TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 68 di Martedì 14 marzo 2023

 
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PROPOSTA DI LEGGE DI CUI SI RICHIEDE L'URGENZA E LA FISSAZIONE DEL TERMINE PER LA RELAZIONE ALL'ASSEMBLEA

MOLINARI ed altri: Disposizioni per la disciplina, la promozione e la valorizzazione delle attività del settore florovivaistico. (C. 389)

INTERROGAZIONI

A)

   AIELLO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la vigilanza sul Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro è esercitata dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, d'intesa con il Ministro della giustizia, ai sensi dell'articolo 25 della legge 11 gennaio 1979, n. 12;

   dall'inchiesta pubblicata in data 17 febbraio 2023 da Il Fatto quotidiano sul caso Fondazione studi – no profit costituita nel 2001 – molteplici appaiono i rischi di potenziale conflitto di interessi e irregolarità nella gestione dei fondi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro, guidato dalla Ministra interrogata per 18 anni e oggi dal marito, De Luca;

   De Luca, nel 2018, crea un'ulteriore Fondazione studi: stesso nome della prima, ma configurata come società commerciale a responsabilità limitata;

   entrambe le fondazioni dirette da De Luca dipendono dall'Ordine dei consulenti, il cui presidente era la Ministra interrogata, oggi De Luca;

   la prima fondazione è socio unico della seconda; i vertici amministrativi sono i medesimi, così come identici sono l'oggetto sociale ed i riferimenti telefonici e di sede;

   sebbene l'associazione di una società a responsabilità limitata a una fondazione sia una pratica comune, va tenuta in debita considerazione ove i lavoratori, assunti in numero massimo di 15 soggetti, risultino dipendenti per entrambe – nel caso di specie, dai rendiconti pubblicati sul sito del Consiglio, figurano, in un unico elenco, 26 dipendenti sul 2019 e 25 sul 2020;

   ciò potrebbe infatti celare fenomeni di elusione della disciplina in materia di intermediazione di manodopera e licenziamenti;

   la questione è al centro di una causa presso il tribunale del lavoro di Roma, in cui la difesa della Fondazione è stata affidata all'avvocato Staropoli, responsabile della segreteria della Ministra interrogata e responsabile della scuola di alta formazione della Fondazione;

   dall'inchiesta si apprende che in data 22 dicembre 2022 la Ministra interrogata avrebbe offerto un brindisi di Natale presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso una commessa pagata dalla Fondazione del Consiglio su cui il Ministero vigila;

   in un articolo pubblicato in data 21 febbraio 2023 da Il Fatto quotidiano, circa l'utilizzo delle risorse del Consiglio, si legge di «gestione privata di una cosa pubblica» e di «uso sregolato di fondi tra sprechi e regalie» su cui la Guardia di finanza verificherebbe profili di responsabilità o danno –:

   se non ritengano i fatti citati in premessa sufficienti a rilevare l'esistenza di un conflitto di interessi in capo alla Ministra interrogata;

   se e quali iniziative intendano assumere, nel più breve tempo possibile, al fine di garantire la corretta vigilanza e gestione dei fondi del Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro.
(3-00202)

(22 febbraio 2023)

   GRIMALDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   nel 2001, per volere del Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro, è stata costituita la «Fondazione studi dei consulenti del lavoro», una non profit, il cui presidente, da anni, è Rosario De Luca, marito del Ministro interrogato, che ha guidato, fino alla sua nomina a Ministro, il Consiglio nazionale dell'Ordine dei consulenti del lavoro;

   nel 2018 il presidente della Fondazione studi ha deciso di creare una seconda fondazione: la «Fondazione studi consulenti del lavoro srl», una società commerciale a responsabilità limitata che lo stesso De Luca ha guidato fino a novembre 2022;

   la prima (la Fondazione studi) risulta essere socio unico della seconda (la società a responsabilità limitata), con identici oggetto sociale, recapito telefonico e sede a Roma;

   anche i vertici delle due fondazioni, vicepresidenti, consiglieri e revisori, si intersecano e nei rendiconti pubblicati sul sito del Consiglio nazionale dell'Ordine i nomi dei dipendenti figurano in un unico elenco che ne conta 26 per il 2019 e 25 per il 2020;

   Il Fatto quotidiano ha raccolto diverse denunce di lavoratori ed ex dipendenti delle fondazioni dalle quali emerge che la fondazione sarebbe stata fittiziamente sdoppiata in due, attraverso la creazione di una società a responsabilità limitata, così da far in modo che nessuna delle due fondazioni avesse più di 15 dipendenti in organico, al fine di eludere le regole sui licenziamenti – rendendoli più facili e meno onerosi – e il diritto dei lavoratori alla rappresentanza sindacale, che scatta oltre la soglia dei 15 dipendenti, così come l'obbligo di assumere persone con disabilità;

   alcune testimonianze raccontano di dipendenti ai quali sarebbe stato chiesto di dimettersi dalla Fondazione studi per essere poi riassunti dalla Fondazione società a responsabilità limitata e chi accettava il passaggio manteneva identiche mansioni e postazioni di lavoro, come se il trasferimento da una fondazione all'altra non fosse mai avvenuto;

   anche le direttive interne arrivavano indistintamente a tutti i lavoratori che condividevano il medesimo reparto, seppur dipendenti di diverse fondazioni;

   l'orientamento della Corte di cassazione in materia appare consolidato: se la struttura è unica e la prestazione è svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente per le diverse imprese, allora il datore di lavoro è da considerarsi unico;

   a parere dell'interrogante, dal momento che la Fondazione è controllata dall'Ordine dei consulenti del lavoro, a cui spetta la nomina del presidente, la Ministra interrogata, all'epoca presidente dell'Ordine, avrebbe dovuto conoscere le modalità con cui venivano gestiti i dipendenti e la forte promiscuità che esisteva tra le due fondazioni;

   da quel che appare, la Ministra interrogata, anziché preoccuparsi di verificare se quanto denunciato da Il Fatto quotidiano rispondesse al vero e adoperarsi per la piena tutela dei diritti dei lavoratori delle due fondazioni, nei giorni scorsi si è recata in visita di rappresentanza negli uffici dell'Ordine nazionale dei consulenti del lavoro senza chiarire alcunché all'opinione pubblica;

   in questa vicenda gli elementi su una possibile esistenza di conflitto di interessi sono numerosi e andranno chiariti per restituire trasparenza e correttezza all'azione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali –:

   se si intendano fornire gli opportuni e dovuti chiarimenti in relazione ai fatti esposti in premessa, dal momento che, se confermati, i comportamenti messi in atto dal presidente della Fondazione risulterebbero particolarmente gravi e chiamerebbero in causa la Ministra interrogata in qualità di presidente dell'Ordine dei consulenti del lavoro all'epoca dei fatti e dal momento che oggi, da Ministra, ha il dovere di tutelare la dignità del lavoro e dei lavoratori.
(3-00236)

(10 marzo 2023)
(ex 4-00512 del 21 febbraio 2023)

B)

   MALAVASI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   la legge 22 dicembre 2021, n. 227, ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la revisione e il riordino delle norme vigenti in materia di disabilità, in conformità alle disposizioni della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, alla Strategia per i diritti delle persone con disabilità 2021-2030 e alla risoluzione del Parlamento europeo del 7 ottobre 2021 sulla protezione delle persone con disabilità;

   la legge citata è stata approvata in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e, in particolare, della missione n. 5 «Inclusione e coesione», componente 2, riforma 1.1, recante «legge quadro per le disabilità»;

   coerentemente con le indicazioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli ambiti di intervento della riforma, elencati dall'articolo 1, comma 5, della legge delega, riguardano, in particolare e tra l'altro: la definizione della condizione di disabilità, la revisione dei suoi processi valutativi di base, la valutazione multidimensionale, la realizzazione del progetto di vita individuale, personalizzato e partecipato, l'informatizzazione dei processi, la riqualificazione dei servizi pubblici in materia di inclusione e accessibilità, nonché l'istituzione di un Garante nazionale della disabilità;

   le disposizioni della legge delega traducono finalmente in principi e criteri direttivi le istanze avanzate, da molti anni a questa parte, dalle persone con disabilità, dalle rispettive famiglie e dalle associazioni più rappresentative del mondo della disabilità, che hanno sottolineato il ruolo strategico di questa riforma per lo sviluppo di una società effettivamente inclusiva che rappresenta un obiettivo imprescindibile per la ripresa e la crescita del Paese;

   in data 16 novembre 2022, la Ministra interrogata, rispondendo all'interrogazione n. 3-00018 recante «elementi in merito all'attuazione della legge n. 227 del 2021», ha dichiarato: «Dopo pochi giorni dal mio insediamento ho voluto incontrare le due commissioni, redigente e istituzionale, così importanti per il percorso e per i lavori, che individuano i modi più idonei per accelerare l'iter procedimentale di approvazione dei decreti legislativi. Al riguardo, posso dire che alcuni decreti sono già in fase avanzata di definizione e presto penso li potremo trasmettere per i percorsi e i pareri predefiniti»;

   i decreti legislativi che verranno adottati produrranno importanti riforme che sono attese ormai da tanti anni: semplificazione e riunificazione dei processi di accertamento della disabilità, realizzazione della valutazione multidimensionale rispetto al progetto di vita individuale e a quello relativo alla partecipazione della vita delle persone con disabilità –:

   quali aggiornamenti intenda fornire in merito all'attuazione della legge 22 dicembre 2021, n. 227, anche in ragione delle dichiarazioni rese alla Camera dei deputati nella seduta del 16 novembre 2022.
(3-00238)

(13 marzo 2023)
(ex 5-00438 del 27 febbraio 2023)

C)

   SOUMAHORO. — Al Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste. — Per sapere – premesso che:

   oltre 80 sindaci delle regioni del Mezzogiorno hanno promosso un appello per richiedere interventi urgenti in favore dell'agricoltura, in generale, e, in particolare, per la salvaguardia dell'olio e del settore agricolo;

   nell'appello si evidenzia che la pandemia, la crisi climatica con particolare riferimento alle condizioni di siccità, l'aumento irragionevole dei costi energetici e la crescita dei prezzi delle materie prime hanno determinato una situazione di crisi senza precedenti del comparto olivicolo e in tutti i settori agricoli che potrebbe infliggere un colpo mortale alla già fragile economia dei piccoli comuni che vivono prevalentemente di monocoltura olivicola, ma anche dei centri più grossi a vocazione agricola;

   Ismea, in collaborazione con Italia olivicola e Unaprol, stima per la campagna 2022/2023 una produzione olivicola pari a 208 mila tonnellate: una cifra che corrisponde a -37 per cento rispetto alle 329 mila tonnellate della campagna precedente;

   i rappresentanti degli enti locali chiedono che sia tutelata l'olivicoltura e più in generale l'agricoltura, che rimangono un cardine fondamentale dell'economia dei nostri territori, e si dichiarano disponibili a mettere in essere ogni iniziativa utile per fronteggiare questa grave emergenza sociale ed economica, ivi compreso l'acquisto a prezzo equo di quantitativi simbolici d'olio da donare alle Caritas perché siano destinati alle famiglie indigenti, al fine di dare un segnale ai grandi gruppi commerciali che tendono a svalutare il prezzo del prodotto;

   le regioni Puglia, Calabria e Sicilia coprono il 70 per cento della produzione nazionale di olio e con l'olivicoltura si producono olii con profili organolettici unici nel panorama mondiale;

   appare necessaria e non più differibile l'adozione di un nuovo piano del settore olivicolo oleario in luogo di quello del 2016, adeguato allo scenario attuale e in grado di offrire risposte immediate alle richieste delle comunità locali, delle piccole realtà produttive, delle lavoratrici e dei lavoratori del settore;

   è inoltre necessaria un'azione coordinata in sede di Unione europea al fine di tracciare la provenienza di olive e di olio immessi nel territorio nazionale da Paesi comunitari e/o extracomunitari, per impedire che vengano commercializzati come italiani –:

   se e in quali tempi il Governo intenda proporre un nuovo piano del settore olivicolo oleario in grado di invertire il processo di diminuzione della produzione e di definire una strategia di intervento che porti a definire interventi di breve, medio e lungo periodo a rilancio del comparto;

   se il Governo intenda adottare iniziative urgenti idonee atte all'abbattimento dei costi di mantenimento e produzione, tramite un equo ristoro per ettaro coltivato e l'abbattimento dei costi energetici per le aziende di molitura e/o trasformazione;

   se e quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare per garantire la ripresa delle quotazioni delle olive e dell'olio, anche incentivando la produzione di prodotti di qualità e di prodotti certificati, favorendo scambi e prezzi equi tra le piccole realtà produttive e la grande distribuzione, garantendo i giusti salari, dignitose condizioni di lavoro e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, nonché il sostegno all'acquisto dei prodotti da parte delle famiglie in difficoltà economica.
(3-00115)

(19 gennaio 2023)

D)

   SCOTTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali e al Ministro per la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:

   in data 27 ottobre 2022 le delegazioni sindacali hanno sottoscritto l'ipotesi di contratto collettivo nazionale integrativo 2022 – accordo a stralcio per il personale inquadrato nel comparto funzioni centrali, utile per procedere alla progressioni orizzontali dei lavoratori assunti a tempo indeterminato presso l'Inps;

   da detto accordo è scaturito un «Bando nazionale selezione per il passaggio alle posizioni economiche A2, A3, B2, B3, C2, C3, C4 e C5», che dava la possibilità a 7.088 lavoratori di ottenere una retribuzione maggiore, accedendo alla fascia economica superiore;

   la procedura di selezione interna recava, come clausola di risoluzione degli ex aequo, il criterio anagrafico, così come recita l'articolo 6, comma 2: «In caso di parità di punteggio complessivo, prevale, nel seguente ordine, il concorrente con maggiore anzianità nella posizione economica immediatamente precedente a quella per la quale si concorre, il concorrente con anzianità di servizio complessiva maggiore e il concorrente con minore età anagrafica»;

   l'Inps, prima di tutte le altre amministrazioni dello Stato, ha vissuto e sta vivendo una stagione di grandi assunzioni; questo ha determinato che la graduatoria per i profili laureati (categoria C) fosse formata da migliaia di lavoratori assunti con l'ultimo concorso e immessi in servizio nel luglio 2019;

   questo fatto ha reso inevitabile la formazione di una graduatoria che al punteggio 54 vede 2.023 dipendenti nella stessa medesima situazione, con 985 dipendenti che non si sono visti riconoscere l'aumento stipendiale perché scavalcati da altri colleghi per il solo fatto che fossero anagraficamente più giovani;

   questo sistema, che veniva considerato residuale, alla luce delle tante assunzioni, ha di fatto discriminato chi ha speso anni in precariato e non ha avuto la fortuna di poter – sin da subito – partecipare ai concorsi pubblici a causa del blocco alle assunzioni;

   data la grande stagione concorsuale avviata dalla pubblica amministrazione, questa situazione potrebbe replicarsi a breve in tutte le più grandi amministrazioni dello Stato e negli enti locali con più dipendenti, come regioni, città metropolitane e grandi comuni –:

   quale sia il parere di Ministri interrogati sulla tematica illustrata e se non si ritenga – per quanto di competenza – di adottare le iniziative normative necessarie volte a valorizzare il merito dei dipendenti, valorizzando tutte le esperienze acquisite negli anni e non demandando al solo criterio anagrafico l'attribuzione degli aumenti stipendiali per gli ex aequo.
(3-00239)

(13 marzo 2023)
(ex 4-00464 del 13 febbraio 2023)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN MATERIA DI PROCESSO PENALE IN RELAZIONE AL RISPETTO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI

   La Camera,

   premesso che:

    il quadro normativo che regola l'ordinamento processuale penale italiano è ispirato ed adeguato ai principi fondamentali incardinati nella Costituzione italiana;

    in particolare, l'articolo 111 della Carta costituzionale stabilisce che «la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.», riservando al legislatore l'importante compito di regolare lo svolgimento del processo;

    come indicato altresì nel secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione: «ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata». Da ciò deriva peraltro la tutela dei diritti che il sistema giudiziario italiano assicura a ciascuna parte;

    alla luce del suddetto articolo, trova posto il principio relativo alla ragionevole durata del processo. La riduzione dei tempi del giudizio costituisce altresì una delle misure concernenti la riforma del sistema giudiziario nel quadro del Piano nazionale di ripresa e resilienza; si sottolinea inoltre che il Consiglio europeo, anche precedentemente all'approvazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha indicato come «la repressione della corruzione resta tuttavia inefficace in Italia, soprattutto perché la durata dei procedimenti penali continua a essere eccessiva in mancanza della tanto necessaria riforma del processo penale, ivi incluso il sistema di appello per evitare abusi dei contenziosi.» (Raccomandazione del 9 luglio 2019 sul programma nazionale di riforma 2019 dell'Italia e che formula un parere del Consiglio europeo sul programma di stabilità 2019 dell'Italia). L'attenzione che il legislatore deve prestare a tale principio è rafforzata dalle condanne che la Corte di Strasburgo ha inflitto nei confronti dell'Italia a seguito della riconosciuta violazione del suddetto principio;

    alla luce dei principi costituzionali, tra i diritti spettanti al soggetto imputato o indagato, brilla il principio di non colpevolezza, altresì conosciuto come presunzione di innocenza incorniciato dall'articolo 27, secondo comma, della Costituzione italiana che statuisce che «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Il medesimo principio trova esplicita espressione nell'articolo 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea a norma del quale «ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata» ed altresì nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo all'articolo 6;

    l'Unione europea è intervenuta sulla materia della presunzione di innocenza con la direttiva 343/2016 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali che, all'articolo 3, stabilisce che la presunzione di innocenza è riconosciuta agli indagati e agli imputati fino a quando non è stata legalmente provata la colpevolezza. L'Italia, con riguardo al recepimento della direttiva 343/2016, dopo un primo momento nel quale ha valutato l'ordinamento giuridico nazionale come conforme alle misure minime comuni stabilite dalla direttiva unionale, ha successivamente e alla luce della Relazione sullo stato di attuazione della direttiva (doc. COM (2021) 144 final), deciso di predisporre la previsione della legge n. 53 del 2021 a seguito della quale il Governo ha presentato lo schema di decreto legislativo A.G 285. Difatti, seppur l'Italia non abbia ricevuto esplicito riferimento nella suddetta relazione, avendo riscontrato alcune criticità anche con riguardo all'articolo 4 della direttiva e volendo evitare di incorrere in infrazioni, ha proceduto a novellare alcuni aspetti del quadro giuridico relativo alla presunzione di innocenza. Il Governo ha pertanto emanato il decreto legislativo n. 188 del 2021 recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»; in particolare, l'articolo 4 della direttiva 343/2016 stabilisce che «gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Ciò lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorità giudiziarie o da altre autorità competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reità»;

    la presunzione di innocenza, come altresì indicato nelle comunicazioni del Ministro della giustizia, Carlo Nordio, sulle linee programmatiche del suo dicastero il 6 dicembre 2022 presso la Commissione giustizia del Senato della Repubblica e come altresì ribadito presso la Commissione giustizia della Camera dei deputati il giorno 7 dicembre 2022, è stata vulnerata in molti modi. Diventa pertanto doveroso che la politica intervenga per risolvere le problematicità connesse a tale situazione;

    è opportuno che il legislatore identifichi le cause che, in qualsivoglia maniera, compromettono i principi costituzionali in materia di giustizia e che si attivi in tempi quanto più rapidi, attraverso interventi normativi mirati, per ristabilire un sistema di giustizia ispirato e adeguato alla Costituzione, oltre che alle convenzioni internazionali che regolano la materia;

    tra le cause che ledono i principi costituzionali va menzionato l'uso eccessivo e strumentale delle intercettazioni. L'utilizzo improprio delle intercettazioni costituisce difatti una criticità del sistema giudiziario penale al quale il legislatore ha prestato attenzione negli ultimi anni e sul quale è opportuno intervenire;

    particolare attenzione va posta sull'informazione di garanzia che viene spesso utilizzata per costruire processi di natura mediatica anche attraverso la diffusione di dati che dovrebbero essere riservati, generando situazioni lesive del principio di presunzione di innocenza; è fondamentale pertanto che il legislatore intervenga per tutelare maggiormente la riservatezza delle comunicazioni e la segretezza dell'avviso di garanzia in quanto strumenti di tutela del soggetto;

    alla luce del principio di presunzione di innocenza e del principio di ragionevole durata del processo risulta altresì importante che il legislatore si concentri sul tema della prescrizione. Come richiamato nell'ordine del giorno n. 9/705/149 del 28 dicembre 2022: «l'allungamento dei tempi processuali non solo collide con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che, al contrario, ne impongono una significativa riduzione, ma si pone altresì in aperto contrasto con i principi costituzionali di presunzione di innocenza, funzione rieducativa della pena e ragionevole durata del processo». Come noto al legislatore, sul tema della prescrizione è intervenuta la «riforma Cartabia», ma come indicato nel suddetto ordine del giorno: «la riforma Cartabia, tuttavia, non ha modificato il principio di sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado fissato dalla riforma Bonafede, configurando piuttosto un'ipotesi di improcedibilità in appello; infatti, pur dovendosi apprezzare la scelta di ovviare alle macroscopiche criticità derivanti dalla cosiddetta “Spazzacorrotti”, non può non rilevarsi la necessità di ripristinare definitivamente la disciplina sulla prescrizione in un quadro di coerenza sistematica.»;

    ulteriore criticità del sistema concerne la giustizia amministrativa la quale soffre di una paralisi che inficia il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e che richiede al legislatore di intervenire sulla revisione di alcuni reati; in particolare, si auspica un intervento legislativo sul reato di abuso di ufficio disciplinato dall'articolo 323 del Codice penale per il quale si riscontra un numero di condanne minimo rispetto al numero delle indagini avviate. In tal modo si vogliono altresì tutelare gli amministratori locali che sempre più spesso si trovano a dover dedicare parte del loro tempo e delle proprie risorse a procedimenti non connessi a reali responsabilità per illeciti personali, ma conseguenti al mero adempimento delle proprie funzioni. È pertanto doveroso intervenire per difendere gli amministratori locali con provvedimenti normativi dedicati, volti a impedire che il loro lavoro sia inficiato da procedimenti per reati di lieve entità e non connessi a responsabilità reali;

    si ritiene altresì fondamentale intervenire sulla norma che disciplina il reato di traffico di influenze illecite che, come anche richiamato dal Ministro Nordio nel suo intervento al Senato della Repubblica del 6 dicembre 2022, difetta di tipicità e tassatività, consentendo pertanto l'avvio di indagini che rischiano di essere discrezionali;

    alla luce di quanto esposto e con il fine di adeguare il sistema giudiziario ai principi costituzionali ed internazionali, è essenziale che il legislatore intervenga affinché la giustizia italiana sia regolata in modo tale da far nuovamente risplendere i principi fondamentali che sono alla base del nostro ordinamento,

impegna il Governo:

1) ad istituire presso il Ministero della giustizia una commissione di esperti che puntualmente, per quanto di competenza, monitori l'applicazione dei principi costituzionali in materia di processo penale con il fine di identificare le criticità del sistema giudiziario penale rispetto ai principi costituzionali e di promuovere eventuali iniziative legislative al riguardo;

2) a rendere effettivo, anche attraverso iniziative culturali e di informazione, il principio di non colpevolezza previsto dall'articolo 27 della Costituzione;

3) a tutelare i diritti del soggetto indagato o imputato attraverso iniziative normative mirate;

4) ad adottare iniziative normative per disciplinare ulteriormente la materia delle intercettazioni onde evitarne l'abuso;

5) ad adottare iniziative normative volte a impedire la paralisi del sistema della pubblica amministrazione;

6) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di abuso di ufficio;

7) ad adottare iniziative normative volte a riformare il reato di traffico di influenze illecite alla luce dei principi di tassatività e tipicità;

8) ad adottare iniziative normative in ordine al tema della prescrizione con il fine di ristabilire la prescrizione sostanziale in tutti i gradi di giudizio.
(1-00053) «Lupi, Bicchielli, Cesa, Pisano, Semenzato, Tirelli, Romano, Alessandro Colucci, Cavo».

(30 gennaio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    il sistema delle fonti sovraordinate del diritto processuale penale costituisce oggi un sistema complesso all'interno del quale, a fianco della Costituzione, si trovano la normativa dell'Unione europea e i trattati internazionali, in particolare la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

    la complessità di tali fonti primarie impone che tutti i protagonisti del sistema «giustizia penale», dal legislatore nazionale ai giudici, fino alle parti processuali, acquisiscano una piena consapevolezza della necessità di dare concreta attuazione ai principi del processo penale europeo;

    il diritto all'equo processo è affermato quale diritto fondamentale dell'uomo e, dunque, riconosciuto in tutti gli ordinamenti degli Stati di diritto dall'articolo 10 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948 a Parigi;

    la fonte di matrice comunitaria cui in primis occorre fare riferimento è la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, come noto, ha valore normativo nei confronti dei Paesi membri del Consiglio d'Europa, con disposizioni che assurgono al rango di regole precettive di prerogative specifiche e a tutela di ogni persona;

    nell'ambito della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, la posizione e le garanzie che devono assistere l'autorità giurisdizionale chiamata a decidere di una singola controversia trovano regolamentazione nell'articolo 6 che si annovera fra quelli più importanti e discussi della Convenzione e affronta il tema dell'equo processo, della ragionevole durata (articolo 6, paragrafo 1), della presunzione di innocenza (articolo 6, paragrafo 2) e delle garanzie processuali dell'imputato in relazione al principio del contraddittorio (articolo 6, paragrafo 3);

    nell'ottica di tali garanzie, ruolo di primaria importanza ha il cosiddetto right to be heard, ossia il diritto ad essere ascoltati, riconoscimento all'imputato di potersi confrontare in giudizio con l'accusatore, previsto all'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nell'ambito del più ampio principio del contraddittorio disciplinato anche dalle costituzioni e legislazioni nazionali;

    l'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nell'affermare che ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, precisa che la sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l'accesso alla sala d'udienza può essere vietato alla stampa e al pubblico nell'interesse della morale, dell'ordine pubblico o della sicurezza nazionale, quando lo esigono gli interessi dei minori, la protezione della vita privata delle parti in causa o rischio di pregiudizio agli interessi della giustizia. Per il paragrafo 2: «Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata». Il paragrafo 3, lettera d), stabilisce che ogni accusato ha diritto di: «esaminare o far esaminare i testimoni a carico e ottenere la convocazione e l'esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico»;

    secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, nel rispetto dell'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), vi è la necessità di un contraddittorio effettivo, per cui la condanna non può essere basata solo su dichiarazioni rese in una fase antecedente al dibattimento;

    nonostante il radicamento dei principi della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, permangono alcune problematicità di adeguamento del sistema processuale penale italiano al diritto della Convenzione. Se si considera l'articolo 111 della Costituzione sul diritto al contraddittorio, si può notare che i commi 4 e 5 non coincidono pedissequamente con quanto stabilito dall'articolo 6, paragrafo 3, lettera d), della Convenzione. Ciò implica un deficit di garanzie dell'ordinamento interno rispetto ai diritti previsti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, con particolare riguardo alle dichiarazioni assunte in assenza di contraddittorio. Tale lacuna sussiste, nonostante la novella costituzionale dell'articolo 111 di cui alla legge di revisione costituzionale n. 2 del 1999;

    l'articolo 111 della Costituzione recita: «La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata. Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato (...) abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico (...). Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'interrogatorio da parte dell'imputato o del suo difensore. La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell'imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita»;

    strettamente interconnesse con le norme di rango sovranazionale vi è, dunque, il plesso delle disposizioni precipuamente dedicate dalla Costituzione alla materia penale. Si tratta di una messe di principi garantistici, sviluppati per definire presupposti, contenuto e limiti della potestà punitiva;

    alcuni di questi principi sono espressi, come il principio di legalità, nei fondamentali corollari della riserva di legge e dell'irretroattività, previsti dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione; il principio della personalità della responsabilità penale, di non colpevolezza e della finalità rieducativa della pena – scolpiti nell'articolo 27 della Costituzione – e il menzionato principio del giusto processo di cui all'articolo 111 della Costituzione;

    altri sono principi implicitamente ricavati da costrutti argomentativi di variegata complessità, quali il principio di tassatività/determinatezza, quello di retroattività della legge penale più favorevole, i principi di materialità e offensività al pari di quello di sussidiarietà della norma penale o di extrema ratio. Non si possono sottacere i principi fondamentali contenuti negli articoli 2 e 3 della Carta fondamentale;

    la centralità dell'imputato e la preminente esigenza di garantire i suoi diritti fondamentali nel contesto di un processo per ciò stesso definito equo è via via emersa in una visione antropocentrica della procedura penale, che è già stata icasticamente definita «umanesimo processuale»;

    nondimeno nel nostro Paese si ravvisano dei forti scollamenti delle prassi giudiziarie rispetto al citato impianto primario di riferimento sotto diversi profili: i più rilevanti sono certamente quello della ragionevole durata del processo e quello della presunzione di non colpevolezza;

    sotto il primo profilo, il Consiglio europeo, nelle sue annuali raccomandazioni, ha costantemente sollecitato l'Italia a «ridurre la durata dei processi civili in tutti i gradi di giudizio», nonché ad «aumentare l'efficacia della prevenzione e repressione della corruzione riducendo la durata dei processi penali e attuando il nuovo quadro anticorruzione» (raccomandazioni del 2017-2019);

    la Commissione europea, nella relazione per Paese relativa all'Italia 2020 (Country report 2020) del 26 febbraio 2020, ha rilevato come l'Italia abbia compiuto progressi solo limitati nel dare attuazione alle sopra citate raccomandazioni. In particolare, nel settore penale, si è rilevato il perdurare della scarsa efficienza del processo, soprattutto di appello;

    da ultimo, nelle raccomandazioni specifiche all'Italia del 20 luglio 2020 il Consiglio europeo ha nuovamente invitato l'Italia ad adottare provvedimenti volti a «migliorare l'efficienza del sistema giudiziario»;

    non a caso, dunque, il Piano nazionale di ripresa e resilienza individua nella lentezza nella realizzazione di alcune riforme strutturali un limite al potenziale di crescita dell'Italia. La riforma del sistema giudiziario, incentrata sull'obiettivo della riduzione del tempo del giudizio, è inserita dal Piano nazionale di ripresa e resilienza tra le cosiddette riforme orizzontali, o di contesto, che consistono in innovazioni strutturali dell'ordinamento, tali da interessare, in modo trasversale, tutti i settori di intervento del Piano. Per realizzare questa finalità, il Piano prevede – oltre a riforme ordinamentali, da realizzare ricorrendo allo strumento della delega legislativa – anche il potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche dell'intero sistema giudiziario, al quale sono destinati specifici investimenti;

    la legge n. 134 del 2021, recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari» (cosiddetta riforma Cartabia), ha risposto a tale istanza, ma solo parzialmente, anche in ragione della variegata composizione delle forze di maggioranza, ma il tema della ragionevole durata del processo rimane questione tutt'oggi aperta. Ridurre l'arretrato e accelerare i processi rappresenta ancora oggi una priorità, ma non a totale scapito e detrimento delle garanzie della difesa;

    la prescrizione sostanziale è un fondamentale elemento acceleratorio e il suo venir meno, più che una cura, suona come il certificato della malattia cronica della giustizia italiana. Porre il processo al di fuori del flusso del tempo danneggia tutti: la vittima e la collettività tutta, che hanno un comune interesse al celere accertamento della responsabilità e alla punizione del reato. L'innocente, già danneggiato dal solo fatto di essere sottoposto al procedimento, e per il quale ogni giorno in più alla gogna è un supplizio intollerabile; lo stesso colpevole, che ha diritto di vedere definita in breve la sua vicenda, scontando la sanzione per poi reinserirsi in società;

    sempre in un'ottica di maggiore efficienza del procedimento penale e di effettività delle garanzie dell'imputato, si impone di evidenziare il regime di impugnazione delle sentenze di proscioglimento da parte dei pubblici ministeri. La questione è stata affrontata dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46, (cosiddetta legge Pecorella), che escludeva la possibilità per il pubblico ministero di appellare le sentenze di proscioglimento, salvo l'emergere di nuove prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 26 del 2007, ha dichiarato l'incostituzionalità della norma sopra riferita in quanto negazione del principio di parità delle parti, impedendo al pubblico ministero il potere di impugnare una sentenza di primo grado in appello. La medesima pronuncia della Corte costituzionale ha rilevato come «le fisiologiche differenze che connotano le posizioni delle due parti necessarie del processo penale, correlate alle diverse condizioni di operatività e ai differenti interessi dei quali, anche alla luce dei precetti costituzionali, le parti stesse sono portatrici – essendo l'una un organo pubblico che agisce nell'esercizio di un potere e a tutela di interessi collettivi; l'altra un soggetto privato che difende i propri diritti fondamentali (in primis, quello di libertà personale), sui quali inciderebbe un'eventuale sentenza di condanna – impediscono di ritenere che il principio di parità debba (e possa) indefettibilmente tradursi, nella cornice di ogni singolo segmento dell'iter processuale, in un'assoluta simmetria di poteri e facoltà»;

    sul punto giova ricordare l'articolo 2 del protocollo numero 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, di cui alla legge 4 agosto 1955, n. 848, o l'articolo 14, paragrafo 5, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, di cui alla legge 25 ottobre 1977, n. 881. Tali norme prevedono che la persona condannata per un reato abbia diritto a che l'accertamento di colpevolezza sia esaminato da un tribunale superiore o di seconda istanza. Diritto riconosciuto solo all'imputato e non all'accusa;

    occorre, dunque, ridisegnare il sistema delle impugnazioni alla luce delle coordinate costituzionali e convenzionali, alla luce delle indicazioni della giurisprudenza costituzionale, che ha rimarcato – in modo sempre più accentuato – la «diversa quotazione costituzionale del potere di impugnazione delle due parti necessarie del processo penale: privo di autonoma copertura nell'articolo 112 della Costituzione – e, dunque, più "malleabile", in funzione della realizzazione di interessi contrapposti – quello della parte pubblica; intimamente collegato, invece, all'articolo 24 della Costituzione. – e, dunque, meno disponibile a interventi limitativi – quello dell'imputato» (sentenza n. 34 del 2020);

    in relazione, poi, alla presunzione di non colpevolezza, l'8 dicembre 2022 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione (C-2022-8987) sui diritti procedurali degli indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con la quale ha invitato, a chiare lettere, gli Stati membri ad «adottare misure effettive, adeguate e proporzionate, per rafforzare i diritti di tutti gli indagati e degli imputati in un procedimento penale che si trovano privati della libertà». La Commissione europea ha precisato che gli Stati devono «garantire alle persone oggetto di privazione della libertà di essere trattate con dignità e che i loro diritti fondamentali siano rispettati», ma soprattutto, la custodia cautelare deve essere considerata «misura da ultima istanza»;

    il tema della misure cautelari personali è inesorabilmente e strettamente connesso con i fondamenti della legislazione costituzionale di garanzia: dal principio di inviolabilità della libertà personale (articolo 13, primo comma, della Costituzione), alla riserva di legge che esige la tipizzazione dei casi e dei modi nonché dei tempi di limitazione di tale libertà, alla riserva di giurisdizione che esige sempre un atto motivato del giudice (articolo 13, secondo e quinto comma, della Costituzione), fino – come detto – alla presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), in forza della quale l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Nel nostro Paese il mancato rispetto dell'impianto costituzionale di riferimento è drammaticamente testimoniato dai dati riferiti nell'ultima relazione annuale del Ministro della giustizia al Parlamento ex legge 16 aprile 2015, n. 47: 24 milioni e mezzo di euro è quanto ha pagato nel 2022 lo Stato per risarcire quanti hanno ingiustamente subito la custodia cautelare in carcere. Si tratta di persone private della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Vittime di un potere oltre limite, quello di limitare la libertà personale di un cittadino, extra e ante contraddittorio;

    si impone, dunque, una riflessione molto rigorosa sulla «genesi» dell'intervento cautelare, nonché sull'effettività del controllo giurisdizionale in ordine alle richieste del pubblico ministero, rendendo più stringenti i presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, in particolare incidendo sulle condizioni meno aderenti al principio di legalità, quale il rischio di reiterazioni di reati della medesima specie di quello per cui si procede (articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale);

    in relazione ai principi di legalità, della residualità del diritto penale, nonché del diritto alla privacy, una grave tensione con i principi fondanti del procedimento penale è posta dall'utilizzo delle intercettazioni e, nello specifico dall'utilizzo dei captatori informatici (così detto trojan horse);

    in relazione all'utilizzo dei captatori informatici si rileva, da un lato, che l'assimilazione, per quanto concerne il loro impiego, tra i reati contro la pubblica amministrazione e i reati di mafia e terrorismo, fattispecie punite con pene completamente diverse, in quanto fenotipi criminosi completamente diversi, crea un'irragionevole assimilazione, introducendo un elemento di irrazionalità che pregiudica la coerenza interna del sistema. Il principio costituzionale di eguaglianza impone di trattare situazioni eguali in modo eguale e situazioni diseguali in modo diseguale. Rispetto a tale previsione si ravvisa, altresì, un eccesso di legislazione penale;

    se, da un lato, l'utilizzo del trojan, introdotto nell'ordinamento penale italiano con la legge 23 giugno 2017, n. 103 – cosiddetta riforma Orlando – rappresenta lo strumento più penetrante ed efficace nel contrasto alla commissione di reati ritenuti di particolare gravità di tipo associativo e di terrorismo, dall'altro è lo strumento che più viola la sfera di intimità dell'intercettato, con l'evidente rischio di una diversa destinazione d'uso atto a violare la privacy degli individui, nonostante la Corte di cassazione abbia confermato che vada esclusa la riconducibilità del trojan agli strumenti di pressione sulla libertà fisica e morale il cui uso è vietato dall'articolo 188 del codice di procedura penale;

    sembra opportuno e doveroso che il legislatore intervenga per correggere simili distonie, escludendo i reati minori dalla possibilità di utilizzo dei captatori informatici nelle indagini preliminari;

    sempre in relazione alla privacy e alla presunzione di non colpevolezza, si deve rilevare come la diffusione degli atti nel corso di procedimenti, come evidenziato da Ministro della giustizia Nordio durante l'audizione al Senato della Repubblica in Commissione giustizia «è uno strumento micidiale di violazione» dei diritti, «di delegittimazione personale e spesso politica»;

    è dunque necessaria una risposta normativa che tuteli effettivamente e concretamente il cittadino da tale fenomeno;

    il primo comma dell'articolo 191 del codice di procedura penale sancisce chiaramente l'inutilizzabilità delle prove acquisite in violazione di legge. Nondimeno, reiterati arresti della Corte di cassazione hanno, con quella che appare ai firmatari del presente atto come un'interpretazione «creativa», introdotto nell'ordinamento una sorta di distinzione, non prevista dal legislatore, tra inutilizzabilità «patologica» e altri modelli di inutilizzabilità, distinzione divenuta ormai «diritto vivente». Invero, l'imputato che sceglie – legittimamente – il giudizio abbreviato, presta acquiescenza – secondo la giurisprudenza sopra richiamata – all'utilizzabilità di un atto acquisito in violazione di legge, la cui irrituale acquisizione è sanata dalla «scelta negoziale della parte di tipo abdicativo, che fa assurgere a dignità di prova gli atti di indagine compiuti senza il rispetto delle forme di rito» (ex multis, Cassazione penale, sezione IV, 10 novembre 2021, n. 40550, Cassazione penale, sezione III, 14 dicembre 2011, n. 46325). In ossequio al grigliato di principi di riferimento governanti il procedimento penale, si rende necessario intervenire per ribadire l'inutilizzabilità degli atti illegittimamente acquisiti, indipendentemente dalle opzioni processuali dell'imputato;

    in materia del necessario rispetto dell'articolo 25 della Costituzione, l'articolo 192 del codice di procedura penale, relativo al regime di valutazione della prova, ribadisce innanzitutto il principio del libero convincimento del giudice, in un'ottica di rigorosa tutela della legalità sul piano probatorio. La norma delimita il libero apprezzamento del giudice in due precisi ambiti: in generale, si esclude che possano essere utilizzati elementi di natura meramente indiziaria, a meno che tali elementi siano gravi, precisi e concordanti (articolo 192, comma 2, del codice di procedura penale). In relazione alle dichiarazioni dei coimputati nel medesimo reato o degli imputati in un procedimento connesso ex articolo 12 del medesimo codice di procedura penale, la norma stabilisce che esse devono sempre essere valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità (articolo 192, comma 3). Il medesimo principio vale, altresì, in riferimento alle dichiarazioni rese dall'imputato in un reato collegato a quello per cui si procede ex articolo 371, comma 2, del medesimo codice di procedura penale, nonché in relazione alle dichiarazioni all'imputato che abbia assunto l'ufficio di testimone ex articolo 197-bis (articolo 192, comma 4). Tale regime rafforzato relativo alle dichiarazioni rese da altri soggetti deve essere esteso alle intercettazioni indirette, ossia quelle intercettazioni concernenti le conversazioni telefoniche o tra presenti di soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione;

    nel corso dell'esposizione delle linee guida del suo dicastero, il Ministro della giustizia ha evidenziato che dai dati relativi all'abuso d'ufficio emerge solo il 3 per cento di condanne, mentre le statistiche indicano 5.400 procedimenti nel 2021, conclusi con 9 condanne davanti al giudice per le indagini preliminari e 18 in sede di dibattimento;

    lo stesso Ministro della giustizia ha evidenziato che «(...) L'unica conseguenza è il rischio di essere indagati (...)», rilevando la necessità di «(...) abbandonare l'idea di tutelare il buon andamento della pubblica amministrazione con minaccia della pena» e ricordando gli appelli dei sindaci di diverse parti politiche in direzione di una riforma di questi reati che comportano soltanto un vulnus all'efficiente funzionamento del procedimento penale;

    le modifiche si rendono necessarie per operare un cambio di rotta da più parti auspicato e superare una delle tante criticità della giustizia italiana, che, piuttosto che ridare slancio alla pubblica amministrazione e, attraverso essa, perseguire obiettivi di ripresa economica del nostro Paese, creano danni e alimentano disfunzioni;

    il rispetto del principio di legalità, in uno con i principi di sussidiarietà e di extrema ratio che debbono governare l'impiego del diritto penale, presentano gravi aspetti di frizione con l'articolo 346-bis del codice penale, rubricato «Traffico di influenze illecite», introdotto con la legge 6 novembre 2012, n. 190, con lo scopo di contrastare i fenomeni corruttivi che orbitano intorno alla pubblica amministrazione, punendo l'insieme delle condotte prodromiche all'atto corruttivo vero e proprio. Successivamente, nel 2019, con la legge cosiddetta «spazzacorrotti» (legge 9 gennaio 2019, n. 3), si è voluta ampliare la tutela della fattispecie esaminata, facendovi confluire la fattispecie del millantato credito, contestualmente abrogata. Il reato de quo è volto a individuare e sanzionare tutte le condotte preparatorie; esso si struttura come illecito plurisoggettivo o a concorso necessario; l'attività sanzionata è quella della mediazione del soggetto attivo che intende approfittare di relazioni esistenti o fittizie con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio;

    l'eccessiva anticipazione della tutela penale, ovvero per il concentrarsi della norma sulla «mera mediazione» più che sull'«effettivo risultato lobbistico» e, e ancor più, per l'uso nella descrizione della condotta penalmente rilevante di formule vaghe quanto ambigue, impongono un intervento riformatore sulla fattispecie costituzionalmente orientato;

    in relazione alla presunzione di non colpevolezza si deve evidenziare come il testo unico di cui al decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235 (cosiddetta legge Severino), abbia introdotto nell'ordinamento alcune importanti disposizioni anticorruzione, intervenendo sulla materia dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze di condanna. Tali disposizioni presentano evidenti aspetti di disomogeneità;

    la maggior parte delle sue disposizioni prevede l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo come conseguenza di una condanna definitiva, mentre le disposizioni di cui agli articoli 8 e 11 prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive. Chi sbaglia deve pagare, ma non è tollerabile il pubblico ludibrio quando nel 97 per cento dei casi l'azione penale si risolve in un nulla di fatto: la stragrande maggioranza di queste sospensioni decade alla loro scadenza e l'unica conseguenza che ne deriva è un grave danno per la vita della comunità, che rimane senza guida, e per le figure dei pubblici amministratori coinvolti, la cui vita politica e personale viene inevitabilmente segnata;

    pare, quindi, fondamentale un sollecito intervento del legislatore idoneo a realizzare un nuovo bilanciamento che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all'articolo 27 della Costituzione;

    alla luce delle sopra esposte considerazioni, si impongono iniziative legislative atte ad adeguare la normativa italiana ai principi nazionali e sovranazionali in materia di equo processo, così garantendo, al contempo, l'effettività dello stato di diritto,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere le opportune iniziative legislative atte a ristabilire il regime della prescrizione sostanziale;

2) ad intraprendere le necessarie iniziative normative in materia di regime di impugnabilità delle sentenze di proscioglimento da parte del magistrato del pubblico ministero, in asse con i principi costituzionali ed europei;

3) ad adottare le opportune iniziative normative in materia di misure cautelari personali atte a garantire il principio di presunzione di non colpevolezza di cui all'articolo 27 della Costituzione, incidendo, a monte, sui presupposti per la loro applicazione e, nello specifico, su quelli non aderenti al necessario rispetto del principio di legalità, quali quello previsto dall'articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale e, quindi, rafforzando sia il controllo giurisdizionale sulle medesime sia l'obbligo motivazionale;

4) ad adottare le opportune iniziative normative, in ossequio ai principi di legalità, della residualità del diritto penale e di proporzionalità, in materia di intercettazioni e, nello specifico, di utilizzo dei captatori informatici, volte ad escludere i reati contro la pubblica amministrazione da quelli che consentono il ricorso a tale mezzo di ricerca della prova;

5) ad intraprendere le opportune iniziative normative volte a limitare concretamente la pubblicazione degli atti d'indagine, fino all'udienza preliminare, prevedendo adeguate sanzioni, anche di natura amministrativa;

6) ad adottare le iniziative di competenza necessarie atte ad inibire la pubblicazione, anche parziale, del contenuto di intercettazioni, nell'equo contemperamento del principio della presunzione di non colpevolezza con il diritto di cronaca;

7) ad adottare iniziative normative volte a prevedere, in materia di inutilizzabilità degli atti di indagine acquisiti in violazione di legge, l'assolutezza del relativo divieto ex articolo 191 del codice di procedura penale, anche nel caso di ricorso da parte dell'imputato a riti alternativi;

8) a intraprendere le opportune iniziative legislative volte ad estendere l'applicazione del regime probatorio rafforzato di cui all'articolo 192, comma 3, del codice di procedura penale alle intercettazioni concernenti conversazioni telefoniche o tra presenti svolte tra soggetti diversi dall'indagato, dall'imputato e dalla persona comunque assente dalla stessa conversazione;

9) a intraprendere le iniziative legislative volte ad abrogare il delitto di abuso di ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale;

10) ad adottare le iniziative normative necessarie a garantire il principio di legalità, nel rispetto dei vincoli discendenti dalla sottoscrizione della Convenzione di Merida, tipizzando maggiormente le relative condotte e posticipando la tutela penale in relazione all'effettivo risultato lobbistico;

11) ad adottare le opportune iniziative normative volte a modificare il decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235, prevedendo che le cause di sospensione degli amministratori regionali e locali siano collegate ad una sentenza definitiva in ossequio agli articoli 3, 27, secondo comma, e 97, secondo comma, della Costituzione.
(1-00090) «Calderone, Pittalis, Patriarca, Cattaneo».

(10 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    la difesa dei diritti fondamentali dell'individuo non può non passare anche attraverso l'attenzione che il legislatore pone nei confronti delle vittime dei reati. Posto che la dottrina costituzionalistica ha individuato il fondamento della tutela dei «soggetti deboli» nel collegamento con il principio di uguaglianza (articolo 3 della Costituzione), è proprio nell'ambito del diritto e del processo penale che la tutela delle vittime va garantita maggiormente, in quanto spetta al giudice – dotato a livello normativo di tutti gli strumenti necessari – intercettare le esigenze di queste ultime nel processo;

    non di rado, molti Stati sono condannati dalla Corte europea dei diritti dell'uomo in quanto considerati responsabili per non aver predisposto o attuato nel caso concreto una specifica tutela penale dei diritti fondamentali. Come espresso dalla stessa Corte, ciò si impone anche al fine di «preservare la fiducia del pubblico nel principio della legalità e per evitare qualsiasi parvenza di complicità o di tolleranza relativamente a degli atti illegali» (Cedu, Avşar c. Turchia; Opuz c. Turchia).

    la giurisprudenza diffusa a livello europeo, invero, impone agli Stati membri di adoperarsi affinché il procedimento penale si svolga con modalità tali da garantire anche il coinvolgimento e la soddisfazione dei diritti delle vittime. Si tratta dei cosiddetti obblighi procedurali, derivanti dagli articoli 2 e 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, che prescrivono agli Stati di adoperarsi, in caso di violazione delle suddette disposizioni, per garantire lo svolgimento di indagini effettive e idonee ad accertare i fatti di reato, anche in prospettiva di tutela e di ristoro della vittima del reato;

    è di tutta evidenza che il ruolo della vittima abbia finito per perdere sempre più rilevanza, e ciò è dimostrato anche dall'assenza, nel codice di procedura penale, della nozione di «vittima», laddove vengono usate le definizioni di «offeso dal reato», «persona offesa», «persona offesa dal reato». Pertanto vi è la necessità di far recuperare alla vittima una posizione di centralità nel processo di accertamento della violazione e della punizione che subisce il colpevole;

    è fondamentale, dunque, che il processo penale, in quanto tale, si traduca in concreto in uno strumento ontologicamente funzionale alla soddisfazione delle istanze del soggetto danneggiato dal reato;

    le fonti europee hanno gradualmente dimostrato un'attenzione sempre maggiore, sul piano del diritto penale, rispetto alla salvaguardia delle garanzie non solo dell'accusato, ma anche della vittima. Il considerando n. 9 della direttiva 2012/29/UE afferma che «un reato è non solo un torto alla società, ma anche una violazione dei diritti individuali delle vittime»;

    nella stessa Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali negli ordinamenti nazionali, che si presta a una continua interpretazione evolutiva «in the light of present-day conditions», sono rinvenibili evidenti segnali della crescente valorizzazione delle prerogative delle vittime del reato;

    come già accennato, assumono rilevanza i numerosi arresti della Corte europea dei diritti dell'uomo in relazione alle cosiddette positive obligation nell'ambito di alcune garanzie tutelate dalla Convenzione, quali gli articoli 2, 3, 4 e 8. Ci si riferisce non solo agli obblighi da parte degli Stati di rendere penalmente rilevanti quelle condotte lesive dei più importanti tra i beni fondamentali, ma anche, e soprattutto, ai doveri di carattere procedurale, che prescrivono ai Paesi contraenti indagini effettive e complete;

    degna di nota, in tale contesto, è la decisione nel caso Petrella c. Italia, ove i giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo hanno condannato l'Italia per la violazione dell'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in quanto la vittima non aveva potuto costituirsi parte civile nel procedimento penale, a causa del sopraggiungere del termine della prescrizione del reato nel corso delle indagini preliminari;

    come noto, gli effetti distorsivi dell'istituto della prescrizione – come era delineato prima della riforma operata nel Governo Conte I con la legge n. 3 del 2019, cosiddetta «spazzacorrotti», che ha sospeso il corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado – pregiudicavano fortemente le istanze di giustizia delle vittime del reato, che sono spesso rimaste inascoltate quando, per il verificarsi della causa estintiva, le stesse non hanno potuto ottenere un accertamento definitivo della verità, con ciò comportando di fatto una denegata giustizia e minando la fiducia dei cittadini nella capacità dello Stato di assolvere al compito fondamentale di assicurare il rispetto della legalità e la tutela dei diritti. In sostanza, il meccanismo della prescrizione è stato troppo a lungo utilizzato come occulto e mirato fattore di deflazione del carico degli uffici giudiziari, in assenza della volontà politica di potenziare gli organici della magistratura. Un effetto distorsivo dell'istituto della prescrizione in questi anni ha portato anche all'intasamento del carico delle corti d'appello e al parziale svilimento dei riti speciali. La sospensione della prescrizione – avvenuta grazie alla cosiddetta legge «spazzacorrotti» – avrebbe determinato un minore interesse a proporre appello, costituendo piuttosto un incentivo a definire il processo attraverso i riti speciali, se non fosse intervenuta l'introduzione del nuovo istituto dell'improcedibilità per superamento dei termini di fase, che torna – invece – ad incoraggiare la proposizione delle impugnazioni nella speranza di veder finire nel nulla i processi;

    l'attuazione del principio del giusto processo, come contemplato dall'articolo 111 della Costituzione, non è idoneo a giustificare un'eventuale reviviscenza del meccanismo della prescrizione sostanziale, così come esistente prima dell'entrata in vigore della già richiamata legge n. 3 del 2019;

    l'istituto della prescrizione, infatti, non è posto a fondamento del principio della ragionevole durata del processo: il dato temporale sarebbe già di per sé sufficiente a dimostrare la veridicità di quanto testé affermato. La prescrizione, infatti, è stata introdotta molto prima della riforma dell'articolo 111 della Costituzione (1999) che ha fatto strada al principio del cosiddetto «giusto processo e della durata ragionevole». È evidente, dunque, che la stessa non è stata originariamente contemplata a garanzia del principio costituzionale, piuttosto i presidi per assicurare la ragionevole durata sono altri, come i meccanismi compensativi in caso di durata irragionevole dei processi, già previsti nell'ordinamento dalla cosiddetta legge Pinto. Soprattutto, il vero antidoto è costituito dall'incremento delle risorse umane, per questo è imprescindibile prevedere il completamento ed anzi il rafforzamento degli organici del comparto della giustizia. Non a caso, la riforma Bonafede della prescrizione è entrata in vigore dopo aver reso effettivo – grazie ai Governi Conte I e II – un piano straordinario di assunzioni nel settore della giustizia. Ma la lentezza dei procedimenti non può essere utilizzata per celare l'obiettivo di sottrarsi alla giustizia: la durata ragionevole dei processi può e deve essere garantita diversamente, con una giustizia che funzioni;

    la riforma Cartabia ha introdotto rilevanti novità nell'ambito del procedimento penale, tra queste, anche l'istituto della cosiddetta «improcedibilità» per superamento dei termini massimi di fase di impugnazione. La soluzione proposta dalla riforma, che mira a distinguere la prescrizione del reato dai tempi del processo, rappresenta tuttavia una scelta riformatrice radicale, che cela non poche insidie, sia in termini di garanzie dell'accertamento, che di risposte di giustizia alla persona offesa. Infatti, essa determina di fatto gli stessi effetti della prescrizione sostanziale, ovvero l'estinzione del processo, con in più delle aggravanti;

    come rilevato dagli operatori del settore, infatti, l'improcedibilità funge da tagliola dopo 2 anni e 1 giorno per l'appello e 1 anno e 1 giorno per la Corte di cassazione, anche in quei casi in cui la prescrizione del reato (sostanziale) non sarebbe maturata;

    inoltre, essa, una volta sopraggiunta, comporta l'estinzione immediata del processo, senza alcun rimedio. Mentre la prescrizione sostanziale – in teoria – determinava l'effetto di selezionare i processi di appello da trattare con priorità, in quanto prossimi alla scadenza dei termini, l'improcedibilità comporta, invece, la fissazione di un termine massimo di durata uguale per tutti i processi, in quanto slegata dal reato;

    è innegabile, dunque, che l'improcedibilità determini un'eccessiva rigidità del sistema. Secondo la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, seguita dalla giurisprudenza italiana formatasi a proposito della legge Pinto, la ragionevole durata del processo non può essere definita in via generale e astratta in relazione ad un processo ideale, ma deve essere determinata ex post in relazione alle concrete peculiarità di ogni singola vicenda processuale, sulla base della complessità del caso e del comportamento delle parti (pubbliche e private). Termini troppo brevi rischierebbero di non essere adeguati rispetto a vicende processuali particolarmente complesse e il «giusto processo» non può essere valutato solo in termini di durata, ma anche della correttezza della decisione che ne è frutto;

    la Commissione europea nel Report sullo stato di diritto 2022 ha manifestato espressamente talune perplessità proprio rispetto alla fissazione di termini massimi per la conclusione dei procedimenti dinanzi alla corte d'appello e alla Corte di cassazione, pena l'improcedibilità;

    in particolare, per problemi di efficienza soprattutto a livello delle corti d'appello, «le nuove misure rischiano di incidere negativamente sui processi penali e in particolare su quelli in corso, che potrebbero essere automaticamente resi improcedibili. Sebbene siano previste eccezioni e siano in vigore norme temporanee, l'efficacia del sistema giudiziario penale richiede un attento monitoraggio a livello nazionale per garantire un giusto equilibrio tra l'introduzione delle nuove disposizioni e i diritti di difesa, i diritti delle vittime e l'interesse pubblico all'efficienza del procedimento penale»;

    appare fondamentale ed urgente, dunque, superare il meccanismo dell'improcedibilità introdotto dalla menzionata riforma, mantenendo, al contempo, la sospensione della prescrizione sostanziale dopo la sentenza di primo grado;

    l'articolo 2 del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 – di attuazione della legge n. 134 del 2021 recante «Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», cosiddetta riforma Cartabia – ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina del regime della procedibilità di alcune fattispecie di reato di più frequente applicazione pratica, con ciò determinando conseguenze negative in termini di risposta alle istanze delle vittime. Infatti, è stata ampliato l'ambito di operatività della procedibilità a querela, al fine di conseguire effetti deflattivi sul contenzioso giudiziario ed effetti positivi sulla durata complessiva dei procedimenti. Tuttavia, la prassi applicativa che ne è emersa, immediatamente dopo la sua recente entrata in vigore, ha da subito dimostrato i suoi effetti distorsivi, per cui l'obiettivo di razionalizzare il lavoro delle procure e di smaltire gli arretrati non può più giustificare l'abdicazione da parte dello Stato al suo potere/dovere di attivarsi per perseguire gli autori dei reati, lasciando così alla persona offesa la relativa decisione di procedere;

    appare opportuno, dunque, ripristinare la procedibilità d'ufficio per taluni delitti di particolare allarme sociale, ovvero per quelli rispetto ai quali risulta arduo raccogliere l'eventuale querela. Nella specie, per il reato di lesioni personali (articolo 582 del codice penale), sequestro di persona (articolo 605 del codice penale), violenza privata (articolo 610 del codice penale), violazione di domicilio (articolo 614 del codice penale), furto aggravato dalle circostanze previste dall'articolo 625 del codice penale e danneggiamento, quando il fatto sia commesso ai danni dei beni demaniali e dei beni patrimoniali indisponibili di Stato, regioni, province, comuni, città metropolitane o altre amministrazioni locali;

    il già citato decreto legislativo n. 150 del 2022 – riforma Cartabia – nell'ambito di un più generale intervento riformatore sul titolo II del libro IX del codice di procedura penale in materia di impugnazioni, ha novellato, altresì, l'articolo 599-bis del codice di procedura penale, relativo al concordato anche con rinuncia ai motivi di appello. Segnatamente, la richiamata riforma ha inteso ampliare l'ambito applicativo del cosiddetto «concordato in appello», attraverso l'eliminazione di tutte le preclusioni all'accesso a tale istituto, previste dal comma 2 dell'articolo 599-bis del codice di procedura penale. Si tratta, in particolare, dei reati di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina o alla tratta di persone ovvero i reati con finalità di terrorismo, ovvero a commettere un delitto di sfruttamento sessuale dei minori, o finalizzata ad un delitto di contraffazione; tratta di persone o riduzione in schiavitù; associazione per delinquere di tipo mafioso o commessi per agevolare tali associazioni; scambio elettorale politico-mafioso; sequestro di persona a scopo di estorsione; associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, al contrabbando di tabacchi e al traffico di rifiuti; i reati di sfruttamento sessuale dei minori; reati di violenza sessuale semplice, aggravata e di gruppo;

    il suo campo d'applicazione, dunque, era limitato, in quanto era escluso in relazione al sopra richiamato catalogo di gravi reati;

    sebbene l'istituto del concordato sui motivi di appello non possa essere propriamente considerato a carattere premiale, esso determina impliciti effetti deflattivi. Invero, ben potrebbe verificarsi che, anche a seguito di condanna in primo grado, il pubblico ministero, per abbattere il cospicuo carico di lavoro, sia più incentivato ad accordarsi con il difensore dell'imputato sull'accoglimento di taluni motivi di gravame, in ragione della prospettiva che l'imputato rinunci agli altri motivi, anche in caso di reati particolarmente insidiosi, facendo ottenere a quest'ultimo considerevoli riduzioni di pena ed evitandogli talvolta di scontare la condanna in carcere;

    un simile intervento, lungi dal voler determinare maggiore efficienza del processo penale, può invece tradursi di fatto in un «ennesimo assist all'impunità», con gravi ripercussioni sui diritti fondamentali delle vittime;

    appare imprescindibile, dunque, ripristinare il catalogo di preclusioni relativo all'istituto del concordato con rinuncia ai motivi in appello, in origine contenuto nel comma 2 dell'articolo 599-bis del codice di procedura penale, per escludere che esigenze deflattive possano comportare un elevato rischio di impunità nei casi richiamati;

    tra i tipi di tutela derivanti dall'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, vi è anche quella riguardante casi di violazioni «interindividuali», cioè poste in essere da soggetti privati a danni di altri individui, considerati dall'ordinamento, nazionale e sovranazionale, particolarmente vulnerabili, come donne e bambini, o, più in generale vittime di violenza domestica. Nei riguardi di tali soggetti, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha stigmatizzato il comportamento delle autorità statali per i casi di violazioni dei diritti tutelati dall'articolo 3. In particolare, la Corte europea dei diritti dell'uomo talvolta ha evidenziato l'inadeguatezza delle misure di prevenzione adottate dalle autorità allo scopo di evitare il protrarsi delle lesioni a carico delle vittime, talaltra hanno rimarcato la presenza di superficialità da parte dello Stato a fronte della denuncia di fatti particolarmente gravi;

    nel nostro ordinamento, il cosiddetto codice rosso ha già tracciato la strada verso il potenziamento degli strumenti a tutela delle donne vittime di violenza. Grazie alle modifiche normative introdotte, oggi è prevista una corsia preferenziale per le indagini, la possibilità per la vittima di proporre querela fino ad un anno (in luogo dei 3 mesi previsti per gli altri casi), nonché l'inasprimento delle pene già previste per chi abusa. Infine, la legge ha introdotto altresì nel codice penale 4 nuovi reati: violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, costrizione o induzione al matrimonio, deformazione dell'aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti (cosiddetto revenge porn);

    tuttavia, c'è ancora molto da fare per contrastare questo allarmante fenomeno, che i dati dimostrano – purtroppo – sempre in maggiore crescita. Nel report diffuso dal dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno in occasione della Giornata internazionale delle donne vittime di violenza, il dato inerente all'applicazione del codice rosso vede un significativo incremento sia dei delitti commessi, che delle segnalazioni a carico dei presunti autori noti. Si registra «un trend di crescita per le violenze sessuali, confermando la necessità di riservare a tale fenomenologia criminale la massima attenzione». Dal 2020, anno nel quale si è registrato il dato minore (4.497), l'incremento è stato significativo e si è attestato, nel 2022, a 5.991 eventi;

    ai fini dell'accertamento della verità processuale e del soddisfacimento della richiesta di ristoro della vittima e della parte civile, il legislatore ha l'obbligo di dotare l'autorità giudiziaria di tutti gli strumenti preordinati a tal fine. Il problema si pone tanto più per le fattispecie penali di difficile accertamento, tra le quali possono annoverarsi i reati di corruzione. Privare o limitare lo Stato dell'uso dello strumento delle intercettazioni può comportare una perdita di efficienza nella lotta alla delinquenza e la riduzione della possibilità di sottrazione di ingenti quantità di beni dalla disponibilità della criminalità;

    se la finalità ultima dell'attuale Governo è quella di contrastare gli «abusi», in particolare la divulgazione a mezzo stampa dei contenuti delle intercettazioni, orbene, è stato già dimostrato come negli ultimi anni nessun abuso a pregiudizio del diritto alla riservatezza sia stato rilevato;

    durante il Governo Conte II, infatti, è stato adottato il decreto-legge n. 161 del 2019, entrato in vigore a settembre 2020, che ha chiuso una stagione di interventi confusionari e superflui, rappresentando una sintesi equilibrata tra l'esigenza di perseguire reati gravi e il diritto alla privacy rispetto a fatti penalmente non rilevanti. Come emerso in sede di audizione al Senato della Repubblica del Garante per la protezione dei dati personali, il 24 gennaio 2023, i dati raccolti confermano che dal 2020 non si è registrato alcun caso di violazione della privacy determinato da potenziali abusi delle intercettazioni, con ciò privando di fondamento qualsivoglia esigenza di ulteriore intervento normativo. Dunque, è sufficiente rispettare i confini già esistenti in materia di condizioni di applicazione, non vi è più alcuna necessità di intervenire sulla disciplina delle intercettazioni, depotenziandola;

    degni di nota sono, inoltre, alcuni dati forniti dal procuratore di Palermo, Maurizio de Lucia, nel corso dell'audizione in videoconferenza in Commissione giustizia al Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle intercettazioni. Nel 2022 nel distretto di corte d'appello di Palermo sono state 2.902 le utenze telefoniche intercettate (numero che non corrisponde ai soggetti «ascoltati», visto che ciascuno potrebbe aver avuto più utenze a disposizione). Di queste, 1.950 intercettazioni erano relative a indagini di mafia, 9 di terrorismo e 935 si inquadravano nell'ambito di inchieste su altri reati (ad esempio di corruzione). Il trojan invece è stato usato in 218 casi: 185 in inchieste antimafia, 3 su sospetti casi di terrorismo, 30 in indagini «comuni». Il procuratore ha più volte sottolineato, quindi, l'importanza delle captazioni, strumenti definiti come «irrinunciabili», così come dimostrato dai dati forniti;

    la fattispecie di abuso d'ufficio è stata novellata durante il Governo Conte II attraverso un intervento di specificazione della fattispecie che ne ha eliminato gli aspetti di maggiore incertezza interpretativa. Di conseguenza, ciò rende di fatto superflua un'ulteriore modifica normativa, che avrebbe esclusivamente l'effetto di determinare nuove incertezze applicative, che necessiterebbero dell'attività ermeneutica della giurisprudenza di legittimità;

    in particolare, l'articolo 23 del decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, ha inciso sulla disposizione del codice penale sostituendo le parole «di norme di legge o di regolamento,» con le seguenti: «di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità». Ne consegue che il delitto di abuso d'ufficio è ora integrato dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio e salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, intenzionalmente procuri a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arrechi ad altri un danno ingiusto attraverso la violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero attraverso la violazione del dovere di astensione o la violazione di norme che dovranno essere: specifiche; espressamente ed esclusivamente previste da fonti primarie del diritto, con esclusione, quindi, di fonti secondarie; a condizione che da tali regole di condotta non residuino margini di discrezionalità. Ne deriva che un eventuale nuovo intervento normativo volto ad allargare ulteriormente le maglie di tale reato potrebbe porsi in contrasto con il principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione che ne è sotteso, in quanto potrebbe determinare importanti sacche di impunità;

    la legge n. 3 del 2019 (cosiddetta «spazzacorrotti») proposta dall'allora Ministro Bonafede ed approvata nel corso del Governo Conte I ha fatto ottenere all'Italia il plauso da parte del Greco (il gruppo di Stati contro la corruzione in seno al Consiglio d'Europa), a margine della sua attività di valutazione di conformità delle legislazioni vigenti degli Stati aderenti agli standard anti-corruzione. E ciò in quanto la suddetta legge ha introdotto, oltre a nuovi poteri per le autorità inquirenti, ad un incremento delle sanzioni per le persone sia giuridiche sia fisiche, alla sospensione dei termini di prescrizione dopo la condanna di primo grado, anche ulteriori adeguamenti dei reati di corruzione privata e – soprattutto – del traffico di influenze illecite;

    in particolare, il Greco ha mostrato apprezzamento rispetto all'avvenuto allineamento del reato di traffico di influenze illecite ai requisiti di cui alla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo. In un'ottica di messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché di continuazione nel reperimento delle risorse da esso derivate, non sfugge, dunque, l'importanza anche del mantenimento dello strumento de quo al fine di scongiurare ipotetiche attività illecite da parte della criminalità, attirata dall'ingente quantità di afflusso di danaro. Infatti, un allentamento dei presidi contro i fenomeni corruttivi e contro i suoi cosiddetti reati spia, tra i quali possono ben annoverarsi sia l'abuso di ufficio sia il traffico di influenze illecite, non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali che potrebbero, di guisa, mettere in discussione anche l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea;

    allentare le maglie della fattispecie di traffico di influenze sarebbe un grave errore, da non commettere proprio in un momento storico come quello attuale;

    sempre nell'ottica di presidio dei diritti fondamentali, è imprescindibile che lo Stato mantenga sempre alta e vigile l'attenzione rispetto all'efficace contrasto dei fenomeni mafiosi in tutte le sue estrinsecazioni. A tal fine, occorre salvaguardare uno degli strumenti indefettibili per la lotta alla mafia: il regime speciale di detenzione previsto dall'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario, corollario insostituibile della legislazione antimafia italiana, in quanto mira a contrastare i rapporti tra associati detenuti e organizzazione criminale;

    in sede di esposizione delle linee programmatiche del dicastero e in ulteriori occasioni da parte del Ministro della giustizia, è stata più volte annunciata la volontà di intervenire sulla separazione delle carriere dei magistrati. Oggi sono in esame in Commissione affari costituzionali diversi progetti di legge costituzionale in tale direzione. Tuttavia, non può non tenersi conto come già un simile intervento sia naufragato in occasione del referendum, laddove il quesito proposto non ha raggiunto il quorum di cui all'articolo 75 della Costituzione;

    una riforma in tale materia è tutto fuorché necessaria, tanto più ora che la riforma Cartabia ha ridotto ad uno i passaggi di funzioni tra magistrati requirenti e giudicanti, rendendo ancor più eccezionale l'eventuale mutamento di funzioni nell'arco della vita professionale di un magistrato;

    si consideri, inoltre, che più si separa sul piano formativo e professionale il pubblico ministero dal giudice, più si rischia di incorrere in una realtà – lontana dal sistema processuale italiano – in cui il pubblico ministero diventa un «avvocato di polizia», un mero accusatore e non già un funzionario dello Stato chiamato ad accertare la verità dei fatti, come contempla anche il codice di procedura penale (articolo 358 del codice di procedura penale);

    la comunanza di formazione e di percorso iniziale, al contrario, contribuisce a scongiurare, se non proprio evitare, questo rischio ed è dunque una garanzia per il cittadino che dovesse essere indagato,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa – anche normativa – utile a garantire l'efficacia delle disposizioni a presidio delle vittime dei reati, apprestando una tutela in concreto delle stesse, proprio in considerazione della propria condizione di minorità che nasce dall'aver subito un pregiudizio;

2) ad adottare iniziative normative volte a superare l'istituto dell'improcedibilità in secondo grado previsto dall'articolo 344-bis del codice di procedura penale, mantenendo ferma la disciplina della prescrizione dei reati come introdotta dalla legge n. 3 del 2019, cosiddetta «spazzacorrotti», in quanto l'estinzione del processo per decorrenza dei termini può tradursi in una grave denegata giustizia per le vittime;

3) ad astenersi da qualsivoglia intervento – anche normativo – volto a riformare la disciplina delle intercettazioni in modo da restringerne l'utilizzo o da depotenziarne l'efficacia come strumento di ricerca della prova determinante per l'attività investigativa ed indispensabile per contrastare le forme più insidiose di criminalità organizzata e dei fatti di corruzione, i cui effetti finali ricadono sull'utente, ovvero il cittadino;

4) ad adottare iniziative normative per modificare l'istituto del concordato anche con rinuncia ai motivi di appello ex articolo 599-bis del codice di procedura penale, ripristinando l'esclusione dell'applicazione di detto istituto agli imputati per reati di particolare gravità;

5) ad adoperarsi per favorire l'iter delle iniziative legislative già esistenti in Parlamento in materia di procedibilità d'ufficio, per ripristinare il precedente regime rispetto a quei reati di peculiare disvalore sociale, per evitare di far gravare sulle vittime l'onere di proporre querela per azionare la pretesa punitiva dello Stato;

6) a non intervenire sul delitto di abuso di ufficio e sul delitto di traffico di influenze, fattispecie eventualmente da potenziare in combinazione con l'introduzione di una normativa sulla regolamentazione delle lobby, sul conflitto di interessi, in quanto strettamente connessi;

7) ad assumere con la massima determinazione iniziative volte al contrasto alla violenza contro le donne, al fine di ridurre sensibilmente il numero dei femminicidi, nel contesto di quanto segnalato in premessa, riprendendo il percorso segnato dal codice rosso e proseguito dalla Commissione di inchiesta sul femminicidio, la quale ha predisposto nella relazione conclusiva molteplici misure volte ad intervenire sul piano preventivo, di protezione, nonché punitivo e rieducativo (e di azzeramento dei tassi di recidiva) nei confronti rispettivamente delle vittime e degli autori del reato, sostenendo, per quanto di competenza, le iniziative legislative parlamentari sul tema;

8) a rispettare integralmente, per quanto di competenza, il titolo IV della Costituzione laddove vengono contemplati il principio di separazione dei poteri e dell'autonomia della magistratura (articolo 104 della Costituzione), nonché ad astenersi dal dare seguito a qualsivoglia proposta normativa di separazione delle carriere dei magistrati e di eliminazione dell'obbligatorietà dell'azione penale sancita dall'articolo 112 della Costituzione;

9) a mantenere e rafforzare gli strumenti di contrasto previsti dalla legislazione antimafia e, in particolare, a salvaguardare il regime speciale di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario;

10) a tornare ad investire nel comparto giustizia per rilanciare il rapporto tra giustizia e cittadino e quale unico vero antidoto alla lunghezza dei processi penali, colmando le scoperture negli uffici giudiziari attraverso una massiccia e mirata attività assunzionale, in continuità con le leggi di bilancio degli anni 2018-2020.
(1-00091) «D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Scutellà, Aiello, Cappelletti, Iaria, Pavanelli, Pellegrini».

(10 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    nel discorso in occasione del giuramento avanti alle Camere del 3 febbraio 2022 il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ribadendo la centralità del Parlamento, ha testualmente affermato che «un profondo processo riformatore deve interessare anche il versante della giustizia»;

    la consapevolezza dell'urgenza e dell'indifferibilità delle riforme, in uno con il monito del Presidente della Repubblica, trasversalmente accolto dalle forze politiche, suggerisce l'esistenza di un clima politico favorevole ad un'ampia convergenza sulle riforme necessarie;

    il Parlamento, in tema di giustizia, potrebbe recuperare la centralità più volte rivendicata nel dibattito politico;

    l'amministrazione della giustizia in Italia è avvertita dai cittadini ancora come uno dei freni per la crescita dell'Italia, evocando piuttosto l'idea di una macchina burocratica lenta e fuori controllo per plurimi motivi che rappresentano altrettanti e annosi mali del sistema giustizia italiano, ancora non affrontati con la chirurgica radicalità necessaria;

    in tema di giustizia penale gli interventi devono ispirarsi a due principi cardine: garantismo e certezza della pena. Si tratta di concetti che si conciliano perfettamente nel perimetro dei valori del giusto processo cristallizzati nell'articolo 111 della Costituzione. La sentenza è giusta soltanto se è pronunciata da un giudice effettivamente terzo e imparziale, in tempi ragionevoli e all'esito di un processo in cui siano state rispettate in pieno le garanzie difensive. La sentenza è giusta se, una volta definitiva, in caso di condanna venga effettivamente e tempestivamente eseguita;

    solo un sistema efficace assicura i diritti delle vittime dei reati. Solo un sistema efficace costituisce un serio strumento di lotta alle mafie. Al contrario, un ordinamento incapace di assicurare giustizia genera insicurezza, disincentiva investimenti, alimenta sfiducia, consente l'insinuarsi di sacche di illegalità e il proliferare delle organizzazioni criminali. Gli scandali legati alle spartizioni di potere tra le correnti della magistratura hanno determinato, poi, il punto più basso del sistema giustizia nel nostro Paese;

    la revisione complessiva ed ineludibile del sistema sanzionatorio è dettata, oltre che dalla constatata ineffettività preventiva, dal necessario rispetto dei principi così ben espressi dal dettato costituzionale. Occorre sempre rammentarlo, lo Stato assume su di sé la tutela del bene comune come suo fine ultimo, comprensivo anche dei diritti del condannato, e agisce ponendo norme razionali per lo sviluppo e la tutela dell'uomo e la promozione della sua dignità. La legge penale, dove la persona è centrale, non solo fonda l'ordine sociale ma la sua condivisione e accettazione da parte dei consociati, garantendo la libertà di ognuno, in quanto l'intima convinzione della giustizia di una norma garantisce il rispetto più di qualsiasi pena per la sua trasgressione. Esistono valori fondamentali, preliminare la libertà personale che tutti li racchiude, che non possono essere negati, né tantomeno raggirati attraverso sterili procedure dettate da particolari esigenze/emergenze criminali. Nella materia penale è in gioco l'essere umano, meglio il rispetto della dignità dell'uomo e della sua libertà, vale a dire di quanto più intimo ed inviolabile possa esserci. La grande e improcrastinabile riforma del sistema penale/sanzionatorio vuole il rispetto dei valori costituzionali e, quindi, la loro attuazione attraverso la legge, che significa precisione tecnico-legislativa e dominabilità del sistema;

    in relazione al tema dell'inviolabilità del domicilio, all'interno della Costituzione viene utilizzato il termine domicilio per racchiudere tre concetti: la residenza – luogo dove il soggetto è ubicato per lo Stato –, il domicilio – luogo dove il soggetto svolge i suoi affari e la sua vita privata – e, infine, la dimora – dimensione ubicativa fisiologicamente provvisoria. Questi tre concetti sono considerati «luoghi in cui l'individuo può esprimere la propria personalità» e sono racchiusi, in Costituzione, nel termine «domicilio», in egual misura dignitosi di tutela ex articolo 14 della Costituzione. Quindi si può ritrovare – almeno a livello costituzionale – una tutela sotto forma di un'inviolabilità del domicilio non intesa come diritto ad un domicilio oppure tutela degli interessi legittimi del proprietario, ma tutela della persona nel domicilio oppure domicilio come estensione fisica e luogo di sviluppo della persona, quasi come fosse un'appendice della persona, e per questo inviolabile. Abbiamo conosciuto quella che è la sottile linea che separa interesse privato ed interesse pubblico all'interno dei testi costituzionali; ad esempio, nella Costituzione italiana l'interesse ad un domicilio inviolabile, quindi accessibile solo a soggetti scelti dal proprietario ex articolo 14 della Costituzione, e l'importanza della tutela dell'interesse pubblico che si concretizza nell'interesse dello Stato di tutelare la comunità di cittadini con strumenti di limitazione dell'inviolabilità di domicilio, come, ad esempio, le perquisizioni da parte della pubblica autorità. Adesso la responsabilità sulla tutela di questa importante libertà ricade su di noi, sulle scelte del nostro presente; ed è per questo che ci deve essere una maggiore forza nelle normative che devono tutelare il diritto all'inviolabilità del domicilio;

    in relazione alla tutela delle vittime del reato, occorre che coloro che denunciano non debbano essere lasciati soli ad affrontare le conseguenze delle loro coraggiose iniziative. Attraverso l'introduzione di adeguati strumenti di supporto si può assicurare la necessaria tutela delle vittime dei reati e il conseguente rilancio della legalità. Solo così le vittime di estorsioni, usure e, in generale, di tutti quei reati (lesioni, violenze private ed altri) perpetrati al fine di costringere il destinatario a sottostare a richieste illecite nell'ambito di sistemi criminali consolidati e radicati (ad esempio, pagamento del pizzo, forme di usura, concussioni sistemiche ed altro), si sentiranno protette e sostenute dal sistema giustizia e dallo Stato;

    la globalizzazione dei mercati, la rapidità sempre crescente degli scambi, la diffusione capillare e immediata delle informazioni, il continuo sviluppo delle potenzialità della rete internet (ad esempio, il dark web) sono fenomeni che consentono alle organizzazioni mafiose di selezionare settori sempre nuovi di investimento e di occultare facilmente i propri traffici illeciti. Occorre, quindi, potenziare gli strumenti tecnici a disposizione delle forze dell'ordine e investire in mezzi informatici all'avanguardia che facilitino l'individuazione e la neutralizzazione tempestiva di inedite forme di imprenditoria mafiosa;

    è necessario agire efficacemente sui circuiti di reinvestimento dei capitali provenienti dalle attività delle organizzazioni mafiose per tutelare la libera concorrenza e contrastare con fermezza le infiltrazioni criminali nel tessuto economico-legale;

    occorre assicurare l'effettivo contemperamento tra esigenze di prevenzione e di continuità aziendale, impedendo che, in caso di restituzione dopo anni di sequestro, si sia consumato un danno irreparabile per l'azienda, per i lavoratori e per la comunità;

    in relazione alla radicalizzazione dei fenomeni della micro-criminalità e delle baby gang si impone l'introduzione di nuovi e adeguati strumenti di repressione. Quanto al primo aspetto, occorre prevedere una maggiore presenza delle forze dell'ordine sul territorio, soprattutto in quei contesti che tipicamente agevolano la commissione di tale tipologia di reati (ad esempio, manifestazioni sportive, mezzi pubblici ed altri); infatti, la micro-criminalità, seppure riguardi illeciti di contenuto disvalore, per la sua sistematicità desta notevole allarme sociale e risulta intollerabile per la comunità. È, inoltre, opportuno promuovere campagne di informazione, elaborate di concerto con le forze dell'ordine, volte a fornire ai cittadini indicazioni concrete da utilizzare nelle situazioni che favoriscono episodi di micro-criminalità;

    in materia di giustizia minorile, ogni misura di repressione deve inserirsi necessariamente in un quadro di iniziative che privilegi le esigenze di prevenzione. In questo senso, la complessità del fenomeno rende indispensabile l'adozione di strumenti volti a favorire una costante interazione tra le istituzioni, finalizzata al supporto delle famiglie dei minori stessi;

    in relazione alla riforma dell'ordinamento penitenziario e agli interventi sulle carceri, occorre operare una riforma dell'ordinamento penitenziario che garantisca piena dignità alla polizia penitenziaria, prevedendo principalmente assunzioni e la costruzione di nuovi istituti penitenziari, moderni e vivibili. Inoltre, sarebbe auspicabile l'adozione di interventi fra l'amministrazione penitenziaria, il terzo settore e il mondo delle aziende profit, con l'obiettivo di incentivare la funzione rieducativa della pena carceraria, avvicinando il mercato del lavoro al mondo degli istituti di pena;

    in relazione alla normativa in materia di sostanze stupefacenti, si deve registrare l'aumento dell'uso e dell'abuso di droghe che si è diffuso, soprattutto, tra le generazioni più giovani, anche in concomitanza con lo scoppio della pandemia da COVID-19 che ha causato nei ragazzi disagi psicologici che non sempre sono stati riconosciuti;

    negli ultimi anni sul mercato sono state immesse molte sostanze illecite e chimiche a poco prezzo che ne rendono particolarmente facile la reperibilità e il consumo: rimane fondamentale e prioritario combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità, perché sia chiaro che il consumo di droghe di qualsiasi tipo causa danni irreparabili alla salute,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni iniziativa normativa idonea a:

  a) velocizzare, anche mediante lo stanziamento di ulteriori nuove risorse, la celebrazione dei processi, ovviamente senza ridurre l'accertamento a una valutazione sommaria e approssimativa, in quanto l'imputato non può essere ostaggio del processo per anni, né, per evitare tale rischio, può essere costretto a ricorrere a forme deflattive che non risolvono i problemi organizzativi della giustizia ma sacrificano solo il diritto di difesa e il contraddittorio;

  b) rendere effettiva la ragionevole durata dei processi;

  c) assicurare l'effettiva e tempestiva esecuzione delle sentenze, nel rispetto del principio di certezza del diritto;

  d) razionalizzare il sistema sanzionatorio, realizzando una riforma integrale che adegui tipologia e misura delle pene alle esigenze della collettività;

  e) assicurare l'esecuzione tempestiva e certa della pena definitiva, nel rispetto dei diritti del condannato;

  f) garantire il diritto di difesa nel processo, senza compressioni o limitazioni;

  g) assicurare l'effettiva terzietà e imparzialità del giudice;

  h) rafforzare la tutela delle vittime del reato, introducendo ulteriori strumenti per la piena salvaguardia dei loro diritti;

  i) razionalizzare il sistema penale, recuperando l'effettività del rapporto tra sanzione penale e bene giuridico protetto e, dunque, tra la pena e la sua funzione costituzionale;

  l) prevedere strumenti volti ad assicurare l'effettivo rispetto dei termini di durata delle indagini preliminari e trasformare alcuni rilevanti termini ordinatori in perentori (ad esempio, il termine per il deposito della sentenza da parte del giudice);

  m) attuare effettivamente il principio di presunzione di innocenza e il diritto alla buona fama, prevedendo strumenti in grado di garantire tale diritto, per riconoscere effettivamente, anche a livello mediatico, il principio della presunzione di innocenza dell'indagato o imputato coinvolto in un procedimento penale;

  n) in materia di intercettazioni, ad assicurare l'utilizzo come strumento di ricerca della prova, individuando, a seguito della conclusione della indagine conoscitiva che si sta svolgendo al Senato, eventuali disfunzioni o lacune normative;

  o) prevenire da un lato e sanzionare dall'altro i fenomeni baby gang in espansione;

  p) trovare strumenti adeguati per meglio combattere il fenomeno dello spaccio di sostanza stupefacente anche di piccola quantità;

  q) combattere le truffe agli anziani;

  r) prevedere strumenti moderni di contrasto alla criminalità organizzata a tutela della concorrenza, del libero mercato e dell'economia legale;

  s) modernizzare gli strumenti di contrasto alla criminalità mafiosa, in modo da individuare tempestivamente i nuovi settori economici preda delle organizzazioni mafiose;

  t) tutelare l'inviolabilità del domicilio da occupazioni arbitrarie e garantire la reintegrazione tempestiva ed effettiva del proprietario o del detentore, per combattere il fenomeno dell'occupazione abusiva di case;

  u) riformare la legge cosiddetta Severino per evitare sanzioni automatiche nei riguardi di amministratori locali che finiscono per paralizzare l'attività amministrativa;

  v) programmare iniziative volte al lavoro dei detenuti in carcere, coinvolgendo il settore privato, non sostenendo alcun provvedimento «svuota carceri»;

  z) operare una riforma dell'ordinamento penitenziario che garantisca piena dignità al detenuto e sicurezza nelle carceri, prevedendo assunzioni tra le fila della polizia penitenziaria e la costruzione di nuovi istituti penitenziari, moderni e vivibili.
(1-00092) «Bisa, Bellomo, Matone, Morrone, Sudano, Molinari, Andreuzza, Angelucci, Bagnai, Barabotti, Benvenuto, Davide Bergamini, Billi, Bof, Bordonali, Bossi, Bruzzone, Candiani, Caparvi, Carloni, Carrà, Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Coin, Comaroli, Crippa, Dara, Di Mattina, Formentini, Frassini, Furgiuele, Giaccone, Giagoni, Giglio Vigna, Gusmeroli, Iezzi, Latini, Lazzarini, Loizzo, Maccanti, Marchetti, Miele, Minardo, Montemagni, Nisini, Ottaviani, Panizzut, Pierro, Pizzimenti, Pretto, Ravetto, Sasso, Stefani, Toccalini, Ziello, Zinzi, Zoffili».

(13 marzo 2023)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI AGEVOLAZIONI FISCALI PER IL SETTORE EDILIZIO E PER L'EFFICIENZA ENERGETICA

   La Camera,

   premesso che:

    il sistema di incentivi per l'efficienza energetica, sismabonus e fotovoltaico di cui agli articoli 119 e successivi del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto «superbonus 110 per cento» entrato in vigore il 19 maggio 2020) è stato modificato in 19 provvedimenti diversi nel corso degli ultimi due anni. In particolare, per l'articolo 121, quello relativo all'opzione per la cessione del credito o per lo sconto in fattura in luogo delle detrazioni fiscali, estesa peraltro a tutte le tipologie di bonus edilizi, si contano modifiche, spesso plurime, in 12 provvedimenti diversi rispetto al testo originario, quasi tutte concentrate negli ultimi 15 mesi. La quasi totalità dei cantieri ha visto modificarsi la normativa di riferimento almeno due volte, dall'inizio alla conclusione dei lavori;

    fino all'intervento del decreto-legge cosiddetto «antifrodi» (decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, poi trasfuso nella legge di bilancio per il 2022), i meccanismi dello sconto in fattura e della cessione dei crediti a favore del sistema bancario assicuravano tempi certi di realizzo, che garantivano alle imprese esecutrici una congrua programmazione degli interventi e il rispetto delle tempistiche previste. Tale decreto-legge ha introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità. Con l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, per i bonus legati a interventi edilizi, sono state vietate le cessioni «a catena», ritenendosi legittimo, oltre allo sconto in fattura sul corrispettivo, un solo trasferimento;

    oltre a queste previsioni una serie di fattori concomitanti ha determinato il progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti delle imprese operanti nel settore delle ristrutturazioni edilizie. In particolare si segnalano: 1) la circolare 23/E dell'Agenzia delle entrate del 23 giugno 2022, sulla responsabilità solidale; 2) una serie di sentenze della Corte di cassazione (da ultimo 30 dicembre 2022, n. 49687) sul sequestro preventivo dei crediti anche presso il terzo in buona fede, in presenza di procedimenti relativi all'illegittima creazione di crediti fiscali inesistenti;

    la Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario, nella sua relazione finale, comunicata alla Presidenza della Camera il 6 ottobre 2022 ha osservato che la capienza fiscale dei 12 principali istituti di credito è di 16,2 miliardi di euro l'anno, pari a 81,1 miliardi nel quinquennio. Poiché tali banche hanno accettato crediti fiscali derivanti da cessioni dei bonus edilizi per 30 miliardi di euro e altri 47 miliardi sono in valutazione (complessivamente il 78 per cento del mercato delle cessioni), la loro capienza fiscale sarebbe al limite;

    nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle entrate ha calcolato in 34-35 miliardi di euro la capacità fiscale residua delle banche per assorbire i crediti incagliati dei bonus edilizi. L'Associazione bancaria italiana, invece, ha sostenuto di essere arrivata al limite della propria capacità fiscale, pari a 81 miliardi di euro, in quanto nella contabilità bancaria pesano le annualità di smaltimento dei crediti fiscali;

    a fronte della situazione di stallo del mercato delle cessioni e delle conseguenze sofferenze delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, Parlamento e Governo sono più volte intervenuti: il numero dei possibili trasferimenti è aumentato sino alla previsione di una sola cessione a terzi e tre ulteriori cessioni effettuate in favore di istituti di credito e intermediari finanziari, con possibilità per questi ultimi di cedere a propri correntisti in possesso di partita Iva. Inoltre, l'Agenzia delle entrate ha consentito il frazionamento dei crediti per annualità. Inoltre, si è prevista: l'estensione delle norme sulle cessioni plurime ai crediti antecedenti il 1° maggio 2022, la possibilità di integrare le documentazioni dei crediti antecedenti il 12 novembre 2021, la riduzione del perimetro della responsabilità solidale, che ora si configura solo in caso di dolo o colpa grave;

    il decreto-legge n. 11 del 2023 ha delimitato ulteriormente la responsabilità solidale del cessionario, precisando che essa è esclusa qualora egli dimostri di avere acquisito il credito di imposta e siano in possesso di specifica documentazione (dettagliata nella norma) riguardante le opere da cui origina il credito di imposta. Per i cessionari di crediti che acquistano dalle banche l'esclusione di responsabilità opera mediante rilascio di una attestazione di possesso, da parte della banca, di tutta la predetta documentazione. Il decreto-legge stabilisce, inoltre, che l'onere della prova della sussistenza del dolo o della colpa gravi del cessionario grava sull'ente impositore;

    questi interventi non sono serviti a riavviare compiutamente il mercato delle cessioni, che appare afflitto da una generale sfiducia tra gli operatori. Si è determinata una paradossale situazione nella quale le imprese che effettuano i lavori, in particolare le piccole e medie imprese, si ritrovano con i cassetti fiscali pieni, ma senza risorse per poter proseguire i lavori, onorare gli impegni coi fornitori, pagare stipendi e contributi;

    le piccole e medie imprese segnalano l'introduzione di nuove condizioni per l'acquisto del credito da parte del sistema creditizio, tra le quali l'esame del merito creditizio del cedente, l'accettazione di fatture solo oltre un certo importo, la difficoltà, per le imprese che operano tramite sal (stati di avanzamento lavori), di cedere i sal successivi al primo a istituti di credito diversi da quelli a cui hanno ceduto il primo. In generale, si registra un maggior onere a carico del cedente e, soprattutto, una minore celerità nella definizione delle pratiche, dovuta al rafforzamento dei controlli, nonostante il fatto che, una volta ottenuta asseverazione, visto di conformità e codice univoco, il credito da cedere sia certo;

    sono quasi 50 mila le piccole e medie imprese che, in questo periodo, stanno accusando difficoltà nello smaltimento di questi crediti. Nel documento illustrato dal Governo a banche e imprese il 20 febbraio 2022, l'Agenzia delle entrate quantifica in 19 miliardi di euro i crediti fiscali giacenti nei cassetti fiscali delle imprese, di cui 12 relativi al superbonus;

    il 10 novembre 2022 Abi e Ance hanno insieme scritto al Governo una lettera per richiamare l'attenzione sulla gravità della situazione nella quale si trovano migliaia di cittadini e imprese che hanno fatto affidamento sulle norme di utilizzo dei bonus edilizi, chiedendo una misura tempestiva e di carattere straordinario che consenta agli intermediari di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, da compensare con i crediti ceduti dalle imprese;

    nell'audizione svoltasi il 14 febbraio 2023 presso la VI Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, l'ufficio statistico dell'Unione europea – Eurostat, dopo aver precisato che il superbonus, che era stato classificato temporaneamente nel 2021 come «non pagabile», ma che attende i prossimi dati Istat circa l'ammontare dei diversi crediti fiscali che non saranno utilizzati dai contribuenti, elemento decisivo per giudicare se tali crediti siano da considerarsi pagabili o meno, ha chiarito che la pagabilità o non pagabilità di un credito non ha alcuna influenza né sul debito dello Stato, né sulla cifra finale totale da imputare come effetto sul deficit negli anni impattati da tale misura, ma solamente sul profilo temporale dell'impatto sul deficit nel corso degli anni;

    nell'audizione svoltasi il 2 febbraio 2023 presso la VI Commissione finanze e tesoro del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale, il direttore generale delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ha chiarito che, nell'aggiornamento delle previsioni tendenziali di finanza pubblica incluse nella nota di aggiornamento del documento di economia e finanza, la stima del superbonus e degli altri bonus edilizi è stata aumentata a circa 110 miliardi di euro con uno scostamento complessivo di 37,75 miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali sull'intero orizzonte temporale; in particolare, le previsioni nei tendenziali di bilancio relative al superbonus 110 per cento si attestano a 61,2 miliardi di euro (scostamento 24,6 miliardi) e quelle del bonus facciate a 19 miliardi di euro (scostamento 13,1 miliardi). Per gli anni 2023-2026, i maggiori oneri hanno determinato un peggioramento della previsione delle imposte dirette per importi compresi tra gli 8 e i 10 miliardi di euro in ciascun anno;

    in considerazione degli impatti sulla finanza pubblica dei maggiori oneri derivanti dalla normativa sui bonus edilizi, il decreto-legge n. 11 del 2023 ha stabilito, a partire dal 17 febbraio 2023, l'impossibilità di optare, in luogo della fruizione diretta della detrazione, lo sconto in fattura dai fornitori di beni o per la cessione del credito corrispondente per gli interventi relativi al superbonus 110 per cento, alla manutenzione facciate, nonché agli altri interventi di ristrutturazione e adeguamento antisismico, ivi compresi quelli relativi all'installazione di impianti fotovoltaici, di colonnine di ricarica e per l'abbattimento delle barriere architettoniche;

    il decreto-legge n. 11 del 2023 salvaguarda gli interventi per i quali alla data del 16 marzo 2023 risulti presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata o il titolo abilitativo o sia stato registrato il contratto preliminare. Restano esclusi dal beneficio diverse tipologie di interventi che prevedevano lo sconto in fattura:

     a) gli acquirenti di immobili nuovi che non hanno registrato un preliminare di acquisto;

     b) i piccoli lavori in edilizia libera, ivi comprese le sostituzioni di caldaie o infissi, non ancora iniziati per i quali sono stati firmati preventivi e versati anticipi;

     c) i condomini che hanno svolto la parte preliminare della pianificazione dei lavori di superbonus, ma non sono arrivati alla cilas;

     d) imprese che stanno realizzando edifici frutto di demolizione con ricostruzione o di una ristrutturazione, ancora privi di rogiti firmati e preliminari già registrati;

    rispetto agli scostamenti sopra segnalati sussiste una significativa disparità di cifre tra quanto iscritto nei documenti pubblici e quanto riportato nei calcoli da autorevoli istituti, che giungono a sostenere che il reale impatto dei bonus edilizi sui conti pubblici sia limitato a una quota molto inferiore di quanto dichiarato. Negli ultimi mesi sono stati pubblicati diversi studi redatti da associazioni di categoria del mondo dell'edilizia e delle costruzioni o da istituti di ricerca. In particolare si segnalano:

     a) lo studio (luglio 2022) del Consiglio nazionale ingegneri aggiornato a fine giugno 2022 basato sulle tavole intersettoriali dell'economia italiana elaborate dall'Istat, nel quale si individua un moltiplicatore del reddito pari a 2,1 per stimare gli effetti diretti e indiretti sull'economia di ogni euro speso per bonus edilizi;

     b) lo studio (luglio 2022) condotto da Nomisma sull'impatto economico, ambientale e sociale del superbonus, anch'esso basato sulle tavole intersettoriali, che utilizza un moltiplicatore del reddito pari a 3,2 per stimare gli effetti diretto, indiretto e indotto delle spese del superbonus. Secondo Nomisma i 38,7 miliardi di euro investiti dallo Stato fino a giugno 2022 a titolo di copertura hanno generato un valore economico pari a 124,8 miliardi di euro. Dato confermato dall'aggiornamento del febbraio 2023 del medesimo studio in cui si sostiene che l'impatto economico complessivo è stato pari a 195,2 miliardi di euro, con un effetto diretto di 87,7 miliardi, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto;

     c) lo studio Ance dell'11 luglio 2022, in cui, per superare le criticità del modello delle tavole intersettoriali, si utilizza una metodologia basata su quanto avviene realmente in un cantiere edile, senza tener conto degli effetti indiretti e di quelli indotti. Lo studio stima a un'aliquota media del 47 per cento del ritorno per lo Stato in termini di gettito fiscale complessivo (Iva, Irpef, Ires, Inps e Inail) a partire da un capitolato tecnico-economico standard. L'aliquota è calcolata sul costo lordo statale e include le entrate contributive;

     d) il rapporto Censis (novembre 2022) nel quale, elaborando i dati Consiglio nazionale ingegneri, Enea e Istat, si calcola che tra l'agosto del 2020 e l'ottobre del 2022, per una spesa di 55 miliardi di euro in superbonus, che si converte in 60,5 miliardi di euro di detrazioni a carico dello Stato, c'è un incasso fiscale diretto in termini di Iva, Irpef e Ires di 42,8 miliardi. La spesa effettiva è valutata quindi in 17,6 miliardi di euro. Per il Censis, i 55 miliardi di euro ammessi a detrazione attivano un valore della produzione nelle filiere edilizia e dei servizi tecnici connessi pari a 79,7 miliardi di euro, un effetto diretto a cui si aggiungono 36 miliardi di euro di produzione attivati in altri settori dell'indotto;

     e) il Cresme, che nel XXXIII rapporto congiunturale sul mercato edilizio, nel giudicare positivamente gli effetti dei bonus edilizi dal lato dell'impatto sull'economia, chiarisce che tra il 2020 e il 2022 essi hanno avuto un peso sul prodotto interno lordo pari al 13,9 per cento (il più alto in Europa) e che la maxi detrazione ha contribuito con un +22 per cento alla crescita totale del prodotto interno lordo. Questo si è tradotto in 460 mila occupati in più nel 2022 rispetto al 2019;

     f) di particolare rilevanza, la ricerca pubblicata a fine dicembre 2022 dal Consiglio e dalla Fondazione nazionale dei commercialisti, nella quale si afferma che un euro speso per i bonus edilizi ha avuto un ritorno per le casse pubbliche di 43,3 centesimi, a cui vanno aggiunti gli effetti positivi sull'occupazione e sul reddito di famiglie e imprese. L'elemento significativo della ricerca è dato dal fatto che essa analizza in dettaglio la metodologia utilizzata della Ragioneria generale dello Stato nel redigere le relazioni tecniche dei provvedimenti che hanno disposto l'introduzione o la proroga di bonus edilizi, rilevando che esse appaiono caratterizzate sia da una significativa sottostima iniziale del costo lordo per lo Stato del superbonus 110 per cento, sia dall'adozione di un modello di calcolo che limita al solo 8,6 per cento le maggiori entrate indotte dalla spesa «aggiuntiva», schema che appare viziato da una prudenza eccessiva. Un duplice errore (sia in uscita che in entrata) che ha amplificato gli allarmi sulla tenuta dei conti pubblici;

    con il pacchetto «Fit for 55», presentato nel luglio 2021 e in corso di approvazione, nel 2030 dovremmo ridurre del 55 per cento le emissioni clima-alteranti per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Per quel che riguarda gli immobili, residenziali o produttivi, il pacchetto muove dalla constatazione che nell'Unione europea gli edifici rappresentano il 40 per cento del consumo finale di energia e il 36 per cento delle emissioni legate di gas serra legate all'energia e che sussiste un potenziale enorme in termini di riduzione delle emissioni;

    nell'ambito del pacchetto, la proposta di direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia, approvata il 9 febbraio 2023 dalla Commissione energia del Parlamento europeo, per poi essere approvata nella sessione plenaria del Parlamento del 13-16 marzo 2023 e poi andare al trilogo interistituzionale, prevede che tali immobili debbano tutti raggiungere la classe energetica «E» entro il 2030. Dopo altri tre anni, nel 2033, sarà necessario arrivare alla classe «D». Sono previste talune eccezioni, quali gli immobili vincolati o nei centri storici, le seconde case e le abitazioni con superficie inferiore a 50 metri quadri. Nella tabella di marcia è previsto gli Stati membri stabiliscono scadenze e sanzioni specifiche entro le quali gli edifici dovranno ottenere classi di prestazione energetica superiori, nonché misure finanziarie adeguate al raggiungimento degli obiettivi;

    l'80 per cento degli immobili residenziali esistenti in Italia rientra nelle classi energetiche più basse (E, F e G) e il 75 per cento degli edifici italiani è stato realizzato ante norme sismiche (1974). Secondo il Censis, nel 2021 2,8 milioni di nuclei familiari hanno dichiarato di vivere in abitazioni con problemi strutturali, 2,2 milioni di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione e 3,5 milioni di avere problemi di umidità;

    dai dati Ance-Nomisma presentati a luglio 2022 risulta che circa 483 mila beneficiari con reddito medio basso (sotto i 1.800 euro mensili), grazie al superbonus hanno potuto effettuare lavori di riqualificazione energetica alla propria abitazione. Si tratta del 32,6 per cento degli interventi sino ad allora effettuati. A fronte del congelamento della cessione dei crediti fiscali, di fatto solo i cittadini capienti potranno in futuro utilizzare il nuovo superbonus;

    il nostro Paese è tuttora privo di una politica strutturale dell'efficienza energetica degli edifici (nonché, per le nostre particolari caratteristiche geografiche, di adeguamento antisismico), in quanto il superbonus è sempre stata una norma congiunturale, potentissima e discutibile. Peraltro, inserita in un sistema agevolatorio che si è stratificato a partire dalla seconda metà degli anni '90, con gli obiettivi più disparati. Si è proceduto con aggiustamenti, proroghe, con modalità stop and go, mentre altri Paesi, come la Francia e la Germania, hanno avviato politiche coordinate, investendo risorse importanti;

    in Germania gli stanziamenti pubblici annuali a carico dello Stato per la decarbonizzazione e l'efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono lievitati dagli 8 miliardi di euro nel 2021 ai 13-14 miliardi del 2022 destinati a finanziare la riforma delle norme cosiddette «Beg» (federal support for efficient buildings) basata su tre pilastri – riqualificazioni parziali, ristrutturazioni totali dell'esistente e ricostruzione di nuovi edifici. La KfW (la Cassa depositi e prestiti tedesca), nell'ambito dei programmi per l'efficienza energetica, all'ottobre 2022 aveva già sottoscritto oltre 100 mila accordi (tra prestiti e sussidi a qualsiasi controparte) per 36,1 miliardi di euro;

    la Francia sostiene dal 2015 una politica di incentivazione per i lavori di ristrutturazione energetica degli immobili abitativi che consente di cumulare le molte agevolazioni statali fino al 90 per cento della spesa (a scalare in base al reddito, fino al 40 per cento per le famiglie con redditi più alti) e ancora di aggiungere ulteriori misure di sostegno locale, con il limite di non superare il 100 per cento della spesa. La legge sulla «transizione energetica per la crescita verde» prevede di riqualificare 500 mila unità immobiliari l'anno fino al 2050. Nel corso del 2019 le agevolazioni hanno consentito a 3,1 milioni di famiglie (il 20 per cento delle famiglie residenti in case unifamiliari) di completare almeno un intervento di riqualificazione energetica, per un totale di 28 miliardi di euro. Nel 2021 la legge «Clima e resilienza» ha introdotto un obbligo di riqualificazione degli edifici molto energivori, con l'obiettivo di ristrutturare tutte le unità abitative in classe F e G entro il 2028;

    è necessario che la transizione energetica in ambito edilizio sia accompagnata da programmi, fondi e risorse di sostegno per l'efficientamento degli edifici, mediante l'adozione di uno specifico piano a livello europeo e nazionale che abbiano come missione principale quella di finanziare la ristrutturazione edilizia profonda,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per la ristrutturazione edilizia in termini di razionalizzazione e semplificazione, anche tenendo conto delle esperienze maturate in altri Paesi dell'Unione europea, trasformando le misure prevalentemente congiunturali oggi esistenti in una rigorosa e strutturale spinta all'efficientamento del patrimonio edilizio residenziale, sotto il profilo energetico e sismico, realizzando un modello nel quale l'incentivo sia:

  a) direttamente proporzionale ai livelli di efficientamento (sismico e/o energetico) raggiunti dagli immobili, rispetto a quelli di partenza ante intervento;

  b) inversamente proporzionale al reddito del beneficiario con particolare attenzione ai cittadini incapienti e alle prime case, in tale ambito valutando il mantenimento dello sconto in fattura e della cessione del credito per i soggetti tributari incapienti o in regime forfettario e prevedendo, ove occorra, la creazione di un fondo di natura rotativa presso la Cassa depositi e prestiti, destinato all'erogazione di anticipazioni di durata decennale, a tasso agevolato, per la ristrutturazione antisismica e la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio detenuto dai soggetti incapienti o in regime forfettario;

2) ad adottare iniziative volte a dotare il sistema di incentivazione di cui al precedente impegno delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione del Fit for 55 per l'edilizia residenziale, inseriti nella direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia di prossima emanazione, intervenendo in sede di Unione europea affinché queste siano incrementate e coordinando l'utilizzo delle risorse europee disponibili con ulteriori risorse nazionali, anche al fine di consentire al comparto edilizio di mantenere gli attuali livelli di apporto al prodotto interno lordo e di generare le maggiori entrate necessarie a sostenere il processo di efficientamento;

3) ad adottare iniziative volte a prevedere un modello incentivante, accessibile anche a soggetti incapienti o in regime forfettario, per le ristrutturazioni e gli interventi edilizi privi di caratteristiche di efficientamento e adeguamento antisismico, al fine di evitare la creazione di una «economia non osservata» in ambito edilizio;

4) ad adottare iniziative per consentire ai soggetti che abbiano avviato procedimenti di acquisto, demolizione e ricostruzione di immobili, nonché di ristrutturazione di immobili in edilizia libera, non ancora contrattualmente definiti, di poter usufruire dello sconto in fattura o della cessione del credito, in presenza di preliminari già redatti o anticipi già versati;

5) a individuare uno specifico sistema di incentivazione per l'efficientamento energetico e sismico degli immobili produttivi, destinato ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con l'obiettivo di rilanciare l'economia nazionale, incrementando le attività nel comparto «trainante» del recupero energetico e antisismico del patrimonio edilizio, con ricadute positive sul comparto produttivo e sull'intera collettività;

6) a rivedere il modello con cui sono state redatte le relazioni tecniche relative alla copertura dei bonus edilizi introdotti a partire dal 2020 e a presentare al Parlamento una valutazione dell'impatto sui conti pubblici dei flussi di cassa fiscali e contributivi, diretti e indiretti, provenienti dal settore edile e dall'indotto, tenuto conto dalle analisi presentate dalle associazioni di categoria del mondo dell'edilizia e delle costruzioni o da istituti di ricerca, individuate in premessa;

7) ad adottare iniziative di competenza volte a sbloccare il mercato delle cessioni e, in particolare:

  a) valutando la possibilità di un'espressa deroga all'articolo 321 del codice penale in materia di sequestro preventivo, in cui si preveda l'esclusiva responsabilità in capo al soggetto originariamente beneficiario del credito d'imposta, senza coinvolgimento del terzo, di modo che i cessionari in buona fede estranei a ogni reato, in particolare tributario, commesso dai cedenti, non possano essere destinatari di provvedimenti di sequestro;

  b) consentendo la possibilità agli intermediari finanziari di frazionare per importi oltre che annualità i crediti da cedere ai propri correntisti non consumatori, in considerazione dell'alta affidabilità nella gestione documentale delle cessioni;

  c) consentendo agli intermediari finanziari di ampliare la propria capacità di acquisto, mediante utilizzo di una parte dei versamenti delle imposte da loro incassati con gli F24 a compensazione dei crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese, secondo criteri di proporzionalità diretta con la massa di crediti detenuti da ciascun intermediario e in misura non inferiore al 3 per cento del totale dei versamenti effettuati con gli F24;

  d) promuovendo la stipula di uno specifico accordo tra Governo, Associazione bancaria italiana, Cassa depositi e prestiti s.p.a., Poste italiane S.p.a. e le organizzazioni imprenditoriali, volto ad accelerare la circolazione dei crediti d'imposta, garantendo la sostenibilità del mercato delle cessioni per il sistema creditizio, definendo regole uniformi per valutare l'affidabilità dei cedenti, individuando procedure telematiche unificate e checklist documentali univoche, nonché adottando tassi di sconto massimi secondo il modello utilizzato da altre operazioni finanziarie come anticipo fatture o discount rate cap al fine di evitare attività speculative;

  e) valutando la possibilità di coinvolgere nel processo di smaltimento dei crediti fiscali «incagliati» anche le società partecipate dallo Stato, con particolare riferimento a Enel, Eni, Ferrovie dello Stato e Anas;

8) a promuovere il coinvolgimento degli ordini professionali competenti per materia nella stesura delle regole tecniche attuative in ambito sismico e/o energetico;

9) a fornire ogni utile elemento al Parlamento sull'entità dei crediti fiscali in scadenza nel 2022, che non sono stati utilizzati per incapienza dei soggetti titolari.
(1-00040) (Nuova formulazione) «Mazzetti, Cattaneo, Battilocchio, Mulè, Rubano, De Palma, D'Attis, Cannizzaro, Sorte, Squeri, Casasco, Sala, Gatta, Nazario Pagano, Tosi, Arruzzolo, Paolo Emilio Russo, Marrocco, Pittalis, Tassinari, Nevi, Saccani Jotti, Cortelazzo, Patriarca, Tenerini, Polidori, Orsini, Deborah Bergamini, Mangialavori, Calderone».

(17 gennaio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    l'incentivo cosiddetto superbonus 110 per cento, introdotto con l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «rilancio»), e il meccanismo della cessione del credito e sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del medesimo decreto-legge, fortemente voluti dal MoVimento 5 Stelle, hanno contribuito al vigoroso rilancio degli investimenti nel settore edilizio e a migliorare le prestazioni energetiche e sismiche degli edifici;

    grazie a tali misure, il settore edilizio ha rappresentato il principale motore di crescita negli ultimi due anni e ha occupato un terzo della crescita del prodotto interno lordo;

    nel 2021 il contributo del settore delle costruzioni alla formazione del prodotto interno lordo è stato pari al 27 per cento della crescita registrata (+6,7 per cento). La spinta è proseguita anche nel 2022 secondo gli ultimi dati pubblicati da Istat: nella media complessiva dell'anno, l'indice della produzione nelle costruzioni è aumento del 12,7 per cento rispetto al 2021;

    i dati pubblicati di recente da Nomisma evidenziano un incremento di oltre 600 mila occupati, con un effetto diretto di 87,7 miliardi di euro, 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto. Inoltre, la combinazione del bonus fiscale con lo strumento della cessione e sconto in fattura ha garantito l'accesso all'incentivo, contrariamente al passato, a 1,7 milioni di italiani con reddito medio-basso;

    sotto l'aspetto ambientale, secondo i dati rilevati da Enea nell'ultimo rapporto annuale sull'efficienza energetica, ammonta a 2.652 gigawattora all'anno il risparmio complessivo generato dagli investimenti effettuati attraverso i bonus edilizi dalla loro prima introduzione, che si traduce in una riduzione di 979.000 tonnellate di anidride carbonica e in un risparmio sulla bolletta per i cittadini di quasi 1.000 euro all'anno;

    le ultime rilevazioni dei dati da parte di Enea e degli operatori del settore evidenziano, tuttavia, un brusco calo del numero di asseverazioni e investimenti rispetto ai mesi precedenti che non lascia ben sperare per il futuro, anche alla luce degli ultimi provvedimenti adottati dal Governo;

    ad incidere sulla corsa agli incentivi sono state sicuramente le oltre 21 modifiche normative, che hanno scardinato l'originaria chiarezza e semplicità applicativa dello strumento della cessione del credito, oltre ad una campagna mediatica concentrata sulle presunte frodi fiscali (di cui solo in minima parte relative al superbonus) che ha ingenerato incertezze e preoccupazioni sulla stabilità degli strumenti;

    in un tale contesto si è giunti al progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti edilizi, rimasti «incagliati» nei cassetti fiscali di cittadini e imprese, per un valore di oltre 15 miliardi di euro di crediti inutilizzati;

    la drammatica carenza di liquidità che sta tormentando migliaia di famiglie e imprese richiede un intervento urgente al fine di risolvere l'incaglio dei crediti fiscali, attraverso misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale e a garantire la massima circolazione possibile dei crediti fiscali;

    in un tale contesto il Governo è intervenuto con il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11. Con il dichiarato fine di evitare «potenziali» effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, a decorrere dal 17 febbraio 2023 non è più possibile optare per lo sconto in fattura, né per la cessione del credito d'imposta, residuando unicamente la possibilità di beneficiare dell'incentivo mediante lo strumento della detrazione degli importi corrispondenti;

    il provvedimento da ultimo adottato non contiene disposizioni finalizzate a risolvere la problematica dei crediti «incagliati»;

    secondo i dati riportati dalle associazioni di settore, nella sola giornata del 17 febbraio 2023 (primo giorno di efficacia del decreto-legge) ci sono state oltre 6 mila richieste di annullamento di preventivi relativi a spese per interventi edili;

    il quadro regolatorio così definito rischia di determinare la «morte» dello strumento del superbonus e con esso di migliaia di imprese in conseguenza del blocco degli investimenti;

    in assenza dello strumento della cessione e dello sconto in fattura viene compromessa la stessa efficacia dei bonus edilizi, esponendo il Paese a danni economici e finanziari conseguenti al fallimento di migliaia di aziende e alla disoccupazione di migliaia di lavoratori;

    anche i nuovi obiettivi europei in tema di efficienza energetica impongono, invece, di preservare i bonus edilizi e gli strumenti dello sconto in fattura e della cessione del credito;

    nell'ambito del piano «Fit for 55», infatti, il Consiglio dell'Unione europea ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa, da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Unione europea di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;

    i target fissati dall'accordo in seno al Consiglio dell'Unione europea rappresentano una grossa opportunità per il nostro Paese in considerazione dello stato del patrimonio edilizio italiano. Il rapporto Enea sull'efficienza energetica rileva come gli edifici a destinazione d'uso residenziale risultino pari a 12,42 milioni, con quasi 32 milioni di abitazioni. Oltre il 65 per cento di tale parco edilizio ha più di 45 anni, ovvero è precedente alla legge n. 373 del 1976, prima legge sul risparmio energetico. Di questi edifici, oltre il 25 per cento registra consumi annuali da un minimo di 160 kilowattora per metro quadro all'anno ad oltre 220 kilowattora per metro quadro. In sostanza, il nostro Paese conta un parco immobili residenziali con oltre la metà degli immobili nelle classi energetiche peggiori (F e G);

    per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell'Unione europea in tema di prestazione energetica degli edifici, il settore edilizio assume una centralità strategica;

    per tale motivo diventa sempre più indispensabile una programmazione strutturale dei meccanismi di incentivo alla spesa per interventi di riqualificazione energetica e adeguamento sismico degli edifici, in grado di stimolare efficacemente gli investimenti e garantire la massima partecipazione dei cittadini;

    è opportuno intervenire anche sull'ambito oggettivo e soggettivo di applicazione, poiché molti soggetti, nonché diverse tipologie di edifici, ne rimangono tuttora esclusi. Sarebbe, dunque, auspicabile estendere la misura all'intero patrimonio immobiliare, senza limitazioni legate alla tipologia dell'immobile e alla sua destinazione, in considerazione della finalità della misura di riqualificare ed efficientare l'intero patrimonio immobiliare nazionale;

    è, altresì, determinante potenziare il sostegno agli investimenti attraverso la leva finanziaria individuando strumenti innovativi, anche alternativi a quelli bancari, tra cui i meccanismi di finanziamento, quali il crowdfunding e il direct lending, e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, per assicurare il massimo sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato,

impegna il Governo:

1) ad assumere ogni iniziativa utile allo sblocco di crediti fiscali «incagliati» ai danni di cittadini, imprese e istituti di credito, valutando, in considerazione del carattere emergenziale della carenza di liquidità creatasi, l'introduzione di misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale dei soggetti coinvolti o delle possibilità di compensazione, in particolare:

  a) valutando la possibilità di compensare i crediti fiscali acquisiti dagli istituti di credito con i debiti risultanti dalle deleghe di versamento F24;

  b) ampliando la possibilità di frazionamento del credito fiscale maturato anche in capo al primo beneficiario e nell'ambito delle singole rate annuali;

  c) consentendo al beneficiario della detrazione di utilizzare il corrispondente credito anche in compensazione F24;

  d) introducendo strumenti di controllo e certificazione idonei a garantire la genuinità del credito spettante nell'ambito delle cessioni, al fine di agevolare la circolazione dei crediti fiscali e semplificare le procedure di controllo, riducendo il rischio di contestazioni ex post a carico dei cessionari;

  e) valorizzando le competenze e la conoscenza del territorio da parte delle camere di commercio, delle associazioni rappresentative delle imprese e della rete territoriale dei confidi e degli intermediari finanziari, al fine di garantire la massima circolazione dei crediti fiscali maturati;

2) ad assumere iniziative finalizzate a stabilizzare i bonus edilizi connessi all'efficientamento energetico e all'adeguamento sismico degli edifici, ivi compresa la riattivazione del meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura a partire dalle fasce di reddito medio-basse e per gli interventi a maggiore impatto, attraverso una programmazione strutturale degli incentivi che sia coerente con il perseguimento degli ambiziosi obiettivi europei al 2030, cogliendo l'opportunità di migliorare le prestazioni energetiche e sismiche del patrimonio edilizio italiano;

3) ad accompagnare la programmazione strutturale di cui all'impegno n. 2) con un'adeguata programmazione finanziaria degli stanziamenti, anche attraverso l'ottimizzazione delle risorse oggetto di programmazione europea, tenendo altresì conto degli effetti positivi indotti dagli investimenti alla luce dei risultati già conseguiti negli anni 2021 e 2022;

4) ad adottare iniziative volte a introdurre misure finalizzate a potenziare la leva finanziaria anche attraverso l'introduzione di nuovi strumenti di finanza alternativa, da attuarsi mediante il ricorso a prodotti finanziari innovativi, tra cui i meccanismi di finanziamento, quali il crowdfunding e il direct lending e le forme di finanziamento di private equity e venture capital e altre soluzioni fintech, destinati ad assicurare il sostegno alle imprese e alle filiere produttive nei processi di rigenerazione urbana e riqualificazione energetica del patrimonio edilizio pubblico e privato;

5) a promuovere la partecipazione di ogni livello istituzionale, delle regioni e degli enti locali, anche stimolando l'istituzione di fondi dedicati e di strumenti di incentivo locali compatibilmente con il quadro finanziario locale e nazionale, al fine di garantire l'accesso agli incentivi edilizi e promuovere l'efficientamento e adeguamento sismico al livello territoriale;

6) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese e del mondo finanziario e bancario, al fine di monitorare la gestione degli strumenti, analizzare l'impatto della regolamentazione e rilevarne le criticità, promuovere le migliori pratiche e proporre iniziative normative, a tal fine utilizzando la funzione del Garante nazionale per le micro, piccole e medie imprese, e la rete dei garanti regionali, assicurandone l'attivazione nelle regioni che ancora non vi abbiano provveduto;

7) a prevedere l'introduzione di adeguati sistemi di monitoraggio dell'andamento dei bonus edilizi e dei crediti fiscali, in particolare:

   a) valutando l'opportunità di istituire un'apposita piattaforma elettronica di scambio tra gli operatori, mettendo in contatto domanda e offerta;

   b) introducendo sistemi di valutazione preventiva della capienza fiscale dei cessionari, evitando situazioni di incaglio;

   c) prevedendo l'impossibilità di acquistare crediti da parte dei cessionari con capienza fiscale limitata o che non diano adeguate garanzie di smaltimento del credito.
(1-00048) (Nuova formulazione) «Santillo, Fenu, Dell'Olio, Pavanelli, Torto, Pellegrini, Iaria, Raffa, Alifano, Lovecchio, Ilaria Fontana, Sergio Costa, Cappelletti, L'Abbate, Appendino, Todde, Morfino, Carmina, Donno, Fede».

(27 gennaio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    nel dicembre 2019 la Commissione europea ha presentato la comunicazione strategica sul Green Deal europeo per conseguire la neutralità climatica entro il 2050. Il Consiglio europeo con le conclusioni del 12 dicembre 2019 ha stabilito che tutte le politiche e normative dell'Unione devono essere coerenti con tale traguardo, successivamente sancito dalla normativa europea sul clima (regolamento (UE) 2021/1119), che ha introdotto un ulteriore obiettivo da conseguire entro il 2030, consistente in una riduzione delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990;

    il 14 luglio 2021, la Commissione europea ha quindi presentato un pacchetto di proposte legislative, denominato «Pronti per il 55%» (Fit for 55), volte a rivedere la normativa dell'Ue in materia di riduzione delle emissioni climalteranti, energia e trasporti, per consentire il raggiungimento del nuovo più ambizioso obiettivo al 2030;

    tra gli strumenti del Fit for 55 rivestono, tra le altre, particolare rilevanza la proposta di modifica della direttiva sull'efficienza energetica, che reitera il concetto di energy efficiency first (priorità all'efficienza energetica) con l'obiettivo di raggiungere una riduzione del 39 per cento) del consumo di energia primaria rispetto ai valori del 1990;

    gli interventi di efficientamento energetico del patrimonio immobiliare sono fondamentali sia per raggiungere l'obiettivo di piena decarbonizzazione riducendo l'uso delle fonti fossili, considerando che oltre il 60 per cento, del parco edilizio residenziale italiano (12,42 milioni di edifici) ha più di 45 anni e fa affidamento sul gas naturale come principale fonte di energia, sia per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili riducendo le dispersioni di calore e più in generale il fabbisogno energetico annuale dell'energia primaria per il riscaldamento, il raffrescamento, per la ventilazione e per la produzione di acqua calda sanitaria, con l'abbattimento dei costi di esercizio degli impianti domestici;

    la Componente C3 della «Missione 2» del PNRR, denominata «Rivoluzione verde e Transizione Ecologica», (alla quale sono destinati 15,22 miliardi, che salgono a 21,94 miliardi con il fondo complementare) ha come obiettivo quello di rafforzare il risparmio energetico incrementando il livello di efficienza degli edifici, una delle leve più virtuose per la riduzione delle emissioni come già avviato dalla misura conosciuta come «superbonus 110 per cento»;

    l'incentivo cosiddetto «superbonus 110 per cento» introdotto con l'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto decreto «Rilancio»), e il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del medesimo decreto-legge, hanno contribuito al forte rilancio degli investimenti nel settore edilizio e a ridurre in modo consistente i consumi energetici degli edifici;

    sulla base dei dati ENEA, si stima che, per i soli interventi di natura energetica legati al superbonus, al 31 maggio 2022 nel nostro paese sono stati attivati investimenti per oltre 30 miliardi di euro su oltre 172.000 edifici (di cui il 15,46 per cento condomini), i cui interventi hanno permesso la riqualificazione energetica di circa 40 milioni di metri quadri di edifici, di cui il 58 per cento rappresentato da condomini, con un risparmio di energia primaria di circa 5.650 gigawattora per anno, di cui circa il 63,4 per cento connesso ad interventi sulle superfici opache e trasparenti, la restante quota connessa agli impianti termici;

    l'ultimo rapporto «110% Monitor» divulgato il 21 febbraio 2023 da Nomisma, sulla base del patrimonio informativo proprietario e dall'analisi di fonte terze, pone in evidenza che – in uno scenario in cui si stima che in Italia il settore delle costruzioni consumi oltre il 30 per cento dell'energia primaria e sia responsabile di circa un terzo delle emissioni di gas serra – risulta particolarmente rilevante la riduzione totale delle emissioni di CO2 in atmosfera per effetto degli interventi sul patrimonio edilizio esistente attivati con il superbonus, con una percentuale media del 40 per cento del totale e con punte fino al 70 per cento nelle grandi città, con una stima in 1,42 milioni di tonnellate in meno;

    la riduzione dei consumi energetici per effetto degli interventi di efficientamento attivati tramite il superbonus, avrebbe un impatto diretto sul bilancio delle famiglie italiane, con risparmi complessivi pari a circa 29 miliardi di euro, considerando che per chi ha beneficiato della misura il risparmio medio in bolletta, anche tenuto conto del periodo straordinario di aumento dei costi dell'energia dovuti alla crisi internazionale, è risultato pari a 964 euro l'anno;

    lo stesso studio di Nomisma stima in 195,2 miliardi di euro l'impatto complessivo del superbonus 110 per cento sull'economia nazionale, con un effetto diretto di 87,7 miliardi – 39,6 miliardi di effetti indiretti e 67,8 miliardi di indotto – capace di generare un impatto sociale ha visto un incremento di 641.000 occupati nel settore delle costruzioni e di 351.000 in quelli collegati;

    secondo un'indagine prodotta dallo stesso istituto di ricerca a fine 2022, in caso di conferma del sistema degli incentivi anche per il 2023, sarebbero 10,3 milioni le famiglie ancora interessate a un intervento finalizzato all'efficientamento energetico di un immobile di proprietà e di queste, 4,6 milioni di famiglie, dichiaravano di aver già deciso o di aver intenzione di usufruire del superbonus. Inoltre a fronte di 3,5 milioni di famiglie che hanno già iniziato una fase esplorativa, 1,5 milioni dichiarava di aver già avviato i lavori o, addirittura, di aver già completato gli interventi;

    di fronte agli obblighi attesi dalla direttiva Ue sulle case green (entro il 2033 classe minima D) e agli impegni sulla neutralità climatica assunti in sede europea (emissioni zero al 2050), per sostenere la domanda di famiglie eterogenee sotto il profilo reddituale e fiscale, il meccanismo della cessione dei crediti con lo sconto in fattura – che ha rappresentato un importante sblocco del mercato anche in presenza di bonus – risulta insostituibile specialmente per interventi sui condomini, che rappresentano una quota significativa degli immobili meritevoli di ristrutturazione e opere di efficientamento energetico;

    l'incertezza applicativa e i continui interventi di modifica normativa intervenuti, hanno determinato il progressivo blocco del mercato delle cessioni dei crediti fiscali, rimasti incagliati nei cassetti fiscali di cittadini, imprese e di istituti di credito anche a fronte della limitata capienza fiscale, per un valore di oltre 19 miliardi di crediti inutilizzati, ponendo in gravissima difficoltà l'intero settore economico,

impegna il Governo:

1) ad adottare le iniziative di competenza volte al riordino del quadro degli incentivi e delle agevolazioni fiscali per il settore edilizio in vigore, con particolare riferimento alla stabilizzazione della misura di detrazione fiscale del superbonus nell'arco di almeno 10 anni, anche al fine del rigoroso rispetto degli obiettivi del Fit for 55 per l'edilizia residenziale pubblica e privata, prevedendo altresì percentuali di detrazione differenziate secondo le fasce di reddito e di destinazione dell'immobile a prima casa, anche tramite il rifinanziamento del Fondo nazionale per l'efficienza energetica di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102 con una quota da destinarsi esclusivamente agli interventi di edilizia residenziale pubblica;

2) a predisporre un piano d'intervento di lungo periodo per la ristrutturazione e la rigenerazione del patrimonio immobiliare pubblico e privato, operando un adeguato riequilibrio tra l'intervento pubblico e la partecipazione alle spese da parte dei privati, individuando un meccanismo incentivante di premialità graduato in ragione di indicatori e parametri che consentano di monitorare l'andamento degli interventi e valutarne l'efficacia nel corso del tempo;

3) ad adottare iniziative volte a realizzare una piattaforma nazionale di controllo per la libera circolazione dei crediti fiscali certificata dallo Stato, attraverso la quale il credito generato risulti garantito, in modo da semplificare i meccanismi di controllo, riducendo il rischio di frodi nei meccanismi di cessione;

4) ad assumere ogni iniziativa utile a sbloccare immediatamente i crediti fiscali incagliati, tenendo conto dell'emergenza in atto per imprese e cittadini che pur vantando crediti su lavori già effettuati, non riescono ad avere più liquidità, anche adottando, per quanto di competenza, misure straordinarie finalizzate all'ampliamento della capienza fiscale dei soggetti coinvolti o delle possibilità di compensazione su imposte e tributi di famiglie e imprese.
(1-00075) «Zanella, Evi, Bonelli, Borrelli, Dori, Fratoianni, Ghirra, Grimaldi, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(27 febbraio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    l'articolo 119 del decreto-legge n. 34 del 2020 (cosiddetto decreto Rilancio) ha introdotto una detrazione pari al 110 per cento delle spese relative a specifici interventi di efficienza energetica e di misure antisismiche sugli edifici, il cosiddetto «Superbonus 110 per cento». L'articolo 121 del medesimo decreto invece ha introdotto il meccanismo della cessione del credito e dello sconto in fattura per la quasi totalità degli interventi edilizi per cui è riconosciuto un credito d'imposta;

    la norma prevede che i soggetti che sostengono, negli anni 2020, 2021, 2022, 2023 e 2024, (solo per il superbonus dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2025) le spese per interventi edilizi sopra citati possono optare, in luogo dell'utilizzo diretto della detrazione spettante, alternativamente: a) per un contributo, sotto forma di sconto sul corrispettivo dovuto anticipato dai fornitori che hanno effettuato gli interventi e da questi ultimi recuperato sotto forma di credito d'imposta, cedibili ad altri soggetti; b) per la cessione di un credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari;

    dall'entrata in vigore del decreto innumerevoli sono state le modifiche apportate a tali articoli e alla normativa di riferimento, mettendo cittadini ed imprese in grande difficoltà. La disciplina dell'articolo 121, modificata da ultimo dall'articolo 9, comma 4-bis, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, prevedeva la possibilità di cedere il credito d'imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, senza facoltà di successiva cessione, fatta salva la possibilità di tre ulteriori cessioni solo se effettuate a favore di banche e intermediari finanziari iscritti all'albo di società appartenenti a un gruppo bancario iscritto all'albo ovvero di imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia;

    secondo i dati presentati dall'Enea nel suo rapporto sul Superbonus 110 per cento, al 31 agosto 2022, erano in corso 243.907 interventi edilizi incentivati, per circa 43 miliardi di investimenti ammessi a detrazione che porteranno a detrazioni per 47.3 miliardi di euro. Sono 35.321 i lavori condominiali avviati (66,9 per cento già ultimati), che rappresentano il 48 per cento del totale degli investimenti, mentre i lavori negli edifici unifamiliari e nelle unità immobiliari funzionalmente indipendenti sono rispettivamente 134.397 (72,8 già realizzati che rappresentano il 35,3 per cento del totale investimenti) e 74.184 (77,3 per cento realizzati che rappresentano il 16,7 per cento degli investimenti);

    la regione con più lavori avviati è la Lombardia (37.699 edifici per un totale di oltre 7.2 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione), seguita dal Veneto (30.553 interventi e 4.2 miliardi di euro d'investimenti) e dal Lazio (21.424 interventi già avviati e 4 miliardi di euro di investimenti);

    purtroppo molte sono state le «frodi» registrate. Le frodi riguardanti i bonus edilizi ammontano a 3,7 miliardi di euro e si concentrano soprattutto sull'ecobonus e sul bonus facciate, come risulta dall'audizione del Comandante generale della Guardia di finanza, Giuseppe Zafarana, nel corso dall'audizione presso la Commissione Finanze VI della Camera, che si è tenuta il 22 febbraio 2023;

    situazione che aveva indotto il Governo ad adottare misure antifrodi con interventi normativi specifici decreto che hanno introdotto l'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus diversi dal 110 per cento, nonché l'obbligo di assoggettare al visto di conformità anche l'utilizzo diretto del superbonus nella dichiarazione dei redditi; con il decreto-legge n. 4 del 2022 sono state vietate le cessioni «a catena» ritenendo legittimo un solo trasferimento;

    la conseguenza di una serie di fattori ha portato al blocco delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti delle imprese dei cittadini e degli istituti di credito per un valore di oltre 5 miliardi di crediti inutilizzati;

    l'ultimo intervento varato dal Governo in materia risulta essere il decreto-legge n. 11 del 2023, attualmente all'esame della Camera dei deputati, avente ad oggetto misure urgenti in materia di cessione dei crediti di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, nel quale si interviene essenzialmente su due specifici ambiti riguardanti i crediti d'imposta nel settore edilizio ed energetico: in primo luogo sono introdotte misure volte ad escludere la cedibilità dei crediti nei confronti delle pubbliche amministrazioni e ad eliminare, a far data dal 17 febbraio 2023, la possibilità di fruire di questi crediti d'imposta attraverso la cessione del credito e lo sconto in fattura. Il secondo aspetto concerne la responsabilità del terzo cessionario, rispetto alla quale sono introdotte alcune precisazioni volte a circoscrivere la responsabilità solidale del terzo cessionario di buona fede di un credito d'imposta del quale si rilevi l'indebita fruizione;

    la carenza di liquidità delle imprese del settore edile ha raggiunto livelli estremamente preoccupanti;

    per sbloccare questa drammatica situazione il Governo dovrebbe valutare la possibilità di mantenere in essere lo sconto in fattura senza ulteriore cessione da parte del fornitore che ha applicato lo sconto; valutare nel caso dei cosiddetti «superbonus e sismabonus» di aumentare da 5 a 10 anni il termine per portare in detrazione la somma specifica; valutare la possibilità di garantire un «cuscinetto temporale» per quelle pratiche edilizie consegnate in comune per il rilascio del titolo abilitativo specifico (permesso di costruire o Cilas) i cui lavori non risultano essere ancora iniziati a causa dell'ingente attività amministrativa e tecnica in capo ai comuni, prevedendo il termine del 31 marzo 2023 per l'inizio dei lavori per le sole pratiche edilizie già trasmesse nei termini di legge ai comuni;

    la situazione risulta totalmente fuori controllo, mentre sarebbe fondamentale mantenere tali incentivi visti i programmi ambiziosi dell'Europa in tema di efficienza energetica che permetterebbero di realizzare l'aumento dell'efficienza degli edifici dell'UE;

    si ricorda che nell'ambito del piano «Fit for 55», il Consiglio europeo ha raggiunto un accordo su una proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia. L'iniziativa trova le sue basi sui dati relativi alle emissioni in Europa da cui emerge come gli edifici siano responsabili del 40 per cento del consumo energetico e del 36 per cento delle emissioni dirette e indirette di gas a effetto serra legate all'energia. Per tale motivo, con l'obiettivo di ridurre le emissioni nell'Ue di almeno il 55 per cento entro il 2030, la proposta di revisione della direttiva, in discussione nei prossimi mesi, prevede che gli edifici residenziali con le peggiori prestazioni dovranno raggiungere almeno la classe E entro il 2030 e la classe D entro il 2033;

    sono sempre più necessarie iniziative e azioni che si concretizzino in misure che valorizzino la nostra storia, la nostra identità ed il nostro patrimonio architettonico ed edilizio esistente. Una particolarità questa, che si inserisce in maniera preponderante nella struttura portante del nostro Paese che è fatto da ben circa 5.500 piccoli comuni;

    bisogna tenere presente che le aree più marginali del nostro Paese, prevalentemente montane, senza concreti ed immediati interventi di politica e pianificazione territoriale ed economica, rischiano la completa desertificazione antropica, economica e sociale. Per queste aree, se i trend demografici non subiranno una decisa inversione di tendenza, si rischia la soglia del non ritorno. Territori abbandonati significa dissesto e problematiche territoriali e fisiche che hanno, e che avranno sempre più, costi rilevanti per il sistema Italia;

    per invertire la generale ed allarmante tendenza allo spopolamento dei territori marginali e del patrimonio edilizio, architettonico e paesaggistico occorre procedere celermente a concretizzare azioni e politiche di sistema in grado di promuovere e rilanciare il recupero abitativo e produttivo e lo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale di questi territori. Sempre più necessaria quindi una ridefinizione delle azioni e delle misure politiche nazionali in favore dei territori e dei cittadini residenti nelle aree più marginali, sia riguardo ai servizi sia allo sviluppo ed al mantenimento delle attività produttive e al recupero e riqualificazione dei fabbricati, sia a livello energetico che sismico e strutturale, che testimoniano le irrinunciabili peculiarità locali e tipicità italiane;

    questo percorso deve avviarsi partendo da una maggiore semplificazione delle procedure e attraverso una rivisitazione della strategia nazionale delle aree interne, anche nell'ottica di dare corpo alla direttiva europea di prossima approvazione e applicazione. Azioni, queste, che necessitano di una regia nazionale e che da una parte si concentrino sulle aree conurbate dei principali agglomerati residenziali e produttivi e dall'altra verso quelle aree in cui la desertificazione demografica è più evidente. «L'agenda del controesodo» per queste aree deve diventare una priorità e le misure a sostegno dell'edilizia e del recupero e riqualificazione del nostro patrimonio edilizio possono, anzi, devono diventare strumento strutturale dello sviluppo del Paese Italia;

    la costruzione di questa agenda presuppone una verifica, un rinnovamento e l'aggiornamento di tutte le politiche che ad oggi sono state indirizzate a sostenere la vasta tipologia dei comuni caratterizzati da agglomerazioni «minori» come i territori rurali e montani. Un'agenda del controesodo, quindi, in cui si declinino in maniera innovativa le seguenti tematiche: incentivi e premialità per il recupero e riqualificazione ambientale dei nostri borghi, agevolando l'associazionismo produttivo e commerciale; strategia per le «green communities» e la rigenerazione urbana; incentivi per sostegno alla residenza nei borghi e villaggi e riqualificazione del patrimonio edilizio; sostegno e per le attività produttive, il commercio e il turismo; misure di vantaggio fiscale; piena copertura e operatività della connettività e delle frequenze radio-televisive; semplificazione amministrativa e informatizzazione dei servizi resi ai cittadini e alle imprese per favorire l'insediamento soprattutto nelle aree più fragili,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative volte al complessivo riordino del sistema di incentivazione per il restauro e risanamento conservativo e la ristrutturazione edilizia, definendo modalità strutturali finalizzate alla semplificazione tecnico-amministrativa, in modo da generare e mettere in campo misure strutturali per favorire le azioni di efficientamento energetico e sismico del patrimonio edilizio residenziale;

2) ad adottare iniziative di competenza volte a tenere conto, con riferimento all'applicazione della direttiva europea sulla prestazione energetica nell'edilizia, della valenza storica, architettonica e paesaggistica del nostro patrimonio edilizio, intervenendo in sede di Unione europea affinché le risorse previste vengano incrementate adeguatamente, e coordinando l'utilizzo delle future risorse europee disponibili con quelle ordinarie nazionali, al fine di mantenere efficiente un comparto strategico per il nostro Paese;

3) ad adottare iniziative volte a favorire il recupero del patrimonio edilizio esistente abbandonato o sotto utilizzato, al fine di contrastare in qualsiasi modo la desertificazione dei borghi e villaggi soprattutto dei piccoli comuni, prevedendo misure incentivanti anche per gli interventi edilizi privi di caratteristiche di efficientamento e adeguamento antisismico, al fine di agevolare ai fini residenziali il ripopolamento dei territori più marginali;

4) ad adottare iniziative volte a contrastare la desertificazione dei borghi e villaggi, non solo a fini residenziali di cui al precedente impegno n. 3) ma anche per individuare specifici sistemi incentivanti per la collocazione nel patrimonio edilizio esistente, di piccole attività commerciali, produttive, artigianali e di ricettività diffusa, nonché misure di incentivazione per l'efficientamento energetico e sismico degli immobili produttivi esistenti in generale destinati ai soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni, con l'obiettivo di rilanciare interi comparti virtuosi del nostro Paese;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a sbloccare il mercato delle cessioni secondo modalità coerenti con le strategie e indicazioni dell'Unione europea o altri enti, adottando anche iniziative volte a semplificare le procedure documentali amministrative e tecniche;

6) a valutare la possibilità di mantenere in essere lo sconto in fattura senza ulteriore cessione da parte del fornitore che ha applicato lo sconto;

7) a valutare la possibilità, nel caso dei cosiddetti «superbonus e sismabonus», di aumentare da 5 a 10 anni il termine per portare in detrazione la somma specifica;

8) a valutare la possibilità di garantire un «cuscinetto temporale» per quelle pratiche edilizie consegnate in comune per il rilascio del titolo abilitativo specifico (permesso di costruire o Cilas) i cui lavori non risultano essere ancora iniziati a causa dell'ingente attività amministrativa e tecnica in capo ai comuni, prevedendo il termine del 31 marzo 2023 per l'inizio dei lavori per le sole pratiche edilizie già trasmesse nei termini di legge ai comuni;

9) a favorire la massima partecipazione delle associazioni rappresentative delle imprese, delle arti e professioni, dei comuni e del mondo finanziario e bancario, al fine di creare un tavolo di regia permanente in materia di riqualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio esistente del nostro Paese.
(1-00076) «Manes, Schullian, Gallo».

(27 febbraio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    gli interventi di supporto alle ristrutturazioni edilizie sono, fin dalla loro introduzione, un sostegno fondamentale al settore, erogato tramite credito d'imposta al contribuente, con diverse varianti introdotte nel corso degli anni, al fine di sostenere il comparto e migliorare il patrimonio edilizio nazionale dal punto di vista dell'efficienza energetica e antisismica;

    i presupposti normativi si sono andati modificando nel tempo, tramite la differenziazione nell'ambito di applicazione e nei requisiti oggettivi per l'accesso ai benefìci, pur mantenendo sempre un carattere di supporto alle scelte dei cittadini in un quadro di regolarità e certezza che dava direzione e stabilità al mercato;

    tali fondamentali caratteristiche di univoca direzione e stabilità del mercato sono state, come noto, stravolte con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il quale ha, da un lato, innalzato la percentuale di detrazione fino al 110 per cento e, dall'altro, introdotto – senza ponderare adeguatamente le conseguenze di tale scelta – la facoltà di cessione illimitata del credito d'imposta;

    le nuove misure, che si sono sovrapposte alla misura principale già mutata nel corso dei 14 anni di adozione, hanno ovviamente comportato un notevole ampliamento della platea e degli interessi economici coinvolti, con la conseguenza che si sono rese necessarie continue messe a punto di chiarimenti e procedure, ingenerando una serie di incertezze nel mercato e rendendo meno appetibili anche le misure precedenti, pur garantendo un enorme aumento degli investimenti, fino a giungere alle cifre dell'ultima nota di aggiornamento del documento di economia e finanza;

    l'ampliamento della facoltà di utilizzo della cessione del credito ha poi determinato una grande movimentazione dei crediti d'imposta, che hanno, di fatto, attribuito un ruolo centrale agli istituti di credito, i quali, almeno inizialmente e fino all'esaurimento dei loro spazi fiscali, hanno fornito liquidità alle aziende e ai cittadini;

    tuttavia, la grande mole di interventi posti in essere in tempi relativamente brevi, a seguito dell'ampliamento della platea e della casistica, ha determinato effetti distorsivi sui mercati relativamente alla disponibilità di materiali e risorse professionali e imprenditoriali, mentre la necessità di rivedere e modificare le norme, al fine di sopperire alle lacune che via via questo nuovo e importante carico metteva in evidenza, ha creato non poche difficoltà applicative, determinando una situazione complessa che ha aggravato il carico di lavoro delle strutture deputate al controllo e comportato incertezze che gravavano e gravano sulle famiglie e sulle imprese coinvolte;

    la possibilità di cessione libera e indiscriminata, introdotta dall'articolo 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, cosiddetto «rilancio», ha in ultima analisi moltiplicato le occasioni di comportamenti fraudolenti che, secondo quanto dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate il 2 marzo 2023 in audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati, hanno prodotto ben 9 miliardi di crediti irregolari finora individuati;

    a seguito di tali criticità e man mano che esse emergevano, creando dubbi sulla sostenibilità della misura dal punto di vista finanziario, si sono susseguiti, solo in relazione al sistema di incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus e fotovoltaico di cui agli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «superbonus»), 19 modifiche legislative in poco più di due anni e, di queste, ben 14 hanno riguardato il regime e le modalità che concernono la disciplina della cessione del credito/sconto in fattura, di cui all'articolo 121 del citato provvedimento legislativo;

    con l'introduzione delle disposizioni previste dal decreto-legge 11 novembre 2021, n. 157, poi assorbito dalla legge 30 dicembre 2021, n. 234, a partire dall'obbligo dell'asseverazione di congruità delle spese e del visto di conformità anche per la cessione di bonus alternativi a quello previsto dagli articoli 119 e seguenti del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, in combinato con l'articolo 28 del decreto-legge n. 4 del 2022, che vieta le cessioni plurime per i bonus legati a interventi edilizi, ritenendo consentito, oltre allo sconto in fattura, un solo trasferimento, si è determinato il progressivo rallentamento delle cessioni dei crediti fiscali detenuti nei cassetti dei beneficiari e delle imprese operanti nel settore;

    inoltre, una serie di circolari interpretative dell'Agenzia delle entrate e alcune sentenze della Corte di cassazione, in merito alla solidarietà delle responsabilità dei cessionari e della sequestrabilità dei crediti presso i terzi in buona fede, hanno aggravato la situazione, comportando il totale blocco delle cessioni;

    ciò ha consentito di porre rimedio a una situazione potenzialmente dirompente per i conti pubblici e nel contempo ha introdotto limiti nel mercato della cessione dei crediti, precisato le responsabilità amministrative e penali in capo ai vari soggetti, chiarendo i rischi connessi alle singole operazioni, generando nel mercato una maggiore prudenza nella valutazione dei crediti stessi;

    tale stretta e il conseguente «raffreddamento» del mercato nei confronti delle cessioni hanno lasciato cittadini e imprese con i cassetti fiscali saturi di crediti e carenza di liquidità, di fatto paralizzando il mercato e frenando interventi e sviluppo;

    nonostante una serie di successivi interventi legislativi posti in essere per riaprire il mercato e rilanciare lo strumento della cessione del credito, attraverso il decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 gennaio 2023, n. 6, che ha inserito la possibilità, a fronte di singola cessione al terzo, di ulteriori tre da effettuarsi in favore di istituti di credito e intermediari finanziari, introducendo anche, per questi ultimi, la facoltà di ulteriore cessione ai correntisti titolari di partita Iva, accompagnati da una serie di proroghe e da un alleggerimento delle disposizioni in materia di responsabilità solidale, non si è riusciti ad invertire la tendenza di un mercato ormai sfiduciato e confuso, anche perché, nel frattempo, la capienza fiscale degli istituti di credito, la maggioranza dei quali anche irrigiditi dall'aleatorietà della disciplina, si era pressoché esaurita, come attestato anche dalla relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul sistema bancario e finanziario resa al termine della XVIII legislatura;

    secondo una analisi della Cna del dicembre 2022, è esplosa la percentuale di imprese che, da almeno cinque mesi, si trovano ad avere un «cassetto fiscale» pieno: attualmente, sfiora il 75 per cento, mentre nella precedente rilevazione era a quota 35 per cento, e il numero di imprese che hanno in pancia crediti per valori superiori a 100 mila euro è passato dal 45 al 54,5 per cento del totale; ciò ha determinato una mancanza di liquidità che si riflette in ritardati pagamenti verso fornitori, erario e dipendenti;

    secondo gli ultimi dati il costo complessivo dei bonus edilizi è stato di circa 120 miliardi di euro, 48 miliardi in più rispetto alle stime iniziali; di questi 120 miliardi, circa 60 per cento riguardano il superbonus, il 16 per cento il bonus facciate e il rimanente gli altri sconti edilizi; gli immobili interessati dal superbonus alla data del 31 gennaio 2023 sono circa 372 mila;

    sempre i dati dicono che il superbonus – che ha contribuito, secondo l'Enea, ad interventi di efficientamento solamente per l'1,5 per cento del totale dei condomini italiani – è stata una misura sostanzialmente iniqua: solamente il 14 per cento degli interventi ha riguardato condomini e il 58 per cento ha riguardato villette unifamiliari. Lo Stato ha regalato a ciascuna delle 215 mila famiglie che hanno ristrutturato le loro villette (meno dell'1 per cento delle famiglie italiane) oltre 125 mila euro;

    inoltre, il fatto che il superbonus coprisse più del 100 per cento della spesa ha determinato tra gli agenti economici il venir meno del contrasto di interessi tra acquirente e fornitore del servizio;

    l'Ufficio parlamentare di bilancio, in audizione presso la Commissione finanze e tesoro del Senato in data 2 marzo 2023, ha confermato che, a fronte di un peso sul deficit 2021-2022 pari a 67,5 miliardi di euro, l'impatto netto cumulato sul prodotto interno lordo del biennio corrispondente è quantificabile in un incremento approssimativamente 19 miliardi di euro;

    a queste stime si aggiunge il problema dell'inquadramento temporale del deficit nel bilancio dello Stato; secondo Eurostat il superbonus, pur non costituendo debito pubblico, andrebbe ad impattare sul deficit dello Stato, infatti l'Ufficio statistico dell'Unione europea ha stabilito che i crediti fiscali derivanti dai bonus edilizi sono classificati come pagabili, e quindi l'impatto dovrebbe essere contabilizzato nell'anno in cui si è svolta l'attività che fa nascere il credito;

    le tesi di Eurostat, confermate da Istat, derivano dalla maggiore trasferibilità del credito, la quale aumenta le possibilità che il credito sia utilizzato, con aumento della probabilità di mancate entrate fiscali per lo Stato;

    come accennato sopra, in Italia anche l'Istat, il 1° marzo 2023, ha valutato pagabili i crediti maturati con il superbonus 110 per cento e con il bonus facciate a partire dal 2020, i quali quindi andranno registrati come spesa pubblica, per l'intero ammontare, nel momento del sostenimento della spesa dell'investimento agevolato;

    con l'ultimo decreto-legge adottato dal Governo, mentre, da un lato, si tenta, per il futuro, di riportare in sicurezza il sistema dei conti pubblici e ricondurre il sistema degli incentivi fiscali nella categoria delle tax expenditures e non dello strumento finanziario, spaventando però ulteriormente il mercato e irrigidendo maggiormente il sistema creditizio, d'altra parte nulla si prevede per risolvere i problemi che le disposizioni fin qui vigenti hanno ingenerato per il pregresso;

    pur considerando infatti che la misura in esame e, più in generale, i crediti fiscali rappresentano una facoltà e non un diritto, e dunque si debba imputare ai soggetti politici che hanno contribuito a diffondere una visione distorta del sistema delle detrazioni d'imposta la responsabilità e le conseguenze di tale fraintendimento da parte dei soggetti interessati, va considerato che il citato decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto «decreto rilancio»), e le successive e reiterate misure adottate dal Parlamento e dai Governi che si sono succeduti hanno contribuito a creare un legittimo affidamento di famiglie, imprese ed istituti di credito, a cui occorre dare una risposta;

    appare necessario evitare che una misura pensata per sostenere le imprese, distribuire ricchezza e riqualificare il patrimonio edilizio nazionale possa determinare, da una parte, per molte aziende, soprattutto le più piccole, mancanza di liquidità o gravi perdite di crediti, fino alla compromissione del patrimonio e della loro stessa operabilità, e, dall'altra, per le famiglie, che avevano colto l'occasione che la legge consentiva loro per riqualificare il loro immobile, l'incubo di un indebitamento imprevisto che le trascini in situazioni di difficoltà e contenzioso, con progetti avviati e mai conclusi in capo ad un bene primario come la casa,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative volte a prevedere la possibilità da parte di Poste italiane e degli istituti di credito di utilizzare le somme incassate per il pagamento degli F24 dei contribuenti al fine di compensare i crediti fiscali già maturati e loro ceduti, introducendo, in tale modo, una nuova e aggiuntiva modalità di utilizzo in compensazione dei crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi di cui all'articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (cosiddetto «decreto rilancio»), acquistati dalle banche e da Poste italiane spa e ponendo rimedio alle difficoltà derivanti dalla quantità di crediti acquisiti dalle imprese e dai cittadini, con particolare riferimento ai soggetti incapienti, che gli stessi non riescono a cedere anche per effetto dell'esaurita capacità di compensazione con debiti fiscali e contributivi dei potenziali compratori;

2) ad adottare iniziative volte ad un complessivo riordino, per il futuro, del sistema delle agevolazioni fiscali e delle detrazioni in relazione agli interventi edilizi, al fine di perseguire il livello ottimale di riqualificazione energetica e sismica del patrimonio edilizio nazionale in funzione dei costi, garantendo particolare attenzione ai soggetti economicamente più deboli e alle situazioni di maggiore disagio e avviando un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e gli ordini professionali;

3) ad adottare iniziative di competenza affinché, in attesa di un complessivo riordino della disciplina, possa essere ripristinato lo sconto in fattura e la cessione del credito per gli interventi relativi all'abbattimento delle barriere architettoniche, a quelli messi in campo dagli enti del terzo settore e a quelli relativi agli edifici che insistono sui territori dei comuni dei crateri del sisma del Centro Italia;

4) ad avviare una complessiva analisi tecnico-contabile che consenta di avere numeri certi e documentabili relativamente alle cifre riguardanti l'utilizzo delle singole disposizioni in materia di bonus edilizi, onde poter affrontare compiutamente ed analiticamente il problema dei crediti pregressi «incagliati» e degli spazi fiscali esauriti o in esaurimento, fornendo al Parlamento una valutazione compiuta dell'impatto sui conti pubblici dei flussi di cassa fiscali e contributivi, diretti e indiretti, provenienti dal settore edile e dall'indotto.
(1-00087) «Del Barba, Richetti, Marattin, Enrico Costa, Gadda, Grippo, Sottanelli, Ruffino».

(8 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    nel corso degli ultimi due decenni sono state introdotte numerose agevolazioni fiscali volte alla realizzazione di obiettivi di riqualificazione energetica e di recupero edilizio del patrimonio immobiliare;

    le citate agevolazioni consistono nella possibilità di detrarre dall'imposta le spese sostenute per l'intervento edilizio e sono state oggetto di numerose proroghe nel corso degli anni, nonché di modifiche, spesso sostanziali, che hanno inciso sulle aliquote, sui limiti di spesa, sugli ambiti oggettivi e soggettivi ammessi all'agevolazione;

    secondo l'Ufficio parlamentare di bilancio, che ha analizzato l'utilizzo effettivo delle detrazioni Irpef per ristrutturazioni edilizie e per risparmio energetico e la loro evoluzione negli anni, nel 2008 il totale delle detrazioni fruite era pari a 2,6 miliardi di euro, di cui 1,8 per ristrutturazioni e 0,8 per efficientamento energetico; a distanza di poco più di un decennio l'ammontare totale delle detrazioni è quadruplicato raggiungendo nel 2020 la cifra di 9,9 miliardi di euro, di cui 7,9 per ristrutturazioni e 2 miliardi per efficientamento energetico;

    le agevolazioni edilizie, inoltre, hanno subito un significativo potenziamento con le norme introdotte nella XVIII legislatura, con il cosiddetto superbonus, volto a rafforzare gli incentivi pubblici con una detrazione pari al 110 per cento per gli interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico e ad ampliare la platea dei beneficiari delle agevolazioni di tutti gli interventi di riqualificazione edilizia;

    per superare i problemi che limitano la possibilità di fruire dell'agevolazione a quei contribuenti con vincoli di liquidità nel finanziare l'intero importo dei lavori e con un reddito imponibile non sufficientemente elevato per godere della detrazione (incapienza fiscale), sono state previste due modalità di fruizione delle agevolazioni edilizie (estese sia agli interventi che beneficiano del superbonus, sia a tutti gli altri interventi di ristrutturazione edilizia e di efficientamento energetico e sismico previgenti) alternative alle detrazioni: lo sconto in fattura applicato dal fornitore e la trasformazione della detrazione in credito d'imposta cedibile ad altri soggetti, compresi gli operatori del sistema finanziario;

    la complessità nella gestione delle procedure autorizzative per beneficiare del superbonus ha determinato, unitamente alla gestione della cessione del credito, una certa inerzia nell'aderire alla misura nei primi mesi di implementazione, in particolare nel corso del 2020;

    con gli interventi che hanno in seguito snellito l'iter autorizzativo e agevolato l'avvio dei lavori, il ricorso al superbonus è risultato in definitiva nettamente superiore rispetto alle previsioni formulate originariamente nelle relazioni tecniche dei provvedimenti; a fronte di una stima iniziale di quasi 10 miliardi di euro l'anno di investimenti finalizzati all'efficientamento energetico, i lavori agevolati (ammessi a detrazione) hanno raggiunto al 31 gennaio 2023 – secondo i dati di monitoraggio diffusi dall'Enea – 65,2 miliardi di euro complessivi, di cui circa 50 miliardi relativi a lavori realizzati; a questi corrispondono detrazioni/crediti di imposta per quasi 72 miliardi di euro;

    relativamente all'ammontare dei crediti presenti sulla piattaforma cessioni dell'Agenzia delle entrate, il Ministro dell'economia e delle finanze, in risposta ad un'interrogazione in Aula presso la Camera dei deputati, ha rilevato che, secondo i dati in possesso dell'Agenzia per il periodo ottobre 2020-novembre 2022, l'ammontare dei crediti è pari 99,4 miliardi di euro, di cui: 52,1 relativi al superbonus 110 per cento, 24,8 miliardi relativi al bonus facciate e 22,5 miliardi relativi a altri bonus edilizi;

    secondo alcune stime, i crediti di imposta «incagliati» nell'ambito dei bonus immobiliari ammontano a circa 15 miliardi di euro; una cifra che necessita di un intervento urgente per dare risposta a tutte quelle realtà imprenditoriali in crisi di liquidità che rischiano il fallimento, lasciando migliaia di lavoratori del settore edile senza occupazione: invece, il decreto-legge 16 febbraio 2023, n. 11, attualmente all'esame della Camera dei deputati, è intervenuto in modo estemporaneo e non selettivo per bloccare la possibilità di cessione dei crediti e di utilizzare lo sconto in fattura per tutti i nuovi interventi, di fatto penalizzando tutti coloro che non hanno sufficienti mezzi finanziari per sostenere le spese;

    lo stratificarsi di previsioni normative ha creato incertezza nel quadro regolatorio ed è ora necessario un riordino volto a razionalizzare gli incentivi esistenti secondo una visione di lungo periodo, dando stabilità e certezza ai tempi di programmazione, effettuando una selezione degli interventi e dei soggetti da agevolare, in modo da contemperare le esigenze di equità, i vincoli di finanza pubblica, la transizione energetica e tecnologica, anche alla luce della proposta di revisione della direttiva sulla prestazione energetica nell'edilizia presentata dalla Commissione europea, che ha come obiettivo le emissioni zero entro il 2030 per tutti gli edifici nuovi ed entro il 2050 per quelli esistenti, per conseguire il quale gli Stati membri potranno prevedere incentivi finanziari di varia natura anche a valere sulle risorse disponibili stabilite a livello dell'Unione europea;

    negli ultimi anni numerosi studi promossi da soggetti istituzionali hanno evidenziato che, a fronte della spesa sostenuta, sono stati considerevoli gli effetti in termini di crescita (il XXXIII Rapporto congiunturale e previsionale del Cresme, che ha analizzato il settore delle costruzioni ha rilevato che il superbonus 110 per cento ha dato un contributo del 22 per cento alla crescita totale del prodotto interno lordo) e di risparmio energetico (secondo il Censis il risparmio garantito dai bonus edilizi degli ultimi anni sfiora i 2 miliardi di metri cubi di gas, pari a più di 2/3 del risparmio di gas previsto dalle misure di riduzione dei consumi per il settore domestico varate ad agosto 2022 per far fronte all'emergenza attuale);

    alla luce di quanto esposto finora è evidente che la prosecuzione degli interventi per l'efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica del patrimonio immobiliare nazionale possono costituire un'opportunità per migliorare le prestazioni energetiche degli immobili e rinnovare un patrimonio immobiliare avente caratteristiche uniche al mondo attraverso un'ulteriore azione di politica industriale che favorisca lo sviluppo di materiali e processi innovativi, garantendo un effetto moltiplicativo in termini di abbattimento dei consumi energetici e delle emissioni, maggiore sostenibilità urbana, ambientale e sociale e concorso agli obiettivi di contrasto alla crisi climatica,

impegna il Governo:

1) ad adottare nell'immediato le iniziative di competenza volte a risolvere con urgenza il problema dei cosiddetti crediti «incagliati», ossia quelli comunicati all'Agenzia delle entrate e non ancora utilizzati;

2) a riaprire almeno selettivamente l'opzione dello sconto in fattura e della cessione del credito secondo parametri che tengano conto della situazione reddituale del beneficiario e delle esternalità positive dell'intervento da effettuare, come nel caso dei condomini e degli immobili con classe energetica più bassa;

3) ad adottare le iniziative di competenza per prorogare la scadenza per l'invio dell'opzione di cessione del credito all'Agenzia delle entrate per le spese effettuate fino al 31 dicembre 2022, al fine di salvaguardare i soggetti che affrontano difficoltà nella cessione dei crediti;

4) ad adottare le iniziative di competenza volte al riordino e alla razionalizzazione degli incentivi, dando una stabilità alle misure per un periodo congruo a consentire una programmazione degli interventi, anche in un'ottica di gestione ordinata degli effetti delle misure che saranno approvate in sede europea con la direttiva «case green», prevedendo che tali strumenti siano commisurati a criteri di efficacia e di equità, tenendo conto dell'utilità per la collettività dell'intervento, come nel caso del sismabonus, dell'efficientamento energetico degli immobili con più basse prestazioni, dell'abbattimento delle barriere architettoniche e delle caratteristiche del beneficiario, a partire dagli edifici adibiti ad edilizia residenziale pubblica, che spesso coincidono con quelli abitati da famiglie in condizioni di povertà, dai redditi più bassi, dal terzo settore.
(1-00088) «Merola, Ubaldo Pagano, Simiani, D'Alfonso, Stefanazzi, Toni Ricciardi, Tabacci, Fossi».

(8 marzo 2023)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE DI COMPETENZA IN RELAZIONE ALLA VICENDA NOTA COME «QATARGATE»

   La Camera,

   premesso che:

    il più grave scandalo che l'Unione europea abbia finora mai vissuto, che i media hanno impropriamente definito «Qatargate»,, scoppia il 9 dicembre 2022 quando la polizia belga, su mandato del giudice istruttore Michel Claise, richiama a Bruxelles la vice presidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, al fine di perquisire sia la sua abitazione che il suo ufficio, oltre che abitazioni e luoghi di lavoro di altre persone sulle quali l'anticorruzione del Belgio aveva avviato un'indagine partita a luglio dello stesso anno;

    le perquisizioni della polizia belga hanno portato ad otto arresti, ovvero quello della vice presidente del Parlamento europeo Eva Kaili (Movimento socialista panellenico), del suo assistente Francesco Giorgi, dell'ex parlamentare europeo (membro del Partito democratico fino al 2017 e di Articolo 1 fino al 2022) ed ex segretario generale della camera del lavoro di Milano Antonio Panzeri (insieme alla moglie e alla figlia), di Luca Visentini, segretario della Confederazione internazionale dei sindacati (poi rilasciato) e di Niccolò Figà-Talamanca, capo dell'organizzazione non governativa «No Peace Without Justice», ora in libertà vigilata;

    per tutti i soggetti arrestati l'accusa è di corruzione, riciclaggio, associazione a delinquere;

    nella sua indagine, il giudice istruttore Claise ha mirato al cuore di un sistema basato sulla contiguità tra politici e lobbisti, sul confine tra diplomazia e interesse, sulla relazione tra potere, ideali, denaro;

    oltre che essere stato un deputato del Parlamento europeo e segretario della Camera del lavoro di Milano, Antonio Panzeri risulta essere il fondatore della «Fight Impunity», ovvero una organizzazione non governativa con il fine dichiarato di promuovere i diritti umani ed organizzare eventi che, stando a quanto emerso dalle indagini della polizia belga, è stata utilizzata da tramite per facilitare il riciclaggio di fondi illeciti, mettendo così in discussione la legittimità e l'integrità delle organizzazioni non governative affiliate a determinati gruppi politici o deputati al Parlamento europeo;

    nell'abitazione del Panzeri, la polizia belga ha trovato 600 mila euro in contanti, computer e telefoni cellulari, mentre in quella di Kaili e Giorgi sono stati rinvenuti 150 mila euro in contanti, ai quali vanno sommati ulteriori 600 mila euro trovati all'interno di un trolley che il padre della Kaili, Alexandros Kaili, ha tentato di portar via dall'hotel Sofitel di Place Jourdan di Bruxelles prima di essere fermato dalla polizia;

    in totale, le operazioni di sequestro delle autorità belghe ammontano a 1,5 milioni di euro;

    secondo gli inquirenti i Paesi di provenienza di tali fondi sarebbero il Qatar ed il Marocco;

    sempre secondo la pista investigativa, tra le priorità del Qatar, vi erano i campionati mondiali di calcio, in preparazione dei quali la leadership avrebbe manifestato forti preoccupazioni per gli echi mediatici relativi a condizioni asseritamente proibitive di lavoro, oltre che ai frequenti casi di incidenti mortali sul lavoro;

    quanto al Marocco, vi era l'interesse di Rabat alla questione del Sahara occidentale, di cui rivendica la sovranità;

    nel corso degli interrogatori cui sono stati sottoposti, sia Antonio Panzeri che Francesco Giorgi hanno fatto ulteriori nomi di persone che sarebbero coinvolte nello scandalo, ovvero i parlamentari europei Antonio Cozzolino del Partito democratico e Marc Tarabella del Partito socialista;

    in data 2 febbraio 2023, il Parlamento europeo in seduta plenaria ha votato a favore della revoca dell'immunità sia di Cozzolino che di Tarabella, i quali, conseguentemente, sono stati posti in stato di arresto,

impegna il Governo:

1) nelle competenti sedi europee a sostenere ogni iniziativa utile al contrasto della corruzione e una necessaria regolamentazione delle attività di lobby;

2) ad agire, nelle sedi opportune e, se del caso, secondo le procedure previste dalla giurisdizione belga, al fine di costituirsi come parte civile nel procedimento penale in essere, per la salvaguardia e tutela dell'immagine dell'Italia nel contesto internazionale;

3) ad aggiornare il Parlamento in merito agli sviluppi della vicenda di cui in premessa.
(1-00071) (Nuova formulazione) «Foti, Messina, Gardini, Antoniozzi, Ruspandini, Almici, Ambrosi, Amich, Amorese, Baldelli, Benvenuti Gostoli, Buonguerrieri, Caiata, Calovini, Cangiano, Cannata, Caramanna, Caretta, Cerreto, Chiesa, Ciaburro, Ciancitto, Ciocchetti, Colombo, Colosimo, Comba, Congedo, Coppo, De Bertoldi, De Corato, Deidda, Di Giuseppe, Di Maggio, Dondi, Donzelli, Filini, Frijia, Giordano, Giorgianni, Giovine, Iaia, Kelany, Lampis, Lancellotta, La Porta, La Salandra, Longi, Loperfido, Lucaselli, Maccari, Maerna, Maiorano, Malagola, Malaguti, Mantovani, Marchetto Aliprandi, Mascaretti, Maschio, Matera, Matteoni, Mattia, Maullu, Michelotti, Milani, Mollicone, Morgante, Mura, Osnato, Padovani, Palombi, Pellicini, Perissa, Pietrella, Polo, Pozzolo, Pulciani, Raimondo, Rampelli, Rizzetto, Roscani, Angelo Rossi, Fabrizio Rossi, Rosso, Rotelli, Rotondi, Gaetana Russo, Sbardella, Schiano Di Visconti, Schifone, Rachele Silvestri, Testa, Trancassini, Tremaglia, Tremonti, Urzì, Varchi, Vietri, Vinci, Volpi, Zucconi, Zurzolo».

(22 febbraio 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    il 9 dicembre 2022, ricorrenza della Giornata internazionale contro la corruzione, le indagini avviate dal mese di luglio 2022 dalla procura federale di Bruxelles sono sfociate in un blitz della polizia belga che, per il tramite di perquisizioni di abitazioni e luoghi di lavoro, ha portato al sequestro di somme di denaro in contanti per un valore di circa un milione e mezzo di euro, di attrezzature informatiche e di telefoni cellulari, nonché al fermo e all'interrogatorio, successivamente all'arresto, delle prime quattro persone oggetto dell'indagine;

    le persone sono: Eva Kaili, parlamentare europea greca del Partito socialista nonché vicepresidente del Parlamento europeo; Antonio Panzeri, già segretario della Camera del lavoro a Milano dal 1995 al 2003, per tre mandati, fino al 2019, parlamentare europeo italiano membro del Partito Democratico; Francesco Giorgi, compagno di Eva Kaili, assistente del parlamentare europeo del Partito Democratico Andrea Cozzolino ed ex assistente parlamentare di Antonio Panzeri; Niccolò Figà-Talamanca, segretario generale della organizzazione non governativa No peace without justice; Luca Visentini, ex dirigente della Uil in Friuli Venezia Giulia e dal novembre 2022 segretario della Ituc, la Confederazione sindacale mondiale che rappresenta più di 200 milioni di lavoratori (successivamente rilasciato);

    dagli atti dell'inchiesta sono emerse le ipotesi accusatorie di associazione a delinquere, riciclaggio di denaro e corruzione da parte di uno Stato del Golfo Persico, il Qatar, e, successivamente, del Marocco, con l'obiettivo comune di «influenzare decisioni economiche e politiche del Parlamento europeo attraverso grandi somme di denaro e importanti regali a parti terze con un ruolo politico e/o una posizione strategica dentro il Parlamento europeo»;

    successivamente, l'allargamento dell'inchiesta ha coinvolto altre persone, tra le quali la moglie e la figlia di Antonio Panzeri, accusate di favoreggiamento, il padre di Eva Kaili, fermato mentre trasportava una borsa piena di banconote fuori dalla casa della figlia, la parlamentare europea Lara Comi, membro di Forza Italia, e i parlamentari europei Antonio Cozzolino, membro del Partito Democratico, e Marc Tarabella, membro del Partito Socialista, questi ultimi attualmente in stato d'arresto dopo il voto in seduta plenaria del Parlamento europeo che ha revocato loro l'immunità;

    le indagini della procura belga si sono concentrate sulla Fight impunity, organizzazione non governativa a sostegno dei diritti umani, fondata da Antonio Panzeri nel 2019, in concomitanza alla conclusione dei mandati in qualità di parlamentare europeo, con il sospetto che vi sia stata coincidenza «criminale» di interessi, tra un ex parlamentare europeo di lungo corso che ha inteso mettere a frutto la fitta ed estesa rete di contatti accumulati e la necessità del Qatar di ripulire la sua immagine in relazione alle violazioni dei diritti umani, che gli avrebbero ridotto o impedito la possibilità di accordi economici o strategie commerciali con l'Unione europea; in proposito, fanno testo le dichiarazioni e le posizioni «pro-Qatar» caldeggiate e assunte da Panzeri, da Kaili e da altri membri del Gruppo Socialisti e Democratici anche in occasione del dibattito e della votazione su una risoluzione sulle violazioni di diritti umani in vista della Coppa del Mondo 2022 che si sarebbe, e si è, svolta a Doha, Qatar;

    gli organi della stampa hanno dato evidenza anche alla posizione del Marocco, emersa dalle carte della procura belga, anch'esso interessato a migliorare la sua immagine all'interno delle istituzioni europee, a tal fine individuando modalità per influenzare, al pari del Qatar, le opinioni e i voti dei parlamentari europei;

    gli interessi del Marocco risulterebbero variegati e in corso da molto tempo: si apprende dalla stampa della divulgazione di alcuni dati, calcolati dall'organizzazione non governativa Statewatch, secondo i quali l'Unione europea avrebbe finanziato il Marocco, dal 2019, con 346 milioni di euro per il controllo delle frontiere esterne, da cui passano ogni anno migliaia di migranti diretti verso l'Unione europea, e altre ingenti risorse finanziarie sarebbe state pagate al Marocco al fine di garantire l'accesso di pescatori europei nelle sue acque territoriali; ma la vicenda più spinosa del Marocco è, anch'essa, strettamente connessa con i diritti del territorio e del popolo sahrawi, del quale l'Unione europea e, in particolare, il Parlamento europeo hanno sostenuto la causa ai fini dell'indipendenza e del riconoscimento dell'identità, negate dal Marocco che lo occupa militarmente; anche in questo caso, vi sarebbe motivo di credere che vi siano state ingerenze, a fronte delle parole spese, tra gli altri, da Antonio Panzeri, che favorivano un orientamento più morbido verso la monarchia del Marocco, onde agevolarne i rapporti politici ed economici con le istituzioni europee, ostacolati dalla scarsa democraticità e dalla violazione dei diritti umani;

    non v'è certamente necessità di chiarire che le attività di lobbying verso le istituzioni nulla hanno a che vedere con le dazioni di denaro «in nero» che influenzano opinioni, comprano pacchetti di voti o favoriscono esternazioni di apprezzamento verso un Paese o un fatto, da ascriversi ad altre fattispecie e da qualificarsi come gravi reati di corruzione, ma v'è certamente un'estrema necessità di regolamentare quella zona grigia, quel «limbo legale» in cui si muovono e versano non poche condotte, che rischiano di minare la legittimità dei processi decisionali democratici e la fiducia dei cittadini, nonché di gettare ombra e sospetto sull'origine e sulla libertà di tutte le opinioni espresse;

    i fatti contestati, la loro portata e ampiezza e le implicazioni finora emerse dall'inchiesta belga – ribattezzata «Qatargate» dal nome del primo dei due Paesi che, finora, risultano coinvolti – sono pesanti e gravissimi: la fitta rete di corruttele, aggravata dalle sue finalità, da ascriversi alla volontà di ingerenza di Paesi stranieri nelle decisioni del Parlamento europeo, impone di colmare un'evidente carenza di strumenti a sostegno della trasparenza e dell'integrità e di contrasto alla corruzione;

    giova ricordare i casi di irregolarità o di frodi in danno al bilancio europeo: il più recente dei quali riguarda il sequestro, eseguito dalla Guardia di finanza di Brescia, di oltre 170 mila euro, disposto dalla Procura europea (Eppo) di Milano nei confronti della parlamentare europea leghista Stefania Zambelli, per un sospetto di frode al bilancio europeo per la retribuzione illecita dei suoi quattro assistenti parlamentari che non avrebbero svolto le attività connesse alla funzione per la quale erano stati assunti e avrebbero documentato, falsamente quindi, titoli di studio, competenze ed attività al Parlamento europeo, che remunera direttamente gli assistenti dei parlamentari europei; tra i quattro assistenti, uno risulterebbe essere un «noto ultrà delle tifoserie milaniste»;

    la Commissione speciale sulle ingerenze straniere in tutti i processi democratici nell'Unione europea, istituita con decisione del Parlamento europeo ha evidenziato, nella sua relazione finale presentata al Parlamento europeo nell'ottobre 2021, l'accelerazione dei fenomeni di ingerenza, segnalando, tra gli altri, la cosiddetta elite capture, l'attività di lobbying industriale, il controllo di centri accademici e culturali, il finanziamento occulto delle attività politiche, fenomeno, quest'ultimo, rileva la relazione, che compromette gravemente l'integrità del funzionamento democratico e non risulta essere illegale in senso stretto, in quanto consentito da numerose lacune derivanti dalle disposizioni relative al finanziamento delle attività politiche previsto dalle legislazioni nazionali degli Stati membri dell'Unione europea in materia elettorale;

    in proposito, preme segnalare che il 9 gennaio 2019, nel nostro Paese, collocate all'interno della legge n. 3 del 2019, cosiddetta «spazzacorrotti», sono entrate in vigore misure per la trasparenza dei partiti e dei movimenti politici: in particolare, è stato introdotto, per i partiti e i movimenti politici, nonché per le liste che partecipano alle elezioni nei comuni con più di 15.000 abitanti, il divieto di ricevere contributi, prestazioni o altre forme di sostegno da Governi o enti pubblici di Stati esteri e da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate ad obblighi fiscali in Italia;

    la legge cosiddetta «spazzacorrotti», proposta dal Ministro della giustizia pro tempore Bonafede ed approvata nel corso del Governo Conte I, ha recato, altresì, misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e non può sottacersi come proprio grazie ad essa l'Italia abbia ricevuto il plauso da parte del Greco (il gruppo di Stati contro la corruzione in seno al Consiglio d'Europa), a margine della sua attività di valutazione di conformità delle legislazioni vigenti degli Stati aderenti agli standard anti-corruzione. La suddetta legge ha introdotto, tra gli altri, nuovi poteri per le autorità inquirenti (agenti sotto copertura, potenziamento delle intercettazioni per i reati connessi alla corruzione), un incremento delle sanzioni per le persone sia giuridiche sia fisiche, ulteriori adeguamenti dei reati di corruzione privata e traffico di influenze e l'interruzione dei termini di prescrizione dopo la condanna di primo grado. In particolare, il Greco ha mostrato apprezzamento rispetto all'avvenuto allineamento del reato di traffico di influenze illecite ai requisiti di cui alla Convenzione penale sulla corruzione (articolo 12), colmando, così, una lacuna più volte segnalata dal medesimo organo europeo. In un'ottica di messa a terra del Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché di continuazione nel reperimento delle risorse da esso derivate, non sfugge, dunque, l'importanza del mantenimento dello strumento de quo anche al fine di scongiurare ipotetiche attività illecite attirate dall'ingente quantità di afflusso di danaro. Infatti, un allentamento dei presidi contro i fenomeni corruttivi non può che esporre al pericolo di infiltrazioni da parte delle organizzazioni criminali che potrebbero, di guisa, mettere in discussione anche l'erogazione dei fondi da parte dalla stessa Unione europea;

    nel medesimo contesto temporale caratterizzato, come detto, da gravissime condotte corruttive in ambito comunitario ed internazionale è risultata inequivocabile, sul piano nazionale interno – da parte del Governo e della maggioranza parlamentare che lo sostiene – la volontà di affievolire ed ammansire gli istituti giuridici a tutela della legalità e di depotenziare la capacità di risposta del nostro ordinamento al fenomeno corruttivo nelle sue molteplici declinazioni, anche in considerazione dei profili applicativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    in particolare, si segnala l'eliminazione dei più gravi reati di corruzione dal novero dei reati cosiddetti ostativi, l'annunciato restyling del sistema penale e legalitario, costituito dal disincentivo ai pagamenti elettronici e tracciabili, dall'annunciata ulteriore depenalizzazione del reato di abuso d'ufficio, dal ridimensionamento del reato di traffico di influenze illecite, dalla demonizzazione e dal taglio delle intercettazioni, dal tentativo di inserire – nel corso dell'esame della legge di bilancio per il 2023 – un condono penale per i reati tributari;

    è evidente che la lotta alle condotte corruttive di carattere internazionale passi, inevitabilmente, attraverso un approccio ordinamentale e politico nazionale coerente e congruo,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, nelle competenti sedi europee, dell'adozione di ogni misura utile a individuare le carenze di strumenti di prevenzione e di regole sulla trasparenza, sull'integrità, sulla responsabilità e sul contrasto alla corruzione e a proporre iniziative per sopperirvi;

2) a proporre, nelle competenti sedi europee, la costituzione di un consesso per la valutazione, la condivisione e l'adozione, da parte del Parlamento europeo, delle migliori prassi e delle più idonee discipline per l'inquadramento giuridico e la regolamentazione delle attività di lobbying, per un'efficace attività di prevenzione e di contrasto alla corruzione;

3) al fine di tutelare l'indipendenza dei rappresentanti delle istituzioni governative, parlamentari e territoriali da influenze straniere, ad adottare iniziative normative volte a introdurre nel nostro ordinamento il divieto di accettazione, nel corso del mandato ricoperto e anche in un periodo successivo alla sua cessazione, di contributi, prestazioni, controprestazioni o altre forme di sostegno erogati direttamente e/o indirettamente da Governi, enti pubblici di Stati esteri, persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero non assoggettate ad obblighi fiscali in Italia, anche attraverso società o enti, anche mediante interposta persona, corredando l'impianto normativo di un procedimento sanzionatorio per le condotte oggetto di violazione del divieto.
(1-00084) «Francesco Silvestri, Baldino, Alfonso Colucci, Auriemma, Penza, Riccardo Ricciardi, D'Orso, Ascari, Cafiero De Raho, Giuliano, Lomuti, Conte, Onori, Scutellà, Bruno, Scerra».

(6 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    il 9 dicembre 2022 la procura federale belga ha avviato un'indagine tuttora in corso su accuse di riciclaggio di denaro, corruzione e partecipazione a un'organizzazione criminale e in tale contesto 2022 sono stati effettuati diversi arresti e perquisizioni che hanno interessato attuali ed ex deputati del Parlamento europeo e collaboratori;

    le forze di polizia hanno sequestrato ingenti somme di denaro in possesso di persone sospettate a seguito di perquisizioni nelle loro abitazioni e, secondo quanto emerge dalle indagini, questo denaro sembra essere collegato a tentativi da parte del Qatar di influenzare il processo decisionale dell'Unione europea su dossier considerati di particolare interesse. Consta, inoltre, che anche il Marocco avrebbe tentato di influenzare i deputati, gli ex deputati e il personale del Parlamento europeo attraverso atti di corruzione;

    si condanna con la massima fermezza qualsiasi tentativo di influenzare le decisioni dell'Unione europea e degli Stati membri attraverso atti di corruzione: questo costituisce una grave ingerenza straniera nei processi democratici dell'UE e la gravità e l'ampiezza delle indagini in corso impongono rigore e massima collaborazione nella ricostruzione di quanto accaduto;

    si considera che la fiducia nell'integrità delle istituzioni e nello Stato di diritto è fondamentale per il funzionamento della democrazia ed è essenziale garantire che i processi democratici non siano orientati da interessi privati ed esterni e che i diritti dei cittadini siano pienamente rispettati;

    si sottolinea con estrema preoccupazione come questi fenomeni corruttivi abbiano potuto determinare una posizione debole nella doverosa e inderogabile difesa dei diritti umani. Va rilevata, inoltre, la mancata osservanza da parte del Qatar della sua responsabilità primaria di tutelare i diritti umani e i diritti dei lavoratori migranti sul suo territorio, anche a causa dell'insufficiente protezione legislativa. Si ricorda, in particolare, che il Qatar non consente l'organizzazione dei sindacati e non ha ratificato le convenzioni fondamentali dell'Organizzazione internazionale del lavoro e appare, quindi, necessario chiedere l'avvio di un'indagine internazionale, sotto la direzione delle Nazioni Unite e dell'Organizzazione internazionale del lavoro, sul lavoro forzato svolto dai lavoratori migranti in Qatar;

    tra i dossier di interesse c'è la liberalizzazione dei visti per il Qatar e che tale esenzione si configurerebbe in aperta violazione dell'articolo 1 del regolamento (UE) 2018/1806, dove si chiarisce che il rispetto dei diritti umani è una condizione che deve essere presa in considerazione prima di offrire l'esenzione dal visto a un Paese terzo;

    si condannano fermamente le gravi e diffuse violazioni dei diritti dei lavoratori migranti e dei diritti umani verificatesi in preparazione della Coppa del mondo Fifa del 2022 in Qatar, tra cui la restrizione della libertà di circolazione, la restrizione dell'accesso alla giustizia, l'obbligo di pagare tasse di assunzione, il pagamento tardivo e il mancato pagamento dei salari e la restrizione della libertà di associazione, nonché la mancata applicazione di norme accettabili in materia di salute e sicurezza sul lavoro che ha portato a numerosi ferimenti e decessi;

    si evidenzia che l'azione corruttiva del Marocco sarebbe stata finalizzata a influenzare le decisioni dell'Unione europea su dossier importanti come gli accordi commerciali sui prodotti agricoli e di pesca sottoscritti nel 2019. Nel 2021 la Corte di giustizia dell'Unione europea ha dichiarato illegittimi questi accordi in quanto conclusi senza il consenso della popolazione del Sahara occidentale e dei suoi legittimi rappresentanti. Si deplora il mancato riconoscimento da parte del Marocco dell'integrità territoriale del Sahara occidentale e del diritto di autodeterminazione del popolo Saharawi e si ribadisce la necessità del riesame degli accordi commerciali sui prodotti agricoli e di pesca col Marocco, riconoscendo la sovranità del Sahara occidentale e dei suoi legittimi rappresentanti. Si sottolineano le grandi lacune sul rispetto dei diritti umani in Marocco e si ricorda che, tra le altre violazioni, è stato fatto uso di dispositivi di sorveglianza illegali e, in particolare, dello spyware Pegasus per spiare oppositori politici e difensori dei diritti umani;

    l'interferenza straniera nei processi democratici è un fenomeno vasto e complesso che si sviluppa a diversi livelli e con diverse strategie. Anche altri Paesi del Golfo, come l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, possono svolgere un'intensa attività di relazione e di reclutamento di élite e esponenti politici europei con svariate forme e iniziative, come ad esempio il «Future Investment Initiative Institute», e mettendo in campo notevoli investimenti economici. Tali attività potrebbero, anche in un contesto di piena legalità, essere volte a condizionare l'agenda politica dell'Unione europea e dei suoi Stati membri e a coprire le evidenti carenze sul rispetto dei diritti umani in quei Paesi;

    si considera, quindi, necessario il rigoroso e il costante rispetto dei diritti umani e dei diritti del lavoro nella definizione delle relazioni internazionali e la creazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante nel diritto internazionale in materia di diritti umani, al fine di regolamentare le attività delle società transnazionali e di altre imprese commerciali e di garantire l'accesso alla giustizia in tutto il mondo, in particolare affrontando gli ostacoli transnazionali al ricorso giurisdizionale con cui si confrontano le persone interessate;

    si ritiene che un opportuno rafforzamento dei meccanismi di trasparenza e delle norme volte a garantire l'integrità del processo decisionale a tutti i livelli istituzionali possa contribuire a prevenire il verificarsi di fenomeni corruttivi simili. Si esprime preoccupazione per i potenziali conflitti di interesse causati dai lavori secondari dei deputati, in particolare quando essi fungono da dirigenti, sono membri di consigli di amministrazione o di comitati consultivi di banche, società multinazionali o società quotate in borsa, o svolgono per le stesse il ruolo di consulenti. Si ritiene, inoltre, necessario limitare il fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», ovvero il passaggio di esponenti di Governo, deputati, ma anche di funzionari e dirigenti pubblici dalle istituzioni ad aziende private, anche introducendo commisurati periodi di incompatibilità,

impegna il Governo:

1) a mettere in campo la massima collaborazione alle indagini della procura federale belga e ad ogni altra azione volta alla ricostruzione di quanto accaduto, anche al fine di accertare e ricostruire il tentativo di condizionare l'agenda politica dell'Unione europea e dei suoi Stati membri diretto anche a coprire le evidenti violazioni del rispetto dei diritti umani in quei Paesi;

2) a promuovere iniziative, nelle competenti sedi europee, in merito al rafforzamento dei meccanismi di trasparenza e di integrità dei processi democratici;

3) a sostenere e promuovere, nelle competenti sedi europee, il rafforzamento dei meccanismi di trasparenza e delle norme volte a garantire l'integrità del processo decisionale a tutti i livelli istituzionali, al fine di contribuire a prevenire il verificarsi di fenomeni corruttivi, con particolare riguardo alla prevenzione di potenziali conflitti di interesse che possano anche essere causati da cariche o ruoli societari che i parlamentari possono ricoprire, sostenendo e promuovendo, nelle competenti sedi europee, anche la limitazione del cosiddetto fenomeno «porte girevoli», ovvero il passaggio di esponenti di Governo, di istituzioni europee, di parlamentari, ma anche di funzionari e dirigenti pubblici, dalle istituzioni ad aziende ed enti privati, anche introducendo commisurati periodi di incompatibilità.
(1-00085) «Zanella, Grimaldi, Bonelli, Borrelli, Dori, Evi, Fratoianni, Ghirra, Mari, Piccolotti, Zaratti».

(7 marzo 2023)

   La Camera,

   premesso che:

    a novembre 2022 si è celebrato il 70o anniversario del Parlamento europeo, un traguardo importantissimo per l'Unione europea e per il nostro Paese che nel 1952 era tra i sei Paesi fondatori;

    una istituzione che ha contribuito a promuovere la democrazia, la pace, i diritti fondamentali, la stabilità economica e la crescita di questa macroarea geopolitica;

    il Parlamento europeo è passato dai 78 rappresentanti nazionali del 1952 agli attuali 705 parlamentari eletti a suffragio universale diretto ed è uno degli organismi democratici più importanti in assoluto, nel panorama internazionale;

    purtroppo anche questa istituzione è stata colpita da alcuni scandali nel tempo. L'ultimo è il cosiddetto «Qatargate», scoppiato nel dicembre 2022, che, per ora, coinvolge parlamentari ed ex parlamentari appartenenti al Gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (Pse-S&D);

    sul Qatargate sono in corso le indagini della magistratura belga e da notizie di stampa si apprende del coinvolgimento di appartenenti ad altri gruppi del Parlamento europeo;

    il Partito democratico e i suoi gruppi parlamentari, a partire dalla delegazione presente presso il Parlamento europeo, hanno immediatamente chiesto chiarezza e hanno supportato ogni iniziativa finalizzata a fare luce e a porre in essere le dovute contromisure;

    è stato dato pieno appoggio da parte della delegazione italiana presente nel Gruppo dell'Alleanza progressista di Socialisti e Democratici all'iniziativa assunta dalla Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, con la presentazione di un piano di 14 punti, per contrastare corruzione e ingerenze esterne;

    come ha detto la Presidente Metsola, «le riforme mirano a rafforzare l'integrità, l'indipendenza e la responsabilità dei Parlamento, proteggendo nel contempo il libero mandato dei deputati»;

    il Piano, in sintesi, prevede un periodo di «raffreddamento» per i parlamentari europei che intendono svolgere attività di lobbying nel Parlamento quando non saranno più in carica. Si intende rendere più chiare on line tutte le informazioni relative all'integrità dei lavori parlamentari. Diviene obbligatoria l'iscrizione al registro per la trasparenza per qualsiasi evento con la partecipazione di rappresentanti di interessi al Parlamento europeo. Viene esteso l'obbligo a tutti i deputati, assistenti e altro personale, che hanno un ruolo attivo su una relazione o risoluzione, di dichiarare incontri programmati con rappresentanti diplomatici di Paesi terzi e con terzi rientranti nell'ambito del registro per la trasparenza. Saranno ammesse deroghe specifiche. Divieto di gruppi di amicizia con Paesi terzi dove esistono già interlocutori parlamentari ufficiali e che potrebbero creare confusione. Tutte le persone di età superiore ai 18 anni che visitano il Parlamento europeo compileranno un nuovo registro degli ingressi (non si applica ai giornalisti e alle altre istituzioni dell'Unione europea). Gli ex deputati e gli ex dipendenti riceveranno badge di accesso giornaliero. I relatori e i relatori ombra devono presentare una dichiarazione di conflitto di interessi alla segreteria della commissione competente una volta nominati. Si propone di aumentare e rendere più chiaro il livello di dettaglio richiesto nella dichiarazione degli interessi finanziari dei deputati, includendo maggiori informazioni sui lavori collaterali e sulle attività esterne dei deputati, prevedendo controlli per garantire la corretta applicazione delle regole. Il Parlamento europeo dovrà prevedere una formazione obbligatoria, per tutti gli assistenti parlamentari accreditati e per i funzionari, di «compliance» e «whistleblowing». Per evitare che le risoluzioni presentate in via di urgenza in materia di diritti umani possano essere nuovamente oggetto di indebite influenze esterne, la Conferenza dei presidenti, nei suoi compiti di programmazione dei lavori, dovrebbe accettare solo le richieste di trattazione urgente in plenaria provenienti da una commissione, previa discussione all'interno della stessa. Rafforzamento della cooperazione con le autorità nazionali per potenziare la lotta alla corruzione;

    nel corso del dibattito in Aula presso la Camera dei deputati svoltosi in data 13 dicembre 2022 in merito alle Comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, in vista della riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 dicembre 2022, il segretario del Partito democratico, onorevole Enrico Letta, prendendo la parola ha testualmente affermato: «Le notizie di quelle inchieste raccontano qualcosa di scandaloso e di inaccettabile. È un danno gravissimo che quelle vicende fanno all'Europa e al cuore della sua democrazia; è un danno a tutti noi, è un danno ai nostri ideali ed è un danno all'Europa che amiamo (...)», aggiungendo, inoltre, «(...) le istituzioni reagiscano in modo inflessibile, la magistratura faccia fino in fondo il suo dovere. Quella lì non è la nostra Europa: è la più lontana possibile dai nostri ideali. Quella lì non è la nostra Europa, perché la nostra Europa è quella della purezza degli ideali e del coraggio della pratica giorno per giorno di David Sassoli. A quegli ideali e a quel coraggio abbiamo sempre fatto riferimento e continueranno a essere la nostra bussola»;

    le parole appena richiamate hanno esplicitato sin da subito quale fosse la linea tenuta dal Partito democratico, ovvero quella di massimo rigore e di assoluta intransigenza verso comportamenti e responsabilità personali che hanno tradito i principi di appartenenza ai valori della sinistra, minando la credibilità della politica e delle istituzioni europee;

    con una nota ufficiale della segreteria, sempre il 13 dicembre 2022, il Partito democratico ha annunciato l'intenzione di costituirsi in giudizio in quanto «parte lesa»: ad avvalorare la richiesta di costituirsi parte lesa c'è proprio il tradimento valoriale che appartiene alla storia politica della comunità del Partito democratico, in quanto i fenomeni corruttivi avrebbero avuto come oggetto questioni attinenti alla tutela dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori sia in Qatar che ha ospitato un evento sportivo di richiamo mondiale e presso il quale non sono presenti sindacati e non sono state ratificate le convenzioni internazionali dell'Organizzazione internazionale del lavoro, sia in Marocco per le questioni riguardanti il popolo Saharawi;

    l'Unione europea deve essere parte attiva a qualunque longitudine e latitudine del pianeta per promuovere avanzamento globale dei diritti di civiltà, a partire proprio da quelli umani e del lavoro;

    lo scandalo che ha travolto il Parlamento europeo ripropone la questione della disciplina del conflitto di interessi; un tema che riguarda direttamente il modo di essere e di funzionare della democrazia, della chiarezza delle regole, nonché della trasparenza dei comportamenti dei rappresentanti del popolo e dei membri dei Governi, oltre che ovviamente delle istituzioni europee;

    la globalizzazione dei mercati, il peso crescente e spesso esorbitante della finanza, la potenza delle multinazionali, nonché la rivoluzione della rete, hanno cambiato profondamente lo scenario nel quale deve agire il legislatore,

impegna il Governo:

1) ad operare affinché si eviti ogni forma di strumentalizzazione a fini politici di un'indagine giudiziaria ancora in corso, onde impedire gravi danni alla credibilità e al decoro delle istituzioni democratiche europee, oltre che all'immagine dell'Italia, considerato che le contestazioni della magistratura inquirente riguardano unicamente comportamenti personali, la cui responsabilità penale, qualora definitivamente accertata, ricade unicamente su chi ha agito;

2) a favorire, nell'ambito delle proprie competenze, in ogni utile sede europea, l'adozione di misure più efficaci finalizzate a contrastare ogni forma di collusione, illecita o meno, tra interessi economici e politici, in violazione delle regole democratiche, tra cui, in particolare, quella della trasparenza, che devono ispirare le istituzioni, disciplinando, in particolare, il fenomeno delle «porte girevoli» tra politica e affari;

3) a sostenere, per quanto di competenza, le misure previste dal piano presentato dalla Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, al fine di disciplinare l'attività di rappresentanza degli interessi nei confronti della pubblica amministrazione.
(1-00089) «Serracchiani, Bonafè, De Luca, Provenzano, Casu, De Maria, Ferrari, Fornaro, Ghio, Toni Ricciardi, Roggiani, Morassut».

(8 marzo 2023)