi sappiamo che alcune parti della nave non erano state interessate dal fuoco: c'è qualcosa che non è stato valutato, qualcosa che avrebbe potuto salvare vite umane.

Una considerazione che mi sento di fare riguarda le procure. Non possiamo lasciare che piccole procure, magari prive di strumenti idonei, si occupino di questioni di così grande portata; non possiamo lasciarle in balia di inchieste che richiedono un forte dispiegamento di uomini e mezzi, nonché, in molti casi, interlocuzioni di carattere diplomatico e internazionale. Non è pensabile che non si siano potuti ottenere, ad esempio, i tracciati radar della vicina base militare di Camp Darby per stabilire cosa stesse esattamente accadendo in quelle ore nella rada di Livorno. Questo non lo dico perché sono contro le piccole procure, ma lo dico perché ci sono effettivamente delle realtà di così ampia dimensione che richiedono un altro tipo di organizzazione. Quindi, credo che occorra procedere con una modifica dell'ordinamento, affinché determinate materie d'inchiesta siano affidate, per esempio, alle procure distrettuali.

Presidente, credo che questa Commissione di inchiesta sia importante nei confronti di quanti hanno perso i propri cari in questa strage. Non è vero che non c'è tempo: noi la stiamo istituendo oggi alla Camera, la Commissione, a due anni dalla fine della legislatura naturale. Se si riparte dal lavoro fatto al Senato e se, per esempio, si tengono gli stessi consulenti che già conoscono lo stato dell'arte - questo è un suggerimento che mi è stato dato dal presidente della Commissione di inchiesta del Senato, Silvio Lai, ed è un suggerimento che io giro a quest'Aula -, se questa nuova Commissione di inchiesta tenderà a fare un passo avanti rispetto a ciò che è già stato acclarato, partendo dalle conclusioni, che sono importanti, e cercando nuovi riscontri, allora questa nostra Commissione di inchiesta contribuirà a mettere un altro importante tassello verso una verità, quella verità che i familiari delle vittime aspettano da trenta lunghi anni; quella verità che tutto il Paese attende da trenta lunghi anni; quella verità che, per citare Dostoevskij, rafforza spaventosamente chiunque la vada a cercare con sincerità (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vallascas. Ne ha facoltà.

ANDREA VALLASCAS (MISTO-L'A.C'È). Grazie, Presidente. Prendo la parola con la consapevolezza della grande responsabilità e del dovere morale che abbiamo, come componenti della Camera dei deputati, nella ricerca della verità sulle cause del più grave disastro della marineria italiana dal dopoguerra ad oggi. Una responsabilità rafforzata, la nostra, dal fatto che, nella ricostruzione ufficiale della collisione sono stati commessi gravi errori e che le troppe incongruenze presenti giustifichino il sospetto che ci siano stati tentativi di oscurare i fatti, se non di depistare le indagini. Esattamente un mese fa, abbiamo ricordato le 140 vittime del Moby Prince, nel trentennale di quella terribile notte del 10 aprile del 1991 al porto di Livorno. Sono passati trent'anni senza che sia emersa, a livello processuale, la verità di quello che è realmente accaduto; trent'anni nel corso dei quali è stata negata la verità ai familiari delle vittime. Peraltro, ad alcuni di loro è accaduto anche di peggio: gli è stato inflitto il duplice dolore causato dalla diffusione di alcune ricostruzioni infamanti, che facevano ricadere la responsabilità su chi non c'era più e non avrebbe potuto difendersi, come è accaduto per il comandante Ugo Chessa e per l'equipaggio del Moby Prince, la cui correttezza nei comportamenti è stata definitivamente confermata in più circostanze. Tra partite di calcio, che avrebbero distratto l'equipaggio, e banchi di nebbia, che avrebbero causato la collisione e ostacolato i soccorsi, una cosa è certa: c'è stato un grave offuscamento di ciò che è accaduto nel porto di Livorno la notte tra il 10 e l'11 aprile del 1991. Come hanno dimostrato numerose inchieste giornalistiche e, soprattutto, come ha chiarito definitivamente la Commissione parlamentare d'inchiesta nella scorsa legislatura, l'unica nebbia in questa tragica vicenda è quella nella quale si sono imbattuti coloro che si sono messi alla ricerca della verità. Il Moby Prince è una ferita ancora aperta, non solo per i familiari ma per il Paese.

I soccorsi, quella notte, hanno impiegato un'ora e venti minuti dal mayday lanciato dalla Moby Prince, per individuare un traghetto in fiamme nel porto di Livorno e, una volta raggiunto, nessun tentativo è stato fatto per verificare se a bordo ci fossero ancora dei superstiti. Questo nonostante il fatto che il mozzo, Alessio Bertrand, l'unico superstite della tragedia, ancora oggi sostenga di aver detto ai soccorritori che a bordo ci fossero ancora persone da salvare, come poi è stato confermato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta e come alcune registrazioni radio lascerebbero intendere. La convinzione che fossero tutti morti è stato un gravissimo errore di valutazione, per il quale ancora nessuno ha pagato, se non le 140 vittime del rogo.

Ricordo che la Commissione di inchiesta ha evidenziato che la sopravvivenza a bordo del traghetto andò oltre i 20-30 minuti, ma per molti fu di alcune ore e per alcuni fino all'alba dell'11 aprile. Altre incongruenze emergono dalle concitate comunicazioni sul canale 16, il canale di emergenza, ad esempio sul posizionamento della Agip Abruzzo, che la Capitaneria di porto non riusciva a vedere, oppure sul fatto che dalla petroliera avessero parlato di “bettolina”, nonostante il Moby Prince fosse rimasto incastrato nella Agip Abruzzo per un tempo sufficiente ad identificarlo come traghetto passeggeri; infine, è inspiegabile quel lungo silenzio di un minuto e 17 secondi tra due comunicazioni dal contenuto diametralmente opposto circa la presenza di superstiti.

La vicenda del Moby Prince è un accumularsi di errori, sia nei soccorsi che nelle indagini. Come ho detto, sono stati trent'anni di verità negata, ma questo tempo non è passato invano. Affermare questo sarebbe ingeneroso nei confronti di tutti coloro che, tra mille ostacoli, non si sono fermati alla prima immediata ricostruzione dell'incidente. È stato fatto un lavoro importante e coraggioso, quasi un'indagine parallela, dalle associazioni dei familiari delle vittime, dall'associazione “10 aprile-Familiari Vittime Moby Prince Onlus” e dall'associazione “140 Familiari delle vittime del Moby Prince”. Senza il loro coraggio, la loro determinazione e la loro forza d'animo, probabilmente non saremmo oggi qui a discutere dell'istituzione di una seconda Commissione di inchiesta. Purtroppo, le ricostruzioni di fantasia si diffondono molto più velocemente rispetto ai tempi che richiede un lavoro certosino di scavo per ripristinare la verità dei fatti. Con l'istituzione di questa seconda Commissione parlamentare di inchiesta non si parte da zero; c'è il lavoro svolto dalla precedente Commissione, istituita al Senato nella scorsa legislatura. È un lavoro importante, imponente, da cui giustamente questa seconda Commissione intende prendere le mosse, con l'obiettivo di completarlo e di dare nuovo impulso alle indagini giudiziarie. La relazione finale di quella Commissione parlamentare rappresenta una luce in trent'anni di oscurità, dove anche il percorso processuale non ha prodotto risultati. Per la giustizia italiana non ci sono colpevoli: la sentenza di primo grado parla di assoluzione di tutti gli imputati di omicidio colposo plurimo perché il fatto non sussiste, mentre la sentenza d'appello, seppure abbia rivalutato alcune posizioni, ha sancito la prescrizione del reato. Con questa nuova Commissione raccogliamo, quindi, un testimone importante, non solo perché sarà possibile concentrare maggiormente l'impegno su quegli aspetti più fragili della ricostruzione fatta nella scorsa legislatura, ma anche perché dobbiamo riuscire a superare gli ostacoli incontrati dalla precedente relazione finale.

Ricordo la sentenza nel mese di novembre del 2020, con la quale il tribunale ordinario di Firenze ha respinto, per essere prescritti, i diritti azionari, la domanda di risarcimento danni dei familiari delle vittime; infatti, non è stata accolta, quale inizio dei termini di prescrizione, la data di pubblicazione della relazione finale della Commissione parlamentare d'inchiesta (gennaio del 2018). La relazione della Commissione è stata considerata un atto politico del tutto svincolato da una vicenda giurisdizionale. Il tribunale, però, è andato anche oltre, perché non ha rilevato nella relazione elementi di novità fattuali.

A questo proposito, è il caso di precisare che le Commissioni di inchiesta operano con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Inoltre, nei conflitti di attribuzione tra Commissioni parlamentari di inchiesta e organi giurisdizionali requirenti, una parte della dottrina riconosce che la funzione ispettiva viene attribuita ad un organo dotato di competenza costituzionale autonomamente esercitabile e, come tale, qualificabile come potere dello Stato e non piuttosto come organo di vertice del potere legislativo. In merito al fatto che non ci sono nuovi elementi di novità, ci sarebbe appunto da dire molto. Diversamente dalle conclusioni del tribunale, sono convinto - e con me, molti colleghi - che la Commissione abbia fornito una ricostruzione completa, con alcune novità chiare e precise su quanto è avvenuto, nella notte tra il 10 e l'11 aprile del 1991, davanti al porto di Livorno: una ricostruzione che acquista rilevanza eccezionale, soprattutto di fronte alla mancanza di verità riconosciute dalle istituzioni repubblicane e, in primo luogo, dall'autorità giudiziaria. In questo senso, la relazione ha messo in evidenza molti elementi importanti. Innanzitutto, viene esclusa una volta per tutte la presenza della nebbia, che pertanto non è la causa della tragedia. Altro punto, che viene confermato dalla Commissione, riguarda la posizione e il comportamento assunto dal comandante della petroliera: la Agip Abruzzo non si doveva trovare in quel punto perché quella era una zona interdetta alla sosta e alla pesca. Come anticipato prima, con riferimento alle comunicazioni sul canale 16, i comportamenti del comando della petroliera non sono stati adeguati all'emergenza: in particolar modo, non vennero date indicazioni chiare sulla natura della nave, circostanza che ha contribuito a ritardare i soccorsi della Moby Prince, parlando ripetutamente di “bettolina”. Su questo aspetto si è molto discusso, in particolare su una presunta attività illecita di rifornimento verso le bettoline: sarebbe stato, quindi, una sorta di lapsus del comandante della nave, che non poteva pensare ad altro che a una bettolina in arrivo. Ci sono anche delle incongruità sull'attività della petroliera e sul tragitto compiuto prima di arrivare a Livorno.

Altro elemento importante da cui ripartire, sicuramente è la ricostruzione che è stata fatta del comportamento della Capitaneria di porto di Livorno: alla Capitaneria si addebita il fatto che non impartì ordini precisi e non diede disposizioni sufficienti, sia per chiarire entità e dinamica dell'evento, sia per ricercare la seconda imbarcazione. Sembra che quella notte i responsabili dei soccorsi non sapessero che cosa fare, in alcuni casi si possono ravvisare anche comportamenti omissivi riguardo il salvataggio del traghetto. C'è la questione molto delicata della sopravvivenza delle persone a bordo: una questione legata a ritardi nell'individuazione della Moby Prince, alle diverse e discordanti interpretazioni in merito alla presenza sulla nave di sopravvissuti e al fatto che, comunque, nessuno abbia provato a verificare se vi fossero passeggeri in vita. Abbiamo visto che la sopravvivenza fu per molti di alcune ore e per alcuni fino all'alba dell'11 aprile, ma nulla è stato fatto per salvarli.

Appena due mesi dopo la collisione, gli armatori delle navi Snam, Agip e NavArMa, e le loro assicurazioni avevano già raggiunto un accordo extragiudiziale per non farsi la guerra. Tra l'altro, gli armatori della Agip Abruzzo hanno rinunciato ad un risarcimento miliardario nei confronti della NavArMa per la perdita della petroliera di punta della loro flotta; mentre, nel 1992, la NavArMa ha liquidato il valore di 7 miliardi di lire del Moby Prince, a fronte di un valore assicurato di oltre 20 miliardi, senza aspettare la conclusione del processo. Sicuramente questo accordo ha avuto effetti sugli sviluppi successivi, compresi quelli processuali, visto che le famiglie delle vittime alla fine si sono trovate da sole a chiedere giustizia.

La nuova Commissione parlamentare d'inchiesta deve approfondire ulteriormente questi aspetti, anche perché alcuni di quei protagonisti, nei trent'anni successivi, sono diventati gli attori principali del trasporto marittimo nel nostro Paese. Molte cose sono cambiate rispetto a trent'anni fa: la Snam e l'Agip hanno abbandonato il ramo navale pochi anni dopo il disastro del porto di Livorno; viceversa, la NavArMa è cresciuta e si è trasformata in Moby Lines, e il suo armatore, attraverso la Compagnia italiana di navigazione, ha rilevato navi, personale e rotte sussidiati dall'ex Tirrenia. Tra l'altro, nonostante l'acquisto sia stato concluso ad un prezzo ridicolo, l'ex armatore della NavArMa ha maturato una posizione debitoria nei confronti dello Stato. Prima o poi, quindi, le verità verranno alla luce, ma per fare questo ci vuole determinazione e anche il coraggio di fare emergere verità scomode. Quindi, L'Alternativa c'è vuole sostenere questa operazione di verità con determinazione e coraggio e, quindi, con l'istituzione della Commissione di inchiesta.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ettore. Ne ha facoltà.

FELICE MAURIZIO D'ETTORE (FI). Grazie, Presidente. Oggi la Camera dei Deputati affronta una vicenda di grandissima rilevanza, che ha interessato già i lavori del Parlamento con una Commissione al Senato. È bene ricordare il testo unificato delle tre diverse proposte di legge, che reca questa denominazione: “Istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause del disastro della nave Moby Prince”. Centoquaranta persone morirono il 10 aprile 1991, sono passati trent'anni da quella data: non conosciamo, ad oggi, come dicevano anche i colleghi, né i colpevoli, almeno sul piano giudiziario e processuale, né tanto meno i motivi per i quali un traghetto che andava verso la Sardegna, il Moby Prince, entrò in collisione con una petroliera, l'Agip Abruzzo. Morirono centoquaranta persone, un solo superstite, e incredibilmente non ci furono soccorsi tempestivi, oggi lo possiamo dire; i soccorsi andarono verso l'Agip Abruzzo e non verso la vicina Moby Prince, che era in fiamme e che nessuno vide sulla base di una presunta nebbia o cortina che aveva coperto i luoghi. L'Agip Abruzzo era posizionata in un posto in cui non doveva essere posizionata nella rada del porto di Livorno. Questi sono già fatti che purtroppo - ne parlerò nel corso del mio intervento - in fase processuale non sono emersi tutti. Diceva prima il relatore che è una vicenda - l'ha definita - tediosa. Non userei questi termini: è una vicenda orribile, tremenda, che richiede dopo trent'anni l'istituzione di una Commissione di inchiesta. Si può dire: ma dopo trent'anni istituite una Commissione di inchiesta, dopo quella che c'è stata al Senato? Sì, ancora vi è necessità, perché è il Parlamento che accerta la verità attraverso l'inchiesta parlamentare; è il Parlamento che, nella sua autonomia, nella sua indipendenza, nelle sue capacità di indagine, di inchiesta e di accertamento, svolge queste finalità di natura accertativa per ristabilire giustizia e legalità. E lo può fare il Parlamento, la centralità del Parlamento: ecco, in questo caso, la centralità del Parlamento nel rapporto fra i poteri dello Stato diventa fondamentale. Il massimo rispetto da parte mia, lo dice anche la mia storia personale, nei confronti della magistratura, ma in questo caso le indagini della magistratura non sono state sufficienti, per non dire altro; carenti, in alcuni casi, forse, vedremo, colpevoli nella negligenza in alcuni passi degli accertamenti che emergono e sono emersi anche in sede di inchiesta al Senato. Non sappiamo con certezza quale sia il motivo per cui centoquaranta persone che su un traghetto andavano verso la Sardegna morirono in modo orribile il 10 aprile del 1991. Nessuno, ad oggi, è riuscito a stabilire. E chi doveva stabilirlo, se non la magistratura? Non è riuscita! Molte sono le lacune, molte le mancanze di quelle indagini; il Parlamento lo dice, lo può dire e lo continuerà ad accertare. Nessuno deve essere colpevolizzato, non è questa la nostra intenzione, ma certamente non possiamo non vedere che dopo trent'anni non si sia ancora riusciti a stabilire almeno il motivo, la ragione per cui quell'incidente, fra virgolette, è avvenuto all'interno della rada del porto di Livorno e perché ci furono quei ritardi nei soccorsi. È vero, si potrebbe dire, anche sul piano civilistico delle sentenze dicono - sotto il punto di vista civilistico - che non ci sono responsabilità risarcitorie da parte dello Stato, in questo caso la Capitaneria, e quindi chi rappresentava i Ministeri competenti, che si sono difesi, ovviamente, nei giudizi anche civili, oltre a quelli penali. E non ci sono responsabilità di natura civilistica perché probabilmente c'è un'ipotesi di prescrizione - si ritiene - anche del risarcimento dei danni, perché forse già le parti avrebbero potuto percepire già al momento le responsabilità al momento dei fatti.

Non mi soffermo sul contenuto di queste sentenze sul piano civilistico e sui ragionamenti e le argomentazioni che le sottendono, perché sicuramente le esamineremo nel corso dell'inchiesta; non è nostro compito, ovviamente, essere giudici di ciò che è stato già giudicato, ci mancherebbe, ma certamente saremo attenti osservatori, anche sul piano tecnico-giuridico, di motivazioni inconsistenti sul piano processuale e civile, perché questo è compito del Parlamento. E ciò non vuol dire, come sento spesso, che questo nostro atteggiamento legittimo, parlamentare, possa comportare un elemento di conflitto con altri poteri dello Stato. No, è un elemento di certezza, di conoscenza dell'attività dei poteri dello Stato, e il Parlamento lo può e lo deve fare, e lo faremo, sicuramente.

L'inchiesta al Senato: le risultanze processuali dicono che non vi sono colpevoli, non è stata individuata nessuna motivazione di quel disastro. L'inchiesta, però, al Senato, sulla base della quale poi iniziò anche il giudizio civile di natura risarcitoria, ha accertato alcuni fatti, con una serie di approfondite indagini, e in ogni caso attraverso un iter argomentativo fondato su fatti acclarati; perché non è che, siccome lo fanno le Commissioni di inchiesta parlamentari, i fatti non sono acclarati e, se vengono fatti in sede giudiziaria, i fatti sono acclarati (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente); eh, no, non funziona così, perché la verità oggettiva e storica si può accertare in sede parlamentare e la verità processuale è sempre la verità processuale, con tutto il rispetto degli esiti processuali. Cosa dice - è bene che sia ricordato - in estrema sintesi, l'esito dell'inchiesta parlamentare al Senato: che la tragedia non è riconducibile alla presenza di nebbia e alla negligenza del comando del traghetto, su cui molto era stato costruito. La nebbia è stata immotivatamente utilizzata come giustificazione del caos nei soccorsi coordinati dalla Capitaneria di porto, allora comandata dall'ammiraglio Albanese.

L'indagine della procura di Livorno, nel processo di primo grado, si è rivelata carente e condizionata da fattori esterni. L'accordo assicurativo siglato due mesi dopo l'incidente tra gli armatori delle due navi coinvolte ha condizionato l'operato dell'autorità giudiziaria. L'accordo prevedeva che la società ENI assumesse i costi relativi ai danni alla petroliera e di inquinamento e la società NavArMa i costi di risarcimento delle vittime del traghetto, chiudendosi, di fatto, a ogni ipotesi di possibile responsabilità sulla base di un accordo assicurativo e su presunte interpretazioni e applicazioni dei codici vigenti e del codice della navigazione, presunte. Pur essendo la Moby Prince sotto sequestro, la nave era comodamente accessibile a chiunque. Cioè, la nave incendiata, 140 vittime, era comodamente accessibile a chiunque. È stato accertato, sono fatti! Sui quali certamente incide la genuinità della prova; è necessaria la costruzione di una vicenda processuale reale, capace di ancorarsi ai principi della prova nel giudizio e alla necessità che si garantisca che di una vicenda processuale, e non solo, nel rispetto delle vittime del reato - perché reati ci sono stati e li accerteremo -, si affermi che la cosa che è oggetto del reato, che ha determinato la vicenda, sia mantenuta nel massimo rispetto e considerazione al fine dell'accertamento della verità. Non è avvenuto questo! L'indagine medico-legale eseguita ha dimostrato lacune, concentrandosi sul riconoscimento delle vittime senza appurare le cause della morte di ciascuna vittima. Questo è avvenuto. L'Agip Abruzzo, al contrario di quanto riportato in fase di indagine processuale, si trovava in zona di divieto di ancoraggio. Come si fa a dire che non era in zona di divieto di ancoraggio? Come si fa, in una serie di vicende processuali, non accertare che era in zona di divieto di ancoraggio? Come è possibile?

Stiamo parlando dell'istituzione della Commissione di inchiesta, ma dobbiamo tenere presente questi dati e questi fatti perché la Commissione di inchiesta operi secondo la finalità che le è propria, nel rispetto della legge istitutiva, che deve avere una sua ratio, come ogni legge, e in questo caso questa ratio è anche illuminata da accertamenti che sono stati già oggetto anche di inchiesta al Senato.

L'errore di posizionamento durante le indagini ha portato a escludere ogni responsabilità al comando della petroliera. Se non era posizionata? Era giustamente posizionata, e non lo era, siamo arrivati anche a questo.

Li elenco uno per uno gli esiti delle indagini, perché sono importanti, perché siamo in sede di discussione dell'istituzione della Commissione di inchiesta, già c'è stata un'attività parlamentare ed è bene che prosegua nuovamente, riparta, come diceva il collega, tenendo presente quello che è avvenuto. Certo che lo deve tenere presente, perché quello è un accertamento cristallizzato in un'attività parlamentare, che non è, come dice qualche giudice, un atto politico, perché l'atto politico o eminentemente politico ha una sua natura, e l'accertamento dei fatti in una verità, non solo processuale, ha un'altra natura. Certamente l'attività di una Commissione di inchiesta è politica, ma se accerta fatti, come è avvenuto, ed è stata fonte, in molti anni, per altre vicende, anche di notitiae criminis e di indagini, qui, invece, diventa solo atto eminentemente politico? No, perché noi conosciamo bene qual è l'atto eminentemente politico e qual è l'atto che parte e si fonda su un presupposto accertativo, e questi sono fatti, quelli che sto dicendo. Dire che era in divieto di ancoraggio è un atto politico? Atto politico? Dire che l'indagine medico-legale era lacunosa e si è concentrata sul riconoscimento delle vittime è un atto politico? Moby Prince ha subito, per cause non chiare, un'alterazione della rotta di navigazione, che potrebbe avere influito sulle cause dell'impatto. La morte dei passeggeri e dell'equipaggio non è avvenuta per tutti entro 30 minuti, come, invece, riportato negli atti processuali. È un atto politico o è un fatto, accertato? Si può contestare la natura e l'iter dell'accertamento, ma non si può dire che è un atto politico, questo. La Capitaneria di porto non aveva gli strumenti necessari per individuare la seconda nave, la Moby Prince, sebbene la responsabilità dei soccorsi fosse a suo carico, rivelandosi carente nella gestione della gravità della situazione e del tutto incapace di coordinare un'azione di soccorso. Queste sono le risultanze degli accertamenti effettuati dalla Commissione delle quali dovremo tenere conto.

Non accusiamo alcuno, ma nemmeno si accusi il Parlamento di giocare e di produrre atti politici per caso. No, non lo può fare nessuno, nemmeno in sede giudiziaria, perché come si accertano i fatti, quali sono gli strumenti processuali e come vanno interpretati e applicati, tanti che stiamo qui dentro sappiamo come si fa, non ce lo insegna nessuno; forse lo possiamo insegnare a chi, dall'altra parte, non vede i fatti come sono accertati e come devono essere accertati, perché le lezioni al Parlamento tutti ormai le fanno come uno sport.

Fanno politica, come se fare politica fosse un reato deplorevole, disdicevole, fino al punto di dire che quello che fa la Commissione di inchiesta è un atto politico, di contenuto politico. Perché gli accertamenti che hanno fatto le Commissioni di inchiesta sulla mafia erano tutti atti politici? La storia del Paese è stata ricostruita sulla base di quegli accertamenti: verità che sono state fondamentali per stabilire anche la verità giudiziaria. Così faremo anche in questo caso e non accettiamo da nessuno che si voglia derubricare l'attività del Parlamento ad attività irrilevante e insignificante ai fini dell'accertamento dei fatti. Politica: come se “politica” fosse quasi un'offesa. No! Rivendichiamo il nostro ruolo politico, ma rivendichiamo anche la nostra capacità, con tutto il rispetto delle garanzie previste dalla legge, di far sì che il Parlamento accerti la verità anche in questi casi, perché il nostro compito lo sappiamo fare e il Parlamento ha tutti gli strumenti per farlo. La centralità del Parlamento significa questo, altrimenti sono parole vane, vacue. La rivendichiamo! Questo è uno dei casi in cui la rivendichiamo fortemente, nel rispetto della giustizia e della verità.

Il procedimento penale a carico del signor Ciro Di Lauro per la tentata manomissione del timone non ha chiarito le motivazioni del gesto. Lo sapete che fu mandato questo signore, che faceva parte dell'equipaggio, dopo i fatti, a manomettere il timone. Non è mai stata chiarita la motivazione del gesto. È rilevante sapere il perché o no? È un fatto interdipendente con altri fatti da cui si riconosce e stabilisce la verità complessiva dell'evento o no, ancorché successivo? Comportamento posteriore al fatto che, comunque, illumina la vicenda sotto certi profili: era rilevante conoscerlo? Penso di sì.

È proprio alla luce di queste conclusioni che la Camera non può che raccogliere il testimone passato dal Senato della scorsa legislatura, e cercare di approfondire la vicenda, ancora di più per capire e stabilire finalmente quale sia la verità oggettiva, una verità che 140 persone pretendono e che 140 famiglie aspettano. Lo pretendono perché lo Stato lo pretende. Quelle 140 persone e le loro famiglie sono lo Stato. È la mano dello Stato che interpreta il loro dolore e la loro richiesta perché sia accertata la verità e fatta giustizia. Questo è il compito dell'istituzione parlamentare e, quindi, è importante anche ricordare ciò che è indicato nelle proposte di inchiesta parlamentare che hanno definito alcuni passaggi in modo encomiabile (io avrei fatto e messo qualcosa in più, ma non importa; è sufficiente ciò che è scritto).

Cosa deve fare la Commissione? Ci si può domandare: “Ma tu hai fatto tutto il tuo intervento sulla base di elementi anche riguardanti il Senato e su fatti non equivoci, alcuni quasi ormai notori” (mi riferisco a chi diceva: “Parliamo di contenuti politici”, se qualcuno ascolta in questo momento). La Commissione ha compiti ben precisi e da qui è derivato il mio intervento, per stabilire qual è l'indirizzo. Non abbiamo accertato nulla ma mi riferisco all'indirizzo, al dovere dei parlamentari che avranno l'onore ma anche il gravoso compito di partecipare ai lavori di questa Commissione che deve finire il prima possibile la sua attività.

La Commissione ha il compito di: ricercare e valutare eventuali nuovi elementi - per rispondere a chi dice: “Che fate? Valutate le stesse cose?”; anche se lo facessimo, lo possiamo fare, ma valutiamo anche nuovi elementi, perché noi siamo il Parlamento - che possano integrare le conoscenze sulle cause e sulle circostanze del disastro del traghetto Moby Prince, acquisite dalla Commissione parlamentare di inchiesta istituita nella XVII legislatura con deliberazione del Senato (…); accertare eventuali responsabilità in ordine ai fatti di cui al comma 1 riconducibili ad apparati, strutture od organizzazioni comunque denominati ovvero a persone; accertare con la massima precisione le circostanze della collisione tra il traghetto Moby Prince e la petroliera Agip Abruzzo, le comunicazioni radio intercorse tra soggetti pubblici e privati nelle giornate del 10 e 11 aprile 1991, i tracciati radar e le rilevazioni satellitari, perché non si capisce il motivo per cui non ci sia alcuna rilevazione ad oggi, quando sappiamo che nelle stesse giornate ci sono queste rilevazioni satellitari riguardanti il tratto di mare prospiciente il Porto di Livorno; verificare fatti, atti e condotte commissive ed omissive che abbiano costituito o costituiscano ostacolo, ritardo o difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità relative al disastro della nave Moby Prince; condotte omissive e commissive che abbiano potuto ostacolare, ritardare o porre difficoltà per l'accertamento giurisdizionale delle responsabilità (pensiamo anche al presupposto che si sia potuta verificare una situazione tale da impedire quegli accertamenti, sperando che non ci sia stato alcun intento di ritardare, impedire o non accertare, quindi, noi vogliamo accertare se vi sono condotte anche omissive, perché sono rilevanti anche le condotte omissive in questo caso); esaminare le procedure, le modalità e i mezzi con cui sono stati organizzati e attuati i soccorsi in mare, le circostanze nelle quali essi sono stati condotti e ogni altro fatto utile ad individuare eventuali responsabilità di individui, enti pubblici o privati in ogni fase, anche successiva, allo svolgimento degli eventi (il comportamento posteriore); accertare eventuali correlazioni tra l'incidente ed eventuali traffici illegali di armi, combustibili, scorie e rifiuti tossici avvenuti nella notte del 10 aprile 1991 nella rada di Livorno, a partire dalla documentazione acquisita nel corso dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta del Senato, perché anche questo è emerso come ipotesi; tutte le ipotesi, tutte le strade vanno seguite. E, da ultimo, valutare i termini dell'accordo armatoriale di cui parlavo prima, ai fini dei risarcimenti e la determinazione degli importi erogati dalle compagnie armatrici ai familiari delle vittime.

Se tutto questo deve essere oggetto di accertamento, vuol dire che ancora non è stato accertato; non è che ce lo siamo tolti dalla testa noi che era necessario accertarlo, non esiste un accertamento completo ed esaustivo sul piano processuale, quindi, il Parlamento interviene a ragion veduta, anche se sono trascorsi trent'anni, e lo fa per ristabilire giustizia, verità e legalità, senza alcuno sconto per nessuno, senza alcun condizionamento, sulla base della libertà che il mandato elettivo ci consente di svolgere e che le norme costituzionali affidano al Parlamento e alle Commissioni di inchiesta; è bene che ci siano queste norme.

Il legislatore costituente, quando ha voluto prevedere le Commissioni di inchiesta parlamentare, aveva ben chiaro il ruolo delle Commissioni, aveva ben chiaro l'importanza della Commissione di inchiesta parlamentare alla quale affidare i poteri dell'autorità giudiziaria. Lo faceva perché era ben consapevole dell'importanza che il corpo elettorale, attraverso i suoi rappresentanti, quindi lo Stato, rappresentato dall'istituzione parlamentare, potesse svolgere inchieste per accertare anche i fatti che, in maniera più difficoltosa, non erano stati accertati, i fatti ancora più complicati, quelli che colpiscono in profondità il codice genetico della compagine statuale, l'identità stessa della risposta statuale in vicende come queste. Quindi, ciò, per la Repubblica italiana, per lo Stato, per le 140 vittime, che sono loro stesse e con i loro familiari parte di questa compagine statuale! Perché la loro richiesta è istanza del Parlamento ed istanza della Repubblica.

Per fare questo dovremmo accertare questa verità e tutti i parlamentari che faranno parte di questa Commissione avranno questo altissimo compito: dare finalmente risposta, dopo trent'anni, alle persone ma alla stessa identità e dignità dello Stato e della Repubblica italiana. Sono sicuro che lo faremo, perché non è possibile che nulla sia accertato, nulla conosciuto e che solo grazie alla resilienza, alla pazienza, al coraggio, all'onore dei familiari delle vittime si sia arrivati, anche in sede parlamentare, ad accertare questi fatti.

Questo è uno dei compiti, come dicevo, tra i più importanti che noi possiamo svolgere come parlamentari e sono certo che lo faremo bene per la giustizia, per la verità, per la legalità e per la Repubblica, nel ricordo di tutte le 140 vittime e nel rispetto e nella considerazione dei loro familiari (Applausi).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deidda. Ne ha facoltà.

SALVATORE DEIDDA (FDI). Grazie, Presidente. Non mi dilungherò molto, perché hanno già detto benissimo tutti i colleghi che mi hanno preceduto. Devo ringraziare innanzitutto il mio capogruppo in Commissione trasporti, Marco Silverstoni e il mio collega Rotelli perché so che hanno dato il loro supporto a questa Commissione di inchiesta. Come Fratelli d'Italia non abbiamo avuto bisogno di presentare una proposta di legge, perché andavano benissimo quelle presentate dai colleghi, per una questione che, dopo trent'anni, come detto, grida ancora vendetta, non per sete di vendetta, ma per sete di verità. All'epoca, non avevo compiuto neanche quindici anni. A distanza di trent'anni penso - parlando con i ragazzi di Gioventù Nazionale, raccontando, cercando di studiare quella vicenda e tutti gli atti – che è veramente incredibile che nessuno abbia visto un traghetto prendere fuoco, un traghetto in fiamme nel 1991, quando avevo 14 o 15 anni (e noi prendevamo il traghetto dalla Sardegna molto spesso, perché non ci potevamo permettere i biglietti aerei). Si è detto che è stato scambiato per una nave rimorchiatore. Pensate, un traghetto che viene scambiato per una nave rimorchiatore, un traghetto che va in fiamme viene scambiato per un rimorchiatore o per un'imbarcazione che doveva servire nel porto! Nessuno l'ha visto. C'era la nebbia, ma questo viene smentito dai fatti. Si infama, veramente, anche la memoria del comandante Chessa e dell'equipaggio quando si dice che addirittura stavano guardando la partita Juve-Barcellona. Non ci sono state indagini accurate, perché non ci sono i tracciati radar e non si sono ascoltate tutte le testimonianze. Si dice che i passeggeri erano tutti morti, quando non è vero che sono tutti morti entro la mezz'ora; addirittura in un filmato si vede un passeggero che era uscito all'esterno. Si rimane attoniti a leggere tutte le ricostruzioni che in questi trent'anni sono state portate avanti, anche le verità giudiziarie. Allora ci chiediamo ed è giusto che un quindicenne di oggi si chieda: ma in che Italia stiamo vivendo? In che Italia abbiamo vissuto (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia)? Non è possibile che i familiari, le associazioni dei familiari, solo dopo trent'anni stiano avendo dalla politica, con la Commissione di inchiesta nella scorsa legislatura e le meritorie proposte di legge dei colleghi oggi, una nuova sensibilità. Trovarsi le porte chiuse da parte dello Stato è veramente deleterio e non permette di vivere in pace. Me ne sto rendendo conto con la tragedia della Moby Prince. Vent'anni prima, c'era stata la tragedia della Meloria, sempre a Livorno, e anche lì non si è mai saputa la causa di un disastro aereo; ma non voglio aprire un altro capitolo.

È doveroso e cercheremo di fare luce su questa vicenda, perché lo dobbiamo alle associazioni dei familiari, di cui fanno parte anche i familiari dell'equipaggio. È giusto riportare la giustizia e anche il buon nome di quelle persone che devono essere ricordate, forse, per aver salvato altre vite, facendo delle manovre che hanno poi portato la nave altrove; forse hanno salvato delle vite, hanno ritardato la morte cercando di salvarle quando i salvataggi, quelli dovuti, non sono mai arrivati. Un incendio che si scatena contro una petroliera e non c'è mai stato un intervento per spegnere quell'incendio. Bene, questa è la verità che dobbiamo ricercare e - ripeto - non dobbiamo dilungarci cercando di condannare qualcuno: dovremo esaminare i fatti e cercare, con gli strumenti di oggi ma anche con questa unanime volontà politica, di avere quei documenti che qualcuno non ha avuto in passato, perché sono quelli che forse ci diranno la verità.

Anche far vedere che c'è unanimità dimostrerà a qualcuno che la ricerca delle verità sulle stragi - come questa della Moby Prince dove sono morti degli innocenti in maniera orribile - merita veramente che certi cassetti vengano aperti. Lo merita veramente, perché certe verità non servono - e mi ricollego a quanto detto all'inizio - per una vendetta fine a se stessa, ma servono per costruire un futuro migliore. I nostri giovani devono crescere sapendo benissimo che certe tragedie sono accadute ma lo Stato ha fatto di tutto per scrivere una verità, anche scomoda, anche dolorosa; ma la verità non fa mai troppo male quanto le omissioni, le bugie e le ricostruzioni che diffamano anche, purtroppo, i martiri di questa tragedia (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Frailis. Ne ha facoltà.

ANDREA FRAILIS (PD). Grazie, Presidente. Gentile esponente del Governo, colleghe e colleghi, oggi noi siamo qui per cominciare a colmare un vuoto, un vuoto di verità e, quindi, anche un vuoto di giustizia. Oggi cominciamo a creare lo strumento parlamentare per colmare quel vuoto, per supportare e aiutare la magistratura - non per sostituirci alla magistratura - e fare quindi chiarezza sulla tragedia della Moby Prince, uno degli episodi più inquietanti e misteriosi della storia del nostro Paese.

Voglio chiarire subito questo aspetto: i promotori di questa iniziativa parlamentare - io sono tra questi, insieme a tanti altri, a coloro che hanno anche firmato le tre proposte di legge poi unificate - non hanno voluto sostituirsi in alcun modo alla magistratura ma, con la Commissione di inchiesta che nascerà e lavorerà qui a Montecitorio, hanno voluto offrire nuovi spunti ed elementi di indagine; spunti ed elementi di indagine che possono contribuire finalmente, occorrerebbe aggiungere, ad accertare le vere cause di una tragedia e i motivi per i quali 140 persone hanno perso la vita, a chiarire una volta per tutte se le vittime di quella catastrofe avrebbero potuto essere salvate, se i soccorsi fossero arrivati per tempo magari, se ci furono negligenze o ritardi colpevoli così come se ci furono errori o manchevolezze nelle indagini. Colleghi, in mezzo a tanti misteri e a tante domande ancora senza risposta, una cosa è assolutamente certa: quali furono le vere cause della collisione tra la petroliera Agip Abruzzo e il traghetto della NavArMa, Moby Prince, a trent'anni dal fatto ancora noi non lo sappiamo e questo è assolutamente inaccettabile.

Il percorso giudiziario, che è stato anche ricordato dai colleghi prima di me, ha visto nel 1998 l'assoluzione in primo grado e poi la prescrizione in appello di tutti gli imputati; quindi, ancora, la riapertura dell'inchiesta nel 2006 e la sua successiva archiviazione nel 2010; ancora senza una causa precisa, ancora senza colpevoli.

Le inchieste giudiziarie, così come ricordava poco fa anche il collega D'Ettore, oggetto di più di una critica - perché queste inchieste sono state oggetto di critiche anche pesanti - non hanno scoperto perché le due navi sono venute a contatto; ancora oggi, trent'anni dopo, non sappiamo perché l'Agip Abruzzo e la Moby Prince sono venute a contatto, perché se le cose fossero state normali le due navi non avrebbero dovuto venire a contatto. Quindi, qualcosa è accaduto. Non sono ancora riusciti a chiarire, perché sono rimaste incastrate a lungo.

Perché non sono riusciti a dare una spiegazione al fatto che i soccorsi arrivarono per tempo per la petroliera (dove, infatti, non si sono registrate vittime), ma non sono arrivati per tempo o forse non sono arrivati affatto per il traghetto; perché per lungo tempo, troppo tempo, la causa del disastro venne individuata nella nebbia, mentre sappiamo con certezza, grazie agli accertamenti della parallela Commissione del Senato, che la sera del 10 aprile del 1991, nella rada del porto di Livorno la nebbia non c'era. Risultanze - dobbiamo chiarirlo subito - che non hanno coinciso con quelle dell'autorità giudiziaria che hanno riguardato la tragedia. Sembra che le risultanze dell'autorità giudiziaria, da quanto emerso dalle indagini successive ma soprattutto da quanto emerso dalle risultanze della Commissione del Senato, riguardino due fatti diversi, due accadimenti diversi; invece, riguardano lo stesso fatto.

In particolare, i senatori, sulla base dell'imponente lavoro svolto, hanno dissentito - e lo hanno messo per iscritto nella relazione finale - con le tesi che hanno sostenuto le sentenze di assoluzione e archiviazione; quelle sentenze che avevano indicato nella nebbia la principale causa della collisione, nell'imprudenza e negligenza della catena di comando del traghetto NavArMa. Una relazione finale, approvata poco prima di Natale, il 22 dicembre del 2017, che ha trasformato radicalmente il quadro degli elementi sui quali hanno poggiato le conclusioni nelle sentenze. Nel dicembre del 2018 la procura di Livorno ha acquisito gli atti della Commissione di inchiesta del Senato, ma a distanza di tanti anni molti reati sono coperti dalla prescrizione.

Inoltre - e questo è un altro degli scopi dell'iniziativa parlamentare della quale oggi discutiamo - occorre approfondire e completare i risultati scaturiti dal lavoro di quella Commissione del Senato, per superare i limiti che oggi la magistratura si trova dinnanzi nella ricerca della verità.

Ma non è tutto, perché a conclusione dei lavori di indagine che si svolgeranno, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione repubblicana, la Commissione dovrà anche valutare, a nostro parere, la necessità di un intervento legislativo da avanzare al Parlamento nel suo insieme, capace di attenuare le conseguenze di quella strage; conseguenze che hanno sofferto i familiari delle vittime per 30 lunghi anni.

La Commissione che stiamo per istituire non è l'unico organismo parlamentare, come abbiamo visto. Al Senato ha lavorato egregiamente, tra il luglio del 2015 e il dicembre del 2017, nel corso della precedente legislatura, un'altra Commissione parlamentare di inchiesta. Un lavoro prezioso, utilissimo quello compiuto dai colleghi del Senato. Io vorrei ringraziarli per gli aspetti che hanno contribuito a far emergere, per la scelta degli auditi, per la chiarezza nella esposizione delle risultanze.

A questo proposito, permettetemi di onorare la memoria del comandante del Moby Prince, Ugo Chessa (Applausi): era un sardo come me e come non poche vittime della strage. Nelle prime ore successive all'impatto si parlò, tra le cause, di errore umano, di una distrazione provocata dalla trasmissione televisiva di una partita di calcio: niente di tutto questo. Il comandante Chessa era un marinaio di grande esperienza e di grandi capacità, così come tutti i componenti della catena di comando del traghetto NavArMa. I suoi figli con orgoglio perseguono con passione la ricerca della verità e uno di loro guida oggi una delle associazioni che tutelano gli interessi delle famiglie delle vittime.

No, davvero, colleghi, Presidente: la causa dell'impatto non fu la distrazione o la negligenza; la causa va ricercata altrove. Tante le ipotesi, tante le illazioni, le piste imboccate e presto abbandonate. Si parlò anche di un attentato, lo ricorderete; un attentato opera di terrorismo o della mafia.

Presidente, se non conosciamo ancora le vere cause della tragedia del Moby Prince, ancora non conosciamo nemmeno il responsabile di quello che è il più grave incidente della marineria civile italiana nella storia della Repubblica del nostro Paese. Come ho avuto modo di dire prima, questo è assolutamente inaccettabile per un Paese civile.

Altro che nebbia: sono di altro tipo le opacità che avvolgono l'intera vicenda! Oltre ai punti che abbiamo già evidenziato, occorre ancora accertare quante e quali navi incrociavano nella rada del porto di Livorno quella sera. Perché - e, ancora, cosa c'è da scoprire - nei collegamenti radio intercorsi quella notte sono state sbobinate le conversazioni di un solo canale, il canale di emergenza n. 16, quando le conversazioni possono essere avvenute - e sicuramente sono avvenute - anche su altri canali che ancora dobbiamo verificare.

Inoltre, signor Presidente, nel novembre scorso, il tribunale civile di Firenze, con sentenza, ha negato ai familiari delle vittime il diritto al risarcimento con la motivazione secondo cui ogni ipotesi di addebito - leggo testualmente - deve ritenersi prescritta, essendo trascorsi due anni dalla sentenza della Corte d'appello divenuta irrevocabile. Nello stesso provvedimento, nel novembre scorso, si legge che le risultanze della Commissione parlamentare di inchiesta devono ritenersi un atto politico che non supera quanto è stato accertato a livello penale. Una valutazione, quella dei giudici fiorentini, accolta negativamente dalle associazioni dei familiari delle vittime. Ha ragione da vendere il collega D'Ettore quando dice che queste valutazioni non possono essere accettate, perché - sì, ovviamente - il Parlamento istituisce Commissioni di inchiesta, che sono anche atti politici, ma basate su fatti comprovati e, quindi, inoppugnabili. Nella mia attività di giornalista televisivo, Presidente, mi sono occupato più volte, così come il collega Marino, della tragedia del Moby Prince, trattandosi di un evento che ha riguardato la Sardegna e ha riguardato la morte di tanti sardi innocenti, di tante vittime innocenti. Mi è capitato, per il mio lavoro, di vedere e di esaminare anche le immagini di una videocassetta VHS, recuperata dal relitto del Moby Prince. Poco prima della collisione con la petroliera era stata girata questa cassetta; le immagini che mi è capitato di guardare mostrano una famiglia felice, una famiglia di sardi, che lavorano in Toscana e fanno ritorno nell'isola per una breve vacanza con i parenti. Ci sono anche due bimbe piccole in questa famiglia e sono riprese dalle immagini; sono bimbe felici, per la novità della vacanza che stanno per affrontare. Ecco, Presidente, oggi noi dobbiamo istituire la Commissione di inchiesta perché abbiamo il dovere di cercare la verità su quanto è accaduto. Lo dobbiamo a quella famiglia, a quelle bimbe, lo dobbiamo alla coscienza civile del nostro Paese, all'ineliminabile desiderio di giustizia che nasce da eventi come quello del Moby Prince, purtroppo, come tanti altri eventi, sui quali non si è riusciti a fare completamente luce.

Noi, Presidente - e mi avvio alla conclusione - siamo convinti che sia un dovere anche della politica, questo è un dovere anche della politica, fare in modo che dopo trent'anni si faccia luce su un episodio tragico e misterioso. Aggiungo che noi promotori dell'iniziativa parlamentare siamo anche convinti che le inchieste giudiziarie debbano essere riaperte, perché quelle sentenze, di cui ho parlato prima, sono frutto di fatti assolutamente marginali, rispetto a quanto è stato poi accertato da altre inchieste e dalla Commissione parlamentare del Senato. Per fare questo, per raggiungere questo obiettivo, noi del Partito Democratico ci siamo e ci saremo (Applausi).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e, pertanto, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche - Doc. XXII, nn. 47-49-51-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore; immagino che intervenga il relatore Andrea Romano.

ANDREA ROMANO, Relatore. Grazie, Presidente. Solo poche parole per ringraziare tutti i deputati che sono intervenuti oggi in questa discussione generale, un ringraziamento per il merito puntuale degli interventi ed anche per la concordia - se così posso dire - tra le argomentazioni dei vari rappresentanti dei gruppi parlamentari. Io credo che ci siano le premesse migliori perché questo provvedimento venga approvato all'unanimità entro questa settimana, raccogliendo la sollecitazione autorevole, che è stata ricordata innanzitutto dal relatore e anche da altri colleghi, del Presidente della Repubblica di soli pochi giorni fa e anche rispondendo alla scelta apprezzabile e coraggiosa della Presidenza della Camera, che ha voluto accelerare al massimo la calendarizzazione dei vari provvedimenti che chiedono l'istituzione di una nuova Commissione di inchiesta.

Oggi c'è chi ha parlato, come il collega D'Ettore, di centralità del Parlamento, come elemento che può risultare confermato e valorizzato dal lavoro di questa nuova Commissione di inchiesta. Una centralità del Parlamento che sia anche garanzia - mi viene da dire - di buon funzionamento delle istituzioni repubblicane, anche rispetto alle lacune della verità giudiziaria, lacune che oggi sappiamo essere consistenti, e anche rispetto ai troppi anni trascorsi da quella strage. A fronte di questi elementi, le lacune delle verità giudiziarie e i tanti anni, troppi, trascorsi da quel 10 aprile 1991, il Parlamento della Repubblica può, anche in questa occasione, dire agli italiani che le istituzioni ci sono, che le istituzioni funzionano e che le istituzioni possono arrivare, anche se dopo troppo tempo, alla verità vera. È questo, io credo, l'impegno che contraddistinguerà i deputati che parteciperanno al lavoro di questa Commissione già dalle prossime settimane (Applausi).

PRESIDENTE. Il collega Potenti non ritiene di intervenire. È facoltà del Governo, se lo ritiene di intervenire: non ritiene. Il seguito del dibattito, quindi, è rinviato ad altra seduta.

Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2575, 2576, 2577, 2413-A, 2414-A e 2416-A.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame dei disegni di legge di ratifica all'ordine del giorno è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (Vedi calendario)

Discussione del disegno di legge: S. 1379 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, firmata a Quito il 23 maggio 1984, fatto a Quito il 13 dicembre 2016 (Approvato dal Senato) (A.C. 2575​) (ore 15,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2575: Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, firmata a Quito il 23 maggio 1984, fatto a Quito il 13 dicembre 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2575​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore Riccardo Olgiati.

RICCARDO OLGIATI, Relatore. Grazie Presidente.

Colleghi deputati, rappresentante del Governo, il Protocollo in esame, sottoscritto nel dicembre 2016 è, finalizzato ad aggiornare ed adeguare ai più recenti standard internazionali la definizione delle imposte previste dalla Convenzione bilaterale del 1984 e dal relativo protocollo, recependo in particolare le disposizioni del modello OCSE.

Il Protocollo, che si compone di quattro articoli, aggiorna innanzitutto il campo di applicazione oggettivo della Convenzione fiscale, prevedendo, per la parte italiana, che l'elenco delle imposte italiane soggette alle disposizioni convenzionali includa l'imposta sul reddito delle società (Ires) - e non più quella sul reddito delle persone giuridiche - e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) - e non più l'imposta locale sui redditi -, come da modifiche normative nel frattempo intervenute nell'ordinamento italiano.

Il nuovo accordo bilaterale, oltre ad individuare come autorità competenti, per l'Italia, il Ministero dell'Economia e delle finanze e, per l'Ecuador, il direttore generale del Servizio dei redditi interni, modifica altresì taluni aspetti di carattere definitorio, per consentire l'adeguamento alle denominazioni attualmente in uso, e dispone in ordine alle modalità per la sua entrata in vigore.

Particolare rilievo assume soprattutto l'articolo 3 del Protocollo che, nel modificare l'articolo 27 della Convenzione in materia di scambio di informazioni, lo aggiorna all'attuale standard internazionali in materia, rappresentato dall'articolo 26 del modello convenzionale contro le doppie imposizioni predisposto dall'OCSE, che prevede, tra l'altro, il superamento del cosiddetto domestic tax interest, in quanto lo scambio di informazioni non viene limitato dall'assenza di interesse ai propri fini fiscali da parte dello Stato richiesto, nonché il superamento del segreto bancario, poiché lo Stato richiesto non può più rifiutarsi di fornire le informazioni unicamente perché queste sono detenute da una banca o da un'istituzione finanziaria.

Ulteriori disposizioni in tema di scambio di informazioni disciplinano gli aspetti procedurali attuativi della cooperazione amministrativa, prevedendo, in conformità ai principi OCSE, le condizioni e le modalità per l'effettuazione delle richieste. È previsto, in particolare, che gli elementi procedurali in questione non debbano ostacolare lo scambio effettivo di informazioni tra i due Stati, che deve essere garantito nella misura più ampia possibile, in relazione sia ai singoli contribuenti sia ad una pluralità di contribuenti non identificati individualmente, pur non potendo condurre ad una ricerca generalizzata e indiscriminata (cosiddetto fishing expedition).

Sempre in conformità ai principi OCSE, tali disposizioni prevedono le condizioni e le modalità di effettuazione delle richieste.

La relazione allegata al disegno di legge mette in rilievo che, trattandosi d'intesa stipulata successivamente al 6 maggio 2016, si assicura il rispetto di standard di protezione adeguati, nel caso di trasferimento di dati personali nel Paese terzo, conformemente alla disciplina dettata dal decreto legislativo n. 51 del 2018, recante attuazione della direttiva (UE) 2016/680, relativa alla protezione delle persone fisiche, con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzioni di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati.

Il disegno di legge di ratifica, già approvato dall'altro ramo del Parlamento l'8 luglio 2020, si compone di tre articoli e non prevede nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in relazione all'incremento dell'attività di scambio di informazioni, la quale sarà effettuata mediante l'utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

In conclusione, auspico una rapida e definitiva approvazione del provvedimento in esame, poiché l'intento sotteso all'accordo è quello di intensificare la cooperazione amministrativa tra i due Paesi in materia di scambio di informazioni, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione e all'elusione fiscali, costantemente perseguito dall'Italia e riaffermato più volte anche nelle sedi multilaterali internazionali G7, G20, OCSE e Unione europea.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo, che non ritiene di farlo.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione generale.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1403 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi di trasporto aereo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador, con Allegati, fatto a Quito il 25 novembre 2015 (Approvato dal Senato) (A.C. 2576​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2576: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi di trasporto aereo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador, con Allegati, fatto a Quito il 25 novembre 2015.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2576​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di parlare il relatore Riccardo Olgiati.

RICCARDO OLGIATI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Accordo sui servizi aerei tra Italia ed Ecuador con allegati, fatto a Quito il 25 novembre 2015, in linea con la normativa dell'Unione europea in materia e che si inserisce in un contesto precedentemente non regolato da intese tra le autorità aeronautiche dei due Paesi, è finalizzato a regolamentare i servizi aerei bilaterali, anche al fine di concorrere a rafforzare i legami esistenti fra le due economie, nonché ad apportare vantaggi ai vettori aerei, agli aeroporti, ai passeggeri, agli spedizionieri e all'industria del turismo.

L'Intesa, che si compone di 25 articoli e di due annessi, dopo aver offerto un quadro delle terminologie dei concetti adottati e aver disciplinato l'applicabilità delle norme della Convenzione di Chicago sull'aviazione civile internazionale, illustra i diritti e le facoltà di sorvolo e di traffico che ciascuna parte riconosce all'altra, i requisiti che i vettori aerei devono soddisfare per essere designati ad operare sulle rotte concordate ed i casi per il ritiro, la revoca e la sospensione dell'autorizzazione per l'esercizio di un vettore aereo designato.

Ulteriori disposizioni dell'accordo riguardano la disciplina della concorrenza fra le imprese, i principi generali che le autorità aeronautiche delle due parti sono chiamate ad applicare, il regime delle tariffe per i vettori designati, le condizioni in materia di sicurezza della navigazione aerea, l'assistenza a terra, le opportunità commerciali sul territorio dell'altra parte e gli oneri d'uso per servizi e strutture.

Da ultimo, l'intesa bilaterale regola, fra le altre, le modalità e le tempistiche per la consultazione delle parti, per la risoluzione delle controversie interpretative o applicative dell'accordo e per l'emendabilità del testo ed il recesso.

Allegati all'intesa bilaterale i due annessi contengono la tabella delle rotte operabili da parte dei vettori designati dalle parti e definiscono le possibili facoltà operative per i vettori designati, come gli accordi di code-sharing e il leasing di aeromobili.

Il disegno di legge di ratifica dell'Accordo già approvato dal Senato l'8 luglio 2020 si compone di quattro articoli. Non sono previsti oneri economici per l'Italia e l'articolo 3 del disegno di legge pone espressamente una clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che le amministrazioni dei soggetti interessati provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Peraltro, segnalo che l'articolo 10 dell'Accordo prevede esenzioni doganali in tema di carburanti, lubrificanti, provviste di bordo, pezzi di ricambio e dotazioni normalmente previste a bordo. In proposito, ricordo che tale disposizione riproduce quanto già previsto dall'articolo 24 della Convenzione di Chicago sull'aviazione civile, cui aderiscono sia l'Italia, sia l'Ecuador, pertanto gli effetti di gettito derivanti da tali esenzioni sono già scontati nelle previsioni finanziarie a legislazione vigente.

Sono certo che la ratifica di questa Intesa consentirà un ulteriore rafforzamento delle relazioni italo-ecuadoriane, che già possono considerarsi ottime. Il quadro dei rapporti bilaterali è infatti assai positivamente caratterizzato dalla presenza di una comunità italiana e di origine italiana forte, di oltre 20 mila connazionali, pienamente integrata nel tessuto civile e produttivo locale, da uno stimolante interscambio economico-commerciale e da significative prospettive e potenzialità di sviluppo future.

PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il Governo, ma rinuncia. Non ci sono iscritti a parlare e, quindi, dichiaro chiusa la discussione generale.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: S. 1588 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, fatto a Roma il 13 febbraio 2019; b) Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana di assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, fatto a Roma il 13 febbraio 2019 (Approvato dal Senato) (A.C. 2577​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 2577: Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, fatto a Roma il 13 febbraio 2019; b) Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana di assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, fatto a Roma il 13 febbraio 2019.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2577​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire la relatrice Iolanda Di Stasio.

IOLANDA DI STASIO, Relatrice. Grazie, Presidente. Gli accordi bilaterali al nostro esame rientrano nell'ambito di quell'azione di intensificazione di regolamentazione dei rapporti di cooperazione giudiziaria con alcuni Stati extraeuropei, che l'Italia persegue da anni, anche in ragione della necessità di rendere più efficace il contrasto nei confronti della criminalità organizzata. In questo contesto, rivolgo un ringraziamento particolare al nostro corpo diplomatico, all'ambasciatore Canepari per il costante lavoro che sta portando avanti in Repubblica Dominicana.

Il primo dei due trattati in esame, composto da 23 articoli, è finalizzato a migliorare la cooperazione fra i due Paesi in materia di estradizione. Nel caso di estradizione processuale è necessario che il reato sia punibile in entrambi gli ordinamenti con una pena detentiva non inferiore ad un anno. Per l'estradizione esecutiva si prevede invece che, al momento della presentazione della domanda di estradizione, la durata della pena ancora da espiare non sia inferiore a sei mesi. Si esplicitano i casi che consentono ad una delle parti di opporre un rifiuto obbligatorio all'estradizione, tra cui i reati politici, e quelli per opporre un rifiuto facoltativo. Si stabilisce, inoltre, che la cittadinanza della persona richiesta non possa costituire motivo di rifiuto dell'estradizione e che la persona medesima non possa essere sottoposta a misure di restrizione per fatti precedenti alla consegna e diversi da quelli per i quali l'estradizione sia stata concessa. Il Trattato disciplina, quindi, le procedure e i documenti necessari per l'estradizione, le garanzie per la persona richiesta, le modalità per chiedere la misura cautelare dell'arresto provvisorio, la gestione delle richieste concorrenti di estradizione, la modalità di consegna della persona da estradare ed i casi di consegna differita e temporanea della persona richiesta. Gli ulteriori articoli dell'accordo bilaterale disciplinano, fra gli altri, gli aspetti relativi al transito nei rispettivi territori di una persona estradata da uno Stato terzo, la suddivisione delle spese derivanti dalla richiesta di estradizione, l'obbligo di riservatezza sui documenti e le informazioni fornite.

Il secondo trattato oggetto del presente disegno di legge di ratifica, quello relativo all'assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, si compone di 27 articoli ed è finalizzato a disciplinare la cooperazione giudiziaria penale bilaterale. L'adozione di tali norme è stata imposta dalla progressiva estensione dei rapporti tra i due Paesi e dalla pregressa assenza di trattati bilaterali in materia. Il testo esplicita l'impegno delle parti a prestarsi reciproca assistenza giudiziaria in materia penale, anche quando il fatto per cui procede lo Stato richiedente non sia previsto come reato nello Stato richiesto. I successivi articoli individuano nel Ministero della Giustizia della Repubblica italiana e nella Procuraduría General de la Republica Dominicana le autorità centrali designate dalle parti contraenti e stabiliscono forma e contenuto della richiesta di assistenza, disciplinano i casi per opporre un rifiuto, un differimento dell'assistenza e pongono un profilo di riservatezza e dei limiti per l'utilizzo delle informazioni oggetto dell'assistenza. Il Trattato disciplina quindi le modalità di assunzione di prove e acquisizione di elementi probatori nello Stato richiesto e l'utilizzo di videoconferenze per l'audizione di testimoni, indagati o imputati, stabilendo inoltre norme per la trasmissione di mezzi di prova e di informazioni, la comparizione di testimoni, vittime e periti, il trasferimento temporaneo di persone detenute e la protezione delle persone citate o trasferite. Ulteriori disposizioni riguardano la cooperazione bilaterale per l'individuazione di beni, strumenti o proventi del reato, la possibilità di costituire squadre investigative comuni e le consegne vigilate o controllate. Il Trattato inoltre non impedisce alle parti di prestarsi ad altre forme di cooperazione o assistenza giudiziaria in virtù di accordi specifici, intese o prassi condivise, che siano conformi alle loro rispettive legislazioni interne ed ai trattati internazionali loro applicabili.

In conclusione, auspico una rapida approvazione del provvedimento in esame, dal momento che i due trattati rispettano i principi costituzionali, le principali pronunce della Corte costituzionale e della Corte di cassazione, nonché gli indirizzi prevalenti della Corte europea dei diritti dell'uomo in materia di estradizione e di assistenza giudiziaria penale.

PRESIDENTE. Il Governo rinuncia alla replica.

Non essendoci altri iscritti, dichiaro chiusa la discussione generale.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Ruanda, con Allegati, fatto a Kigali il 20 agosto 2018 (A.C. 2413-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2413-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Ruanda, con Allegati, fatto a Kigali il 20 agosto 2018.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2413-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore Olgiati.

RICCARDO OLGIATI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Intesa al nostro esame è stata negoziata e sottoscritta con le autorità aeronautiche ruandesi, nell'ambito di un incontro negoziale tenutosi il 6 dicembre 2017 a Colombo, in Sri Lanka, nel corso del decimo evento di negoziazione sui servizi aerei dell'Organizzazione internazionale per l'aviazione civile. Il testo, redatto in conformità all'acquis dell'Unione europea, mira a regolamentare i servizi aerei tra Italia e Ruanda, rafforzando ulteriormente i rapporti economici bilaterali ed apportando vantaggi economici ai vettori aerei, agli aeroporti, ai passeggeri, agli spedizionieri, all'industria del turismo e in generale all'economia dei due Stati. L'Accordo delinea il quadro giuridico generale, nel cui ambito si sviluppano le relazioni aeronautiche tra le due parti. Come da prassi internazionale, esso è integrato da ulteriori intese semplificate (memorandum d'intesa), che regolano i profili operativi nel settore del trasporto aereo. Venendo sinteticamente ai contenuti normativi dell'articolato, esso reca le norme in materia di designazione e di revoca dei vettori ammessi a operare sulla tabella delle rotte concordata, di diritti di sorvolo e di traffico, di servizi concordati, di interpretazione, denunce e contenzioso, di tabella delle rotte e infine di accordi di cooperazione. Sono altresì disciplinati il riconoscimento reciproco dei certificati di aeronavigabilità degli aeromobili e delle licenze, il rispetto degli standard di sicurezza posti dalla Convenzione di Chicago sull'aviazione civile internazionale e dall'ICAO, gli oneri e i diritti d'uso delle linee aeree designate, gli aspetti doganali relativi ai materiali e alle attrezzature necessarie all'attività di volo, il regime delle tariffe, nel rispetto dei principi della libera concorrenza e della tutela dei consumatori.

Mi preme segnalare che il disegno di legge, all'articolo 3, prevede una clausola di invarianza finanziaria: da un lato, infatti, le esenzioni dei dazi doganali ed altri diritti, di cui all'articolo 11 dell'accordo, sono da ricondursi alle esenzioni previste dall'articolo 24 della Convenzione di Chicago, ratificata dall'Italia con legge n. 561 nel 1956, i cui effetti di gettito sono già scontati nelle previsioni finanziarie a legislazione vigente, dall'altro, gli eventuali oneri derivanti dalle consultazioni ed emendamenti previsti dall'articolo 21 dell'Accordo, sono coperti dall'Ente nazionale per l'aviazione civile, ENAC, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie del proprio bilancio.

A più di un quarto di secolo dalla guerra e dal genocidio, il Ruanda, guidato ininterrottamente da Paul Kagame, sta vivendo una fase di grandi cambiamenti; le sue ottime prestazioni a livello economico nella fase pre-pandemica - i tassi attuali di crescita sono stati dell'8 per cento circa -, la diffusione di un ramificato sistema di istruzione e di assistenza e il processo di democratizzazione continuo fanno del Ruanda un attore regionale rilevante. Non mancano ombre nel processo di ricostruzione e democratizzazione che si accompagnano al permanere di difficili condizioni di vita soprattutto per le popolazioni rurali, in un Paese dove, secondo l'ultimo rapporto del Global Multidimensional Poverty Index, pubblicato a luglio 2020, il 54,4 per cento della popolazione vive sotto la soglia di povertà, stabilita a livello mondiale dall'Agenzia delle Nazioni Unite.

Il nostro Paese può vantare buone relazioni diplomatiche con Kigali, rafforzate dalla conclusione di una serie di incontri di livello ministeriale ed iniziative tecniche che riflettono l'attivismo del Ruanda nello scacchiere regionale e multilaterale, soprattutto nel settore delle iniziative di peacekeeping promosse dalle Nazioni Unite e dell'Unione africana che il Presidente Kagame ha presieduto nel 2018.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo: prendo atto che non intende intervenire.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica delle Filippine, con Allegati, fatto a Roma il 30 ottobre 2017 (A.C. 2414-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2414-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica delle Filippine, con Allegati, fatto a Roma il 30 ottobre 2017.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2414-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore Olgiati.

RICCARDO OLGIATI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Accordo sui servizi aerei in esame delinea, nel pieno rispetto della vigente normativa dell'Unione europea in materia, il quadro giuridico generale, nel cui ambito si svolgeranno le relazioni aeronautiche tra il nostro Paese e le Filippine. Come da prassi internazionale, l'Accordo viene integrato da ulteriori intese semplificate e memorandum di intesa che regolano i profili operativi nel settore del trasporto aereo. Anche in questo caso, come per le analoghe intese oggi in esame, l'Accordo, che consta di 25 articoli, mira a disciplinare dettagliatamente tutta una serie di questioni inerenti i diversi profili dei servizi aerei, senza favorire distorsioni, limitazioni o alterazioni della concorrenza e nel rispetto del principio di non discriminazione dell'offerta di tali servizi e degli standard di sicurezza aerea.

Illustre Presidente, colleghi deputati, i rapporti tra l'Italia e le Filippine sono caratterizzati da tradizionale amicizia e cordialità, favorite sia da affinità storiche, culturali e religiose, sia, più recentemente, dalla presenza in Italia di una nutrita comunità di filippini. Le Filippine, inoltre, sono un interlocutore cruciale nella lotta all'estremismo armato e, parimenti, un referente primario per le politiche atte ad eliminare le condizioni di coltura del fenomeno del terrorismo islamico, tra queste, non ultima, la promozione del dialogo interreligioso ove l'Italia, per ragioni storiche, culturali e geografiche, necessariamente gioca un ruolo primario.

Sono convinto che la rapida approvazione di questa intesa concorrerà a rafforzare ulteriormente le relazioni tra Roma e Manila, agevolando soprattutto il consolidamento del quadro di cooperazione produttiva e commerciali tra i due Paesi. Ad una presenza ancora marginale dell'impresa italiana in questa grande Nazione dell'Estremo Oriente fa, infatti, riscontro un crescente interesse nel nostro sistema produttivo, come testimoniato nel periodo pre-pandemia da numerose missioni imprenditoriali italiane.

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo non intende intervenire.

Non essendovi iscritti a parlare, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Seychelles, con Allegati, fatto a Victoria il 1° aprile 2016 (A.C. 2416-A​).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge n. 2416-A: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Seychelles, con Allegati, fatto a Victoria il 1° aprile 2016.

(Discussione sulle linee generali – A.C. 2416-A​)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

La III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.

Ha facoltà di intervenire il relatore Olgiati.

RICCARDO OLGIATI, Relatore. Grazie, Presidente. L'Accordo si inserisce in un contesto normativo bilaterale regolato da un memorandum di intesa di contenuto tecnico-operativo, sottoscritto dalle autorità aeronautiche italiane e dalla Repubblica di Seychelles nel mese di febbraio 2015. Tale memorandum è stato sottoscritto dalle parti proprio in previsione della conclusione di un vero e proprio accordo sui servizi aerei. Il testo dell'Accordo è stato negoziato dalle delegazioni dei due Stati e parafrasato da rappresentanti delle rispettive autorità aeronautiche nell'ambito di un incontro negoziale tenutosi a Vittoria, nelle Seychelles, il 25 e 26 febbraio del 2015.

Anche in questo caso, come per le già illustrate intese con Ecuador, Ruanda e Filippine, l'Accordo, che consta di un breve preambolo, 25 articoli e 3 annessi, contenenti tabella delle rotte, accordi di cooperazione, trasporto intermodale, configura il quadro giuridico generale nel cui ambito si sviluppano le relazioni aeronautiche tra i due Stati, disciplinando i diversi profili operativi nel settore dei servizi aerei.

Nell'auspicare una rapida approvazione del provvedimento da cui non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per le ragioni già esposte relativamente alle altre intese, mi preme evidenziare i vantaggi economici che esso potrà apportare al sistema dei vettori aerei, al funzionamento delle strutture aeroportuali dell'industria e del turismo e, in generale, all'economia del nostro Paese e delle Seychelles.

PRESIDENTE. Il Governo non ritiene di intervenire. Non ci sono iscritti a parlare, quindi, dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Il seguito dell'esame è rinviato alla prossima seduta.

Interventi di fine seduta.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il collega Provenza. Ne ha facoltà.

NICOLA PROVENZA (M5S). Grazie, Presidente. Prendo la parola, oggi, in quest'Aula, perché in queste ore la mia città, Salerno, piange la scomparsa di un suo figlio, un figlio speciale, Fulvio De Maio. Calciatore poi preparatore dei portieri, dirigente, infine, apprezzatissimo opinionista televisivo, istrionico, mai banale, ha legato la sua esistenza alla maglia della Salernitana e alla passione per il calcio che ha saputo raccontare in maniera, talvolta dissacrante, fuori dagli schemi, ma sempre ironica, come solo i grandi sono in grado di fare, avendo tra l'altro una grande capacità, quella di intrattenere qualsiasi pubblico, sia che fosse televisivo, sia che fosse magari nella sua amata piazza Casalbore di Salerno, con un dono, quasi, un dono nell'intrattenere, nel coinvolgere, nel calamitare l'attenzione e anche nel far ridere, far ridere addirittura fino alle lacrime, lacrime che oggi sono diverse, sono quelle che rigano il nostro volto in una giornata triste per tutta la comunità salernitana. Il cordoglio di un'intera città e il mio abbraccio personale vanno alla famiglia di Fulvio De Maio e, in particolare, alla moglie Silvana e alle figlie Francesca e Paola. Ciao, Fulvio, ciao, amico mio (Applausi).

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Martedì 11 maggio 2021 - Ore 9,30:

1. Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni .

(ore 12)

2. Esame e votazione della questione pregiudiziale riferita al disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2021, n. 56, recante disposizioni urgenti in materia di termini legislativi. (C. 3075​)

3. Seguito della discussione del disegno di legge:

S. 2168 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 45, recante misure urgenti in materia di trasporti e per la disciplina del traffico crocieristico e del trasporto marittimo delle merci nella laguna di Venezia (Approvato dal Senato). (C. 3072​)

Relatore: GARIGLIO.

4. Seguito della discussione delle mozioni Giarrizzo ed altri n. 1-00424, Lollobrigida ed altri n. 1-00466, Capitanio ed altri 1-00467, Bruno Bossio ed altri 1-00468 e Giuliodori ed altri n. 1-00479 in materia di infrastrutture digitali efficienti e sicure per la conservazione e l'utilizzo dei dati della pubblica amministrazione .

5. Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare:

ANDREA ROMANO ED ALTRI; POTENTI ED ALTRI; BERTI ED ALTRI: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle cause del disastro della nave "Moby Prince". (Doc. XXII, nn. 47-49-51-A)

Relatori: POTENTI E ANDREA ROMANO.

6. Seguito della discussione dei disegni di legge:

S. 1379 - Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, firmata a Quito il 23 maggio 1984, fatto a Quito il 13 dicembre 2016 (Approvato dal Senato). (C. 2575​)

Relatore: OLGIATI.

S. 1403 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi di trasporto aereo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica dell'Ecuador, con Allegati, fatto a Quito il 25 novembre 2015 (Approvato dal Senato). (C. 2576​)

Relatore: OLGIATI.

S. 1588 - Ratifica ed esecuzione dei seguenti Trattati: a) Trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana, fatto a Roma il 13 febbraio 2019; b) Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana di assistenza giudiziaria reciproca in materia penale, fatto a Roma il 13 febbraio 2019 (Approvato dal Senato). (C. 2577​)

Relatrice: DI STASIO.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica del Ruanda, con Allegati, fatto a Kigali il 20 agosto 2018. (C. 2413-A​)

Relatore: OLGIATI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica delle Filippine, con Allegati, fatto a Roma il 30 ottobre 2017. (C. 2414-A​)

Relatore: OLGIATI.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo sui servizi aerei tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Seychelles, con Allegati, fatto a Victoria il 1° aprile 2016. (C. 2416-A​)

Relatore: OLGIATI.

La seduta termina alle 15,45.