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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 71 di giovedì 23 ottobre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Bonaiuti, Brancher, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cirielli, Colucci, Cossiga, Cota, Crimi, Crosetto, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Mantovano, Martini, Mazzocchi, Meloni, Menia, Migliori, Molgora, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Soro, Stefani, Urso, Vegas e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (A.C. 1707-A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la Commissione finanze si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della Commissione finanze, onorevole Conte, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, credo che questa sia un'occasione particolare: la sua presenza al banco della Presidenza è per me una grande soddisfazione, in considerazione della sua esperienza in materia di adempimenti comunitari.
Questa vicenda degli adempimenti comunitari non si può non considerare complessivamente, tenendo conto degli andamenti delle decisioni della Corte di giustizia e della Commissione europea nel suo complesso.
Questa è una materia molto difficile; parte dal presupposto che il regime dei giochi viene sostanzialmente dato in concessione e vi è una riserva specifica aPag. 2favore dei singoli Stati. Questo sarebbe vero, se non ci fossero, purtroppo, le pressioni di Paesi che, evidentemente, sono rappresentati nelle più alte cariche dell'Unione europea da propri commissari, che molto spesso, in uno spirito non proprio europeo, tendono a difendere gli interessi del proprio Paese.
Dico questo perché è ben noto che il commissario McCreevy ha sempre sostenuto le posizioni delle società presenti in Inghilterra, facendo pressioni nei confronti di tutti i Paesi perché ci fosse un vero allargamento della presenza in tutti i Paesi degli attori del mondo del gioco. Mi riferisco a tutte le cause che nel tempo sono state avviate, per esempio da Stanley International Betting, nei confronti soprattutto del nostro Paese. Perché nei confronti del nostro Paese (bisognerebbe qui aprire una discussione sulla capacità del nostro Paese di difendere gli interessi nazionali presso l'Unione europea)? Perché noi siamo considerati, in qualche modo, forse per la nostra volatilità nella presenza politica, uno degli anelli deboli dell'Unione europea.
Questa nostra incapacità acclarata, date le molte sentenze e le molte procedure aperte presso l'Unione europea e la Corte di giustizia, è dimostrata dal fatto che, mentre i francesi riescono sempre a difendere l'interesse nazionale, noi non siamo altrettanto attenti. Bisogna mettere in evidenza, in tutto questo settore, che dovremmo cominciare a difendere meglio gli interessi nazionali, perché è inammissibile che si facciano pressioni nei confronti dell'Italia per colpire il bersaglio grosso, che è la Francia.
In realtà, nei contatti che si sono susseguiti in questi ultimi mesi, la Francia è molto attenta, tant'è che i vertici dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e del Ministero dell'economia e delle finanze hanno avuto una recente visita del Ministro francese, che vuole sapere da noi come ci comporteremo in relazione a tali procedure di infrazione.
Il provvedimento all'ordine del giorno parte dal presupposto che andava disposta una proroga della concessione attribuita alla Sisal. Si tratta di una concessione per la gestione del cosiddetto Superenalotto, che parte da piuttosto lontano: l'Enalotto fu istituito nel 1957 e fu poi nel 1997 ulteriormente sviluppato nella formula del Superenalotto, che in questi giorni sta molto interessando i nostri cittadini, in considerazione del montepremi che è arrivato ormai alla soglia dei 100 milioni di euro. Quando nel novembre 2004 fu disposta una proroga nei confronti della società che gestiva il Superenalotto, vale a dire la Sisal Spa, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato contestò il fatto che fosse disposta una proroga della concessione per un ulteriore quinquennio senza aver aperto una procedura di gara. A quel punto intervenne il Consiglio di Stato, proprio su ricorso della Stanley International Betting Limited, con una decisione del 5 dicembre 2006 che ha annullato la proroga di cinque anni, e si è quindi proceduto, attraverso l'articolo 1, comma 91, della legge finanziaria per il 2007, a prevedere la gara che doveva essere effettuata, e comunque fu data una proroga per la gestione sino al 30 giugno 2007. Quel termine fu prorogato nuovamente fino al 30 settembre 2008.
La proroga era necessaria, poiché si stava procedendo alla gara, che poi è stata fatta in realtà nel 2007 ed è stata aggiudicata all'attuale concessionario, che è sempre la Sisal. Una volta vinta la gara, alla quale avevano partecipato anche Lottomatica e Snai, bisognava infatti mettere la società nella condizione di realizzare gli impegni presi, che erano stati determinati all'interno dell'assegnazione della nuova concessione, e bisognava garantire che tutti i punti della concessione fossero pienamente realizzati. Poiché però non si arrivò alla determinazione di un quadro regolamentare, fu necessario ricorrere a queste proroghe.
La proroga di cui stiamo discutendo, prevista dall'articolo 1 del provvedimento, si è resa necessaria perché il concessionario non era ancora nella pienezza delle attribuzioni, dovendo sottoporre a verifica un insieme di attività preliminari, anche in considerazione del cambio dei vertici dell'AmministrazionePag. 3dei Monopoli e della mancanza di un dirigente abilitato alla firma (qui dovremmo aprire un piccolo inciso, che riguarda le procedure per la conferma dei dirigenti, che hanno aperto una vicenda molto singolare relativamente ai Monopoli, e anche la definizione e la conferma dell'attuale dirigente dell'Agenzia; ma questo è argomento che affronteremo in altro momento).
Si è resa quindi necessaria questa proroga, che evidentemente porterà a confermare l'attuale concessionario; ma proprio per la continuità della gestione, che come abbiamo detto precedentemente riguarda un gioco molto praticato dai cittadini italiani, sarà necessario fare tutte le procedure, con un tempo limite che è stato fissato al 1o luglio 2009, perché le stesse procedure, in virtù di una parte dell'accordo di concessione, necessitano di almeno sette mesi per essere avviate.
Durante l'esame del presente disegno di legge, in considerazione del fatto che esistevano altre procedure di infrazione (avviate dalla solita Stanley International Betting), abbiamo provveduto in Commissione ad aggiungere altre norme, quelle contenute negli articoli 1-bis, 1-ter e 1-quater. Si tratta di norme assolutamente necessarie in questo momento, perché in parte vanno a incidere su procedimenti già aperti nei nostri confronti dall'Unione europea e in parte servono a fornire un quadro normativo e regolamentare che ci metta nelle condizioni di affrontare il complesso settore dei giochi in maniera da evitare ulteriori provvedimenti nei nostri confronti da parte dell'Unione europea.
A tale proposito, credo che occorra valutare nel complesso le norme e, soprattutto, che occorra spiegare perché il Governo è intervenuto su questa materia con ulteriori norme. Esse si riferiscono da una parte all'annosa vicenda che ci ha portato più volte di fronte alla Commissione europea e alla Corte di giustizia, quella delle agenzie ippiche storiche, dall'altra al più complesso sistema del gioco on line e, infine, a un argomento ancora scabroso, date le vicende che hanno portato la procura generale della Corte dei conti ad avviare un'indagine sul sistema degli apparecchi da gioco da intrattenimento.
La prima parte, come accennato, riguarda le agenzie ippiche storiche. È noto a tutti i colleghi che in queste settimane il mondo dell'allevamento e dell'ippica ha avviato una serie di manifestazioni e di contestazioni anche nei confronti del Governo, perché si sente abbandonato rispetto alla necessità che vengano garantiti non solo le sovvenzioni agli allevamenti ippici, ma anche il montepremi che sta alla base di ogni evento ippico. Progressivamente nel corso degli anni (qui dovremmo aprire un'altra parentesi che riguarda l'UNIRE) si è assistito ad una riduzione di questo montepremi, ma probabilmente dovremo fare un po' di più per quanto riguarda il settore delle scommesse ippiche. Esso ha mostrato negli anni un decremento importante del gioco - con una ricaduta anche sul montepremi - forse determinato dal fatto che (tornando ai francesi) mentre altri Paesi, soprattutto la Francia, hanno provveduto a rivedere l'intero sistema degli ippodromi, degli allevamenti e delle corse riducendo significativamente gli eventi, l'Italia non ha fatto altrettanto. Ci troviamo, quindi, in una situazione nella quale esistono tantissimi ippodromi, si svolgono tantissime corse ed esistono tanti allevamenti di cavalli, e il montepremi si riduce drammaticamente sempre più: si è arrivati al paradosso che per partecipare a una corsa nell'ambito del trotto o del galoppo si può vincere (se tutto va bene) una cifra pari a duemila euro, che naturalmente non compensa nemmeno la fatica di mettere un cavallo su un carrello, di portarlo a correre, di pagare il fantino, il maniscalco e tutto quell'universo che ruota intorno all'ippica, e che può esser valutato intorno alle 50 mila persone.
Questa sofferenza si è moltiplicata negli anni e richiede, ormai, una revisione complessiva (a questo proposito, vi sono contatti tra il Ministero delle politiche agricole e il Ministero dell'economia per rivedere l'intero sistema dell'UNIRE). Bisogna naturalmente provvedere a fare una netta distinzione tra cosa va come provvidenzePag. 4agli allevamenti e cosa va, invece, al montepremi. Poiché il montepremi è stato ridotto progressivamente (adesso è arrivato quasi sotto la soglia dei 200 milioni di euro) il mondo dell'ippica chiedeva una stabilizzazione. Come si può arrivare a questa stabilizzazione? Parto dal presupposto, signor Presidente, che abbiamo svolto in Commissione un esame degli emendamenti presentati, anche dal Governo, e che, però, siamo in una fase che si può definire de iure condendo. Stiamo lavorando, infatti, sul testo che è stato presentato in Commissione, al quale non sono state riferite proposte emendative, ma la presentazione degli emendamenti per l'Assemblea ci metterà nelle condizioni di approfondire i temi che il Governo ha inserito nel provvedimento.
Tornando all'articolo 1-bis, che riguarda le concessioni storiche, bisogna fare una breve cronistoria. Nel 1999 fu approvato un piano di potenziamento della rete di raccolta delle scommesse ippiche in maniera da portare il numero complessivo delle agenzie da distribuire sul territorio da 329 - tale era il numero delle agenzie ippiche - a 1.000. In questa fase fu previsto il rinnovo delle 329 concessioni ippiche senza procedere ad una gara. Infatti, nel luglio 2001 la Commissione europea, su denuncia, badate bene, della Stanley International Betting, avvia nei confronti delle autorità italiane una procedura di infrazione, perché si era proceduto al rinnovo delle concessioni delle agenzie storiche senza una gara.
In realtà, successivamente, e soprattutto nel giugno 2003, al fine di risolvere il problema del minimo garantito, il commissario straordinario dell'UNIRE decretò una proroga delle concessioni già assegnate per procedere, poi, alla determinazione delle somme da versare da parte dei concessionari fino al termine di scadenza dell'ultimo pagamento individuato nel 30 ottobre 2001. Successivamente, con una sentenza del 13 settembre 2007, la Corte di giustizia delle Comunità europee, poiché non erano state messe a gara le agenzie storiche, condannò il Governo italiano e lo invitò a conformarsi alla sentenza che era stata emessa dalla giustizia europea per procedere ad una nuova gara.
L'articolo 1-bis, quindi, risponde alle eccezioni delle Corte di giustizia e della Commissione europea, fornendo un quadro generale all'interno del quale muoversi, che parte dal presupposto che bisogna superare anche i problemi della legge Bersani e aprire completamente il mercato, pure nei confronti delle società estere.
Penso, quindi, che l'articolo 1-bis risponda pienamente alle eccezioni dell'Unione europea, e ci metta nella condizione di fare un passo ulteriore verso la liberalizzazione, perché all'interno di questo articolo si sostiene un principio base: poiché vi è molta confusione tra agenzie storiche, agenzie che si occupano solo di scommesse, agenzie che si occupano solo di ippica, il Governo ha inteso aprire completamente il mercato e superare anche le obiezioni che ci venivano dall'Unione europea sui limiti, sulle distanze e sulle concentrazioni.
Il Governo, quindi, prendendo il coraggio a quattro mani in un argomento molto scivoloso, come abbiamo visto, ha stabilito sostanzialmente la completa liberalizzazione del mercato. Si è detto: bene, dobbiamo rispondere alla procedura di infrazione e, invece di mettere a gara le 329 agenzie ippiche, procediamo a mettere a gara 3.000 nuove concessioni, che rispondono all'esigenza del mercato di coprire l'intera rete nazionale, dando a tutti la possibilità di fare tutto. Ciò significa che le agenzie storiche dell'ippica potranno anche gestire le scommesse sportive e, viceversa, quelli che avevano solo le scommesse sportive...

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Ho già finito il mio tempo, Presidente?

PRESIDENTE. Implacabile clessidra...

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Allora utilizzerò il tempo previsto per la replicaPag. 5per intrattenermi con i colleghi e per approfondire gli ulteriori due articoli aggiuntivi, ossia gli articoli 1-ter e 1-quater.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Conte, ascolteremo l'integrazione che verrà data in sede di replica. Lei ha sollevato anche problemi di carattere generale della nostra politica europea che meriterebbero riflessione, ma il tempo è tiranno.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, ho ascoltato il presidente della Commissione finanze, l'onorevole Conte, che ha voluto dare in maniera «asettica» un taglio europeista a questa vicenda, facendo passare per normale ciò che normale non è, senza evidenziare - ma ormai ci siamo abituati - un vizio ormai consolidato di questo Governo. Oserei dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Siamo stati chiamati sostanzialmente a parlare di un disegno di legge (ecco il taglio europeo) che prevede disposizioni in materia di raccolta del gioco Enalotto per adeguarsi alle normative comunitarie. Sin qui nulla quaestio; dopodiché, il Governo stesso ha presentato tre emendamenti, o meglio, dei maxiemendamenti. Infatti, a fronte di un decreto-legge che prevedeva un unico articolo di poche righe, sono stati presentati tre articoli aggiuntivi di diverse pagine, dove non si parla più di adeguamento alle normative comunitarie e di Superenalotto, ma al contrario si ridisegna tutta la gestione dei giochi in Italia.
Credo che innanzitutto una prima critica vada fatta sul metodo. Mi dispiace che il rappresentante del Governo se ne dovrà fare carico, ma evidentemente non si può agire in questo modo anche in materia di giochi, che non ha certamente un'urgenza immediata. Ci potevate riflettere un po' di più. Se era necessario - come noi riteniamo - riformare la materia, dovevate farlo con un minimo di attenzione. Metteteci un po' più di buona volontà, anziché intervenire ogni volta con stringati disegni di legge poi integrati con maxiemendamenti, con cui cambiate di fatto la materia e l'oggetto.
Questa materia - diceva bene il presidente Conte - è molto importante, ma altrettanto sottovalutata, soprattutto in un momento di crisi generale come quello attuale. L'onorevole Conte citava il Superenalotto, il cui montepremi oggi ha superato - è quanto ho sentito stamattina nei primi telegiornali - i 100 milioni di euro, cioè il primo premio ammonta a 200 miliardi delle vecchie lire. Ma questa è la punta di un iceberg. Il problema è ciò che c'è dietro a tutto questo.
Infatti, in questa sede abbiamo litigato e voi avete posto la questione di fiducia sul decreto Alitalia.
Abbiamo trasferito 300 milioni di euro. Parlavamo di grandi cifre senza renderci conto che poi, alla fine, le grandi cifre sono in tutt'altro posto. Analizzando la materia dei giochi, crea un allarme molto forte sapere che sono stati movimentati nei giochi, a partire dal 1o gennaio 2008 fino al 30 agosto 2008, 34 miliardi di euro: sostanzialmente una cifra superiore alla manovra triennale del Governo è passata per i giochi. Dunque - capite bene - altro che verificare il disciplinare e adeguarsi alla normativa comunitaria! È necessario qui affrontare seriamente quella che costituisce, da un lato, una grande entrata dello Stato, ma anche, dall'altro lato, una grande movimentazione di denaro che può portare evidentemente alle disfunzioni nei giochi e agli interventi della criminalità organizzata, considerando quindi l'effetto sociale di questa materia.
Vi sono dati significativi che il Governo sicuramente conoscerà, ma che ritengo debbano essere fortemente sottolineati, a parte i 34 miliardi di euro, che chiunque ne parla impazzisce, perché si chiedePag. 6come sia possibile che stiamo discutendo con una «leggina» di questo tipo di tali somme e della loro gestione.
Vi è un fatto ancor più significativo: l'incidenza di queste somme sulla società e sui cittadini e quanto paradossalmente pesa il gioco in Italia sulle famiglie, soprattutto in questo momento, in cui la disperazione regna sovrana e ognuno va a giocare il Superenalotto per tentare di vincere, cambiare vita e superare il problema di non arrivare a fine mese.
Voi sapevate - mi auguro e ritengo di sì, anche se sottacere non vi fa onore - che in Italia compresi i bambini, gli anziani e tutti i cittadini, se ripartiamo le giocate per il numero dei nostri abitanti - ripeto: tutti, da chi è nato oggi a chi oggi ci sta per lasciare -, ognuno gioca una somma annua di 709 euro, vale a dire sostanzialmente si gioca uno stipendio. Ogni cittadino italiano si gioca uno stipendio ai giochi di tutti i tipi e di tutti i generi. Infatti, nei maxiemendamenti - il presidente Conte stava cercando di introdurre l'argomento - non si tratta più di Superenalotto, ma di tutt'altro. Si regola tutta la materia, perché trattano di scommesse, concorsi ippici, giochi di ippica nazionale, giochi di abilità, Bingo, giochi numerici, lotterie e di ogni gioco di questo tipo. Si parla della gestione di quei 34 miliardi di euro dei primi otto mesi dell'anno.
Riteniamo, dunque, che deve essere compiuto un intervento più serio, mirato sicuramente a garantire i giochi, ma anche ad evitare che diventino una disfunzione forte dello Stato. Discutiamo di molti soldi e dell'interesse dei cittadini.
Non solo: la materia dei giochi produce un effetto sociale, al quale il Governo non può rinunciare o far finta di non comprendere. Nel Meridione l'incidenza dei giochi annui rispetto al reddito pro capite è più forte. Addirittura, in provincia di Caserta viene utilizzato per le giocate il 12,7 per cento del reddito pro capite.
Allora, c'è un altro stacco: il paese più ricco gioca meno perché non insegue questo sogno; il paese più povero tenta di rifarsi al gioco e, di fatto, si impoverisce ancora di più, perché evidentemente non sarà certo con il gioco che si riuscirà a sbarcare il lunario: si perde sicuramente.
Entriamo in una materia sulla quale il Presidente Buttiglione è più competente di me: entra in gioco la Costituzione. L'articolo 47 della nostra Costituzione afferma sostanzialmente che lo Stato incoraggia e tutela il risparmio e indica come deve essere impiegato il risparmio.
In questo provvedimento, invece, lo Stato sta dicendo ai cittadini italiani come sperperare le proprie risorse o, addirittura, come spendere quello che non possono per giocare.
Rispetto a questo problema, sarebbe serio e più opportuno occuparsi di introdurre una normativa più seria, non quella che ci è stata oggi sottoposta (disegno di legge, subemendamenti e maxiemendamenti del Governo), anche perché questa materia riguarda grandi cifre movimentate e ha grande incidenza sui cittadini e sulle loro tasche.
Parliamo chiaro: altro che «il Governo non aumenta le tasse»; questa sostanzialmente è una sottrazione dalle tasche dei cittadini di un'entrata, che poi va a finire al Ministero dell'economia e delle finanze. Questo è il senso, è una cifra elevatissima ed i cittadini non se ne rendono nemmeno conto. Questo, però, il Governo ha il dovere forte di tutelare.
Inoltre, rispetto a questa materia - anche qui devo dire al presidente Conte che nemmeno i maxiemendamenti ne parlano - sono forti, fortissimi i rischi di truffe, che vanno rapportate al valore della merce e delle somme movimentate: le truffe non riguardano qualche spicciolo o qualche centinaia di euro, ma milioni di euro. Quindi vi è il rischio di truffe.
Inoltre, vi è il rischio che la criminalità organizzata possa entrare in questo giro, perché è normale: se la criminalità organizzata si occupa di appalti ed entra anche nelle più piccole questioni per avere la sua parte, se la criminalità organizzata - ed è un fenomeno gravissimo - fa pagare il «pizzo» ai commercianti, perché non siPag. 7dovrebbe occupare di 34 miliardi di euro, che passano da una tasca all'altra attraverso il gioco?
Vi è un'analisi della Confesercenti, datata perché risale all'ottobre dell'anno scorso, dove vengono esattamente evidenziate tutte le questioni che ho elencato e vengono forniti dei dati che vanno letti; ecco perché dico che questa materia è strana, perché alla fine magari uno non se ne occupa, pensa che il Superenalotto è solo un foglietto di carta: si gioca, si sbarra e si spera di vincere. Ma cosa c'è dietro? Credo che occorrerebbe un'informazione maggiore e anche la stampa dovrebbe occuparsene: non può sottacere una situazione di questo genere.
Solo per darvi un esempio che emerge dai dati della Confesercenti, secondo i dati noti alla guardia di finanza, il 60 per cento dei 200.000 videopoker e slot machine è collocato in pubblici esercizi. Questo già è un primo problema, perché incide anche sulla pressione, denunziata dai commercianti rispetto all'inserimento nei loro esercizi di queste macchine, esercitata dalla criminalità organizzata che le gestisce. Non voglio parlare di gossip, perché le macchinette dei videopoker sono state oggetto di scandali che hanno coinvolto anche personalità internazionali e nazionali, per cui sorvolo, ma capite bene che la criminalità organizzata interviene e con molta forza.
Inoltre, secondo i dati resi noti dalla guardia di finanza, vi sono state ben 13.600 slot machine sequestrate nel corso del 2006, per un giro miliardario di scommesse clandestine, che una stima assolutamente prudenziale ci fa quantificare in 2,5 miliardi di euro (parliamo di 5.000 miliardi delle vecchie lire). Per non parlare degli altri dati sulle corse dei cavalli e su quello che tutto ciò comporta.
Allora, come si fa ad occuparsene in maniera sinceramente così superficiale? Noi riteniamo che occorra occuparsene in maniera più seria, perché abbiamo letto il testo del disegno di legge in esame - ma ci voleva poco - e i maxiemendamenti che sono stati presentati, ma essi hanno carenze sostanziali, perché alla fine mirano solamente a superare questioni che oggi sono al centro della problematica.
A proposito, mi ero procurato un po' di vecchia rassegna stampa, ma non ve n'è nemmeno bisogno: io, da siciliano, leggo ogni mattina il Giornale di Sicilia quando arrivo a Roma. Non c'è bisogno di andare indietro nel tempo, perché è una notizia di questa mattina: Palermo. La megastruttura di viale Regioni intestata ai prestanome Casarubea, ma secondo gli inquirenti la controllava il boss Nino Rotolo. Il proprietario è mafioso. Confiscata maxi sala Bingo, la più grande sala d'Europa. Si citano anche i dati, per quantificare e capire che significa: una serie di relazioni tecniche dimostrerebbe che la sala Bingo, che incassava 70.000 euro al giorno, era una perfetta centrale per riciclare denaro proveniente da attività illecita di Cosa Nostra.
Questo è il giornale di oggi, quindi non c'è bisogno neanche di scorrere indietro nel tempo. Sto citando questi dati per cercare di far comprendere di cosa stiamo parlando.
Pertanto, se vogliamo tutelare seriamente lo Stato e i cittadini che lo compongono, è necessario porre delle regole certe di accesso ai giochi, regole certe di gestione dei giochi e regole certe per comprendere dove vanno a finire queste somme che vengono sottratte alle tasche dei cittadini.
La prima questione del maxiemendamento riguarda l'accesso alla gestione. L'articolo 1-ter, comma 5, lettera a), limita la concessione all'esercizio dell'attività di gestione e raccolta dei giochi in uno degli Stati dell'Unione europea, avendovi sede legale ovvero operativa. In seguito, si contraddice anche, perché le cose frettolose, obbiettivamente, contengono sempre delle contraddizioni. Ho appena citato la lettera a); alla lettera c) del medesimo comma 5 si prevede che per la concessione è necessaria la costituzione in forma giuridica di società di capitali, con sede legale in uno degli Stati dell'Unione europea, anteriormente al rilascio della concessione. Pertanto, non si capisce perché, da un lato,Pag. 8si può avere la sede legale all'estero (cioè fuori dai Paesi dell'Unione europea), avendone, quindi, una operativa all'interno dell'Unione stessa; di contro, se si vuole costituire una società, essa deve avere sede legale nei Paesi dell'Unione europea. Ciò, evidentemente, non funziona più.
Noi riteniamo che sia sbagliato il primo dei punti e che vada modificato. Per questo motivo, abbiamo anche pensato ad uno specifico emendamento, perché a noi sta bene che si rientri nell'ambito della Comunità europea (atteniamoci al testo della legge: stiamo parlando di normative comunitarie e di adeguamento). Una società che ha sede alle Cayman, alle Barbados o chissà dove e che poi abbia una piccola sede operativa in un Paese della Comunità europea non può essere assegnataria di soldi pubblici. Parliamo chiaro, perché si tratta di soldi dei cittadini che transitano, attraverso i giochi, nelle tasche dello Stato e, quindi, di fatto, diventano soldi pubblici. Non vi può essere l'affidamento a soggetti di cui non si conosce la provenienza. Quindi, innanzitutto, l'accesso.
In secondo luogo, la qualità. Individuato, da un lato, chi deve essere il gestore e quali caratteristiche debba avere, l'altra questione riguarda la qualità del gestore. Il maxiemendamento, ovviamente, sorvola anche su questo aspetto. Probabilmente, a pensare male - come dice qualcuno - qualche volta ci si azzecca perché, probabilmente, questo silenzio evidenzia che, magari, si pensa di tutelare qualcuno che, invece, sarebbe meglio non tutelare oppure farlo nel momento in cui si mette in regola con le disposizioni di legge vigenti.
Anche in questo caso, infatti, per ottenere materialmente la concessione, il comma 3 dell'articolo 1-ter prevede che si possa dare ai soggetti, in un numero massimo di duecento, in possesso dei requisiti, oppure ai soggetti che, alla data di entrata in vigore del presente articolo, siano già titolari di concessioni per l'esercizio della raccolta di uno o più giochi, di cui al comma 1, attraverso rete fisica, rete di raccolta a distanza, ovvero entrambe. Non fa una piega.
Tuttavia, vi siete dimenticati un piccolo particolare. Pensate che sia possibile affidare o confermare la concessione a chi oggi è in conflitto con lo Stato? Sicuramente no. Si aprirebbe una maglia straordinariamente grave, perché - il Governo lo sa perfettamente e, probabilmente, meglio di me - vi sono contenziosi in atto con coloro i quali sono assegnatari, ma non per pochi spiccioli. Vi sono contenziosi in atto per milioni e milioni di euro.
Apprendo dalle notizie accertate dai giornali, che vi sono società di tutti i tipi, dalla Atlantis World Group of Companies, che credo abbia sede alle Antille (o non so dove) - credo attualmente concessionaria di slot machine o videopoker - che ha un contenzioso con lo Stato di quasi in 31 miliardi e mezzo di euro. Inoltre, vi sono anche la Cogetech, con 9,4 miliardi di euro, e la Snai, con 8,1 miliardi di euro. Ve ne sono tantissime.
Come si fa, con legge, a confermare o attribuire una concessione dello Stato a chi oggi è in un conflitto palese con lo Stato? È chiaro che una società che esercita questa concessione - e che vuole certamente continuare a farlo - non vuole pagare 30 miliardi, 8 miliardi o 10 miliardi.
Ma vi è di più, come emerge, anche in questo caso, da una documentazione giornalistica. Si tratta di una cronaca del 9 ottobre 2008, quindi recentissima: maxitruffa da 30 milioni di euro nel settore delle scommesse sportive in Campania.
Comprendiamo di che stiamo parlando. In tale articolo si dice: l'organizzazione criminale, attraverso il controllo di numerose agenzie di raccolta scommesse su enti sportivi nazionali, ometteva di versare al Coni, all'amministrazione dei monopoli di Stato e all'erario le dovute imposte che vengono riscosse dalle agenzie autorizzate alle scommesse sportive su ciascuna giocata. Il tutto ammonta ad una cifra che, secondo quanto accertato dalla guardia di finanza, è compresa tra i 20 e i 30 milioni di euro.
Ebbene, con questo maxiemendamento, sostanzialmente non prendiamo atto della questione, per cui, in buona sostanza, cosaPag. 9diciamo? Chi ha la sua concessione, continua ad esercitarla indipendentemente dal fatto che abbia un contenzioso con lo Stato. Anche su questo non siamo d'accordo ed è per questo motivo che, con chiarezza, abbiamo anche presentato proposte emendative al riguardo, disponendo che i soggetti di cui al presente comma e i relativi componenti degli organi societari non devono avere controversie legali in atto con l'amministrazione dello Stato. Riteniamo, infatti, che ciò sia fondamentale, nel rispetto delle regole e dei giochi, parlando proprio di giochi.
Vi è poi un'ultima questione che voglio evidenziare, perché vi è anche un settore della Polizia di Stato istituito appositamente per occuparsi di giochi, di scommesse e di truffe (sono circa quattrocento, in tutta Italia, gli agenti della Polizia di Stato, ma se ne occupa ovviamente anche la guardia di finanza e altri organi di sicurezza). Ebbene, in uno dei maxiemendamenti, il primo, viene istituito a vantaggio del CONI e dell'UNIRE, o meglio, a vantaggio del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo, che è nella piena disponibilità dello stesso Ministero dell'economia e delle finanze, senza dire quanto - e questo è un vizio che ricorre in varie misure di legge del Governo - cioè senza quantificare (così come non sappiamo quant'è il danno delle banche e quanto sia da risarcire). Ebbene, in linea con questa strategia governativa, si dice che verrà costituito un Fondo, alimentato dalle maggiori entrate derivanti dall'attuazione del comma 5. Parlavamo, in questo caso, di scommesse ippiche e di cose di questo genere e, non dico con aria di sufficienza perché non è corretto, ma con grande semplicità, il presidente Conte diceva: in fondo si lamentano quelli dei giochi ippici perché parliamo di montepremi scesi solo sotto i 200 milioni di euro, cioè sotto i 400 miliardi di lire, per cui, obiettivamente, quasi non vale la pena nemmeno più occuparsi, a questo livello, di queste piccole cifre.
Ebbene, questo Fondo come viene destinato in parte (e non si sa quale parte, perché non c'è scritto, per cui è il Ministro che poi deciderà di sua buona volontà, sua sponte, se destinarne l'1, il 10 o il 100 per cento)? Verrà destinato al processo di risanamento finanziario in asset ai relativi settori, a esigenze del CONI e dell'UNIRE. Anche a tal riguardo abbiamo presentato un emendamento, perché se è vero (e, purtroppo, non credo che possa essere smentito) che vi è un'incidenza fortissima di criminalità organizzata e di truffe in questo settore (e parliamo di cifre miliardarie), è necessario dare man forte alle forze dell'ordine. Invece di togliere risorse alle forze dell'ordine - come ha fatto il Governo prima - per varare il decreto-legge n. 112 del 2008, che abbiamo tutti quanti visto in Commissione e poi provare a ritrovare da qualche altra parte qualche euro da restituire alle forze dell'ordine stesse per dotarle di quegli strumenti necessari per svolgere il loro lavoro al meglio, abbiamo un'entrata elevata, un'entrata sicura? Bene, allora abbiamo chiesto con molta chiarezza e forza di individuare una percentuale di questo Fondo, e quindi non così, a discrezione del Ministro, ma una percentuale di questo fondo che dev'essere del 20 per cento e questo 20 per cento non può, ma deve essere destinato alle forze dell'ordine per la lotta alla criminalità organizzata. Credo, infatti, che sia a garanzia di tutti. Se lo Stato non vuol giocare, se lo Stato non vuole tutelare qualcuno o interessi particolari (com'è giusto che non faccia), se lo Stato vuole garantire i cittadini italiani che perdono ogni anno 700 euro a persona (da quelli che nascono a quelli che oggi ci lasciano), è evidente che lo Stato deve occuparsi di fronteggiare la lotta alla criminalità organizzata.
In conclusione, un'ultima cosa che, a mio avviso, merita anche un passaggio ed un emendamento specifico: vi è un'altra disfunzione sociale rispetto a questa vicenda dei giochi.
Si tratta della disfunzione relativa all'accesso ai giochi difficilmente limitato, relativa sia agli importi raggiunti da soggetti adulti che si giocano le pensioni e le case e che vanno a finire - secondo i dati della polizia e della guardia di finanza -Pag. 10dagli usurai per farsi dare i soldi per giocare; sia all'altro fenomeno, ancor più grave, dell'accesso dei minori a giochi di questo tipo. Credo che occorra intervenire con decisione anche al riguardo e noi presenteremo anche in proposito uno specifico emendamento per arginare simili fenomeni. Vedete, riguardo ai concessionari, il maxiemendamento, all'articolo 1-ter, comma 7, punto d), allo scopo di limitare tale fenomeno - che è di una gravità straordinaria - dispone che essi devono, nel corso della medesima, promuovere comportamenti responsabili di gioco e vigilanza sulla loro adozione da parte dei giocatori anche attraverso l'approntamento, l'adozione e la messa a disposizione di strumenti specifici. Quindi sostanzialmente la discussione sull'accesso al gioco da parte di minori non crea disposizioni e relativi divieti in modo visibile sul sito dedicato. Pertanto voi capite bene: qual è la norma che impedisce a chi deve giocare di farlo oltre un certo limite e rovinarsi o a un minore di poter accedere? Non certo la promozione di comportamenti responsabili! Voglio dire, cosa ha di punitivo questo? Come farà lo Stato a valutare se il concessionario ha messo in atto la promozione di comportamenti responsabili? Ci prendiamo in giro obiettivamente! Tuttavia, poiché ritengo che lo Stato non possa essere in malafede ma che chi governa debba essere comunque in buona fede (anche se può avere idee diverse da chi, come me, oggi si trova all'opposizione), allora occorre intervenire con forza per creare degli obblighi e dei vincoli veri all'attività degli assegnatari delle concessioni e non soltanto un limite minimo. Questo infatti veramente significa tutelare i cittadini italiani e i nostri minori. Evidentemente, si tratta di una norma viziata a monte, probabilmente da un vizio di costituzionalità, sia per l'incidenza sulle tasche dei cittadini, contraria al risparmio, sia per questi maxiemendamenti disarticolati che modificano la normativa sui giochi, cui il Governo, del resto, ci ha abituati ma che sicuramente proveremo comunque ad emendare. Mi ha chiamato un giornalista - è una battuta che la dice lunga di quella che è stata l'attività svolta del Governo fino ad oggi - per avere notizie sul problema dei giochi e mi ha chiesto come evolvesse la vicenda. Alla fine mi ha chiesto se il Governo avrebbe posto la questione di fiducia sul decreto-legge che li disciplina. Gli ho risposto che mi auguro di no, trattandosi di una materia di questo tipo.
Comincio però a pensare - atteso il tenore del decreto-legge e dei maxiemendamenti - che rischiamo, anche in materia di giochi, vista la posta in palio pari a 34 miliardi di euro in soli otto mesi, che il Governo possa porre la questione di fiducia anche su questo provvedimento. Quindi vai a vedere dove vanno a finire i nostri emendamenti! Pertanto credo che occorra un gesto del Governo. Mi rivolgo in particolare al sottosegretario Vegas, che è tra i più attenti e presenti: occorre fare attenzione. Non si tratta di materia da sottovalutare, da far passare sottobanco come una cosa semplice, banale ed inutile, sulla scia di un jackpot da 100 milioni di euro e del fatto che tutti gli italiani giocano in questo momento. Facciamo in modo, per attuare una riforma, di rispettare prima di tutto la legge perché riformare una legge non vuol dire andare a violarne altre. Occorre attuare una vera riforma in materia di giochi che possa garantire i cittadini, lo Stato, le forze dell'ordine e sostanzialmente l'interesse pubblico. Ci rifiutiamo, ovviamente, di votare a favore di un provvedimento che, al contrario, ha come obiettivo quello di garantire esclusivamente interessi privati, facendoli passare per pubblici (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carella. Ne ha facoltà.

RENZO CARELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo è preliminare una considerazione di metodo: il Governo aveva approvato un decreto-legge con il quale si prorogava una concessione alla Sisal dal 30 settembre al 30 giugno prossimo venturo per la gestione del Superenalotto ed il Presidente dellaPag. 11Repubblica aveva firmato questo decreto-legge.
Nel corso dell'esame in Commissione, all'ultimo momento, il Governo ha presentato emendamenti che hanno stravolto il testo iniziale: non più solo una proroga, ma un intervento pesante in materia di giochi.
L'uso della decretazione d'urgenza in questa legislatura e con questo Governo è diventata ormai una prassi, nonostante i richiami del Capo dello Stato e nonostante gli impegni, in ogni circostanza, a ricorrervi solo in materie e momenti straordinari ed effettivamente urgenti. Anche in materia di giochi si ricorre al decreto-legge, si stravolge la normativa e magari, come diceva il collega Messina, il Governo arriverà a porre la questione di fiducia anche su questo decreto-legge.
Credo che occorra fare una riflessione: noi diamo la nostra disponibilità, ma da parte del Governo devono arrivare segnali importanti. Ho apprezzato anche la signorilità del presidente Conte, che è partito dall'osservazione delle necessità dell'adeguamento alle prescrizioni europee (ne parleranno altri colleghi), ma si parte da qui per stravolgere una normativa, come dirò in seguito, anche recente.
Prima di addentrarmi nelle motivazioni che lasciano il gruppo Partito Democratico molto perplesso sul metodo e sul merito degli emendamenti presentati dal Governo, vorrei fare una considerazione di carattere personale.
Oggi il Superenalotto ha superato ormai i 100 milioni di euro di premio. In piena crisi economica, occupazionale, in condizioni di povertà per milioni di famiglie si sta vivendo una speranza collettiva (e certamente l'erario se ne avvantaggerà): non so se questa corsa verso l'alto del premio sia moralmente sostenibile.
Se potessi, se fosse legalmente possibile, dividerei il premio in frazioni di 100 mila euro, in modo da premiare qualche migliaia di famiglie anziché fare impazzire qualche persona o poche persone.
Svolta questa considerazione, noi, come gruppo Partito Democratico, abbiamo apprezzato le prime dichiarazioni pubbliche del sottosegretario Alberto Giorgetti in materia di giochi, soprattutto quando egli ha affermato che la priorità per il Governo, nella prima fase della legislatura, andava individuata in una equilibrata manutenzione del quadro normativo vigente.
Non si può, infatti, dimenticare che gli interventi normativi che hanno permesso di fare emergere e di disciplinare l'importante realtà del gioco pubblico nel nostro Paese sono tutti piuttosto recenti: dalla legge finanziaria del 2003 che diede il via all'implementazione della più grande rete telematica al mondo per la gestione degli apparecchi di intrattenimento, al cosiddetto decreto Bersani del 2006 che ha dato impulso decisivo all'apertura ed alla liberalizzazione del mercato italiano dei giochi ed europeo, aprendo la strada ad importanti soggetti internazionali.
Quest'anno la parte del leone dal punto di vista della novità è toccata alla normativa che disciplina la pratica degli skill games online, ma non vanno neppure trascurati i ripetuti interventi in sede di legge finanziaria che si sono succeduti nel corso degli anni toccando, ora l'uno, ora l'altro aspetto della normativa riguardante il settore.
L'ultimo intervento si è avuto nell'ambito della legge finanziaria per il 2008 ed ha introdotto modifiche all'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (lo stesso che è oggetto del preoccupante articolo 1-quater del presente decreto-legge) allo scopo di meglio definire le caratteristiche degli apparecchi da intrattenimento previsti dal comma 6 e dal citato articolo e di evitare ambiguità, incertezze che, nel recente passato, hanno determinato l'intervento della magistratura di Venezia, con il sequestro di circa la metà del parco macchine installato e la sua sostituzione con apparecchi confacenti alle norme.
Ho fatto questa premessa per ricordare che ci muoviamo su un terreno assai delicato e complesso, nel quale l'azione legislativa si è intersecata troppo spesso in modo rapsodico ed eterogeneo. Proprio per questo ci sembravano sensate le parole del sottosegretario Alberto Giorgetti. Vi èPag. 12effettivamente bisogno di un'equilibrata manutenzione della normativa, per renderla più coerente e trasparente. Solo in un secondo momento e in un'ottica di legislatura sarà opportuno - anzi direi doveroso - intervenire su alcuni grandi questioni aperte che sono state poste all'attenzione delle istituzioni nel corso delle audizioni informali con tutti gli attori del settore condotta dalla Commissione finanze nel corso della quindicesima legislatura.
Tra l'altro, sarebbe interessante che il Governo chiarisse in via preliminare che cosa intende fare in merito all'Agenzia dei giochi prevista dalla legge finanziaria per il 2008, sopratutto in relazione ai tempi della sua costituzione, alla sua natura giuridica e alla mission che le dovrebbe essere affidata.
Infine, mentre ci troviamo nella fase iniziale della legislatura e all'indomani di un importante avvicendamento ai vertici dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, sarebbe lecito aspettarsi una certa cautela nel maneggiare questioni tanto complesse e delicate, anche per la primaria importanza che rivestono nell'ambito delle entrate dello Stato. Purtroppo, va rilevato che il presente decreto-legge non utilizza questa prudenza e cautela, ma - soprattutto per quanto riguarda l'articolo 1-quater - entra per così dire «a gamba tesa» in un campo assai delicato come quello degli apparecchi da intrattenimento le cosiddette new slot, che nel 2007 ha assicurato un gettito erariale di 2,5 miliardi di euro, destinati verosimilmente ad aumentare a circa 3 miliardi a fine 2008.
Se quanto previsto dall'articolo 1-bis appare sostanzialmente in linea con la necessità di superare gli elementi di criticità che si registrano nel settore delle scommesse ippiche e sportive, razionalizzando la rete di raccolta delle scommesse e fornendo concrete prospettive di sviluppo agli operatori del comparto, attraverso la definizione di un quadro normativo certo, appare tuttavia necessario chiarire quali siano i limiti di concentrazione per ogni concessionario, rispetto ai diritti acquisibili con la gara in oggetto.
I problemi però cominciano dall'articolo 1-ter, soprattutto laddove alla lettera b) del comma 7, il decreto-legge prevede che l'accesso dei giocatori all'area operativa del sito web del concessionario avvenga esclusivamente, anche mediante reindirizzo automatico, attraverso il portale di AAMS. Ci sembra questa una misura che rischia di essere inefficace nella pratica concreta e che può produrre un appesantimento nella operatività del portale stesso e di Sogei, suo partner tecnologico.
A tale proposito, presenteremo un emendamento volto a garantire il controllo dei flussi di ciò che senza il coinvolgimento diretto del portale, così come altri emendamenti si propongono di meglio precisare taluni aspetti non del tutto convincenti o lacunosi dell'articolo 1-ter. Allo stesso modo, segnaliamo l'opportunità di chiarire le modalità di commercializzazione delle scommesse nei punti collegati ai concessionari. L'articolo 1-quater prevede l'introduzione, sebbene solo per una fase di sperimentazione, di una nuova tipologia di giochi che nel settore sono denominati «video lotterie», disciplinate dalla lettera b) dell'articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, introdotta dalla legge finanziaria per il 2006.
Questa decisione del Governo può ben essere definita un fulmine a ciel sereno per un settore, quello delle new slot, che vede poco meno di trecentomila macchine installate in centomila pubblici esercizi, sia del tipo di cui al comma 6, sia di quello previsto in particolare dal comma 6, lettera a) del citato testo unico. Questi apparecchi sono monitorati di continuo in virtù del loro collegamento ad una rete telematica gestita in concessione da dieci società che hanno sopportato considerevoli sforzi organizzativi e rilevanti investimenti. È un ruolo essenziale svolto da circa cinquemila aziende di gestione che operano acquistando gli apparecchi e fornendo servizi alle imprese concessionarie.Pag. 13
Le imprese di gestione hanno sopportato investimenti per circa due miliardi di euro negli ultimi due anni per adempiere ad obblighi e a sostituzioni di prodotti imposti da modifiche di legge e hanno assicurato all'erario un rilevante gettito già ricordato.
In forza delle nuove scadenze previste da decreti ministeriali le imprese, dopo circa due anni di lavoro, gli enti di certificazione di prodotti, l'amministrazione finanziaria, i costruttori di apparecchi e ogni altro soggetto facente parte della filiera, hanno cominciato a sostituire un intero parco macchine (attualmente siamo a circa il 20 per cento) con rilevanti sforzi finanziari e organizzativi. Si stima che la necessità di reinvestire ammonti circa a 1 miliardo 500 mila euro in un anno.
Insomma, il settore sta operando investimenti su nuovi prodotti senza avere ammortizzato del tutto il valore dei precedenti beni strumentali e il fatto che l'articolo 1-quater richiami l'obiettivo di una progressiva sostituzione degli apparecchi di cui al comma 6, lettera a), ossia dei nuovi apparecchi che gli operatori stanno acquistando adesso, con le future videolotterie, induce negli stessi un fondato timore circa la totale inutilità degli attuali investimenti.
Ma c'è di più: stupisce che l'articolo 1-quater adduca tra le motivazioni la necessità di tutelare i giocatori dal momento che, quando si parla di videolotterie, ci si riferisce a macchine potenzialmente pericolose che possono essere classificate come veri e propri apparecchi per il gioco d'azzardo, non ammessi nella quasi totalità degli Stati del mondo. Non a caso la legge che ha istituito questa tipologia di apparecchi ha previsto un iter autorizzatorio e di controllo al quale non si comprende perché si dovrebbe derogare, neanche nelle fasi di test.
Soprattutto l'articolato proposto dal Governo tende ad introdurre nella stessa formulazione della norma un principio, a nostro parere, pericoloso: ossia quello che questa tipologia di apparecchi siano il frutto del gioco pubblico in Italia e che siano il prodotto da preferire - si badi - senza una preventiva verifica del contenuto delle norme attuative e senza attendere i risultati del periodo di prova che si vuole autorizzare con riferimento a prodotti già noti, disciplinati, sicuri e diffusi come le new slot che, grazie alle limitazioni delle giocate (un euro a partita) e delle vincite (al massimo cento euro a partita), scongiurano il rischio del gioco d'azzardo.
Ed ancora, non a caso, la normativa vigente stabilisce la necessità inderogabile, soprattutto senza una previa verifica sul campo, di contenere numericamente la diffusione delle videolotterie e di permetterne l'installazione in aree ben definite e in locali dedicati. È sconcertante che sia previsto come obiettivo, anche solo programmatico, quello di una sostituzione di prodotti di gioco da intrattenimento con le videolotterie, giochi d'azzardo veri e propri, favorendone una diffusione generale presso pubblici esercizi in sostituzione di apparecchi molto meno aggressivi. Ciò ci spinge a chiedere al Governo di ripensare quanto si sta muovendo nel mercato del gioco in Italia con particolare riferimento al settore delle new slot.
La sola presentazione dell'articolo aggiuntivo ha già provocato l'arresto immediato degli investimenti nel settore, con pesanti ripercussioni negative sul processo di ricambio del parco macchine del gioco lecito e con il fondato rischio di aprire spazio a vie di penetrazione nel mercato al gioco illecito e alla malavita organizzata nei pubblici esercizi.
In conclusione, se le intenzioni dell'Esecutivo sono quelle annunciate nella parte iniziale dell'articolo citato - e cioè quelle di garantire la salvaguardia del giocatore -, non può esservi altra via se non la modifica della posizione assunta, secondo le modalità previste negli emendamenti da noi presentati all'articolo 1-quater, salvaguardando così un comparto che dà tanto allo Stato, in termini di occupazione e di gettito erariale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento all'ordine del giorno, il decreto-legge che si chiede di convertire, può sembrare ai più un provvedimento che non suscita un clamore particolare. Esso, infatti, non occupa le prime pagine della stampa nazionale e può sembrare, insomma, un provvedimento minore. Eppure, esso interviene su una materia complessa ed estremamente importante in termini di valore economico.
Si tratta di un provvedimento che interviene su una materia che rappresenta ben il 2,8 per cento del PIL nazionale. Stiamo parlando di un settore - quello dei giochi - che, come affermava bene il collega Messina, che mi ha preceduto qualche minuto fa, vale 42,2 miliardi di euro di fatturato all'anno, quindi 2,8 punti percentuali del prodotto interno lordo nazionale, con un incremento, nel 2007 rispetto al 2006, del 20 per cento. È un settore, quindi, che vale tantissimo in termini di fatturato e che produce ingenti risorse anche per l'erario dello Stato: esso interessa 14 mila punti vendita - dove sono allocate 31 mila slot -, 337 sale Bingo e oltre 100 mila esercizi pubblici.
Si tratta di un settore di primaria importanza per il valore economico che esso produce. Ad esso, però, lo Stato dovrebbe guardare con un interesse che non deve essere solo quello che, in altri periodi, è stato definito dello Stato «biscazziere» (cioè, con un interesse dello Stato che guarda a questo settore per i proventi che ne derivano per l'erario), perché, anche a tale proposito, chi mi ha preceduto ha evidenziato i punti di particolare criticità - io dico di particolare pericolosità - che sono insiti nella discussione e nei ragionamenti su questo settore.
Parliamo di 42,2 miliardi di euro all'anno, ma un'indagine della Guardia di finanza, denominata black slot, ha evidenziato che, oltre al fatturato lecito, questo è un settore che produce un fatturato illecito assai consistente. Questa indagine della Guardia di finanza, da sola, ha accertato fatturati illeciti di circa 43 miliardi di euro.
Si tratta di un settore che fa dell'Italia il Paese che guida la classifica della spesa pro capite per il gioco legale. Siamo primi al mondo, quindi, per spesa pro capite per il gioco legale e secondi in valore assoluto soltanto agli Stati Uniti.
È un settore che, come dicevo, rappresenta profili di grande pericolosità, perché è a volte contiguo anche ai poteri criminali del Paese. L'indagine della Confesercenti, che qualcuno richiamava prima di me, evidenzia che, nel fatturato della mafia, probabilmente, circa 2,5 miliardi di euro provengono dalla raccolta dei giochi.
L'ex Commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, il prefetto Lauro, ha più volte sottolineato come, negli ultimi anni, lo Stato abbia aumentato il numero dei giochi legali, senza rendersi conto che questi alimentano anche quelli illegali, spianando così la strada agli usurai e alle organizzazioni criminali.
Ebbene, noi riteniamo che una materia di questa complessità, che genera questi fatturati e che vale così tanto per l'erario, che ha implicazioni anche di ordine etico, avrebbe meritato un percorso di produzione legislativa diverso da quello che ci è stato proposto dal Governo.
Non avevamo eccepito alcunché sul testo originario del decreto-legge, perché questo nella sostanza riguardava una proroga della concessione per il gioco dell'Enalotto. Avevamo detto che avremmo avuto anche un atteggiamento di disponibilità, che avremmo voluto capire meglio le ragioni che inducevano a questa proroga, essendo stata già esperita una gara che assegnava sempre allo stesso concessionario il titolo per proseguire la gestione. Quindi, sul decreto-legge originariamente licenziato dal Consiglio dei ministri non avevamo eccepito alcunché. Abbiamo protestato poi perché a quel decreto-legge sono stati aggiunti degli articoli, che ne hanno snaturato, secondo noi, il contenuto.Pag. 15
Do atto al presidente della Commissione di aver dichiarato inammissibili alcune delle proposte emendative presentate dal Governo. Gli do atto anche di aver cercato una discussione quanto più approfondita possibile in Commissione, promuovendo anche una differente calendarizzazione del provvedimento in Aula, ma su una materia del genere non riteniamo si possa procedere pensando che la decretazione d'urgenza sia, come questo Governo ci ha abituato a pensare nelle scorse settimane, un metodo ordinario di produzione legislativa.
Sugli articoli aggiuntivi riteniamo ci sarebbe stata la necessità di procedere in maniera ordinaria, senza un decreto-legge. Invece, voi attraverso gli articoli aggiuntivi avete proposto norme che, in qualche modo, regolano il settore dei giochi. Noi abbiamo proposto degli emendamenti soppressivi di queste norme, proprio perché, per il metodo adottato, riteniamo che non si possa essere d'accordo con questo decreto-legge. Abbiamo, però, proposto anche degli emendamenti modificativi, ad esempio quelli riferiti all'articolo 1-bis, che riguarda le corse dei cavalli. Nella proposta del Governo c'è la previsione di destinare quota parte delle risorse rinvenienti dalle gare per le nuove concessioni, tra le altre cose, ai deficit dell'UNIRE e del CONI.
Noi abbiamo proposto che si preveda la destinazione di queste risorse non tanto ai disavanzi dell'UNIRE e del CONI, ma piuttosto alle forze dell'ordine e all'alimentazione del fondo del 5 per mille. Su questo vogliamo confrontarci, anche perché non è una previsione fuori luogo anche rispetto al contenuto del decreto-legge. Voglio ricordare che proprio all'articolo 1-ter, che riguarda la raccolta dei giochi on line, si prevede che le somme rinvenienti dall'applicazione dell'articolo stesso siano destinate ai cittadini meno abbienti, come era stato già deciso in occasione del decreto-legge n. 112 del 2008.
Abbiamo previsto, poi, altri emendamenti che vanno nella direzione di operare una reale liberalizzazione del settore, perché non ci pare giusto che le concessioni vengano affidate con criteri di privilegio a chi già le esercita. È previsto, ad esempio, negli articoli aggiuntivi che avete proposto in Commissione, che ci sia uno sconto del 25 per cento per quanti già svolgono la funzione di concessionari.
Noi riteniamo, invece, che la concorrenza debba essere la più ampia possibile, e quindi chiediamo che non ci sia questo sconto. Ci pare strano, poi, sotto il profilo della contabilità comunitaria, che si preveda, sempre all'articolo 1-ter che riguarda l'esercizio e la raccolta a distanza dei giochi, una concessione ex lege.
Voi dite di voler promuovere questo provvedimento perché assicura l'adempimento di regole comunitarie in materia di giochi; ci pare che, proprio sotto il profilo della garanzia della concorrenza, in più di una parte di questo decreto-legge ci siano norme che meriterebbero di essere abrogate.
Proprio per una questione di metodo, proprio perché, con l'espediente del decreto-legge, ci invitate ad approvare in fretta - spero non attraverso la fiducia, come ha detto qualche mio collega prima di me - una norma organica del settore, proprio per questo esprimiamo un giudizio negativo sul provvedimento.
Avremmo voluto, invece, che la discussione su questo provvedimento potesse rappresentare anche l'occasione per aprire un dibattito sul rapporto che lo Stato deve avere con il gioco pubblico, su come evitare che sia proprio lo Stato, come a volte avviene, ad indurre al gioco d'azzardo e su come arginare il pericolo di collusioni tra il sistema dei giochi legali e quello dei giochi illegali.
Purtroppo, crediamo che questo ci sia poco consentito, perché, ancora una volta, il Governo decide di utilizzare il Parlamento, imponendogli delle scelte già assunte altrove, quasi come se il Parlamento potesse essere il luogo dove si ratificano, e in fretta, decisioni già adottate (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Savino. Ne ha facoltà.

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ELVIRA SAVINO. Signor Presidente, il decreto-legge in discussione, come ha già illustrato nel dettaglio poco fa il presidente Conte, nasce dalla necessità di prorogare il termine di scadenza della concessione attribuita alla SISAL Spa per la gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale, e fra questi l'Enalotto e il Superenalotto. Si tratta di un termine che, altrimenti, come noto, sarebbe scaduto il 30 settembre scorso. Tale proroga comporta il mantenimento in essere dell'attuale concessione alle condizioni vigenti al 26 settembre 2008 fino alla piena operatività della nuova concessione, e comunque non oltre il 1o luglio 2009.
Invece, i correttivi che il Governo ha proposto a questo decreto-legge di proroga della vecchia gestione, che rappresentano, nella sostanza, il cuore del provvedimento, erano già previsti, ma non si era ancora giunti a una loro completa definizione. Tutti e tre gli articoli aggiuntivi approvati in Commissione affrontano e in parte riformano, in maniera organica e positiva, il settore dei giochi.
È importante prima di tutto sottolineare come il contenzioso insorto a livello europeo, sia sui temi del gioco telematico sia su quelli delle scommesse raccolte dalla rete delle cosiddette agenzie ippiche storiche, nonché le difficoltà evidenziatesi anche in ambito nazionale, rendano urgente adottare interventi di manutenzione della normativa vigente in questa materia, al fine di avviare la definitiva apertura dei mercati, che è auspicabile, di assicurare regole certe ed efficaci agli operatori del settore e ai consumatori, e di garantire, in primo luogo, gli interessi dell'erario.
Rappresenterebbe, peraltro, un grande risultato, in qualità di Paese membro dell'Unione europea, poter essere il primo ad aver delineato un modello di mercato la cui approvazione a livello europeo non solo porti tempestivamente la Commissione verso l'archiviazione delle procedure di infrazione contro l'Italia in materia di giochi, ma che addirittura individui il nostro come un modello che faccia da esempio per altri Paesi, che vanno verso la liberalizzazione dietro la pressione della Commissione stessa.
Prova di ciò sono anche le visite ufficiali di numerose delegazioni di Paesi esteri, i cui regolatori vengono in Italia sovente a studiarne il modello.
Le innovazioni introdotte dal Governo nel decreto-legge perfezionano alcuni aspetti a carattere tecnologico, che rappresentano tra l'altro un ulteriore punto di forza senza eguali nel panorama internazionale per gli aspetti legati alla sicurezza e alla tutela del consumatore. In tal senso, il lavoro svolto dal Governo e dall'Amministrazione dei Monopoli è sicuramente di grande qualità. L'unico aspetto che forse sembra da approfondire meglio è quello relativo all'introduzione del portale unico del gioco on line, le ricadute della cui istituzione probabilmente vanno approfondite con maggiore attenzione. Da una parte, infatti, la strumentazione tecnologica risulta già migliorata dalle disposizioni degli articoli introdotti; dall'altra, vi sono forse due considerazioni da fare: la prima è che il portale potrebbe rappresentare per i consumatori un ostacolo all'accesso, per il quale operatori illegali potrebbero beneficiare della maggiore immediatezza di utilizzo; l'altra considerazione è che, oltre a richiedere ingenti investimenti all'industria e allo Stato, il portale unico renderebbe oggettivamente meno libero un mercato caratterizzato da una competizione serrata sul livello del servizio informatico. Piuttosto, sulla base di tutte le considerazioni svolte, diventa indifferibile - questa è una priorità - rendere l'offerta italiana competitiva con quella disponibile sullo scenario internazionale: in tal senso è auspicabile un tempestivo allargamento del portafoglio dei giochi on line, al fine di disegnare un mercato completo, sicuro per i consumatori e comunque anche profittevole per l'erario.
Passiamo quindi agli articoli. Per quanto riguarda l'articolo 1-bis, che reca norme in materia di scommesse, esso, con l'auspicio di unificare le scommesse ippiche e sportive, intende superare gli elementiPag. 17di criticità che si registrano appunto nel settore delle scommesse ippiche e sportive, razionalizzando ed allargando la rete di raccolta e fornendo concrete prospettive di sviluppo agli operatori del comparto, attraverso la definizione di un quadro normativo certo. Tale definitivo assetto del mercato porrà anche le basi affinché quegli operatori esteri che spesso operano illegalmente in Italia con la scusante presunta di un mercato chiuso e inaccessibile, escano dalle ambiguità e si decidano una volta per tutte a misurarsi con il nostro mercato alle stesse condizioni con le quali operano tutti i soggetti concessionari.
L'articolo 1-quater interviene sulla disciplina relativa agli apparecchi da intrattenimento, al fine di consentire l'avvio di una fase comunque sperimentale sull'operatività degli apparecchi da gioco elettronici. Anche in questo caso l'intervento normativo si rende necessario per superare le incertezze che hanno interessato tale settore, sempre al fine di contrastare l'ampio fenomeno del gioco illegale e di assicurare protezione ai soggetti più deboli. Sul tema, appare peraltro già chiarito dal Governo il problema sollevato da più parti e riferito alla possibilità di sperimentare gli apparecchi di nuova generazione, piuttosto che all'obbligatorietà della sostituzione delle macchine; quindi, nella prima fase, la sostituzione, che pure andrà realizzata, avverrà nei tempi previsti dalla normativa vigente.
Risulta infine importante, ed è questo sicuramente l'auspicio, che siano introdotti ulteriori provvedimenti normativi, da portare avanti con altri disegni di legge, che siano finalizzati in maniera preponderante all'allargamento e alla razionalizzazione di tutto il portafoglio dei giochi, forse anche soprattutto fisici, che consentendo una sempre più vasta gamma di scelte al consumatore qualifichino l'offerta del gioco pubblico legale come la più conveniente, a garanzia di sicurezza per i cittadini e per il gettito dell'erario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Touadi. Ne ha facoltà.

JEAN LEONARD TOUADI. Signor Presidente, la materia in esame in questo provvedimento riveste una grande importanza sotto molteplici profili, come abbiamo visto, in primo luogo per la grande rilevanza sociale della materia, che interessa milioni e milioni dei nostri concittadini, che affidano al gioco le sorti finanziarie proprie e dei loro cari e la speranza di una vincita fortunata, come si sta verificando in questi giorni. Si tratta di una materia che coinvolge anche, oltre ai cittadini, numerosi esercizi commerciali, diventati nel tempo punto di riferimento dei rispettivi quartieri di ubicazione e delle loro città, grandi e piccole. Esiste, quindi, un interesse pubblico ad assicurare la continuazione della gestione del gioco Enalotto.
Il secondo profilo (forse ancora più importante) riguarda le entrate erariali provenienti dal gioco che tra lotto, lotteria e altre attività di gioco sono state quantificate complessivamente in circa 11 milioni di euro per l'anno prossimo. Sono somme già contabilizzate, che a questo punto sarebbero difficili da recuperare senza la conversione in legge del presente decreto.
Desidero innanzitutto sottolineare il senso di responsabilità del nostro gruppo nell'assicurare, nel mutamento di maggioranza di Governo, il principio fondamentale della continuità dell'azione dello Stato e degli impegni assunti, soprattutto in ambito europeo. Con il profilo erariale, unito all'interesse pubblico, il Governo ha giustificato il carattere di necessità ed urgenza, come si evince dalla relazione al disegno di legge, che vado a citare: considerata l'imminente scadenza dell'attuale termine della concessione Enalotto (30 settembre 2008), al fine di tutelare gli interessi pubblici legati alla continuazione della gestione del gioco Enalotto si rende necessaria l'adozione di una ulteriore proroga, a mezzo di provvedimento avente forza di legge, affinché non venga meno per il concessionario il titolo abilitativoPag. 18all'esercizio della raccolta con danni irrecuperabili in termini di mancate entrate erariali e di perdita di avviamento del gioco stesso. Questa è la motivazione, e ad essa avremmo voluto che il Governo e la maggioranza si attenessero, senza introdurre, come hanno fatto con gli emendamenti, in una materia strettamente attinente ad adempimenti comunitari, misure che, invece, riguardano complessivamente una materia che andava esaminata in altre sedi, con una discussione ad ampio respiro. Ma siamo stati abituati da questo Governo alla decretazione d'urgenza, nonostante gli appelli accorati del Capo dello Stato e dell'opposizione, laddove la necessità e l'urgenza non sempre sono presenti negli emendamenti, come nel caso in esame, in cui sono state presentate due proposte emendative rispetto al provvedimento.
Vorrei approfittare di questa riflessione per una digressione che esce dal tema che stiamo trattando, ma che attiene al nostro stare in Europa. Il relatore ha aperto la sua relazione parlando di necessità per l'Italia di difendere gli interessi nazionali. È una constatazione ovvia, alla quale tutti noi dovremmo attenerci, in un gioco comunitario che resta tuttora un gioco - soprattutto intergovernativo - che non ha ancora visto la Commissione svolgere quella funzione di Governo politico che tutti noi aspettiamo. È quasi evidente, quindi, che ciascuna nazione debba giocare per la difesa dei propri interessi.
Detto questo, però, vorrei ricordare all'onorevole Conte, che faceva questo rilievo, che, ferma restando la difesa dell'interesse nazionale, in Europa ci si sta con il bon ton istituzionale che spetta ad un Paese fondatore dell'Unione europea come il nostro; in Europa ci si sta senza forzature procedurali, ci si sta accettando la possibilità fisiologica del dissenso altrui - dissenso nei confronti del quale questo Governo sta dimostrando sempre più insofferenza - e ci si sta esponendosi al processo negoziale che è fisiologico tra i Paesi dell'Unione europea alla ricerca di quel compromesso. Sono tutti argomenti che desidero ricordare, perché esistono provvedimenti in corso che ci mettono in difficoltà in Europa; ne ricordo solo due, di grande rilevanza per il nostro Paese. Mi riferisco, in primo luogo, al prestito ponte, che da notizie che giungono da Bruxelles starebbe incontrando difficoltà, quelle stesse che avevamo previsto in merito all'illiceità del prestito stesso, che molto probabilmente l'Unione europea chiederà alla società CAI di restituire.
Ricordo, inoltre, la questione clima ed energia che, in questi giorni, ha tenuto banco in Europa. In Europa, quindi, ci si sta a difendere gli interessi del nostro Paese, ma ci si sta secondo un bon ton istituzionale, accettando le regole procedurali e la fisiologica possibilità di dissenso che è contemplata in democrazia.
Tornando al provvedimento in esame, esso contiene un altro aspetto interessante sotto il profilo della nostra appartenenza all'Unione europea, segnatamente le norme in materia di evidenza pubblica nelle gare di appalto, le norme che riguardano la libera concorrenza e le posizioni di monopolio. Si tratta di norme recepite anche dalla nostra legislazione e dalle autorità garanti della libera concorrenza. In effetti, è stato proprio un intervento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 25 gennaio 2005 a segnalare, dopo l'ennesima proroga a favore della SISAL Spa, che «l'affidamento in concessione del gioco del Superenalotto, senza il ricorso ad una procedura di evidenza pubblica, pregiudica gravemente l'esplicarsi della concorrenza nel mercato dei giochi e delle scommesse». Parlavo dell'ambito europeo, perché la nostra vita pubblica e normativa si svolge, ormai, dentro il più largo contesto europeo, più largo ma anche più severo nel rispetto scrupoloso delle regole, delle procedure e delle direttive delle norme europee.
Sul ricorso, quindi, della Stanley International Betting Limited, una delle maggiori società, a livello internazionale, di giochi e scommesse, il Consiglio di Stato italiano, con decisione del 5 dicembre 2007, ha annullato la proroga per ulteriori cinque anni della gestione dell'Enalotto in favore della SISAL Spa, ritenendo illegittimaPag. 19la proroga dell'affidamento del servizio perché adottata in contrasto con le normative comunitarie. È interessante analizzare, anche per altri casi di questo genere che dovremo trattare, le motivazioni della sentenza del Consiglio di Stato: «le amministrazioni appellate hanno giustificato la contestata proroga osservando che l'aggio praticato alla Sisal è tra i più bassi a livello europeo; i possibili candidati all'eventuale gara per la gestione del Superenalotto sarebbero stati in numero estremamente ridotto e comunque non avrebbero potuto offrire le medesime condizioni offerte dalla Sisal; l'interesse pubblico consiste nella esigenza di salvaguardare il gettito erariale; il principio di proporzionalità sarebbe stato rispettato in ordine alle misure praticate; il principio della trasparenza è stato osservato in quanto della proroga è stata data pubblicità adeguata; nel nostro ordinamento, la riserva statale in materia di giochi e scommesse giustificherebbe la disapplicazione delle regole comunitarie relative alle libertà. La controinteressata Sisal osserva e deduce che l'attività sarebbe legittima in quanto le attività relative ai giochi e alle scommesse, nell'ordinamento italiano, si inscriverebbero nel regime della riserva esclusiva originaria a favore dello Stato. Si contesta la esistenza della condizioni dell'azione in capo all'appellante». La sezione del Consiglio di Stato, invece, «è dell'avviso che le deduzioni svolte dalle amministrazioni pubbliche appellate, secondo quanto appresso precisato, contrastano con i principi cardine del nostro ordinamento, tanto da non poter essere accettate». Ciò - prosegue il Consiglio di Stato - a prescindere dal rilievo della procedura di infrazione, ai sensi dell'articolo 226, comma 1, del Trattato della Comunità europea, che pure dovrebbe avere per la natura e gli effetti che le procedure di infrazione assumono nell'ordinamento comunitario, attesa la funzione di guardiano del diritto comunitario assunta dalla Commissione. È interessante, a mio avviso, per il Governo, e anche per la Commissione, analizzare le motivazioni del Consiglio di Stato alla sua sentenza, perché il quadro della competizione economica è sempre più europeo con norme sempre più restrittive, che noi possiamo criticare in ambito europeo, ma che quando sono vigenti, siamo tenuti a rispettare.
Questa è anche una condizione per rendere il nostro contesto nazionale appetibile per gli investimenti diretti esteri. Se le norme sono trasparenti, se le procedure sono chiare e se la libera concorrenza è assicurata, allora anche il nostro Paese diventa appetibile e punto di attrazione per gli investimenti esteri. Quindi, occorre stare in Europa, senza forzature: oscillare ciclicamente tra l'euroscetticismo e l'euroentusiasmo non aiuta il nostro Paese a diventare un partner forte, credibile e in grado di essere un punto di attrazione per gli investimenti di cui la nostra economia ha bisogno.
Per quanto riguarda la procedura, di fronte a questi importanti rilievi giuridici e normativi della ricorrente europea, la Stanley International Betting Limited, accolti dalla sentenza del Consiglio di Stato, il nostro Paese ha provveduto con l'indizione del bando del 29 giugno 2007, con il quale l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha messo in gara la procedura di selezione per l'affidamento in concessione per nove anni dell'esercizio dello sviluppo dei giochi numerici a totalizzatore nazionale. A tale gara hanno partecipato SISAL, Lottomatica e Snai. Con decreto del 31 marzo 2008 del direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è stata disposta l'aggiudicazione definitiva della gara in favore della SISAL Spa. Si tratta quindi di una procedura che finalmente ha messo il nostro Paese a norma con le leggi e le norme europee, e che ci eviterà l'ennesima infrazione (tra l'altro, stiamo accumulando infrazioni e stiamo rischiando di accumularne altre, con grave danno per l'economia e per le società coinvolte).
Restano tuttavia necessari - al riguardo invito il Governo a compiere un ulteriore sforzo - un approfondimento e un'accelerazione rispetto alle motivazioni della proroga concessa dal provvedimento in esame, vista l'aggiudicazione di unaPag. 20nuova concessione non ad un'altra società ma alla medesima, non ancora - dice il Governo - nella pienezza delle sue attribuzioni. Vi è in ballo, in questa ulteriore proroga, il principio di libera concorrenza comunitaria, e secondo me dobbiamo prestare attenzione a questo aspetto: visto che abbiamo fatto nove, facciamo dieci, rendendo finalmente tutta questa procedura adeguata alle norme europee.
L'invito è quello quindi di non esporre il nostro Paese ad un'altra infrazione comunitaria o a un altro ricorso di un soggetto europeo o nazionale. Fare presto e fare bene in ambito europeo significa rispettare - come dicevo - il bon ton istituzionale che si addice ad un Paese fondatore dell'Unione europea e motore del suo sviluppo, ma per esserlo l'Italia deve essere dentro l'Europa nella legalità, rispettando ovviamente il principio di sussidiarietà, nell'interesse di tutti, dell'Italia e dell'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Comaroli. Ne ha facoltà.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento in esame originariamente era costituito da un unico articolo, con il quale il Governo affidava la gestione dell'Enalotto e del suo gioco opzionale all'attuale concessionario SISAL Spa alle condizioni vigenti al 26 settembre 2008, data di entrata in vigore del decreto, fino alla piena operatività della nuova concessione e comunque non oltre il 1o luglio 2009.
Su ricorso della Stanley International Betting Limited il Consiglio di Stato, con decisione del 5 dicembre 2006, aveva annullato la proroga per ulteriori cinque anni della gestione dell'Enalotto operata in favore della SISAL Spa, ritenendo illegittima la proroga dell'affidamento del servizio perché adottata in violazione delle norme in materia di evidenza pubblica. Pertanto, la legge finanziaria 2007 aveva prorogato l'affidamento del servizio alla SISAL fino al 30 giugno 2007 per garantire la continuità del servizio nell'attesa di effettuare la gara per l'assegnazione della gestione del gioco.
Successivamente vi sono state altre due proroghe: la prima, fino al 31 dicembre 2007, con decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; la seconda, fino al 30 settembre 2008, con il decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159. Effettuata la gara, con decreto del 31 marzo 2008 del direttore per i giochi dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, è stata disposta l'aggiudicazione definitiva della gara in favore della SISAL Spa. Dal momento che il concessionario non è ancora nella pienezza delle sue attribuzioni, si è resa dunque necessaria l'ulteriore proroga al 1o luglio 2009 al fine di tutelare gli interessi pubblici legati alla continuazione del gioco stesso e di evitare, dunque, danni irrecuperabili in termini di mancate entrate erariali e di perdita di avviamento del gioco stesso.
Durante la trattazione in Commissione, il Governo ha poi inserito tre articoli che vanno ad intervenire in modo pesante nel settore dei giochi.
L'articolo 1-bis avvia la procedura selettiva per la concessione fino alla data del 30 giugno 2016, del diritto di esercizio e raccolta in rete fisica contestualmente di giochi su base ippica e sportiva, fino ad un massimo di 3 mila soggetti.
Le concessioni saranno aggiudicate sino al loro esaurimento alle offerte che risultino economicamente più elevate rispetto ad una base pari a 85 mila euro. Le maggiori entrate derivanti dalle concessioni, rispetto agli importi fissati a base d'asta, alimenteranno un fondo destinato all'incremento del montepremi e delle provvidenze per l'allevamento dei cavalli ovvero, in seconda battuta, alle esigenze finanziarie del Comitato olimpico nazionale italiano e dell'Unione nazionale per l'incremento delle razze equine.
Rileviamo l'importanza dell'aumento delle provvidenze per l'allevamento di cavalli, in quanto questo settore è in crisi, ma è anche un settore di tradizionale importanza e prestigio per il nostro Paese: si pensi alla nostra economia, alla funzionePag. 21sociale svolta con successo dai numerosi centri di ippoterapia e alle attività agonistiche che ci hanno dato lustro, anche se un ulteriore sforzo in questa direzione sarebbe auspicabile.
L'articolo 1-ter disciplina l'esercizio e la raccolta a distanza dei giochi, in particolare delle scommesse a quota fissa e a totalizzatore, su eventi, anche simulati, sportivi, inclusi quelli relativi alle corse dei cavalli, nonché su altri eventi: i concorsi a pronostici sportivi e ittici, i giochi di ippica nazionale, i giochi di abilità, le scommesse a quota fissa con interazione diretta tra i giocatori, il bingo, i giochi numerici a totalizzatore nazionale e le lotterie ad estrazione istantanea e differita.
L'importanza di tale articolo è data dal fatto che regolamenta in modo dettagliato, l'esercizio e la raccolta a distanza dei sopraccitati giochi al fine di contrastare la diffusione del gioco irregolare illegale, l'evasione e l'elusione fiscale nel settore del gioco, nonché ad assicurare la tutela dei giocatori stessi.
Pertanto, vengono fissati requisiti e condizioni per il rilascio delle concessione quali, in modo particolare: il possesso da parte del presidente, degli amministratori e dei procuratori, dei requisiti di onorabilità e professionalità; la costituzione in forma giuridica di società di capitali, con sede legale in uno degli Stati dell'Unione europea; la residenza delle infrastrutture tecnologiche, hardware e software, dedicate alle attività oggetto di concessione in uno degli Stati dell'Unione europea; la sottoscrizione, anteriormente all'operatività della concessione, di atto d'obbligo all'effettuazione del collegamento permanente al portale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, necessario ad assicurare il monitoraggio dell'accesso dei consumatori alla fruizione dei giochi offerti dal concessionario, nonché delle eventuali anomalie di gioco.
Vi è poi l'obbligo di versamento all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato di un corrispettivo una tantum per la durata della concessione e a titolo di contributo alle spese per la gestione tecnica e amministrativa dell'attività di monitoraggio e di controllo, pari ad euro 300 mila, oltre all'imposta sul valore aggiunto.
La sottoscrizione della domanda di concessione implica l'assunzione, da parte del soggetto richiedente, di una serie di obblighi al fine della trasparenza e, soprattutto, a tutela del giocatore, ovvero: dimostrazione, su richiesta dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, della persistenza dei requisiti e delle condizioni certificate all'atto della richiesta; accesso dei giocatori all'area operativa del sito web del concessionario dedicata all'offerta dei giochi, esclusivamente attraverso il portale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; esclusione dei consumatori italiani dall'offerta dei giochi, attraverso siti diversi da quello dedicato, ancorché gestiti dallo stesso concessionario; promozione di comportamenti responsabili di gioco e vigilanza sulla loro adozione da parte dei giocatori ovvero la messa a disposizione di strumenti o accorgimenti per l'autolimitazione ovvero per l'autoesclusione dal gioco, nonché di misure a tutela del consumatore previste dal codice del consumo; l'esclusione dell'accesso al gioco da parte dei minori - cosa importantissima - nonché l'esposizione del relativo divieto in modo visibile nel sito dedicato ovvero negli ambienti virtuali di gioco gestiti dal concessionario.
Vi è inoltre la trasmissione al portale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato delle informazioni anonime relative alle singole giocate, ai prelievi e ai versamenti effettuati sui singoli conti di gioco e ai relativi saldi, nonché, utilizzando protocolli di comunicazione stabiliti con provvedimento dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ai movimenti, da identificare con apposita codifica, relativi ad attività di gioco effettuate dal giocatore mediante canali che non prevedono il transito per il portale; messa a disposizione, nei tempi e con le modalità indicati dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato all'atto della sua richiesta, di tutti i documenti e delle informazioni occorrenti per l'espletamento delle attività di vigilanza e controllo della medesima Amministrazione; consenso all'AmministrazionePag. 22autonoma dei monopoli di Stato per l'accesso di suoi dipendenti o incaricati, nei tempi e con le modalità indicati dalla stessa Amministrazione, alle sedi del concessionario a fini di controllo e di ispezione, nonché, ai medesimi fini, impegno di prestare massima assistenza e collaborazione a tali dipendenti o incaricati; utilizzo di conti correnti bancari o postali esclusivamente dedicati alla gestione delle somme depositate nei conti di gioco di titolarità dei giocatori.
Al fine di assicurare la più corretta e completa informazione ai giocatori, anche in tema di doveri dei concessionari, l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato deve adottare la carta dei servizi.
Il provvedimento inoltre definisce le condizioni minime, nel rispetto delle quali i contratti di conto di gioco tra giocatore e concessionario devono essere stipulati, tra le quali ricordiamo l'accettazione da parte del concessionario della regolazione del contratto, secondo la legge dello Stato italiano e delle competenze del giudice italiano per le eventuali controversie, con esclusione di forme di risoluzione arbitrale delle controversie medesime; utilizzo del conto di gioco in osservanza delle disposizioni concernenti la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
L'articolo 1-quater rimanda ad un decreto del Ministero dell'economia, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, la definizione delle disposizioni per la sperimentazione della raccolta dei giochi tramite gli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, del regio decreto n. 773 del 1931, quelli cioè che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete telematica.
Pertanto, il provvedimento in esame, nel suo complesso, ci porta: a rispondere alle eccezioni avanzate dall'Unione europea; a tutelare gli interessi pubblici evitando mancate entrate erariali; a regolamentare un settore, quello del gioco, soggetto spesso ad essere fuori norma e ad uso di approfittatori, con il fine ultimo di tutelare il giocatore stesso; a garantire la sopravvivenza degli allevamenti dei cavalli; a dare supporto finanziario al Comitato olimpico nazionale italiano.
Inoltre, le maggiori entrate derivanti dall'attuazione della disposizione di cui all'articolo 1-ter confluiranno nel fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze dei cittadini meno abbienti (questo fattore è molto importante per noi), istituito già dall'articolo 81 del decreto-legge del 25 giugno 2008, n. 112.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, vogliamo affrontare un tale argomento guardandolo in faccia: siamo una forza che non teme di affrontare argomenti delicati, anche controversi e che turbano, in qualche modo, l'opinione pubblica. Riteniamo assolutamente necessario che questo settore sia governato, perché siamo consapevoli che gli interessi in campo sono moltissimi e che, a volte, in questa moltitudine di interessi, si inseriscono agenti ai quali non mancano spregiudicatezza ed intenzione non sempre coerenti con il principio della trasparenza e della legalità. Per questo motivo, consideriamo bene primario la tutela dei consumatori, che sono i soggetti deboli della cosiddetta filiera. Approcciamo, quindi, a questo tema scevri da pregiudizi negativi e, come si addice ad una grande forza nazionale, consapevoli che occorre governare un grande fenomeno, che esiste e che concorre alla produzione della ricchezza nazionale.
Signor Presidente, il Governo arriva, ancora una volta, in Aula per convertire un decreto-legge, l'ennesimo. Non possiamo non sottolineare un primo aspetto: l'uso oramai divenuto in modo preoccupante prassi - ricordo anche le preoccupazioni espresse dal Presidente della Repubblica Napolitano - della decretazione d'urgenza, l'uso dell'urgenza come ordinarietà, che ha raggiunto limiti che consideriamo aver superato il livello di guardia.Pag. 23Ancora una volta, infatti, il Governo interviene per decreto-legge su una tematica assai delicata e complessa. Come sempre, il Governo parte da un punto limitato per poi estenderlo, con i vostri emendamenti, alla tematica generale e alla molteplicità degli aspetti che la interessano, di fatto intervenendo su tutta la tematica, mentre si era partiti con un articolo che doverosamente si faceva carico di non interrompere l'esercizio dell'Enalotto, dando, quindi, continuità.
Da un lato, sono in campo investimenti che molte imprese temono diventino inutili, dall'altro lato, sono da introdurre con saggezza importanti novità legate al campo delle videolotterie, mirando ad un'efficace e saggia integrazione di sistema tra questi due elementi. Ciò andrebbe fatto ascoltando i soggetti interessati e confrontandosi, poi, trasparentemente in Parlamento. A tale proposito, segnalo, invece, un deficit di iniziativa da parte del Governo, un deficit che il Partito Democratico è pronto a recuperare, se da parte vostra vi sarà tale volontà.
Vogliamo intervenire organicamente sulla materia e vorremmo farlo secondo due principi di fondo: il dialogo tra le istituzioni e la società, il confronto franco nelle Aule parlamentari e in sede di Commissione e l'autonomia della politica, da parte di tutti: autonomia della politica nei confronti dei poteri forti. Il valore dell'autonomia è essenziale nella qualità democratica e costituisce garanzia del perseguimento dell'interesse generale, che è compito ultimo di quest'Aula parlamentare.
Abbiamo di fronte come principio inderogabile - e chiediamo che sia, innanzitutto, il paradigma della nostra azione - il tema della trasparenza nella formulazione delle decisioni. Anche in questo caso, saremo inflessibili.
A queste condizioni, signor Presidente, il Partito Democratico è pronto a fare la sua parte come forza di Governo che oggi è all'opposizione, ma che intende portare avanti una linea che si fa carico dei problemi per risolverli, e a farlo secondo princìpi di fondo.
Siamo consapevoli che questo settore deve avere regole universali, che è un settore importante e che mobilita masse di denaro infinite; tale settore vede coinvolti centinaia di migliaia di cittadini, i quali spesso trovano, in questo campo, motivi di devianza e di difficoltà sociali, fino al punto, nel momento in cui le regole non siano chiare e garantite, di vedere messa in difficoltà la loro vita e quella delle loro famiglie.
Per questo motivo, riteniamo che occorra riaprire un ragionamento di fondo e riprendere la strada maestra del confronto di merito, a cui non ci sottraiamo. Abbiamo presentato emendamenti di diversa natura che porteremo avanti in quest'Aula, a condizione che da parte del Governo vi sia la medesima disponibilità a non precostituire strade fuori dal Parlamento e a trovare le strade più giuste nel confronto nelle Aule parlamentari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1707-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione finanze, onorevole Conte.

GIANFRANCO CONTE, Relatore. Signor Presidente, colleghi, come si è visto questa mattina, vi sono ancora alcune questioni da chiarire: le posizioni dei gruppi e dei rappresentanti dei partiti che sono intervenuti questa mattina hanno affrontato diverse questioni.
Riferendomi alla questione sollevata dall'onorevole Messina e che poi è stata ripresa anche dalla collega Comaroli riguardo all'onorabilità dei concessionari e degli amministratori delle società concessionarie - questione che è stata ripresa poi da altri colleghi con riferimento alla vicenda ormai nota dell'indagine della procura della Corte dei conti sul mercatoPag. 24delle cosiddette macchine da intrattenimento - bisognerà aspettare l'esito dell'indagine.
Infatti, non ci troviamo di fronte a condanne, ma di fronte ad una valutazione che è stata fatta dalla Guardia di finanza e dalla procura della Corte dei conti, e che ha visto interventi anche presso il TAR, che in parte ha dato ragione a ai concessionari. Ebbene, a tal riguardo, dovremo aspettare le vicende giudiziarie, ma da qui a dire che un'indagine corrisponda ad una condanna e che, quindi, quelli che sono oggetto di un'indagine debbano essere esclusi da un mercato, mi pare che non sia molto coerente con il sistema che dovrebbe vedere la più ampia partecipazione, una volta che vengano soddisfatti i requisiti di onorabilità.
Riprendendo il discorso della mia relazione, credo che proprio su questi aspetti si sia concentrata l'azione del Governo attraverso la presentazione dell'articolo aggiuntivo 1-ter: si è fatto un quadro generale all'interno del quale bisogna muoverci e dunque si affronta - come ha fatto la collega Savino - la questione del portale unico. Guardate, colleghi, che qui si affronta un argomento molto difficile. Infatti, poiché l'Amministrazione dei monopoli dello Stato non ha le risorse né il personale per contrastare fino in fondo le attività illecite, noi stiamo cercando, attraverso il portale unico, di evitare l'instradamento verso i siti «.com», che portano le giocate verso Stati esteri e, quindi, fuori dal controllo dello Stato.
Naturalmente sappiamo bene che questa sarà sempre una lotta impari perché le dotazioni informatiche e i controlli dell'Amministrazione dei monopoli mai potranno contrastare gli hacker e gli specializzati che, non appena si trovano di fronte ad una nuova norma, trovano immediatamente il sistema per bypassare i controlli. Tuttavia, questa è una lotta che va perseguita fino in fondo. Condivido pienamente l'intervento di Marchignoli, quando fa riferimento alla necessità di garantire i consumatori e di confrontarsi anche con il mercato. Quando mi sento dire, però, che la materia non è stata approfondita e che l'uso del decreto-legge è improprio, faccio presente che il collega Marchignoli e gli altri che sono intervenuti, i colleghi Occhiuto e Messina (magari non tutti costoro perché qualcuno è nuovo a queste Aule del Parlamento) sanno bene che, nella scorsa legislatura, fu avviata un'indagine conoscitiva molto approfondita. Furono sentite tutte le categorie e tutti rappresentanti del settore in oggetto. Non si riuscì a redigere un documento finale sull'indagine conoscitiva per il semplice fatto che cadde il Governo, le Camere furono sciolte e ci furono le elezioni. Alla ripresa dell'attività legislativa, in Commissione è stata presentata una risoluzione che è stata condivisa da tutti i gruppi politici. Anzi, fu richiesto a me di ritirare la risoluzione per integrarla e farne un documento unico a firma dell'intera Commissione. Quindi, gli argomenti sono stati approfonditi e lo saranno ancora durante l'esame del provvedimento in oggetto. Probabilmente dovremo apportare qualche ulteriore modifica.
Però, al collega Touadi, che non vedo qui presente in Aula, vorrei dire che noi possiamo certamente essere considerati dei federatori, ovvero un Paese disponibile ad essere sempre in prima linea per conservare il concetto dell'Europa unita. Dobbiamo però anche rappresentare con forza il nostro Paese in Europa. Non dobbiamo sottostare a giochini che portano ad avere considerazione per le nostre richieste in relazione a possibili scambi. Non bisogna cioè presentarsi in Europa con il cappello in mano ma difendere l'interesse nazionale. Guardate, con il provvedimento in esame, che doveva già partire con i quattro emendamenti presentati dal Governo ma che ha avuto necessità di essere affinato ulteriormente prima di essere presentato, non avanziamo - né come maggioranza né, credo, come Governo - la pretesa di risolvere tutti i problemi legati alla gestione di questo settore che garantisce oltre 40 miliardi di fatturato di entrate complessive allo Stato. Ci mettiamo però nelle condizioni di affrontare ed eventualmente accettare eventuali modifiche che si renderanno necessarie (alcune mi risultaPag. 25che il Governo le stia maturando anche in relazione alle indicazioni della Commissione bilancio).
Però credeteci, come maggioranza continuiamo a sostenere che in questo campo non si debba mai parlare di autorizzazioni. Dobbiamo passare attraverso il regime concessorio e gestire fino in fondo le concessioni, per garantire al nostro Paese la trasparenza del gioco e la lotta al gioco illecito e all'evasione. È un'aspirazione ma, credo che - soprattutto con l'aiuto dei nostri colleghi nel progressivo esame che sarà fatto sugli emendamenti presentati e sulle indicazioni che ci ha dato la Commissione bilancio - riusciremo a dare nuovo impulso al settore, a garantire entrate maggiori per lo Stato e naturalmente a portare questo settore sempre più nell'area della legalità...
Infatti, tanta più legalità ci sarà in questo settore, tanto maggiore sarà la spinta, per quelli che stanno dalla parte del gioco lecito, a mettere da parte ed isolare quelli che continuano a gestire il gioco illecito e che l'hanno fatto fino ad oggi. Tutti i Governi che si sono succeduti hanno portato avanti questa battaglia per la legalità, per la trasparenza e per la garanzia complessiva del consumatore.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente ringrazio i colleghi, in particolar modo il relatore Conte, presidente della Commissione finanze, per la relazione ed il lavoro svolto finora proprio in Commissione, in piena collaborazione con il Governo. Ovviamente, il mio ringraziamento va anche a tutti colleghi che sono intervenuti e che hanno portato elementi di interesse a cui il Governo presterà attenzione nelle prossime ore per poter valutare meglio quelli che saranno gli eventuali interventi o i parziali miglioramenti di questo testo. Su quest'ultimo, come su tutte le iniziative in questa materia, ma più in generale su quelle legate a temi che riguardano le entrate, il bilancio dello Stato, la vita dei cittadini, credo sia giusto mantenere un approccio di estrema apertura per affrontare le questioni e possibilmente migliorarle.
Inizio con l'affrontare alcuni dei temi che sono stati introdotti in quest'Aula, anche da parte dell'opposizione, e che riguardano la critica all'impostazione data a questo decreto-legge quale provvedimento che arriva con una veste e poi ne assume un'altra completamente diversa.
La realtà è che tutti gli elementi che sono stati apportati, da parte del Governo, attraverso una serie di emendamenti presentati in Commissione e che hanno dato vita al testo attuale, rientrano in un'attività che ha caratteristiche di necessità e urgenza. Credo non sfugga ai colleghi come, alcuni temi (presenti anche all'interno delle riflessioni o comunque tra le righe delle considerazioni svolte in quest'Aula da parte di chi è intervenuto nella discussione sulle linee generali) siano connotati da necessità e urgenza e ritengo che la scelta, da noi adottata, di inserire in questo provvedimento alcune tematiche cui speriamo di riuscire a dare ulteriore miglioramento nei prossimi tempi e nei prossimi giorni, sia, tutto sommato, una scelta che abbia piena coerenza.
Partiamo dal primo punto: il testo base era sostanzialmente finalizzato ad una proroga, nei confronti del concessionario, della concessione per la gestione del Superenalotto, proroga di alcuni mesi che rispondeva ad un'esigenza determinata da una difficoltà, da parte dell'amministrazione, di rispettare i tempi per poter consegnare, a tutti gli effetti, le nuove condizioni a cui il concessionario vincitore della gara per la concessione del Superenalotto avrebbe dovuto attenersi.
Quindi, la necessità deriva dal fatto che, se non avessimo provveduto con questo decreto-legge e con questa proroga, il 30 settembre avremmo dovuto sospendere il funzionamento del gioco del Superenalotto. Non sfugge a nessuno (al di là delle considerazioni che rimando prettamente alla politica in quanto io vedo solo l'aspetto tecnico) che la sospensione del Superenalotto avrebbe provocato comunquePag. 26ingenti perdite per le casse dello Stato. Mi permetto anche di dire che ci si inserisce in una fase particolare della vicenda del gioco del Superenalotto di questi giorni, ma, al di là di questo, a maggior ragione, possiamo dire con certezza che si sarebbe determinato un danno all'erario ed al gettito. Il decreto-legge però è stata un'occasione importante per riuscire a dare una risposta organica ad alcune questioni.
Si è parlato del rapporto con l'Europa: sembra quasi che negli interventi dei colleghi, in particolar modo dell'opposizione, il tema dell'Europa sia emerso sostanzialmente attorno a questo provvedimento, come se noi tutti non sapessimo, in particolar modo chi segue di più questo settore, che il tema delle possibili procedure di infrazione (e, quindi, delle questioni aperte e sollecitate dall'Europa in un settore che comunque risulta essere ancora oggi particolarmente riconosciuto proprio in sede internazionale come modello tutto sommato di valore e di interesse anche in questa congiuntura economica e sociale di carattere internazionale) è relativo alla gestione che vi è stata di questo settore fino ad oggi.
È chiaro che la scelta adottata dal Governo su questi emendamenti punta a fare un'operazione strategica: consegnare per la prima volta un'autorità politica che possa coerentemente discutere in sede europea delle scelte adottate dal Governo e del sistema che regola oggi il gioco lecito in Italia, delle caratteristiche con cui evolve in Europa e, quindi, di presidiare a livello europeo quelle caratteristiche che danno ovviamente maggiori garanzie. Nel momento in cui il gioco è lecito, infatti, vi sono maggiori garanzie in materia di sicurezza e difesa dei soggetti deboli per quanto riguarda l'uniformità del trattamento, sulle entrate e, quindi, gettito per l'erario.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,50)

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Riteniamo che i nostri provvedimenti abbiano caratteristiche che possono soddisfare l'Europa su una serie di aspetti. Il primo è che sarà progressivamente possibile mandare a gara e consentire a tutti gli operatori di poter partecipare all'assegnazione delle concessioni. Ha fatto bene l'onorevole Conte a sottolineare questo aspetto. La scelta del Governo è di ribadire questa linea con concretezza: comunque il regime del gioco lecito sarà ancora, nei prossimi cinque anni, governato da una logica di concessione. Infatti, come sosteneva in precedenza l'onorevole Comaroli, riteniamo che questa logica dia delle garanzie all'utente, agli operatori, all'erario sull'esito complessivo di queste operazioni e, quindi, entrate a bilancio dello Stato.
Inoltre, rappresentano garanzie per i soggetti deboli, per i minori sul fatto che il gioco venga reso oggettivamente difficile - nel nostro caso vietato - e, quindi, anche difficile da raggiungere per soggetti che da questo punto di vista possano e debbano essere tutelati e messi nelle condizioni di avere una tutela reale da parte dello Stato. Quindi, la linea che ho più volte annunciato e che ribadisco in quest'Aula è: gioco consapevole e responsabile. Ciò significa concessione, ma anche un'architettura normativa che, senza pensare a stravolgimenti, così come è stato sottolineato da qualche collega in Aula, punta ad una significativa e importante manutenzione.
Il Governo intende, con questo provvedimento, mettersi nelle condizioni di fare una buona manutenzione. I temi trattati sono molti. Ne cito un paio. Il primo argomento è quello del gioco on line. Non sfuggirà a nessuno che improvvisamente appare questo argomento alla nostra attenzione... ho già finito i tempi, signor Presidente? Lo riprenderò più avanti. Brevemente...

PRESIDENTE. Ci mancherebbe altro...

ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Credo che sia un provvedimento di interesse.Pag. 27Brevemente: il gioco on line non è retto da una normativa quadro di livello nazionale ed è evidente che oggi, se non governata e gestita, rappresenta un'insidia, che può diventare una grande opportunità, così come noi riteniamo, ma che deve essere messa in sicurezza con una cornice normativa degna di questo nome. Stupisce che chi ha criticato questa scelta non si sia reso conto che il gioco on line di fatto già esiste, ma non vi è una normativa adeguata.
L'altro aspetto è ovviamente quello del mondo dell'ippica: è sotto gli occhi di tutti una protesta significativa, per un settore in gravissima crisi e che, quindi, merita una valutazione specifica di carattere normativo.
L'ultima considerazione, e concludo, signor Presidente, è l'intervento sugli apparecchi da intrattenimento. In questa sede colgo l'occasione per dire che il Governo non ha intenzione di destrutturare il sistema, ma di applicare una norma che già esiste, che può portare per il sistema elementi migliorativi di carattere tecnologico. Viceversa, ha intenzione ovviamente di avviare questa fase sperimentale, ben sapendo che l'obiettivo è quello di proseguire sulla strada già intrapresa sulla messa in sicurezza di questo settore, ma allo stesso tempo di avviare nuove fasi di sperimentazione, che alla fine della sperimentazione potrebbero portare ad avere ulteriori valutazioni per migliorare ulteriormente gli elementi di sicurezza.
Infine, una sola battuta: il Governo si presenta sostanzialmente con un approccio molto sereno su questo argomento, alla luce del sole viene a riferire all'Assemblea riportando con chiarezza le scelte che vanno nella direzione dei principi che ho prima indicato. È altrettanto vero che il tema di ciò che, a volte, sta attorno e ai margini del gioco lecito, ossia la presenza della criminalità organizzata, non deve spaventare. C'è evidentemente una risposta ferma da parte del Governo e credo che anche le scelte in materia di innovazione tecnologica compiute con riferimento al gioco on line e nella prospettiva di sperimentazione di alcune nuove tecnologie nel settore degli apparecchi da intrattenimento, secondo le norme vigenti, con criteri di trasparenza e con la valutazione delle Commissioni permanenti, lo dimostrino e forniscano anche una risposta a quelle attività importanti che quotidianamente la guardia di finanza e le forze di pubblica sicurezza svolgono - colgo l'occasione per rivolgere ringraziamenti per il loro operato - ma che dimostrano che all'interno delle norme e nella gestione attuale delle procedure avviate dall'amministrazione dei monopoli forse qualche «buco» c'è. Mi permetto solo di segnalarlo.
Quindi, dobbiamo cercare di migliorare nella difesa dei cittadini, dei consumatori e, ovviamente, anche dell'erario e delle risorse pubbliche.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare: Livia Turco ed altri; Barani ed altri; Molteni ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali (Doc. XXII, n. 1-2-4-A) (ore 11,55).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di inchiesta parlamentare di iniziativa dei deputati Livia Turco ed altri; Barani ed altri; Molteni ed altri: Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - Doc. XXII, nn. 1-2-4-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.Pag. 28
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Italia dei Valori ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XII Commissione (Affari sociali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Binetti, ha facoltà di svolgere la relazione.

PAOLA BINETTI, Relatore. Signor Presidente, il testo unificato che discutiamo oggi è il frutto di tre diverse proposte di inchiesta che hanno trovato facilmente nel dibattito in Commissione fortissimi punti di convergenza, perché le due linee tematiche su cui si svolge l'intero testo unificato, e dunque la proposta di istituire la Commissione di inchiesta, sono molto ben scolpite. Da un lato, vi è l'idea di mettere a fuoco con chiarezza quali sono gli errori in campo clinico, nonché le modalità concrete per tipizzare gli stessi al fine di creare, quindi, una sorta di archivio che permetta di prevedere le misure più opportune per prevenire che successivamente si ripetano tali errori; dall'altro, vi è il secondo grande filone che la Commissione d'inchiesta sarà chiamata ad affrontare, che riguarda le cause del disavanzo, ossia le implicazioni sul piano economico, organizzativo e gestionale che creano un disagio e una sofferenza profondi al mondo della sanità.
Si tratta di due aspetti, quindi, in cui c'è una patologia: una patologia di area più squisitamente clinica nel primo, una di tipo più squisitamente burocratico, economico e organizzativo nel secondo. Tuttavia, tra i due filoni vi sono una serie di interfacce costanti e continue, per cui molti errori che si svolgono in ambito clinico sono il segno e il frutto di una cattiva gestione economica e di un cattivo modello organizzativo e, viceversa, molti degli errori che incidono poi sul settore degli investimenti economici nascono dal desiderio di prevenire alcune situazioni tipiche dell'ambiente sanitario, quali, ad esempio, quelle che provengono dalla necessità di affinare progressivamente i sistemi diagnostici, e quindi anche di effettuare investimenti sempre più significativi e massicci in questa direzione. Su questi due grandi filoni: il rischio e gli errori in ambito clinico e il rischio (chiamiamolo così) e gli errori campo economico, si vuole creare una Commissione d'inchiesta che sia capace di garantire i cittadini, attraverso la tutela efficace del diritto alla salute, anche con il contributo positivo finalizzato ad intervenire sulla garanzia di qualità di vita per tutti.
Non è facile istituire una Commissione di inchiesta su questi settori. Tra l'altro, una Commissione d'inchiesta analoga esiste al Senato, ma non è stato possibile istituire una Commissione bicamerale, per ragioni che sicuramente sfuggono alla mia comprensione del problema. Certamente, però, la complessità, la quantità e la qualità dei problemi da affrontare sono tali che non dovrebbero crearsi aree di sovrapposizione, né, tanto meno, aree di conflittualità fra le due diverse Commissioni di inchiesta.
Quello che interessa oggi, però, nel momento in cui illustriamo questa proposta, è anche svolgere una riflessione sulla complessità con la quale, attualmente, si svolgono tutte le problematiche che toccano il tema della salute e che quindi, in qualche modo, presiedono ai modelli organizzativi destinati ad affrontarle per risolverle.
Da un lato, vi è il modello secondo il quale il nostro sistema sanitario nazionale fa riferimento a una serie di direttive che vengono assunte direttamente dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (penso, ad esempio, alla grande problematica sulla quale si sta discutendo anche in questi giorni, quella sui livelli essenziali di assistenza). Queste direttive generali e fondamentali, però, vanno poi declinate a livello regionale: in tal senso, la stessa autonomia con cui le regioni possono intervenire su questi temi (migliorando la qualità dei livelli essenziali di assistenza e, quindi, offrendo ai pazienti garanzie maggiori o servizi migliori e più qualificati sul territorio) crea quello che, in questo momento, chiamiamo una sortaPag. 29di «nomadismo» dei pazienti, in virtù del quale i pazienti tendono a spostarsi da una regione all'altra, oppure da una città all'altra nell'ambito della stessa regione, sempre alla ricerca delle soluzioni capaci di garantire migliori condizioni e di offrire maggiori sicurezze.
Questo problema non solo crea, anche sotto il profilo economico, difficoltà che non sono legate alla capacità di identificare alla sorgente i costi, ma, soprattutto, crea la difficoltà in base alla quale le strutture che offrono maggiori qualità sono anche quelle che, in un certo senso, sono soggette a un'usura legata alla maggiore quantità delle richieste che vengono poste. Laddove vi è una maggiore garanzia sotto il profilo clinico, quindi, a volte subentra una maggiore complessità sotto il profilo organizzativo e gestionale, che diventa opportunità per la creazione di diversi errori e, comunque, di diverse condizioni di fragilità.
Gestire il rischio in sanità vuol dire individuare le fonti di rischio, mapparle, sviluppare meccanismi che riducano la probabilità di accadimento dei sinistri, limitare l'incidenza dei fattori umani, migliorare l'accesso alle informazioni, standardizzare i processi e garantire formazione ed aggiornamento continui agli operatori sanitari.
La gestione del rischio ospedaliero comporta la soluzione di problemi di tipo strutturale, informatico, ingegneristico, tecnico e formativo e richiede da parte di tutti un impulso molto attento a superare una logica che si muova per compartimenti stagni, per assumere una logica che crea la consapevolezza delle reciproche interdipendenze.
Non a caso, da questo tipo di difficoltà nascono anche gravi problemi sotto il piano assicurativo e legale. Negli ultimi dieci anni, in Italia, le denunce di cittadini contro i medici e le strutture sanitarie sono aumentate del 66 per cento. L'ANIA, l'associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, ha stimato che si è passati dai 17 mila casi segnalati nel 1996 ai 28 mila casi del 2006 e che, per tutelarsi e far fronte alle richieste dei cittadini, le regioni stipulano polizze per la responsabilità civile in campo sanitario per un valore di circa 500 milioni di euro. Ogni anno si registrano circa 30 mila denunce che i pazienti rivolgono a medici e infermieri per colpe professionali o disservizi della struttura sanitaria. L'esplosione delle spese assicurative ha provocato una corrispondente impennata degli indennizzi. Secondo dati dell'ANIA, nel 1995 si contavano già 17 mila denunce per malasanità, cui corrispondeva una copertura assicurativa pari a 35 milioni di euro. Dieci anni dopo, gli esposti sono diventati 28.500 e i premi assicurativi hanno raggiunto i 381 milioni di euro.
Negli ultimi dieci anni, i risarcimenti che le compagnie assicuratrici hanno pagato per coprire le responsabilità dei medici e i danni provocati da inadeguatezza e disorganizzazione delle strutture sanitarie si sono decuplicati. In sessantotto casi su cento, il paziente viene risarcito non perché è stata riscontrata la colpa del medico, ma per mancanza di mezzi, disorganizzazione e guasti prevedibili, imputabili alla cattiva gestione della struttura sanitaria.
Evidentemente, questo accade anche perché da parte dei cittadini c'è una maggiore consapevolezza dei propri diritti. Le denunce non indicano la reale colpevolezza delle strutture né portano automaticamente al risarcimento. Secondo il SIMPAS, il sistema informativo ministeriale sulle polizze assicurative in sanità, i casi in cui si arriva al risarcimento sono, infatti, solo un terzo e l'importo degli indennizzi erogati varia in media tra i 25 mila e i 30 mila euro. Inoltre, quando riconosciuti, i risarcimenti arrivano tardi, per via della lentezza dell'iter giudiziario; sempre secondo questi dati, nel 2006 era stato liquidato il 68 per cento del valore di sinistri provocati per errori medici commessi dieci anni prima. Quando l'assicurazione e il danneggiato giungono a un accordo, i contenziosi possono essere risolti senza processo e, quindi, in tempi molto più rapidi.
Questo ci dà la misura di come anche la complessità delle pratiche risarcitoriePag. 30molto spesso faccia lievitare il livello dei insoddisfazione e anche di denuncia da parte dei pazienti, creando anche la mentalità che affianca, alla corretta diagnosi ed indagine sugli errori del medico, la consapevolezza di una medicina che debba essere di per sé totalmente certa e sicura, in cui quindi non sia possibile prevedere, in qualche modo, né l'errore né i limiti stessi della medicina, che resta sostanzialmente medicina probabilistica e mai delle certezze assolute.
Per questo le regioni e il Governo stanno cercando di organizzarsi, promuovendo iniziative di risk management, per monitorare e arginare gli errori in corsia. Nelle strutture più avanzate, vengono considerati e classificati anche gli errori non denunciati, i famosi near misses, la cui rilevazione è utile ad acquisire maggiore consapevolezza sui rischi. L'obiettivo è quello di garantire la sicurezza dei pazienti, attraverso l'applicazione della clinical governance per ricercare, validare, promuovere e diffondere in Italia i modelli e gli strumenti per la qualità e la sicurezza dei sistemi sanitari accettati dalle maggiori istituzioni sanitarie internazionali.
Ci sono alcune nicchie che si presentano come di particolare rischio. Una di queste è sicuramente il pronto soccorso, dove le attività sanitarie variano sulla base delle richieste del momento e le decisioni sono assunte sotto la spinta necessaria e inderogabile dell'urgenza.
Alla complessità di alcune aree di emergenza e urgenza può associarsi, però, anche una visione poco chiara della disponibilità del servizio e ciò può essere fonte di rischio. Per questo motivo, ci sono sistemi basati su quelli che chiamiamo gli indicatori chiave, key risk indicator e sull'error management. Sono sistemi che dovrebbero permetterci di capire se le strutture oggi si sono attrezzate per una rilevazione pronta e precoce degli errori, per un'analisi concreta degli errori che in quella struttura si presentano con maggiore frequenza e, quindi, per interventi adeguati a venire incontro a questi problemi.
Sono state identificate di fatto quattro categorie di rischio, in base alla tipologia degli accessi, alla tipologia delle prestazioni, alle caratteristiche del personale, alla logistica, alla struttura e, infine, all'organizzazione dei servizi diagnostici e terapeutici.
I risultati derivanti dalla raccolta dei dati consentono di fotografare in tempo reale la rischiosità del sistema e di prevedere l'adozione di misure correttive pianificate, nel caso in cui si superino i limiti di allerta.
Ma c'è anche un altro grave margine di errore, che proviene, invece, dai laboratori di analisi, laddove è vero che, da un lato, l'automazione dei processi dovrebbe rendere molto più difficile l'errore, ma, dall'altro, i fattori umani, che precedono e accompagnano ciò, in realtà ci dicono quanto sia facile incorrere in errore. Di fatto, basta tener presente che il 70 per cento delle decisioni del medico vengono prese sulla base dei dati di laboratorio, il che ci dice come errori della catena umana, della filiera nella trasmissione delle informazioni, ma anche nella trasmissione dei concreti prodotti di analisi, determinino un margine di errore molto grave, che intanto va assolutamente verificato, al fine di verificare se in quella struttura ci sono sistemi efficaci di controllo della qualità dei risultati ottenuti e se le strutture si sono dotate di unità di rischio e di controllo.
Un altro dei grandi temi, che è importante avere presente in questo caso, è la necessità di inseguire l'obiettivo della sicurezza attraverso una dotazione strumentale e tecnologica sempre più avanzata.
Ma proprio questo porta, molte volte, a considerare obsoleti strumenti e procedure, e quindi a rinnovarli, senza che si siano innescati due processi virtuosi: da un lato, quello della formazione del personale alle nuove metodiche, dall'altro, quello della verifica effettiva del delta di vantaggio esistente fra le strutture precedenti e le nuove strutture che si vanno a creare.
Ci sono anche alcuni elementi che non possono essere trascurati, soprattutto inPag. 31questo momento, in cui c'è una sorta di blocco, per esempio, all'assunzione del personale medico e del personale infermieristico, in cui le condizioni di stress in cui versa il personale creano dei coefficienti di assenteismo abbastanza elevati, con una ricaduta del surplus di lavoro sulle unità presenti in corsia.
Nel periodo che va dal settembre 2005 al febbraio 2007, le più gravi forme di malpractice segnalate sono state: lo scambio di pazienti, l'individuazione errata delle parti del corpo da operare, la somministrazione scorretta di farmaci, le complicazioni post anestesia e durante i parti, le morti inspiegabili dopo un'operazione.
La chirurgia risulta il reparto più a rischio, registrando il 26 per cento degli eventi sentinella, seguita dalla ginecologia con il 17 per cento, dalla medicina con il 13 per cento e dal pronto soccorso con il 12 per cento.
Dobbiamo anche tenere presente che gli ospedali segnalano spontaneamente il sinistro solo in un caso su due, e, pur riconoscendo l'importanza dell'individuazione degli errori nella prevenzione dei rischi, il personale sanitario è restio a segnalare gli eventi avversi.
Secondo una ricerca condotta dal Cineas nel 2006, il 76 per cento dei direttori sanitari, dei vertici sanitari e degli hospital risk manager evidenziava la necessità di sfruttare ogni incidente per prevenirne altri in futuro, ma nella maggior parte dei casi sono i pazienti e le loro famiglie a denunciare le malpractice.
Gli operatori del settore citano, tra le cause degli eventi avversi che si verificano in corsia, i turni troppo stressanti e l'assegnazione di compiti troppo difficili a personale non esperto.
I professionisti della sanità sottolineano, inoltre, che nella maggior parte dei casi la responsabilità di un sinistro non è attribuibile alla responsabilità di una singola persona, ma all'intera organizzazione, che non prevede adeguati sistemi di risk management.
Troppo spesso l'incidente in corsia è dovuto ad una serie di concause, che non sono attribuibili ad un unico soggetto. L'IPASVI di Roma, che è il collegio degli infermieri, ha realizzato una ricerca sui near misses, i danni evitati, condotta in collaborazione con l'università di Toronto e nove aziende ospedaliere dell'area romana.
Le principali cause di errore rilevate sono riferibili a: stanchezza, doppi turni di lavoro, diminuzione del personale, aumento dei carichi di lavoro, turn over del personale, comunicazioni errate od omesse, interferenze ambientali, deficit strumentali e organizzativi.
Per i medici diventa sempre più difficile difendersi: il paziente dimostra che la condotta del professionista non è andata a buon fine e questi deve provare che i fatti avvenuti non sono ricollegabili al proprio operato, ma ad eventi fortuiti e imprevedibili.
In questo clima di sfiducia, diventa sempre più importante migliorare i processi di comunicazione tra medico e paziente, ma anche tra strutture cliniche e amministrative.
A questo punto, a noi sembra che il senso di una Commissione d'inchiesta potrebbe servire intanto a verificare se nelle strutture ospedaliere c'è davvero una fonte strutturata con chiarezza, capace di garantire i livelli di analisi e anche di codifica degli errori che vengono commessi, ma anche i rimedi che vengono posti per correggere questi errori, che siano di livello personale e individuale o di livello organizzativo.
L'obiettivo è quello di minimizzare al massimo il rischio degli errori, e, per fare questo, riuscire a capire cosa accade nelle stesse strutture ospedaliere, come e perché diventa fondamentale.
Questi sono gli obiettivi della Commissione: muoversi contemporaneamente su un binario, quello della valutazione dell'errore clinico, e quindi anche nell'interfaccia diretta e concreta con il personale medico, infermieristico e via dicendo, ma anche la valutazione degli errori legati ai modelli organizzativi e gestionali, e poi, da questo punto di vista, valutare se gli investimenti economici che si effettuano vanno nella direzione giusta.Pag. 32
Troppo spesso è più facile fare un investimento economico in una direzione tecnologica che non per acquisire una risorsa umana: se quella risorsa tecnologica doveva servire a ridurre il rischio, la mancanza della risorsa umana può invece creare un fattore di rischio molto forte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PAOLA BINETTI, Relatore. La Commissione può fare chiarezza su molti di questi eventi, e pur essendo di inchiesta può, nelle sue competenze, farsi poi portatrice di proposte e di suggerimenti che possono ridurre la gravità delle situazioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FERRUCCIO FAZIO, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, rinuncio ad intervenire in questa fase della discussione.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Laura Molteni. Ne ha facoltà.

LAURA MOLTENI. Signor Presidente, la scelta di istituire per la seconda legislatura consecutiva una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali conferma ancora oggi l'importanza del tema della garanzia nell'accesso ai trattamenti sanitari, nonché nella gestione del Servizio sanitario.
La tutela della salute rappresenta, infatti, un obiettivo fondamentale nell'attuale organizzazione delle funzioni pubbliche, sia perché incide sulla garanzia di un diritto costituzionale primario dell'individuo, quale quello di tutela della salute, sia perché rappresenta in maniera emblematica alcuni dei nodi problematici su cui si fonda lo Stato contemporaneo di diritto.
Il riferimento, in particolare, è alla natura finanziariamente condizionata del diritto alla salute, secondo quanto riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale, nonché alla collocazione del servizio di assistenza sanitaria al crocevia di una pluralità di interventi a livello statale, regionale e locale.
La complessità di questo sistema di tutela della salute consente di spiegare perché il Parlamento sia chiamato ad occuparsi, utilizzando lo strumento delle Commissioni di inchiesta, di questioni problematiche che rischiano di influire negativamente sul godimento da parte dei cittadini del fondamentale diritto alla tutela della salute. Due in particolare sono le questioni con cui l'istituenda Commissione dovrà confrontarsi: gli errori in campo sanitario, e le cause dei disavanzi sanitari regionali.
In primo luogo, vi è il problema degli errori sanitari, termine questo che comprende una pluralità di situazioni, che si traducono in un danno per il paziente: errori che possono essere determinati da sbagli umani, da malfunzionamenti di macchinari ed impianti tecnologici, da diagnosi mediche errate o, nei casi più gravi, da mala gestio o malversazioni. Voglio ricordare, in merito a tali fattispecie, quanto accaduto tempo fa nell'azienda ospedaliera di Careggi, a Firenze, il caso di trapianti di organi provenienti da un donatore sieropositivo, piuttosto che quanto è successo in una nota clinica milanese, la Santa Rita, fatti sicuramente scandalosi e preoccupanti e a danno dei pazienti e del sistema sanitario stesso.
Tali vicende hanno evidenziato la necessità di individuare eventuali falle nel sistema sanitario, al fine di evitare che attraverso di esse possano operare criminosamente anche soggetti senza scrupoli, che nella logica dell'only for business hanno poi tutt'altri interessi fuorché quelli veri, legati al bene della salute dei cittadini che è un bene primario, ponendo al centro dell'intervento sanitario la persona in quanto tale. Chi si comporta in tale modo, credo e sono convinta che debba essere espulso dal sistema sanitario; e mi riferisco a questo proposito a quanto accaduto, lo ricordavo prima, in quella famosa clinica milanese.Pag. 33
In riferimento alle vicende sopra descritte non dobbiamo dimenticare che i veri protagonisti sono i pazienti, ai quali siamo vicini e solidali e per i quali andiamo oggi ad istituire una Commissione di inchiesta. Voglio anche ricordare che la percentuale maggiore di controlli in Italia, attestati intorno al 6 per cento dei quali il 5 per cento certificati, li attua la regione Lombardia, mentre in altre regioni detti controlli si attestano solamente intorno all'1,5 per cento. È chiaro che in queste condizioni è molto alto il rischio che certe situazioni a danno dei pazienti, dei contribuenti e del Servizio sanitario non emergano, o emergano solo come punte dell'iceberg.
Ma anche qualora questi fondamentali e necessari controlli fossero elevati al 10 per cento resterebbero comunque insufficienti rispetto alle situazioni reali in cui versa il Paese in tema di sanità. Si tratta di una situazione che abbiamo ereditato - lo voglio ricordare - dal precedente Governo Prodi.
A fronte di tutto ciò, ritengo anche che oltre a incrementare il numero dei controlli regionali andrebbe meglio calibrato e rivisto, ove necessario, anche l'intero impianto del convenzionamento pubblico e privato sul piano sanitario gestionale, oltre a valutare l'introduzione di sistemi cosiddetti di gestione del rischio clinico (o meglio, di risk management) finalizzati ad evitare la possibilità di errori sanitari.
A livello istituzionale è poi noto come soprattutto in sede di Conferenza Stato-regioni si sia ormai da alcuni anni avviato un dibattito sulle possibili misure organizzative e funzionali atte ad elevare i livelli di sicurezza dei pazienti. Rispetto a tali dibattiti in corso i compiti attribuiti alla Commissione ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della proposta in esame sono destinati ad assumere un'importanza strategica ai fini della prevenzione degli errori sanitari. Infatti, solo attraverso una preventiva attività di ricognizione e monitoraggio delle cause di tali errori è possibile favorire la nascita di una nuova coscienza collettiva di riduzione del rischio.
In particolare, se la logica della prevenzione del rischio deve partire dal basso, ovvero dagli stessi medici, che rappresentano i veri protagonisti del sistema integrato di risk management, è altresì innegabile che solo attraverso un sistema organico di ispezioni e controlli è possibile garantire l'omogeneità dei comportamenti e la qualità dell'assistenza offerta ai pazienti sull'intero territorio nazionale. Per questo, in particolare, si ritiene necessario superare l'attuale asimmetria nei controlli di sistema, per cui in regioni come la Lombardia la percentuale dei controlli è intorno al 6 per cento - il 5 per cento certificato -, mentre la media nel resto del Paese si attesta su tassi più contenuti, intorno all'1,2 per cento, e in alcuni casi al 2 per cento.
In questa chiave di lettura è necessario elevare la percentuale dei controlli ordinari sulle cartelle cliniche portandoli su percentuali nettamente superiori a quelle attuali, al fine di promuovere analisi comparative sui ricoveri. Tale potenziamento complessivo della logica dei controlli e della prevenzione del rischio clinico è funzionale, in ultima istanza, a dimostrare che il problema degli errori sanitari (a differenza di quanto sostenuto da alcune forze politiche) non è tanto legato al ruolo e al peso degli operatori privati nell'organizzazione dei servizi sanitari regionali, ma che esso dipende anche dal ruolo che i soggetti pubblici - intesi nel loro ruolo di responsabili delle attività di programmazione, acquisto e controllo - intendono adottare nei confronti di tutti gli operatori pubblici e privati del sistema.

PRESIDENTE. Onorevole Molteni, mi scusi se la interrompo, ma desidero rivolgere un saluto al Presidente del Parlamento degli Emirati Arabi Uniti, che è presente in Aula: salutiamo Abdul Aziz Abdulla Al Ghurair, e grazie ancora per essere in visita nel nostro Parlamento (Applausi).
Onorevole Molteni, può proseguire, le chiedo scusa dell'interruzione.

LAURA MOLTENI. Passando ad analizzare il secondo dei macro-ambiti diPag. 34competenza su cui l'istituenda Commissione sarà chiamata a intervenire, quello relativo all'analisi delle cause dei disavanzi sanitari, vorrei innanzitutto ricordare che già nella passata legislatura la Lega Nord aveva sostenuto l'esigenza di ampliare le competenze dell'istituenda Commissione, incentrandone le funzioni sulla valutazione delle cause che hanno determinato il formarsi di ingenti disavanzi sanitari in alcune regioni.
Per comprendere l'importanza strategica del compito attribuito all'istituenda Commissione rispetto al problema dei disavanzi sanitari regionali, sui quali verte la nostra proposta depositata in questa legislatura e che viene discussa oggi insieme alle altre proposte, è necessario cercare di esaminare in un'ottica sistematica il problema.
Fin dal 1992, infatti, il settore sanitario ha sperimentato un processo di riforma orientato nel senso della regionalizzazione del relativo servizio, che ha finito per attribuire alle regioni un ruolo chiave nel governo della sanità, sia sotto il profilo dell'allocazione delle risorse disponibili, che nella definizione dei programmi di intervento sanitari.
Tale processo di regionalizzazione, tuttavia, si è svolto in un gioco alterno di chiaroscuri, che non ha favorito il consolidarsi di un univoco quadro giuridico e politico di riferimento. In particolare, si sono verificate falle sostanziali nel circuito della responsabilità, in quanto non vi è stata per tutte le regioni una piena coincidenza tra i livelli di autonomia riconosciuti e la sostenibilità dei relativi impegni di spesa.
Chiara testimonianza della natura incompiuta e disomogenea del decentramento sanitario si rinviene, infatti, nei provvedimenti di copertura dei disavanzi sanitari regionali adottati nella passata legislatura. Fin dal 2001, infatti, con il decreto-legge n. 347, è stato chiaramente sancito dalla legislazione ordinaria il fondamentale principio della responsabilità delle regioni nella copertura degli eventuali disavanzi regionali. Tale inderogabile principio ha rappresentato l'innovazione maggiormente significativa della prassi istituzionale dei patti di stabilità in ambito sanitario, che dal 2000 ad oggi hanno regolato in chiave di reciprocità gli impegni finanziari tra lo Stato e le regioni.
Tali disposizioni legislative, di per sé irreprensibili in linea di principio, continuano, tuttavia, ancora oggi, a rimanere lettera morta, data la perdurante disponibilità dello Stato, consolidatesi soprattutto nella precedente legislatura, ad intervenire con operazioni di ripiano a piè di lista. In particolare, se fino al 2006 gli interventi statali di ripiano hanno coinvolto tutte le regioni in base al criterio della quota capitaria, desta preoccupazione la tendenza assistenzialista affermatesi nella XV legislatura, chiaramente orientata a sostenere le regioni in difficoltà proporzionalmente all'entità delle relative inefficienze.
Tale atteggiamento dello Stato appare non sostenibile in una logica di lungo periodo, a fronte dell'inerzia ormai sistemica di molte regioni del centro-sud rispetto sia alla copertura dei disavanzi pregressi, che all'adozione delle misure di razionalizzazione della spesa, atte a garantire il rispetto del principio di pareggio di bilancio. Né, d'altro canto, il meccanismo dei piani di rientro stipulati dal Governo con le regioni che presentano maggiori disavanzi - mi riferisco in particolare al Lazio e alla Campania - sembra aver conseguito determinati risultati sul piano del risanamento della situazione debitoria pregressa. L'ultimo rapporto sulla finanza pubblica dell'ISAE (Istituto di studi e analisi economica), pubblicato nel giugno ultimo scorso, conferma, infatti, che le otto regioni che nel 2007 hanno chiuso il bilancio in pareggio, o addirittura in avanzo, sono tutte localizzate nel centro-nord: Toscana, Marche, Friuli, provincia di Bolzano, Umbria, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Viceversa, le sei regioni (Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Liguria e Abruzzo) interessate dalla stipula dei piani di rientro in relazione ai disavanzi del 2001-2005, hanno continuato, anche nel 2006 e nel 2007, a collocarsi in cima alla classifica interregionale per l'entità dei debiti. In particolare,Pag. 35si segnalano i disavanzi del Lazio (1.941 milioni di euro nel 2006 e 1.407 milioni di euro nel 2007)...

ROBERTO GIACHETTI. Il 2005?

LAURA MOLTENI. ...della Campania (1.787 milioni di euro nel 2006 e 697 milioni nel 2007), della Sicilia (699 milioni euro nel 2006 e 524 milioni di euro nel 2007). Proprio a causa dell'entità di tale situazione debitoria, è evidente che l'attuazione, sul piano operativo, dei fondamentali principi di efficienza, efficacia ed economicità, nel governo della spesa sanitaria, costituirà il principale obiettivo programmatico per la legislatura in corso.
Con questo intento, è significativo riflettere sull'esperienza maturata dalle Commissioni parlamentari di inchiesta che già nelle precedenti legislature si sono occupate dei problemi in esame. In particolare, nella relazione conclusiva della Commissione d'inchiesta istituita al Senato nella XIV legislatura sul tema dell'efficacia e dell'efficienza del Servizio sanitario nazionale si evidenziava come le problematiche rilevate in alcune realtà territoriali siano da attribuirsi non tanto alle risorse finanziarie, ma ai problemi derivanti dall'incapacità organizzativa ed attuativa di alcune regioni rispetto agli obiettivi programmatici concordati a livello nazionale e poi ulteriormente definiti a livello regionale.
In altri termini, le differenze riscontrate nelle diverse aree territoriali sembrano determinate non tanto da una palese difformità o inadeguatezza dei profili di normazione e programmazione regionali, quanto piuttosto dall'incapacità di alcune regioni di adottare gli adempimenti necessari per l'attuazione dei suddetti obiettivi ovvero di verificarne il compiuto rispetto. Tutto ciò spiega il perché dell'esistenza delle regioni virtuose e non. Infatti tali rilievi appaiono ad oggi assolutamente attuali, soprattutto alla luce del completo fallimento del piano di rientro della regione Lazio, siglato a chiare lettere nel decreto legge n. 154 del 2008, attualmente in fase di conversione presso il Senato.
Pertanto, si evidenziano due aspetti importanti. Da un lato in quel decreto il Governo, prendendo atto della situazione di emergenza finanziaria regionale tale da compromettere gli impegni finanziari assunti dalla regione stessa nonché l'ordinato svolgimento del sistema dei pagamenti regionali, autorizza l'erogazione dei maggiori finanziamenti statali pure in assenza di una verifica positiva degli adempimenti adottati dal Lazio in attuazione del piano di rientro. Da un altro lato, il percorso di riforma che condizionerà profondamente gli aspetti economici dell'assistenza sanitaria è quello legato all'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale, che inevitabilmente determinerà una sostanziale trasformazione dei meccanismi e delle procedure di finanziamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria. Se si considera infatti che al finanziamento del Servizio sanitario è dedicato in media l'80 per cento del bilancio di una regione si capisce e si comprende perché solo attraverso il federalismo fiscale sarà possibile vincolare tutte le regioni, anche quelle del sud, al rispetto delle fondamentali regole di economia sanitaria nell'utilizzo delle limitate risorse disponibili. Deve essere ovviamente ribadito che promuovere il principio dell'autosufficienza finanziaria e dell'autonomia impositiva delle regioni non significa abbandonare quella logica di welfare State che da sempre ha informato il nostro servizio sanitario.
In questo senso il federalismo fiscale costituisce per le regioni un incentivo determinante ad adottare effettivi meccanismi di controllo della spesa e di promozione dell'efficienza nel funzionamento e nell'erogazione delle strutture sanitarie. In un sistema federale non c'è spazio, non c'è spazio - lo ribadisco - e non ci deve essere spazio per i ripiani a piè di lista da parte dello Stato basati sul disavanzo e sulla spesa storica. È evidente che, in un sistema maturo di federalismo sanitario, tali situazioni di emergenza non dovrebbero mai verificarsi, sicché appare tanto più necessario promuovere tutte quelle iniziative, anche a carattere ispettivo, attePag. 36a comprendere le dinamiche e le ragioni del formarsi di disavanzi sanitari, e quindi a prevenirne il consolidamento.
Ed è esplicitamente in questa chiave di lettura che auspichiamo che l'istituzione della Commissione d'inchiesta possa costituire una valida opportunità per il consolidamento di una nuova cultura dell'autonomia sanitaria incentrata sul principio della responsabilità e della responsività, sia nel rapporto tra medici ed assistiti, sia nel sistema di relazione tra i diversi livelli di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Laura Molteni, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Farina Coscioni. Ne ha facoltà.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Servizio sanitario nazionale è stato istituito trent'anni fa, ha subito una profonda ristrutturazione e riforma negli anni Novanta, con la riforma del 1992 e del 1993, prima, e con altre integrazioni, poi, soprattutto per quanto riguarda i meccanismi di funzionamento interno e il ruolo delle regioni, che detengono la gestione e la responsabilità dell'erogazione fisica di tutti i servizi e prestazioni sanitarie, dunque la spesa.
Con il decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, sul federalismo fiscale, era stato deciso di trasferire anche il controllo delle entrate alle regioni, con un lunghissimo periodo transitorio di tredici anni ed un percorso contraddittorio, mai portato a conclusione effettiva. Anzi, negli ultimi anni, contraddicendo il federalismo sanitario, lo Stato è intervenuto per finanziare alcuni debiti sanitari regionali dovuti ad incapacità gestionali e al rifiuto da parte di alcune regioni di ristrutturare le proprie strutture ospedaliere. Lazio, Campania e Sicilia detengono da sole l'85 per cento di tutto il debito sanitario nazionale.
Ora sembra che nei prossimi mesi il Governo voglia concludere anche questa parte, stabilendo le regole di federalismo sanitario anche sul fronte delle entrate e della loro responsabilità. Tutto ciò concluderebbe l'organizzazione, soprattutto interna, del Servizio sanitario nazionale (rapporto Stato-regioni, rapporto regioni-aziende sanitarie e strutture, meccanismi di finanziamento, solo per citare alcuni aspetti).
La parte carente dell'assetto del Servizio sanitario nazionale è quella relativa al rapporto esterno, principalmente con i cittadini, che è stato troppo spesso subordinato agli interessi interni della sanità. Mentre, infatti, per molti aspetti il Servizio sanitario nazionale ha anticipato scelte poi fatte anche da altri Paesi, per gli aspetti di tutela dei diritti dell'informazione, della libertà di scelta e della sicurezza degli utenti-pazienti, altri Paesi sono molto più avanzati e sensibili.
In molti Paesi, soprattutto anglosassoni, ci si è occupati, già a partire dagli anni Novanta, del grandissimo problema degli errori medici, dei loro effetti, della loro misura, del modo in cui limitarli e governarli, individuando metodi e strumenti. Da noi solo ora se ne parla, sulla spinta di casi di malasanità, dell'esplosione del contenzioso giudiziario, e della conseguente esplosione dei costi assicurativi per le aziende ospedaliere e per gli operatori. Le corporazioni mediche e gli ordini hanno fatto sempre barriera contro interventi in questo settore.
Il Parlamento nel luglio 2007 ha stralciato dal disegno di legge n. 1598 presentato al Senato la parte relativa all'obbligo di istituire in ogni struttura sanitaria un'unità di gestione del rischio e ha, invece, approvato in poche settimane la parte relativa all'intra moenia, ovvero alla possibilità per i medici ospedalieri di esercitare anche privatamente e a pagamento negli ospedali.
Ora si istituisce una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali: ben venga la Commissione (meglio tardi che mai), anche sePag. 37poteva essere una Commissione bicamerale - ci si preoccupa, anche qui, più degli interessi interni della politica che di quelli della salute dei cittadini - e, soprattutto, poteva essere approvata rapidamente anche una legge che obbligasse ogni struttura sanitaria pubblica o privata a dotarsi di unità di gestione del rischio, prevedendo penalità sul finanziamento per le regioni che non lo avessero fatto immediatamente.
Gli errori medico-sanitari sono infatti una vera emergenza nazionale: molti altri Paesi lo hanno già capito, e le stime più prudenziali parlano di oltre 30 mila morti e 300 mila danneggiati ogni anno in Italia per errori medici in ospedale. Siamo di fronte ad una strage degli innocenti inconsapevoli: trenta volte i morti sul lavoro e sette volte i morti per incidenti stradali.
Venendo al testo unificato in discussione, vorrei che si ponesse l'attenzione su alcune questioni che meritano di essere approfondite. In primo luogo, si prevede di indagare un po' su tutto ma non ci si occupa degli utenti-cittadini. Nel testo non è prevista la verifica dei diritti, della libertà consapevole di scelta, dell'informazione disponibile, del livello di soddisfazione, dei reclami.
La seconda questione riguarda il fatto che gli errori sono visti come effetti di cause singole, mentre molto spesso si tratta di conseguenze dell'organizzazione dell'intero percorso di cura, che può presentare, in alcune circostanze particolari, falle che conducono all'errore e al danno. Dunque, è importante rilevare se sono state effettuate analisi di processo.
La terza è che la preoccupazione non deve essere posta solo sugli errori in sede ospedaliera, ma sull'intero sistema.
Quarta questione: non vi è attenzione ad uno degli aspetti più rilevanti dei moderni sistemi sanitari, ossia la valutazione della reale efficacia delle cure. Quinta questione: manca una parte che indaghi sull'effettiva presenza e attività dello strumento principe per limitare gli errori, le unità di gestione del rischio. Sesta questione: manca un'indagine specifica su strutture che spesso hanno dati ed indicatori spaventosamente inefficienti, come ad esempio i policlinici, soprattutto per quanto riguarda la parte economica e gestionale, la sovrabbondanza di personale, la confusione organizzativa, la concentrazione di interessi di parte.
Ultima questione: manca la valutazione sulle conseguenze di una politica lassista sul numero di iscritti alla facoltà di medicina, che sino ad ora ha tenuto conto più degli interessi del potere accademico che di quelli di giusta programmazione del Servizio sanitario nazionale.
Per concludere, l'attività della Commissione deve essere rivolta esclusivamente alla difesa degli interessi di salute dei cittadini e non delle corporazioni o di poteri interni alla sanità. Se con ritardo ci si preoccupa degli errori medico-sanitari e dei loro effetti sui pazienti, ciò è dovuto anche all'autoreferenzialità che da sempre caratterizza il mondo della sanità e medico in particolare. Proprio per difendere anche la professionalità di tanti operatori, è necessario avere d'ora in avanti un solo parametro di valutazione: la salute e i diritti dei cittadini.
Allo stesso modo, non è più possibile tollerare lo spreco, l'incapacità e l'ignavia gestionale che hanno caratterizzato la gestione di alcune regioni, indipendentemente da schieramenti e maggioranze. Errori e dissesti hanno per troppo tempo avuto come vittime inconsapevoli ed inermi i cittadini e la loro salute. Questa Commissione avrà successo se saprà misurare, rilevare, rappresentare e pubblicizzare, senza esitazioni e reticenze, sia dimensioni e cause degli errori nella sanità, sia l'evoluzione e le cause dei dissesti finanziari in alcune regioni. Deve terminare il tempo delle protezioni e della sudditanza verso la potenza degli appalti e delle corporazioni (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media «Alberto Marbelli» di Rimini, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritta a parlare l'onorevole Mura. Ne ha facoltà.

Pag. 38

SILVANA MURA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il settore della salute pubblica è da sempre di estrema rilevanza nella vita di un Paese. Tale rilevanza è sancita dalla stessa Costituzione italiana, che all'articolo 32 stabilisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Quello alla salute è dunque un diritto fondamentale di ogni individuo, che per essere realmente rispettato ha bisogno di un sistema sanitario che funzioni davvero, di una sanità che ha il dovere di offrire le stesse opportunità di accesso e le stesse qualità di cura a tutti i cittadini e su tutto il territorio nazionale, proprio per evitare inaccettabili squilibri che, di fatto, contravverrebbero al disposto costituzionale.
L'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in ambito sanitario è lo strumento migliore per verificare se il sistema sanitario italiano funziona ai livelli che la Costituzione gli impone o se invece ha al suo interno malfunzionamenti, che devono essere individuati e corretti.
Fornire un giudizio sulla sanità italiana è compito certamente arduo, perché i dati su cui basare il giudizio sono sovente di segno opposto: se da un lato è certamente innegabile che il Servizio sanitario italiano presenta punte di grande eccellenza, che il personale medico e infermieristico, nella maggioranza parte dei casi, è una risorsa che va tutelata e valorizzata per consentirle di dare il meglio, dall'altro lato, è certamente vero che la cronaca quotidiana porta alla ribalta casi sconcertanti. Abbiamo ancora tutti negli occhi le vicende sconvolgenti accadute alla clinica Santa Rita di Milano (inevitabilmente ribattezzata «clinica degli orrori») e, ancora più recenti, gli scandali di corruzione politica legati alle prestazioni sanitarie, che hanno portato alle dimissioni dell'intera giunta regionale della regione Abruzzo. Questi episodi rappresentano solo la punta di un iceberg gigantesco, che ha il grosso della sua mole al di sotto del livello dell'acqua.
I dati più recenti ci dicono che, dal punto di vista economico, la sanità - tra ospedali, esami, cure e terapie varie - costituisce un business del valore di 100 miliardi di euro, una cifra che equivale a quasi il 7 per cento della ricchezza del Paese e in media al 53 per cento della spesa delle regioni, con punte del 70-80 per cento per alcune di esse.
Una torta così ricca ed appetitosa costituisce inevitabilmente un terreno fertile sul quale la corruzione prospera. Infatti, secondo la relazione presentata alla fine del 2007 dal Commissario anticorruzione, tra il 2006 e il 2007, su 6.752 persone denunciate per corruzione nella pubblica amministrazione, ben 3.219 operavano nel campo della sanità. Negli ultimi sei anni, i bilanci regionali hanno prodotto 30 miliardi di euro di deficit solamente a causa di sprechi prodotti negli ospedali e nelle cliniche, praticamente, il valore di un'intera legge finanziaria, gettata in un cestino o, peggio, finita nelle tasche di poche persone.
Di fronte a tutto ciò, non si può certamente voltare lo sguardo da un'altra parte facendo finta di niente e, soprattutto, non può farlo il Parlamento. Vi sono due modi per affrontare la situazione: il primo è quello delle accuse generalizzate e demagogiche, a cui seguono annunci di provvedimenti draconiani. Questo metodo - utilizzato, purtroppo, da qualche membro del Governo - è quello più adatto a generare allarmismo e a fomentare un'inaccettabile caccia alle streghe nei confronti della classe medica, ma è assurdamente inutile per risolvere i problemi.
Vi è, poi, un metodo serio e responsabile di affrontare la situazione, quello rappresentato dall'istituzione di una Commissione d'inchiesta parlamentare, che si occupi di fotografare l'esistente e di individuarne le criticità, al fine di predisporre soluzioni adeguate. Su questa strada si è già incamminato il Senato della Repubblica, che ha istituito un'apposita Commissione d'inchiesta che, proprio in questi giorni, si avvia a dare inizio ai propri lavori. Lo stesso riteniamo opportuno debba fare la Camera dei deputati, comePag. 39doveroso segnale di attenzione nei confronti dei cittadini italiani, che hanno tutto il diritto di usufruire di un sistema sanitario efficace e di qualità.
Il testo che la Camera oggi inizia ad esaminare va proprio in questa direzione, dando vita ad una Commissione d'inchiesta che indaghi a trecentosessanta gradi sulla qualità del sistema sanitario italiano. In questo lavoro di indagine è stato doverosamente inserito anche l'esame delle cause che hanno prodotto enormi disavanzi regionali.
Già nella scorsa legislatura, era stata istituita, nel luglio del 2007, una Commissione d'inchiesta in materia sanitaria; lo scioglimento anticipato delle Camere non ha consentito che pochi mesi di lavoro, un tempo assolutamente insufficiente per produrre qualche risultato di rilievo. Ora abbiamo di nuovo la possibilità di far ripartire quel lavoro con un arco temporale davanti che dovrebbe essere quello dell'intera legislatura.
In Commissione affari sociali, sul testo in esame si è registrato un consenso praticamente unanime da parte tutte le forze politiche, consenso che il gruppo dell'Italia dei Valori conferma nell'Assemblea plenaria, pur non rinunciando ad avanzare qualche rilievo costruttivo. Ho già avuto modo di dire che riteniamo positiva l'istituzione di una Commissione d'inchiesta in grado di analizzare in maniera approfondita il funzionamento della sanità italiana in ogni suo aspetto, da quello più propriamente clinico, a quello di natura politico-amministrativa. Riteniamo anche appropriato l'arco temporale che si è scelto di adottare per i lavori della Commissione - cioè, quello della durata dell'intera legislatura - perché la materia è talmente vasta e complessa da richiedere un tempo adeguato affinché possano essere individuate le criticità ed elaborate le eventuali soluzioni.
Apprezziamo, inoltre, la disponibilità della Commissione di merito ad aver accolto l'emendamento presentato dall'Italia dei Valori, che stabilisce che l'istituenda Commissione sarà chiamata a svolgere la relazione sul proprio lavoro solo alla fine del suo mandato, fermo restando l'obbligo di riferire all'Aula ogni qual volta vi siano casi di particolare gravità ed urgenza. Si tratta di una soluzione avanzata a garanzia del lavoro della Commissione stessa: infatti, dovendosi occupare la Commissione anche delle cause dei disavanzi dei bilanci regionali fino all'anno corrente e, dunque, dovendo toccare anche questioni strettamente legate all'attualità politica, relazioni svolte con cadenza annuale potevano dar vita ad un volume di polemiche tali da paralizzare l'attività della Commissione stessa per gli anni futuri. Tale eventualità, comunque, è sempre possibile, ma ci appare più remota con la versione attuale adottata.
Sempre con spirito costruttivo, ritengo sia necessario riproporre all'Aula una perplessità che il gruppo dell'Italia dei Valori ha già avuto modo di avanzare in Commissione di merito: una Commissione d'inchiesta che indaghi sugli errori e sulle disfunzioni in ambito sanitario - e, a maggior ragione, sulle cause dei disavanzi regionali - non può non porsi il problema di capire quanto influisca sulle inefficienze registrate lo stretto legame che esiste tra il potere politico e la nomina dei dirigenti apicali di tutte le strutture sanitarie. Il nocciolo della questione sta proprio in questo: il controllo che il potere politico esercita sulla sanità. Poiché è la politica che nomina i direttori generali e i direttori sanitari delle strutture del Servizio sanitario e, grazie a queste nomine, riesce ad influenzare indirettamente anche la scelta dei primari, troppo frequente è il caso in cui le cariche non vengono assegnate in base ai meriti professionali, ma in base all'appartenenza politica.
Questo criterio di selezione si ripercuote in gestioni amministrative non certo ispirate a criteri di economicità ed efficienza e in prestazioni sanitarie di bassa qualità. In Commissione, ad un emendamento specifico presentato in questo senso dall'Italia dei Valori, si è risposto che le finalità da esso sottese erano già considerate dall'articolo 3, comma 3, lettera b). Senza alcuna volontà di fare polemica, ci permettiamo di ribadire che affermare inPag. 40maniera più esplicita che tra i compiti della Commissione vi debba essere quello di capire quali e quanti danni produce il potere politico in campo sanitario renderebbe più completo il lavoro di indagine e predisporrebbe gli strumenti per poter procedere in seguito alla risoluzione del problema.
Ciò detto, non possiamo che ribadire il giudizio positivo dell'Italia dei Valori nei confronti del testo in esame, auspicando che, anche in Aula, si possa registrare la stessa collaborazione e lo stesso consenso già manifestati in Commissione per arrivare alla rapida istituzione della suddetta Commissione d'inchiesta (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Virgilio. Ne ha facoltà.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, pressoché quotidianamente dagli organi di stampa apprendiamo di decessi o gravi conseguenze per la salute dei cittadini determinati da presunti errori medici e/o da una cattiva organizzazione del sistema sanitario che fanno registrare, specialmente negli ultimi anni, un forte incremento del contenzioso in materia di responsabilità medica.
Questo fenomeno investe due aspetti importanti per cui, a mio avviso, si rende necessaria l'adozione di soluzioni rapide e concrete: da un lato, occorre rafforzare la tutela dei pazienti danneggiati da interventi compiuti con negligenza; dall'altro lato, occorre prevedere una qualche forma di protezione della classe medica da procedimenti giudiziari pretestuosi.
Per quanto riguarda questo secondo punto, certamente non si può negare la possibilità di errori medici, ma è necessario evidenziare che essi non sono valutabili secondo le dimensioni allarmistiche di dati spesso diffusi con una certa superficialità e che non fanno altro che provocare stupore e preoccupazione tra i cittadini, minando in modo irreversibile quel rapporto di fiducia medico-paziente che è alla base di una medicina efficiente ed efficace.
Vanno altresì ricordate le condizioni non ottimali (è stato già ricordato) in cui, a volte, il medico è obbligato a lavorare: organici insufficienti, basse risorse economiche, carenza di posti letto oppure posti letto in eccesso in altri ospedali.
D'altro canto - e questo è fondamentale - il malato va difeso, e deve avere un equo indennizzo in caso di errore dimostrato; va altresì ribadito che è opportuno intervenire per ridurre i tempi delle cause legali che attualmente sono troppo lunghi. Nello stesso tempo, i cittadini possono divenire oggetto della «medicina difensiva», ossia di quella serie di scelte diagnostiche e/o terapeutiche che i medici operano a volte più per cautela giudiziaria, che per reale convincimento scientifico.
In caso di segnalazioni di presunti errori medici, la giurisprudenza attualmente per giudicare la condotta del medico si avvale della sede penale, soprattutto quando si è in presenza di responsabilità per omissione, e della sede civile, con attese snervanti, per il medico e il paziente, di molti anni!
Si stima che l'80 per cento dei chirurghi abbia ricevuto almeno una richiesta di risarcimento o un avviso di garanzia per presunta malpractice e che gli operatori sanitari italiani trascorrano circa un terzo della propria vita lavorativa sotto processo. D'altronde, sono pochissimi i procedimenti giudiziari che si concludono con una condanna (circa due medici su tre, dopo un lungo calvario giudiziario, verranno riconosciuti innocenti, con una pronuncia di assoluzione o il rigetto della domanda avanzata per l'infondatezza dell'azione) e il medico messo sotto accusa non ha nessun modo per rivalersi.
Ne consegue che i nostri specialisti applichino sempre più spesso, come dicevo, la cosiddetta «medicina difensiva», ossia il procedere a scelte terapeutiche condizionate da cautela giudiziaria, piuttosto che dettate da effettivo convincimento scientifico, con gravi ricadute economiche e assistenziali per la sovraprescrizione di esami, farmaci e ricoveri.
Voglio ricordare, per esempio, che nel 2003, nella regione Lazio (in cui io vivo) èPag. 41stata fatta una tac ogni sette abitanti e in Italia - lo riferisce la Società italiana di radiologia medica - si effettuano cinquantadue milioni di esami radiologici ogni anno, quasi uno per cittadino.
Eppure, a detta dell'OMS, il nostro Servizio sanitario nazionale, sarebbe il secondo al mondo (dopo quello francese) per efficienza e qualità, e non mancano certo i centri di eccellenza che sono tra i migliori e i più competitivi.
Inoltre, in Italia, negli ultimi quarant'anni - occorre ricordarlo - la mortalità perinatale è diminuita del 90 per cento. Eppure, pressoché quotidianamente, i mass-media riferiscono episodi inquietanti e non accettabili.
L'ultimo caso di malasanità ha visto protagonisti tredici medici - tra i quali un primario - e il titolare della clinica Santa Rita di Milano, come è stato ricordato, ma non possiamo dimenticare quanto accaduto nel recente passato all'ospedale di Castellaneta, in quello di Vibo Valentia, al Sant'Orsola di Bologna, al Sant'Anna di Como e in altre strutture sanitarie. Sono eventi, infatti, che non sono esclusivi della sanità privata, ma accadono anche nel comparto pubblico.
Queste vicende, oltre ad essere inconcepibili, inaccettabili, dal punto di vista umano, procurano gravi danni economici e dal punto di vista del rapporto tra i cittadini e le istituzioni. Viene, infatti, gravemente minata la fiducia dei cittadini nel Servizio sanitario nazionale e, peggio ancora, viene messo in forse il delicato rapporto di fiducia che deve sempre esistere tra medico e paziente, che è alla base della medicina e del giuramento di Ippocrate e rappresenta un punto fondamentale di qualsiasi sistema sanitario avanzato.
Lo Stato, dunque, in forza anche del dettato costituzionale, che include tra le materie sulle quali esso ha legislazione esclusiva anche «la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale» deve dare risposte rapide ed efficaci ai cittadini che chiedono garanzie, affinché eventi del genere non si ripetano mai più. La salute è un diritto assoluto, inalienabile e gratuito per tutti i cittadini ed è tutelata dallo Stato in quanto è una delle risorse fondamentali della collettività. Occorre allora garantire, attraverso la tutela del diritto alla salute, anche un livello elevato di tutela del diritto alla vita, anche attraverso le garanzie di qualità del sistema sanitario!
Occorre poi stabilire quali e quanti errori siano da attribuire ai processi organizzativi e a problemi strutturali. In proposito, grande è infatti il rischio di un'eccessiva burocratizzazione delle procedure - lo diceva anche il relatore Binetti, che ringrazio pubblicamente - che rischia di distrarre il personale medico e sanitario dall'obiettivo fondamentale della tutela della salute del paziente. Particolarmente rilevante appare in quest'ambito il problema, ad esempio, dei DRG cui accenno rapidamente, che negli ultimi quindici anni hanno modificato profondamente la natura dei rapporti finanziari tra le regioni e le strutture sanitarie. Alcuni DRG si sono rivelati decisamente inadeguati, per il fatto di prevedere rimborsi eccessivi o, al contrario, troppo esigui (occorre rivedere uno dei compiti di questa Commissione). Infine, i problemi di stretta rilevanza economica, con il preoccupante fenomeno delle Regioni virtuose e di quelle con grave disavanzo, e quindi con la complessità di interventi per la messa in opera dei piani di rientro, rischiano di apportare ulteriori dubbi ed incertezze.
Queste sono solo alcune rapide sottolineature che impongono al Parlamento italiano di istituire, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare d'inchiesta - vorrei ricordare anch'io che in Commissione affari sociali abbiamo lavorato opportunamente, con grande collaborazione tra tutte le parti politiche - con il compito di indagare, a tutto campo, sulle cause e le responsabilità degli errori sanitari nelle strutture pubbliche e private nonché sulle cause di ordine normativo, amministrativo, gestionale, finanziario, organizzativo e funzionale, ovvero attinenti al sistema di monitoraggioPag. 42e controllo che, nelle regioni interessate, hanno contribuito alla formazione di disavanzi sanitari non sanabili autonomamente dalle regioni medesime, anche al fine di accertarne le responsabilità. Noi del PdL siamo convinti di questo e daremo tutto il nostro apporto perché i cittadini abbiano rapidamente risposte concrete alle inefficienze che sono state messe in evidenza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, stiamo intervenendo in quest'Aula, con la consapevolezza di costruire un percorso utile anche ai colleghi nei prossimi giorni, per una decisione che deve essere fondata e ponderata. Come ha fatto la relatrice questa mattina, anche noi cerchiamo di vedere la materia sotto diverse angolature, cercando di evidenziarne la consistenza e soprattutto di fornire alcune nostre valutazioni, dal momento che abbiamo potuto approfondire e seguire il provvedimento. Personalmente, ritengo che l'istituzione di una Commissione di inchiesta costituisca sempre una forma molto alta di controllo democratico che viene affidato alle istituzioni parlamentari. Pertanto, il fatto che ne parliamo in un Aula oggi in parte vuota non significa che l'argomento non abbia una sua rilevanza e ci auguriamo che, in sede di discussione sulle linee generali e nella definizione del percorso, si possa parlare apertamente e approfondire la questione il più possibile.
Si tratta di una Commissione che ha il mandato di vigilare sugli errori in campo sanitario. Abbiamo, inoltre, rapidamente accennato - ma è un tema che sostanzialmente ha pari dignità - alle cause dei disavanzi regionali, che pesano in maniera rilevante sulla salute del nostro Paese. Al riguardo, credo vi siano responsabilità trasversali, accumulatesi nel tempo. Siamo di fronte ad un compito, la cui rilevanza assume una valenza del tutto particolare, proprio a motivo dell'oggetto dell'indagine: il tema della salute, infatti, è di quelli che necessita di un'attenzione e di un monitoraggio costanti sotto un duplice profilo. In primo luogo, perché è la nostra Carta costituzionale a sancire che la tutela della salute rientra nel novero dei diritti fondamentali e prioritari dell'individuo; in secondo luogo, perché è sempre la Costituzione che richiama il principio di uguaglianza che deve permeare l'attuazione dei diritti fondamentali in favore di qualsivoglia soggetto. Sono, quindi, chiare le pietre miliari su cui devono poggiare l'azione e la responsabilità di controllo del Parlamento.
Capisco le preoccupazioni che tutti i colleghi hanno ottimamente evidenziato, però credo che le basi di questo lavoro siano ben definite. Da una parte c'è il diritto alla salute che deve essere assicurato secondo adeguati standard di cura in base alle conoscenze scientifiche in atto, dall'altra c'è il principio di uguaglianza che richiede che sia garantita l'attuazione uniforme delle tutele sull'intero territorio nazionale e per tutti i cittadini (e su ciò avrò modo di dire qualcosa più avanti).
Quindi, lo strumento dell'inchiesta parlamentare costituisce il mezzo più idoneo per monitorare in che modo questi due principi trovino attuazione. L'approccio alle criticità connesse a materie sensibili come quelle sanitarie richiede, infatti, l'utilizzo di strumenti di particolare incisività. La sensazione che si ha è quella che è mancata, in questi anni, una azione forte ed incisiva, sia in termini preventivi, sia in termini di riorganizzazione del sistema.
In questa direzione è quindi di sostegno la nostra Costituzione, che consegna alle Camere la facoltà di istituire Commissioni d'inchiesta in grado di procedere alle indagini ed agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. Si tratta, credo, di un passaggio importante e che dà anche un peso al lavoro che si sta svolgendo. La circostanza che già dalla quindicesima legislatura siano stati attivati strumenti di indagine nel settore della sanità, peraltro con il consenso largo dei gruppi di maggioranza e di opposizione, dimostra che è essenziale al lavoro parlamentare il conseguimento di una conoscenza approfondita di certe dinamichePag. 43per comprendere il senso di alcune carenze. Sono altri i soggetti chiamati ad accertare i reati e ad erogare sanzioni. Con lo strumento della Commissione abbiamo il dovere di esaminare ciò che contrasta con l'interesse del Paese e di farne tesoro al momento della elaborazione delle leggi.
I compiti che la Commissione è chiamata ad assolvere sono amplissimi, ma possono essere raggruppati attorno a due grandi capitoli: da una parte i casi, e quindi le cause e la gravità degli errori che si verificano nelle strutture pubbliche e private, dall'altra la non adeguata gestione delle risorse economiche che ha originato, particolarmente in alcune regioni del Paese, pesanti disavanzi. I due fenomeni, a nostro giudizio, sono strettamente collegati perché, data l'estrema delicatezza dei diritti interessati, è altissimo il rischio che la zavorra dei bilanci in rosso possa poi incidere sulla qualità delle prestazioni fornite ai pazienti.
L'attenzione sulle cause che hanno prodotto deficit eccessivi da parte di alcune amministrazioni è rilevante per comprendere le disfunzioni nei processi decisionali che li hanno determinati, ma è soprattutto utile per evitare che le vicende di ordine finanziario possano scivolare sul terreno delle tutele, finendo con l'erodere la qualità e l'assistenza.
Alla luce di questi elementi, unico e forte è il comune denominatore del mandato che si intende attribuire alla Commissione: garantire un elevato livello di tutela del diritto alla vita attraverso la tutela del diritto alla salute. In linea con questo obiettivo, occorre dotare l'organo di un adeguato ventaglio di poteri, alcuni dei quali sono già stati evidenziati in maniera molto pertinente dai colleghi che mi hanno preceduto. Innanzitutto quelli funzionali ad ottenere un quadro chiaro dei fenomeni, tanto clinici in senso stretto, quanto finanziari, due aspetti che alcuni di noi vedono viaggiare insieme: guai a pensare alla Commissione come solo indirizzata ai problemi clinici.
Bene è stato fatto nel prevedere che l'indagine sugli errori, oltre all'incidenza in termini di vite umane o di danni alla persona, possa spingersi fino ad apprezzare le cause, in particolare quelle derivanti da carenze formative del personale medico o paramedico, piuttosto che da carenze organizzative aziendali o manageriali. La Commissione non procederà ad elevare accuse contro nessuno: l'indagine vorrà offrire alla valutazione politica dell'intero Parlamento un quadro sufficientemente esaustivo di criticità da affrontare con determinatezza e tempestività. La causa degli errori potrebbe avere anche una origine diretta rappresentata dal rischio di un'eccessiva burocratizzazione delle procedure, che potrebbe concorrere a distrarre il personale medico e sanitario dall'obiettivo fondamentale di preservare la salute dei pazienti.
A tale scopo ed al fine di valutare l'efficacia dei controlli di qualità sulle strutture, è utile che la Commissione verifichi il grado di attenzione prestato dalle strutture sanitarie pubbliche o private all'attuazione delle tecniche di gestione del rischio clinico. Tali tecniche sono necessarie per monitorare gli eventi avversi e per implementare le buone pratiche per la sicurezza. È particolarmente significativo che negli ambiti di indagine è stato menzionato quello relativo ai sistemi DRG, che regolano i rapporti economici tra le regioni e le strutture sanitarie. Ciò necessita di una analisi comparativa a livello nazionale al fine di fare emergere distorsioni che di fatto si traducono o in una inadeguatezza delle cure o in uno spreco delle risorse.
Sui temi economici legati alla salute occorre rigore, perché da essi derivano in maniera diretta effetti sul lato della qualità delle cure. Quindi, è necessario: eliminare gli sprechi; programmare degli interventi e verificare i risultati; prevedere trasparenza ed evidenza pubblica dei processi decisionali nella selezione delle risorse umane ad ogni livello e anche nell'acquisto di beni e servizi; garantire adeguatezza delle procedure di accreditamento delle strutture che erogano servizi per conto del sistema sanitario nazionale e anche la certezza nell'adempimento dellePag. 44obbligazioni contrattuali assunte dalle aziende che forniscono servizi alla sanità, ma soprattutto dagli enti che ricevono tali servizi.
Su questi capitoli l'attenzione della Commissione dovrà essere massima. Il divario esistente tra le due macroaree del Paese è molto evidente (è stato già accennato anche da qualche collega). Purtroppo cresce di giorno in giorno il divario tra il nord e il sud, anche nel settore della sanità. Potremo citare il fenomeno penoso del turismo sanitario dal Mezzogiorno verso il centro-nord alla ricerca del miglior ospedale in cui essere operato o nel quale eseguire un esame di alta diagnostica, ma potremmo anche citare tantissimi altri esempi. Di questo dovrebbe farsi carico la Commissione, che dovrebbe in sostanza verificare lo stato delle liste di attesa e i motivi che le originano, anche in rapporto alla disponibilità di strumenti e di risorse umane disponibili, senza fare tutta l'erba un fascio.
Occorre, inoltre, monitorare i costi delle prestazioni essenziali che vengono erogate (che debbono essere riportate in un quadro di analisi comparativa per meglio individuare eventuali dislivelli macroscopici anche le loro cause) e l'esistenza di buone pratiche mediche eccezionali suscettibili di essere anche replicate altrove. L'idea del gemellaggio per cui dove si fa bene si esporta è una pratica che dobbiamo sostenere ed incentivare.
Il funzionamento dei servizi di emergenza è essenziale soprattutto nei piccoli comuni lontani dai grandi centri abitati. È un grande tema che negli ultimi mesi è oggetto anche di allarmi che si vanno generalizzando. Lo stato di attuazione del programma di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario è necessario e non solo all'interno degli ospedali: basta oggi leggere il giornale e vedere quello che sta accadendo in alcune carceri in termini di allarme sanitario e di condizioni sanitarie e igieniche in cui la popolazione carceraria vive.
Dal punto di vista del metodo è significativa la previsione secondo la quale la Commissione relazionerà all'Assemblea della Camera, oltre che alla fine dei lavori, ogni qual volta vi siano casi di particolare gravità ed urgenza. Considerato il tempo che stiamo vivendo, credo che questo sia un fatto fondamentale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DONATO RENATO MOSELLA. Tale impostazione, nuova rispetto al passato, contribuirà in maniera forte e continuativa alla più ampia condivisione democratica dei risultati della Commissione.
Concludo, signor Presidente, con un'ultima annotazione che è opportuna in ossequio al principio del bicameralismo perfetto che regge la nostra istituzione parlamentare. Come ha ricordato la relatrice Binetti, al Senato è stata istituita la Commissione parlamentare di inchiesta sull'efficacia e l'efficienza del servizio sanitario nazionale; attese l'ampiezza e la complessità dei temi da trattare noi non vediamo il rischio di una sovrapposizione tra l'attività della Commissione di cui stiamo discutendo e quella istituita in Senato perché davvero abbiamo di fronte un mare di problemi. Pertanto, credo che dividersi tra Camera e Senato alcuni binari di indagine, di approfondimento, di audizione e di soluzioni, potrebbe essere solo un vantaggio; anzi, è il lavoro autonomo di entrambe le Commissioni che potrà contribuire a far emergere i dettagli di un universo molto complesso e frastagliato come quello della sanità in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito sull'istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali è importante, ma è pure vero che dovremmo fare una piccola riflessione sul fatto che questo Governo non dà la possibilità di avere un Ministro della sanità,Pag. 45interviene sulla sanità, ma lo fa con un taglio molto pesante delle risorse: nel 2009 di 834 milioni di euro, nel 2010 di 2.641 milioni di euro, nel 2011 di 3.481 milioni di euro.
Questo è un fatto pesantissimo perché sottende una logica, non politica, ma di comportamento, che vige in Italia, ma che - mi dispiace - si sta diffondendo nel mondo intero; è un modello di comportamento che si indirizza verso la produttività e non verso la solidarietà o il rispetto della vita umana. A questo si deve rispondere e su questo occorre fare chiarezza; a ciò dobbiamo contribuire tutti noi, parlamentari dell'opposizione e della maggioranza, per intraprendere un cammino che riporti nella giusta via alcune regole che dovrebbero valere al di sopra di qualsiasi altro tipo di pensiero.
Colleghi, la Commissione d'inchiesta della precedente legislatura aveva ascoltato il presidente della regione Calabria, Agazio Loiero, in un'audizione dell'11 dicembre 2007, nella quale questi denunciava l'estrema frammentazione della rete ospedaliera e le difficili conformazioni orografiche del territorio calabrese, la presenza di personale sanitario di qualità non adeguata e caratterizzato da una diffusa precarietà, nonché un eccessivo numero di strutture ospedaliere, tra le quali alcune nettamente fatiscenti ed obsolete.
A questi interventi svolti in audizione da Agazio Loiero rispondeva l'allora ministro Turco, nella seduta del 19 dicembre 2007, rassicurando il presidente della regione Calabria, creando determinate condizioni per dire che non c'era da preoccuparsi, che il Governo sarebbe intervenuto con metodi e sistemi di garanzia che avrebbero potuto assicurare una migliore qualità alla sanità in Calabria e in altre regioni. Il Ministro, con l'accordo del 6 dicembre 2007, assumeva impegni per la realizzazione di nuovi ospedali, quali quelli di Vibo Valencia, Catanzaro e Gioia Tauro, volti dunque alla creazione di strutture, ma non solo, perché avevano anche ad oggetto l'organizzazione di funzioni ispettive e direttive per garantire i livelli essenziali di assistenza, la creazione di un comitato strategico nazionale e tante altre cose.
Dove sono andati a finire? Sono andati a finire in un Governo che arriva subito dopo quello Prodi ed elimina completamente il Ministero della salute, pensando che la salute e la vita non siano fatti importanti, perché invece i fatti importanti sono altri argomenti di cui discutere. Lo affermo perché la Commissione Affari sociali aveva audito non solo Agazio Loiero, ma anche Augusto Battaglia, che, in merito agli sprechi, denunciava che alcuni policlinici erano a carico dello Stato, quando non solo dello Stato (e faceva nomi e cognomi). Si trattava del policlinico Umberto I, del policlinico Gemelli, i cui responsabili, in merito ai bilanci della regione Lazio, sostenevano che essi fossero in eccesso: il direttore lo documentava sostenendo che si fossero dovute affrontare spese che non erano dello Stato italiano. Eppure le hanno sostenute!
Lo affermo perché la sanità, in questo momento, sta attraversando un momento difficilissimo, come ricordava l'onorevole Mura, con riferimento ai medici che non hanno esperienza. Quanti sono i primari di pronto soccorso che non sono in grado di fare il medico? Quanti sono i primari di pronto soccorso che non sono in condizione di conoscere la differenza fra una brachialgia e un problema cardiaco? Quanti sono i primari di reparti di chirurgia che non sono in condizione di espletare il proprio ruolo? Ciò avviene perché la partitocrazia, fino a qualche anno fa, era punto di riferimento, di giudizio e di assegnazione di determinati ruoli: non lo era la meritocrazia, che non lo è ancora oggi! Allora il rischio di vita per mio figlio, il rischio di vita per i figli vostri e per i figli di ogni cittadino, così come il rischio nostro sono giornalmente presenti, perché esistono primari che non sono all'altezza di esercitare il ruolo che in questo momento stanno esercitando.
È importante, dapprima, svolgere una riflessione del genere e, poi, concludere con la questione relativa alla Commissione. Vi è, però, un altro tipo di problematica:Pag. 46l'inesperienza e l'errore. L'errore viene giudicato da chi? Dal perito e dal medico legale generico! Per un errore che riguarda un settore della cardiochirurgia si chiama un perito, che è un medico legale iscritto da due tre anni nelle liste dei medici legali dei tribunali, affinché egli effettui una diagnosi specifica in un determinato settore. È questo il modo di operare e di controllare?
C'è, però, un altro fatto ancora importante: quando noi parliamo di errori parliamo di preparazione del medico, ma non ci soffermiamo sulla qualità anche dei paramedici e sull'alimentazione che molte volte è somministrata ai pazienti all'interno degli ospedali. Avete mai visto che cosa mangiano gli ammalati ricoverati all'interno degli ospedali? Mangiano cibo di terza categoria, che viene posto in una vaschetta di plastica coperta da un foglio di plastica che, ad altissimo calore, sprigiona una fra le sostanze più tossiche che possano esistere, gli ftalati, che si depositano all'interno del cibo e provocano morte. Lo ftalato, infatti, all'interno del cibo, immediatamente, con un bioaccumulo, giorno dopo giorno, all'interno dell'organismo umano, non fa altro che modificare la cellula e conseguentemente provocare quel primo passo che porterà al tumore, ossia alla patologia neoplastica e, conseguentemente, alla morte. Questo è un altro problema che si deve affrontare.
Un altro problema molto importante è la libertà di cura. Cosa vuol dire? In molti, nel linguaggio comune, parliamo di libertà. Libertà significa che ogni paziente può scegliere la cura che desidera avere ed anche le cure che sono chiamate medicine non convenzionali. L'importante è che esse abbiano i requisiti della serietà e che vengano riconosciute come valide sotto tutti gli effetti, non soltanto da parte del paziente, ma anche da parte di gruppo di medici che conoscono perfettamente l'argomento di cui si sta parlando.
Ma sono solo questi gli argomenti che noi portiamo all'attenzione? No, signor Presidente. Portiamo all'attenzione anche il problema ambientale. Discutiamo degli errori che commettono alcuni medici per imperizia, imprudenza, negligenza, ma non parliamo degli errori che giornalmente commette il Governo approvando una norma, come l'articolo 10, comma 2, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, che autorizza deroghe alle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi, consentendo il superamento dei limiti fissati dal codice ambientale. Questo non è un fatto grave? Non potrebbe essere anche questo frutto di errore, di imperizia, di negligenza, di incapacità o di dolo pesante da parte di coloro i quali hanno fatto questa determinata scelta, che mette a rischio la vita di ogni cittadino, con l'inquinamento delle falde acquifere e dell'aria che respiriamo?
Oggi leggiamo su tutti i giornali che combustibili di rifiuti di qualità potevano essere utilizzati per i cementifici e per le centrali termoelettriche. Non è anche questa imperizia e un atto di grande irresponsabilità da parte del Governo? Una grande irresponsabilità!
Dunque, questa mia critica, anche se forse aspra e dura, come il mio modo di parlare e di usare il mio linguaggio, non vuole essere distruttiva, ma uno stimolo per affrontare i problemi e per mettere al primo posto il rispetto della vita e dell'essere umano, che oggi si è perso e giornalmente si perde, perché siamo in una società solo ed esclusivamente imprenditoriale. Quando dico imprenditoriale, mi riferisco al fatto che non c'è solidarietà.
In alcuni ospedali - lo denuncio pubblicamente - ci sono servizi di paramedici che sono incapaci ed inefficienti. Ma cosa si può fare? Si può intervenire con l'attività di sindacato ispettivo o sollecitando la Commissione, informandola che è successo un determinato fatto, e chiedendole di andare a verificare mandando prima un preavviso che avverte che domani ci sarà un intervento della stessa, per cui si veda cosa occorre fare? No! Occorre creare una Commissione funzionante sotto tutti i profili, come diceva la collega Mura. È anche necessario individuare delle sottocommissioni, svincolandole dalla Commissione,Pag. 47che relazionino alla Commissione, intervenendo in modo preventivo, sentendo, percependo ciò che accade nei vari ospedali.
Una sottocommissione potrebbe occuparsi della gravità degli errori sanitari, un'altra del programma straordinario di ristrutturazione dell'edilizia e dell'ammodernamento, perché sono tanti gli ospedali iniziati e mai realizzati.
Quante sono le apparecchiature obsolete all'interno di alcuni centri, non solo nel meridione ma anche nel nord, che formulano la diagnosi con un rischio molto alto, perché quel tipo di apparecchio è ormai obsoleto?
Un'altra sottocommissione si dovrebbe occupare del rapporto Stato-regioni, ma effettivamente, capendo quali sono i disavanzi e dando la responsabilità a coloro i quali hanno utilizzato in modo scorretto i soldi che gli venivano assegnati. Come si può capire ciò? Andando sul luogo, visualizzando e accertando. Noi siamo favorevoli alla creazione della Commissione di inchiesta e lo siamo fortemente, tanto è vero che vogliamo che funzioni. Vogliamo che vengano istituite tre sottocommissioni con distinti e separati compiti, che relazionino ogni tre mesi alla Commissione, che ne prende atto e di conseguenza decide sul da farsi.
Solo così, infatti, si potrà intervenire seriamente per modificare e per dare qualcosa di concreto al miglioramento della sanità.
La sanità, infatti, non si migliora eliminando il Ministero; non si migliora non occupandosi del problema ambientale, di dove sono collocati anche gli ospedali o le case di cura; non si migliora non responsabilizzando coloro i quali all'interno degli ospedali gestiscono i servizi per la fornitura di quello che è il bene primario, ossia l'alimentazione, somministrando alimenti di scarsissima qualità in contenitori di plastica che diventano veramente non solo vergognosi, ma anche nocivi per la salute.
Un contenitore di plastica! Voglio concludere con ciò e vorrei che ognuno di voi si soffermasse, per un attimo, su questa riflessione: un contenitore di plastica, il cibo caldo all'interno di questo contenitore di plastica, una pellicola sotto e le bollicine del vapore acqueo, che ognuno di voi potrà vedere, che si accumulano su questa pellicina di plastica. La plastica diventa floscia, rilascia degli ftalati che si depositano sul cibo e ogni poveraccio - scusate l'espressione - che si trova all'interno dell'ospedale è costretto a mangiarli.
Conseguenzialmente, questi ftalati si accumulano nell'organismo, vengono assimilati e creano il primo passo dell'alterazione cellulare, cioè a dire quella cellula che innescherà all'interno dell'organismo un processo di alterazione e la formazione di una neoplasia, che porterà a un tumore e, conseguenzialmente, alla morte.
Quanti sono i problemi che dovrebbe esaminare questa Commissione? Istituiamo una Commissione che funzioni a tutti gli effetti, che esamini non ventidue casi, come nel 2007, per due anni di lavoro, ma che esamini cinquecento casi, mille casi, che verifichi attentamente e che agisca anche, anzi, prevalentemente in modo preventivo, per non arrivare un minuto dopo, ma per arrivare prima e prevenire il danno all'interno delle strutture e anche nell'ammalato e nel cittadino (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fucci. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, quest'anno ricorre il trentesimo anniversario dell'istituzione del Servizio sanitario nazionale ed è quanto mai significativo che la Camera dei deputati si appresti a varare una Commissione di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi regionali.
Molto spesso, infatti, aspre critiche circondano il nostro Servizio sanitario nazionale e in molti casi tali critiche sono giuste. Per esempio, gli episodi di malasanità nelle strutture pubbliche e la non sempre totale chiarezza nei rapporti fra sanità privata convenzionata e sistema pubblico non possono non creare un profondoPag. 48senso di sconcerto nei cittadini e negli addetti ai lavori.
Su un altro piano, però, è necessario non fare di tutta l'erba un fascio; ricordo, infatti, che il nostro Servizio sanitario nazionale è considerato al secondo posto assoluto in termini di servizi forniti e di efficienza. Mi si dirà che la realtà sanitaria italiana non è uniforme e non è possibile non dire che questa affermazione sia vera.
Da medico del sud, sento forte il problema del divario, a volte profondissimo, tra le punte di eccellenza assoluta presenti in alcune realtà (penso alla Lombardia e al Veneto) e le punte di malfunzionamenti e inefficienze presenti in altre aree, molte delle quali localizzate nel Mezzogiorno.
Proprio nell'ambito della Commissione che si vuole istituire, ritengo sarà possibile indagare con profondità su quelle che sono proprio le due maggiori piaghe della sanità nazionale: da una parte, il succedersi di troppi episodi di malasanità, dall'altra, l'accumularsi in alcune regioni, come il Lazio, l'Abruzzo e ora la Sicilia, di spaventosi deficit sanitari, che mettono una seria ipoteca sulle reali possibilità di rinascita della sanità.
Questo è il quadro, il contesto in cui si svilupperanno i lavori della Commissione parlamentare di inchiesta, che ha due scopi: indagare sulle dimensioni e sulle ragioni del disavanzo nella sanità pubblica e indagare sul tema degli errori in campo medico.
Per quanto riguarda il deficit sanitario, nel periodo 1997-2007 il Servizio sanitario nazionale ha tagliato ben 288 ospedali e circa 83 mila posti letto, mentre il personale è aumentato appena dello 0,3 per cento.
Inoltre, pensando al caso, per esempio, dell'intra moenia - un istituto in vista del quale le ASL avrebbero dovuto attrezzare i loro spazi entro i prossimi mesi, ma per il quale nella maggior parte dei casi, soprattutto al sud, nulla è stato fatto - alcune spese, teoricamente messe in cantiere, non sono state neanche effettuate nella sanità pubblica.
In una situazione del genere sarebbe stato lecito aspettarsi un Servizio sanitario nazionale in condizioni economiche, se non perfette, quanto meno vicine ad una condizione di equilibrio tra entrate e uscite. Invece no: sempre nel periodo 1997-2007 la spesa pro capite è cresciuta del 77 per cento, con un disavanzo totale di 44,7 miliardi di euro; inoltre, la metà delle spese totali del complesso delle regioni italiane viene assorbita proprio dalla sanità.
Sono queste le cifre (la fonte è l'annuario statistico del Servizio sanitario nazionale da poco pubblicato), che esemplificano lo stato di profondo disagio in cui versa la sanità pubblica: uno stato di disagio che vede il nostro Paese spendere in sanità una percentuale di PIL del tutto simile a quella del resto dell'Unione europea a quindici - il 6,7 per cento contro il 6,5 e la fonte è il Libro Verde del Welfare -, ma registrare purtroppo l'allargarsi della frattura in termini di efficienza e di costi connessi alla sanità pubblica tra nord e sud, a livello che non appare nel resto dei vecchi Stati membri dell'Unione europea.
Queste constatazioni mi convincono ancora con più forza - e questo potrebbe essere un tema in discussione anche all'interno della Commissione di inchiesta nel momento in cui essa dovrà affrontare la ricerca di possibili proposte di soluzione ai problemi che emergeranno dai suoi lavori -, che il federalismo fiscale sarà uno strumento di sviluppo non solo per il tessuto economico, ma anche per l'efficienza della sanità pubblica del Mezzogiorno.
Tra le ragioni di questa situazione disastrosa, per la quale appare doverosa l'istituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta, ne spiccano due: le troppe continue truffe perpetrate ai danni del Servizio sanitario nazionale e gli sprechi e una malagestione di alcune realtà territoriali.
Per quanto riguarda le truffe sanitarie, sono stati i NAS a dire ufficialmente che dal 2000 in poi i danni da esse provocati sono ammontati a circa 233 milioni di euro; il campionario delle truffe è veramente incredibile, dal commercio di farmaciPag. 49scaduti alle cartelle cliniche «taroccate» per avere rimborsi esosi dal Servizio sanitario nazionale. La voce più pesante è quella riguardante sprechi, malagestioni e costi spropositati; tra questi ultimi considero anche alcuni stipendi dei dirigenti delle ASL.
Consentitemi di fare alcuni esempi della Puglia, la mia regione, sottolineando alcune situazioni veramente paradossali. Nei primi sei mesi di quest'anno le ASL pugliesi hanno totalizzato un deficit pari a quasi 190 milioni di euro: la metà di questo deficit è stato prodotto dalla sola ASL di Bari. La sola ASL di Lecce spende la «fantacifra» di 41 milioni di euro in cure fuori regione, che riguardano circa 13 mila pazienti salentini. L'ASL BAT (Barletta, Andria e Trani) - la realtà che conosco bene perché ci abito - senza alcun motivo apparente ricorre in maniera massiccia a prestazioni fornite da un centro di riabilitazione extrapugliese che, guarda caso, secondo quanto emerso nel consiglio regionale, ha visto crescere le sue entrate mensili dai 2.500 euro del marzo 2007 ai circa 30 mila euro dell'agosto 2007. Ancora, nel nord barese, e più precisamente nell'ospedale di Molfetta, è stata acquistata una risonanza magnetica per il costo di 2,8 milioni di euro: peccato solo che il reparto cui dovrebbe essere destinata non è stato ancora completato.
Il Governo in tema di sanità ha annunciato un programma molto ambizioso: incrementare la percentuale delle cartelle cliniche controllate, ridefinire i livelli essenziali di assistenza, accorciare le liste di attesa, con particolare riferimento alla cardiologia e all'oncologia e rinnovare tecnologicamente gli ospedali pubblici.
Circa il secondo argomento al centro della Commissione d'inchiesta che si vuole istituire, cioè il bisogno e la necessità irrinunciabile di indagare le cause di errori in campo sanitario, come specificava bene in particolare la relazione accompagnatoria del documento dell'onorevole Barani, non esistono ad oggi statistiche ufficiali incontestabili sugli errori in campo sanitario. In questo senso, la Commissione sarà un importante strumento di verifica e di analisi.
Ma non solo: penso che sia necessario concentrare i lavori della Commissione anche su un altro aspetto che è strettamente collegato con il problema degli errori in campo sanitario: il numero sempre crescente delle cause giudiziarie contro i medici. Anche su questo versante non esistono statistiche certe.
Tuttavia, i dati del Consorzio universitario per l'ingegneria delle assicurazioni, dell'ANIA, dell'osservatorio istituito presso l'Università di Napoli in materia di responsabilità professionale e medica e del tribunale per i diritti del malato indicano quattro elementi sui quali, a mio parere, è necessaria una profonda riflessione in sede parlamentare: la quantità del contenzioso tende sempre più ad aumentare e molto di esso si concentra su poche specialità (penso, soprattutto, all'ostetricia e ginecologia e all'ortopedia); la crescita di alcune componenti quali il danno biologico e il danno morale (si tratta evidentemente di componenti molto aleatorie e di difficile definizione e anche questo è un aspetto di enorme delicatezza); la pressoché totale mancanza, soprattutto negli ospedali pubblici del Mezzogiorno, di strutture amministrative e legali che spesso lasciano solo il medico - completamente solo - nel momento in cui ha la necessità di prendere decisioni delicate e di enorme importanza per i suoi pazienti; la necessità, infine, di creare un sistema assicurativo che copra i medici e le strutture in cui questi lavorano. A tal proposito, ricordo che in Senato la Commissione sanità ha avviato l'esame congiunto di due disegni di legge che prevedono la creazione obbligatoria presso ogni regione di un ufficio di valutazione del rischio di responsabilità civile del personale sanitario al fine di prevenire i contenziosi; il fatto che il danneggiato, a seguito di prestazioni sanitarie ricevute in strutture per le quali vi è l'obbligo dell'assicurazione obbligatoria, promuova un'azione diretta per il risarcimento nei confronti dell'assicuratore; infine, la previsione di forme diPag. 50arbitrato con la creazione in ogni regione di un albo degli arbitri e dei consulenti tecnici d'ufficio per le vertenze riguardanti la responsabilità professionale del personale sanitario.
In conclusione, signor Presidente, onorevoli colleghi, auspico che la Commissione d'inchiesta sia un importante luogo di riflessione e di analisi sulla rotta di una sanità che, da una parte, per assolvere al suo ruolo verso i pazienti, sia sempre più affidabile sul piano medico e sempre più efficiente a livello finanziario, ma che, dall'altra parte, nell'abbassare sempre di più il livello degli errori da parte degli operatori sanitari, non sia più - come troppe volte accade - «matrigna» per quelle migliaia di medici e operatori sanitari che nonostante le enormi difficoltà ogni giorno compiono il loro dovere con scrupolo e dedizione: una sanità, in definitiva, che si muova finalmente e solo nell'ottica di ridare serenità al rapporto tra medico e paziente, troppe volte trascurato dal Servizio sanitario (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - Doc. XXII, nn. 1-2-4-A)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunziano alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14 con la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 1441-ter, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, collegato alla manovra di finanza pubblica.

La seduta, sospesa alle 13,35 è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (Già articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge n. 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (1441-ter-A) (ore 14).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C.1441-ter-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Raisi, ha facoltà di svolgere la relazione.

ENZO RAISI, Relatore. Signor Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi e colleghe, il disegno di legge n. 1441-ter è un provvedimento chePag. 51impegna il Governo a dare risposte concrete sul tema dello sviluppo del nostro tessuto produttivo e, soprattutto, del nostro comparto energetico che costituisce la seconda parte importante del provvedimento, perché porta un elemento di grande novità per il nostro Paese che è il rientro al nucleare, ma lo vedremo nello specifico nell'analisi dei vari articoli.
Credo che sia, oggettivamente parlando, una risposta a chi chiede nel Paese, oltre ad un intervento di fronte alla crisi finanziaria, anche un intervento forte e strutturale. Infatti, come vedremo, l'intervento che andiamo ad esaminare incide in modo determinante sulla struttura del nostro sistema economico e produttivo.
Credo, inoltre, che da questo punto di vista ci siano sicuramente importanti elementi di novità rispetto a un vecchio modo di intervenire nel settore produttivo, a mio parere, rispetto (come dicevo prima) al settore energetico e anche all'aspetto che tante volte è stato citato e trattato anche in questa sede: il tema della internazionalizzazione delle imprese, che ha visto l'Italia, in questi ultimi anni, con dei momenti di luce e ombra (poi spiegherò e sottolineerò perché).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 14,05)

ENZO RAISI, Relatore. Nella prima parte dell'articolato c'è questo sottolineare il tema delle reti di impresa e anche dei distretti attraverso ipotesi di intervento volte a facilitare, con possibilità di semplificazione, risparmi di risorse e maggiore facilità nel credito verso i distretti e le imprese.
Facilitare il credito è importante e chiedo al Governo attenzione quando eserciterà la delega che ha su questa materia. Infatti, è evidente che la preoccupazione (penso dell'intero sistema politico italiano) di fronte alla bolla finanziaria e alle conseguenze della crisi economica sia proprio dovuta al fatto che da noi deve ancora arrivare perché la stretta creditizia sulle piccole e medie imprese può determinare grandi preoccupazioni e credo che questo provvedimento possa dare anche l'occasione al Governo di intervenire direttamente su quello che è un aspetto che tutti noi attendiamo.
Sui distretti produttivi c'è la logica di superare anche il tema territoriale e la volontà di arrivare alla riduzione degli oneri. Nella prima parte del provvedimento si affronta anche il tema delle aree di crisi, sostenendo e promuovendo l'allargamento su tutto il territorio della legge n. 181 del 1989 attraverso gli accordi di programma.
Credo che questo sia un altro grande atout che il Governo mette in pista per rilanciare l'economia reale nel nostro Paese, perché è indubbio che i preoccupanti dati indicativi, purtroppo, di una situazione di stagnazione della nostra economia interna devono vederci in prima linea nel cogliere opportunità di interventi, come quello appunto di trovare accordi con tutti i soggetti locali, al fine di recuperare realtà industriali che oggi fanno fatica o addirittura sono state cancellate dalla competizione anche del mercato globale.
Credo che ricercare accordi di programma ed individuare le aree che possono essere con questo strumento reindustrializzate comporta sicuramente un impegno da parte di tutti nel trovare gli strumenti adeguati, come finanziamenti agevolati, risanamento delle aree e interventi di infrastrutturazione (grande opportunità in un Paese che sulle grandi infrastrutture è fermo).
Sottolineo il fatto che per la prima volta il nostro Paese si dà delle priorità. Tre sono le macro aree su cui il Governo pensa di agevolare gli interventi sul tema della reindustrializzazione e delle risorse: l'ICT (Information and communication technology), l'aerospaziale e l'ambiente. Una delle problematiche spesso emerse nel corso dei dibattiti anche in Commissione è quella della necessità di non continuare con interventi a pioggia o che non hanno una logica ed una continuità, ma di individuare quelle che sono o vengono ritenute le priorità per il nostro Paese.Pag. 52
In questo provvedimento per la prima volta (almeno nella mia memoria degli ultimi sette anni nei quali ho lavorato presso la Commissione attività produttive) il Governo è molto chiaro su quelle che ritiene le priorità di investimento in alcuni settori (peraltro, non a caso, settori ad alta tecnologia).
Nel provvedimento, inoltre, vi è il tema della semplificazione della pubblica amministrazione e della razionalizzazione delle misure di incentivazione. Per la prima volta - voglio sottolinearlo, anche perché vedo presente il collega Vignali con il quale ho sostenuto questo tipo di intervento - viene prevista una forte, stringente indicazione a favore delle piccole e medie imprese per quanto riguarda le risorse relative all'innovazione tecnologica e alla ricerca. Credo che questo sia un segnale positivo, ma devo dire che tutto il provvedimento è pervaso da una forte attenzione per la piccola e la media impresa.
Alcune sottolineature del provvedimento stesso ci portano a pensare che anche in questo caso siamo di fronte ad una svolta. Mi permetto di fuoriuscire un attimo dal contenuto del provvedimento: ho letto in questi giorni che si ritorna a parlare di rottamazione (soprattutto in due settori che ormai in Italia non producono più), ma sarebbe un peccato che si cercasse in qualche modo di collegare quel tipo di interventi ad un provvedimento come quello al nostro esame, dato che non ne vedo la coerenza (lo dico con chiarezza in quest'Aula parlamentare).
L'articolo 7 del provvedimento contiene poi, di fatto, una delega al Governo per un codice unico relativo alle norme che riguardano il commercio estero, ed in anche questo caso vi è la ripresa di un filo che è stato abbandonato dal Governo Prodi.
Sono stato relatore del provvedimento sull'internazionalizzazione delle imprese nel periodo 2001-2006, che aveva portato allo sportello unico all'estero, il quale aveva creato una politica di intervento e di accompagnamento per le nostre imprese che, come ricordavo prima, sono soprattutto piccole e medie imprese che hanno bisogno di essere accompagnate all'estero anche con provvedimenti idonei e con un supporto del tipo di quello dello sportello unico all'estero (nel quale, sottolineo, tutti i soggetti operanti all'estero lavorano insieme in un'unica struttura presso la quale il nostro imprenditore o il nostro manager possono trovare un aiuto e quell'accompagnamento richiesto da tutti).
Nell'articolo 7 è ripresa un'importante normativa che abbiamo introdotto nel 2001-2006; si sono trovati i fondi e c'è la volontà di arrivare ad un codice unico. Poi lo vedremo, c'è la volontà di riorganizzare sostanzialmente tutti gli istituti e le realtà che operano nel commercio estero. Credo che sia un'opera meritoria da fare soprattutto in tempi brevi, visto che secondo me abbiamo perso due anni rispetto ad una legge, che fu peraltro votata da tutti, tutti quanti la condividemmo, e che purtroppo è rimasta ferma - non credo che sia questo il momento per spiegare per quale motivo - e ciò sicuramente non ha fatto bene al nostro commercio estero.
Ci siamo impegnati anche con gli altri colleghi della Commissione per migliorare eventualmente l'articolo 10 che ha ad oggetto la contraffazione. Riteniamo che ci sia un'intenzione abbastanza condivisa da parte di tutti sull'inasprimento delle pene sulla contraffazione e sui diritti di proprietà industriale. Credo che questo debba essere fatto, sentendo anche i componenti della Commissione giustizia affinché ci sia omogeneità di intervento da parte di tutti, visti anche i rilievi mossi da quella Commissione.
L'articolo 15 è da tutti quanti considerato la parte più importante del provvedimento, anche se non ritengo sia l'unica parte importante. Esso contiene la delega al Governo per il rientro del nucleare in Italia che, voglio ricordarlo, credo sia sentito come una forte esigenza dalla stragrande maggioranza del Paese. L'Italia, nonostante la fuoriuscita da questo settore avvenuta tanti anni fa a causa di un referendum, non vede le sue aziende fuori dalla possibilità di essere partner attivi in questo rientro nucleare grazie ad un provvedimento definito nel 2001-2006 che consentì alle aziende italiane di collaborare aPag. 53progetti di centrali nucleari all'estero. Credo che l'esigenza del rientro nucleare sia nei fatti. L'Italia per il 90 per cento è dipendente in termini energetici per il gas da due paesi, Russia e Algeria, considerati a rischio per note vicende.
Ricordo che nello scorso mandato parlamentare venne a relazionarci in Commissione l'amministratore delegato di Enel, il quale sottolineava il fatto che una società come Enel, che ha nel suo mix ad esempio una corretta percentuale di energie rinnovabili, non trova rispetto alle altre aziende europee in quel mix l'energia nucleare necessaria per ovvi motivi a far sì che l'azienda sia competitiva e soprattutto possa offrire al mercato un prodotto competitivo per le nostre imprese. Il risultato è che noi paghiamo in Italia una bolletta elettrica il 20 per cento più cara rispetto al resto dell'Europa.
È evidente che il nucleare ci può consentire di recuperare il gap ed è evidente che questo nucleare se vuole essere utile al Paese deve partire da subito, con una forte accelerazione. Qualcuno ha contestato un emendamento della maggioranza, al quale peraltro ho dato parere positivo, che sancisce il fatto che le autorizzazioni concesse in altri Paesi in Europa valgono anche per l'Italia.
Mi permetto di sottolineare che sicuramente è un elemento di novità che ha già fatto e farà ancora sollevare qualche polemica. Tuttavia, se visto in un'ottica corretta, è anche un modo per far capire che l'Europa non è solamente un freno ma rappresenta anche un aiuto verso il mondo dell'impresa, visto che in questi giorni si dibatte, invece, su altre questioni intese come freno per il nostro Paese.
Ritengo che se nell'Unione europea, l'unione del libero mercato, vi sono delle realtà che hanno ottenuto, negli ultimi dieci anni, autorizzazioni per i propri modelli di energia nucleare credo che sia altrettanto giusto pensare che tali autorizzazioni debbano, chiaramente, essere sottoposte al vaglio dell'Agenzia per la sicurezza nucleare che deve, comunque, essere l'organismo che deve concedere l'autorizzazione. Tuttavia, credo le autorizzazioni ottenute all'estero debbano, perlomeno, servire ad agevolare e accelerare la pratica istruttoria.
Vi è, sempre nel provvedimento e rimanendo ancora sulla questione del nucleare, l'aspetto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare. Anche in tale circostanza si è svolto un dibattito e un confronto abbastanza importante, con la partecipazione anche del Governo, e sostanzialmente alla fine è prevalsa la tesi della terzietà dell'Agenzia per la sicurezza nucleare che, di fatto, assume una doppia veste. Infatti, essa dovrà sia vagliare il processo autorizzativo, sia svolgere i compiti dell'Agenzia del controllo della sicurezza. Credo che, alla fine, la soluzione espressa dal testo finale della Commissione sia equilibrata e possa, in qualche modo, trovare la soddisfazione da parte di tutti.
Vi sono, infine, alcuni aspetti del provvedimento che comportano anche una maggiore attenzione allo sviluppo delle tecnologie nel campo energetico e investimenti in questo senso. Vi è l'intenzione di rivedere il ruolo di importanti istituti, Sogin piuttosto che ENEA, attraverso un processo che porterà anche ad alcuni cambiamenti strutturali e - mi avvio alla conclusione del mio intervento, signor Presidente - vi è l'articolo 31-ter che, di fatto, recepisce un elemento che è stato anche in questo caso motivo di discussione, anche con una proposta di legge da parte della minoranza che chiedeva, sostanzialmente, ciò che poi si è stabilito nell'articolato in esame, ossia la legge annuale per il mercato e la concorrenza. Credo che anche in tale circostanza vi sia stato un buon lavoro di equilibrio che può, comunque, essere sicuramente migliorato nel corso dell'esame da parte dell'Assemblea.
Concludo affermando che i lavori della Commissione sono stati, a mio avviso, positivi anche per il clima che si è creato e spero che tale clima rimanga lo stesso anche in Assemblea. Credo, comunque, che durante l'esame in Assemblea vi saranno ancora i margini per trovare alcune soluzioni su questioni che sono rimaste pendenti, per così dire, o perlomeno rinviatePag. 54all'esame dell'Assemblea ma penso, come ho già sottolineato, che il lavoro svolto in Commissione ci possa far ben sperare di approvare il provvedimento in esame, augurando che ciò avvenga con la più ampia maggioranza possibile.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, colleghi parlamentari, intervengo molto brevemente per dare atto innanzitutto alla Commissione di aver svolto un ottimo lavoro costruttivo, migliorando significativamente il testo del provvedimento che, come giustamente sottolineava il relatore, è un provvedimento sullo sviluppo che affronta i temi e le questioni della cosiddetta economia reale. È importante rilevare come il Governo abbia presentato il provvedimento in esame - il Ministro Scajola e gli altri Ministri competenti - all'interno della manovra economica che fu presentata prima dell'estate e che è stata già in buona parte portata a compimento e, dunque, prima che si manifestassero, in maniera compiuta e agli occhi di tutti, gli effetti della tempesta finanziaria che stiamo fronteggiando su vari livelli.
Si tratta di un provvedimento sull'economia reale che valorizza le specificità, le peculiarità italiane - che sono la forza del nostro sistema produttivo - sin dall'inizio: affronta le questioni inerenti i distretti produttivi, le reti di impresa, la riforma degli incentivi, la tutela del diritto della proprietà intellettuale, una più efficace lotta alla contraffazione, le problematiche reali dell'impresa, in una logica riformatrice.
Nel contempo, il provvedimento affronta anche i nodi, le lacune, gli handicap del sistema produttivo, a cominciare da quelli riguardanti le questioni energetiche, non soltanto, ma certamente anche, per quanto concerne la realizzazione delle centrali nucleari per uso civile nel nostro territorio. Proprio su questo punto, ringrazio la Commissione e tutti i commissari per avere svolto un ruolo attento e concreto sul merito, volto a migliorare il testo - come è evidente a tutti - per quanto riguarda l'Agenzia per la sicurezza nucleare, ma anche per quanto attiene le altre questioni energetiche come le energie rinnovabili, che vanno di pari passo con l'energia nucleare, la razionalizzazione del risparmio energetico e il «sequestro», la «cattura» della CO2, tema molto attuale oggi quando si parla di rispettare gli impegni giusti che l'Europa ha preso nel consesso internazionale in materia di ambiente.
È, quindi, un provvedimento organico che affronta in uno spirito costruttivo, riformatore e migliorativo, le tematiche inerenti l'economia reale, tanto più importante oggi, in quanto migliorato dalla Commissione. Il Governo è disponibile, inoltre, ad accogliere ulteriori miglioramenti e ulteriori proposte emendative, in questo spirito costruttivo, anche durante l'esame del provvedimento appena iniziato qui, nell'aula di Montecitorio.
Con questo spirito e con la convinzione che sia il momento giusto per intervenire, ringrazio i colleghi parlamentari ed eventualmente, in sede di replica, potrò rispondere alle loro eventuali osservazioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Federico Testa. Ne ha facoltà.

FEDERICO TESTA. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, concentrerò il mio intervento sul tema del cosiddetto rientro del nucleare in Italia, di cui agli articoli 15 e seguenti del provvedimento in esame.
Lasciando alla discussione dell'articolato le osservazioni più specifiche, mi preme sottolineare alcune questioni generali che, a mio avviso, possono rendere poco credibile ed efficace il provvedimento.
Innanzitutto, credo che, certamente, sarebbe stato meglio se questa discussione fosse avvenuta a valle di un approccio complessivo e articolato alle problematiche energetiche del nostro Paese - ad esempio nella conferenza per l'energia di cui si era parlato - e non con pochiPag. 55articoli inseriti in un provvedimento più generale. Questo almeno per tre ragioni. La prima: parlare di energia significa parlare, certamente, di grandi investimenti che, in generale, richiedono tempi lunghi di rientro. In questi anni, molte cose sono state fatte o progettate è, quindi, giusto che gli operatori abbiano il quadro complessivo delle scelte prospettiche del Paese. Mi spiego con un esempio: se il progetto - così come è stato illustrato ai giornali - prevede che il 25 per cento di energia venga prodotta da fonti rinnovabili, il 25 per cento dal nucleare e il 50 per cento da fonti fossili, quanti rigassificatori ci serviranno? Riusciremo ad assorbire tutta la produzione dei cicli combinati e, contemporaneamente, a dare vita a questi nuovi progetti? Da questo punto di vista, avere le idee chiare su quelle che saranno l'offerta e la domanda di energia nel nostro Paese, in chiave prospettica, non sarebbe stato un male.
La seconda ragione: il provvedimento che oggi discutiamo è certamente migliore di quello originariamente presentato - ne ha dato atto chi mi ha preceduto - e ciò anche grazie al lavoro di merito svolto, con il nostro contributo, in Commissione. Ma questo progetto presenta, comunque, ancora forti limiti e carenze su molti punti, non ultimo, il finanziamento.
Noi, ieri sera, abbiamo approvato un emendamento presentato dal relatore, a seguito del parere della Commissione bilancio, che stabilisce che, nei prossimi tre anni, l'Agenzia per la sicurezza nucleare lavorerà con 500 mila euro per il primo anno e con un milione e mezzo di euro per il secondo e per il terzo anno.
Se mi è consentita una battuta su un tema di così grande rilievo, c'è da sperare che all'Agenzia per la sicurezza nucleare non facciano molte fotocopie, perché se così fosse non riusciranno a sostenersi con i soldi previsti (soldi con i quali dovrebbe evidentemente fare ben altro).
La terza ragione è che parlare di energia significa prioritariamente, a mio avviso, affrontare con forza i temi del risparmio energetico e dello sviluppo delle fonti rinnovabili. Su questo aspetto francamente nel provvedimento in discussione non vi sono segnali che convincono fino in fondo (considerando anche gli altri che il Governo ha dato in questo periodo).
Vi sono poi anche altri temi che non possono essere affrontati sommariamente e che richiedono un adeguato provvedimento.
Innanzitutto, come si inserisce questa proposta nel mercato dell'energia che si è creato in questi anni? Vi è stata una liberalizzazione, si è creato un mercato probabilmente in prevalenza nell'ambito dell'energia elettrica e meno sul gas. Il Governo ha più volte dichiarato di non prevedere sovvenzioni pubbliche per il rientro nel nucleare, però, dall'altro lato, in questo provvedimento si prevede che sia la politica - il Governo - a determinare le tipologie degli impianti: non i requisiti degli impianti, ma le tipologie che è cosa diversa. Credo che le tipologie degli impianti dovrebbero essere lasciate alla libera determinazione degli operatori in una griglia fissata dal potere politico che invece determina i requisiti minimali richiesti perché sia garantita sicurezza, efficienza e quant'altro rispetto a questa operazione. Sarebbe quindi grave, da questo punto di vista, se il ritorno al nucleare finisse per essere un'operazione che ammazza il bambino appena nato, cioè il mercato dell'energia.
Sempre in tema di investimenti, rientrare davvero nel nucleare significa chiedere agli operatori di effettuare grandi investimenti con periodi di recupero pay back molto lunghi: per le centrali nucleari si parla di una vita utile che ormai arriva ai sessanta anni. Da questo punto di vista diventano fondamentali le garanzie che vengono date sull'organicità del progetto e sulla credibilità e condivisione dello stesso.
Mi dispiace dirlo, ma una proposta come quella originaria, che non prevede l'istituzione di un'Agenzia per la sicurezza nucleare (norma inserita solo successivamente) e che la finanzia - come ho detto - in maniera che definire parziale è pleonastico, non può che sollevare forti perplessità sulle reali intenzioni del Governo.Pag. 56
Così anche il balletto cui abbiamo assistito tra Ministeri sulla composizione dell'Agenzia, nonché le scelte di commissariamento, a prescindere, degli enti che ad oggi si occupano del tema nucleare, danno più l'idea di una lotta per ritagliarsi fette di potere che non della percezione effettiva della partita che si vuole giocare.
Questo rileva poi in riferimento a quanto è necessario ed indispensabile fare perché il rientro nel nucleare sia accettato e condiviso dai cittadini, che devono essere coinvolti e rassicurati di fronte ad una scelta che presenta ancora (lo ricordava il relatore: abbiamo fatto un referendum anche se molti anni fa) per molti forti margini di rischio e di paura, magari immotivata ma comunque da prendere in considerazione.
A tal proposito, sono necessari certamente il rafforzamento e la terzietà dell'Agenzia. Sulla terzietà dell'Agenzia noi non siamo ancora soddisfatti, anche se dei passi in avanti certamente sono stati compiuti. Tale carattere di terzietà dell'Agenzia è necessario perché questa possa essere vissuta come soggetto realmente super partes che ha a cuore prima di tutto i cittadini.
Sono poi necessari forti investimenti in comunicazione ed informazione, piuttosto che il lasciar trasparire l'intenzione di militarizzazione dei siti, che invece devono essere aperti proprio affinché i cittadini possano capire che in quelle sedi non vi è niente di cui preoccuparsi.
Anche l'automatismo delle autorizzazioni cui il relatore faceva riferimento in precedenza, da questo punto di vista può essere un altro elemento di mancata rassicurazione. Senza considerare il fatto che l'automatismo andrebbe bene se gli impianti nucleari fossero impianti «chiavi in mano»: purtroppo così non è, ogni impianto è diverso a seconda della localizzazione delle condizioni di contorno che ci sono e, quindi, pensare a meccanismi automatici potrà consentire di fare qualche passo più veloce ma si corre il rischio che lo faccia fare meno bene e più incerto.
Sempre in questo senso, ritengo che siano indispensabili passi concreti che dimostrino come, al di là degli annunci, vi sia la capacità di fare cose precise, concrete, che siano percepibili e vedibili, che vanno nella giusta direzione.
In questo senso ritengo che sia importante anzitutto l'individuazione del deposito di superficie: nel 2012 torneranno le scorie dall'Inghilterra e nel 2020 quelle dalla Francia e non sappiamo dove metterle. È importante, inoltre, accelerare il processo di decommissioning: le centrali sono state chiuse più o meno vent'anni fa, siamo all'otto per cento di decommissioning effettuato e soltanto negli ultimi anni si è accelerato.
Per tutto questo ritengo che, oggi, sia di scarsa rilevanza il dibattito aprioristico ed ideologico sul numero romano da mettere dopo la parola «generazione». La maggioranza e il Governo devono sapere che, senza risposte credibili a questi temi, il loro progetto è destinato a rimanere solo sulla carta, una specie di spot elettorale che non troverà in se stesso, prima che nell'opposizione del Paese, la possibilità di essere realizzato.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 14,30)

FEDERICO TESTA. Se, invece, vi sarà uno sforzo effettivo e concreto per costruire, passo dopo passo, una proposta più credibile per le imprese e per i cittadini, sono certo che non mancherà, anche da parte nostra, la disponibilità a confrontarsi con le opzioni produttive e tecnologiche che si renderanno via via disponibili e che saranno economicamente sostenibili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.

STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, rappresentante del Governo, il disegno di legge in discussione collegato alla manovra finanziaria 2009, anticipata con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni nella legge 6 agostoPag. 572008, n. 133, ha origine dallo stralcio di diversi articoli dell'A.C. 1441 per le materie relative allo sviluppo economico, alla competitività e all'energia.
Il provvedimento è stato adottato per affrontare alcune problematiche di natura strutturale che investono importanti settori strategici dell'economia del nostro Paese, i quali di fatto impediscono al nostro sistema produttivo di emergere da una situazione di generalizzato stallo economico. Gli argomenti affrontati sono sostanzialmente riferibili a tre grandi aree di intervento, individuate nello sviluppo della piccola impresa e del commercio internazionale, nella tutela della proprietà industriale e della lotta alla contraffazione e nell'adozione di nuove strategie energetiche nazionali con il riassetto di importanti enti che operano nel settore.
Entrando nello specifico del provvedimento, evitando le polemiche sul comparto energetico, il provvedimento riguardante i distretti produttivi e le reti di imprese modifica il decreto-legge n. 112 del 2008, delegando il Governo ad adottare decreti legislativi per lo sviluppo di un sistema di rete di piccole e medie imprese che operano in distretti produttivi, estendendo poi alle reti di imprese le agevolazioni che la legge finanziaria per il 2006 ha introdotto in favore dei distretti. Lo sviluppo dei distretti attraverso azioni di rete, in grado di rafforzare il sistema di organizzazione e di scambio di informazioni tra le diverse realtà produttive presenti sul territorio, rappresenta un'importante iniziativa da cui ripartire per rimettere in moto il sistema economico del nostro Paese. In particolare, elimina le disposizioni relative al consolidamento fiscale e alla tassazione unica richieste per i distretti produttivi, sostituendole con norme di semplificazione dell'IVA, ferma restando la facoltà per le regioni e gli enti locali di stabilire, secondo i propri ordinamenti, procedure amministrative semplificate per l'approvazione dei propri tributi.
Sulla riforma degli interventi della reindustrializzazione promuove la stipula di appositi accordi di programma tra diversi soggetti a vari livelli interessati da attività di reindustrializzazione in aree o distretti produttivi situati nell'intero territorio nazionale.
Tali accordi permettono di realizzare una serie di interventi per l'agevolazione di investimenti produttivi, non solo in determinate aree di crisi siderurgica del nostro territorio, ma anche nei distretti di imprese, questi ultimi prevalentemente situati nell'area settentrionale del Paese. È importante segnalare che l'estensione delle agevolazioni ai distretti produttivi è stata possibile grazie all'approvazione di un emendamento della Lega Nord in Commissione.
Sul riordino del sistema degli incentivi e delle agevolazioni a favore di ricerca e sviluppo, il provvedimento in discussione prevede che il Governo, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni, determini le priorità, le opere e gli investimenti strategici di interesse nazionale, compresi quelli relativi al fabbisogno energetico, a cui indirizzare i fondi messi a disposizione dall'Unione europea per lo sviluppo dei territori più svantaggiati, rientranti nei programmi di specifici obiettivi comunitari.
Il provvedimento in esame delega poi il Governo ad adottare decreti legislativi di riordino della disciplina della programmazione negoziata e degli incentivi per lo sviluppo del territorio, al fine di favorire interventi di reindustrializzazione delle aree di crisi, nonché gli incentivi per la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione in favore delle piccole imprese, come auspicato anche dal nostro gruppo.
Le iniziative devono prevedere, in particolare, non solo l'adeguata diffusione di investimenti produttivi sull'intero territorio nazionale, che avvantaggino soprattutto i distretti industriali in situazioni di crisi, ma anche gli aiuti di maggior favore alle piccole e medie imprese, a cui sono destinate quote di risorse e riserve non inferiori al 50 per cento. Queste misure derivano da modifiche introdotte al testo base con l'approvazione di alcuni emendamenti presentati dal nostro gruppo e sono fondamentali per garantire la ripresaPag. 58economica delle piccole imprese del nord ed in generale dell'apparato produttivo dell'intero territorio nazionale.
Il provvedimento in esame considera i consorzi agrari società cooperative e, pertanto, soggette alle disposizioni di cui agli articoli del codice civile. I consorzi agricoli devono adeguare, quindi, i propri statuti alle disposizioni del codice civile. Per i consorzi agricoli in liquidazione coatta amministrativa, l'autorità di vigilanza può revocare l'autorizzazione alla continuazione dell'esercizio di impresa, ai sensi del regio decreto n. 267 del 1942.
Sull'internazionalizzazione delle imprese il provvedimento introduce alcune semplificazioni di natura procedurale, nell'ambito della stipula dell'accordo-quadro per il rafforzamento delle sinergie tra il mondo imprenditoriale e quello universitario, nonché degli accordi di settore per lo sviluppo di progetti di investimento pluriennale nel campo dell'internazionalizzazione.
Sul commercio internazionale si introducono due deleghe al Governo, con le quali si provvede al riordino rispettivamente delle norme vigenti in materia di internazionalizzazione delle imprese, nonché degli enti operanti nel settore medesimo. Il testo è stato modificato dall'approvazione di due emendamenti della Lega Nord, volti entrambi ad esplicitare il parere delle competenti Commissioni parlamentari nell'adozione delle suddette deleghe legislative.
Nell'articolo 8 del provvedimento in esame, in riferimento alla gestione da parte della SIMEST Spa di fondi regionali con finalità di capitali di rischio (di cui al decreto-legge n. 35 del 2005) si prevede che, qualora i fondi siano assegnati da regioni del Mezzogiorno, il limite massimo delle quote di partecipazione che possono essere acquisite da suddetta società possa essere del 70 per cento del capitale o fondo sociale, fermo restando il limite del 49 per cento previsto per tutte le altre regioni, riequilibrando il sistema industriale soprattutto per il nord.
I fondi rotativi delle regioni, gestiti da SIMEST Spa, sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della società. Gli stessi vengono, però, fatti confluire nel Fondo unico, di cui alla legge finanziaria 2007, dove già confluiscono tutti i fondi rotativi gestiti da SIMEST Spa per operazioni di capitale di rischio. La competenza sui fondi del Comitato di indirizzo e di rendicontazione viene, pertanto, estesa ai fondi rotativi regionali e, a tal proposito, la norma prevede l'integrazione del Comitato con un rappresentante della regione assegnataria del fondo.
L'articolo 9 del provvedimento in esame istituisce, presso la tesoreria dello Stato, un fondo rotativo per favorire la fase di start-up di progetti di internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, assegnandone la gestione alla SIMEST Spa. Al Fondo sono assegnate, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, le disponibilità finanziarie derivanti dagli utili di competenza del medesimo Ministero già indirizzate ad attività di sostegno delle esportazioni. Sempre con decreto del Ministero dello sviluppo economico sono definite le modalità operative del Fondo.
Con riferimento alla tutela penale dei diritti di proprietà industriale (articolo 10), il provvedimento introduce un inasprimento delle sanzioni previste dal codice penale per la tutela dei diritti di proprietà industriale. Quindi, le pene previste dal codice penale in materia di contraffazione, oltre ad essere aumentate, vengono anche estese a nuove fattispecie di delitto, comprendente anche le ipotesi di riproduzione di prodotti industriali, attraverso l'usurpazione dei diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, modelli e disegni.
Il provvedimento in discussione aggiunge, inoltre, due nuovi articoli al codice penale, che prevedono rispettivamente un'aggravante specifica per i delitti, di cui agli articoli del codice penale, commessi su ingenti quantità di merci e la confisca obbligatoria delle cose che sono servite a compiere i suddetti delitti. Al capoverso 517-ter del codice penale, individua tra i delitti contro l'economia pubblica, l'industriaPag. 59e il commercio, la fattispecie della contraffazione di indicazione dei prodotti agroalimentari.
L'articolo 12, relativo al contrasto alla contraffazione, estende anche alle indagini per le fattispecie aggravate dei delitti, di cui agli articoli del codice penale, la disciplina delle cosiddette indagini sotto copertura e modifica la disciplina del «consumatore consapevole» di cui al decreto-legge n. 35 del 2005, prevedendo, fra l'altro, la punibilità a solo titolo amministrativo dell'incauto acquisto con la diminuzione dell'entità della sanzione da irrogare.
L'articolo 13 introduce alcune modifiche al codice della proprietà industriale, prevedendo in particolare che per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilità, il deposito nazionale in Italia riconosce un diritto di proprietà anche rispetto ad una domanda depositata successivamente, in riferimento ad elementi già contenuti nella domanda di cui si rivendica la proprietà. Il testo è stato modificato in Commissione. In particolare, si istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico il Consiglio nazionale anticontraffazione, con funzioni di coordinamento di azioni di contrasto alla contraffazione a livello nazionale. Le modalità di funzione del Consiglio sono definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, mentre la segreteria è assicurata all'Ufficio italiano brevetti e marchi. Infine, si delega il Governo ad adottare disposizioni correttive ed integrative del codice della proprietà industriale.
Con l'articolo 13-bis, relativo alle iniziative a favore dei consumatori e della trasparenza dei prezzi, il provvedimento introduce, per i settori dell'energia elettrica, del gas e delle telecomunicazioni, una maggiore trasparenza nelle offerte dei servizi da parte dei gestori, i quali sono, quindi, tenuti a rendere chiari i criteri adottati per la definizione dei prezzi, fornendo indicazioni precise sui costi attesi per profili domanda. Da ciò deriva una maggiore tutela del consumatore, al quale sono forniti gli strumenti necessari per effettuare valutazioni e confronti in relazione a possibili offerte alternative di altri gestori (questioni sempre ripetute da tutti in più sedi, ma mai applicate dai gestori).
L'articolo 13-ter, relativo alle iniziative a favore dei consumatori e dell'emittenza locale, incrementa, per l'anno 2008, le risorse destinate alla social card, di cui al decreto-legge n. 112 del 2008, utilizzando parte delle somme (non definite) derivanti da sanzioni irrogate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Esso prevede, inoltre, per l'anno 2008, un'integrazione di 33,8 milioni di euro per favorire le misure di sostegno alle emittenti televisive locali, senza comportare oneri a carico del bilancio dello Stato.
Entrando sempre più nel merito del provvedimento, con l'articolo 15, relativo alla delega al Governo in materia nucleare, si delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, recanti i criteri per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare, per i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare, per la definizione di misure compensative da corrispondere alle popolazioni interessate e per la definizione delle procedure autorizzative dei requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione ed esercizio di disattivazione degli impianti.
Tali decreti, con una modifica introdotta a seguito dell'approvazione di un emendamento della Lega Nord, sono poi trasmessi per l'acquisizione dei pareri alle Commissioni parlamentari competenti per materia. Il nostro gruppo ha seguito con grande attenzione il dibattito che si è svolto in Commissione sulle materie energetiche. È stato accolto un nostro emendamento volto ad introdurre alcuni importanti principi di delega, facendo risultare il testo dell'articolo maggiormente condivisibile. Tuttavia, rimangono, di fatto, aperti alcuni nodi importanti relativi, ad esempio, alla localizzazione degli impianti e allo smaltimento dei rifiuti radioattivi, a cui il Governo dovrà porre mano in tempi brevi con l'adozione di successivi decreti.Pag. 60
In ogni caso, le azioni intraprese nel presente provvedimento rappresentano un passo importante che necessariamente il nostro Paese deve compiere.
Tra i princìpi e i criteri direttivi si prevede che le approvazioni, relative ai requisiti e alle specifiche tecniche degli impianti nucleari, già concesse negli ultimi dieci anni dalle autorità competenti di Paesi appartenenti all'Unione europea, siano automaticamente valide in Italia. Si prevede, inoltre, il ricorso ad un'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti nucleari, per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi e per lo smantellamento a fine vita, rilasciata, previa intesa con la Conferenza unificata, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a seguito di un procedimento unico semplificato al quale partecipano le amministrazioni interessate. L'obiettivo è quello di adottare misure che permettano di realizzare in tempi brevi e nel rispetto delle più sofisticate norme di sicurezza gli impianti nucleari, cercando di colmare quel gap energetico che l'Italia ha accumulato in questi anni nei confronti degli altri Paesi europei.
Con riferimento all'articolo sull'energia nucleare, il testo, modificato con l'approvazione di un emendamento della Lega Nord, favorisce la costituzione di consorzi per lo sviluppo e l'utilizzo degli impianti di energia nucleare formati da soggetti produttori di energia elettrica, da soggetti industriali utilizzatori intensivi di energia elettrica ed in quota minoritaria dalla Cassa depositi e prestiti, a garanzia della sicurezza energetica nazionale. La finalità della norma è quella di devolvere l'ammontare di produzione di energia elettrica derivante dalla quota posseduta dalla Cassa depositi e prestiti a politiche perequative sociali e all'incentivazione di politiche industriali.
Con riferimento all'articolo relativo alle misure per la sicurezza e il potenziamento del settore energetico, il provvedimento introduce una razionalizzazione degli organismi di natura pubblica che operano nel campo energetico. In particolare, il provvedimento commissaria la Sogin Spa, e prevede il conseguente smembramento dell'azienda attraverso il conferimento di beni e rami aziendali ad altre società partecipate dallo Stato e operanti nel settore energetico. Questo, secondo la Lega, è dato dal fatto che l'amministratore delegato, nell'anno in corso, ha creato ex novo la funzione di direttore generale della società, facendosi nominare per questa funzione dell'attuale Consiglio di amministrazione, pur in assenza di un'esperienza specifica nel settore nucleare, nonché di titolo di studio universitario, e ciò al solo fine di ottenere, in modo surrettizio, un congruo aumento di stipendio (quasi un milione di euro). L'intervento tempestivo della Corte dei conti ha minato questa indecente operazione di appropriazione indebita.
Ma non solo. La Sogin, società per la gestione degli impianti nucleari, è una società pubblica al 100 per cento, con finanziamenti derivati direttamente dalla componente A2 degli oneri generali di sistema della bolletta elettrica a carico dei consumatori, controllata per le spese dall'Authority per l'energia elettrica ed il gas. La Sogin ha il compito primario ed esclusivo della messa in sicurezza e dello smantellamento delle centrali e degli impianti nucleari nazionali dismessi. Le attività di decommissioning furono definite negli anni 2003-2005 dal commissario per la messa in sicurezza dei materiali nucleari, di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3267 del 7 marzo 2003, che con successive ordinanze ha indicato gli interventi tecnici e la loro programmazione per la messa in sicurezza degli impianti nucleari come prima fase per il successivo smantellamento. Le suddette ordinanze e prescrizioni di messa in sicurezza sono state totalmente disattese, mantenendo alto il rischio radiologico in molte aree del Paese, quali ad esempio l'area del centro di Saluggia nel vercellese, l'area del centro della Casaccia a Roma, l'area della centrale di Latina, e tante altre.Pag. 61
Successivamente, il provvedimento introduce norme volte a semplificare l'attuazione dei programmi per l'efficienza energetica, nonché a promuovere lo sviluppo di fonti rinnovabili di energia. Viene introdotta poi una semplificazione nella disciplina che regola l'autorizzazione per la costruzione dei rigassificatori di gas naturale liquido, nonché uno snellimento delle procedure relative ad interventi sugli elettrodotti. Infine, dispone la soppressione del comitato centrale metrico, prevedendo che, in caso di richiesta di parere tecnico, lo stesso possa essere acquisito dagli istituti metrologici primari e dagli istituti universitari.
Con riferimento all'articolo relativo all'agenzia per la sicurezza nucleare, il provvedimento, conformemente a quanto auspicato anche in ambito comunitario, istituisce l'agenzia per la sicurezza nucleare, individuata come unica autorità nazionale responsabile per la sicurezza e la salvaguardia nucleare. Il dibattito in Commissione è stato lungo e complesso, ma alla fine è passata una posizione largamente condivisa - come hanno già detto altri colleghi in precedenza - che fa dell'agenzia un organismo autonomo ed indipendente.
L'Agenzia è composta dalle strutture dell'ISPRA e dalle risorse umane dell'ENEA, attualmente preposte alle attività in materia di energia nucleare che successivamente verranno associate alle attività dell'Agenzia. Il Presidente del Consiglio dei Ministri nomina direttamente il presidente e nomina poi i componenti su proposta del Ministero per lo sviluppo economico e del Ministero dell'ambiente.
Quanto alle misure per l'efficienza del settore energetico, il provvedimento affida al gestore del mercato elettrico la gestione del costituendo mercato del gas naturale, introducendo poi sui mercati gestiti dal Gestore del mercato elettrico particolari misure di garanzia in favore degli utenti finali domestici. A tal proposito, riconosce all'Acquirente Unico Spa la funzione di garantire le forniture di gas per i clienti finali.
Il provvedimento prevede poi un regime di sostegno per la cogenerazione ad alto rendimento, sul quale il nostro gruppo, attraverso la presentazione di alcuni emendamenti, ha espresso una posizione contraria. Alcuni commi del provvedimento intervengono sulla disciplina delle CIP6/92 prevedendo la risoluzione anticipata delle convenzioni, qualora gli oneri non risultino superiori a quelli che si realizzerebbero nel caso del mantenimento delle convenzioni stesse.
Il provvedimento prevede il finanziamento dell'ISPRA, come prevede l'istituzione, sotto la vigilanza del Ministero per lo sviluppo economico, dell'ENES (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) per lo svolgimento di attività di ricerca nel campo dell'energia, anche nucleare. L'ENES svolge le proprie funzioni con le risorse finanziarie strumentali e di personale dell'ENEA che viene, pertanto, sostituito dal nuovo ente. Il provvedimento prevede quindi che, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, si proceda al commissariamento dell'ENEA fino all'avvio del nuovo ente.
L'articolo 17, concernente la promozione dell'innovazione nel settore energetico, disciplina la predisposizione di un piano operativo per la promozione dell'innovazione nel settore energetico che deve prevedere, in particolare, la realizzazione di progetti dimostrativi sulla cattura e lo sconfinamento della CO2 emessa dagli impianti termoelettrici, nonché la partecipazione ai vari programmi internazionali sull'energia nucleare.
L'articolo 18, relativo alla tutela giurisdizionale, devolve alla giurisdizione esclusiva del TAR del Lazio, con sede in Roma, la competenza in primo grado su tutte le controversie concernenti le procedure e i provvedimenti della pubblica amministrazione in materia di energia, facendo tuttavia salve le previsioni in materia di competenza territoriale nei ricorsi avverso atti e provvedimenti delle autorità.
Il provvedimento introduce inoltre misure di semplificazione nelle procedure per la realizzazione di impianti eoliciPag. 62ubicati in mare per la produzione di energia elettrica, realizzazione che è attualmente quasi impossibile.
Circa la distribuzione di carburante, il provvedimento prevede che gli impianti di distribuzione stradale di gas di petrolio liquefatto per autotrazione, la cui capacità è limitata a 30 metri cubi, siano adeguati alle disposizioni per la prevenzione di incendi. Sono previste misure di agevolazione per le imprese esercenti attività di distribuzione di carburanti, i cui ricavi per l'anno 2009 sono considerati, ai fini della determinazione del fatturato, al netto del prezzo corrisposto per la fornitura.
Con riguardo alle stazioni sperimentali, il provvedimento contiene diverse deleghe al Governo per il riordino di alcuni organismi che operano nel settore dell'industria e dell'innovazione. Attraverso lo strumento della delega viene quindi riordinato il sistema delle stazioni sperimentali per l'industria e prevista la conseguente soppressione dell'Istituto nazionale delle conserve alimentari. Si ritiene che la soppressione del suddetto ente possa restituire una maggiore competitività al nostro sistema imprenditoriale. Il provvedimento prevede poi che l'Istituto per la promozione industriale sia costituito in ente pubblico strumentale al Ministero dello sviluppo economico. Pertanto, l'Istituto per la promozione industriale, da associazione partecipata dal Ministero dello sviluppo economico diventa un ente pubblico, sotto il controllo del Ministero stesso.
Il provvedimento disciplina l'adozione della legge annuale per il mercato e la concorrenza al fine di rimuovere gli ostacoli relativa all'apertura del mercato e garantire una maggior tutela ai consumatori.
Infine, provvedimento delega il Governo ad adottare un decreto legislativo per il riordino dell'attività svolta dalla SACE Spa. Prevede poi che gli interventi per lo sviluppo di attività produttive del Mezzogiorno siano prioritariamente destinate al mantenimento dell'operatività della rete estera degli uffici dell'Istituto nazionale per il commercio estero.
In conclusione il provvedimento è giunto in Assemblea dopo un lungo dibattito svoltosi in X Commissione che ha fatto registrare dal gruppo della Lega Nord Padania un grande apporto partecipativo e costruttivo. Ciò al fine esclusivo di migliorare il provvedimento stesso che a tanti, sia della maggioranza sia della minoranza, pareva disorganizzato e disomogeneo.
Per come licenziato dalla Commissione il provvedimento ha il pieno appoggio del gruppo della Lega Nord Padania e le discussioni che verranno, saranno solo di apporto ulteriore per il miglioramento del testo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente mi scuso per la voce, ma è un male di stagione. Desidero ringraziare il relatore e la Commissione per il lavoro svolto. Ho seguito, in parte, questo provvedimento: solo quella relativa all'energia, sulla quale desidero brevemente soffermarmi.
Il partito che rappresento, l'UdC, ha sostenuto il reingresso del nucleare, per primo e da subito. Nel dire che l'ha fatto per primo penso, però, che anche il sottosegretario Urso ne è sempre stato convinto e vorrei difenderlo dall'osservazione fatta da alcuni, cioè che questo provvedimento era stato disorganizzato e disomogeneo. C'erano degli aspetti non condivisi che dovevano essere cambiati e migliorati e credo che ne vadano migliorati ancora molti altri.
Dico quello che dovrei dire in chiusura: noi siamo a favore del nucleare e sosterremo questo Governo se ha intenzione di fare le cose serie. Fare le cose serie, però, significa affrontare il problema mettendo dei paletti e guardando avanti e non - lo ripeto - a ciò che sta succedendo in questi giorni (ossia la discussione sulle emissioni, gli accordi ed ai mancati accordi, il problema economico che sono tutti problemi che esistono e che dobbiamo cercare di risolvere); occorre procedere al riordino del sistema energetico e ad una sua ridefinizionePag. 63perché il problema non è tanto il ritorno o meno al nucleare, quanto una ridefinizione del mix energetico nazionale. Purtroppo, ahimè, i tempi sono sicuramente stretti. Quando si parla di ridefinizione del mix energetico occorre tenere presente che noi siamo un Paese, come ha affermato prima il relatore, fortemente dipendente dal gas, ma da quello estero. Abbiamo un campo metanifero nell'alto adriatico; ho presentato personalmente vari emendamenti per permetterne lo sfruttamento, ma il centrodestra (che era all'opposizione, con noi, al Senato, la scorsa legislatura) o almeno sicuramente centrodestra del Veneto, ha sempre votato contro l'utilizzo di questo campo, pur essendo stati previsti parametri che, secondo me, sono stringenti e volti a garantire la sicurezza.
Dunque quando parliamo di dare un futuro a questo Paese nel campo energetico dobbiamo poi essere conseguenti con i fatti e con i voti in Parlamento. Infatti, abbiamo anche presentato ad inizio legislatura, vari ordini del giorno con i quali si chiedeva al Governo di affrettare i tempi ma questi non sono stati accettati; capisco ciò quando proviene dai banchi dell'opposizione che ha dei pregiudizi storici sul nucleare, ma questo è anche emerso dai banchi del centrodestra. Ci sono i voti che testimoniano il « no» ad una accelerazione nelle decisioni in questo campo.
In premessa vorrei fare anche un'altra osservazione: dato che di cambiamenti ne abbiamo visti tanti, tra emendamenti presentati, ritirati e presentati nuovamente e discussioni tra i vari ministeri, noi crediamo che qui si debba discutere seriamente e mi fa piacere che il relatore abbia detto che c'è un'apertura per cercare di migliorare quello che ancora si può in questo provvedimento, compatibilmente con le idee di ognuno.
La mia preoccupazione è che poi, al Senato, accada qualcosa per cui, all'ultimo momento, qualcuno inserisca ancora, specialmente sull'organizzazione degli enti, delle agenzie e di tutto il resto, qualche cambiamento che poi, noi come Camera dovremmo solamente ratificare.
Nel concreto, come ho detto, ci vuole grande coraggio. Do atto al Governo, e l'abbiamo apprezzato anche nel momento in cui si è affrontato il tema dei rifiuti, dello schema Campania.
Tuttavia, lo schema campano che viene sicuramente riproposto, rivisto, cambiato ed ampliato incontra qualche difficoltà in più; vi è un «problemino», perché la materia è concorrente con le regioni, le quali si sono già espresse in modi più o meno trasversali. Capisco - lo ripeto - le regioni che sono governate da partiti che hanno una cultura sicuramente contraria, ma anche la regione Lombardia, tramite il suo presidente, ha detto di essere favorevole al nucleare, ma ha ribadito che di impianti ne hanno a sufficienza: sono autosufficienti per quanto riguarda l'energia e, dunque, non hanno bisogno di alcun impianto nuovo. Quindi, stiamo attenti, perché non vorrei che, alla fine, ci trovassimo con tante dichiarazione di intenti e pochi risultati.
Sono tra quelli che ha contestato la proposta per cui tutte le autorizzazioni concesse negli ultimi dieci anni nei Paesi dell'Unione europea fosse automaticamente recepita all'interno dal nostro Paese e continuiamo a contestare questa decisione, prima di tutto perché, se andate a leggere i giornali, autorevoli esponenti del Governo o dell'attuale maggioranza in campagna elettorale hanno affermato testualmente che l'Italia ha tutte le competenze per rientrare nel nucleare: sia competenze propositive (cioè ingegneristiche), sia di controllo.
Quindi, perché oggi non dovremmo utilizzare quelle competenze? Non è vero che possiamo risparmiare in questo modo del tempo, perché, avendo dei processi già avviati e completati, si tratta solo di valutare quei processi autorizzativi, ma non possiamo recepirli automaticamente. Dobbiamo avere la nostra sovranità (mi meraviglio delle posizioni della Lega Nord Padania, dal momento che questo è un loro emendamento) ed una nostra posizione chiara, perché la nostra sicurezza la controlliamo noi. È quanto abbiamo sempre affermato agli ambientalisti che hannoPag. 64detto di «no» al nucleare; poi hanno governato e non si sono opposti all'energia prodotta dal nucleare lungo la fascia alpina. Non è un problema che sia lungo la fascia alpina, ma se ci dobbiamo assumere un rischio, almeno i controlli li dovremmo fare noi. Se io chiedo certi livelli di sicurezza poi li devo garantire io. Viceversa, anche in questo modo continuiamo a delegare ad altri il controllo della sicurezza. Mi sembra che sia veramente una cosa demenziale; oltretutto - abbiamo chiuso ieri un provvedimento - continuiamo a difendere l'italianità in altri campi che ci fanno perdere soldi su soldi che poi vengono pagati dai cittadini.
Un'altra questione di garanzia riguarda l'Agenzia per il nucleare: condivido quanto è stato posto in essere dalla Commissione e che l'agenzia sia in capo alla Presidenza del Consiglio. Si tratta di un organo di controllo e di garanzia, ma proprio per tale motivo vi deve essere il parere vincolante delle Camere con una maggioranza qualificata, perché un'agenzia di questo genere (con i paletti che avete messo alla giustissima tipologia di curriculum per i componenti) non deve essere a garanzia del Governo né della maggioranza e nemmeno dell'opposizione. Deve essere a garanzia dei cittadini; altrimenti, che fiducia si può instillare nei cittadini? Oltretutto, se volete una battuta, forse proprio l'UDC è l'unico partito che, visto che i componenti sono cinque, anche con una maggioranza qualificata, non porterebbe a casa nessun componente. Quindi, siamo i più legittimati a condurre questa battaglia di garanzia per il Paese e per quei cittadini che devono accettare e condividere le scelte (non basta accettarle), perché nel nucleare ci si entra se riusciamo a farlo condividere anche a tutti i cittadini.
Pertanto, concludo, rivolgendo un ultimo appunto in particolare al Governo: la questione della priorità di dispacciamento. Non entro nel merito di quelli che raccontano che il nucleare non è economico. A me - permettetemi la frase irrispettosa - non interessa per un motivo. Se vi sono alcune aziende che partecipano e che fanno affermazioni del tipo: costruisco e ho la capacità di presentare un piano che ha una certa sostenibilità, perché bisogna di dire di «no»? Il problema è un altro: loro devono garantirmi di vendere energia almeno al prezzo dell'energia prodotta al più alto costo con un altro carburante. Che cosa intendo dire?
Se dò la priorità di dispacciamento e viene immessa energia prodotta dal nucleare al triplo del costo, con questa normativa ho l'obbligo di darle la priorità. Ciò vuol dire che quei costi li pagano i cittadini, ricordiamocelo.
Su tale aspetto, dunque, dobbiamo cambiare. Caro relatore, questo è uno dei punti sui quali dobbiamo dare un segnale ai cittadini, altrimenti pagheranno loro. Se vogliamo rientrare nel nucleare, lo facciamo per due motivi: il primo, per ridurre la dipendenza dall'estero, e questo è un dato di fatto che acquisiamo immediatamente; il secondo, per ridurre il costo della bolletta energetica.
Se non cambiamo questa norma, il costo della bolletta energetica non lo ridurremo. Dobbiamo operare anche su questa problematica. Per il resto, confermo quanto affermato: se vi sarà la volontà di andare avanti seriamente, l'UdC lo farà, insieme al Governo, per il bene di questo Paese; altrimenti, rimarcheremo ogni giorno che si continua a lanciare grandi proclami, ma poi, nella sostanza, non si portano a casa i risultati.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prima di intervenire vorrei ringraziare la Commissione, per il grande lavoro che ha svolto, il relatore Raisi, il presidente della Commissione Gibelli, e anche tutti gli altri componenti.
Sull'argomento posso dire, e mi riferisco alla prima parte della discussione, che un grande lavoro è stato fatto per quanto riguarda le piccole e medie aziende, senza tralasciare il ruolo importante che rivestono le grandi aziende in questo Paese. Tuttavia, il mio intervento si vuole soffermarePag. 65maggiormente sulla seconda parte, sull'articolo 15, in particolare sulla tematica, che si discute, dell'energia e dell'energia nucleare.
Senza amore di polemica nei confronti di nessuno - è soltanto una mia riflessione e, forse, potrei anche chiedere scusa per quello che sto per dire -, vorrei dire che mi dispiace che il collega dell'UdC, intervenuto precedentemente, che rappresenta un partito cattolico e cristiano, non si ponga il problema della vita umana prima di quelli del risparmio, del rischio e dell'economia.
Quando parliamo di determinati argomenti, la prima domanda che ognuno di noi dovrebbe porsi è la seguente: che rischio potrebbe avere il nucleare sulla vita umana?
Molti di noi parlano, affermano, sostengono, sentono dire, hanno delle relazioni e dicono che il rischio è bassissimo. Cosa significa? Significa che esiste un rischio! Chi è che vuole esporsi al rischio di vita di fronte ad un problema energetico che potrebbe essere risolto diversamente con le energie o con la ricerca o con l'utilizzo delle energie alternative?
Ma torniamo indietro sulla tematica del nucleare. Parlando del nucleare, il Ministro degli Affari esteri francesi ha affermato: trent'anni fa la Francia ha scelto l'energia nucleare. Questo era il prezzo per la propria indipendenza, prosperità e libertà. Oggi godiamo di autonomia in campo energetico. E continua, facendo delle riflessioni sul costo che il popolo francese, volontariamente o involontariamente, ha pagato o potrebbe pagare.
Ma vi è anche un'altra riflessione da fare. Sono state fatte una guerra preventiva e alcune pressioni nei confronti di un Paese, l'Iran, nel 2004, perché si pensava che stesse costruendo una centrale nucleare civile. Da parte degli Stati Uniti e dei popoli o Paesi amici veniva evidenziato che, all'interno dell'Iran, poteva essere costruita una centrale nucleare a scopi civili.
Questo è stato un argomento di grande discussione. Ma un'altra cosa non viene riferita: quanta incidenza vi sarà dal 2020 al 2030 in Italia con riferimento all'inserimento del nucleare? Cosa rappresenterebbe in termini di fabbisogno energetico? Solo ed esclusivamente il 18 per cento, che dovrebbe essere tirato fuori dal nucleare! Poi si dice che paghiamo il gas; ma perché, il nucleare cosa significa? Uranio! Ma noi siamo produttori di uranio?
No, lo dobbiamo importare, lo dobbiamo comprare. E allora, quando diciamo di voler importare il gas, non dovremmo importare anche l'uranio? Quando si fanno queste riflessioni sull'importazione del gas e quindi dell'uranio, si capisce che ci si comporta in un modo per l'uno così per l'altro; solo che l'energia prodotta dall'uranio è ad alto rischio, perché si è visto e si sostiene, e lo sostengono i più grandi scienziati del mondo, che tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze ha un grado di radioattività alta che potrebbe essere dannosa non solo per chi gli sta accanto, ma anche per coloro i quali venissero a contatto con le persone che precedentemente erano state esposte.
Quando parliamo di questo argomento non è che vogliamo soltanto portare avanti un discorso critico; vorremmo fare una riflessione più alta; capisco, aprendo una parentesi, che quanto dico è solo una goccia in mezzo al mare, ma anche noi, qualche volta, dobbiamo testimoniare qualcosa, per sperare che gli altri prendano conoscenza dell'argomento. Quando parliamo di nucleare, il rischio di vita è altissimo, perché non se ne conoscono ancora gli effetti.
La vita è una cosa sacra, che va al di sopra di qualsiasi ritorno economico. E a questo punto mi dispiace dover tornare per un attimo sull'articolo 10, comma 2, del provvedimento emanato per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti, in cui è stata inserita dal Governo una clausola del seguente tenore: «consentendo il superamento dei limiti fissati dal codice ambientale». Infatti, nella cultura di gran parte dei cittadini - e non a caso poco fa ho detto che in Italia e nel mondo si è costituito un blocco che ha come linea di indicazione l'imprenditorialità e il guadagno, e non piùPag. 66la solidarietà e la vita umana - non ci si preoccupa di tutelare la vita, ma solo ed esclusivamente di come avere un ritorno economico e come garantire il guadagno di soldi! Perché dico questo? Perché è stato inserito all'interno di una norma, quando abbiamo parlato di rifiuti solidi urbani, che potevano essere utilizzati dei rifiuti all'interno dei cementifici per essere bruciati, con alto tasso di rischio e di inquinamento; e oggi, parlando di nucleare, non si vuole capire che esso è ad alto rischio e non è conveniente! Non è per essere ambientalisti: lo dicono coloro i quali hanno esperienza!
Gli italiani hanno trattato questo argomento circa 15 anni fa con un referendum e l'hanno bocciato! Non è consentito a nessuno tornare sull'argomento, perché esso era stato bocciato dagli italiani con un referendum! Non è tornando indietro o cancellando con una spugna ciò che era stato deciso dal popolo italiano che si risolvono i problemi! Questo è un fatto veramente grave! E quando si parla di Agenzie, si tratta del primo passo per far sì che si cerchi l'energia attraverso il nucleare. Si parla di terza, di quarta, di seconda, di ventesima generazione, ma non esiste né quarta e né terza! Il nucleare è nucleare ad alto rischio per la vita!
Non sono io che parlo: sono coloro i quali hanno esperienza nel settore che lo dicono in tutti i modi, e dicono anche che non è conveniente! E allora perché non fare una pausa di riflessione, invece di dire «sì» al nucleare? Cancelliamo tutto quello che era stato detto, cancelliamo quello che avevano deciso gli italiani attraverso un referendum, non ha più valore; e prendiamo posizioni che sono completamente diverse da quanto l'opinione pubblica aveva già deciso precedentemente.
Ma non è questo il fatto grave! Il fatto grave è che vi è una società, lo ripeto, che non ha interesse per la vita: non gliene «frega» niente se qualcuno sarà malato di leucemia! Non è il figlio di nessuno! Non gli interessa niente se, per quel nucleare, a distanza di anni, vi saranno dei malformati!
Non gliene frega proprio niente a nessuno! Infatti, la vita oggi non vale più niente: siamo in un mondo in cui si parla un linguaggio fatto solo di produttività e di interessi di denaro. Non si tratta, invece, di questo. Lascio una testimonianza all'interno di questo Parlamento e sarò una goccia all'interno di un lago grandissimo, ma non mi interessa.
Continuo a sostenere le mie idee che non mi sono inventato io questa notte, ma che nascono dalle relazioni di chi ha già sperimentato sulla propria pelle il significato del nucleare e ancora oggi se ne pagano le conseguenze. Andate a vedere i libri, i cosiddetti manuali dei tumori, che sono presenti nei comuni, nelle prefetture e nelle regioni dove insistono le centrali nucleari, laddove vi è un'alta incidenza di leucemie!
Questo non è un argomento che io mi sto inventando, ma che viene discusso giornalmente e che vuole essere sottoposto all'attenzione di coloro i quali governano e che dovrebbero farlo non nel solo e nell'esclusivo interesse del dio denaro, ma rispettando prima di ogni cosa il sacrosanto diritto della vita, che è sacro e inviolabile! Certo, sono argomenti che forse non lasciano traccia e non colpiscono.
Avevo preso una posizione dura in precedenza, quando si parlava di una Commissione d'inchiesta per gli errori in campo sanitario e si denunciavano determinati fatti, ma il Governo non ha sentito la necessità né di replicare, né di dire una parola. Certo, che importanza ha? Che importanza ha che un parlamentare parli di vita, oggi? Che senso ha una vita, o due, cinque, dieci, quindici o venti? Hanno senso? Forse, ha senso il denaro o la bellezza, o il potere, ma il valore principale ormai ce lo siamo scordati tutti e non ha più alcun valore.
Perché non incominciamo a capire che la vita è il bene fondamentale? Senza vita non c'è niente. Ma il problema più grande non è la morte conseguente al nucleare,Pag. 67ma è rappresentato dall'invecchiamento precoce, dalla deformazione dei nuovi nascituri e dalle malattie degenerative che si instaurano all'interno di un organismo, costringendo una persona a combattere per vent'anni malattie degenerative all'interno dell'organismo.
Sembra ridicolo ciò che dico; sembra un paradosso, ma è la realtà. Sembra quasi un fatto da marziani. Sto parlando un linguaggio forse incomprensibile per qualcuno che siede all'interno di quest'Aula, ma comprensibile da coloro che sono affetti da leucemia e da malattie degenerative, da coloro che abitano accanto alle centrali nucleari e che sono a rischio nel momento in cui esse vengono costruite, che sono a rischio quando sono in funzione e che sono a rischio anche quando vengono dismesse. Infatti, per dismettere una centrale nucleare, oltre all'ingente spesa, bisogna adottare una procedura particolare, perché, nella fase di dismissione, una centrale nucleare potrebbe creare danni irreversibili per la vita umana.
Pertanto, ritengo di non essere né fuori luogo, né di parlare come un marziano. Infatti, difendere la vita è la prima cosa che un buon cristiano dovrebbe sapere e dovrebbe utilizzare come sistema di difesa, senza trincerarsi dietro a risultati sterili e di parte, che ognuno chiede per avere posizioni più forti. Questo è un imbroglio veramente grave e, di conseguenza, credo che ognuno debba dare delle risposte in merito alle proprie azioni non soltanto ai cittadini, ma anche alla propria coscienza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, ho notato che nel dibattito ci si è finora concentrati quasi unicamente sulla questione, pur importante, del nucleare (sulla quale anch'io, sollecitato dagli interventi di chi mi ha preceduto, vorrei dire qualcosa).
Tuttavia, vorrei soprattutto sottolineare la prima parte del provvedimento al nostro esame, quella che riguarda le imprese, perché questo provvedimento contiene tante tematiche rilevanti non solo per quantità, ma anche per il fatto che si tratta di interventi che riguardano la competitività del sistema economico del nostro Paese.
Anch'io non posso non manifestare il mio compiacimento per il lavoro approfondito sul testo che ha avuto luogo in Commissione; basta guardare gli atti a nostra disposizione per comprendere come la Commissione abbia profondamente modificato, con il concorso del Governo e del dialogo positivo che si è instaurato, il provvedimento, il che dimostra anche un clima di grande dialogo che anch'io mi auguro, come è stato detto dal relatore e ribadito dall'onorevole sottosegretario, possa continuare anche nel corso dell'esame in Aula.
Innanzitutto formulo alcune considerazioni sul tema dei distretti e delle reti di imprese che costituisce, credo, una risposta politica al nostro sistema economico, nel senso che abbiamo passato anni in cui da parte dei vari guru dell'economia - che forse conoscono bene i salotti ma meno bene i capannoni delle imprese - dalle colonne dei nostri giornali abbiamo ascoltato accuse al nostro sistema economico, come se fosse affetto da nanismo e familismo.
Il nostro sistema delle piccole e medie imprese non costituisce invece un'anomalia ma, se lo è, è un'anomalia virtuosa e non, sicuramente, dannosa (dal momento che anzi questa anomalia rappresenta la ricchezza del nostro Paese). È un sistema in cui la famiglia riveste appunto una funzione essenziale di tenuta del tessuto economico, un sistema che tiene nei momenti di crisi e che, quindi, è tanto più importante in un momento come quello attuale.
Ma soprattutto, le nostre imprese, con questo provvedimento sono invitate a riprendere una cultura tipica del nostro sistema industriale: la cultura del distretto (non solo la forma, ma la cultura), la quale implica una logica collaborativa secondo cui si concorre per competere e non unaPag. 68logica darwiniana (Darwin nell'economia delle nostre imprese non ha mai avuto cittadinanza).
Anche l'ultimo rapporto di Unioncamere sull'economia del Paese afferma appunto che le imprese più innovative, quelle che stanno crescendo, sono quelle che stanno in rete. Mi riferisco non solo ai distretti ma alle reti, ai raggruppamenti di imprese, alle alleanze di imprese, necessarie per affrontare le sfide della finanza, dell'internazionalizzazione e dell'innovazione, e ai metadistretti (esiste un metadistretto, come quello dell'aerospaziale, ad esempio, che attraversa tutta la penisola italiana, dal Piemonte e da Varese fino alla Sicilia passando anche per Napoli e la Liguria, che tra l'altro giustamente trova spazio anche nell'innovazione).
Si tratta di nuove, importanti, forme di distretto. In passato si è detto infatti che le nostre imprese per crescere dovrebbero fondersi, peccato che i nostri imprenditori sono imprenditori e non manager e quindi non vogliono farlo ma vogliono continuare a rischiare in proprio, e questo è un bene. Ma, come diceva un grande autore come Chesterton, uno più uno non fa due ma fa duemila volte uno: questo è ciò che fanno le nostre imprese e i nostri distretti quando stanno in rete!
Si è detto che abbiamo operato, nel dialogo col Governo, importanti modifiche in questa direzione. Nella parte che prevede una riforma degli interventi di reindustrializzazione abbiamo presentato una modifica per rivolgere un'attenzione particolare sia alle aree critiche del Mezzogiorno, sia ai distretti (questa è un'importante innovazione perché è la prima volta che ciò accade e significa, innanzitutto, il riconoscimento di un patrimonio vitale della nostra economia).
Così come è assai rilevante che nell'articolo 5-bis, al comma 2, lettera i), si sia posto con voto unanime della Commissione tra i principi e criteri direttivi della delega la destinazione alle piccole e medie imprese di quote di risorse non inferiori al 50 per cento. Chi infatti afferma che le piccole imprese non innovano non le conosce. Noi siamo il Paese che immette sul mercato - sono statistiche dell'Unione europea, non mie - il maggior numero di nuovi prodotti: fatta 100 la media europea noi siamo a 141, la Germania a 112, la Francia a 92 e la Gran Bretagna a 64. Ma se siamo i primi a immettere nuovi prodotti sul mercato, come facciamo a farlo senza innovare? Forse, anche qui, un pezzo di realtà vale di più di mille teorie. I fatti sono chiari, se ci sono nuovi prodotti qualcuno ha innovato, anche se magari le piccole imprese finora non hanno mai avuto accesso ai fondi pubblici né hanno avuto sgravi fiscali per quanto riguarda l'innovazione. Certamente occorrerà semplificare fortemente le procedure per consentire l'accesso delle piccole e medie imprese agli incentivi. La burocrazia attuale, infatti, costituisce una barriera che fa sì che a tali incentivi oggi accedano solo alcune grandi imprese. Su questo punto mi trovo in parziale disaccordo con il relatore, quando dice che è ora di finirla con gli investimenti a pioggia: sugli incentivi alle imprese la pioggia non c'è mai stata, sono sempre andate alle solite quattro grandi imprese di questo Paese, che siano innovative o decotte lo lasciamo giudicare ad altri.
Questo primo passo è importante, ma è solo un primo passo; l'auspicio delle piccole imprese è che si passi dalle politiche a bando a meccanismi automatici attraverso la leva fiscale, almeno per quanto attiene la ricerca e l'innovazione. La velocità dell'innovazione è infatti incompatibile ormai con i tempi lunghi della burocrazia. Inoltre, la leva fiscale non interviene per abbattere il costo di uno dei fattori della produzione, ma sul prodotto dei fattori della produzione, che è il reddito. Ancora, interviene virtuosamente ad investimenti già fatti; elimina così alla radice qualunque discrezionalità da parte degli apparati e mette al riparo da possibili appropriazioni indebite.
Tralascio considerazioni, non perché siano meno importanti ovviamente, circa il riordino del sistema del commercio estero e dei suoi strumenti operativi, Simest e SACE. Ne ha già parlato giustamente il relatore. Faccio soltanto notare, a questoPag. 69riguardo, la grande vivacità delle imprese italiane, soprattutto delle piccole. Nel 2007 sempre l'ultimo rapporto di Unioncamere evidenzia che le imprese che si sono internazionalizzate, dal 1o gennaio al 31 dicembre 2007, sono passate dal 30 al 34 per cento. Per un sistema composto da milioni di piccole imprese questa percentuale apparentemente piccola si traduce in numeri assoluti alti. Questo riordino è importante - va dato atto al sottosegretario Urso di un grande lavoro - perché il mondo si è allargato e non possiamo non sostenere lo sforzo delle nostre imprese; ciò che si intende fare con questo provvedimento.
Desidero fare qualche considerazione ancora sul tema delle energie e del nucleare, ma non solo del nucleare. Con questo provvedimento - è stato ricordato molto bene dal sottosegretario - si incentivano i sistemi di energia pulita, le fonti alternative e rinnovabili. In particolare, a me preme segnalare le forti semplificazioni che il provvedimento in esame introduce. Noi non possiamo continuare a riempirci la bocca sull'importanza delle fonti rinnovabili e renderne impossibile, ad ogni livello, la realizzazione degli impianti. Chi oggi vuole investire in questi settori si trova molto spesso in balia di una pubblica amministrazione, soprattutto quella locale, che non si assume responsabilità, anche per motivi ideologici. Basta un funzionario di una provincia o di un comune a bloccare un iter già lungo e farraginoso di per sé. Ebbene, il testo che esce dalla Commissione detta elementi di certezza del diritto, di responsabilità della pubblica amministrazione nel rispetto di tutte le garanzie per l'ambiente e per la salute.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RAFFAELLO VIGNALI. Il tempo è terminato e pertanto mi avvio rapidissimamente alla conclusione e mi riservo di chiedere l'autorizzazione per la pubblicazione delle considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Per l'esattezza, non è terminato il suo tempo regolamentare, ma quello che il suo gruppo ha indicato.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, mi limito ad aggiungere solo una nota rivolta all'onorevole Scilipoti. Se iniziamo a pensare che i referendum siano una sorta di Vangelo non possiamo poi dire ciò che lui stesso ha affermato stamattina e invocare che si ritorni al Ministero della sanità, che però è stato abolito con referendum, così come quello dell'agricoltura. Pertanto, se lo chiediamo, chiediamolo per tutti.
In conclusione, credo che sull'energia nucleare abbiano già detto altri colleghi e posso sicuramente tagliare il mio intervento. Tuttavia, intendo svolgere un'ultima considerazione proprio in chiusura. Credo che con il provvedimento in esame mettiamo mano, dopo mesi in cui ci siamo occupati giustamente della stabilità dei nostri conti, agli strumenti necessari alla crescita. Ritengo che ciò sia un elemento importante, perché è sicuramente un atto che dimostra una vicinanza al sistema produttivo, un atto che afferma che non si pensa solo ai tagli ma che si intende riflettere anche in ordine alle ragioni della crescita, ossia all'altro termine del binomio, ma che riveste anche un significato ulteriore, vale a dire un messaggio di vicinanza a milioni di persone che ogni giorno costruiscono il PIL e l'occupazione del Paese. È un messaggio di vicinanza e di sostegno concreto, un atto di stima e di valorizzazione dell'impresa e del lavoro ed è, quindi, anche un messaggio di speranza, tanto più decisivo oggi mentre all'orizzonte vicino si addensano nubi minacciose (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Vignali, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Sanga. Ne ha facoltà.

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GIOVANNI SANGA. Signor Presidente, stiamo parlando di un provvedimento che è giunto all'esame dell'Assemblea dopo un lavoro impegnativo, che ha coinvolto tutte le componenti politiche presenti in Commissione, che si sono date un reciproco riconoscimento, pur nella diversità di opinioni di valutazione e anche nella diversa valutazione dei risultati. In verità, nel provvedimento sono però riconoscibili delle caratteristiche di forte disomogeneità che gli derivano dall'essere stato costituito, all'atto della sua formazione, da diverse proposte di natura e impianto differenti e di diverso riferimento politico.
Si tratta di un provvedimento che è stato pensato con finalità di riordino organizzativo e di prospettive di sviluppo industriale del Paese, al quale si è voluto poi affidare, strada facendo, la missione di veicolo istituzionale della reintroduzione dell'energia nucleare nel nostro Paese dopo che ne era stata interrotta la produzione a seguito di referendum.
La nostra valutazione è che sarebbe stata più congrua, per una scelta di questo livello (ossia il programma di ritorno all'energia nucleare), l'elaborazione di un apposito disegno di legge, di un provvedimento legislativo autonomo che comprendesse, in via esclusiva, il governo dei processi, gli strumenti istituzionali di incentivazione degli investimenti e di controllo, le sedi di garanzia, i mezzi finanziari necessari almeno alle fasi propedeutiche, i momenti di promozione della pubblica opinione.
L'urgenza che il Governo si è data nei confronti di questo passaggio del suo programma, cioè la risoluzione del fabbisogno energetico con l'energia prodotta dall'atomo, è apparsa un'urgenza scarsamente rispettosa delle necessarie fasi di riflessione e di coinvolgimento dei soggetti che vi sono e saranno interessati, alcuni già da subito e altri negli anni a venire. Mi riferisco, in particolare, alle regioni e agli enti locali, ma anche alla società civile e al Paese intero. Nella fretta dell'annuncio il Governo mostra di non ricordare o non considera sufficientemente importanti le esperienze che sono state vissute da un altro Esecutivo, solo alcuni anni fa, per un problema parziale rispetto a quello complessivo. Mi riferisco, cioè, alle sollevazioni di tanti territori, che hanno rifiutato di ospitare le scorie di produzioni delle centrali nucleari che, chiuse ormai da anni, ci lasciano questa pesante eredità. Si tratta certamente di un episodio minimale, si dirà, ma tale da aver creato allora un non piccolo imbarazzo e certamente molti problemi (ricordo quelli della Sardegna, in particolare).
Tutti questi aspetti, ovvero quello relativo, appunto, ai soggetti responsabili della comunicazione, delle fasi produttive del nuovo processo, quello della creazione di un consenso sociale supportato dai necessari livelli di garanzia, quello degli aspetti relativi alle contropartite, ai controlli, alla vigilanza sui momenti di produzione e smaltimento, apparivano nel testo presentato alla Commissione come se fossero stati considerati molto frettolosamente, sacrificati, proposti all'urgenza della comunicazione o, comunque, tali da impegnare la Commissione, e la sua stessa presidenza, in una forte dialettica con il Governo. Il risultato che abbiano conseguito in Commissione, in materia di sicurezza dei processi produttivi, deve essere, certamente, ancora migliorato, e questo perché parliamo di garanzie essenziali da considerare di vitale importanza, anche nel caso che la scelta insediativa sia svolta, come deve essere, con procedure di massima garanzia; procedure che, però, allo stato della proposta non ci pare di poter considerare sufficienti. Abbiamo potuto prendere conoscenza del fatto che alcuni aspetti della proposta non erano stati doverosamente approfonditi ed elaborati ed avevano bisogno di momenti basilari di riflessione. Si tratta di una riflessione che è andata molto avanti in Commissione e che certamente l'Aula deve completare e lo deve fare prendendo, comunque, atto della fretta ingiustificata che il Governo ha posto nella costruzione del testo, soprattutto, nella parte dedicata alla scelta sul nucleare, che è una parte fondamentale del provvedimento stesso.Pag. 71
Abbiamo criticato, infatti, la decisione di rinviare importanti determinazioni alla successiva normativa delegata, procrastinata nel tempo e soggetta a vincoli meno garantisti di quelli che potevano opportunamente essere introdotti in una discussione parlamentare approfondita, indubbiamente più impegnativa per il Governo, ma certamente più efficace anche sul senso della comprensione e della partecipazione della società civile e del Paese intero. Abbiamo fatto rilevare, ripetutamente, quanto sia stata inopportuna ed esagerata questa scelta, e come questa vada proprio nella direzione contraria al messaggio di efficienza che si vuole trasmettere al Paese. Il Governo condivide, infatti, le osservazioni di chi, come noi, sostiene che occorrano tempi medio-lunghi, prima di approdare a procedimenti effettivamente sicuri di produzione dell'energia dall'atomo, ma non lo vuole ammettere chiaramente davanti all'opinione pubblica per non perdere un profilo decisionista che nella vicenda, e data la materia, appare poco comprensibile.
Occorreranno tempi e studi prima di giungere alla realizzazione di impianti avanzati. È un'opzione non dilatoria, ma realistica, se si vogliono conseguire quei risultati che sono stati attribuiti all'Agenzia per la sicurezza, introdotta nell'attuale articolato del testo solo a seguito, tra l'altro, delle proposte dell'opposizione. Si tratta di compiti essenziali di regolamentazione tecnica, di messa in atto di sicure procedure autorizzative, di protezione dei cittadini e della collettività, di salute dei territori d'insediamento, di puntualità nella vigilanza e nei controlli, di salvaguardia degli impianti e degli stessi siti. Abbiamo registrato l'accoglienza parziale ed incompleta della nostra proposta di introduzione dell'Agenzia per la sicurezza, anche se la costituzione di tale Agenzia risente ancora una volta di una propensione accentratrice ben presente in molte parti di questo provvedimento, di una volontà accentratrice che è molto lontana dal segnale di forza che si pretende invece di dare. Essa rivela, invece, una strutturale incapacità al confronto, anche se nel lavoro quotidiano della Commissione abbiamo osservato qualche atteggiamento che ha consentito posizioni e decisioni di voto, di apprezzamento e condivisione, in alcuni passaggi.
Un altro elemento di criticità che mi pare opportuno segnalare è quello del richiamo a non introdurre nuove norme di spesa. Si tratta di un richiamo continuamente reiterato dal Governo e dalla maggioranza durante tutti lavori della Commissione, di un criterio richiamato come inderogabile, soprattutto, di fronte alle proposte dell'opposizione e che non potrà essere mantenuto, se non si vorranno vanificare le possibili positive ricadute della legge, se non si vorranno privare di efficacia e funzionalità le strutture organizzative, se non si vuole che i rapporti e i raccordi, anche di livello internazionale, rimangano solo previsti dalla legge e non si traducano in realtà.
Per concludere su questo argomento, debbo confermare che se abbiamo condiviso, in quanto l'avevamo fortemente richiesta, l'Agenzia per la sicurezza totalmente distinta da quella per l'attrazione di capitali, una criticità molto forte dobbiamo rilevare sull'aspetto della sua costituzione: siamo nel più completo disaccordo per quanto riguarda la sua composizione. Essa è stata, infatti, voluta in una configurazione completamente diversa da come previsto nei Paesi occidentali che fanno ricorso all'energia nucleare (Francia, Stati Uniti, Gran Bretagna): i componenti di organismi analoghi non rispondono all'Esecutivo, ma unicamente al Parlamento, mentre al Parlamento italiano è lasciata semplicemente l'espressione di un parere sulle nomine, parere riservato, peraltro, alle Commissioni competenti.
Vorrei tornare velocemente, Presidente, sul tema delle risorse e sulla questione della copertura finanziaria, così sofferta. Un provvedimento come questo dovrebbe essere sostenuto e dotato di fondi cospicui. Rischiamo di fare invece dei proclami solenni. Io concordo con molte delle riflessioni fatte dal collega Vignali sulle piccole e medie imprese e sulla necessità di un sostegno anche dal punto di vistaPag. 72delle compensazioni fiscali, ma questo provvedimento non va in questa direzione, non accentua questo aspetto, o non lo fa certamente in molto rilevante. Del resto basta leggere il parere della V Commissione (Bilancio) per capire quanto sia fondata questa preoccupazione sulla copertura finanziaria. Anch'io mi voglio soffermare brevissimamente sul tessuto della piccola e media impresa, su questo settore che tutti noi riconosciamo come modo essenziale di ogni rete produttiva, ma che corriamo il rischio di trascurare nei fatti perché già in questi giorni la polemica che si è sollevata sugli aiuti di Stato, sulla loro opportunità, e sulla loro consistenza, tende ad avere come punto di partenza e di arrivo la grande industria, capace certamente di influire sui livelli di occupazione, ma non di più di un valido tessuto dell'artigianato e della piccola impresa.
In Commissione, soprattutto nelle fasi conclusive della sede referente, abbiamo concordato sulla determinazione che non si possa parlare di reti in alcuni territori, in particolare se non parlando di produzione e di lavori diffusi e di quanto sia efficace il raccordo tra i cittadini consumatori e la piccola produzione, soprattutto di qualità.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

GIOVANNI SANGA. Siamo qui per dare a questo provvedimento - concludo Presidente - e nonostante la dispersione sul testo iniziale, ma anche in forza del positivo lavoro che è stato prodotto, una più efficace coerenza ed una capacità di risposta. I fatti nuovi che hanno riguardato la finanza e l'economia europea e mondiale in questi giorni la rendono attuale e necessaria, soprattutto se faremo, però, un buon lavoro per quanto riguarda i problemi della nuova energia, e se il Governo vorrà affrontare la discussione non soltanto partendo dalle sue posizioni ma dal lavoro che è stato svolto e aprendosi ad uno spirito di concretezza e di rispetto di tutte le rappresentanze. Si tratta di rinunciare, Presidente, all'apparente efficacia concreta dell'annuncio per intraprendere invece la strada delle prospettive reali, riconoscendo che vi sono tempi e passaggi necessari anche se questi tempi consentono non vantaggi mediatici immediati, ma risultati più concreti, duraturi e di sicurezza per le generazioni che verranno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vico. Ne ha facoltà.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, l'intero disegno di legge A.C. 1441 (che recava il titolo originario: Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) e in particolare il disegno A.C. 1441-ter (il cui titolo è: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia) oggetto dei nostri lavori soffrono di un malanno serio, o forse di un male oscuro: la copertura finanziaria. Eppure il Governo, con il decreto-legge n. 112 del 2008 aveva già autoritariamente proceduto alla concentrazione strategica degli interventi del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), revocando tutte le risorse del CIPE non impegnate al 31 maggio del 2008, e inoltre aveva proceduto, con quel decreto-legge, alla costituzione del fondo per gli interventi finalizzati al potenziamento delle reti di telecomunicazione ed energetiche (queste ultime sono da intendersi come «nucleare»), essendo anche qui un fondo alimentato dalle risorse FAS previste nel quadro strategico nazionale del periodo 2007-2013. Invece, nel provvedimento in discussione, il Governo ha predisposto di destinare tutte le risorse finanziarie dell'ex agenzia Sviluppo Italia, oggi Agenzia per l'attrazione degli investimenti, alla riforma degli interventi per la reindustrializzazione, uniformando su tutto il territorio nazionale l'applicazione della legge di reindustrializzazione n. 181 del 1989, che in passato ha limitato lo strumento di finanziamento agevolato alle sole regioni incluse nell'obiettivo 1, in aggiunta al contributo in conto capitale.Pag. 73
Lo stesso recente parere sull'A.C. 1441-ter della Commissione bilancio, trasmesso alla X Commissione il 22 ottobre ultimo scorso, benché non compiutamente rigoroso su alcuni articoli che riguardano Sogin, ENEA, Agenzia per la sicurezza nucleare e Agenzia per l'attrazione degli investimenti, certifica il malanno oscuro o il male serio, ovvero la copertura finanziaria del provvedimento.
Vorrei a questo punto svolgere alcune osservazioni: prima questione, il Governo avoca a sé e centralizza le risorse finanziarie globali riservate al Mezzogiorno; mi riferisco soprattutto alle risorse FAS. Nello stesso decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 ora convertito, il Governo aveva sancito che la destinazione di quelle risorse, per almeno l'85 per cento, fosse riservata al Mezzogiorno.
Questo Governo, quindi, avoca a sé e centralizza: questo mi suscita un primo interrogativo riguardante la palese contraddizione con il federalismo fiscale. Inoltre, il Governo utilizza i FAS, che sono risorse finanziarie addizionali, come se fossero un conto dormiente disponibile per tutto fino al punto, onorevoli colleghi, che all'articolo 5 del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, in discussione al Senato, dal titolo «Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazione contabile con le autonomie locali», il Governo ricorre al FAS per ripianare i disavanzi anche di spesa corrente degli enti locali. Dunque, ritengo che si oltrepassi ogni limite.
Dunque, da un lato il Fondo e le risorse globali destinate al Mezzogiorno vengono utilizzate per il Paese. Se mi si consente la battuta, direi: finalmente il Sud finanzia le due macroaree del centronord! Ma desidero inoltre ricordare che già con il decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 era stata cancellata la Visco-sud e con il decreto-legge 27 maggio 2008 n. 93, più noto come decreto-legge «taglia ICI», erano state cancellate una serie di opere pubbliche.
Dall'altro lato, si compie una distrazione impropria e irregolare di fondi destinati fino al punto di stravolgere il carattere addizionale del FAS: il FAS è un fondo aggiuntivo e straordinario - mi sia permesso di dire -, come regolamentato dal Ministero dello sviluppo economico.
Gli stanziamenti dei fondi non possono sostituirsi alle spese e finalità strutturali pubbliche o assimilabili dello Stato membro. Signor Presidente della Camera, mi permetterà di chiederle formalmente una verifica regolamentare sull'uso dei FAS. Alla V Commissione della Camera dei deputati, vorrei raccomandare maggiore rigore e attenzione istituzionale, non solo contabile, sui provvedimenti che utilizzano e che ricorrono alla copertura dei FAS.
Nonostante tutto ciò, il provvedimento oggetto del nostro esame non ha le coperture, che sono esigue o invisibili. Eppure in questo provvedimento stiamo affrontando, come hanno detto anche altri colleghi prima del mio intervento, questioni rilevantissime legate alle ragioni dello sviluppo del Paese: dalla riforma degli interventi per l'industrializzazione al riordino degli incentivi, dall'internazionalizzazione all'asset di SIMEST, SACE e ICE.
E soprattutto, poi, vi è la questione dell'opzione nucleare, che nell'indirizzo del Governo corrisponde alla riproposizione della cosiddetta terza generazione, ovvero del procedimento di fissione nucleare.
In X Commissione, il Governo ha svolto un'attività emendativa senza precedenti, concorrente rispetto a qualunque opposizione radicale, semmai fosse stata tale, e alla fine gli articoli 15, 16, 16-bis e 16-ter, in alcuni tratti, sono divenuti mere enunciazioni. Mi basterà segnalare in maniera esemplare due questioni: in primo luogo, la copertura finanziaria per l'Agenzia per la sicurezza nucleare equivale al costo dell'affitto della sede, e ciò mi sembra una cosa terribile; la seconda segnalazione è il decommissioning non finanziato: è noto a tutti che servirebbero 4 miliardi di dollari, che la mission è affidata alla Sogin, che viene commissariata, e che la Sogin, comunque modificata, ha il dovere di chiudere ancora cinque siti che hanno ospitato le centrali nucleari fino al 1987 e indicare, d'intesa con il Governo, fino a sua modifica,Pag. 74il deposito temporaneo delle scorie (ovviamente, di quelle fino ad ora prodotte, i cui volumi sono irrisori: stiamo parlando di ottomila metri cubi di scorie).
Allora, se non si è in grado, onorevole rappresentante del Governo, di assicurare il passato come condizione per investire sul futuro, il problema si pone. A queste condizioni, il carattere di non affidabilità per noi è evidente e, questa evidenza, la segnaliamo, con la serietà che ci appartiene (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gottardo. Ne ha facoltà.

ISIDORO GOTTARDO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario e colleghi, desidero concentrare il mio intervento sulle parti del provvedimento che interessano il settore agricolo e agroalimentare, in particolare sull'articolo 5-ter (che reca la rubrica: Disciplina dei consorzi agrari). Come noto, la legge n. 410 del 28 ottobre 1999, recante il nuovo ordinamento dei consorzi agrari, ha stabilito che tali enti sono società cooperative a responsabilità limitata, regolati dalle disposizioni del codice civile. Con questo intervento, è stata abrogata la disciplina risalente al 1948 e la natura giuridica è passata da cooperative speciali a cooperative ordinarie a tutti gli effetti. Tale quadro di riferimento ha subito una profonda modificazione per effetto della riforma del diritto societario, che da un lato ha innovato la disciplina delle società cooperative, introducendo la distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse, con effetti anche di natura tributaria, mentre dall'altro ha escluso i consorzi agrari dall'ambito applicativo della nuova normativa.
In virtù della suddetta scelta, i consorzi agrari sono tornati ad essere enti mutualistici di diritto speciale: ad essi non si applicano, al momento, le disposizioni comuni ad ogni società cooperativa, quali risultano dalla riforma introdotta con il decreto legislativo n. 6 del 2003, bensì norme corrispondenti all'antecedente disciplina delle società cooperative, interamente sostituita dalla riforma e sopravvissuta solo come disciplina speciale di consorzi agrari ed inizialmente anche delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo.
I requisiti delle cooperative a mutualità prevalente sono fissati dal codice civile all'articolo 2514, mentre la definizione della mutualità prevalente si rinviene negli articoli 2512 e 2513 del medesimo codice, secondo i quali l'attività deve essere prevalentemente a favore dei soci (cooperative di consumo) ovvero deve utilizzare prevalentemente prestazioni lavorative dei soci (cooperative di lavoro) o beni e servizi dagli stessi apportati (cooperative di produzione e di lavoro).
I parametri su cui si fonda la sussistenza del requisito della prevalenza possono essere derogati per legge. In proposito, si ricorda che già la riforma, ai sensi articolo 111-septies delle disposizioni per l'attuazione del codice civile, stabilisce che le cooperative sociali sono considerate, indipendentemente dal rispetto dei criteri di cui all'articolo 2513 del codice civile, cooperative a mutualità prevalente. Inoltre, l'articolo 111-undecies delle medesime disposizioni prevede che il Ministro delle attività produttive possa introdurre regimi derogatori al requisito della prevalenza, in presenza di determinate condizioni, quali la struttura dell'impresa e del mercato di riferimento e la presenza di specifiche disposizioni normative a cui uniformarsi.
In sostanza, il legislatore ha avuto ben presente l'esigenza di facilitare l'inclusione, nella categoria della cooperazione protetta, anche delle imprese che non possiedono i requisiti di base. In tale direzione, il decreto legislativo n. 310 del 2004 ha ricondotto nell'ambito della mutualità prevalente le banche di credito cooperativo, a condizione che rispettino le clausole di non lucratività, di cui all'articolo 2514 del codice civile. Il decreto del Ministro delle attività produttive del 30 dicembre del 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio del 2006, ha stabilito tra i regimi derogatori il requisito della prevalenza, stabilendo regole diversePag. 75in considerazione dell'attività esercitata per le cooperative di lavoro, per le cooperative agricole di allevamento e conduzione e per il commercio equo e solidale.
Ulteriore mutamento alla disciplina si è avuto con il comma 9-bis dell'articolo 1 del decreto-legge del 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, concernente il riordino delle attribuzioni dei Ministeri. Tale previsione, nel disporre che i consorzi agrari sono società cooperative a responsabilità limitata, disciplinate dagli articoli 2511 e seguenti del codice civile, riporta i consorzi nell'alveo della riforma. Essi diventano nuovamente imprese cooperative rette dalla normativa ordinaria, perdendo di efficacia qualsiasi riferimento alla disciplina precedente. Il citato comma 9-bis ha abrogato, tra l'altro, le disposizioni della legge n. 410 del 1999, facendo salvo espressamente l'articolo 2, sugli scopi, che consente di tenere ferme le attività finalizzate all'innovazione e al miglioramento della produzione agricola, nonché alla predisposizione e gestione dei servizi utili all'agricoltura.
Il legislatore, pertanto, continua a dare vita ad un sistema di imprese che erogano servizi in funzione degli interessi degli imprenditori agricoli (e non solo degli associati) e ciò impone di considerare attentamente la condizione della prevalenza. Al riguardo, la norma introdotta in questo provvedimento dal Governo e dalla X Commissione si fa carico di tale esigenza e si propone di introdurre una deroga al possesso dei requisiti civilistici della prevalenza che, in ossequio alle disposizioni sulle finalità istituzionali, può prescindere dal rapporto di scambio con i soci superiore al 50 per cento. Infatti, se si dovesse ritenere che solo i consorzi agrari che operano prevalentemente a favore dei soci sono meritevoli di considerazione, si finirebbe con il prendere in considerazione essenzialmente le realtà minori e con il trascurare l'aspetto della cosiddetta mutualità esterna, che si pone (come nel caso dei consorzi) in diretta relazione con finalità di carattere generale.
Attribuire valore all'organizzazione dei consorzi agrari, quali strutture che forniscono mezzi tecnici e servizi utili agli agricoltori e che contribuiscono al contenimento dei costi di produzione delle imprese agricole, non può prescindere dal considerare che sono destinati ad operare normalmente con i terzi.
Con la presente disposizione si intende offrire un quadro di certezza rispetto alla natura giuridica (la quale, come evidenziato, è stata interessata da ripetuti interventi normativi) e sostenere il ruolo fondamentale svolto dalla rete dei consorzi agrari quale strumento capace di realizzare un'effettiva sinergia tra le imprese agricole ed il mercato, contribuendo a superare la frammentazione del sistema produttivo e la moltiplicazione dei passaggi dal produttore al consumatore, in altri termini accorciando la filiera e, quindi, con interessi sia a favore dei produttori che dei consumatori.
Inoltre, desidero sottolineare la grande rilevanza che assumono per i consumatori e per gli stessi produttori agroalimentari le disposizioni contenute all'articolo 10, comma 1, lettera e), recante contraffazione di indicazioni dei prodotti agroalimentari. La XIII Commissione ha sottolineato in modo unanime l'importanza di dissuadere dagli imbrogli e perseguire chi li attua. Con riferimento alle contraffazioni prodotte nel nostro Paese da imprese e operatori locali, la XIII Commissione ha giustamente invitato a valutare anche la possibilità di disporre per tali reati anche il sequestro e la confisca delle attrezzature utilizzate, nonché sanzioni interdittive per i professionisti che hanno partecipato alla commissione del reato, anche perché si ritiene che, molto spesso, coloro che attuano tali reati, siano gli stessi che poi tornano a delinquere (ormai l'esperienza ci dimostra questo).
Ringrazio per l'attenzione e, ovviamente, il gruppo del Popolo della Libertà sosterrà convintamente questo provvedimento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bratti. Ne ha facoltà.

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ALESSANDRO BRATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la proposta del Governo in materia energetica, attraverso il collegato atto Camera 1441-ter, sembra proporre una soluzione integrata e razionale alla sfida energetica dei cambiamenti climatici. In realtà, invece, essa rischia di allontanare l'Italia dalle scelte europee. Infatti, pur dichiarando un impegno sulle fonti rinnovabili e sulle politiche di implementazione e risparmio dell'efficienza energetica, il Governo tende a spingere il Paese in tutt'altra direzione puntando come scelta prioritaria sul nucleare che, tra l'altro, se venisse davvero realizzato in tempi brevi, risolverebbe di fatto parte del problema del rispetto del «pacchetto clima» sottoscritto dai Paesi membri dell'Unione europea. Invece, pare non sia così.
Le recenti posizioni del Governo italiano rispetto al pacchetto noto come «20-20-20» testimoniano che le scelte nucleariste paiono prive di fondamento reale. Fortunatamente siamo in Europa e finalmente, pare, non solo per le politiche monetarie. La sensazione che si recava attraverso le considerazioni del commissario Dimas - non certo un estremista dell'ecologismo - è che l'Europa sia decisa nell'attuare quelle politiche di sostegno per sviluppare un'economia verde con la consapevolezza che il costo della cosiddetta «inazione», cioè il non far nulla, sarebbe troppo alto da sostenere per i Paesi europei, non solo in termini ambientali, ma soprattutto economici.
Secondo la Commissione, per raggiungere gli obiettivi europei, l'Italia dovrà investire 8 miliardi di euro l'anno, ma avrà benefici economici immediati. Ogni anno, solo grazie al taglio delle importazioni di gas e petrolio, l'Italia potrà risparmiare 7,6 miliardi di euro, mentre con la riduzione dell'inquinamento si risparmierebbe oltre un miliardo di euro in politiche di mitigazione e controllo. Questo senza considerare i benefici che deriverebbero dall'innovazione del sistema economico, che sono già evidenti sulle fonti rinnovabili.
Investimenti in Germania hanno prodotto, oggi, l'occupazione di 250 mila persone; in Italia il solo settore eolico occupa 13 mila persone e potrebbe crescere a 66 mila, contribuendo da solo ad oltre la metà degli obiettivi per le fonti rinnovabili al 2020; i costi di produzione di tutte le fonti rinnovabili sono da anni in diminuzione, contrariamente al nucleare che presenta costi in forte crescita; i 50 miliardi di kilowattora da rinnovabile, da produrre in più al 2020, peraltro valgono 25 milioni di tonnellate di biossido di carbonio all'anno evitate; la riduzione dei consumi di circa 10 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio, oltre agli investimenti evitati in centrali a combustibili fossili, dell'ordine dei 5 miliardi di euro. Questi benefici, probabilmente, non sono stati stimati nei costi presentati dal Governo, il quale, scegliendo lo scenario peggiore proposto dalla Commissione, ha dichiarato che il «pacchetto clima» costerebbe circa 18 miliardi di euro.
Anche a chi presiederà la prossima COP14, la quattordicesima sessione della Conferenza delle parti che si terrà a Poznan, il Ministro polacco Nowicki ha sottolineato che la crisi finanziaria non deve essere una scusa per non intraprendere azioni di intervento rapido. Ha poi aggiunto che unire alla crisi finanziaria la lotta ai cambiamenti climatici può portare benefici a tutto il mondo. Queste dichiarazioni non sembrano essere in linea con quanto dichiarato dal nostro Ministro dell'ambiente che, in più di un'intervista alla stampa, ha fatto notare come, in un momento di crisi finanziaria, si debbano rallentare gli impegni sulle politiche ambientali. Peraltro, i primi provvedimenti concreti che stanno emergendo nella discussione proprio sulla finanziaria, rispetto alle politiche di efficienza e di risparmio energetico, fanno registrare un netto contrasto rispetto a ciò che succede negli altri Paesi europei.
L'eliminazione della certificazione energetica degli edifici e la volontà espressa dalla maggioranza e dal Governo in Commissione ambiente di eliminare, in futuro, il Fondo per le detrazioni fiscali per l'efficienza energetica, stanno a dimostrare una scarsa propensione di questoPag. 77Governo per lo sviluppo sostenibile. Ci si rifugia invece dietro una politica di tagli non selettiva e l'ambiente viene ancora discriminato in nome della crisi finanziaria in atto. Una posizione così arretrata del nostro Paese tende a penalizzare, al solito, le industrie più virtuose e rimandare soluzioni ambientali necessarie per aree strategiche fondamentali nella nostra economia, come ad esempio, la Pianura Padana. Se si esamina lo stato dell'ambiente di quest'area emerge uno stato di inquinamento dell'aria tra i più preoccupanti del mondo, con concentrazione di polveri costantemente superiore ai limiti sanitari imposti a livello europeo. Una situazione simile si riscontra nelle falde acquifere nei corsi superficiali. La produzione di biossido di carbonio, il cosiddetto «gas ad effetto serra», rappresenta circa la metà di quello prodotto a livello nazionale. Da anni si chiede che l'emergenza padana diventi una grande emergenza europea, dove le politiche ambientali siano centrali nelle politiche di sviluppo del Governo nazionale.
Rimandare la sfida di Kyoto o il «pacchetto clima» significano, in altre parole, rimandare una possibile soluzione di questi problemi, con tutte le conseguenze a livello sanitario ed economico. Pensate a quanti turisti verrebbero volentieri sulle coste adriatiche se passasse il messaggio che l'acqua e l'aria sono tra le peggiori del mondo! La scelta del nucleare come tecnologia complementare alle fonti rinnovabili e al risparmio energetico in linea di principio non mi trova contrario ma deve essere supportata - così come hanno detto tanti prima di me - dalla costruzione di un sistema di ricerca e di controllo che oggi in Italia non c'è. La complessità della struttura di controllo degli Stati Uniti, della Francia e, in genere, di tutti i Paesi in cui si è sviluppata la tecnologia nucleare, evidenzia quanto un'agenzia per la sicurezza sia fondamentale per il funzionamento di questi impianti. La mancanza, in Italia, di una situazione analoga o lontanamente simile mi ha convinto che la proposta che il Governo ha presentato è largamente insufficiente a garantire quelle condizioni minime di sicurezza per lo sviluppo di una tecnologia così complessa. In specie, rispetto alla proposta di costituzione di questa agenzia, vi sono alcuni punti che considero di grande debolezza, pur riconoscendo che, rispetto all'idea iniziale, grazie al lavoro dei membri del Partito Democratico in Commissione attività produttive, il testo licenziato è notevolmente migliorato. Innanzitutto non è garantita la terzietà della struttura - così com'è stato detto precedentemente - essendo il presidente dell'agenzia nominato direttamente dal Presidente del Consiglio e i membri del consiglio di amministrazione nominati, in maniera paritetica, dal Ministro dell'ambiente e da quello dello sviluppo economico. Ben diverso è l'esempio dell'agenzia francese i cui vertici sono nominati dalle massime cariche istituzionali dello Stato per garantire una vera terzietà. Vi è poi un'altra anomalia, in quanto non si capisce perché un organo che ha funzione fondamentalmente di controllo debba vedere, nel consiglio di amministrazione, due rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, quasi a costituire una sorta di presidio di controllo dell'operato della struttura stessa. D'altronde, è ormai evidente che il Ministro dell'ambiente sta rinunciando al suo ruolo ed è completamente subalterno ad una logica «finto-sviluppista» dell'attuale Governo, ben lontano da quella della sostenibilità. In passato, con il passaggio della Direzione centrale per la sicurezza nucleare e la protezione sanitaria dell'ENEA all'ANPA (Agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente), 15 anni fa, si era risolto il problema del controllore e del controllato. Si era peraltro raggiunto un alto grado di indipendenza dell'ente di controllo che non era più collocato nella sfera del Ministero dell'industria bensì in quella del Ministero dell'ambiente.
Ora si vuol fare il percorso inverso: creare una nuova agenzia per portarla nella sfera del Ministero dello sviluppo economico. La scelta di costituire la nuova agenzia attraverso l'unione di 50 operatori di ISPRA (ex agenzia APAT, il gruppo di ex nuclearisti dell'APAT) con 50 persone diPag. 78ENEA, non risolverebbe il problema principale che è quello della forte carenza di personale giovane. L'età del personale che, in ENEA, ha una competenza nucleare non è diversa da quella dell'ISPRA ed è molto avanzata. È necessario procedere ad assunzioni senza perdere, nel frattempo, le poche unità di personale precario che sono state formate negli ultimi anni.
Il Governo propone, quindi, l'istituzione di una agenzia di importanza fondamentale senza prevedere spese aggiuntive in tema di formazione e di assunzione del personale. Di più: non è chiaro se questi cento dipendenti saranno pagati con i fondi dei propri enti di provenienza oppure con altri fondi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALESSANDRO BRATTI. Una nuova agenzia autonoma richiede unità dei servizi per i quali non sarebbero sufficienti le poche persone di supporto amministrativo presenti nel dipartimento nucleare dell'ISPRA. Non è chiaro, anzi non è proprio previsto, se l'agenzia opererà anche tramite strutture regionali. Oggi il sistema di allarme radiologico è molto capillare e diffuso e numerosi sono gli enti che se ne occupano. Vi sono alcune regioni che possiedono reti di allerta proprie.
Non è chiaro come si collochino rispetto al progetto presentato le professionalità che oggi sono incardinate nelle agenzie regionali per l'ambiente. Circa 200 persone si occupano, ai vari livelli regionali, di radiazioni ionizzanti e non viene definito se, rispetto all'agenzia, essi avranno un ruolo. Al solito, così com'è stato per la costituzione di ISPRA, si sceglie una strada fortemente centralista e poco attenta alle autonomie regionali e locali.
Per diversi anni l'attività di controllo sarà ancora destinata al decommissioning ed alla sistemazione dei rifiuti radioattivi. Sarebbe impensabile far partire nuove centrali senza prima aver sistemato le vecchie e soprattutto senza aver realizzato le strutture necessarie per la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi.
In conclusione, vi sono inoltre altre questioni, che vanno approfondite, contenute nell'articolato del disegno di legge in esame: dalla possibilità di dichiarare i siti di interesse strategico nazionale soggetti a speciali forme di vigilanza che rischiano di rendere poco trasparenti le attività connesse agli impianti, alla definizione di cosa significa benefici diretti alle persone residenti dove insiste la centrale. Anche questa definizione va spiegata perché l'impatto dell'impianto non necessariamente si esplica nel comune dove è collocato.
Tanti sono dunque gli interrogativi che probabilmente, data la posta in gioco, un percorso legislativo ad hoc ed un lavoro parlamentare meno frettoloso avrebbero potuto aiutare a sciogliere, anche con un coinvolgimento delle istituzioni regionali e locali al fine di verificare ed eventualmente migliorare l'accettabilità sociale di una scelta così importante per il futuro dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 1441-ter-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Raisi.

ENZO RAISI, Relatore. Ovviamente, sono soddisfatto del dibattito e della discussione e devo dire che l'unico elemento di riflessione riguarda l'intervento svolto dal collega Scilipoti che è stato un po' sopra le righe, anche rispetto a quello che è stato il dibattito svoltosi in Commissione. Spero che il confronto in Aula lo porti anche a rasserenare i giudizi sul tema del nucleare.
Come dicevo prima i referendum non sono delle decisioni assolute: il collega Vignali ne ha ricordati due ed io ricordo quello sulla responsabilità dei giudici che, addirittura, non è mai stato attuato. Questo è un Paese un po' strano: a seconda delPag. 79referendum e dell'importanza politica del momento, tale strumento assume o meno una rilevanza anche i termini legislativi - come è successo per il nucleare - ed altre volte, invece, rimane sostanzialmente lettera morta.
Credo che da questo punto di vista - come ho detto all'inizio del mio intervento, con riferimento alla società italiana, operatori e imprenditori - non sia vero, onorevole Scilipoti, che l'economia viene messa davanti a tutti e alla salute. Penso ad un Paese vicino a noi, la Francia, dal quale compriamo energia elettrica prodotta dal nucleare, che ha il 70 per cento della sua produzione energetica prodotta dal nucleare. Non mi risulta che i casi di leucemia siano in quel Paese al di sopra del livello europeo.
Con tutto il rispetto, credo che queste statistiche vadano trattate con molta attenzione, anche perché è di moda in questo Paese l'utilizzo delle paure della gente, che sono uno strumento, anche della politica, che producono in modo insensato situazioni di tensione a livello sociale e locale. Tutto ciò fa sì che questo Paese non faccia quei progressi che per tutti quanti - opposizione e maggioranza - le forze di buon senso e responsabilità cercano di perseguire insieme.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, intervengo innanzitutto per dire ai colleghi parlamentari che anche il Governo è soddisfatto dal fatto che anche in questa sede, in Assemblea, si sia discusso in gran parte del merito del provvedimento con uno spirito costruttivo e migliorativo da parte di quasi tutti gli intervenuti. Anche a tal fine, il Governo è disponibile ad ascoltare e a leggere con attenzione le proposte di modifica dei parlamentari, oltre che del relatore, per valutare eventualmente quali possano essere accolte, sempre con questa volontà di dialogo e di confronto e di costruzione insieme di un testo importante, direi importantissimo, per l'economia reale del Paese.
Volevo dare alcune brevi risposte ai colleghi che sono intervenuti. Il collega Federico Testa parla di una scelta improvvisata. Non si tratta di una scelta improvvisata, ma che viene da lontano. Tra l'altro, anche in risposta a quello che diceva il collega Scilipoti, il referendum poneva tre quesiti, uno dei quali già modificato da quest'Aula nel 2004, quello che vietava all'ENEL sostanzialmente di operare sul nucleare all'estero. Se l'ENEL ha potuto acquisire in questi anni la tecnologia necessaria e oggi gestisce impianti nucleari in Spagna e in Slovacchia è perché quest'Assemblea cancellò gli effetti di uno dei tre quesiti referendari di vent'anni fa.
Si tratta, quindi, di una scelte misurata, ponderata, tra l'altro in un confronto anche elettorale e credo che questa possa essere fatta con maggiore responsabilità. Tra l'altro, ci poniamo, rispetto ad un'indicazione fatta dal collega, a modificare proprio quella introduzione in merito all'automatismo per renderlo più congeniale e appropriato; credo che questo possa rispondere ad alcune osservazioni fatte dal collega Testa in questa sede.
Per quanto riguarda le tante osservazioni fatte dall'onorevole Allasia credo che sia significativo evidenziare come il provvedimento affronti tematiche importanti riguardanti la reindustrializzazione del territorio, le aree urbane in crisi, gli incentivi, l'internazionalizzazione delle imprese. A tal proposito, ovviamente il Governo si impegna ad attuare in tempi brevi le deleghe qui contenute in merito al testo unico sul commercio con l'estero e alla riforma degli enti e degli incentivi, proprio per supportare meglio le imprese in questa fase difficile e in questa nuova sfida della globalizzazione. Assicuriamo l'impegno massimo per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti e la sicurezza degli impianti, cosa che proprio il collega Allasia evidenziava.
Il collega Libè ci stimola a fare di più per quanto riguarda, per esempio, le competenze tra Stato e regioni in materia di grandi reti infrastrutturali ed energia. Questa tematica va affrontata in altraPag. 80sede; personalmente sono assolutamente d'accordo, anche perché credo sia una tematica bipartisan. Sulle tematiche inerenti le priorità di spacciamento a minor costo, si vuole presentare un emendamento. Da parte nostra ci sarà attenzione all'emendamento che sarà presentato.
Il collega Scilipoti, lo diceva già il relatore Raisi, si pone un po' al di fuori di questa analisi nel merito, evidenziando pericoli per la vita umana da cristiano e da cattolico. Credo che la Chiesa cattolica in questo abbia già detto qualcosa proprio in merito all'energia nucleare e forse ha un valore teologico maggiore.
Comunque, anche a lui voglio dire che mi è parsa un po' strana questa posizione così forte da parte di un gruppo parlamentare in questa sede, perché, essendo stato relatore nella precedente legislatura di un provvedimento con il quale si intendeva proprio reintrodurre l'energia nucleare civile, in quella sede, per un anno, ne discutemmo in Commissione e dallo stesso gruppo parlamentare non vi furono opposizioni di sorta.
Mi è sembrato di notare un cambiamento di posizione radicale, che, sinceramente, non comprendo rispetto a quella che tutti - gli scienziati più avvalorati, ma anche l'opinione pubblica - ritengono una forma energetica sicura, pulita e rispettosa sia dell'ambiente sia della salute dei cittadini.
Al collega Scilipoti faccio notare che tutti i sondaggi fatti in Europa denotano come proprio le popolazioni più vicine alle centrali nucleari siano anche quelle più favorevoli all'utilizzo di tali centrali. Il collega Vignali ha poi sottolineato giustamente l'importanza del provvedimento, che sottolinea ed evidenzia le peculiarità del nostro tessuto produttivo e pone, in maniera centrale, proprio un'attenzione ai distretti, alle reti, al ruolo delle piccole e medie imprese.
Crediamo che questo sia sicuramente un elemento importante, tanto più in questo contesto in cui, negli altri Paesi europei, finalmente, si guarda con attenzione al modello italiano, al modello di un'industria manifatturiera che riesce ad essere competitiva a livello globale proprio in quanto punta sull'innovazione, sulla qualità e su un tessuto produttivo radicato nel territorio.
Questo provvedimento, anche grazie al concorso parlamentare - ricordo un emendamento proprio dell'onorevole Vignali - non è un segnale, ma è molto di più, un supporto concreto alle piccole e medie imprese.
Altri colleghi, come Sanga, Vico e per ultimo Bratti, sottolineano ed evidenziano l'importanza di puntare anche sulle energie rinnovabili. Voglio sottolineare che il provvedimento affronta anche le tematiche inerenti l'efficienza, la trasparenza e l'innovazione nel settore energetico, l'utilizzo di ricerche e procedure per quanto riguarda la cattura e il sequestro della CO2; si tratta di cose particolarmente importanti, proprio perché il Governo ritiene che in un futuro, ovviamente in tempi medio-lunghi, il mix energetico ideale per il nostro Paese sia quello che presuppone l'utilizzo di un 25 per cento di nucleare e un 25 per cento di energie rinnovabili.
Quindi, non vi è soltanto il ritorno all'energia nucleare (alla produzione, perché l'uso vi è già nel nostro Paese, in quanto importiamo energia nucleare, anche in misura consistente, a caro prezzo), ma anche l'incentivo alle energie rinnovabili.
Le due cose devono andare insieme, perché il nucleare costa meno e le energie rinnovabili costano di più, ma entrambe servono anche, direi soprattutto, al rispetto dell'ambiente, e quindi della vita dell'uomo e non soltanto della specie umana.
L'onorevole Gottardo, infine, sottolinea l'importanza di questa materia per quanto riguarda il settore agricolo e agroalimentare, i consorzi agrari, la nuova disciplina sul consorzio agrario, la lotta alla contraffazione. Come si evidenzia anche dal dibattito che si è tenuto in questa sede, in quest'Aula, si tratta di un provvedimento organico e complesso, che interviene su vari aspetti dell'economia reale.
Ce n'era proprio bisogno, tanto più perché affronta in maniera responsabile - e miPag. 81auguro che il dibattito sarà ancora una volta nel merito durante l'esame delle proposte emendative - questioni centrali come quella della produzione energetica, e quindi, certamente, del rispetto dell'ambiente, oltre che dei costi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
La seduta è sospesa e riprenderà alle 16,35 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.

La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,35.

Svolgimento di interpellanze urgenti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Tempi e modalità di attuazione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo alla gestione unificata del tunnel di Tenda e alla costruzione di un nuovo tunnel - n. 2-00140)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00140, concernente tempi e modalità di attuazione dell'accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo alla gestione unificata del tunnel di Tenda e alla costruzione di un nuovo tunnel (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, illustrerò brevemente l'interpellanza...

PRESIDENTE. Ha quindici minuti di tempo, onorevole Delfino.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ne userò pochissimi, anche perché so che il sottosegretario ha urgenze diverse; a me preme invece, signor Presidente, avere puntualità nella risposta da parte del Governo sulle tre questioni ampiamente illustrate nell'interpellanza.
La prima è la seguente: a chi si deve, e di chi è la responsabilità per il rinvio della conferenza intergovernativa, la CIG, prevista a Parigi per il 22 settembre. Noi è da decenni che «siamo dietro» a quest'opera; dico «noi» per dire le forze sociali, le forze economiche, le forze politiche, le istituzioni, dal livello regionale a quello locale, a tutte le organizzazioni produttive. Ogni minimo rinvio è quindi fonte di disorientamento e di disagio. Questa è la prima domanda. Ritengo che qualche responsabilità vi sia in capo al Governo e spero che non sia così, perché devo dare atto a questo Governo e al Parlamento di aver sollecitamente ratificato, in questa legislatura, l'accordo che non era stato possibile ratificare nella precedente, malgrado una grande mobilitazione di tutte le forze istituzionali, politiche, produttive e sociali che ho richiamato prima. Questa volta era stato possibile, ma poi, come si suol dire, si fa un passo e poi si rischia di farne due indietro, e questa per noi è una ragione di grande rammarico.
La seconda questione è attinente al finanziamento: poiché sono lievitati i costi, vorremmo sapere puntualmente come e quando, spero nella legge finanziaria (noi presenteremo sicuramente degli emendamenti in tal senso), si potrà procedere speditamente all'emanazione del bando di gara, perché, senza le risorse complete, a totale copertura, non c'è ANAS o altro soggetto appaltante che potrebbe procedere nella gara.
La terza questione su cui vogliamo essere informati è relativa al fatto che, nel momento dell'approvazione del disegno di legge di ratifica, il Governo aveva accolto un ordine del giorno (primo firmatario il sottoscritto), in cui si impegnava ad assicurare una puntuale e tempestiva attuazione dell'accordo oggetto della ratifica, e soprattutto a garantire un costante monitoraggio e a definire un cronoprogramma dell'iter tecnico-amministrativo per l'affidamento dei lavori.Pag. 82
Tali sono le questioni a cui mi auguro il Governo, nella persona del sottosegretario Giachino, che ringrazio anticipatamente, spero possa fornire una risposta soddisfacente.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Bartolomeo Giachino, ha facoltà di rispondere.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, va innanzitutto ricordato che l'effetto più immediato prodotto dalla ratifica del Trattato di Parigi del 12 marzo 2007, relativo alla gestione unificata ed alla costruzione del nuovo tunnel di Tenda, è rappresentato dal subentro di ANAS S.p.a. nel ruolo di gestore unico dell'intero tunnel esistente, anche per la parte che ricade in territorio francese, a decorrere del 1o novembre 2008. La conferenza intergovernativa (CIG) ha pertanto inteso assicurare che la circolazione degli utenti italiani e francesi si svolga nella condizione di massima sicurezza possibile, attraverso l'adozione di numerosi provvedimenti.
Al fine di un quadro informativo completo, a chiarimento dei quesiti posti dall'onorevole Delfino, mi pare opportuno rappresentare, a grandi linee, l'attività della CIG nel corso degli ultimi quattro mesi, nonché dei gruppi di lavoro da questa coordinati.
Tra giugno e settembre 2008, sono stati esaminati e approvati documenti che incidono sulla sicurezza del tunnel esistente nonché sulla progettazione della nuova opera, tenendo conto della fase di cantiere che condizionerà gli accessi ai piazzali di ingresso durante tutta la fase di scavo della nuova canna.
Pertanto, con scambio di note in data 4 e 18 giugno ultimo scorso, rispettivamente da parte del capo della delegazione italiana e quello francese, è stata portata all'attenzione dei gestori stradali e delle prefetture dei rispettivi Paesi la necessità di introdurre un nuovo regime di circolazione per l'attraversamento del tunnel esistente, nonché di contrastare maggiormente il mancato rispetto delle norme di circolazione da parte dei mezzi pesanti.
Sulla scorta di tale sollecitazione, il comitato di sicurezza binazionale, ha redatto un ampio rapporto, datato 16 giugno 2008, con il quale si forniscono ai gestori stradali pareri tecnici in ordine alle modifiche da introdurre alla circolazione dei veicoli pesanti e dei caravan nel tunnel esistente, oltre ad esprimere parere favorevole alla progettazione impiantistica del nuovo tunnel ed alla documentazione di sicurezza prevista dal decreto legislativo n. 264 del 5 ottobre 2006.
Sulla scorta di tale rapporto, il 26 giugno, il prefetto di Cuneo e il prefetto delle Alpi Marittime hanno sottoscritto il Piano di Soccorso Binazionale che regola in dettaglio le procedure per l'attivazione del piano di soccorsi, in modo coordinato da parte delle forze di polizia, i vigili del fuoco, gli operatori sanitari e le amministrazioni civili dei due Paesi.
Per la parte di propria competenza, il compartimento ANAS del Piemonte, d'intesa con la competente amministrazione francese e previo assenso della conferenza intergovernativa, ha emanato l'ordinanza n. 64 del 16 luglio 2008 con la quale è stata ulteriormente regolamentata la circolazione degli autobus con più di nove passeggeri e dei mezzi di larghezza superiore a metri 2 all'interno del tunnel esistente.
Si ricorda, a tale riguardo, che il transito all'interno del tunnel dei veicoli di peso superiore alle 3,5 tonnellate e degli autobus aventi una capacità superiore a 9 passeggeri nonché dei veicoli ingombranti è consentito soltanto dalle ore 20 alle ore 8, dal lunedì al venerdì, a senso unico alternato, vale a dire, con circolazione monodirezionale. Ciò, in quanto l'incrocio delle suddette tipologie di veicoli è reso estremamente pericoloso dalla limitata larghezza delle corsie di marcia e dalla ridotta sezione trasversale del tunnel.
Sono stati, altresì, eseguiti lavori sui piazzali di ingresso al tunnel, consistenti nella posa in opera di nuove sbarre limitatrici di sagoma e di cordoli per laPag. 83delimitazione delle corsie di ingresso al tunnel, al fine di scoraggiare le violazioni alle norme di circolazione stradale.
Per quanto riguarda il nuovo tunnel, il 1o agosto ultimo scorso, sono state trasmesse alla direzione ANAS di Roma, le osservazioni del Comitato di sicurezza e della conferenza intergovernativa in ordine alla relazione degli impianti tecnici, allegata al progetto definitivo, nonché alla documentazione che regola gli aspetti di sicurezza della nuova opera.
Il 15 settembre, con nota n. 31263, il Compartimento ANAS del Piemonte ha trasmesso alla CIG, in esito alla richiesta del capo delegazione italiana, una prima stima economica degli approntamenti tecnici da porre in essere in vista del passaggio alla gestione unica, che decorre dal 1o novembre prossimo venturo.
Nel rinviare a ulteriori tempestivi approfondimenti, sui quali siamo pronti a dare ogni chiarimento e confronto anche in sede locale, soprattutto in relazione alla presa in carico degli impianti presenti sul tratto francese, ANAS Piemonte sta comunque completando il quadro di attività previste dalla CIG, tra cui, in particolare, la piena operatività della sala di controllo e comando dell'intero tunnel, presente presso la sede di Torino.
Il 26 settembre scorso, infine, ANAS Roma ha comunicato alla CIG la positiva conclusione degli studi idrogeologici condotti nell'area di scavo del nuovo tunnel che escludono rischi di inquinamento della falda acquifera che alimenta Cuneo e Torino. Per inciso, il rinvio della conferenza non ha provocato, quindi, un ritardo nel lavoro dell'ANAS rispetto a tutto questo impegno.
A fronte di tali positivi risultati, ANAS Piemonte si accinge adesso a richiedere all'ente acquedottistico delle Langhe e Alpi Cuneesi l'ultimo nulla osta che serve alla chiusura, in senso favorevole, della conferenza dei servizi regionali.
Come chiaramente risulta da quanto sin qui documentato in merito alle recenti attività della conferenza intergovernativa, le motivazioni che hanno portato al rinvio della prevista riunione del 22 settembre non attengono a difficoltà in ordine ai processi decisionali ancora da definire che, al contrario, sono stati sin qui caratterizzati da totale unanimità quanto da oggettivi impedimenti da parte della delegazione italiana, peraltro risolta con una delibera del Ministro Matteoli in data odierna.
Per quanto riguarda il reperimento di 42,36 milioni di euro, a copertura dei maggiori costi a carico dell'Italia, l'ANAS, in vista dell'appalto dell'intervento, così come previsto dall'articolo 22 del Trattato italo-francese, ha proceduto all'adeguamento degli importi conseguente sia alla rivalutazione dei prezzi sia all'ottemperamento alle prescrizioni intervenute in sede di rilascio delle autorizzazioni nonché, da ultimo, a seguito dei risultati di nuove e più approfondite indagini.
Per effetto di tale adeguamento, l'appalto dell'opera è stimato, ad oggi, in complessivi 194 milioni di euro contro i 141,2 milioni di euro previsti, con un aumento di 52,8 milioni di euro che, in base alla suddivisione prevista dall'accordo, si ripartisce per 30,81 milioni di euro a carico della parte italiana e per 21,99 milioni di euro per la parte francese.
Si fa presente, tuttavia, che l'importo definitivo dei lavori sarà determinabile, in via ultimativa, solo a seguito della definizione di aspetti progettuali che, tuttora, interessano opere presenti sul versante francese.
L'importo dell'integrazione finanziaria potrà quindi essere determinato in tempo utile per costituire oggetto di apposita previsione nei documenti di programmazione di settore (il Contratto di programma ANAS) ovvero in un apposito provvedimento legislativo.
Per quanto riguarda, infine, il cronoprogramma delle attività e dei lavori (di cui informeremo tempestivamente anche gli enti locali e parlamentari della zona), si fa presente che i tempi di appalto sono legati all'approvazione e finanziamento da parte della CIG e, pertanto, si può prevedere la pubblicazione del bando di gara già all'inizio del 2009.Pag. 84
In occasione di tale circostanza, verrà redatto il primo rapporto informativo da trasmettere al Parlamento in attuazione dell'ordine del giorno n. 9/1557/1 citato nell'interpellanza.
In conclusione, onorevole Presidente, i tanti veti alla realizzazione delle infrastrutture di trasporto poste negli ultimi venti anni insieme ad una grave scelta nella politica energetica hanno contribuito a far crescere il nostro Paese negli ultimi quindici anni ad un ritmo del 50 per cento inferiore alla media europea, rendendo meno competitivo il nostro sistema economico-produttivo.
I veti allo sviluppo ci hanno fatto perdere negli anni oltre 100 miliardi di PIL che sarebbero stati quanto mai utili per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Dobbiamo recuperare rapidamente il tempo perduto e il Paese ha voluto dare un segnale forte nelle ultime elezioni premiando le forze che da tempo sono consapevoli che, senza infrastrutture di trasporto e senza una forte politica dei trasporti e della logistica, il Paese non potrà riprendersi con forza.
I valichi alpini rappresentano una criticità perché ad una domanda di trasporto merci crescente da anni l'offerta di infrastrutture è ferma. La realizzazione dei nuovi interventi al traforo del Tenda darà un contributo positivo ai collegamenti italo-francesi e il Governo è impegnato in tal senso.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare, per dieci minuti.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio per l'estensione della sua risposta che ha voluto documentare la laboriosità della conferenza intergovernativa di cui non avevamo dubbi. La ringrazio certamente e accogliamo molto bene tutte le iniziative che la CIG ha assunto assieme agli organismi tecnici competenti che lei ha citato per quanto riguarda la sicurezza della circolazione del tunnel (cose di cui per la verità, non ce ne voglia, sottosegretario, eravamo a conoscenza, perché seguiamo settimanalmente - ma vorrei dire quotidianamente - l'iter di questa complessa opera che è dovuta ad un accordo bilaterale italo-francese e che certamente richiede più tempo di qualsiasi opera ricadente interamente nel territorio nazionale).
Diamo quindi a Cesare quel che è di Cesare, nel senso che condividiamo totalmente questa parte e siamo anche soddisfatti che lei l'abbia così puntualmente ricapitolata.
Ma venendo ai tre quesiti posti, ho sentito che lei ha spiegato che non c'è nessuna responsabilità - lo dico con parole semplici - mentre noi non abbiamo sentito nella sua risposta il motivo, al di là del lavoro che è proseguito; come lei sa (perché ha letto tutto l'accordo) ci sono alcune decisioni che gli organi tecnici non possono prendere, se non in presenza della conferenza intergovernativa. Siccome noi eravamo a conoscenza delle decisioni che avrebbe dovuto prendere la conferenza intergovernativa, non mi posso dichiarare soddisfatto perché non ho nessuna spiegazione circa il rinvio. Lei ha detto «per motivate ragioni della delegazione italiana»; allora, mi chiedo, lo ha chiesto la delegazione italiana? Lo ha chiesto il Governo italiano? Io ritengo di sì e mi sembra un fatto non coerente anche con la parte finale del suo discorso, che io sottoscrivo totalmente.
Sono convinto che quella cultura, che lei ha citato nel suo intervento, abbia impedito molte opere. È vero, noi ci siamo sempre opposti ad una cultura di tipo ambientalista che aveva bloccato il sistema autostradale italiano e la realizzazione di tante opere infrastrutturali in tutti i settori; quindi siamo d'accordo, conveniamo, ma riteniamo che questo Governo, che ha nell'efficienza della sua operatività uno degli elementi fondamentali, non doveva per qualsiasi ragione bloccare una riunione, che peraltro lei non ha detto a quando è stata aggiornata.
Questo vuol dire che permangono ancora oggi le motivazioni che hanno indotto il Governo italiano a chiedere il rinvio della seduta del 22 settembre, che per noiPag. 85è comunque un appuntamento assolutamente indispensabile, anche in relazione a quella scadenza - che lei ha giustamente e puntualmente ricordato - del 1o novembre, in cui dovrebbe decorrere la gestione unica. Però, se le nostre informazioni non sono sbagliate, la conferenza intergovernativa, anche a questo riguardo, avrebbe dovuto assumere qualche decisione. Quindi, non riesco a capire se questa data sia confermata o meno, al di là di quegli aggiuntivi impedimenti che lei ha richiamato nel suo intervento.
L'ultimo punto riguarda due impegni che mi auguro il Governo voglia onorare. Con l'inizio del 2009 ci sarà l'avvio delle procedure di gara; se ho ascoltato bene questa è almeno una certezza: sappiamo che tra sessanta giorni partirà il bando. La seconda è la garanzia che ci sarà lo stanziamento delle risorse, anche se non puntualmente definito, perché ci sarebbero alcune opere, diciamo accessorie, nel territorio francese, comunque connesse alla realizzazione del traforo.
Prendo atto di questi impegni però, siccome la scadenza di inizio 2009 è molto ravvicinata, la mia sommessa opinione - le raccomando di farsene portatore presso il suo Ministero e presso l'intero Governo - è che le risorse finanziarie debbano essere inserite nella manovra finanziaria o che ci sia un chiaro impegno nella legge di bilancio.
Noi sul territorio, a livello regionale ma anche a livello provinciale di Cuneo, ci troviamo sovente con il capo compartimento ANAS e l'ultima volta, non più di venti giorni fa ci ha detto: con le risorse che abbiamo, non possiamo fare questo. Ad una precisa domanda di un interlocutore, io ho ascoltato bene, che chiedeva se l'ANAS avesse eventuali risorse aggiuntive da mettere per il traforo del Tenda, la risposta è stata: «no». Allora siccome lei ha fatto una quantificazione dei maggiori oneri già richiesti, siccome ha detto che il Governo è assolutamente intenzionato - e concludo signor Presidente - a procedere all'avvio delle procedure di gara entro la fine dell'anno o a inizio dell'anno prossimo, mi auguro che entro questa scadenza il Governo indichi nelle misure legislative del bilancio dello Stato o con legge finanziaria anche le risorse aggiuntive a cui lei faceva riferimento.
Prendo atto favorevolmente, infine, della disponibilità che lei ha manifestato ad onorare l'ordine del giorno per quanto riguarda il monitoraggio e per quanto riguarda un cronoprogramma da presentare all'Aula appena avrà inizio il bando di gara.
Questo è un dato molto positivo perché, come lei ha sostenuto, consente non solo ai parlamentari, ma anche a tutti gli enti locali, di seguire questa vicenda che riteniamo indispensabile per lo sviluppo economico del Piemonte del sud, del Piemonte in generale e della provincia di Cuneo.

(Problematiche relative alla vendita della Nuovi Cantieri Apuania Spa - n. 2-00175)

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00175, concernente problematiche relative alla vendita della Nuovi Cantieri Apuania Spa (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza urgente in esame perché nel momento in cui è stata redatta - ne approfitto per ringraziare i colleghi del Partito Democratico e dell'Unione di Centro che hanno inteso sottoscriverla - eravamo tutti preoccupati, in particolare nel territorio e nella zona della costa nord-ovest della Toscana, in ordine alla difficile situazione, soprattutto incerta, in cui versa la Nuovi Cantieri Apuania Spa di Marina di Carrara. Infatti, l'interpellanza è incentrata su questo problema.
Tuttavia, nelle giornate che sono seguite ad un incontro che si è svolto al Ministero per lo sviluppo economico lo scorso 26 settembre, purtroppo altre realtà industriali come la Eaton di Massa e la Ica di Pallerone, in Lunigiana, hanno meritatoPag. 86l'attenzione delle istituzioni locali a causa della difficile situazione che devono affrontare e credo giustamente anche l'attenzione dell'Assemblea parlamentare.
Prima, però, di addentrarmi nello specifico mi sia permesso sottolineare come la pesantissima crisi che in questi giorni sta scuotendo tutti i mercati finanziari ha già oggi un impatto devastante sull'economia reale e, quando parliamo di economia reale, ci riferiamo, in particolare, a territori come l'area di Massa Carrara che lo stesso Governo, soltanto qualche settimana fa, ha inserito fra quelle in cui potrebbe essere istituita una zona franca proprio per la fragilità del suo tessuto economico. Infatti, proprio in realtà come queste, gli elementi di difficoltà strutturale si sommano alla pesante negatività congiunturale e gli impatti, appunto, sull'economia reale sono devastanti. Conseguentemente l'industria apuana, data la sua forte vocazione a collocare i propri prodotti nei mercati internazionali, ne risente in maniera particolare.
Questa prima parte del 2008 offre già dati che fanno considerare l'anno in corso come il peggiore degli ultimi quattro. La produzione industriale è in calo del 4-5 per cento. La domanda estera e gli ordinativi flettono più dei corrispondenti aggregati regionali e l'utilizzo degli impianti è inferiore di circa un quarto alla capacità produttiva. Le esportazioni di lavorati lapidei - si deve ricordare che il marmo resta infatti l'industria principale del territorio - segnalano un calo del 12 per cento, ma nel mercato statunitense, là dove si indirizza circa il 40 per cento del lavorati, con una percentuale di incidenza quasi doppia rispetto al made in Italy, il calo in questo primo semestre è stato pari al 25 per cento. Signor Presidente, oltre al fatto che parlo con lei sono ben consapevole che chi ci ascolta è il sottosegretario Urso, che ha una specifica competenza in materia di internazionalizzazione delle imprese di commercio con l'estero e, appunto, sa bene quale significato abbiano queste cifre. Tutte queste circostanze hanno determinato pesanti cadute nella produzione e nel fatturato delle imprese che solo ora, sottolineo solo ora, non si sono ancora del tutto manifestate.
Insomma, vi è una situazione che non so come definire, senza voler creare allarmismi e esasperare i toni. Per nostra fortuna, tutto questo solo per ora non si è ancora tradotto in perdite occupazionali. Solo per ora, ma appunto solo in questi giorni e in queste ore, perché sono reduce da un incontro al Ministero per lo sviluppo economico, che è ancora in corso, e ho lasciato in quella sede le rappresentanze istituzionali della provincia di Massa Carrara, i rappresentanti della regione Toscana, i rappresentanti di CGIL, CISL e UIL, i rappresentanti dell'UGL e i rappresentanti dell'azienda interessata che sono a colloquio con il dottor Castano e con i rappresentanti della Eaton perché in quella impresa, invece, siamo già in una situazione di pesante contrazione occupazionale.
Insomma, il distretto industriale lapideo rischia di trasformarsi in un mero distretto minerario, perché l'industria sta scomparendo, aumentano le difficoltà delle imprese, generalmente piccole, e il clima di sfiducia è accentuato dal timore di una stretta creditizia, che interverrebbe in un contesto dove le sofferenze delle imprese nei confronti del sistema bancario sono già elevate.
I primi dati - aggiungo un altro elemento - relativi alla stagione turistica 2008, elaborati dalla provincia di Massa Carrara - parlano di un altro importante comparto dell'economia - sembrano confermare in pieno le sensazioni negative registrate dagli operatori nell'estate, testimoniando un turismo in crisi che prosegue la tendenza negativa degli ultimi due anni. Secondo i dati ufficiali pubblicati dall'amministrazione provinciale, infatti, nei primi otto mesi di quest'anno (da gennaio ad agosto), gli arrivi turistici sono diminuiti complessivamente del 9,4 per cento, superando appena le 180 mila unità, e le presenze sono calate dell'11 per cento, restando al di sotto di un milione di presenze.Pag. 87
La crisi si è già trasferita anche al terziario, ai servizi, al commercio: il porto di Marina di Carrara registra, nei primi nove mesi dell'anno, un calo del 14 per cento, che colpisce sia gli sbarchi che gli imbarchi, le vendite al dettaglio flettono a Massa Carrara in percentuale doppia rispetto al resto della Toscana, colpendo non solo il commercio al dettaglio, ma anche la grande distribuzione. Questi sono dati che non mi sono inventato, anzi sono dati per i quali devo tributare un particolare ringraziamento al professor Giorgio De Filippi e all'istituto studi e ricerche della Camera di commercio, industria e artigianato di Massa Carrara che li ha curati.
È in questo contesto, molto serio e preoccupante, quindi, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, che si collocano le vertenze dell'Eaton, dei cantieri navali di Marina di Carrara, della ICA di Pallerone, ma anche quella di imprese minori, come ad esempio l'Italcementi di Carrara: si tratta di un complesso di attività che coinvolge circa 1500 addetti, ovvero l'11 per cento dell'intera occupazione manifatturiera della provincia. Il caso Eaton, con il licenziamento di 350 operai motivato dalla crisi del settore automobilistico - la Eaton produce, infatti, punterie idrauliche per motori ed ha come principale partner la Fiat - è emblematica di un modo singolare di affrontare le relazioni industriali da parte di una multinazionale, che dopo aver sfruttato, per anni, le risorse del territorio, decide improvvisamente di chiudere e probabilmente di delocalizzare altrove la propria produzione.
Sono certo che il sottosegretario avrà modo di rispondere nel merito anche alle questioni ora esposte che non fanno parte in senso stretto dell'interpellanza urgente presentata, ma che ho avuto cura, nei giorni precedenti, di far giungere agli uffici del Governo per comprendere il senso dell'integrazione che sto realizzando.
È da tenere presente che nel contesto industriale di Massa Carrara, nella quale Eaton opera, la diminuzione media delle imprese, dopo la pesante deindustrializzazione degli anni Ottanta, è pari a circa dodici addetti. In sostanza, per capirci, per riassorbire la forza di lavoro diretta, senza contare l'indotto, occorrerebbero subito trenta nuove imprese. È assolutamente impensabile che il territorio, nel breve periodo, con le sole proprie forze, possa offrire delle risposte.
D'altra parte, i vantaggi localizzativi di aziende nel territorio apuano sono fortemente limitati da una carenza storica delle infrastrutture che nel nord della Toscana significano la Pontremolese, il Tibro (ovvero il corridoio Tirreno-Brennero), l'adeguamento delle strutture del porto di Marina di Carrara e così via. I nuovi cantieri apuani sono ancora oggi una realtà imprescindibile nel panorama economico locale e nell'ambito della cantieristica toscana nel suo complesso, sia per il volume di lavori, sia per le risorse umane attualmente occupate (duecento lavoratori direttamente impegnati e circa seicento nell'indotto), una realtà imprescindibile in vista del nuovo difficile passaggio che impegnerà seriamente il suo futuro legato alle dismissione delle quote azionarie detenute dall'ex Sviluppo Italia a seguito dalla normative prevista dalla legge finanziaria del 2007.
In questo caso però voglio sottolineare che la Nuovi Cantieri Apuania è un'azienda in crescita, passata dalla positiva fase della ricapitalizzazione al conseguimento di importanti risultati in termini di commesse e di miglioramenti di performance nella realizzazione delle navi, portati avanti di pari passo con la progressiva riduzione dei tempi di completamento e di consegna alla clientela. Né va dimenticato che oggi il mercato della navalmeccanica è in crescita, e che mantenere un presidio produttivo legato alla costruzione di traghetti e di grandi navi significa incentivare i trasporti marittimi sia di merci sia di passeggeri, in coerenza con le politiche comunitarie europee recentemente elaborate con Libro blu. Proprio per questo è necessario che l'unità di intenti di lavoratori, sindacati, istituzioni, categorie e del Governo porti ad un rapido sbocco nella direzione indicata.Pag. 88
L'incertezza sul futuro dell'azienda pesa infatti negativamente sulle commesse di nuove navi. Di fronte alla crescente domanda mondiale della navalmeccanica una soluzione non consona alla storia, alle tradizioni, e alle professionalità di questo cantiere esprime oltre che un danno anche una beffa, mettendo tra l'altro in crisi il consistente indotto.
Sono quindi all'ultimo punto del mio intervento, quello relativo all'ICA di Pallerone, ottantacinque dipendenti, tutte donne. Si tratta di una fabbrica specializzata nella realizzazione delle componenti elettroniche di lavatrici, lavastoviglie e moto. Serve soprattutto la grande impresa, in particolare la Candy. Produce le schede elettroniche delle lavatrici, imballaggi ed altro. Ora questa serie di commesse è saltata ed è stata affidata ad una fabbrica dell'est, quindi la ICA attraversa una fase davvero difficile in considerazione del processo di globalizzazione, anche se opera in un'area tra le più belle ma - ripeto - tra le più difficili dal punto di vista occupazionale e del reddito dell'intera Toscana. Per noi l'ICA rappresenta un pezzo di presente e di futuro proprio per l'alto know-how che offre in un'area del Paese.
Quindi passo alla domanda, signor rappresentante del Governo e signor Presidente: chiediamo che si comprenda la gravità della situazione in cui versano i lavoratori e il territorio, e non vorremmo che rappresentasse la punta di un iceberg. L'interpellanza urgente è nata dal fatto che il 26 settembre scorso, in singolare coincidenza con l'incontro che si è tenuto oggi, presso il Ministero competente vi era l'assenza della politica, della rappresentanza politica istituzionale, però in quella sede è stato chiesto al Governo quali posizioni intenda assumere rispetto a ICA, Eaton e Nuovi Cantieri Apuania.
Vogliamo sapere se il Ministro interpellato, vista la sede e vista l'assenza, sia stato dettagliatamente ed esaustivamente informato della situazione della Nuovi Cantieri Apuania, della Eaton e della ICA, e se sia a conoscenza delle importanti implicazioni in termini economici ed umani che la vendita della Nuova Cantieri Apuania comporterebbe, se conosca la realtà e gli obiettivi degli otto soggetti interessati all'acquisto di Nuova Cantieri Apuania, e, nel caso, quali interventi ritenga opportuno operare al fine di evitare il depauperamento in termini industriali, economici, occupazionale e umani dell'intero territorio apuano e di una parte del territorio toscano.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Adolfo Urso, ha facoltà di rispondere.

ADOLFO URSO, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, intervengo innanzitutto per rispondere ai quesiti contenuti nell'interpellanza dell'onorevole Evangelisti e poi, in qualche misura, anche alle ulteriori richieste che ha aggiunto nel corso della sua spiegazione, non contenute nell'interpellanza in questione.
Riguardo quindi alla situazione della società Nuovi Cantieri Apuania di Massa Carrara, che opera nel settore della caratteristica navale (un settore che peraltro in Italia va bene, in quanto esporta e quindi produce) ed il cui pacchetto azionario è posseduto per l'84,6 per cento dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa (già Sviluppo Italia), dal 9,45 per cento dalla Fintecna e dal 5,95 per cento dal Montepaschi di Siena, occorre premettere quanto segue.
Le procedure di privatizzazione della società NCA sono state avviate dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, in coerenza con il piano di riordino e dismissione delle partecipazioni societarie dalla stessa detenute, approvato dal Ministro dello sviluppo economico il 31 luglio 2007 e a seguito del nulla osta del Ministro del 18 dicembre 2007: è evidente quindi, nel corso della precedente legislatura e con il precedente Governo.
Nei primi mesi del 2008, l'Agenzia ha individuato in Meliorbanca l'advisor a cui affidare la gestione dell'intero processo dì cessione della Nuovi Cantieri Apuania SpaPag. 89perfezionando con lo stesso, in data 6 giugno, il contratto di appalto per lo svolgimento dell'articolato piano di attività connesso con tale cessione.
Il 16 e 17 luglio scorso l'Agenzia ha, quindi, provveduto alla pubblicazione, rispettivamente su Il Sole 24 Ore e sul Financial Times, dell'invito a manifestare interesse all'acquisto, rivolto a soggetti con adeguato profilo industriale e patrimoniale in possesso, almeno, dei seguenti requisiti: società di capitali con patrimonio netto (proprio o consolidato) non inferiore a dieci milioni di euro; comprovata esperienza nel settore delle costruzioni navali o in settori industriali correlati.
A seguito della pubblicazione di tale invito, sono pervenute otto manifestazioni di interesse di cui sette sono state ammesse alla fase successiva.
Attualmente, l'Agenzia, sulla base di uno «standard di offerta vincolante», sta procedendo alla valutazione delle offerte pervenute e dei relativi piani industriali. In questa fase saranno valutati attentamente anche gli aspetti economico-finanziari e occupazionali come è richiesto dall'interpellanza.
Ciò premesso, in relazione a quanto rappresentato nell'interpellanza in esame circa gli effetti che la paventata privatizzazione della società in questione potrebbe produrre sul piano produttivo ed occupazionale, si ricorda che tali aspetti sono emersi anche nel corso della riunione svolta il 26 settembre del corrente anno, alla presenza del rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, alla quale hanno partecipato l'onorevole Evangelisti, i rappresentanti delle Istituzioni locali, delle organizzazioni sindacali di categoria nazionali e locali e delle RSU.
In tale sede, le parti presenti, nell'evidenziare che la NCA è un'azienda con prospettive di lavoro (portafoglio ordini) garantite fino ad almeno il 2010, che rappresenta l'ultima azienda navalmeccanica attiva nel territorio toscano e che è di fondamentale importanza per lo sviluppo del territorio stesso, hanno richiesto che la società resti pubblica e che il Governo si attivi ponendo in essere tutte le iniziative affinché Fincantieri subentri nella proprietà della Nuovi Cantieri Apuania mantenendo la specializzazione del sito nel settore della navalmeccanica.
Il tavolo che si è aperto rappresenta, quindi, l'inizio di un percorso che il Ministero dello sviluppo economico sta tenendo costantemente sotto controllo come dimostrato dall'interessamento dei vertici del dicastero ai quali, più volte, il presidente della provincia di Massa Carrara e i sindaci di Massa e di Carrara, hanno riproposto la richiesta di acquisizione da parte di Fincantieri della società.
In particolare, è stata espressa la disponibilità ad accelerare gli impegni assunti presso il citato tavolo di lavoro verificando ogni possibile soluzione affinché questa importante realtà produttiva possa continuare ad operare nel territorio apuano. Questo è l'impegno che il Governo prende anche in questa sede parlamentare. Il riferimento alle altre due società citate, operano in un territorio che, come l'onorevole Evangelisti prima evidenziava, teme per lo sviluppo industriale e per le conseguenze occupazionali. In questi due casi, si tratta della società Eaton, che opera nella filiera industriale automobilistica, e della società ICA che opera, invece, nella filiera degli elettrodomestici, per la quale anche recentemente il Ministro per lo sviluppo economico è dovuto intervenire per quanto riguarda un gruppo italiano operante nel settore degli elettrodomestici, il gruppo Merloni.
Per quanto concerne la società Eaton, la direzione della società, nella giornata di lunedì 29 settembre scorso, ha informato gli uffici competenti di questo Ministero della cessazione di attività presso l'unità produttiva di Massa Carrara.
La Eaton è presente in Italia con tre siti produttivi (Massa Carrara, Torino e Monfalcone). In totale occupa circa 1.200 persone. Nello stabilimento di Massa, operano circa 350 dipendenti, come dianzi veniva citato.
La chiusura di tale stabilimento, secondo quanto comunicato dall'azienda inPag. 90quell'occasione, potrebbe consentire comunque la sopravvivenza degli altri due siti produttivi.
Su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, la direzione dell'azienda ha manifestato disponibilità a percorrere la strada della reindustrializzazione del sito di Massa, strada tanto più significativa anche alla luce del provvedimento che il Parlamento ha esaminato pochi minuti fa, quello riguardante lo sviluppo economico, che contiene anche riforme significative proprio per le aree industriali in crisi e la reindustrializzazione di questi territori.
Lo scorso 14 ottobre, nell'ambito di un incontro con i vertici del Dicastero, è stata accolta la richiesta di apertura di un tavolo nazionale sulla vertenza, previsto appunto per oggi 23 ottobre, come ricordava lo stesso onorevole Evangelisti, presso il Ministero dello sviluppo economico, a cui hanno partecipato le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali, al fine di aprire un reale processo di confronto con l'azienda, che ha assicurato che i propri delegati avranno ampia rappresentatività.
Quindi, anche in questo caso si è aperto un tavolo nazionale e il Ministero seguirà con particolare attenzione la situazione, pronto a prendere gli eventuali provvedimenti che, nell'ambito delle nostre competenze, sarà possibile adottare.
Per quanto riguarda invece la società ICA di Pallerone, è stata aperta una vertenza a livello locale, ma non risulta pervenuta al Dicastero dello sviluppo economico, alla data odierna, alcuna richiesta di apertura di un tavolo nazionale. Ove ovviamente avvenisse, sarebbe cura del Ministero fare altrettanto. È nostra intenzione peraltro, come Ministero dello sviluppo economico, seguire con particolare attenzione i primi due casi ed eventualmente questo terzo caso, ove si dovesse aprire, nella convinzione che bisogna mettere in campo tutte le procedure per evitare appunto la deindustrializzazione del territorio, convinti che, tanto più in questo momento, il sistema Paese deve sostenere l'attività, la realizzazione e la competitività di quella che giustamente viene chiamata economia reale e produttiva.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare, per dieci minuti.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, prima ancora di dichiararmi, intendo esprimere un ringraziamento al rappresentante del Governo, che ha risposto in maniera abbastanza esaustiva, se così si può dire, con un brutto gioco di parole e un'imperfezione lessicale. Soprattutto lo ringrazio perché non ha eluso la risposta sulle questioni aggiunte all'interpellanza in fase di illustrazione. Mi riferisco alle realtà e alle situazioni di crisi di Eaton e di ICA: davvero grazie per questo.
Per quanto riguarda i contenuti della risposta, però, mi posso dichiarare, tuttalpiù, parzialmente soddisfatto. Dove sta la soddisfazione? Nel registrare la disponibilità del Governo a seguire le vicende denunciate: in particolare, registro che sono aperti in questo momento due tavoli nazionali, uno che segue NCA e uno che segue Eaton. Ciò è davvero un elemento, se non di soddisfazione, almeno di conforto, diciamo così, soprattutto per i lavoratori che vedono messo in discussione il posto di lavoro.
So bene che per Eaton, dopo l'incontro (che si è svolto, appunto, circa mezz'ora fa), non si può dire di più. Mi sia però permesso di tornare allora un attimo sulle motivazioni originarie dell'interpellanza urgente in esame e vengo così a indicare gli elementi di insoddisfazione: nella sua risposta vi era molto delle notizie contenute nell'interpellanza urgente da me presentata, a partire dal capitale sociale, a partire dalle responsabilità - lo dico tra virgolette - del precedente Governo. Io stesso, insieme agli altri che hanno redatto questa nota, ho individuato nelle responsabilità contenute nella legge finanziaria per il 2007 l'indicazione, che era stata data a Sviluppo Italia, di andare a realizzare, quindi a vendere, quelle realtà che potevano avere un'appetibilità sul mercato. Perfino nell'interpellanza urgente in esame era indicata Meliorbanca, che insieme a Invitalia, sta trattando, ed era indicata l'apertura di queste manifestazioni di interesse.Pag. 91
C'è una notizia: delle otto manifestazioni rappresentate, soltanto sette sono ammesse. Tuttavia, vi era una domanda che forse non abbiamo esplicitato adeguatamente e ci faremo carico di rappresentarla meglio nel prosieguo del confronto in sede ministeriale. Signor sottosegretario, lei ha parlato di offerta vincolante e, pertanto, in questa fase, saranno valutati anche gli aspetti economici e occupazionali. Al riguardo, non tanto vi è stata una sottovalutazione quanto, piuttosto, diciamo così, si è sorvolato su una questione che proviene dal territorio, cioè dalla FIOM-CGIL, dalla FIM-CISL, dalla UILM-UIL, dalla provincia di Massa Carrara, dalla regione Toscana e dal comune di Carrara, con voti unanimi dei consigli dei lavoratori, dei consigli comunali, del consiglio provinciale e del consiglio regionale della Toscana. Voti unanimi, perché fra gli enti e le società interessate a rilevare e ad acquisire l'azienda di Marina di Carrara vi potesse essere la Fincantieri, che risponde direttamente al Ministero dell'economia e delle finanze e, di conseguenza, al Governo.
So che da un punto di vista economico, dal punto di vista del pensiero dell'economia di mercato e dal punto di vista del pensiero liberale è quasi una bestemmia immaginare di chiedere che, in una situazione di così profonda crisi, in cui si vanno a modificare sul piano nazionale e mondiale le tipologie di intervento pubblico nell'economia, un'azienda con i problemi come quelli che ha NCA resti pubblica e capisco che ciò, quindi, possa «suonare» blasfemo. Pur tuttavia, ciò che vogliamo evidenziare, è che non si tratta di un capriccio di un territorio, che non si tratta - mi rivolgerei al collega Brunetta - di fannulloni del cantiere di Marina di Carrara, che vogliono restare in mano pubblica. No. La differenza passa fra restare ancorati, con tutto il know how e con tutta l'esperienza maturata in tanti anni, all'interno del settore della navalmeccanica oppure transitare nella nautica da diporto. Infatti, le sette aziende interessate - e interessanti - a rilevare il cantiere sono tutte del settore nautico da diporto, un settore in crescita, che colloca il nostro Paese ai primi posti, ma è altra storia, è altra esperienza, è altra professionalità, è altro know how, sono altri gli investimenti che richiede quel settore, rispetto alle competenze specifiche, alla mission e alle caratteristiche del cantiere di Marina di Carrara.
Pertanto, approfitto della sua disponibilità e la ringrazio ancora, signor sottosegretario, per evidenziare questa esigenza. Il Governo segua il problema tenendo presente questa necessità. I tempi adesso si vanno facendo stretti: il termine per la presentazione delle manifestazioni d'interesse è scaduto e fra trenta giorni scadrà il termine per dare risposte. Siamo nella fase in cui la mancata risposta alle manifestazioni d'interesse non produce alcun danno, né dal punto di vista economico né dal punto di vista giuridico. Oltre, saremmo in una zona in cui ciò comporterebbe conseguenze giuridiche ed economiche.
Ho registrato - e concludo - che al Ministero non risulta nulla della ICA di Pallerone. Bene, l'informazione che abbiamo fornito quest'oggi è un primo elemento e la invito, signor sottosegretario, a dare indicazioni ai suoi uffici, perché possa essere seguita anche questa, pur piccola, vicenda, ma per noi molto significativa.

(Chiarimenti sul comportamento della polizia municipale di Parma in merito alla vicenda della giovane nigeriana fermata nell'ambito di un'operazione di contrasto della prostituzione - n. 2-00166)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00166, concernente chiarimenti sul comportamento della polizia municipale di Parma in merito alla vicenda della giovane nigeriana fermata nell'ambito di un'operazione di contrasto della prostituzione (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MAURO LIBÈ. Signor Presidente illustrerò questa interpellanza urgente soloPag. 92per due minuti per spiegare un po' meglio il contesto, dato che in pieno agosto ci siamo trovati con un quotidiano nazionale che riportava in prima pagina la foto di una giovane prostituta nigeriana, quasi totalmente nuda, stesa su un pavimento dopo un'operazione di polizia urbana. In quel contesto, ovviamente, si sono scatenati politici e parlamentari con interpellanze, sollecitazioni e polemiche, e si è scatenata l'opinione pubblica: tutti contro le forze di polizia municipale, perché si sarebbero comportate in modo abbastanza o molto duro nei confronti di questa ragazza.
Abbiamo presentato questa interpellanza urgente per un motivo: non prendiamo la posizione delle forze dell'ordine o delle giovani ragazze che vengono ogni tanto maltrattate, ma chiediamo chiarezza e non possiamo accettare che, in questo Paese, tutti chiedono sicurezza, però, quando succede qualcosa, i primi colpevoli sono sempre le forze dell'ordine o le forze di polizia municipale.
Dunque, cosa è successo? Dopo qualche mese è saltato fuori che il quotidiano che aveva pubblicato la foto della giovane ragazza, aveva fatto pressioni su un'altra amica e compagna di lavoro della ragazza stessa, per affermare che la polizia municipale aveva effettivamente usato i caratteri forti verso questa ragazza, mentre invece si è evidenziato che quanto affermato dalla polizia municipale era tutto vero: la ragazza aveva fatto tutto da sola e non vi era stato alcun eccesso nei comportamenti da parte della polizia municipale di Parma.
Per questo motivo, con questa interpellanza urgente chiediamo che proprio dall'alto del Ministero venga una voce chiara su quanto è successo. In questi giorni sembra - come ho letto dai giornali - che la magistratura abbia inviato qualche comunicazione giudiziaria a chi ha fatto informazione in questo modo, cercando di forzare la notizia per poi darla. Noi, però, chiediamo proprio al Ministero di fornire un'esatta ricostruzione dei fatti in modo che, dall'alto della autorevolezza di tale fonte, venga una parola di chiusura della vicenda. Poi vedremo quanto succederà a livello giudiziario, ma non accettiamo che si colpevolizzino le giovani prostitute e ancor meno accettiamo che vengano colpevolizzate a priori le forze di polizia quando intervengono.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo l'avvenuta diffusione sulla stampa locale e nazionale dell'immagine di una donna di cittadinanza nigeriana, fermata la sera dell'8 agosto scorso dalla polizia municipale di Parma, la competente procura della Repubblica ha delegato la questura del capoluogo allo svolgimento di indagini finalizzate ad accertare se, nella circostanza, siano stati posti in essere maltrattamenti nei confronti delle persone fermate.
I relativi accertamenti hanno consentito di appurare che la fotografia era stata scattata all'interno della locale caserma della polizia municipale, dove la persona in oggetto era stata accompagnata al termine di un'operazione di controllo del territorio, finalizzata a contrastare il fenomeno della prostituzione.
Al predetto servizio hanno partecipato, in veste di osservatori, anche alcuni addetti stampa locali, ai quali è stato consentito di accedere agli uffici della polizia municipale. Tuttavia, nonostante il divieto di effettuare video e foto dei fermati, qualcuno è riuscito a riprendere la giovane in oggetto all'interno di una camera di sicurezza dove era stata momentaneamente portata, in seguito al suo comportamento aggressivo, che avrebbe potuto costituire un pericolo per sé, per le altre otto donne fermate e per gli agenti stessi della polizia municipale.
Superata la tensione iniziale, la straniera è stata accompagnata fuori dalla cella di sicurezza e condotta nell'ufficio del nucleo di pronto intervento, in attesa delle procedure di fotosegnalazione.
Il comando di polizia municipale ha precisato che sia alla persona ritratta nellaPag. 93fotografia, che alle altre presenti nei locali, sono stati offerti cibo e bevande; sono state informate circa la possibilità di fruire di un idoneo sostegno, per un programma di recupero, ai sensi della normativa vigente.
Tutte le procedure di identificazione si sono svolte nel rispetto della legalità e della dignità umana. In particolare, la questura non ha segnalato all'autorità giudiziaria comportamenti penalmente rilevanti da parte di operatori della locale polizia municipale.
La cittadina nigeriana è risultata priva di documenti di identificazione e più volte segnalata e arrestata per violazione dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 286 del 1998. Nel corso dell'indagine è emerso anche che un'altra prostituta, di nazionalità uruguayana, ha contattato il comando della polizia municipale, denunziando che alcuni giornalisti avrebbero preteso una sua intervista per accusare i vigili urbani di maltrattamenti e prevaricazioni nei confronti delle persone fermate nel corso del controllo anti-prostituzione dello scorso 8 agosto. Il 21 agosto, su disposizione della locale procura, la squadra mobile della questura ha sentito la cittadina uruguayana, redigendo poi il relativo verbale di sommarie informazioni. La predetta, che risulta in regola con le norme sul soggiorno, nel confermare che alcuni giornalisti l'avevano cercata per indurla a formulare delle accuse ai vigili urbani, ha precisato che questi ultimi hanno agito correttamente sia nei suoi confronto che in quelli delle altre cittadine straniere fermate nella medesima circostanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi dichiaro soddisfatto della risposta. Questa chiarezza, anche nella ricostruzione dei fatti, dovrebbe far riflettere qualcuno che in quei giorni, dall'alto di un'importante carica istituzionale, la seconda dello Stato, è intervenuto immediatamente attaccando la polizia municipale di Parma. Forse, se avesse aspettato, avrebbe capito quello che succedeva veramente.

(Problematiche relative all'individuazione della località degli Altipiani di Arcinazzo quale sito per l'istituzione di un centro di accoglienza per extracomunitari, ed eventuale individuazione di siti alternativi - n. 2-00172)

PRESIDENTE. L'onorevole Iannarilli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00172, concernente problematiche relative alla individuazione della località degli Altipiani di Arcinazzo quale sito per l'istituzione di un centro di accoglienza per extracomunitari, ed eventuale individuazione di siti alternativi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, da qualche settimana oltre cento extracomunitari originari di vari Stati africani sono ospiti in località Altipiani di Arcinazzo, segnatamente nel centro di accoglienza allestito presso l'hotel «Il Caminetto» di Trevi nel Lazio. La struttura - fino a pochi giorni fa un albergo - è situata proprio nel centro della località turistica e, a quanto è dato di sapere, è gestita in regime di convenzione dalla Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, con sede in Roma, piazza San Giovanni in Laterano. La convenzione vedrebbe coinvolti, a diverso titolo, il Ministero dell'interno ed il comune di Trevi nel Lazio, nel cui territorio ricade una parte della località degli Altipiani di Arcinazzo.
Secondo quanto si apprende, gli ospiti dovrebbero risiedere stabilmente all'interno della predetta struttura alberghiera per circa tre mesi, in attesa del riconoscimento dello status di rifugiato politico. Il numero degli ospiti extracomunitari ha quasi raddoppiato la popolazione residente. I residenti della zona non hanno ricevuto alcuna preventiva comunicazione dell'apertura del centro di accoglienza né alcuna adeguata informazione intorno ai rifugiati, né risulta che la questione siaPag. 94stata previamente discussa all'interno del consiglio comunale di Trevi nel Lazio. Inoltre, dell'istituzione del centro, non è riscontrabile notizia sul sito del Ministero dell'interno. Secondo quanto ci è dato di ricostruire in termini normativi, l'intervento potrebbe essere stato adottato nel quadro dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 2008 che consente al Capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, anche di adottare tutti gli interventi necessari all'allestimento, all'ampliamento della disponibilità ricettiva, al miglioramento e alla manutenzione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303.
Gli Altipiani di Arcinazzo - conosciuti come la Svizzera del centro Italia - sono una ridente località turistica situata tra la provincia di Roma e quella di Frosinone, le cui caratteristiche principali sono la bellezza del paesaggio ed il carattere incontaminato dell'ambiente. Tali caratteristiche hanno condotto, negli anni, allo sviluppo, nella località, di un vero e proprio centro abitato, composto in prevalenza di seconde case (ville, villini e appartamenti), ma con una presenza stabile di residenti (circa due-trecento). Tutta l'economia della zona ruota attorno al turismo, soprattutto estivo (d'estate gli abitanti arrivano a 25 mila). L'apertura del centro ha provocato una mobilitazione generale e massiccia, sia da parte della popolazione residente, sia da parte delle centinaia di proprietari di seconde case su tutto il comprensorio montano. Tale mobilitazione non è rivolta evidentemente contro le singole persone degli immigrati, che giungono in Italia da situazioni di indubbio disagio e sofferenza, e che come tali meritano aiuto e comprensione, ma contro una scelta illogica di politica del territorio che penalizza drammaticamente - soprattutto per le proporzioni dell'iniziativa - una piccola realtà a spiccata vocazione turistica come quella degli Altipiani di Arcinazzo. Tali circostanze impongono, a tutela delle popolazioni interessate, alcuni chiarimenti urgenti e richiedono, a nostro avviso, un'ulteriore ed approfondita riflessione da parte delle autorità competenti - che, auspicabilmente, conduca ad un ripensamento della scelta - con particolare riferimento alle seguenti questioni: in primo luogo le conseguenze sull'economia e sul turismo.
A nostro avviso, appare assolutamente contrario a qualsiasi logica di sviluppo, collocare un centro di accoglienza per extracomunitari, a maggior ragione se di queste dimensioni, al centro di una località che trae la sua principale, se non unica fonte di sussistenza, dal turismo. Sarebbe, infatti, fatte le debite proporzioni, come collocare un centro di questo genere al centro di Cortina d'Ampezzo o di Taormina. Non può non sfuggire, infatti, che un centro di accoglienza siffatto rappresenta oggettivamente un disincentivo per turisti e vacanzieri e dunque indebolisce drammaticamente il tessuto socio-economico locale. Ciò senza contare i riflessi sui prezzi delle case: già nei primi giorni di apertura del centro di accoglienza molti proprietari di «seconde case» hanno manifestato l'intenzione di voler lasciare per sempre il centro di villeggiatura.
Per quanto concerne l'adeguatezza e l'idoneità delle strutture di accoglienza, il soggiorno all'interno della struttura ricettiva per un numero così elevato di persone e per un periodo di tempo significativo richiede che gli standards di sicurezza e di igiene del centro di accoglienza siano perfettamente conformi alle leggi e a tutta la normativa prevista in materia. La struttura in premessa, invece, secondo quanto riferito dai residenti degli Altipiani di Arcinazzo, da diversi anni non subirebbe interventi né di tipo strutturale, né alcun tipo di adeguamento per quanto attiene alle norme sulla sicurezza. A nostro avviso, la permanenza nel centro di accoglienza deve invece essere garantita nelle più ampie forme di tutela sia dal punto di vista igienico-sanitario sia dal punto di vista delle norme sulla sicurezza e ciò non solo a garanzia dei cittadini extracomunitari,Pag. 95ma anche degli operatori che lavorano e lavoreranno all'interno della struttura.
Vi è la necessità di un adeguato coinvolgimento di tutti i comuni interessati. Dal punto di vista amministrativo il territorio della località - che si sviluppa, senza soluzioni di continuità, in un vasto pianoro circondato dai monti dell'Appennino - ricade nei confini di tre comuni, uno della provincia di Roma (Arcinazzo Romano) e due della provincia di Frosinone (Trevi nel Lazio e Piglio), i cui nuclei urbani principali sono tutti e tre a distanza di alcuni chilometri dalla località turistica. I confini tra i tre comuni, all'interno dell'abitato degli Altipiani, non sono minimamente percepibili, in quanto coincidono con semplici strade urbane. Alla luce di tale organizzazione territoriale il centro di accoglienza si situa lontano dal nucleo principale del comune che nominalmente lo ospita e al centro di un abitato che insiste nel territorio di altri due comuni che non hanno minimamente partecipato alla decisione e ne subiranno tuttavia tutte le possibili conseguenze negative, in particolare quella relativa alla sicura riduzione del flusso turistico. Non si può dunque ignorare - e non possono ignorarlo le competenti prefetture - che, al di là del dato formale, per il quale l'albergo interessato si situa nel perimetro del comune di Trevi, la sua trasformazione in centro di accoglienza impatta, almeno nelle stesse dimensioni, sulla popolazione residente e sul territorio di altri due comuni, i quali sono pertanto almeno altrettanto legittimati ad interloquire nella decisione.
Per quanto riguarda la sicurezza degli abitanti e delle abitazioni, non si può escludere che tra gli immigrati ospitati dal centro, visto il numero elevato degli stessi, possano figurare persone dedite alla delinquenza. Al riguardo va sottolineato che nell'abitato degli Altipiani di Arcinazzo non sussiste alcun presidio delle forze dell'ordine. Inoltre, il carattere diffuso e rarefatto degli insediamenti - ville e villette relativamente distanti tra loro e spesso non abitate per la gran parte dell'anno - rendono comunque difficile un adeguato controllo del territorio e possono favorire fenomeni di occupazione abusiva o di danneggiamento.
In relazione all'impatto sulla struttura demografica del territorio interessato, secondo quanto è dato di apprendere, il soggiorno di questi cittadini extracomunitari agli Altipiani di Arcinazzo, avrebbe, almeno nelle intenzioni dei responsabili del Ministero dell'interno, sia uno scopo umanitario, visto che questi immigrati hanno chiesto il riconoscimento dello status di rifugiati politici, sia uno scopo di inserimento nel tessuto sociale locale. Ebbene il centro - con una popolazione di circa 150 immigrati - impatta su un abitato con una popolazione stabile di circa due-trecento persone, alterando fortemente l'equilibrio demografico e sociale del territorio. Considerando oltretutto che sembrerebbe doverci essere un ricambio del gruppo di immigrati ogni tre mesi, questo significa che dovrebbe transitare in una comunità stabile di queste dimensioni un flusso di 600 persone l'anno.
Preme a tal riguardo sottolineare come la legislazione vigente in tema di immigrazione, con riferimento ad istituti parzialmente diversi, ma rivolti a soddisfare la medesima finalità, quali i centri di accoglienza comunali, laddove consente agli enti locali, ai sensi dell'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, di prestare servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri, fissa precisi parametri relativi alla proporzione tra la popolazione locale residente e il numero di immigrati da accogliere. In particolare il decreto del Ministro dell'interno del 22 luglio 2008, emanato in attuazione della predetta norma di legge, stabilisce (articolo 5, comma 2) che «la ricettività dei servizi di accoglienza destinati alle categorie ordinarie e vulnerabili (...)», per una comunità di 5.000 abitanti, non è possibile avere più di quindici posti. Tale numero è, quindi, legato a quello degli abitanti.
Per fare un esempio dei centri oggi autorizzati c'è quello del comune di CaltanissettaPag. 96(96 posti), Crotone (256 posti), Foggia (198 posti), Gorizia (150 posti), Milano (20 posti), Trapani (60 posti): tutti non paragonabili ai piccoli comuni di Trevi nel Lazio, Piglio e Arcinazzo Romano, su cui insiste la località degli Altipiani di Arcinazzo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 17,40)

ANTONELLO IANNARILLI. Tutto ciò è coerente con la ratio delle norme sopra richiamate, che è quella - dettata anche dal buon senso - di accogliere persone immigrate bisognose senza sopraffare la popolazione locale.
Tale logica e tale ragionevolezza non sembrano essere state seguite nel caso di specie. Alla luce di tutto ciò chiediamo di sapere: in base a quali motivazioni sia stata scelta la località degli Altipiani di Arcinazzo quale sito per il centro di accoglienza per extracomunitari e quale sia stato il procedimento amministrativo adottato per pervenire a tale decisione; per quale motivo non si sia ritenuto opportuno informare e formare la popolazione residente relativamente alla nuova realtà che rappresenta una novità assoluta nel contesto sociale e culturale della zona e perché non siano stati interpellati gli altri due comuni (Arcinazzo Romano e Piglio) nel cui territorio - nei termini descritti in premessa - ricade l'abitato degli Altipiani di Arcinazzo; se siano stati garantiti contributi di qualsiasi natura o importo al comune di Trevi, se siano state stipulate convenzioni e quali ne siano i termini; quali siano i tempi di permanenza del centro di accoglienza nel territorio degli Altipiani di Arcinazzo e se sia vero che gli ospiti della struttura siano destinati ad avvicendarsi di tre mesi in tre mesi facendo sì che nell'arco di un anno transitino nell'abitato circa 600 immigrati; se ed in che modo sia stato valutato l'impatto dell'operazione sull'economia del territorio ed in particolare sul turismo, che ne costituisce la principale risorsa; se e quali valutazioni siano state effettuate relativamente all'impatto dell'iniziativa sulla popolazione stabilmente residente.
Chiediamo inoltre di sapere: se e quali valutazioni siano state effettuate in ordine alla sicurezza degli abitanti e degli immobili e quali misure si intendano comunque adottare per tutelare i medesimi; se e quali valutazioni siano state fatte in ordine alla adeguatezza della struttura alberghiera destinata ad ospitare il centro e se non ritenga comunque necessario e urgente predisporre tutti gli accertamenti necessari per verificare se il centro di accoglienza «Il Caminetto» sito nel comune di Trevi nel Lazio (Frosinone) sia in regola con tutte le norme igienico-sanitarie, e sulla sicurezza; in ogni caso se sia stato osservato per la struttura ogni altro adempimento di legge necessario ad ospitare i cittadini extracomunitari; se siano stati sentiti i competenti consigli territoriali per l'immigrazione, istituiti con il DPCM del 18 dicembre 1999 e, in caso positivo quali siano state le loro valutazioni; se la normativa vigente in materia di accoglienza degli immigrati e le relative direttive non impongano di distribuirli su tutto il territorio nazionale affinché le conseguenze di tale accoglienza ricadano, per quanto possibile, sulle comunità ospitanti in misura «proporzionale» alle proprie capacità di recezione e si distribuisca pertanto l'onere di tale accoglienza in modo equo sul territorio nazionale, senza pertanto caricare eccessivamente alcune località, di fatto «sacrificandole»; se e come gli uffici competenti - che hanno individuato la località degli Altipiani di Arcinazzo per l'istituzione di un centro di accoglienza delle dimensioni sopra descritte - abbiano tenuto conto di queste esigenze di equità e di buon senso nelle loro determinazioni; se, alla luce di tutti gli elementi esposti, non si ritenga di dover individuare sedi alternative per non compromettere in modo irreversibile l'economia e l'equilibrio demografico dell'intero comprensorio montano degli Altipiani di Arcinazzo.

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PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il nostro Paese è interessato da anni da consistenti e crescenti flussi di immigrazione, che hanno reso necessario realizzare un sistema di accoglienza articolato in diverse tipologie di strutture, a seconda del tipo di soggetti ospitati o della particolarità del servizio offerto. A partire dal mese di marzo del corrente anno, la situazione di forte criticità ha assunto una intensità mai raggiunta, con sbarchi concentrati in particolare nelle coste meridionali del Paese, soprattutto a Lampedusa, dove arrivano quasi quotidianamente, imbarcazioni fatiscenti cariche di clandestini, provenienti per lo più dalla Somalia, dall'Eritrea e dall'Etiopia.
Dal 1o gennaio al 9 ottobre del corrente anno, risultano sbarcate 27.417 persone, a fronte dei 17.264 immigrati approdati nel corrispondente periodo del 2007, con un incremento di 10.153 unità, pari a circa il 59 per cento. Per fronteggiare efficacemente il fenomeno, il Governo ha prorogato lo stato di emergenza già dichiarato dal 2002, estendendolo a tutto il territorio nazionale ed ha emanato l'ordinanza n. 3703 del 12 settembre 2008, recante «ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per il contrasto e la gestione dell'eccezionale afflusso di cittadini stranieri extracomunitari giunti irregolarmente in Italia».
In virtù della disposizione straordinaria, il capo dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno è stato autorizzato ad adottare, anche in deroga alle disposizioni vigenti, gli interventi necessari all'ampliamento della ricettività di tutte le tipologie dei centri per immigrati irregolari, anche avvalendosi dell'opera dei prefetti territorialmente competenti.
Sono state, così, individuate ed attuate, a partire dal mese di maggio, misure di accoglienza straordinarie. In primo luogo, è stata aumentata la capienza ordinaria dei centri governativi, con l'aggiunta di posti letto e con l'utilizzazione di spazi destinati ad altre finalità. A Crotone e a Foggia, inoltre, sono state impiantate tendopoli capaci di ospitare, rispettivamente, 240 e 546 persone.
In secondo luogo, sulla base di una capillare ricognizione delle disponibilità ricettive presenti su tutto il territorio nazionale, sono stati allestiti ulteriori centri di accoglienza (circa sessanta), gestiti da organizzazioni non governative, religiose e laiche, operanti nel settore dell'assistenza agli immigrati e ai rifugiati, localizzate nelle province di Ancona, Agrigento, Arezzo, Ascoli Piceno, Caltanissetta, Catania, Campobasso, Catanzaro, Frosinone, Latina, Livorno, Mantova, Massa Carrara, Matera, Messina, Palermo, Pordenone, Rieti, Roma (6 centri nella città, tra cui il Centro polifunzionale di Castelnuovo di Porto con 700 posti), Salerno, Siracusa, Taranto, Torino, Trapani, Trieste.
Pur nell'emergenza, sono stati sempre sentiti i sindaci e tutte le associazioni di volontariato operanti nel settore, nonché, laddove possibile, anche i Consigli territoriali per l'immigrazione. La localizzazione di detti centri di accoglienza avviene sulla base della concreta disponibilità acquisita, che, in questi mesi, è stata costantemente insufficiente ed ha richiesto l'apertura di ulteriori strutture, al fine di ospitare i numerosi richiedenti asilo sbarcati a Lampedusa, per il tempo strettamente necessario alla determinazione del loro status.
Il Centro di prima accoglienza allestito presso l'Hotel «Il Caminetto» di Trevi nel Lazio, in provincia di Frosinone, rientra tra le strutture attivate in emergenza e risponde alla funzione di prestare primo soccorso ed assistenza umanitaria ai migranti irregolari, sprovvisti di qualsiasi mezzo di sostentamento, richiedenti asilo politico e o protezione umanitaria. Anche in questo caso, gli extracomunitari sono ospitati per il tempo necessario al riconoscimento del loro status.
L'attivazione della struttura di accoglienza è avvenuta sulla base delle intese tra il Dipartimento per le libertà civili ePag. 98l'immigrazione del Ministero dell'interno, la prefettura di Frosinone, l'Arciconfraternita del Santissimo. Sacramento e di San Trifone di Roma ed il sindaco del Comune di Trevi nel Lazio. L'intesa è stata formalizzata attraverso una convenzione stipulata il 1o ottobre, con validità trimestrale.
La stessa sottoscrizione del documento è avvenuta alla presenza del sindaco, che ha apposto il proprio visto per adesione, dando così la piena disponibilità alla realizzazione del centro, dopo aver preso parte al sopralluogo svolto da personale della prefettura presso l'immobile prescelto. La struttura, munita della prevista licenza comunale di esercizio alberghiero, è risultata rispondente alle esigenze del caso, essendo dotata di opportuni spazi interni e di servizi adeguati.
La gestione del centro è completamente affidata al personale della cooperativa Domus Caritatis, che fa capo all'Arciconfraternita. L'ente stesso aveva dato la propria disponibilità al Ministero dell'interno ad accogliere 180 richiedenti asilo.
Ritengo doveroso ribadire che il centro di Trevi, come tutti gli altri realizzati in via d'urgenza nel resto del Paese, è stato allestito per potenziare, nell'emergenza, la recettività della prima accoglienza, che ordinariamente viene assicurata dai centri governativi. Il centro non rientra, quindi, nel Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, utilizzato, in via ordinaria, per l'accoglienza di tale specifica categoria. Secondo le ordinarie procedure, sono gli enti locali a presentare al Ministero dell'interno i propri progetti, che vengono sottoposti al vaglio di una commissione appositamente prevista dalla legge, la quale elabora una graduatoria che diventa parte integrante del decreto con cui il Ministro dell'interno dispone il riparto del Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo. Tale procedura, per modalità e tempi, non si attaglia alle necessità imposte dall'emergenza in atto.
Per completezza di informazione, preciso che il 1o ottobre è stato disposto il trasferimento, presso la struttura di Trevi, di 100 immigrati richiedenti asilo, di cui 6 donne e 94 uomini, di nazionalità etiope, eritrea e somala. Di questi, 25 hanno inoltrato domanda di asilo politico e i rimanenti hanno manifestato la volontà di avviare la procedura per il riconoscimento dello status di rifugiato politico, procedura che è in corso di formalizzazione presso l'ufficio immigrazione della questura di Frosinone.
L'arrivo nella struttura non ha dato luogo a particolari problemi, né fino ad ora ha avuto alcun riflesso negativo sulla situazione generale dell'ordine e della sicurezza pubblica, pur avendo destato malcontento tra i residenti della zona. Questi ultimi, sebbene consapevoli delle esigenze umanitarie che giustificano il progetto, hanno manifestato perplessità e preoccupazione per l'attivazione della struttura, tenuto conto della peculiarità turistica dell'intera zona degli «Altipiani di Arcinazzo».
La temporaneità dell'accoglienza e l'assenza di problemi sotto il profilo dell'ordine pubblico non dovrebbero influire negativamente sull'economia della zona.
A tale proposito, occorre evidenziare che in circostanze di emergenza, quali quelle che vedono coinvolto, tra gli altri, il comune di Trevi, non è possibile utilizzare i criteri localizzativi che, viceversa, vengono tenuti in considerazione per le strutture individuate in via ordinaria, siano essi centri governativi, siano progetti territoriali degli enti locali.
Per le stesse ragioni, sono state aperte strutture temporanee di emergenza in diverse località del territorio nazionale a forte vocazione turistica.
L'attività di prevenzione e controllo del territorio nel comune di Trevi nel Lazio viene assicurata, in modo coordinato, con frequenti servizi di vigilanza saltuaria, attraverso l'impiego di pattuglie delle stazioni dell'Arma dei carabinieri dei comuni di Trevi nel Lazio, Filettino e Piglio, nonché del commissariato di pubblica sicurezza di Fiuggi, mentre nel limitrofo territorio della provincia di Roma è presente la stazione dell'Arma dei carabinieri di Affile e la compagnia dei carabinieri di Subiaco, con il dipendente nucleo operativo e radiomobile.

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PRESIDENTE. L'onorevole Iannarilli ha facoltà di replicare.

ANTONELLO IANNARILLI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua disponibilità, ma non sono soddisfatto della risposta, soprattutto in senso politico. Lo ringrazio per tutto ciò che ci ha fatto capire in ordine all'emergenza. La conosciamo ormai tutti: è un'emergenza che sta colpendo il nostro Paese e siamo di fronte all'impossibilità di sistemare tutte queste persone con adeguate strutture. L'aspetto che anche il sottosegretario ha rilevato è che quella è una zona a vocazione turistica; ho sentito che anche altre zone sono state prese in considerazione, ma non ho avuto l'elenco di esse: forse sarebbe stato opportuno precisare le località, per capire se ci sono veramente delle zone che hanno una vocazione turistica come gli Altipiani di Arcinazzo. Spero che la permanenza di questo contratto, di questo rapporto, anche con riferimento a questo albergo sia temporanea, come è stato anche accennato nella sua relazione, sottosegretario, e che vi sia la possibilità fra qualche mese di trovare altri siti che possano accogliere queste persone. Sappia che si stanno formando anche dei comitati di zona, per cercare di affrontare il problema; come ripeto, non si tratta di un problema umanitario, ma soltanto logistico, ossia quello di sistemare delle persone in un centro turistico. Quindi, io e gli altri firmatari dell'interpellanza sicuramente continueremo a portare avanti questa battaglia, soprattutto per cercare di far capire che, anche nella provincia di Frosinone - il prefetto ha dato la sua disponibilità -, vi sono altre località, anche molto più importanti e così poco densamente abitate e, pertanto, l'impatto non sarebbe così forte. Spero quindi che nel breve termine si possa prendere una decisione diversa.

(Iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e persecuzione nei confronti dei cristiani nel mondo - n. 2-00151)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Virgilio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00151, concernente iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e persecuzione nei confronti dei cristiani nel mondo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, vorrei illustrarla brevemente, rimandando poi al testo scritto.
La persecuzione dei cristiani si allarga a macchia d'olio nel mondo, e il numero dei martiri, chiamiamoli così, continua a crescere. Da circa un anno a questa parte in India, precisamente nella regione di Orissa, si stanno verificando molti episodi di insofferenza, violenza e persecuzione nei confronti della minoranza cristiana. I canali di informazione sono occupati marginalmente da questi fatti, con numerosi attentati, con le distruzioni, con i saccheggi, con le recenti esplosioni di violenza contro le comunità cristiane: voglio ricordare che soltanto negli ultimi due mesi sono stati uccisi circa 80 cristiani. L'epicentro di questa globalizzazione dell'odio anticristiano ha investito già la Turchia, l'Iraq, l'Indonesia, l'Algeria e così via.
L'Occidente è in una silenziosa ambiguità: tutte le associazioni dei diritti umani e delle libertà religiose tacciono imbarazzate. Certo, è necessario conoscere il rigido sistema castale su cui si basa la società indiana, e voglio brevemente ricordarlo. L'organizzazione castale è considerata dagli induisti sacra e immutabile, e connessa alla dottrina del karma: un rifiuto del sistema castale equivarrebbe a una ribellione contro l'ordinamento stesso dell'universo, mentre al contrario l'adempimento dei doveri castali può assicurare una rinascita migliore e infine la liberazione. Il sistema stabilisce la gerarchia dei comportamenti sociali: ognuno è consapevole della propria condizione fin dalla nascita, e si deve comportare di conseguenza con i suoi pari, i suoi superiori ed i suoi inferiori.
La nozione di intoccabile, o fuori casta, è strettamente legata a quella di impurità: impure sono tutte quelle professioni che hanno a che fare con la nascita, per esempio medici e ostetrici, o con la morte,Pag. 100per esempio i macellai, i conciatori di pelli, i boia, i crematori, o che vengono a contatto con la sporcizia, tipo lavandaie e netturbini. Tutti questi soggetti sono considerati impuri.
Alla luce di quanto esposto appare chiaro, in sintesi, che in India le popolazioni più sensibili al messaggio cristiano di liberazione e di uguaglianza sono proprio quelle degli intoccabili: più 200 milioni di persone, così come risulta evidente che il lavoro di evangelizzazione della Chiesa e dei missionari tra gli intoccabili sia visto come un grave attentato alla regione indù.
Per questo motivo, i cristiani in India sono diventati il capro espiatorio su cui far cadere la responsabilità di qualsiasi episodio di violenza. Pertanto, oggi, essere cristiano in India vuol dire essere oggetto di una vera e propria persecuzione, con il rischio di essere ucciso impunemente. Predicare il vangelo in India equivale a fare propaganda sovversiva contro il rigido sistema castale e, soprattutto, equivale a mettere in discussione gli stessi principi fondamentali della religione indù.
Il vento di questa scristianizzazione soffia con violenza fino a trasformare la dilagante cristianofobia in una drammatica esigenza di ingerenza umanitaria urgente. Infatti, i cristiani sono in attacco in varie parti del mondo e anche il Papa Benedetto XVI esprime allarme e grande sofferenza per le persecuzioni contro i cristiani in Iraq, per le popolazioni cristiane del nord Kivu e nella Repubblica democratica del Congo, vittime della guerra tra l'armata congolese e i ribelli del consiglio nazionale per la difesa del popolo.
Appare urgente, allora, signor sottosegretario, che il nostro Governo intervenga per ribadire con forza, nelle sedi opportune, la posizione dell'Italia in assoluta difesa dei diritti e della libertà religiosa. Voglio ricordare che noi siamo tolleranti e ammettiamo che ogni cittadino abbia il diritto e la libertà di professare la prima religione. Da noi sorgono tranquillamente moschee, sinagoghe, chiese per valdesi e vi sono molte comunità di altre religioni, i cui cultori sono liberi di professarle senza violenza e senza ricorrere a nessuna coercizione.
Perché non deve essere così anche in altri Paesi? Perché non esiste la reciprocità della religione come in Italia, così in altri paesi? Gli organismi internazionali si muovono quando si tratta di problemi economici - lo vediamo in questi giorni, giustamente - ma perché non si è mossa per emergenze di questo tipo, quando gli individui sono perseguitati?
Pertanto, chiedo che il Governo intervenga per ribadire con forza, nelle sedi opportune, la posizione dell'Italia in assoluta difesa dei diritti e della libertà religiosa che, ribadisco, vogliamo garantire e garantiamo, coinvolgendo però anche i nostri parlamentari. Infatti, prossimamente ci sarà un vertice bilaterale tra Europa e India e quella sarà un'occasione perché i nostri parlamentari facciano sentire la loro voce in strenua difesa della libertà religiosa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rispondo in rappresentanza del Ministro degli affari esteri, scusandomi anche per la sua momentanea assenza.
L'Italia, per cultura e tradizione, conduce un'azione convinta in favore della promozione e protezione dei diritti umani nel mondo e garantisce un contributo fattivo al contrasto dell'intolleranza religiosa, in ambito ONU e nel quadro di strumenti pattizi, quali il Comitato dei diritti dell'uomo (organo indipendente che vigila sul rispetto del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il cui articolo 18 sancisce, appunto, il diritto alla libertà di religione).
Diritti umani e libertà religiosa sono, del resto, principi fondanti dell'Unione europea, principi che verranno riaffermati con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, approvato all'unanimità da questoPag. 101Parlamento. Alla sessantatreesima sessione dell'Assemblea generale ONU, l'Italia e i partner comunitari presenteranno la tradizionale risoluzione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa, una delle iniziative prioritarie per 1'Unione Europea.
La risoluzione raccomanda agli Stati di varare una legislazione con efficaci garanzie per la libertà di pensiero e credo religioso. La proposta esorta, inoltre, gli Stati ad intraprendere ogni azione necessaria per contrastare atti di violenza, intimidazione e coercizione motivati dall'intolleranza religiosa, a garantire il diritto all'associazione e all'assemblea a fini di culto, ad osservare l'obbligo di protezione nei confronti dei luoghi di culto e dei siti religiosi.
Analoga risoluzione, approvata per consenso alla sessantaduesima Assemblea generale, nell'esprimere preoccupazione per i casi d'intolleranza religiosa, invitava i Governi a cooperare con il relatore speciale per la libertà religiosa nominato dal Consiglio dei diritti umani, rispondendo favorevolmente alle sue richieste di visita dei Paesi e fornendogli tutte le informazioni necessarie.
Grazie alla risoluzione del Consiglio dei diritti umani, approvata a maggioranza nel dicembre 2007, il mandato del relatore speciale è stato rinnovato per tre anni.
L'Italia è stata tra i Paesi co-sponsors del testo e contribuisce alle iniziative multilaterali per il dialogo interculturale e interreligioso, quali la Alliance of Civilizations, iniziativa in ambito ONU, promossa da Spagna e Turchia, con un focus sulle relazioni Occidente-Islam. Il nostro Paese fornisce un contributo attivo a questo foro, anche quale membro del Group of Friends, che raccoglie gli Stati vicini all'Alleanza.
In ambito euro-mediterraneo, l'Italia sostiene la Fondazione Anna Lindh per il dialogo fra le culture, organismo non governativo, per promuovere la conoscenza reciproca fra i popoli degli Stati dell'Unione europea e dei partner mediterranei.
Vorrei ora ricordare l'azione dell'Italia a proposito delle principali situazioni di crisi menzionate nell'interpellanza.
In India il pretesto delle violenze anticristiane in Orissa è stato l'assassinio - il 23 agosto - di cinque esponenti del Consiglio mondiale indù, che la propaganda degli estremisti ha attribuito ad elementi cristiani, nonostante la rivendicazione dei guerriglieri naxaliti.
Le violenze hanno causato circa ottanta morti, distruzione e danni a centinaia di case e luoghi di culto. Diverse migliaia sono gli sfollati, ospitati in centri di accoglienza. Gli attacchi contro minoranze cristiane si sono estesi ad altri Stati dell'Unione indiana.
Italia ed Unione europea si sono mosse con tempestività. Il 1o settembre, su istruzione del Ministro degli Esteri, il segretario generale della Farnesina ha convocato l'ambasciatore indiano a Roma, per esprimergli la forte preoccupazione del Governo italiano.
Alla riunione informale dei Ministri degli Esteri, il 5-6 settembre 2008 ad Avignone, la Presidenza francese ha inserito, su proposta del Ministro Frattini, le violenze nell'Orissa all'ordine del giorno del vertice Unione europea-India di Marsiglia del 29 settembre.
Il Presidente Sarkozy ha sollevato la questione anche nella conferenza stampa del vertice. Il Premier indiano Singh ha ribadito che la libertà religiosa è un bene che il suo Paese vuole tutelare. Un riferimento alla libertà religiosa è stato inserito, su richiesta europea, nel comunicato finale.
Il nostro vivo auspicio è che le misure adottate dal Governo indiano possano porre termine alla violenza e rilanciare il dialogo tra componenti della società, in linea con le pratiche di pacifica convivenza della grande democrazia indiana.
L'Italia segue da vicino la tutela della libertà religiosa in Algeria, ed ha ribadito, a più riprese, alle autorità algerine l'importanza di una politica di effettiva integrazione. La Chiesa cattolica denuncia i crescenti ritardi, e in vari casi dinieghi, per i visti a favore di religiosi (vengonoPag. 102ostacolate anche le normali visite periodiche di superiori e ispettori delle case generalizie).
La Costituzione algerina prevede l'Islam come religione di Stato e nulla specifica riguardo alla libertà religiosa. Il Governo in genere rispetta la libertà di culto, anche se sono previste alcune restrizioni, tra cui la necessità di richiedere un riconoscimento ufficiale alle autorità algerine per svolgere attività religiose.
Chiesa cattolica, comunità protestante e chiesa avventista del settimo giorno sono le uniche confessioni non islamiche autorizzate ad operare. È invece proibita ogni attività di proselitismo volta a convertire i musulmani ad altra fede.
La legge Belaiz del 2006 ha introdotto limitazioni all'esercizio della libertà di culto al di fuori degli spazi riservati ai riti non musulmani.
L'obiettivo, non dichiarato, della legge è contrastare il crescente proselitismo dei cristiani evangelici, ma la sua applicazione ha comportato un inasprimento del controllo di tutti i gruppi religiosi non islamici.
Il Ministro algerino degli affari religiosi ha recentemente sostenuto che non è in atto nessun tentativo delle autorità algerine di limitare la libertà di culto, sottolineando al contempo che i non musulmani nel Paese non subiscono alcuna discriminazione.
L'Italia segue anche, con grande attenzione, la questione delle minoranze religiose, in particolare di quella cristiana, in Iraq. Si adopera per affermare la loro tutela, sulla base del principio dell'inclusività. L'offensiva terroristica nel Paese si è indirizzata contro le componenti religiose - sunnita, sciita, cristiana, sabea, yazhidi (i cui diritti sono tutelati dalla Costituzione) - nel tentativo di fomentare contrapposizioni etniche e settarie e di operare forme di pulizia religiosa, determinando un esodo della comunità cristiana.
Sotto la pressione della comunità internazionale e delle comunità cristiane in Iraq, il Governo ha dato una risposta alla forte richiesta di protezione dei cristiani di Mosul.
Circa 1.600 famiglie hanno lasciato la città, recandosi per la quasi totalità nei villaggi a forte presenza cristiana nella piana di Nineveh. Meno di un centinaio di famiglie sono andate ad Erbil e a Dohuk nella regione del Kurdistan iracheno.
Dopo la decisione di inviare 4 battaglioni della polizia nazionale (tra questi è atteso un battaglione formato dai nostri Carabinieri), in gran parte già schierati, a presidio dei quartieri cristiani di Mosul, il 14 ottobre il Consiglio dei Ministri ha deciso, su iniziativa del Ministro dell'Industria, l'assiro-cristiano Fawzi Hariri, misure per prestare soccorso agli sfollati e un significativo stanziamento economico per compensazioni e ricostruzione delle case distrutte.
È in corso un'azione - che vede impegnati il Presidente della Repubblica, i massimi vertici istituzionali ed i leader delle principali forze politiche - per esplicitare nella legge elettorale provinciale una clausola che garantisca l'elezione di quote predeterminate di rappresentanti delle minoranze religiose.
Abbiamo espresso alla Turchia grande preoccupazione per le violenze dell'ultimo triennio contro religiosi ed esponenti della comunità cristiana (in particolare l'assassinio di Don Santoro a Samsun e di tre cristiani a Malatya) e l'auspicio di una reazione di contrasto e sanzione. Le autorità turche hanno agito con tempestività e risulta che i responsabili materiali degli attacchi siano stati arrestati e condannati.
Di un generalizzato odio anticristiano non vi sono segnali in Turchia, Paese che intrattiene relazioni diplomatiche con la Santa Sede; ha ospitato visite papali ed aspira ad un ruolo di primo piano nel dialogo interculturale. Sarebbe, però, riduttivo considerare le violenze come gesti di squilibrati. Sono verosimili collegamenti con settori della società turca che, seppur marginali, alimentano un'ostilità verso l'Occidente. Il tema della libertà religiosa ha un rilievo particolare in Turchia, Paese a stragrande maggioranza islamica, maPag. 103fondato sul laicismo. Lo statuto delle minoranze religiose è tradizionalmente disciplinato in maniera molto rigorosa, ma in un'ottica restrittiva, ispirata alla tolleranza più che alla tutela delle minoranze stesse.
L'avvio dei negoziati di adesione con l'Unione europea ha evidenziato le carenze di tale approccio. Il Governo turco ha quindi promosso a febbraio l'adozione di una legge sulle fondazioni, nonostante la dura opposizione dei conservatori.
L'obiettivo è disciplinare le attività delle fondazioni, tra cui quelle religiose, riconoscendo loro personalità giuridica e diritto di proprietà immobiliare. «Un passo in avanti», ha commentato il commissario per l'allargamento, Olli Rehn.
Nel considerare positivamente il percorso intrapreso dalle autorità turche, rimaniamo impegnati, anche nel contesto europeo, a monitorare con attenzione la situazione, con l'obiettivo ultimo di un pieno riconoscimento e l'inclusione delle minoranze religiose nella vita politica e sociale del Paese.
Una citazione finale per l'Indonesia, che sta tentando di accreditarsi sempre più come esempio di tolleranza e convivenza tra componenti religiose (il cattolicesimo è tra le sei confessioni riconosciute). Le disposizioni garantiste della Costituzione sono in genere effettivamente applicate. I cattolici sono 8 milioni (il 3% della popolazione) e non si segnalano casi di discriminazione.
Credo che il quadro appena esposto dimostri come l'Italia prosegua con tenacia, sia in sede di organizzazioni internazionali, d'intesa con i partner europei, sia nei rapporti bilaterali, la sua azione volta a promuovere il rispetto, da parte di tutti gli Stati, della libertà religiosa.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Virgilio ha facoltà di replicare.

DOMENICO DI VIRGILIO. Signor Presidente, sono soddisfatto per l'informativa molto puntuale e precisa sugli impegni del nostro Governo in sede europea e internazionale. Auspico che vi sia una costante attenzione affinché i buoni propositi vengano tradotti in atti concreti e che la libertà religiosa sia garantita dovunque, perché è un diritto di ogni cittadino.
Lei non ha fatto cenno, oppure mi è sfuggito, all'impegno che le ho richiesto: ossia che nel prossimo vertice Europa-India i nostri europarlamentari si impegnino a rappresentare questa nostra esigenza e a ribadire questo concetto per noi fondamentale, affinché, come oggi in Italia, ogni cittadino abbia il diritto di professare il proprio culto e di cambiare eventualmente la propria fede in rapporto alla propria libertà di credere o meno in una religione ovvero in un'altra.

(Interventi per destinare un congruo numero di volontari ai progetti e alle esigenze dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi - n. 2-00183)

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare l'interpellanza Buttiglione n. 2-00183, concernente interventi per destinare un congruo numero di volontari ai progetti e alle esigenze dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testè sottoscritto.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, intervengo rapidamente perché mi sembra che il contenuto dell'interpellanza urgente in esame sia molto chiaro e, per prima cosa, voglio ringraziare il rappresentante del Governo.
La questione della sordità è un problema che forse appare poco ma colpisce un complesso di famiglie che vivono tale problema quotidianamente. Devo premettere che la normativa in vigore sul servizio civile ha aiutato, negli ultimi anni, molte categorie che sono affette da handicap particolari, ma ha penalizzato fortemente una categoria come questa che non è stata sostenuta.
Alla luce anche della sensibilità e dell'impegno del sottosegretario Giovanardi, chiediamo se non sia possibile verificare la possibilità di destinare, anche a questePag. 104categorie, un sostegno tramite un numero di volontari da indirizzare al sostegno di cui parlavo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, gli interpellanti contestano la mancata attivazione dei progetti di servizio civile presentati dall'Ente nazionale sordi e chiedono di prevedere un congruo numero di volontari da destinare alle esigenze di questo ente, in virtù del supporto offerto ai cittadini affetti da sordità.
Ora bisogna precisare che il Servizio civile nazionale non è uno strumento di politica sociale in quanto si riconduce - come affermato più volte dalla Corte costituzionale - alla materia della difesa e della sicurezza dello Stato. Infatti, a parere della suprema Corte, la previsione del sacro dovere della difesa della patria, contenuto nel primo comma dell'articolo 52 della Costituzione, ha un'estensione più ampia dell'obbligo di prestare il servizio militare e comprende anche attività di impegno sociale.
In tale contesto il Servizio civile si pone, innanzitutto, quale modalità concorrente ed alternativa alla difesa dello Stato con mezzi ed attività non militari, come indicato nella legge 6 marzo 2001, n. 64, istitutiva del predetto servizio.
Tuttavia, il Servizio civile è volto a garantire anche la realizzazione di altri obiettivi fissati dalla Costituzione come lo sviluppo della cultura, la tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico della nazione, l'educazione alla pace e alla ricerca di forme specifiche di soluzione delle controversie internazionali, la tutela della salute, l'educazione e l'integrazione delle persone in difficoltà. Infatti, l'articolo 1 della n. 64 del 2001 individua tra le finalità del Servizio civile, oltre alla difesa della patria, anche altri obiettivi in coerenza con i principi costituzionali enunciati. Appare, pertanto, evidente che il panorama dei settori ove le attività del Servizio civile nazionale si esplicano è molto ampio e che gli enti di servizio civile possono presentare progetti da realizzarsi nell'ambito di ciascun settore di impegno.
Al riguardo si ritiene opportuno evidenziare che la normativa primaria non privilegia alcun settore particolare. Pertanto, i volontari del servizio civile possono essere impiegati nei vari settori - quali l'assistenza, la protezione civile, l'ambiente, il patrimonio artistico e culturale, il servizio civile all'estero, l'educazione e la promozione culturale - in relazione alla tipologia dei progetti presentati dagli enti di servizio civile, nonché dalle scelte che vengono effettuate dai giovani stessi quando essi stessi decidono liberamente se aderire ad un progetto o un altro ancora.
Con riferimento al procedimento per la selezione dei progetti, si fa presente che la valutazione viene effettuata dall'amministrazione - quella centrale per i progetti nazionali e quelle regionali per i progetti regionali, che sono circa la metà - tramite un'apposita commissione, sulla base di criteri stabiliti nel «Prontuario», approvato con decreto del Ministero della solidarietà sociale 3 agosto 2006, tenendo conto delle principali caratteristiche dei progetti in termini di capacità progettuale, organizzativa e di formazione dei volontari ed è volta all'attribuzione di un punteggio e alla formazione di una graduatoria. Sulla base di tale graduatoria sono individuati i progetti da finanziare e da inserire nei bandi per la selezione dei volontari, fino alla concorrenza delle risorse finanziarie stanziate per l'anno considerato.
Il procedimento di valutazione dei progetti si configura come una procedura concorsuale in quanto si avvia con un atto propulsivo dell'amministrazione (ossia l'avviso che stabilisce i termini per la presentazione dei progetti) e si sostanzia in una valutazione comparativa dei progetti e si conclude con l'approvazione di una graduatoria. Al riguardo, si fa presente che il Consiglio di Stato, pronunciandosiPag. 105in sede giurisdizionale, ha equiparato la normativa riguardante la valutazione dei progetti ad un bando disciplinante una procedura comparativa e in tal senso si è espressa anche l'Avvocatura generale dello Stato.
È evidente, quindi, che gli enti di servizio civile sono a conoscenza dei criteri sulla base dei quali sono valutati i progetti e non possono ritenere che il settore di intervento del progetto garantisca una priorità nella valutazione, in quanto il legislatore non ha privilegiato alcun settore particolare e la normativa secondaria, nel rispetto di tale principio, ha individuato criteri di selezione volti unicamente a favorire la qualità dei progetti e non un settore particolare.
Ciò rappresenta il quadro normativo. Con riferimento ai dubbi espressi dagli interpellanti in merito alla mancata attivazione dei tre progetti, per complessivi 254 volontari, presentati dall'Ens occorre, innanzitutto, evidenziare che la partecipazione ad una procedura concorsuale, qual è quella della valutazione dei progetti del Servizio civile, non può ingenerare un affidamento sulla valutazione favorevole del progetto e sul relativo finanziamento, in quanto i risultati della selezione dipendono, comunque, da una valutazione della commissione esaminatrice.
Infatti, questi tre progetti sono stati esaminati da un'apposita commissione che ha valutato i medesimi nel rispetto dei criteri di selezione fissati dalle disposizioni che reggono la procedura stessa, i quali come precedentemente evidenziato, non prevedono di favorire o penalizzare alcun settore particolare. Tali progetti, pur essendo stati valuti positivamente dalla commissione, hanno ottenuto un punteggio finale basso, determinato dalla valutazione delle diverse voci delle schede-progetto effettuata unicamente sulla base dei criteri individuati dalla griglia di quel prontuario.
Parlo molto serenamente di questi aspetti, perché ho avuto questa responsabilità fino al 1996, mentre il prontuario è stato approvato successivamente. Non è una questione, quindi, che riguarda direttamente questo Governo, ma riguarda norme che sono state predisposte successivamente e che, comunque, sono state rispettate per il calcolo di quei punteggi - come avveniva anche prima, naturalmente - che non hanno consentito la collocazione di questi progetti tra quelli vincenti. La soglia minima fissata per ottenere il finanziamento era pari o superiore al punteggio di 56/80. Su questo credo non ci sia nulla da dire, questa regola valeva prima, vale oggi, varrà domani.
Il Servizio civile nazionale è previsto, dal punto di vista costituzionale, per difesa della patria e i progetti vengono valutati sul territorio nazionale senza preferenze. Gli interpellanti ritengono che l'innalzamento dal 2 al 4 per cento della quota da destinare a progetti concernenti l'accompagnamento dei ciechi e dei grandi invalidi civili, stabilito nell'anno 2008, ha favorito il finanziamento di altri progetti, contribuendo a ridurre il numero dei volontari da impiegare in altre tipologie di servizi (come nel caso, ad esempio, del progetto speciale per Napoli, che ha tolto dalla massa complessiva dei posti a disposizione, altri duemila posti). Si ritiene che con la destinazione di duemila posti al progetto speciale di Napoli, e con l'aumento della quota da destinare ai progetti concernenti l'accompagnamento dei ciechi (passata dal 2 al 4 per cento), si siano sottratte risorse agli altri progetti in corso.
Per quanto riguarda i ciechi, le leggi n. 288 e 289 del 2002, hanno previsto che i giovani del servizio civile possano essere impiegati per lo svolgimento del servizio di accompagnamento ai ciechi civili e ai grandi invalidi che ne facciano richiesta. Sulla base di questa indicazione normativa, il Ministro della solidarietà sociale, il 3 agosto 2006, ha stabilito la possibilità di prevedere, fermi restando gli altri criteri, deroghe ai termini di presentazione e valutazione di progetti e ai criteri per la loro approvazione. In particolare, per quanto riguarda i progetti di Servizio civile nazionale, presentati a norma delle richiamate leggi, il citato prontuario ha previsto che tali progetti, fino alla concorrenza delPag. 1062 per cento, portato poi al 4 per cento, potessero essere destinati soltanto ai ciechi e ai grandi invalidi.
Devo dire, per la verità, che questa decisione è stata bocciata all'unanimità dalla consulta del servizio civile, ovvero tutti gli altri enti si sono dichiarati contrari a questo innalzamento dal 2 al 4 per cento, ma questa è stata, comunque, la decisione presa (con decreto del 7 aprile 2008 è stata innalzata dal 2 al 4 per cento la quota da destinare ai progetti concernenti l'attività di accompagnamento dei grandi invalidi e dei ciechi civili, sulla base dell'istruttoria compiuta dal precedente Governo). Se si pensa che duemila giovani sono stati destinati a Napoli e che in base al prontuario vi è stato l'innalzamento della quota da destinare a progetti concernenti la compagnia dei ciechi e dei grandi invalidi, evidentemente, il numero dei giovani da destinare ad altri progetti è diminuito.
Ne abbiamo discusso proprio oggi nella consulta per il volontariato: per il futuro non sarà più nostra intenzione effettuare deroghe, nel senso che il progetto delle duemila persone per Napoli scadrà quest'anno, al 31 dicembre, e non verrà rinnovato. Il Servizio civile nazionale non deve farsi carico delle emergenze sociali.
Il Servizio civile nazionale è una palestra di formazione per i giovani, è inquadrato nel concetto di difesa della patria. Ricordo lo slogan: cambia la vita dei giovani. Ciò vuol dire che offre loro la possibilità di fare esperienza di volontariato per un anno, di lavorare in un ente, di conoscere situazioni nuove, di avvicinarsi, anche dopo la fine di questo anno, al volontariato e continuare a svolgere una funzione sociale importante nei vari settori nei quali i giovani possono essere impiegati.
Quindi, vogliamo accantonare l'idea di poter evidenziare, attraverso un atto amministrativo, situazioni che sono al di fuori di questa logica, come vogliamo accantonare la logica di mettere in concorrenza una situazione di bisogno, come quella dei ciechi e dei grandi invalidi rispetto ai sordomuti e agli handicappati, perché è evidente: se ci mettessimo su questo piano, il servizio civile nazionale non sarebbe più tale ma si occuperebbe di quello che il welfare e in particolare le regioni e l'assistenza in genere devono fare per venire incontro a particolari esigenze sociali.
Ne approfitto anche per dire agli interpellanti che, proprio questa mattina, nella consulta del Servizio civile nazionale, abbiamo deciso per il 2009, in confronto con il Parlamento, di rivedere profondamente il Servizio civile nazionale proprio sulla base di un'esperienza che ha portato, dopo la tumultuosa crescita dell'istituto (187 volontari nel 2001, 46 mila volontari nel 2006), a rivedere alcuni aspetti. Per esempio un terzo dei volontari, quindi il 33 per cento, riguarda due regioni italiane, mentre il 67 per cento riguarda le rimanenti diciotto regioni. Per dieci posti in concorso al sud vi sono trenta concorrenti, mentre per dieci posti in concorso al nord vi sono cinque concorrenti. Quindi da una parte vi è un numero esagerato, dall'altra vi è carenza.
Ora vi è una serie di iniziative che vogliamo sviluppare anche con le regioni. Vi sono regioni che aderiscono al Servizio civile nazionale, altre che hanno organizzato un proprio servizio civile, ad esempio con l'ausilio di extracomunitari, che è una cosa bellissima, ma che, se sul territorio porta alla creazione di diversi servizi civili in concordanza (e non vi è concorrenza con le regioni per finanziare il servizio civile nazionale), poi è chiaro che quando l'Ente nazionale per la protezione dei sordi si lamenta che non vi sono risorse è perché le risorse vengono destinate diversamente.
Si potrebbe pensare ad una maggiore flessibilità nell'orario: trenta ore sono molte; al nord giovani disponibili ad impegnarsi trenta ore non ce ne sono mentre, forse, potrebbero essere disponibili a venti ore, quindi è opportuna una maggiore flessibilità. Quando un comune come quello di Roma o di Torino prende in servizio quattrocento o cinquecento volontari nel servizio civile nazionale, anche con progetti fatti bene, è evidente che il volontariato sul territorio, gli enti comePag. 107quello in questione o, per esempio, i donatori di sangue si trovano in difficoltà perché rischiano di rimanere fuori. Allora sarebbe giusto che chi ha centinaia di volontari per un anno concorra al loro mantenimento.
Faremo una riflessione anche sui circa quattrocento euro mensili di indennità che una parte del volontariato considera sbagliati e diseducativi, mentre io ritengo che sia giusto avere un rimborso spese per i giovani che svolgono questo servizio, vedendone la congruità rispetto al tempo che viene dedicato e studiando anche forme di part-time. Lo anticipo perché è stato oggetto di una riflessione pressoché unanime per quanto riguarda gli orientamenti emersi oggi nella consulta del Servizio civile nazionale. Ci lavoreremo in Parlamento nel 2009, per farne un «anno ponte» rispetto alla necessità di questa riforma.
Per quanto riguarda la questione specifica capisco le proteste dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, però il quadro normativo e il prontuario del 2008 e del 2007, ovvero la scelta fatta, comportava questo tipo di privilegio per i ciechi e per il progetto di Napoli. Credo che sia interesse di tutti per il futuro evitare queste contrapposizioni ed evitare che giustamente un ente rivolto all'assistenza di un handicap grave come la sordità si senta in qualche modo discriminato rispetto ad altre forme pur rispettabili di handicap.

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di replicare.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, sicuramente sono soddisfatto e ringrazio l'onorevole Giovanardi per la spiegazione minuziosa che ha fornito. Vorrei chiarire proprio a scanso equivoci - parlo a nome dei firmatari - che non vi è nessuna intenzione di mettere in dubbio i sistemi e la trasparenza. Siamo convintissimi che tutto sia fatto nel modo migliore e conosciamo l'entusiasmo che il sottosegretario mette su questi temi.
Lei ci ha spiegato che il servizio civile si occupa di tantissimi ambiti. Tuttavia è anche, nei fatti, un servizio sociale. Crediamo di dover impegnarci con lei, con voi, per trovare la soluzione e per permettere anche l'accoglimento della richiesta avanzata. Certo rimane fermo l'assunto che si presentano progetti che vengono valutati: i migliori passano e gli altri «restano a casa» e su questo sono d'accordo con il sottosegretario.

(Iniziative per la valorizzazione del ruolo della Svimez - n. 2-00157)

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00157, riguardante iniziative per la valorizzazione del ruolo della Svimez (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LUDOVICO VICO. Signor Presidente, desidero segnalare, come ho già fatto nell'interpellanza, che la Svimez è un'importante associazione meridionale. La stessa origine della Svimez coincide con il sorgere del nuovo meridionalismo. Da oltre sessant'anni la Svimez svolge un importante ruolo culturale e di politica economica con serietà ed indipendenza di giudizio. Il sodalizio Svimez contribuisce con le proprie analisi all'attività di definizione e dell'implementazione delle politiche di sviluppo condotte dal Governo e dalle regioni. L'associazione svolge prevalentemente ricerca economica di cui viene data documentazione alla Corte dei conti, che indirizza annualmente al Parlamento una relazione di approfondito controllo e giudizio sulla sua gestione finanziaria. L'associazione Svimez pubblica ogni anno un rapporto sul Mezzogiorno riferito all'anno precedente.
Negli ultimi anni si sono verificato diversi tagli, in particolare nel 2008 ce n'è stato uno di 273 mila euro, sotto forma di accantonamento reso non disponibile. Il finanziamento alla Svimez concorre principalmente, com'è noto ai membri di questo Parlamento, a coprire gli oneri difficilmente comprimibili che derivano dal pagamento degli stipendi al personale ePag. 108delle collaborazioni specialistiche connesse all'attività scientifica e statistica di ricerca e di documentazione.
Per tale motivo abbiamo rivolto con numerosi colleghi un'interpellanza urgente al Governo per chiedere se non ritenga che il ruolo della Svimez sia fondamentale per quanto espresso, soprattutto per il fatto, conosciuto dal Governo, che la Svimez è un pilastro storico del Mezzogiorno d'Italia.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, riguardo all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Vico ed altri si fa presente che la legge finanziaria per il 2007 prevede che per gli esercizi 2007, 2008 e 2009, è accantonato e resa indisponibile, in maniera lineare, con esclusione degli effetti finanziari derivanti dalla presente legge, una quota pari rispettivamente a 4572 milioni di euro, a 5031 milioni di euro e a 4922 milioni di euro, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato, anche con riferimento all'autorizzazione di spesa predeterminate legislativamente, con esclusione del comparto della radiodiffusione televisiva locale, relative a consumi intermedi, a trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, con esclusione dei trasferimenti a favore della protezione civile, del Fondo ordinario delle università statali, degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali, ad altri trasferimenti correnti con esclusione dei trasferimenti aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra, e così via (viene elencata una serie di voci).
Ai fini degli accantonamenti complessivi indicati, le dotazioni iscritte nell'unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono accantonate e rese indisponibili, in maniera lineare, per un importo complessivo di 40 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009.
Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare su proposta dei ministri competenti, entro il 31 marzo di ciascun anno del triennio 2007-2009, possono essere disposte variazioni degli accantonamenti di cui al primo periodo, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie con invarianza degli effetti sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione, restando preclusa la possibilità di utilizzo di risorse di conto capitale per disaccantonare risorse di parte corrente».
Pertanto, in esecuzione della citata disposizione di legge in vigore - che come ripeto deriva dal precedente Governo - sullo stanziamento del capitolo 7330 «Contributo annuale all'associazione per lo sviluppo dell'industria del Mezzogiorno-Svimez» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008 è stato disposto l'accantonamento di euro 273.475. Tale somma, che risulta indisponibile ai sensi della citata disposizione legislativa, al 31 dicembre 2008 costituirà economia di bilancio.
Questa è la spiegazione del perché il taglio è stato obbligatorio. Poi, posso concordare con l'interpellante sul ruolo e la funzione importante che Svimez ha avuto in passato e spero che possa avere anche in futuro. Quindi, proprio per l'importanza che ha avuto Svimez, nell'ottica dello sviluppo del Mezzogiorno, penso che in futuro queste decisioni - che sono state prese in passato con queste determinazioni e anche con questi sacrifici dolorosi - possano essere riviste. Tuttavia, allo stato della legislazione attuale, l'attuale Governo non ha potuto fare altro che dare esecuzione alla legislazione vigente.

PRESIDENTE. L'onorevole Vico ha facoltà di replicare.

LUDOVICO VICO. Signor Presidente e onorevole sottosegretario, sono un po' perplesso sulla risposta che ha reso. Oserei dire anche costernato e mi viene in mentePag. 109il compianto professor Carlo Maria Cipolla, ma rinuncerò, in questa circostanza.
Le cose che lei ha detto sono note ad ogni parlamentare che fa il parlamentare come impegno di lavoro. Penso che vi sia un problema innanzitutto, che riguarda tutti i parlamentari e il rapporto tra parlamentare e Governo, quello che chiamo il valore etico dell'onestà intellettuale.
Lei, a nome del dicastero competente, mi dice sostanzialmente che tale somma risulta indisponibile ai sensi della citata disposizione legislativa e al 31 dicembre 2008 costituirà economia di bilancio.
Mi permetta, mi consenta: l'accantonamento non è un taglio. L'accantonamento è accantonamento, un taglio è un taglio. Questo Governo ha fatto scelte che non condivido, però vanno rese come sono: questo Governo, quando ha operato le riduzioni di spesa con il decreto n. 112 del 2008, ha sostanzialmente deciso di sommare anche le quote rese indisponibili ai sensi dell'articolo unico, commi 507 e 508, della legge finanziaria per il 2007, trasformandole di fatto in tagli, con iscrizione al bilancio di somme che, in origine, si prevedeva soltanto di accantonare. Ella sa quanto me che se ho mille euro e ne accantono cento, quei cento non sono disponibili: posso riconfermarli oppure tagliarli e questo Governo ha deciso di tagliarli, come nel caso Svimez.
Questo è quanto. Però, onorevole sottosegretario, mi consentirà - l'interpellanza urgente in esame penso sia nell'interesse comune del Parlamento - di osservare (benché non sia questa la sede, ancora) che, nel capitolo 7330 della finanziaria che discuteremo, alla tabella C, vi è un ulteriore taglio.
Quando ella dice agli interpellanti che avete fatto delle scelte e che tagli e accantonamenti sono due cose diverse (ho il massimo rispetto per questa opinione, pur non condividendola), sento il dovere di annunciarle - probabilmente, fra i tanti problemi che ha, le potrà essere sfuggito - che la tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2009, definita dal Ministero dell'economia e delle finanze, prevede un ulteriore taglio di un terzo. Poiché chi interpella può rivolgere interpellanze su fatti che si consumano, mi sto permettendo di dire che, con riferimento all'erogazione monetaria degli ultimi anni, al taglio di 273 mila euro (che era un accantonamento e nel 2008 è diventato un taglio) ora, nel 2009, si aggiungerebbero altri 235 mila euro, per un totale di 500 mila euro versati in meno rispetto al 2007.
Voglio ancora confidare che sia interesse di questo Parlamento e del Governo italiano che la Svimez viva. Pertanto, la risposta che mi ha reso, ovviamente, è totalmente insoddisfacente, ma la speranza - se posso usare un termine a lei caro - e anche la caparbietà (come rigorosità dell'onestà intellettuale) rimarranno intatte e nei prossimi giorni vorrei auspicare un risultato positivo.

(Iniziative relative agli effetti del riordino della disciplina del trattamento economico accessorio con riguardo ai dipendenti dell'INPS - n. 2-00147)

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare l'interpellanza Poli n. 2-00147, concernente iniziative relative agli effetti del riordino della disciplina del trattamento economico accessorio con riguardo ai dipendenti dell'INPS (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testé sottoscritto.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, vorrei intervenire, anche perché oggi è la giornata di un rapporto intenso con il sottosegretario Viespoli: abbiamo già avuto modo di incontrarci in occasione dello svolgimento di interpellanze e question time in sede di Commissione su una materia analoga. Oggi, ben volentieri, nell'impossibilità del collega Poli a essere presente, ho sottoscritto questa interpellanza, perché ritengo che dobbiamo avere dal Governo una risposta chiara rispetto a quello che intende fare con i pubblici dipendenti: se vuole usare solo il bastone, se vuole usare veramente quel criterio meritocratico, quel perseguimento degliPag. 110obiettivi di efficacia e di efficienza coinvolgendo i pubblici dipendenti e le amministrazioni pubbliche o se, invece, vuole umiliare l'autonomia delle pubbliche amministrazioni e il lavoro di quelle migliaia e milioni di lavoratori che nel pubblico impiego svolgono il proprio dovere.
Noi non facciamo sconti - lo sa il sottosegretario Viespoli - a chi abusa di benefici, a chi usa un lassismo da sempre fuori moda ma, ancor peggio, oggi. Tuttavia, riteniamo incomprensibile che il Governo proceda con l'accetta, laddove, invece, ci vorrebbe un bisturi per sradicare eventuali pratiche di malcostume. Vediamo, invece, che l'azione del Governo tende soltanto - vorrei usare una parola forte, signor Presidente - a criminalizzare tutto il pubblico impiego, mentre vorremmo un'opera di discriminazione e di discernimento, un'opera capace di premiare i capaci e capace di punire coloro che non fanno il proprio mestiere.
In un recente nostro intervento in materia di recupero del potere di acquisto, ci eravamo già lamentati dei limiti di una politica dell'annuncio che, per alcuni versi, ha creato alcune situazioni anche positive (mi riferisco al fenomeno dell'assenteismo, per cui avevamo assolutamente, in quell'occasione, dato il nostro sostegno all'indirizzo portato avanti dal Governo), ma che, per altri versi, si è poi tradotta in una linea verso la pubblica amministrazione e il pubblico impiego che non possiamo più condividere.
Anche la società, la rappresentanza sindacale e l'intero corpo dei lavoratori del pubblico impiego stanno cominciando a dare segnali forti di indifferenza e insofferenza verso questo Governo. Poi, sfruttando i timori per la crisi economica, questo Governo va in televisione ad illustrare il Piano industriale della pubblica amministrazione, a promettere futuri risparmi della spesa pubblica, a promettere - penso - singolari e originali recuperi di efficienza, ma non si preoccupa di guardare con attenzione all'intero quadro macroeconomico che è radicalmente peggiorato dagli effetti-annunzio di questa estate.
Stiamo vivendo una crisi senza precedenti e il Governo, invece, in questo comparto prosegue con una linea - come è stato fatto con l'articolo 67, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 - che consiste nel promettere per il futuro benefici contrattuali, ma che intanto consiste nel tagliare indiscriminatamente tutte quelle risorse che erano già state previste da tanti enti della pubblica amministrazione, per finanziare la contrattazione integrativa e per recuperare autonomamente, con decisione degli organi competenti dei singoli enti, autonomia ed efficienza nel proprio ente.
In particolare, quindi, questa stretta che vi è stata sui premi incentivanti sembra veramente una vicenda che vorrei definire, signor sottosegretario, paradigmatica di una incongruenza dell'azione di questo Governo. Non ci si rende conto che tutti quei dipendenti pubblici ai quali il premio veniva erogato al raggiungimento di obiettivi prefissati dall'amministrazione e legati a criteri di produttività sin dal 1983-1989, ora, davanti alla sospensione indeterminata degli stessi, ovviamente non potranno continuare a prestare la loro opera come in passato.
A tutt'oggi poi - e voglio accennare qui ad un fenomeno, signor sottosegretario - molte persone valide ed esperte sono corse a richiedere il pensionamento, pur di non vedersi decurtare gli emolumenti e i diritti acquisiti dalle vostre illuminate normative. Credo che questo non giovi certamente al mantenimento dell'efficienza di comparti fondamentali della nostra pubblica amministrazione, quale appunto era quello rappresentato in questa interpellanza urgente, ossia l'Istituto nazionale di previdenza sociale. Giova, infatti, ricordare che l'INPS, sin dal 1983, è stata la prima tra le pubbliche amministrazioni a realizzare e applicare sistemi di misurazione della produttività. Attraverso la contrattazione collettiva sono stati stabiliti i criteri per la corresponsione dei compensi incentivanti la produttività stessa, subordinata al raggiungimento di obiettivi programmati. Perché, signor sottosegretario? Davanti a questa contrattazione integrativa, che è la viaPag. 111verso la quale il Governo auspica si vada nel settore privato e anche nel settore pubblico, davanti a chi aveva già realizzato questo, è intervenuta una norma che ha tagliato tutto facendo tabula rasa di un sistema di relazioni sindacali all'interno della pubblica amministrazione. Almeno in quella amministrazione virtuosa sarebbe dovuta scattare una verifica, un approfondimento. Così non è stato fatto. Quindi, la corresponsione di questi trattamenti non avveniva certo «a pioggia», ma bensì sulla base di parametri che tenevano conto dell'apporto individuale al raggiungimento degli obiettivi che è poi quello - ossia, l'aumento di produttività - che va predicando il Governo, il Ministro Brunetta nelle sue performance televisive.
Recuperare efficienza e migliorare i servizi sono obiettivi che condividiamo. Ma occorre perseguirli attraverso il dialogo, il rapporto, la concertazione con la pubblica amministrazione e con le organizzazioni sindacali rappresentative e occorre salvaguardare, tutelare e incentivare le esperienze già positive in questa direzione, cosa non fatta dal Governo oggi. La nostra visione della meritocrazia è del tutto diversa dalla vostra, che rischia seriamente di minare il raggiungimento degli scopi cui l'azione intrapresa dal Governo e dal Ministro Brunetta - da noi condivisa in linea di principio - mira. Infatti essa è portata a realizzare un inasprimento delle difficoltà dei lavoratori che già sopportano una congiuntura economica e un'inflazione altissime, quindi una contrazione della disponibilità del loro reddito e conseguentemente una caduta dei consumi familiari e individuali. Questo non credo sia lo spirito con il quale si voleva muovere il Governo né quello che meritano gli italiani e i pubblici dipendenti. Pertanto rivolgo una semplice domanda al sottosegretario: quali iniziative intende adottare per individuare idonee misure compensative rispetto alle risorse non utilizzabili oggi, nel 2009 ma, soprattutto, per salvaguardare (tengo molto a questo, avendo una lunga esperienza di responsabile nella pubblica amministrazione) le iniziative positive che già erano in atto nella pubblica amministrazione? Auspico peraltro che non si aspetti quel fantomatico Piano industriale che, senza una reale concertazione con le amministrazioni pubbliche e le organizzazioni dei lavoratori, a nostro giudizio, sarà condannato sicuramente al fallimento.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, con riferimento all'atto ispettivo illustrato dall'onorevole Delfino, la prima considerazione è che non si può non riconoscere che gli interpellanti hanno posto una questione rilevante e significativa, una questione che peraltro l'INPS ha avuto modo di segnalare in occasione del confronto che si è aperto a seguito dell'atto ispettivo in oggetto, per l'impatto delle disposizioni recate dall' articolo 67 della legge n. 133 del 2008, che statuisce la disapplicazione delle previsioni speciali inerenti le risorse aggiuntive a favore dei Fondi per il trattamento accessorio e la riduzione del 20 per cento dell'ammontare complessivo dei fondi medesimi, a decorrere dal 2010. Il che è sicuramente di grande rilievo per l'INPS che ha evidenziato le proprie difficoltà nelle misure di contenimento della spesa, che determineranno un decremento del finanziamento del fondo per una quota il cui ammontare è di 161 milioni di euro, pari al 44 per cento dell'ammontare complessivo del fondo medesimo, con effetti significativi di diminuzione degli importi destinati alla retribuzione di risultato e agli incentivi alla produzione. Sul punto, il Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione, competente nella materia in argomento, ha indicato alcuni elementi informativi che mi accingo ad illustrare. L'articolo 63, comma 10, della legge n. 133 del 2008, dispone che, anche al fine di garantire le necessarie risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato, occorrenti per i rinnovi contrattuali e gli adeguamenti retributivi del personalePag. 112delle amministrazioni statali, il Fondo per interventi strutturali di politica economica è integrato dell'importo di 500 milioni di euro per l'anno 2008, di 2.340 milioni di euro per gli anni 2009 e 2010 e di 2.310 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011.
Il disegno di legge finanziaria per l'anno 2009, prevede, inoltre, che a decorrere da tale anno, il trattamento economico accessorio dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni - da corrispondere in base alla qualità, produttività e capacità innovativa della prestazione lavorativa - viene finanziato anche attraverso le risorse di cui all'articolo 61, comma 17, del decreto legge n. 112 del 2008 il quale, a sua volta, dispone una serie di misure per conseguire riduzioni di spesa e maggiori entrate, che saranno, quindi, in parte reindirizzate alla finalità incentivante.
Ai sensi del predetto comma 17, infatti, i risparmi di spesa e le maggiori entrate sono versate annualmente su apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato e confluiscono ad apposito fondo, destinato a varie finalità. In particolare, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro dell'economia e delle finanze, una quota dello stesso può essere destinata al finanziamento della contrattazione integrativa delle amministrazioni indicate nell'articolo 67, comma 5, ovvero delle amministrazioni interessate dall'applicazione dell'articolo 67, comma 2.
Analogamente, il citato disegno di legge, prevede una modalità di reimpiego per la stessa finalità dei risparmi di spesa o delle economie aggiuntive conseguiti a seguito dei processi di riorganizzazione e/o razionalizzazione delle spese di personale. Al riguardo, il Dipartimento per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed il Ministero dell'economia e delle finanze verificano, con cadenza semestrale, il processo attuativo delle misure di riorganizzazione e razionalizzazione delle spese di personale introdotte dalla legge n. 133 del 2008, allo scopo di riscontrare l'effettività della realizzazione dei relativi risparmi di spesa. Inoltre, laddove in sede di verifica si riscontri il conseguimento di economie aggiuntive rispetto a quelle già considerate ai fini del miglioramento dei saldi di finanza pubblica (o comunque destinate a tale scopo in forza di una specifica prescrizione normativa), con decreto del Ministro della pubblica amministrazione e l'innovazione di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze vengono definiti i limiti percentuali e le modalità di destinazione delle predette risorse aggiuntive al finanziamento della contrattazione integrativa delle amministrazioni già citate.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,50).

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Infine, il disegno di legge più volte citato prevede che, nel quadro delle generali compatibilità economico-finanziarie, può essere devoluta al finanziamento della contrattazione integrativa delle citate amministrazioni una quota parte delle risorse eventualmente derivanti dai risparmi aggiuntivi rispetto a quelli già considerati ai fini dei miglioramento dei saldi di finanza pubblica o comunque destinati a tale scopo in forza di una specifica disposizione normativa; risparmi realizzati per effetto di processi amministrativi di razionalizzazione e riduzione dei costi di funzionamento dell'amministrazione, attivati in applicazione dello stesso decreto legge n. 112 del 2008.
Il Dipartimento ha quindi concluso che le risorse destinate alla retribuzione accessoria ed alla contrattazione decentrata per l'anno 2009, decurtate dalle citate disposizioni della legge n. 133 del 2008, potranno essere reintegrate attraverso i risparmi di gestione o economie di spesa ottenute attraverso l'applicazione delle predette disposizioni normative.
Nell'ambito, quindi, della ricognizione delle risorse effettivamente disponibili potranno essere valutate le diverse situazioni sulla base delle loro peculiarità; in tal modo potranno essere effettuare le distinzioniPag. 113che dovessero imporsi come necessarie. In questo contesto potrà trovare concreta attuazione il ricordato ordine del giorno presentato dagli onorevoli interroganti ed accolto dal Governo.

PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'articolata risposta, così ricca di citazioni legislative e normative, non mi consente immediatamente una valutazione puntuale; quindi, non posso esprimere una soddisfazione rispetto al merito.
Infatti avrei preferito, più che una rilettura delle norme, signor sottosegretario, una indicazione succinta e concreta degli impegni che il Governo avrebbe assunto, svolto e portato avanti con la prossima legge finanziaria in ordine alle risorse ed all'autonomia decisionale delle amministrazioni che già hanno avviato da molto tempo quell'azione di recupero di efficienza, di compensi incentivanti legati ai risultati di gestione.
Avrei preferito avere una conferma nello specifico dell'INPS, che ha svolto in questi mesi dopo l'approvazione della legge n. 133 del 2008 un puntuale raccordo con il Ministero competente e con il Governo, ci fosse stata una risposta decisa e schematica, capace di far capire che i buoni meccanismi già in atto sarebbero stati resi nuovamente attivi e che le risorse, che già erano state finalizzate e che già erano state individuate e che si determinavano in virtù di un risultato di gestione come noi dicevamo nell'interpellanza che portava una maggiore efficacia nei programmi per la lotta al recupero delle omissioni e delle evasioni contributive, avessero potuto essere confermate nella risposta del Governo. Tutto ciò alla luce del fatto che il Ministro Brunetta parla di buona amministrazione, ma credo che sia buono quello che lui vede buono e cattivo tutto quello che fanno gli altri. Non mi sembra che questo, signor sottosegretario, sia nella nostra cultura e nella nostra tradizione.
Pertanto, mi dichiaro attento alle risposte che lei ha dato, ma sono nella doverosa esigenza di dichiarare la mia insoddisfazione, dal momento che pensavamo che nel tempo intercorso tra questa nostra interpellanza urgente, ma soprattutto dall'adozione dei provvedimenti legislativi dell'estate, nei rapporti che sono intercorsi tra l'INPS e il Governo, ci fosse oggi una risposta che dicesse che tutto quello che va nell'indicazione programmatica del merito dell'efficienza, dell'efficacia dell'azione e, quindi, nella valorizzazione dei comportamenti virtuosi dei lavoratori (in questo caso dell'INPS) fosse ripristinato.
Non vi è stato - concludo signor Presidente - questo atto di resipiscenza di indirizzo programmatico da parte del Governo. Me ne rammarico, credo che con me se ne rammarichino tutti i lavoratori del pubblico impiego, dal momento che se non troviamo un rapporto severo, ma nello stesso tempo concreto e capace di discernere e discriminare il buono dal meno buono o dal cattivo, credo che susciteremmo un grande disagio sociale e, quindi, anche una conflittualità di cui oggi l'Italia non ha bisogno. Ma spero sempre in uomini di buona volontà come il sottosegretario Viespoli per vedere che le cose in un prossimo futuro possano cambiare.

(Iniziative in relazione alla crisi aziendale della Antonio Merloni Spa di Fabriano, con particolare riferimento alla tutela dei livelli occupazionali - n. 2-00173)

PRESIDENTE. L'onorevole Favia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Di Pietro n. 2-00173, concernente iniziative in relazione alla crisi aziendale della Antonio Merloni Spa di Fabriano, con particolare riferimento alla tutela dei livelli occupazionali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, più che di illustrare l'interpellanza ho bisogno di illustrare alcuni fatti nuovi, in quanto l'atto di sindacatoPag. 114ispettivo è ormai un po' datato. Mi auguro che il signor sottosegretario si sia messo in contatto con il Ministro delle attività produttive in quanto stiamo parlando della Antonio Merloni Spa di Fabriano, che rappresenta un pezzo della storia della meccanica in Italia, un pezzo della storia del distretto umbro marchigiano della meccanica.
Fortunatamente ci sono altre società non in crisi, ma la crisi di questa azienda, che ha stabilimenti a Fabriano, a Sassoferrato, Gaifana, in Umbria, ed anche in Emilia Romagna, implica la crisi occupazionale, diretta e indiretta (parlo dell'indotto), di circa 6 mila operai. È, quindi, una crisi distrettuale che si può quasi definire da shock, sistemica.
Siamo davanti, tanto per fare delle cifre, a operai che, in condizioni fisiologiche, guadagnano da 950 a un massimo di 1.100-1.200 euro al mese; siamo in presenza di un migliaio di operai già in cassa integrazione, che prendono qualcosa come 700-800 euro al mese. È una situazione assolutamente insostenibile! Ieri, dopo lunghe richieste e dopo l'ammissione, nel frattempo intervenuta, della Merloni alla procedura Marzano-bis - credo sia la seconda impresa, dopo l'Alitalia - c'è stato un incontro tra i presidenti delle regioni interessate, il Ministro Scajola, i funzionari del Ministero, i sindacati e i commissari. C'è stata la dimostrazione, registrata anche dalla stampa locale, della disponibilità del Ministro. Si istituiranno due tavoli: uno di monitoraggio dell'attività dell'amministrazione straordinaria e delle strategie di rilancio in zona e un tavolo romano per un ventilato accordo di programma. Il Ministro Scajola, del quale tutti apprezziamo l'attivismo e l'ottimismo, ha dichiarato che la prossima settimana, addirittura, riapriranno le fabbriche; lo speriamo fortemente, ma nutriamo qualche perplessità al riguardo.
Quello che in particolare desidero chiedere e dire al Governo è che serve quanto previsto da due ordini del giorno, accolti ieri come raccomandazione dal Governo, in sede di approvazione della cosiddetta «Marzano-bis».
La prima è l'estensione degli ammortizzatori sociali previsti per l'Alitalia e le partecipate alla Merloni Spa e al suo indotto. Voglio farle presente - ma lo ricordo a me stesso, signor sottosegretario, perché lei sicuramente ne sarà al corrente - che le aziende diverse dall'Alitalia, ovvero diverse da quelle che agiscono nel settore dei servizi pubblici essenziali, non hanno diritto per i loro dipendenti agli stessi ammortizzatori sociali. Questa legge approvata dalla vostra maggioranza, cioè, crea una disparità di trattamento. Un esempio concreto: i dipendenti della Merloni Spa non avranno lo stesso trattamento dei dipendenti dell'Alitalia e delle partecipate. Le partecipate dell'Alitalia avranno questo diritto, mentre le eventuali partecipate della Merloni Spa no; nulla è previsto per l'indotto.
Per essere più precisi, i dipendenti di entrambe avranno diritto a quattro anni di cassa integrazione, ma mentre i dipendenti Alitalia avranno diritto a tre anni di mobilità, quelli della Merloni Spa, a seconda dei casi, a uno, due o al massimo tre anni.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Non è così!

DAVID FAVIA. Credo che sia necessario un forte intervento, così come reputo che sia necessario per l'indotto, per il quale non è previsto nulla, mentre, stranamente, è previsto per le partecipate Alitalia.
Lei sa che una società, per definirsi partecipata, deve fare registrare un intervento di un'altra società per almeno il 20 per cento. L'articolo 2359 del codice civile ritiene, invece, controllata una società che abbia un rapporto contrattuale che, sostanzialmente, la leghi ad un'altra società, com'è appunto nel 99 per cento dei casi dell'indotto. Mi piacerebbe capire come si vuole fare ordine in questa straordinaria disparità di trattamento in casi egualmente drammatici. Non che vogliamo meno per l'Alitalia, ma vorremmo di più, nell'uguaglianza, per gli altri.Pag. 115
Inoltre, c'è stata la richiesta forte e un'attenzione del Ministero per la conclusione di un accordo di programma tra il Ministero stesso e le regioni interessate per la reindustrializzazione del distretto con una diversificazione.
Le fornisco soltanto un dato: la meccanica mediamente in Italia occupa il 30 per cento della forza lavoro, circa il 40 nelle Marche, tra il 60 e il 70, a seconda dei periodi, nel distretto in crisi di cui stiamo parlando.
In conclusione, chiedo di sapere se alle parole potranno concretamente seguire i fatti, perché a precisa richiesta non è stato risposto - da quello che so, non so se lei può saperne di più, signor sottosegretario - se ci saranno i mezzi per finanziare sia gli strumenti straordinari di ammortizzazione sociale, sia l'accordo di programma per il quale c'è un forte interesse. Non sta a me rammentarle quanto la situazione possa essere drammatica, in una situazione come quella che ho provato a rappresentarle.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, mi consentirà di non leggere la risposta predisposta, perché correrei il rischio di trovarmi anch'io nella stessa situazione degli interpellanti, e cioè di dare magari una risposta datata rispetto all'evolversi della vicenda. Tuttavia, credo di avere il dovere di dare alcune risposte in relazione non solo al contenuto dell'atto di sindacato ispettivo, quanto alle motivazioni che hanno accompagnato...

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, sottosegretario: sappia che se risponde a braccio non può consegnare nulla di scritto; cioè non può poi chiedere alla Presidenza l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della risposta.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Non leggo, ma fornisco comunque una risposta.

PRESIDENTE. Va bene. Prego prosegua pure, sottosegretario Viespoli.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Non deposito nulla, se non le parole che dico. In primo luogo, rispetto alla questione relativa alla diversità di trattamento dei soggetti, vorrei evidenziare che c'è una specificità che non è nuova, per capirci, per intenderci, rispetto ai lavoratori ex-Alitalia, perché il trattamento di cassa integrazione straordinaria è lo stesso. C'è però un'integrazione reddituale che deriva dal Fondo Volo, e che porta all'obiettivo dell'80 per cento, così come previsto dall'ultima normativa.
Per quanto concerne invece le questioni che sono state poste, in particolare quelle relative alla dimensione delle risorse per gli ammortizzatori e per le casse integrazioni straordinarie in deroga, vorrei evidenziare due cose. La prima: in realtà non c'è assenza di tutela per i lavoratori alle dipendenze di aziende al di sotto dei 15 dipendenti, perché lo strumento delle casse integrazioni straordinarie in deroga ha, per la prima volta, determinato la possibilità di accedere, anche da parte di chi non gode di queste tutele (legge n. 223 del 1991), a forme di tutela relative all'utilizzo della cassa integrazione straordinaria in deroga, per settori e per territorio.
Tant'è che le prime due sperimentazioni, relative appunto ai piccoli soggetti in un'area distrettuale, sono state nell'ordine, se non vado errato nel 2003-2004, quelle relative al distretto di Biella e poi allo stesso distretto delle Marche, che ha già utilizzato questa possibilità attraverso il convenzionamento che il Ministero opera con regioni, al fine di dotare queste ultime e il territorio di quella dimensione finanziaria necessaria per essere distribuita attraverso le esigenze della piccola e piccolissima impresa, che intende utilizzarePag. 116questo strumento di ammortizzazione sociale. Ricordo che per il 2008 con la regione Marche è stata sottoscritta una convenzione, credo, pari a circa 6 milioni di euro.
La regione Marche, già da tempo, ha evidenziato l'esigenza di ulteriori risorse finanziarie ad integrazione della convenzione. Io posso dire in questa sede che, in merito a tale richiesta, rispondendo anche alle questioni che sono state evidenziate (mi riferisco all'ultimo periodo del 2008, gli ultimi due mesi), si può individuare una certa quantità di risorse finanziarie ad integrazione della convenzione. Credo che, a giorni, determineremo le condizioni per utilizzare un monte risorse ancora disponibile per rispondere alle esigenze di integrazione delle convenzioni già esistenti, per le casse straordinarie in deroga, che le varie regioni italiane hanno manifestato, sicché, sicuramente, ci saranno le risorse per l'indotto per il 2008.
Per il 2009, proprio oggi - e concludo - il Governo ha presentato un ulteriore emendamento integrativo all'articolo relativo alla dimensione del fondo per l'occupazione finalizzato, in particolare, alle casse integrazioni straordinarie in deroga e alle mobilità in deroga che ha portato la dimensione finanziaria da 450 milioni a 600 milioni, proprio nella consapevolezza che, nel 2009, dovremo fronteggiare situazioni di crisi e di difficoltà che, purtroppo, si annunciano e, pertanto, era opportuno dotare, fin da ora, il fondo di risorse maggiori rispetto a quelle relative al 2008.
Con ciò mi auguro di aver fornito alcune risposte almeno per quanto riguarda la competenza specifica del Ministero del lavoro. È evidente che resta aperta l'altra questione, quella relativa alla definizione dell'accordo di programma, ma l'onorevole interpellante mi consentirà in questa sede di segnalare che si tratta di un percorso tutto da definire e da costruire d'intesa (ed in particolare di iniziativa) con il Ministero competente, cioè con il Ministero per lo sviluppo economico.

PRESIDENTE. L'onorevole Favia ha facoltà di replicare.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, ringrazio il signor sottosegretario che ha saputo abbandonare la traccia scritta che aveva per adeguarsi a questa repentina novità che gli ho sottoposto e quindi di ciò gli sono grato. Sono parzialmente soddisfatto delle notizie che sono state date e della volontà del Governo di integrare la convenzione con la regione Marche per il 2008 e di trovare i fondi per l'indotto per il 2009.
Capisco che ad altro Ministero sia demandata la parte relativa dell'accordo di programma, ma l'accordo di programma, così come proposto e formulato dalla regione Marche, ha in sé una parte che concerne gli strumenti di ammortizzazione sociale. Voglio segnalarle, signor sottosegretario, che non mi riferivo, parlando della disparità di trattamento, alla presenza di una integrazione della cassa integrazione per quanto riguarda l'Alitalia, poiché tutti e due hanno quattro anni ed il fatto che uno prenda di più e l'altro di meno dipende da condizioni particolari e questo lo comprendiamo. Mi riferivo al fatto che, mentre i dipendenti Alitalia e delle partecipate Alitalia hanno tre anni garantiti di mobilità, lo stesso non è per tutte le altre aziende. Quindi, mi auguro che, nell'ambito dell'ammortizzazione straordinaria, come lei ha proposto di fare, possa essere risolto questo vulnus che rappresenta veramente un'incomprensibile disparità di trattamento che non può essere coperta. Facendo l'avvocato, ho capito che il paravento dell'azienda di servizio pubblico essenziale mira ad eludere il dettato dell'articolo 3 della Costituzione, come, qualche volta, la Corte costituzionale ha dato atto di potere fare, ma ci sembra veramente un paravento troppo piccolo. Non capiamo veramente che differenza vi sia tra un operaio Alitalia ed un operaio della Merloni. Non crediamo che vi sia questa differenza, poiché anche la meccanica è un settore strategico per quanto riguarda l'industria della nostra nazione.Pag. 117
Pertanto saremmo lieti che il Ministero intervenisse su questo e soprattutto che tutte le cose dette e le promesse fatte (che nel fine settimana riporterò sul territorio) vengano rapidamente mantenute.

(Misure per garantire adeguate risorse finanziarie per l'anno 2008 e per gli anni successivi per i programmi di edilizia sanitaria - n. 2-00177)

PRESIDENTE. L'onorevole Livia Turco ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00177, concernente misure per garantire adeguate risorse finanziarie per l'anno 2008 e per gli anni successivi per i programmi di edilizia sanitaria (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

LIVIA TURCO. Signor Presidente, come è noto, circa l'ammodernamento delle strutture sanitarie, la messa in sicurezza degli ospedali e la dotazione degli ospedali di nuove tecnologie il sottosegretario (e chi più di lui?) conosce l'importanza di avere un'azione costante di ammodernamento. È importante che per questa azione vi siano risorse certe, programmate e che le regioni possano definire gli accordi di programma con continuità e con certezza di risorse.
A tale proposito, sappiamo che l'articolo 20 della legge n. 67 del 1988 ha stanziato 17 miliardi di euro. Questo programma è stato ulteriormente arricchito nel corso degli anni. Mi riferisco agli anni più recenti, al 2007 che ha elevato a complessivi 20 miliardi di euro la dotazione di risorse per questo programma pluriennale di interventi, rendendo disponibili nel triennio successivo 2 miliardi 500 milioni di euro. La legge finanziaria per il 2008 ha disposto un ulteriore incremento di 3 miliardi di euro. Complessivamente, il programma ex articolo 20 con la legge finanziaria per il 2008 è stato portato a 23 miliardi di euro.
Sulla base poi dei finanziamenti apportati con le ultime leggi finanziarie, in via attuativa si è provveduto a definire un'intesa in conferenza Stato-regioni, su proposta del Ministro della salute (con una forte iniziativa del Ministero della salute), anche in una posizione dialettica con il Ministero dell'economia e delle finanze, per l'utilizzo di 2,475 miliardi di euro disponendo il riparto tra le regioni di 2,430 miliardi di euro e riservando i rimanenti 45 milioni di euro per interventi urgenti da proporsi da parte del Ministro della salute (l'intesa è stata poi trasfusa nella delibera CIPE del 25 gennaio 2008, n. 4).
È stata poi definita un'intesa in conferenza Stato-regioni, sempre su proposta del Ministero della salute, per il riparto dei 45 milioni di euro di cui prima ho parlato. In conferenza Stato-regioni si è inoltre provveduto al riparto dei 3 miliardi di euro per l'anno 2008, ed anche in questo caso l'intesa è stata trasfusa in una proposta di deliberazione.
Abbiamo letto che, sulla base di queste premesse e di questi atti (soprattutto degli atti attuativi della norma della legge finanziaria che si sono tradotti in delibere CIPE), per il 2008 in bilancio sul capitolo di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze vi erano 1 miliardo 600 milioni di euro. Oggi questa somma è stata ridotta a 403 milioni di euro.
È evidente che ciò arreca un colpo pesante all'azione di programmazione delle regioni. Il Ministero della salute nel corso degli anni 2006-2007 ha siglato tredici accordi di programma con undici regioni, e questi tredici accordi di programma hanno riguardato trecentotrenta interventi di cui undici nuovi ospedali, venticinque ospedali ristrutturati e interventi per quanto attiene alle nuove tecnologie. Voglio essere precisa: si tratta di undici nuovi ospedali, venticinque ospedali ampliati, centonovantaquattro ristrutturazioni di ospedali ed ottanta interventi di servizi territoriali di case della salute.
Questa azione di programmazione deve però poter proseguire, nel senso che gli interventi sono stati avviati presupponendo una continuità di risorse che, non a caso, erano presenti nelle leggi finanziarie e che, quindi, dovevano poi essere allocate su appositi capitoli del Ministero dell'economia e delle finanze.Pag. 118
È evidente che con questo taglio ci si trova di fronte all'interruzione brusca di un'azione di ammodernamento dei nostri ospedali di cui vi è drammatico bisogno (è inutile che in questa sede sottolinei questa urgenza). Vi è anche un problema di rapidità dei tempi, ma si possono sollecitare le regioni a fare accordi di programma quanto più c'è un'azione di pungolo e di sostegno da parte del Ministero della salute e quanto più le regioni sanno di poter fare affidamento su risorse certe per un arco temporale definito, che in questo caso dovrebbe essere un triennio.
Noi ci auguriamo - siamo stati in molti ad aver sottoscritto l'interpellanza - che si voglia porre rimedio per il 2008 e si vogliano garantire risorse per gli anni successivi. Anche su questo punto chiedo dei chiarimenti al sottosegretario, perché non soltanto abbiamo visto questa decurtazione sul 2008, ma non abbiamo visto né in tabella D, né in tabella F della legge finanziaria, nessuno stanziamento per il prossimo triennio. Questo significherebbe davvero un'interruzione molto grave di un processo faticoso, difficile ma importantissimo di ammodernamento, di messa in sicurezza, di ampliamento e di rinnovamento dei nostri ospedali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Ferruccio Fazio, ha facoltà di rispondere.

FERRUCCIO FAZIO, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, la legge finanziaria per l'anno 2008, come rilevato dall'onorevole Turco, aveva previsto una disponibilità complessiva per la stipula di accordi di programma con le regioni per 1.600.000.000 di euro (iscritta in bilancio sul capitolo di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze).
Tale somma, ai sensi della legge 6 agosto 2008, n. 133, è stata ridotta di circa un miliardo di euro, diminuendo le risorse a disposizione a 403.246.286,07 euro. Peraltro, si fa presente - questa è una novità - che, a fronte di tale riduzione, il Ministero dell'economia e delle finanze ha allocato nel bilancio 2011, nella pertinente unità previsionale di base, la somma di 600 milioni di euro, come si può evincere dal prospetto concernente il bilancio triennale per unità previsionale di base 2009-2011 del disegno di legge A.C. 1714.
Inoltre, è necessario tener conto degli effetti prodotti, in termini di disponibilità di risorse, dalle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 310 e 311, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria per il 2006) che, al fine di razionalizzare l'utilizzo delle risorse in questione, hanno previsto la risoluzione degli accordi sottoscritti, con conseguente revoca dei corrispondenti impegni di spesa, per la parte relativa agli interventi per i quali la regione interessata non abbia richiesto l'ammissione a finanziamento o non abbia proceduto all'aggiudicazione entro i termini stabiliti.
Tutto ciò premesso, e considerati in termini finanziari sia il livello di risorse effettivamente assorbito dalla sottoscrizione degli accordi di programma, sia gli effetti di cui al citato comma 310, ad oggi risulta una disponibilità per la sottoscrizione di nuovi accordi per l'anno 2008 pari a 400 milioni di euro circa, che si incrementano a 1.000 milioni di euro nel 2009, in virtù dello stanziamento in bilancio per il 2011. Quindi, da oggi fino al 31 dicembre 2009, si potranno fare accordi di programma per 1.000 milioni di euro.

PRESIDENTE. L'onorevole Livia Turco ha facoltà di replicare.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, se ho capito bene sul 2008 sono 400 milioni, e sul 2009 un miliardo? Sono interessata alle cifre, sostanzialmente.

FERRUCCIO FAZIO, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 119

FERRUCCIO FAZIO, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, onorevole Turco, ulteriori seicento fino a mille milioni. Poiché è il periodo triennale che conta, entro il 2009 - da qui al 31 dicembre 2009 - possiamo siglare accordi di programma fino a mille milioni di euro.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Turco.

LIVIA TURCO. Signor Presidente, è sicuramente più di quanto non avessimo letto e pertanto vedo in questo passo in avanti anche il risvolto di una nostra iniziativa, che avevamo sollecitato già in Commissione anche da parte delle regioni. Mille non è soltanto quattrocento! Prendo atto volentieri di questo passo in avanti.
Tuttavia, resta la preoccupazione fortissima rispetto al fatto che si interrompe un percorso virtuoso. Infatti, il Governo rappresenta la funzione nazionale, che è quella più importante rispetto al federalismo, e dovrebbe sollecitare l'insieme delle regioni a promuovere, appunto, un'azione di programmazione dei propri interventi in campo sanitario. Ciò si è potuto fare grazie alla presenza di adeguate risorse e compiendo anche un'azione di accompagnamento nella definizione dei progetti stessi.
Ora, però, vediamo con preoccupazione l'interruzione di un percorso faticoso ma produttivo, perché queste risorse sono in ogni caso - lei lo sa, signor sottosegretario - gravemente insufficienti rispetto agli accordi che le regioni hanno già presentato. Tra l'altro, ciò rischia di penalizzare le regioni più efficienti che sono quelle che, avendo una maggiore capacità di spesa per proseguire la loro azione di ammodernamento soprattutto delle strutture ospedaliere, hanno bisogno di poter proseguire la loro azione, appunto con la stipula di nuovi accordi di programma. Tuttavia, i nuovi accordi di programma si possono siglare soltanto a fronte di risorse certe.
Pertanto, nonostante l'apprezzamento del piccolo passo in avanti che è stato compiuto, non possiamo che esprimere tutta la nostra preoccupazione in ordine all'interruzione di un processo importante che si era avviato, un processo di adeguamento, di ammodernamento della rete ospedaliera e anche di cambiamento della medesima, perché molte delle strutture e molti degli accordi di programma prevedevano che le risorse ex articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, fossero utilizzate anche per la costruzione di servizi territoriali e di case della salute e fossero adoperate per il potenziamento dei servizi di medicina territoriale, su cui anche questo Governo dice di voler insistere. Siamo preoccupati perché questo rappresenta un taglio su un capitolo fondamentale dell'edilizia sanitaria e si somma a quanto già previsto nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, per quanto attiene alla quantità dei livelli essenziali di assistenza.
So quanto sia difficile svolgere e dotare la sanità di risorse adeguate e quale sia il continuo braccio di ferro che va costruito nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze. Tuttavia, la sanità italiana ha davvero bisogno che le scelte in materia di politica sanitaria siano compiute fino in fondo, valutando i bisogni di salute e non i vincoli di bilancio.
Pertanto, mi auguro anche che il Ministero della salute torni ad avere una propria fisionomia, al fine di avere autorevolezza e voce in capitolo nel rapporto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Infatti, non si può assolutamente consentire che la politica sanitaria del nostro Paese sia definita dal Ministro dell'economia e delle finanze e che abbia come punto di riferimento esclusivamente il vincolo di bilancio. Una buona politica sanitaria ha bisogno che si costruisca un equilibrio costante tra il vincolo di bilancio, che sicuramente deve esservi, ma a partire da un'attenta valutazione dei bisogni di salute dei cittadini. Non possiamo che esprimere questa preoccupazione e sollecitare il Governo ad avere, in ordine ai temi della salute e della sanità, una visione che non sia soltanto legata al vincolo di bilancio.

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(Intendimenti del Governo in merito alla mancata estradizione dalla Francia dell'ex terrorista Marina Petrella - n. 2-00176)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Antona ha facoltà di illustrare l'interpellanza Soro n. 2-00176, concernente gli intendimenti del Governo in merito alla mancata estradizione dalla Francia dell'ex terrorista Marina Petrella (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmataria.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, senza voler nulla togliere all'autorevolezza del sottosegretario Caliendo, che ringrazio per la sua presenza, non mi posso esimere dall'esprimere un rammarico per non vedere qui il Ministro della giustizia, dal quale non abbiamo ascoltato nessuna esternazione in questi giorni su una questione che io, invece, ritengo sottovalutata e di estrema rilevanza perché riguarda le relazioni e il rispetto reciproco tra due Stati membri della Comunità europea. Mi auguro, quindi, che il Ministro Alfano, prima o poi, si decida a far sentire la sua voce. Ci aspettiamo una parola dal Ministro della giustizia su un tema che riguarda il rispetto e la dignità di questo Paese.
Mi riferisco, naturalmente, alla negazione dell'estradizione della brigatista Petrella. Credo sia utile qui, per chi ci ascolta fuori da quest'Aula, rifare la breve storia di questa persona. Marina Petrella, membro della direzione della colonna romana delle Brigate rosse (ala militarista), fu coinvolta nel rapimento e nell'assassinio di Aldo Moro, nel sequestro del magistrato Giovanni D'Urso, nell'uccisione del generale dei carabinieri Enrico Galvaligi e del vicequestore Sebastiano Vinci - mi piace ricordare i nomi di queste persone, perché erano persone -, nonché nel tentato sequestro del vicecapo della Digos Nicola Simone. Questi sono alcuni dei gravi reati per i quali la brigatista è stata chiamata a rispondere nel processo Moro-ter che riguardava gli attentati rivendicati a Roma dalle Brigate rosse tra il 1977 e il 1982.
Condannata in primo grado a 14 anni, e poi successivamente all'ergastolo dalla Corte d'assise di Roma, il 6 marzo 1992, poco prima del termine del processo Moro-ter, nel 1988, era uscita dal carcere per decorrenza dei termini. Quando nel 1993 la condanna all'ergastolo diventa definitiva Marina Petrella è già latitante in Francia dove può contare sull'appoggio della folta comunità dell'eversione rossa accolta a Parigi con la benedizione della dottrina Mitterrand. Una storia, quella della Petrella, legata a doppio filo a quella del marito Luigi Novelli e al fratello Stefano Petrella, entrambi brigatisti della prima ora della colonna romana.
La Petrella e Luigi Novelli vennero arrestati per la prima volta il 4 gennaio del 1979 e incriminati per la partecipazione a banda armata e detenzione di armi nell'ambito dell'inchiesta sul sequestro Moro. Scarcerati per decorrenza dei termini nel maggio del 1980, furono mandati al soggiorno obbligatorio a Montereale, un paesino in provincia dell'Aquila, ma nell'agosto di quell'anno fuggirono, secondo gli investigatori, per partecipare alle riunioni della direzione delle Brigate rosse che stava decidendo quella che è chiamata la «campagna d'autunno» e anche l'operazione «borghese pentito», ovvero il rapimento del magistrato Giovanni D'Urso.
Petrella e Novelli furono nuovamente arrestati il 7 dicembre 1982, dopo uno scontro con i carabinieri, su un autobus a Roma. I due terroristi erano armati ed avevano tentato di fuggire dall'automezzo prima di essere immobilizzati. La Petrella, insieme alla Balzarani e a Gabriella Marini, era considerata una delle principali collaboratrici del leader delle Brigate rosse, Mario Moretti. La Petrella era nella lista dei dodici ex terroristi - ex, forse - per i quali l'ex Ministro della giustizia, Roberto Castelli, aveva chiesto l'estradizione.
La richiesta era stata poi ripresentata dal suo successore Clemente Mastella. Marina Petrella non si è mai dichiarata pentita. Attualmente ha 54 anni. Nell'agosto del 2007, dopo una latitanza durata quasi venti anni, è stata arrestata ad Argenteuile, nelle banlieue parigine. EraPag. 121stata fermata per un controllo stradale e convocata in commissariato dove è scattato l'arresto.
Il 14 dicembre la Corte d'appello di Versailles ha concesso l'estradizione richiesta dalle autorità italiane. Il 9 giugno - un mese fa - il Governo francese ha firmato il provvedimento di estradizione. Alla notizia dell'estradizione la Petrella ha iniziato lo sciopero della fame. Ricoverata presso l'ospedale parigino di Saint-Anne è stata dichiarata in gravi condizioni fisiche e psichiche. Il Presidente francese Nicolas Sarkozy ha deciso di non applicare il decreto della sua estradizione per ragioni umanitarie. La ex brigatista, per questa decisione, non sarà più estradata in Italia.
Durante un colloquio avuto ieri con alcuni rappresentanti di una delle associazioni dei familiari delle vittime il Presidente francese ha lamentato il totale disinteresse del Governo italiano, al quale avrebbe richiesto di inviare un'ispezione medica per constatare l'effettivo stato di salute della Petrella senza ottenere nessuna risposta in merito. Parole di Sarkozy: sono stato lasciato solo in questa scelta.
La decisione del Presidente francese sembra non tenere conto del fatto che l'Italia è un Paese democratico, membro della Comunità europea, un Paese dove i diritti umani e civili sono cardine della nostra Costituzione e regola fondante del nostro vivere comune. Cito l'articolo 2 della Costituzione, che «riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo». Cito l'articolo 32: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo». La Petrella poteva essere curata in Italia, ed è prerogativa del nostro Presidente della Repubblica eventualmente decidere per motivi umanitari se concedere o meno la grazia.
Ci domandiamo se il Governo italiano non consideri, come noi consideriamo, che la decisione del Presidente francese sia gravemente irriguardosa del diritto dello Stato italiano a vedere applicate le proprie leggi, oltre che fortemente lesiva dei diritti delle vittime e dei superstiti del terrorismo (uno di loro, sulla sedia a rotelle, è andato dal Presidente Sarkozy) ad ottenere quanto meno un minimo rispetto delle sentenze.
Le autorità francesi non possono inoltre, a nostro avviso, ignorare l'ampiezza delle garanzie offerte dalla legge penale e penitenziaria italiana a favore dei condannati in gravi condizioni di salute, compresi i condannati all'ergastolo come la Petrella. Io credo che, considerando le condizioni nelle quali sono stati trattati i terroristi francesi (perché quando i reati vengono commessi in Francia quelli sono criminali mentre i nostri sono eroi), la Francia da questo punto di vista non abbia nulla da insegnare all'Italia, che ha saputo usare la clemenza anche e soprattutto per far arretrare il terrorismo e in qualche caso con successo.
Chiediamo se il Ministro non ritenga che il Presidente Sarkozy, negando l'estradizione all'ex terrorista Marina Petrella, non abbia compiuto un'azione irrispettosa delle prerogative del nostro Stato in materia giudiziaria, in evidente contrasto con l'indirizzo di necessaria collaborazione tra gli Stati in materia giudiziaria fondato sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali. Chiediamo al Governo quali passi abbia intenzione di compiere, e se non ritenga di dover manifestare una formale protesta nei confronti del Governo francese riguardo al grave ripensamento sul decreto che disponeva l'estradizione di Marina Petrella.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, premesso che il Ministro Alfano non è qui perché è impegnato a Lussemburgo e per tale ragione rispondo io all'interpellante, ricordo che Marina Petrella è stata arrestata a fini estradizionali in Francia il 21 agosto del 2007 e la richiesta di estradizione alla Francia era stata avanzata, come è stato ricordato, dall'allora Ministro della giustizia, senatore Roberto Castelli, il 25 ottobre del 2002, in ragione dellaPag. 122sentenza di condanna pronunciata il 6 marzo 1992 dalla Corte di assise di appello di Roma e divenuta irrevocabile il 10 maggio 1993. La Petrella è stata condannata alla pena dell'ergastolo con tale sentenza, con isolamento diurno per mesi sei, per i reati di concorso in sequestro di persona a scopo di terrorismo, omicidio aggravato, tentato omicidio e lesioni personali gravissime, rapina a mano armata, attentato per finalità terroristica, attentato contro organi costituzionali e altro.
Voglio segnalare, in proposito, che solamente nel periodo compreso tra l'anno 1980 e l'anno 1982, Marina Petrella si è resa responsabile tra l'altro dei seguenti gravissimi delitti, che indubbiamente denotano un suo notevole spessore criminale: il sequestro di persona e la rapina a mano armata in danno del giudice Giovanni D'Urso, avvenuto a Roma dal 12 dicembre 1980 al 15 gennaio 1981; l'omicidio del commissario capo di pubblica sicurezza Sebastiano Vinci e il tentato omicidio dell'agente Pacifico Viotto, avvenuti a Roma il 19 giugno 1981; la rapina a mano armata presso l'ente SIP-SEFI, con tentato omicidio in danno di alcuni dipendenti avvenuto in Roma il 30 luglio 1981; il tentato omicidio in danno del funzionario di polizia Nicola Simone, avvenuto in Roma il 6 gennaio 1982; il sequestro di persona, violenza e rapina a mano armata, all'interno degli uffici dell'ospedale San Camillo di Roma, in danno di Fattori Livio, Tornatola Rocco e Masselli Sandro il 22 marzo 1981; la rapina a mano armata presso l'agenzia della Banca nazionale del lavoro di Roma del 27 marzo 1981; il sequestro di persona in danno di cinque impiegati dell'ufficio provinciale del collegamento di Roma il 22 maggio 1981; lesioni personali gravi in danno di Macagna Giuseppe, in Roma nel maggio del 1981; lesioni personali gravi in danno di Baglioni Giulio, Morangelica Giuseppe, Ancora Alberto, nonché tentate lesioni personali in danno di Moscatelli Roberto il 10 giugno 1981 in Roma.
Tanto premesso, intendo sottolineare che il procedimento di estradizione relativo a Marina Petrella, attesa l'importanza che è stata sempre connessa ad una sua positiva soluzione dal Ministro della giustizia e da tutto il Governo italiano, è sempre stato oggetto di notevole impegno da parte di tutti gli uffici del Dicastero. In relazione ad esso e in vista di una sua auspicata favorevole conclusione, è stata richiesto e puntualmente svolto il compimento di attività assai impegnative. A solo titolo di esempio, basta dire che tra gli atti richiesti dall'autorità francese vi era anche la documentazione medica idonea a dimostrare il carattere permanente delle lesioni riportate dalle persone offese dai reati per i quali la Petrella è stata condannata in Italia. Gli uffici del Ministero, pur trattandosi di fatti risalenti all'anno 1981, non hanno esitato a inviare il proprio personale negli archivi degli uffici giudiziari romani per reperire ed inviare all'autorità francese tutta la documentazione necessaria. Anche successivamente, ogni richiesta pervenuta dalle autorità della Repubblica francese è stata onorata con tempestività e precisione sino allo scorso 10 ottobre 2008 quando, a seguito di espressa richiesta del Ministero della giustizia francese, l'amministrazione ha nuovamente ribadito attraverso attestazione ufficiale, da produrre all'udienza davanti al Consiglio di Stato francese, l'alto ed ampio livello delle garanzie e dei benefici offerti dalla legislazione italiana ai detenuti in gravi condizioni di salute e l'ottimo standard di assistenza medica garantito costoro dal sistema penitenziario nazionale.
Malgrado le assicurazioni fornite dalle autorità italiane, il Primo ministro francese, il 10 ottobre scorso, ha revocato il provvedimento di estradizione precedentemente emesso nei confronti della Petrella.
Tale provvedimento è attualmente all'esame del Ministro della giustizia e delle competenti articolazioni ministeriali al fine di poter valutare, sotto il profilo precipuamente tecnico-giuridico, prima che politico, le nuove iniziative da intraprendere in ragione degli strumenti di cooperazione giudiziaria offerti in ambito internazionale.
Alla luce dei chiarimenti che si sono forniti, appare evidente che il GovernoPag. 123italiano ha fatto tutto il possibile, sia sul piano politico sia su quello giuridico per addivenire ad una positiva conclusione del procedimento di estradizione riguardante Marina Petrella. Solo ragioni umanitarie - così è stato detto - hanno indotto da ultimo il Governo francese a ritirare il provvedimento di estradizione e, salva quella valutazione cui ho fatto riferimento, devo richiamare il fatto che il Presidente Sarkozy, nel ricevere ieri i familiari delle vittime del terrorismo, ha ribadito l'eccezionalità del caso Petrella, come tale insuscettibile di ripetersi, prendendo quindi atto in definitiva delle ragioni addotte dal Governo italiano.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Antona ha facoltà di replicare.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, non possono naturalmente ritenermi soddisfatta della risposta con cui si afferma che il Governo sta riflettendo. Quindi aspetteremo che il Governo abbia riflettuto, studiato, valutato dal punto di vista giuridico il caso e, poi, così come richiesto non soltanto dal mio gruppo ma da tutti i gruppi presenti in quest'aula parlamentare, venga in quest'Aula il Ministro della giustizia quale rappresentante del Governo italiano a spiegarci sino a che punto questo Governo è in grado di difendere la dignità del nostro Stato.
Sono sconcertata e non posso fare a meno di pensare se è uno Stato normale, se è un Paese normale quello che sacrifica alla ragion di Stato uno dei suoi uomini migliori - ricordiamo Aldo Moro - e poi pensa di poter usare clemenza nei confronti di chi ha partecipato a quel rapimento e a quell'assassinio. Mi chiedo se questo è un Paese ancora normale.
Non sono soddisfatta della risposta perché anch'io avevo fatto l'elenco dei misfatti della Petrella e li conosciamo bene. Soprattutto è proprio la motivazione delle scelte umanitarie che offende questo Paese, perché siamo in un Paese che garantisce i diritti umani e civili, uno dei Paesi che maggiormente si è impegnato per la moratoria sulla pena di morte, un Paese dove non si torturano i carcerati, dove vengono garantite la salute e la sicurezza dei detenuti.
La maggior parte dei vecchi terroristi che si sono macchiati anche di reati gravissimi in questo Paese, come vede, oggi godono di misure di clemenza e di facilitazioni perché questo è un Paese che per la sua Costituzione ritiene che il sistema carcerario debba soprattutto puntare sulla riabilitazione, sulla rieducazione e sull'inserimento. Anch'io frequento le carceri, perché nel mio ruolo di parlamentare ritengo che sia anche mio il compito di contribuire e collaborare per queste finalità.
Noi familiari delle vittime - non parlo solo da parlamentare ma anche come familiare di vittima - non siamo qui con sentimenti di vendetta ma certamente con sentimenti di giustizia, soprattutto a difesa e a tutela della dignità di questo nostro Paese: mi lasci un po' di orgoglio nazionale.
Pertanto, vorrei dire che il caso Petrella non finisce qui, perché il sottosegretario, rappresentante del Governo, mi dice che non finisce qui e che il Governo sta ancora valutando. Rimane la domanda sospesa; attenderemo una risposta. Ma se sono vere le parole del Presidente Sarkozy che, mi auguro, non ritenga esaurita la storia con un breve colloquio con una delle associazioni dei familiari delle vittime, ben venga: che finalmente in Francia non parlino soltanto i brigatisti, ma che si vedano, poi, le vittime in carne ed ossa, ben venga.
Tuttavia, se si afferma che si è trattato di un singolo caso isolato - bene - noi ricordiamo che ve ne sono altri tredici: Giovanni Alimonti, Enzo Calvitti, Roberta Cappelli, Enrico Villimburgo, Maurizio Di Marzio, Vincenzo Spano, Massimo Canfora, Walter Grecchi, Giovanni Vegliacasa, Francesco Nuzzolo, Giancarlo Santilli e Giorgio Pietrostefani.
Aspettiamo risposte, perché non ci dimentichiamo che, in questo Paese, il terrorismo uccide ancora e recenti arresti ci dimostrano che sono ancora pronti ad uccidere. Allora, siamo proprio sicuri che queste «simpatie», queste connivenze ePag. 124questi atti di clemenza, in qualche modo, non favoriscano un clima che, in questo Paese, ancora uccide?
Sembra che il terrorismo sia tollerato dai francesi, purché non colpisca obiettivi francesi. I terroristi francesi, infatti, sono considerati dei criminali, vengono chiusi nelle galere con misure di massima sicurezza e sappiamo quanto poco clemente la Francia sia stata nei loro confronti: una è uscita, in fin di vita, in uno stato terminale ed altri sono tenuti con misure che poco hanno a che fare con la dignità umana e con misure di clemenza carceraria. Nulla si è fatto per il reinserimento e la rieducazione di queste persone. Quindi, lasciatemi un po' di orgoglio nazionale da questo punto di vista.
Pertanto, quello di stasera consideriamolo un contatto interlocutorio: restiamo in attesa di risposta e non finisce qui.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (ore 19,51).

PRESIDENTE. A seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, ai sensi dell'articolo 24, commi 3 e 6, del Regolamento, è stata stabilita la seguente organizzazione dei lavori per la settimana 27-31 ottobre:

Lunedì 27 ottobre (ore 10 e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna):
Discussione sulle linee generali delle proposte di legge n. 22 e abbinate - Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

Martedì 28 ottobre (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna, a partire dalle ore 11), mercoledì 29 e giovedì 30 (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nella giornata di venerdì 31 ottobre) (con votazioni):
Seguito dell'esame dei disegni di legge:
n. 1441-quater - Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (già articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67 del disegno di legge n. 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato alla manovra di finanza pubblica);
n. 1441-ter - Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia (già articoli 3, da 5 a 13, da 15 a 18, 22, 31 e 70 del disegno di legge n. 1441, stralciati con deliberazione dell'Assemblea il 5 agosto 2008) (collegato alla manovra di finanza pubblica).

Seguito dell'esame delle proposte di inchiesta parlamentare Doc. XXII, n. 1 ed abbinate - Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali.

Seguito dell'esame del disegno di legge n. 1707 - Conversione in legge del decreto-legge 25 settembre 2008, n. 149, recante disposizioni urgenti per assicurare adempimenti comunitari in materia di giochi (da inviare al Senato - scadenza: 25 novembre 2008).

Seguito dell'esame delle proposte di legge n. 22 e abbinate - Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.

A partire da giovedì 30 ottobre sarà inserito all'ordine del giorno l'esame del disegno di legge n. 1772 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, recante interventiPag. 125urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario (Approvato dal Senato - scadenza: 15 novembre 2008).

Lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata (question time) avrà luogo mercoledì 29 ottobre dalle ore 15 alle 16 circa.

Lo svolgimento di interpellanze urgenti avrà luogo nella giornata di giovedì 30 ottobre ed eventualmente nella giornata di venerdì 31 ottobre al termine delle votazioni.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto (ore 19,54).

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Giorgio La Malfa, entrato a far parte del gruppo Misto, ha chiesto di aderire alla componente politica Liberal Democratici-Repubblicani.
Il rappresentante di tale componente, con lettera pervenuta in data 22 ottobre 2008, ha comunicato di aver accolto tale richiesta.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 27 ottobre 2008, alle 10:

Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ZELLER ed altri; CICU ed altri; PALOMBA; GOZI e ZACCARIA; BOCCHINO ed altri; SORO ed altri; LO MONTE ed altri; ZELLER ed altri: Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia (22-646-1070-1449-1491-1507-1692-1733-A).
- Relatore: Calderisi.

La seduta termina alle 19,55.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO LAURA MOLTENI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DELLE PROPOSTE DI INCHIESTA PARLAMENTARE DOC. XXII, NN. 1-2-4-A

LAURA MOLTENI. La scelta di istituire, per la seconda legislatura consecutiva, una Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali conferma l'importanza del tema della garanzia nell'accesso ai trattamenti sanitari, nonché nella gestione del servizio sanitario.
La tutela della salute rappresenta, infatti, un obiettivo fondamentale nell'attuale organizzazione delle funzioni pubbliche, sia perché incide sulla garanzia di un diritto costituzionale primario dell'individuo quale quello di tutela della salute, sia perché rappresenta in maniera emblematica alcuni dei nodi problematici su cui si fonda lo Stato contemporaneo di diritto.
Il riferimento, in particolare, è alla natura finanziariamente condizionata del diritto alla salute (secondo quanto riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale), nonché alla collocazione del servizio di assistenza sanitaria al crocevia di una pluralità di interventi al livello statale, regionale e locale.
La complessità di questo sistema di tutela della salute consente di spiegare perché il Parlamento sia chiamato ad occuparsi - utilizzando lo strumento delle Commissioni di inchiesta - delle questioni problematiche che rischiano di influire negativamente sul godimento, da parte dei cittadini, del fondamentale diritto alla tutela della salute.
Due, in particolare, sono le questioni con cui l'istituenda Commissione dovrà confrontarsi: gli errori in campo sanitario e le cause dei disavanzi sanitari regionali.
In primo luogo, il problema degli «errori sanitari», termine questo che comprende una pluralità di situazioni che si traducono in un «danno» per il paziente; errori che possono essere determinati daPag. 126errori umani (come nel paradossale caso verificatosi nell'azienda ospedaliera di Careggi-Firenze all'inizio dello scorso anno, dove sono stati trapiantati organi provenienti da un donatore sieropositivo), da malfunzionamenti di macchinari ed impianti tecnologici, da diagnosi mediche errate (come nel caso dell'aborto praticato sempre nell'Azienda ospedaliera di Careggi-Firenze a seguito di diagnosi di malformazioni del feto, successivamente rivelatasi infondata) o nei casi più gravi da mala gestio e malversazioni.
Ricordo anche quello che è successo poco tempo fa in una nota clinica milanese, la Santa Rita, un fatto scandaloso e preoccupante.
Fatto questo che ha evidenziato la necessità di individuare eventuali falle nel sistema sanitario al fine di evitare che attraverso queste possano anche operare criminosamente soggetti senza scrupoli che, nella logica dell'only for business, hanno tutt'altri interessi rispetto a quelli veri legati al bene della salute dei cittadini che è un bene primario ponendo al centro dell'intervento sanitario la persona in quanto tale!
Chi si comporta in tale modo va espulso dal sistema sanitario!
In riferimento alle vicende sopradescritte non dobbiamo dimenticare che i veri protagonisti sono i pazienti, ai quali siamo vicini e solidali, per i quali andiamo oggi ad istituire una Commissione di inchiesta.
Voglio anche ricordare che la percentuale maggiore di controlli in Italia, attestati intorno al 6 per cento (il 5 per cento quelli certificati), è attuata dalla Regione Lombardia, mentre in altre regioni detti controlli si attestano intorno all'uno e mezzo per cento.
È chiaro che in queste condizioni il rischio è che certe situazioni a danno dei pazienti, dei contribuenti e del servizio sanitario non emergano.
Ma anche qualora questi fondamentali e necessari controlli fossero elevati al 10 per cento resterebbero comunque insufficienti rispetto alle situazioni reale in cui versa del Paese tema di sanità; situazione questa che abbiamo ereditato dal Governo Prodi.
A fronte di tutto ciò ritengo anche che oltre ad incrementare il numero dei controlli regionali andrebbe meglio calibrato e rivisto, ove necessario, anche l'intero impianto del convenzionamento pubblico-privato sul piano sanitario gestionale, oltre a valutare l'introdurre sistemi cosiddetti di gestione del rischio clinico (o meglio di risk management) finalizzati ad evitare la possibilità di errori sanitari.
A livello istituzionale, è poi noto come soprattutto in sede di Conferenza Stato-Regioni si sia ormai da alcuni anni avviato un dibattito sulle possibili misure organizzative e funzionali atte ad elevare i livelli di sicurezza dei pazienti.
Rispetto a questi dibattiti in corso, i compiti attribuiti alla Commissione ai sensi dell'articolo 3, comma 1 sono destinati ad assumere un'importanza strategica ai fini della prevenzione degli errori sanitari, perché solo attraverso una preventiva attività di ricognizione e monitoraggio delle cause di tali errori è possibile favorire la nascita di una nuova coscienza collettiva di riduzione del rischio.
Tale operazione dovrà essere condotta nella consapevolezza che, se le funzioni di gestione del rischio attengono a competenze specifiche regionali, il livello centrale dovrà non solo favorire l'interscambio di esperienze e la elaborazione di documenti scientifici per condividerne l'attuazione, ma anche promuovere nuovi comportamenti gestionali atti a favorire la nascita di una nuova cultura dei controlli.
In particolare, si ritiene necessario superare l'attuale asimmetria nei controlli di sistema, per cui in Regioni come la Lombardia la percentuale dei controlli è intorno al 6 per cento (5 per cento certificato), mentre la media nel resto del Paese si attesta su tassi ben più contenuti intorno all'1,2-2 per cento).
Se, infatti, la logica della prevenzione del rischio deve partire dal basso, ovvero dagli stessi medici, che rappresentano i veri protagonisti dei sistemi integrati di risk management, è altresì innegabile chePag. 127solo attraverso un sistema organico di ispezioni e controllo è possibile garantire l'omogeneità dei comportamenti e la qualità dell'assistenza offerta ai pazienti sull'intero territorio nazionale.
In questa chiave di lettura, è necessario elevare la percentuale dei controlli ordinari sulle cartelle cliniche, portandoli su percentuali nettamente superiori a quelle attuali, al fine di promuovere analisi comparative sui ricoveri.
Tale potenziamento complessivo della logica dei controlli e della prevenzione del rischio clinico è funzionale, in ultima istanza, a dimostrare che il problema degli errori sanitari - a differenza di quanto sostenuto da alcune forze politiche - non è tanto legato al ruolo e al peso degli operatori privati nell'organizzazione dei servizi sanitari regionali, ma che esso dipende anche dal ruolo che i soggetti pubblici, intesi nel loro ruolo di responsabili delle attività di programmazione, acquisto e controllo, intendono adottare nei confronti di tutti gli operatori, pubblici e privati, del sistema.
Passando ad analizzare il secondo dei macro-ambiti di competenza su cui l'istituenda Commissione sarà chiamata ad intervenire, quello relativo all'analisi delle cause dei disavanzi sanitari, vorrei innanzitutto ricordare che già nella passata legislatura la Lega Nord aveva sostenuto l'esigenza di ampliare le competenze della istituenda Commissione, incentrandone le funzioni sulla valutazione delle cause che hanno determinato il formarsi di ingenti disavanzi sanitari in alcune Regioni.
Per comprendere l'importanza strategica del compito attribuito all'istituenda Commissione rispetto al problema dei disavanzi sanitari regionali, è necessario cercare di esaminare in un'ottica sistemica tale problema.
Fin dal 1992, infatti, il settore sanitario ha sperimentato un processo di riforma orientato nel senso della regionalizzazione del relativo servizio, che ha finito per attribuire alle Regioni un ruolo chiave nel governo della sanità, sia sotto il profilo dell'allocazione delle risorse disponibili che nella definizione dei programmi di intervento sanitari.
Tale processo di regionalizzazione, tuttavia, si è svolto in un gioco alterno di chiaro scuri, che non ha favorito il consolidarsi di un univoco quadro giuridico e politico di riferimento.
In particolare, si sono verificate falle sostanziali nel circuito della responsabilità, in quanto non c'è stata per tutte le Regioni una piena coincidenza tra i livelli di autonomia riconosciuti e la sostenibilità dei relativi impegni di spesa.
Chiara testimonianza della natura incompiuta e disomogenea del decentramento sanitario si rinviene nei provvedimenti di copertura dei disavanzi sanitari regionali adottati nella passata legislatura.
Fin dal 2001, infatti, con il decreto-legge n. 347 è stato chiaramente sancito dalla legislazione ordinaria il fondamentale principio della responsabilità delle Regioni nella copertura degli eventuali disavanzi gestionali.
Tale inderogabile principio ha rappresentato l'innovazione maggiormente significativa della prassi istituzionale dei patti di stabilità in ambito sanitario che dal 2000 ad oggi hanno regolato in chiave di reciprocità gli impegni finanziari tra lo Stato e le Regioni.
Tali statuizioni legislative, di per sé irreprensibili in linea di principio, continuano tuttavia ancora ad oggi a rimanere lettera morta, data la perdurante disponibilità dello Stato - consolidatasi soprattutto nell'ultima legislatura - ad intervenire con operazioni di ripiano a piè di lista.
In particolare, se fino al 2006 gli interventi statali di ripiano hanno coinvolto tutte le Regioni (in base al criterio della quota capitaria), desta preoccupazione la tendenza «assistenzialista» affermatasi nella XV legislatura, chiaramente orientata a sostenere le Regioni in difficoltà proporzionalmente all'entità delle relative inefficienze.
Tale atteggiamento dello Stato appare non sostenibile in una logica di lungo periodo, a fronte dell'inerzia ormai sistemicaPag. 128di molte Regioni del Centro-Sud rispetto sia alla copertura dei disavanzi pregressi, che all'adozione delle misure di razionalizzazione della spesa atte a garantire il rispetto del principio del pareggio di bilancio.
Né, d'altro canto, il meccanismo dei piani di rientro stipulati dal Governo Prodi con le Regioni che presentano maggiori disavanzi (il riferimento è, in particolare, al Lazio e alla Campania) sembra aver conseguito determinanti risultati sul piano del risanamento della situazione debitoria pregressa.
L'ultimo rapporto sulla finanza pubblica dell'Isae (Istituto di studi e analisi economica), pubblicato nel giugno ultimo scorso, conferma che le otto regioni che, nel 2007, hanno chiuso i bilanci in pareggio o in avanzo sono tutte localizzate nel centro-nord (Toscana, Marche, Friuli, Provincia autonoma di Bolzano, Umbria, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto).
Viceversa, le sei Regioni (Lazio, Campania, Sicilia, Puglia, Liguria ed Abruzzo) interessate dalla stipula dei piani di rientro in relazione ai disavanzi 2001-2005 hanno continuato anche nel 2006 e nel 2007 a collocarsi in cima alla classifica interregionale per l'entità dei debiti.
In particolare, si segnalano i disavanzi del Lazio (- 1.941 milioni di euro nel 2006, - 1.407 milioni di euro nel 2007), della Campania (- 17.87 milioni di euro nel 2006, - 697 milioni di euro nel 2007) e della Sicilia (- 699 milioni di euro nel 2006, - 524 milioni di euro nel 2007). Proprio a causa dell'entità di tale situazione debitoria, è evidente che l'attuazione sul piano operativo dei fondamentali principi di efficienza, efficacia ed economicità nel governo della spesa sanitaria costituirà il principale obiettivo programmatico per la legislatura in corso.
Con questo intento, è significativo riflettere sull'esperienza maturata dalle Commissioni parlamentari di inchiesta che, già nelle precedenti legislature, si sono occupate dei problemi in titolo.
In particolare, nella relazione conclusiva della Commissione di inchiesta istituita al Senato nella XIV legislatura sul tema dell'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale si evidenziava come le problematiche rilevate in alcune realtà territoriali siano da attribuirsi non tanto alle risorse finanziarie, ma ai problemi derivanti dall'incapacità organizzativa ed attuativa di alcune Regioni rispetto agli obiettivi programmatici concordati a livello nazionale e poi ulteriormente definiti a livello regionale.
In altri termini, le differenze riscontrate nelle diverse aree territoriali sembrano determinate non tanto da una palese difformità e/o inadeguatezza nei profili di normazione e programmazione regionali, quanto piuttosto dall'incapacità di alcune Regioni di adottare gli adempimenti necessari per l'attuazione dei suddetti obiettivi ovvero di verificarne il compiuto rispetto.
Tutto ciò spiega il perché dell'esistenza delle regioni virtuose e non.
Infatti tali rilievi appaiono, ad oggi, assolutamente attuali, soprattutto alla luce del completo fallimento del piano di rientro della Regione Lazio, siglato a chiare lettere nel decreto-legge n.154 del 2008, attualmente in fase di conversione presso il Senato.
Pertanto, si evidenziano due aspetti: da un lato, in quel decreto, il Governo - prendendo atto della situazione di emergenza finanziaria regionale, tale da compromettere gli impegni finanziari assunti dalla regione stessa, nonché l'ordinato svolgimento del sistema dei pagamenti regionali - autorizza l'erogazione dei maggiori finanziamenti statali, pure in assenza di una verifica positiva degli adempimenti adottati dal Lazio in attuazione del piano di rientro; da un altro lato il percorso di riforma che condizionerà profondamente gli assetti economici dell'assistenza sanitaria è quello legato all'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione sul federalismo fiscale, che inevitabilmente determinerà una sostanziale trasformazione dei meccanismi e delle procedure di finanziamento dei livelli essenziali di assistenza sanitaria.
Se si considera, infatti, che al finanziamento del servizio sanitario è dedicato,Pag. 129in media, l'80 per cento del bilancio di una Regione, si comprende perché solo attraverso il federalismo fiscale sarà possibile vincolare tutte le Regioni - anche quelle del Sud - al rispetto delle fondamentali regole di economia sanitaria nell'utilizzo delle (limitate) risorse disponibili.
Va ovviamente ribadito che promuovere il principio dell'autosufficienza finanziaria e dell'autonomia impositiva delle Regioni non significa abbandonare quella logica di welfare state che da sempre ha informato il nostro Servizio sanitario.
L'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione presuppone infatti, nel settore sanitario, il funzionamento di un Fondo perequativo interregionale, destinato a garantire, nell'immediato, l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza sull'intero territorio nazionale e ad accompagnare le Regioni con minore gettito fiscale in un percorso progressivo di «liberazione» dal criterio tradizionale della spesa storica.
In questo senso, il federalismo fiscale costituisce un incentivo determinante per le Regioni ad adottare effettivi meccanismi di controllo della spesa e di promozione dell'efficienza nel funzionamento e nell'organizzazione delle strutture sanitarie. In un sistema federale, non c'è spazio per ripiani a piè di lista da parte dello Stato.
La perfetta coincidenza tra autonomia e responsabilità presuppone infatti che alla mancata copertura dei disavanzi regionali si provveda sia con il commissariamento ad acta, sia con l'introduzione di misure suppletive statali che responsabilizzino gli amministratori regionali e gli stessi cittadini sul ripiano dei disavanzi; il riferimento è, evidentemente, all'applicazione nella misura massima prevista dalla vigente normativa dell'addizionale IRPEF, alle maggiorazioni dell'aliquota IRAP, nonché all'introduzione automatica di forme di compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria.
È evidente che, in un sistema maturo di federalismo sanitario, tali situazioni di emergenza non dovrebbero mai verificarsi, sicché appare tanto più necessario promuovere tutte quelle iniziative, anche a carattere ispettivo, atte a comprendere le dinamiche e le ragioni del formarsi dei disavanzi sanitari, e quindi a prevenirne il consolidamento.
È esplicitamente in questa chiave di lettura che auspichiamo che l'istituzione della Commissione di inchiesta in titolo possa costituire una valida opportunità per il consolidamento di una nuova cultura dell'autonomia sanitaria incentrata sul principio della responsabilità e della responsività, sia nel rapporto tra medici ed assistiti, sia nel sistema di relazioni tra i diversi livelli di governo.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO RAFFAELLO VIGNALI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1441-TER-A

RAFFAELLO VIGNALI. Un'ultima considerazione la merita l'introduzione del nucleare in Italia.
L'energia nucleare è una energia sicura e assai più pulita di quanto si voglia far credere da chi ideologicamente vi si oppone. Si obietta, da parte di molti che i tempi di realizzazione sono lunghi, per cui non varrebbe la pena iniziare. È una obiezione fatua e conservatrice. In questo modo non cambia mai nulla in questo Paese! Se non si comincia mai non si finisce mai! E abbiamo perso anche troppo tempo! Se vogliamo continuare ad essere una potenza industriale tra le prime al mondo, non possiamo dipendere dall'energia degli altri Paesi. Le nostre imprese non possono pagare un sovrapprezzo del 40 per cento rispetto ai loro concorrenti dei grandi Paesi europei con i quali si confrontano. Le fonti rinnovabili sono importanti per il futuro dell'ambiente, per l'equità intergenerazionale. Non possiamo non interrogarci su quale ambiente vogliamo lasciare ai nostri figli e alle generazioni future! Dobbiamo farlo e dobbiamo far crescere l'apporto percentuale dell'energia da fonti rinnovabili. Ma sappiamo che, per quanto eleviamo questo apporto, esso non potrà essere assolutamente sufficiente. Occorre l'energia nucleare,Pag. 130anche come alternativa al petrolio e alle conseguenze globali - politiche, economiche e sociali - del suo predominio.
Un'ultima nota di contenuto vorrei riservarla all'articolo 16-ter, ovvero all'Agenzia per la sicurezza nucleare.
Essa ha un ruolo fondamentale sia per quanto riguarda l'iter autorizzativo, sia per quanto riguarda la protezione dell'ambiente e della informazione tecnico-scientifica verso il pubblico e nelle scuole. Si tratta dunque di un organismo con un profilo di grande delicatezza, che richiede - questo - una grande condivisione da parte delle forze politiche che in questo Parlamento rappresentano il Paese. In Commissione si è registrata una disponibilità al dialogo, confermata dal voto di astensione da parte dell'opposizione.
Personalmente ritengo che su questo argomento occorra ricercare il maggior grado di accordo. Così come credo che non si possa assolutamente considerare un inciucio la ricerca dell'unità: in questo caso, è in gioco il futuro dell'economia del Paese; è in gioco la sicurezza dell'ambiente e della popolazione. Di tutta la popolazione. Ed è un bene per tutti dunque l'unità delle istituzioni che la rappresentano. Mi auguro che, su questa e sulle altre parti del provvedimento si possa registrare in questa Aula la stessa intensità di dialogo e di atteggiamento costruttivo che si è verificato in Commissione. In questo senso, confido - né ho motivo di ritenere il contrario - nell'atteggiamento di grande disponibilità che ha dimostrato il Governo nel dialogo con la Commissione tutta.
Con questo provvedimento si interviene per il sostegno della crescita del Paese. Abbiamo giustamente dedicato molto tempo alla stabilità; con il decreto-legge n. 112 abbiamo messo in sicurezza i conti dello Stato. Ora, con questo provvedimento interveniamo sull'altro termine del binomio: la crescita.
Mettiamo mano, infatti, agli strumenti per la crescita delle imprese, indissolubilmente legata all'innovazione e all'internazionalizzazione; mettiamo mano all'incremento endogeno della produzione di energia, che è uno dei principali fattori critici della produzione nel sistema italiano che resta - per fortuna - un sistema economico manifatturiero. Un sistema fondato prevalentemente sull'economia reale.
E facciamo questo in un momento di difficoltà dell'economia internazionale che viene colpita dallo tsunami provocato dalla speculazione sull'economia virtuale.
Fare questo riveste dunque un significato che va oltre i contenuti specifici, pur importanti e decisivi che questo provvedimento introduce o riforma.
Riveste infatti anche il significato di un messaggio di vicinanza ai milioni di persone che ogni giorno costruiscono il PIL e l'occupazione del Paese. È un messaggio di vicinanza e di sostegno concreto, un atto di stima e di valorizzazione dell'impresa e del lavoro. Ed è, quindi, anche un messaggio di speranza, tanto più decisivo oggi, mentre all'orizzonte vicino si addensano nubi minacciose.