TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 708 di Mercoledì 15 giugno 2022

 
.

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA RIORGANIZZAZIONE
DELL'ASSISTENZA SANITARIA TERRITORIALE

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia da COVID-19 ha creato gravi problemi sanitari, economici e sociali in tutto il mondo;

    questa emergenza sanitaria ha drammaticamente amplificato le fragilità del nostro Servizio sanitario nazionale, mettendolo a dura prova per carenza di strutture, di personale, per disomogeneità regionali;

    in quest'ultimo anno sono stati adottati numerosi provvedimenti per rafforzare la nostra sanità, specialmente all'interno dei reparti ospedalieri maggiormente coinvolti nell'emergenza, finalizzati ad implementare l'organico ed assumere tra personale sanitario, infermieristico e socio-sanitario, secondo quanto riferito dal ministero della salute, più di 36.000 unità;

    l'ultima legge di bilancio ha previsto fondi per investimenti in edilizia e attrezzature sanitarie, delineando un percorso di miglioramento non solo strutturale e nell'ambito della sicurezza ma anche impiantistico e di ammodernamento tecnologico;

    dopo un ampio ciclo di audizioni si è giunti ad individuare quali siano le necessità prioritarie da affrontare attraverso l'utilizzo dei fondi del Recovery fund, con i quali si auspica che si potranno finalmente apportare le giuste riforme sui punti deboli del nostro Ssn, emersi anche a seguito di questa pandemia;

    tra le linee d'intervento e i progetti in cui si articola la Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), relativa alla salute, si evidenzia, in particolare il potenziamento della rete di assistenza territoriale, sanitaria e socio-sanitaria, quale elemento imprescindibile per garantire una risposta assistenziale appropriata ed efficace, in grado di demandare agli ospedali le attività di maggiore complessità, concentrando a livello territoriale le prestazioni meno complesse, attraverso lo sviluppo delle case di comunità, l'assistenza domiciliare integrata (Adi), la telemedicina, nonché implementando la presenza sul territorio degli ospedali di comunità;

    nel mese di febbraio 2022 il Ministro della salute ha trasmesso alla Conferenza Stato-regioni il documento, cosiddetto «DM71», recante gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi delle strutture dedicate all'assistenza territoriale e al sistema di prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, standard che le regioni e province autonome saranno tenute a garantire, in coerenza con la Missione 6 del PNRR, attraverso l'adozione di un provvedimento generale di programmazione dell'assistenza territoriale, analogamente a quanto avvenuto con il cosiddetto «DM 70» con riferimento alla assistenza ospedaliera;

    il 16 marzo 2022 la Conferenza Stato-regioni ha esaminato lo schema di decreto ministeriale cosiddetto «DM 71» e, pur rinviando l'intesa sul provvedimento in attesa dell'esame da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, ha posto alcune condizioni: progressività nell'attuazione in relazione anche alle risorse; un'adeguata implementazione e potenziamento del fabbisogno del personale e un'adeguata copertura finanziaria; costituzione di un Tavolo di lavoro per la determinazione delle risorse necessarie; riforma urgente ed indifferibile delle disposizioni in materia di medici di medicina generale e un aggiornamento del percorso formativo; assunzione di medici di comunità e delle cure primarie e di medici dei servizi territoriali da impiegare nelle case della comunità, a seguito di appositi corsi abilitanti organizzati a cura delle regioni; impiego di tutto il personale sanitario e amministrativo necessario e risorse correlate; adozione di un successivo provvedimento per ulteriori setting territoriali, quali salute mentale, dipendenze patologiche, neuropsichiatria infantile;

    nella successiva seduta del 30 marzo 2022, è stata espressa la mancata intesa da parte della predetta Conferenza sullo schema di decreto «DM71» e, in seguito a ulteriori interlocuzioni, con delibera del Consiglio dei Ministri del 21 aprile 2022, il Governo ne ha autorizzato l'adozione senza la prescritta intesa;

    secondo quanto si evince dalla bozza del «DM71», nell'ambito del distretto, quale un'articolazione organizzativo-funzionale dell'Azienda sanitaria locale (Asl) sul territorio di circa 100.000 abitanti, con variabilità secondo criteri di densità di popolazione e caratteristiche orografiche del territorio, la programmazione deve prevedere i seguenti standard:

     a) almeno una casa della comunità hub ogni 40.000-50.000 abitanti;

     b) case della comunità spoke e ambulatori di medici di medicina generale (Mmg) e pediatri di libera scelta (Pls) tenendo conto delle caratteristiche orografiche e demografiche del territorio al fine di favorire la capillarità dei servizi e maggiore equità di accesso, in particolare nelle aree interne e rurali. Tutte le aggregazioni dei Mmg e Pls (Aft e Uccp) sono ricomprese nelle case della comunità avendone in esse la sede fisica oppure a queste collegate funzionalmente;

     c) almeno un infermiere di famiglia o comunità ogni 2.000-3.000 abitanti. Tale standard è da intendersi come numero complessivo di infermieri di famiglia o comunità impiegati nei diversi setting assistenziali in cui l'assistenza territoriale si articola;

     d) almeno un'unità di continuità assistenziale (un medico e un infermiere) ogni 100.000 abitanti;

     e) una centrale operativa territoriale ogni 100.000 abitanti o comunque a valenza distrettuale, qualora il distretto abbia un bacino di utenza maggiore;

     f) almeno un ospedale di comunità dotato di 20 posti letto ogni 50.000-100.000 abitanti;

    la casa di comunità rappresenta il modello organizzativo di governo delle risorse economiche destinate all'assistenza della comunità, con un budget specifico e ben definito sulla base della popolazione assistita, dei servizi offerti e dei risultati attesi; si fa carico di tutte le esigenze preventive, cliniche, mediche, infermieristiche, riabilitative, amministrative, socio sanitarie del proprio gruppo di assistiti, sia gestendo direttamente i servizi, che acquistando risorse da altri erogatori di attività specialistiche o sociali, con un meccanismo assistenziale del prendersi cura della persona nella sua complessità e non soltanto nell'intervenire al momento del bisogno, e coordinando l'intervento nei confronti degli stessi, anche nei settori amministrativi, socio sanitari, nell'intero arco della giornata e per tutta la settimana; l'erogazione di servizi ambulatoriali integrati comprensivi di servizi socio-sanitari può svolgersi nei medesimi ambienti attraverso il coordinamento con tutti gli operatori sanitari e amministrativi operanti nella struttura, semplificando così i percorsi sanitari ai cittadini;

    nell'ambito dell'anzidetto potenziamento dell'assistenza territoriale, quindi, le case della comunità rappresentano il modello organizzativo che maggiormente concretizza l'assistenza di prossimità e il luogo fisico al quale l'assistito può accedere per poter entrare in contatto con il sistema dell'assistenza sanitaria e i principi che orientano lo sviluppo della casa di comunità sono, dunque, l'equità di accesso e di presa in carico, secondo il modello della medicina di iniziativa e il principio dell'equità dell'assistenza declinato nelle sue varie dimensioni (ad esempio, appropriatezza, sicurezza, coordinamento e continuità, efficacia e tempestività);

    la casa di comunità intende dunque superare la sola logica «prestazionistica» per diventare anche un luogo dove gli enti del terzo settore non profit e del volontariato realizzano la co-progettazione e la co-programmazione, sviluppando i percorsi di inclusione sociale di cui alla legge 328 del 2000;

    in tale contesto è evidente come anche il sistema informativo, e in particolare il fascicolo sanitario elettronico, sia essenziale laddove puntualmente integrato da tutti i livelli sanitari ed assistenziali, compresi quelli privati, tenuto conto che con gli strumenti di elevata tecnologia, informatici e telematici, e con la telemedicina, molti dei processi amministrativi e assistenziali potranno essere superati o agevolati, facilitando il cittadino;

    trattandosi di una impostazione innovativa, come si evince dal PNRR e dal documento «DM71», è necessario individuare un layout e indicatori utili a verificare se gli obiettivi previsti vengono raggiunti e in quale misura, non solo sotto l'aspetto della sostenibilità economica ma, soprattutto, dei risultati in termini di miglioramento dello stato di salute della comunità nonché della sua coesione sociale;

    con il rafforzamento dell'assistenza domiciliare integrata (Adi), anche attraverso la predisposizione di budget di cura e l'integrazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali, la presa in carico dovrà essere personalizzata e globale, nei confronti di ogni fragilità tale da consentire risposte adeguate attraverso la presenza di operatori che siano punto di riferimento certo nel tempo per i soggetti coinvolti e per l'affiancamento e sostegno dedicato ai caregiver;

    il rafforzamento delle cure intermedie è perseguito attraverso la realizzazione di ospedali di comunità, quali presìdi sanitari a lunga degenza con funzioni «intermedie» tra il domicilio e il ricovero ospedaliero, anche attraverso la riconversione o la riqualificazione di progetti e strutture già esistenti nonché la valorizzazione e il coinvolgimento delle strutture pubbliche e private convenzionate o convenzionabili con il Servizio sanitario nazionale;

    i problemi esistenti del nostro sistema sanitario sono riconducibili a: alto costo per prestazione con risorse economiche limitate; incremento costante delle richieste di intervento; strutture di ricovero non del tutto idonee (50 per cento degli ospedali hanno meno di 120 posti letto); vetustà del patrimonio edilizio e tecnologie disponibili obsolete; ricoveri non appropriati per degenze prolungate; pronto soccorso con eccesso di utenza e tempi di risposta inadeguati; livelli di sicurezza non sempre appropriati; tempi di attesa elevati per le prestazioni sanitarie; scarsità di personale in termini quali/quantitativi; sede di ricovero non appropriata; copertura completa in ricovero tipici su 5/6 giorni per 8-12 ore/die; bisogni dell'utenza variati e risposte non sempre personalizzate o non sufficientemente personalizzate; elevato livello di burocratizzazione con processi particolarmente complessi per esigenze amministrative; modello organizzativo e normativo ante riforma di cui alla legge n. 833 del 1978 con base organizzativa e gestionale derivata dai modelli mutualistici ante riforma;

    dinanzi alle suddette criticità si indicano, come elenco non esaustivo, anche tutti quegli elementi che potrebbero configurarsi come azioni qualificanti di politica sanitaria, adeguate al nostro sistema sociale ossia; alto livello di appropriatezza e di sicurezza; riduzione della frequenza delle patologie e della loro gravità; riduzione degli sprechi; riduzione delle degenze medie; qualità e tempestività della risposta; semplificazione clinica, organizzativa ed amministrativa; ottimizzazione del numero delle strutture e dei posti letto; costo moderato per prestazione; attività di servizio sette giorni su sette e per 24 ore; elevato utilizzo degli impianti tecnologici; remunerazione mista, per risultato, per prestazione, per quota capitaria e per servizio; risposte personalizzate; partecipazione e coinvolgimento attivo del cittadino; organizzazione di un servizio sanitario e socio sanitario integrato; migliore qualità di vita per il singolo e per la comunità; compatibilità economica con le risorse disponibili;

    la gestione dei pazienti deve essere in grado di operare in un ambiente integrato, con facilità di comunicazione e interazione per la valutazione dei bisogni assistenziali, e naturalmente altamente informatizzato: è necessaria una struttura operativa organica e integrata che, grazie ad una responsabilità condivisa, potrà garantire una risposta complessiva e di qualità che dia soddisfazione alle necessità sanitarie e sociosanitarie grazie ad una maggiore sicurezza e appropriatezza clinica ed una qualificazione della attività;

    una diversa organizzazione territoriale, che crei un filtro di alto livello e ad indirizzo preventivo, può ridurre in modo importante il fabbisogno sanitario per le patologie acute e cronico degenerative, attraverso la gestione precoce di molte patologie direttamente al domicilio del paziente; la gestione domiciliare, con un organico significativo, garantisce un'assistenza sanitaria, socio-sanitaria e sociale di alto livello;

    la telemedicina appare finalmente matura per garantire servizi di alto livello per diagnosi, terapia e follow up di pazienti cronici anche in condizioni di scompenso cronico, per mantenere in equilibrio il paziente, garantirgli una gestione domiciliare monitorata e un intervento tempestivo in caso di necessità; la sburocratizzazione dell'organizzazione consentirà di reinvestire fondi per prestazioni sanitarie carenti sul territorio come l'odontoiatria convenzionata, la cura della salute mentale e la riabilitazione;

    nell'ambito di una riorganizzazione efficace del nostro sistema sanitario, buona parte delle azioni qualificanti su indicate potrebbero essere riconducibili all'attribuzione al medico di famiglia della responsabilità di analisi clinico-terapeutica e di valutazione clinica, in una visione olistica della persona, dei suoi bisogni sanitari, assistenziali e sociali e per un risultato di sintesi che non sia solo medico;

    i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, attraverso modelli di aggregazione multifunzionale e multidisciplinare (ad esempio Aft, Uccp e altro) con specialisti ambulatoriali delle varie aree mediche e con tutte le figure sanitarie coinvolte, quali infermieri, riabilitatori, psicologi, ruoli amministrativi della sanità e assistenti sociali, dotati di tecnologie di base (ecg-spirometro-pulsiossimetro-ecografo-punto prelievi e altro), seguono tutte le diverse esigenze della persona sia in termini di prevenzione primaria e medicina di iniziativa sia per l'accesso ai percorsi di cura e assistenza, avendo particolare attenzione alla valutazione e all'appropriatezza dei trattamenti prescritti (visite, farmaci, ricoveri, prestazioni varie), nonché alla verifica dei risultati ottenuti;

    per le patologie croniche e rare afferenti ai Centri di riferimento specialistici, l'assistenza e la terapia domiciliare, monitorata dai medici di medicina generale in rete con gli specialisti di riferimento, presenta numerosi benefici, quali aderenza al trattamento e appropriatezza della cura, miglioramento da un punto di vista psicologico, somministrazione in sicurezza e in ambiente familiare, riservatezza sulla condizione del paziente, facilitazioni logistiche (lavoro/studio) e risparmio economico;

    anche la prevenzione primaria può consentire di ottenere risultati significativi con una spesa decisamente modesta ma con un contributo al benessere generale molto elevato: numerose evidenze hanno chiaramente dimostrato, ad esempio, la maggior efficacia, economicità ed equità dei sistemi basati sulla «Primary Health Care» ed anche il documento dell'Oms, «Salute 2020», conferma il ruolo centrale e strategico che l'assistenza primaria dovrebbe assumere in tutti i sistemi sanitari del XXI secolo: la Primary Health Care prevede un investimento iniziale per spostare l'accento dalla performance sanitaria alla prevenzione e partecipazione in salute, producendo un forte risparmio di prestazioni sanitarie a medio e lungo termine, soprattutto rispetto ai ricoveri ospedalieri e agli accessi in pronto soccorso;

    nel panorama dei servizi socio-sanitari presenti sul territorio, anche i Consultori familiari (Cf) si caratterizzano per l'offerta attiva di una molteplicità di azioni e interventi, volta a ridurre l'effetto delle diseguaglianze sociali sulla salute. L'assistenza al percorso nascita, la prevenzione oncologica e le attività di promozione della salute rivolte agli adolescenti/giovani sono le aree programmatiche prioritarie dei Cf;

    le farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale, ubicate uniformemente sull'intero territorio nazionale, vengono definite nel DM71 presidi sanitari di prossimità e rappresentano un elemento fondamentale ed integrante del Servizio sanitario nazionale; in particolare, la rete capillare delle farmacie assicura quotidianamente prestazioni di servizi sanitari a presidio della salute della cittadinanza così come previsto dalla cosiddetta «Farmacia dei servizi»;

    occorre inoltre colmare l'assenza di obiettivi di risultato di salute e, se da un lato il nostro sistema sanitario è dotato di strumenti di gestione, come ad esempio il monitoraggio dei livelli essenziali di assistenza, e di obiettivi prevalentemente quantitativi, dall'altro è incredibilmente privo di elementi di valutazione del risultato e di indicatori di salute; eppure indicare ad esempio, come obiettivo, la riduzione del 25 per cento dei pazienti affetti da diabete o colpiti da ictus, da patologie respiratorie o da tumori al polmone, avrebbe consentito, in questi anni, un impiego più efficiente delle risorse economiche derivante da uno stato di salute della comunità mediamente migliore rispetto all'attuale, con migliori prospettive per il futuro;

    in tale ottica, dunque, la remunerazione dovrà modificarsi in modo significativo, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più basso e per la medicina generale, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria, definita dal numero di pazienti al mese iscritti al medico, dovrebbe esserci anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni virtuose e promozionali del risultato atteso;

    bisogna implementare un modello funzionale che garantisca un riconoscimento del risultato ottenuto (pay for result) e non solo il pagamento per prestazione, assicurando dunque un valore pregnante al risultato ottenuto per la salute dei cittadini; la presenza di medici di famiglia e di specialisti che lavorano e operano per risultato (e quindi tempestivamente quando necessario) e con tutte le tecnologie necessarie può rendere la diagnostica territoriale tempestiva e qualificata;

    il sistema di remunerazione per risultato applicato alle prestazioni mediche o sanitarie, denominato pay-for-performance – P4P ha esperienze già realizzate in altri Paesi, come ad esempio in Germania, dove la sua attivazione ha prodotto risultati clinici significativi e una riduzione della spesa, diretta ed in prospettiva, molto significativa; ed anche in Italia, è stato sviluppato il progetto Take Care per la prevenzione primaria dei tumori nelle asl di Bergamo e di Lodi,

impegna il Governo:

1) al fine di raggiungere gli obiettivi indicati dalla missione 6 del Piano di ripresa e resilienza e assicurarne l'attuazione uniforme su tutto il territorio nazionale, ad adottare iniziative per prevedere che la riorganizzazione territoriale, come delineata nella bozza di decreto cosiddetto «DM71» sia sostenuta dal potenziamento del fabbisogno del personale sanitario e amministrativo e da un'idonea copertura finanziaria, da una riforma delle disposizioni in materia di medici di medicina generale;

2) ad adottare iniziative volte a prevedere, in una logica di risposte integrate a vantaggio della comunità, la declinazione e l'impiego delle professioni sanitarie ad alta valenza comunitaria (ad esempio, fisioterapista di comunità, psicologo di comunità, ostetrica di comunità, dietista di comunità), oltre al coinvolgimento attivo dei tecnici sanitari per le competenze specifiche sui temi della sanità digitale e del connected health;

3) ad adottare le iniziative di competenza e a reperire le risorse necessarie nell'ambito del rinnovo dei contratti, al fine di garantire tutele adeguate per i professionisti della medicina convenzionata, con riferimento particolare al riconoscimento dell'infortunio sul lavoro, del diritto alle ferie, della maternità assistita, dei permessi per malattia, nonché politiche continuative per le pari opportunità;

4) a valutare una revisione della formazione dell'operatore sociosanitario affinché venga garantita una migliore risposta ai bisogni di assistenza dei cittadini e non si abbia più una diversificazione e una frammentazione dei percorsi formativi a seconda della regione di appartenenza né una diversa definizione delle loro mansioni;

5) ad adottare le iniziative di competenza, anche normative, affinché i modelli di aggregazione rispondano alla logica della multidisciplinarietà e multi professionalità per l'erogazione delle prestazioni, in regime di convenzione e con obbligazioni di scopo e risultato, previa adeguata formazione del personale coinvolto, assicurando:

   a) l'effettiva integrazione, la presa in carico e l'omogeneità nell'erogazione dei servizi attraverso le aggregazioni tra medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti, psicologi, medici di continuità assistenziale, collaboratori di studio;

   b) soluzioni organizzative per rendere effettivo un modello di sanità con valorizzazione economica delle predette professioni, in modo che sia attrattivo e vantaggioso lavorare presso le strutture territoriali;

   c) l'attivazione, per gli individui con condizione di fragilità o cronicità, degli interventi clinici e assistenziali di cui necessitano;

   d) la continuità di cura e assistenza, la gestione 24 ore su 24 per le necessità di primo livello e primo soccorso (codici bianchi o verdi) e il contestuale mantenimento del rapporto di fiducia medico-paziente nell'intero percorso assistenziale;

6) ad adottare le iniziative di competenza per recuperare e valorizzare il ruolo del medico di medicina generale e del pediatra di libera scelta nell'ambito della riorganizzazione territoriale, in quanto medici con assistiti in carico, assicurando agli stessi la centralità dell'assistenza territoriale, nell'ottica di un lavoro di équipe con le altre figure dell'assistenza sanitaria, socio sanitaria e sociale, anche nell'ambito delle case della comunità;

7) a promuovere, in specie nelle aree interne e montane, nelle piccole isole, nelle zone di confine e nelle altre aree nelle quali, per le caratteristiche geografiche e morfologiche del territorio, le case della comunità possano risultare distanti, il rafforzamento dello studio del medico di medicina generale, attraverso strumenti di prima diagnostica, rete e telemedicina nonché mediante l'integrazione con figure professionali dipendenti dall'azienda sanitaria di riferimento, al fine di garantire un'assistenza di prossimità adeguata e non accrescere le diseguaglianze territoriali;

8) a valorizzare la rete territoriale di assistenza e presa in carico del paziente anzitutto cronico, in modo da individuare i bisogni di cura anche attraverso attività di screening e sviluppare terapie adeguate a cominciare dalla erogazione delle prestazioni di cui all'articolo 11 della legge n. 69 del 2009 e dalla loro piena inclusione nei livelli essenziali di assistenza dando così finalmente attuazione all'articolo 8, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017;

9) al fine di garantire una idonea presa in carico globale e un'adeguata assistenza domiciliare dei pazienti con malattie rare o croniche complesse, ad adottare iniziative per facilitare ed estendere l'assistenza e la terapia domiciliare per i pazienti cronici e i malati rari, nel rispetto della sicurezza dei pazienti, ottemperando alla realizzazione di una sanità di prossimità, con un coordinamento tra specialisti dei centri di riferimento e i medici di medicina generale;

10) a sostenere, per le esigenze assistenziali che non sia possibile soddisfare con la domiciliarità, il potenziamento degli standard organizzativi, strutturali e tecnologici delle Rsa e delle strutture analoghe, assicurando la partecipazione degli enti che rappresentano le predette strutture nelle commissioni, organismi e gruppi di lavoro presso il Ministero della salute e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

11) ad adottare iniziative per promuovere, con la popolazione a rischio, incontri di prevenzione in relazione all'evoluzione delle malattie croniche in modo da ridurre l'evoluzione verso la grave disabilità e il rischio di perdita dell'autonomia, sostenendo il mantenimento delle funzionalità e autonomie residue per le persone non autosufficienti;

12) ad adottare le iniziative per integrare, nelle Case di comunità, anche i Consultori familiari (Cf) quali servizi territoriali, di prossimità, multidisciplinari, fortemente integrati con altri presidi socio-sanitari e caratterizzati da un approccio olistico alla salute, a tutela della salute della donna, degli adolescenti, della coppia e della famiglia diffusi sull'intero territorio nazionale e orientati ad attività di prevenzione e promozione della salute;

13) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, volte a potenziare l'odontoiatria pubblica, per consentire l'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale e alle funzioni di specialista ambulatoriale anche agli odontoiatri che non sono in possesso di un diploma di specializzazione ulteriore rispetto alla (già di per sé specialistica) laurea in odontoiatria e protesi dentaria, agevolando in questo modo il ricambio generazionale degli organici e l'erogazione di un maggiore volume di prestazioni;

14) ad adottare le iniziative di competenza affinché nella riorganizzazione della rete di medicina territoriale:

   a) siano implementati ulteriori setting territoriali, quali la salute mentale, la dipendenze patologiche, la neuropsichiatria infantile e assistenza psicologica di base, creando così una rete capillare sul territorio, che possa garantire, almeno, per la fascia più giovane della popolazione una presa in carico immediata;

   b) sia previsto il servizio dello psicologo di base, con la finalità di sostenere e integrare l'azione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, nell'intercettare e rispondere ai bisogni assistenziali di base dei cittadini, anche promuovendo efficaci strategie di prevenzione e di presa in carico dei soggetti maggiormente a rischio di suicidio;

15) a valutare l'opportunità di prevedere, in sinergia con il Ministero dell'istruzione e con gli enti locali, all'interno degli istituti scolastici e nei servizi educativi, un presidio socio-sanitario, non solo per far fronte alle nuove problematiche indotte dalla pandemia COVID-19 ma anche al fine di una implementazione della prevenzione, della protezione e della promozione della salute individuale dei bambini e degli adolescenti con particolare attenzione all'educazione nutrizionale, ambientale e, per i ragazzi più grandi, alla salute mentale, all'uso di sostanze stupefacenti e alla salute riproduttiva;

16) ad adottare iniziative per introdurre meccanismi remunerativi innovativi, così da consentire il raggiungimento del migliore risultato clinico possibile al costo più adeguato, contemplando, al fianco della remunerazione in base alla quota capitaria e alla prestazione, anche la remunerazione per risultato clinico o di salute, così da attivare azioni corresponsabili e virtuose in relazione al risultato atteso;

17) al fine di ovviare alla mancanza di personale medico di medicina generale, nell'ambito della formazione, ad adottare le opportune iniziative volte a:

   a) consentire l'accesso alla carriera di medico di medicina generale anche ai medici di comunità e delle cure primarie, a seguito dell'adeguamento dei percorsi formativi;

   b) trasformare il corso di medicina generale in un corso di specializzazione universitaria, equiparandola a tutte le altre specializzazioni;

   c) adeguare i percorsi di studio all'utilizzo delle nuove tecnologie esistenti;

18) a potenziare e innovare la struttura tecnologica e digitale del Servizio sanitario nazionale a livello statale e regionale, al fine di garantire un'evoluzione significativa delle modalità di assistenza sanitaria, migliorando la qualità e la tempestività delle cure, valorizzando il ruolo della persona assistita come parte attiva del processo clinico-assistenziale, e garantendo una maggiore capacità di governance e programmazione sanitaria guidata dalla analisi dei dati, nel pieno rispetto della sicurezza e della tutela dei dati e delle informazioni;

19) ad adottare iniziative per valorizzare il ruolo degli enti del terzo settore nell'ambito della riorganizzazione dell'assistenza territoriale e dell'integrazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, sostenendo iniziative affinché anche la casa di comunità promuova il ruolo del terzo settore non profit e del volontariato organizzato come co-progettazione e co-protagonista della casa di comunità, sviluppando percorsi di inclusione sociale integrati con i distretti sanitario e sociali (legge n. 328 del 2000), valorizzando il ruolo dei sindaci, definendo gli obiettivi attesi ed effettuando la valutazione;

20) a promuovere il collocamento della figura del caregiver familiare, attualmente definita dall'articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, nell'ambito di un quadro giuridico di riferimento, affiancandolo costantemente nelle attività e nella formazione e valorizzandone il ruolo anche da un punto di vista assistenziale, sociale e previdenziale;

21) ad adottare le opportune iniziative per garantire un costante monitoraggio dell'attuazione degli obiettivi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e delle riforme di adeguamento a livello regionale e fornire un'informazione qualificata e trasparente in merito ai progetti di riforma dell'assistenza sanitaria territoriale, confrontandosi periodicamente con le Camere in merito ai progressi nella loro attuazione.
(1-00618) (Nuova formulazione) «Nappi, Panizzut, Carnevali, Mandelli, Noja, Bologna, Stumpo, Menga, Lapia, Trizzino, Villani, D'Arrando, Lorefice, Mammì, Marzana, Misiti, Penna, Provenza, Ruggiero, Sportiello, Boldi, Sutto, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Paolin, Patelli, Tiramani, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Rizzo Nervo, Siani, Bagnasco, Novelli, Versace, Romaniello, Dori, Siragusa, Paolo Nicolò Romano».

(30 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    durante la pandemia da SARS-Cov-2, Il nostro Paese è stato lungamente al primo posto per tasso di mortalità e al terzo posto per tasso di letalità, dimostrando, da un lato, che il Sistema sanitario nazionale è carente di strutture e personale e, dall'altro, che la rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria non funziona;

    già prima dell'emergenza sanitaria, nel 2018, del resto, i dati nazionali rivelavano che solo il 2,9 per cento della popolazione anziana avesse ricevuto interventi, con una media di 18 ore di trattamento all'anno invece delle 240 ore circa che i riferimenti internazionali stimano necessarie, nonché le marcate disparità regionali nell'offerta dell'assistenza domiciliare integrata (in seguito anche «ADI»);

    come risulta anche dal rapporto della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica del 2020, queste drammatiche lacune nell'offerta di salute pubblica sono il frutto dell'opera di destrutturazione delle strutture ospedaliere seguita al decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70, alla quale non è corrisposta la necessaria strutturazione dell'assistenza territoriale: il decreto, infatti, ha programmato la chiusura di diversi presidi ospedalieri, ma non è stato accompagnato dal potenziamento del servizi territoriali in modo uniforme sul territorio nazionale;

    alle lacune descritte ha contribuito poi il de-finanziamento della spesa sanitaria di oltre 37 miliardi di euro a partire dal decennio precedente al 2019, secondo il report dell'Osservatorio Gimbe, che ha interessato strutture, personale, presidi, medicina del territorio e specializzazioni delle professioni mediche, che soffrono la stortura dell'«imbuto formativo» dovuto alla differenza tra laureati in medicina e posti di specialità disponibili;

    l'intervento, anche di revisione, nel settore sanitario non è più procrastinabile;

    in primo luogo, perché in un Servizio sanitario nazionale impreparato alla gestione della pandemia e già in affanno per tagli e de-finanziamenti, all'impatto del COVID-19 si sta aggiungendo quello derivante dai ritardi nell'accesso ai servizi sanitari e dall'annullamento di prestazioni urgenti o differibili, la cui mancata diagnosi precoce e cura ha causato e aggravato patologie in maniera allarmante;

    in secondo luogo, perché, secondo quanto risulta dalle indagini Istat, la popolazione italiana è destinata ad invecchiare. Si prevede, infatti, che tra il 2015 e il 2065 la popolazione di età superiore ai 65 anni crescerà dal 21,7 per cento al 32,6 per cento, con il 10 per cento di età superiore agli 85 anni, in modo che l'indice di vecchiaia della popolazione, cioè il rapporto di composizione tra la popolazione anziana (65 anni e oltre) e la popolazione più giovane (0-14 anni), si incrementerà da 157,7 a 257,9;

    in terzo luogo, perché questo intervento costituisce una tappa necessaria dell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (in seguito anche «PNRR»). Infatti, la Missione 6 ha ad oggetto la salute ed è focalizzata sul rafforzamento della rete territoriale e l'ammodernamento delle dotazioni tecnologiche del Servizio sanitario nazionale con il potenziamento, tra l'altro, del fascicolo sanitario elettronico e della telemedicina. Nel più generale ambito sociosanitario, si affianca una componente di riforma rivolta alla non autosufficienza, con l'obiettivo primario di offrire risposte ai problemi degli anziani;

    allo scopo è stato previsto l'impiego di circa 15,6 miliardi di euro a valere sul RRF, 1,71 miliardi dal React-EU, 2,89 miliardi dai Fondo complementare, per un totale di circa 20 miliardi di euro;

    tuttavia, le misure contenute nel PNRR e nello schema di decreto ministeriale recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale» (cosiddetto «DM71», di cui il Consiglio dei ministri ha autorizzato l'adozione nonostante la mancata intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, non sono sufficienti per la transizione verso un modello di sanità di prossimità sia per la quantità di risorse destinate sia per la tipologia di interventi previsti;

    dal punto di vista degli interventi previsti, infatti, è indispensabile che la definizione di un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale non si basi solo sulla creazione di nuove strutture, oltretutto costose, ma anche sulla valorizzazione e riqualificazione di quelle già esistenti nonché su un congruo Investimento sulle figure professionali;

    in particolare, a livello strutturale, appare opportuno recuperare e ammodernare strutture esistenti ed eventualmente dismesse nonché, in una visione ospedalocentrica, valorizzare il ruolo delle farmacie private convenzionate con il Servizio sanitario nazionale e pubbliche. Queste, infatti, possono costituire un ottimo supporto all'interno del Sistema sanitario territoriale, ponendosi quali «unità elementari sanitarie» in grado di intercettare e assistere direttamente i bisogni di salute di bacini di utenza e fungendo così da «demoltiplicatore» rispetto alle attività assicurate dalle cosiddette «Case della Salute» e dai poli ospedalieri di riferimento;

    a livello organico, invece, di fronte alla carenza di medici che la pandemia ha messo in evidenza occorre investire sulla formazione e sull'assunzione di personale medico e di altri professionisti sanitari. Le professioni, infatti, sono fuori dal PNRR e devono, pertanto, essere disciplinate con riforme apposite e di sistema, che, tra le altre cose, siano intese a restituire centralità ai medici di medicina generale, che, conoscendo la storia sanitaria della famiglia del paziente, fungono da trait d'union tra il cittadino e la sanità;

    questa condizione di carenza di personale si registra anche nell'ambito della medicina di urgenza. Oltre ai pensionamenti la medicina d'urgenza sembra essere in crisi per il mancato cambio generazionale: i concorsi vanno deserti in tutte le regioni italiane e nell'anno accademico 2021/2022 circa la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza non sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati, un dato confermato anche dalla Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, che ha rilevato come «la scarsa attrattiva che la disciplina ha sui giovani laureati è stata evidenziata da una scuola di specialità che registra abbandoni, di anno in anno superiori, e borse di studio non assegnate»;

    la costruzione di una efficace rete territoriale di assistenza sanitaria deve basarsi altresì sullo sviluppo della telemedicina, che supporta l'interazione dei diversi professionisti sanitari con l'assistito nelle diverse fasi di valutazione del bisogno assistenziale, di erogazione delle prestazioni e di monitoraggio delle cure;

    pertanto, per risolvere e prevenire le inefficienze del sistema sanitario, tenuto conto anche dei problemi derivanti dalla mancata diagnosi precoce e dall'invecchiamento della popolazione, è necessario predisporre adeguate alternative alla presa in carico ospedaliera e riorganizzare i percorsi diagnostico-terapeutici, creando nuovi modelli di welfare basati sulle cosiddette strutture di prossimità, su équipe multiprofessionali, sugli enti del terzo settore, sull'assistenza familiare e domiciliare, sulla valorizzazione delle farmacie private convenzionate e pubbliche e sui professionisti sanitari, nonché sulla telemedicina e teleassistenza;

    solo così possono essere garantiti i Lea (livelli essenziali di assistenza), riducendo le disuguaglianze attraverso un modello di erogazione dei servizi condiviso ed omogeneo sui territorio, che supera la sperequazione tra regioni in tema di offerta di salute;

    il rafforzamento dell'Adi, poi, comporterebbe evidenti benefici sotto il profilo dei costi, dato che la spesa sanitaria per l'assistenza domiciliare integrata è nettamente inferiore alla spesa per un ricovero ospedaliero, e dell'efficacia del trattamento. È stato scientificamente dimostrato, infatti, che questa modalità di assistenza può migliorare sia la qualità della vita che la sopravvivenza stessa di pazienti;

    per realizzare gli scopi indicati, la legge di bilancio ha previsto per i prossimi 6 anni l'incremento del tetto del personale del Servizio sanitario nazionale;

    in particolare, l'articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2021, n. 234, al fine di assicurare l'implementazione degli standard organizzativi, quantitativi, qualitativi e tecnologici ulteriori rispetto a quelli previsti dal PNRR per il potenziamento dell'assistenza territoriale, ha autorizzato la spesa massima di 90,9 milioni di euro per l'anno 2022, 150,1 milioni di euro per l'anno 2023, 328,3 milioni di euro per l'anno 2024, 591,5 milioni di euro per l'anno 2025 e 1.015,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2026 a valere sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale. La predetta autorizzazione decorre dalla data di entrata in vigore del regolamento per la definizione di standard organizzativi, quantitativi, qualitativi, tecnologici e omogenei per l'assistenza territoriale, da adottare con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro il 30 aprile 2022. Con successivo decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le somme di cui al primo periodo sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in base ai criteri definiti con il medesimo decreto anche tenendo conto degli obiettivi previsti dal PNRR,

impegna il Governo:

1) ad adottare le opportune iniziative, anche normative, necessarie a garantire lo sviluppo di una migliore assistenza territoriale con promozione della telemedicina e del telemonitoraggio domiciliare per decongestionare gli ospedali, anche collocando la televisita all'interno di un percorso clinico che preveda l'alternanza di prestazioni in presenza e prestazioni a distanza;

2) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire lo sviluppo di modelli predittivi e proattivi che consentano la stratificazione della popolazione, il monitoraggio dei fattori di rischio e la gestione integrata di patologie croniche o altre situazioni complesse derivanti anche da condizioni di fragilità e disabilità, anche mediante lo stanziamento di risorse economiche e/o di incentivi;

3) nell'ambito della progressiva definizione di un sistema di prevenzione e diagnosi precoce, ad adottare iniziative per predisporre o incrementare sul territorio nazionale il numero di centri di screening per la diagnosi di patologie e disturbi;

4) a valutare l'opportunità di prevedere la deducibilità delle spese sostenute dai soggetti esercenti attività d'impresa, arti e professioni, dalle piccole e medie imprese o dai titolari di partita Iva operanti nell'ambito sanitario nel territorio dello Stato per l'attivazione o il potenziamento dei sistemi di teleassistenza o telemedicina;

5) ad adottare le iniziative necessarie a garantire la piena operatività del Fascicolo sanitario elettronico e la digitalizzazione dei dati sanitari, corredandolo del cosiddetto «dossier farmaceutico», che ripercorre la storia farmaceutica di ogni paziente e la rende fruibile a tutto il sistema sanitario;

6) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, per il potenziamento dei servizi di cura in termini di risorse umane, anche generalizzando il ricorso al cosiddetto case manager, figura di riferimento in ambito sanitario che si occupa della predisposizione di un piano di trattamento individualizzato e coordinato di cure e servizi sanitari e socio-assistenziali;

7) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di accesso alla facoltà di medicina e agli altri corsi di istruzione universitaria per le professioni sanitarie, privilegiando il merito;

8) ad adottare iniziative per risolvere definitivamente il problema del cosiddetto «imbuto formativo»;

9) ad adottare iniziative per ampliare la possibilità per le regioni di distribuire agli assistiti per il tramite delle farmacie pubbliche e private convenzionate e in regime di distribuzione per conto alcune tipologie di farmaci generalmente erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche;

10) ad adottare le opportune iniziative per inserire le farmacie pubbliche e private convenzionate tra i pilastri della rete di assistenza territoriale sanitaria e socio-sanitaria;

11) ad adottare iniziative per rivedere i criteri di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, partendo, come più volte espresso dalle regioni, dalla Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg) e dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo), da nuovi criteri di ripartizione e, in primis, dal cosiddetto «coefficiente di deprivazione», in modo da omogeneizzare il livello di assistenza sanitaria su tutto li territorio nazionale, tenendo conto dei problemi delle regioni con maggior tasso di mobilità sanitaria, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione;

12) ad adottare le opportune iniziative per potenziare la rete di emergenza-urgenza, anche alla luce del fatto che la metà delle borse di studio della specialità di emergenza-urgenza noti sono state assegnate per disinteresse dei neolaureati.
(1-00645) «Gemmato, Lollobrigida, Ferro, Bellucci».

(9 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la pandemia causata dal COVID-19 ha messo in luce tutte le contraddizioni del nostro sistema sanitario e, in particolar modo, in alcuni regioni sono emerse in maniera cristallina le sperequazioni prodotte da politiche sanitarie in favore di una sanità privata che ha guardato al profitto e alla creazione di expertise iper-specialistiche che, nell'approccio di prossimità delle comunità intese nella loro interezza (aree urbane, rurali, montane e interne), non hanno tenuto in debito conto l'importanza strategica della sanità territoriale quale strumento di vera prossimità sociale e sanitaria;

    il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 6 agosto 2021, recante «Assegnazione delle risorse finanziarie previste per l'attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e ripartizione di traguardi e obiettivi per scadenze semestrali di rendicontazione» e il decreto del Ministero dell'economia e finanze del 23 novembre 2021, recante le modifiche alla tabella A del sopra citato decreto, assegnano alle singole amministrazioni le risorse finanziare per l'attuazione degli interventi di cui sono titolari;

    la missione 6 salute contiene tutti gli interventi a titolarità del Ministero della salute suddivisi in due componenti:

     a) M6C1 – Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l'assistenza sanitaria territoriale:

      1) case della Comunità e presa in carico della persona;

      2) casa come primo luogo di cura e telemedicina:

     i) casa come primo luogo di cura;

     ii) implementazione delle centrali operative territoriali;

     iii) telemedicina per un migliore supporto ai pazienti cronici;

      3) rafforzamento dell'assistenza sanitaria intermedia e delle sue strutture (ospedali di comunità);

     b) M6C2 – Innovazione, ricerca e digitalizzazione del servizio sanitario:

      1) aggiornamento tecnologico e digitale;

      2) formazione, ricerca scientifica e trasferimento tecnologico;

    è recente la pubblicazione della delibera del Consiglio dei ministri per l'adozione del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», anche funzionale all'attività delle nuove apposite strutture, da realizzare, finanziate con specifiche risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

    nella delibera in predicato sono elencate diverse motivazioni, dalla necessità che il decreto ministeriale n. 70 del 2015 sugli standard ospedalieri sia accompagnato «(...) dal potenziamento dei servizi territoriali in modo uniforme sul territorio nazionale mediante la definizione di appositi standard (...)», al richiamo della Corte dei conti sul coordinamento della finanza pubblica del 2020, in cui viene ribadito che: «(...) nonostante l'aumento di attività degli anni più recenti sembra confermarsi ancora, non solo nelle aree più deboli del Paese, una sostanziale debolezza e limitazione della rete territoriale per riuscire a far fronte alle necessità della popolazione in condizioni di non autosufficienza e di quella per la quale la gravità delle condizioni o la cronicizzazione delle malattie richiederebbero una assistenza al di fuori delle strutture di ricovero (...)»;

    secondo il Governo, vi è «(...) la necessità e l'urgenza, superata la crisi, di accompagnare un più corretto utilizzo delle strutture di ricovero con il potenziamento di quelle strutture territoriali (case della salute) che possono essere in grado di dare una risposta continua a quei bisogni sanitari non così gravi e intensi da trovare collocazione in ospedale, mantenendo tuttavia un forte legame con le strutture di ricovero (...)»;

    il Governo ha precisato che la «(...) riorganizzazione delle attività dei medici di medicina generale, reti specialistiche multidisciplinari, oltre che il potenziamento ulteriore dell'assistenza domiciliare integrata e dell'assistenza residenziale, rappresenta una scelta obbligata verso la quale si è mosso anche un Piano nazionale della cronicità, proponendo nuovi modelli organizzativi centrati sulle cure territoriali e domiciliari integrate e delegando all'assistenza ospedaliera la gestione dei casi acuti/complessi non gestibili dagli operatori sanitari delle cure primarie (...)»;

    nel quadro di questa riforma sanitaria andrebbe però considerata la questione degli standard assistenziali, che non possono essere uniformi per tutto il territorio nazionale, sul presupposto logico che andrebbero favorite le regioni più svantaggiate in termini di viabilità, rigidità climatiche, deprivazione sanitaria, maggiore incidenza di patologie croniche, povertà e vulnerabilità sociale;

    a titolo d'esempio, i quasi dodici anni di commissariamento della sanità della regione Calabria hanno determinato effetti molto gravi per il mancato sviluppo dei servizi territoriali, dovuto anche allo scarso, se non in alcuni casi inesistente, collegamento fra ospedali e distretti;

    in Calabria si registra insufficienza della prevenzione e inadeguatezza delle reti assistenziali e, a causa delle limitazioni imposte dal piano di rientro, è avvenuto uno smantellamento di reparti ospedalieri e di ambulatori territoriali, con la conseguenza di lasciare intere aree senza assistenza di base, specie nelle zone montane, interne e disagiate;

    nella seduta del 21 aprile 2022 della Conferenza Stato-regioni si è registrata la mancata intesa sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, concernente il regolamento recante i modelli e gli standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel servizio sanitario (DM71). La mancata intesa è conseguente al parere contrario ribadito dalla regione Campania, che lo ha motivato con la mancanza di risorse aggiuntive dedicate all'assunzione e messa a disposizione del personale previsto dai nuovi standard di assistenza territoriale (cure primarie). L'adozione del decreto, entro il 30 giugno 2022, è il punto di partenza della riforma dell'assistenza territoriale;

    con riguardo alle risorse, il percorso implementativo della riforma si fonda su tre fonti di finanziamento:

     a) risorse stabili del fondo sanitario nazionale, ai sensi del decreto-legge n. 34 del 2020 che ha autorizzato a regime, a valere sul livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l'anno di riferimento, le seguenti risorse:

      1) 480.000.000 euro per il reclutamento di personale infermieristico (articolo 1, comma 5);

      2) 766.466.017 euro: di cui 733.969.086 euro previsti per il rafforzamento dell'assistenza domiciliare integrata (articolo 1, comma 4) e 32.496.931 euro per l'operatività delle centrali regionali (articolo 1, comma 8);

     b) risorse finalizzate per l'assunzione di personale dipendente e di personale convenzionato, a valere sul Fondo sanitario nazionale, stanziate dall'articolo 1, comma 274, della legge di bilancio per il 2022, di accompagnamento al percorso di implementazione (per gli anni 2022-2026) e a regime a sostegno permanente degli standard per l'assistenza territoriale, per una spesa di 90,9 milioni di euro per il 2022, di 150,1 milioni di euro per il 2023, di 328,3 milioni di euro per il 2024, di 591,5 milioni di euro per il 2025 e di 1.015,3 milioni di euro a decorrere dal 2026;

     c) risorse rivenienti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza per il finanziamento della componente 1 relativamente al progetto «Casa come primo luogo di cura – assistenza domiciliare», per un totale di risorse impegnate pari, complessivamente, a 7 miliardi di euro, ai quali si aggiungono 1,50 miliardi di euro di risorse React EU e 0,50 miliardi di euro risorse afferenti al Fondo complementare;

    l'obiettivo della componente è il rafforzamento del Servizio sanitario nazionale, compresa la protezione dai rischi sanitari ambientali e climatici, per meglio rispondere alle esigenze delle comunità in materia di cure e assistenza a livello locale. Gli interventi di questa componente, che si devono leggere in parallelo con quelli della missione 5, componente 2, dedicati all'assistenza sociale, intendono rafforzare le cure intermedie erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali (case e ospedali di comunità), il contemporaneo rafforzamento dell'assistenza domiciliare e lo sviluppo della telemedicina;

    il percorso implementativo della riforma si fonda su:

     a) omogeneità del modello organizzativo degli ambiti territoriali sociali, da assicurarsi mediante atti di programmazione regionali o provinciali (articolo 1, comma 161, della legge n. 234 del 2021 – legge di bilancio per il 2022);

     b) introduzione dell'infermiere di famiglia o di comunità, IFoC, (articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 34 del 2020). In sintesi, l'infermiere di famiglia o di comunità:

      1. collabora all'intercettazione del bisogno di salute, agendo sulla promozione, prevenzione e gestione della salute in tutte le fasce d'età;

      2. contribuisce alla programmazione delle attività, anche attraverso gli strumenti propri della gestione degli assistiti finalizzati a mantenere la popolazione in condizioni di buona salute, rispondendo ai bisogni del singolo paziente, sia in termini di prevenzione sia di cura delle condizioni croniche;

      3. favorisce l'accessibilità e l'orientamento ai servizi al fine di garantire un'effettiva presa in carico della persona assistita;

      4. promuove il coinvolgimento attivo e consapevole della comunità, organizzando processi e momenti di educazione sanitaria di gruppo in presenza o in remoto, in collaborazione con tutti i livelli e gli attori sanitari;

      5. utilizza sistematicamente strumenti digitali e di telemedicina e teleassistenza;

     c) conferma dell'unità di continuità assistenziale nel limite previsto ai sensi dell'articolo 1, comma 274, della legge di bilancio per il 2022, che è un'équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa:

      1) gli standard sono: 1 medico e 1 infermiere ogni 100.000 abitanti;

      2) standard di personale di 1 centrale operativa territoriale, per 100.000 abitanti: 5-6 infermieri, 1-2 unità di personale di supporto;

     d) intervento inerente ai livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza e gli ambiti territoriali sociali operato dalla legge di bilancio per il 2022 (articolo 1, commi 159-171), al fine di favorire l'integrazione tra gli ambiti sanitari, sociosanitari e sociali, ferme restando le rispettive competenze e ferme restando le risorse umane e strumentali di rispettiva competenza. La legge di bilancio per il 2022 ha infatti definito il contenuto dei livelli essenziali delle prestazioni sociali per la non autosufficienza e qualificato gli ambiti territoriali sociali quale sede necessaria in cui programmare, coordinare, realizzare e gestire gli interventi, i servizi e le attività utili al raggiungimento dei livelli essenziali delle prestazioni sociali, nonché a garantire la programmazione, il coordinamento e la realizzazione dell'offerta integrata dei livelli essenziali delle prestazioni sociali sul territorio. Inoltre, gli ambiti territoriali sociali concorrono alla piena attuazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza nell'ambito delle politiche per l'inclusione e la coesione sociale;

     e) istituzione dei punti unici di accesso, la cui sede operativa è situata presso le case della comunità, grazie ai quali il Servizio sanitario nazionale e gli ambiti territoriali sociali garantiscono alle persone in condizioni di non autosufficienza l'accesso ai servizi sociali e ai servizi sociosanitari;

    il Piano nazionale di ripresa e resilienza potrebbe essere l'opportunità per attuare in concreto lo spirito della legge del 23 dicembre 1978, n. 833, che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, addivenendo ad una vera assistenza territoriale percepita concretamente dall'utenza, programmando strutturalmente anche dopo la fine della programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (non solo fino al 2026), per assicurare l'assistenza di prossimità attraverso l'implementazione dell'attività distrettuale con un attento e continuativo esercizio delle funzioni affidate alle organizzazioni fisse funzionali ad intercettare e rimediare al fabbisogno epidemiologico emergente (case e ospedali di comunità), nonché un serio servizio sociale di presa in carico dell'individuo, garantendogli la continuità tra territorio e spedalità (centrali operative territoriali);

    affinché siffatte strutture, idealmente apprezzabili, possano svolgere il loro ruolo per la collettività dovrebbero essere allocate, magari in formazione aggregata, nei siti migliori e più favorevoli alla collettività, soprattutto rintracciando preventivamente l'esistenza del fabbisogno epidemiologico, mai rilevato nella quasi totalità delle latitudini geografiche del nostro sistema sanitario, a cui si aggiunge una programmazione necessaria della copertura finanziaria, post Piano nazionale di ripresa e resilienza, indispensabile alla loro sostenibilità nel tempo;

    nell'audizione tenutasi il 29 gennaio 2021, presso la Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati, del presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo, i posti letti sono passati infatti da 244 mila nel 2010 a 211 mila nel 2018. Si tratta di -33.000 posti letto negli ospedali tra il 2010 e il 2018 secondo le stime dell'Istat. Una riduzione che è emersa in tutta la sua drammaticità proprio con l'esplosione dell'emergenza COVID-19;

    secondo gli operatori e gli analisti del settore la cifra prevista per la medicina territoriale è insufficiente e non basterà a colmare tutte le lacune che affliggono il sistema sanitario italiano, per il quale nel documento di economia e finanza, approvato il 6 aprile 2022 dal Governo, è stato previsto un taglio dello 0,6 per cento annuo della spesa sanitaria per il periodo 2023/2025;

    non v'è alcun dubbio che gli investimenti nel sistema sanitario e la necessità di declinarlo in un modello di medicina diffusa sul territorio con diversi presìdi siano il percorso da seguire perché, ad esempio, il ricovero in ospedale avverrebbe solo nei casi particolarmente gravi o che richiedano cure specialistiche. Affinché quanto previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza risulti efficace, è imprescindibile un incremento stabile della spesa pubblica in questo settore. Al contrario, le nuove strutture che verranno realizzate con le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza e con la diminuzione di spesa sanitaria già prevista dal documento di economia e finanza rischiano di rimanere delle scatole vuote o, peggio, cattedrali nel deserto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per rivedere il taglio dello 0,6 per cento annuo della spesa sanitaria per il periodo 2023/2025, inserendo nel prossimo disegno di legge di bilancio un incremento consistente della spesa sanitaria che sia strutturale per far fronte alle necessità implementative delle strutture funzionali alla medicina territoriale e di prossimità;

2) ad adottare le iniziative di competenza al fine di potenziare i dipartimenti di salute mentale, i quali sono stati via via definanziati, essendo di primaria importanza all'interno di una comunità di prossimità;

3) a promuovere l'inserimento nel decreto ministeriale di cui in premessa, recante «Modelli e standard per lo sviluppo dell'assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale», di criteri che, ai fini della definizione degli standard medesimi e nell'ottica di garantire il diritto alla salute in maniera uniforme e completa, tengano conto delle aree regionali svantaggiate in termini di viabilità, rigidità climatiche, deprivazione sanitaria, maggiore incidenza di patologie croniche, povertà e vulnerabilità sociale;

4) ad adottare iniziative per istituire, sin da ora, un fondo unico post Piano nazionale di ripresa e resilienza dove allocare ogni anno, con le leggi di bilancio, le risorse economiche necessarie alla realizzazione strutturale e continuativa in termini di assunzione del personale medico, paramedico e delle risorse umane fondamentali per il funzionamento e il mantenimento, all'interno del Servizio sanitario nazionale, delle strutture strumentali e funzionali alla realizzazione della medicina territoriale.
(1-00654) «Sapia, Massimo Enrico Baroni, Leda Volpi, Colletti, Cabras, Corda, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Raduzzi, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello».

(23 maggio 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI PREVENZIONE E CURA DELLE MALATTIE ONCOLOGICHE, ANCHE NEL QUADRO DEL PIANO EUROPEO DI LOTTA CONTRO IL CANCRO

   La Camera,

   premesso che:

    i tumori rappresentano uno dei principali problemi sanitari a livello europeo, oggetto delle azioni e delle politiche sanitarie dell'Unione europea, nonché la seconda causa di mortalità dopo le malattie cardiovascolari. Pertanto, nella definizione e nell'attuazione delle politiche e dell'attività dell'Unione europea viene garantito un elevato livello di protezione della salute umana, al fine di incoraggiare la cooperazione tra gli Stati membri e di migliorare la complementarità dei loro servizi sanitari;

    l'Europa, pur rappresentando un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi di tumori nel mondo, numero che, secondo i dati dell'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, tenderà ad aumentare del 24 per cento entro il 2035, rendendo i tumori la prima causa di morte nell'Unione europea. Nel 2020 a 2,7 milioni di persone dell'Unione europea è stato diagnosticato un tumore e 1,3 milioni di persone hanno perso la vita a causa di esso. Tali dati evidenziano la necessità per l'Unione europea di introdurre politiche sempre più efficaci a contrastare la patologia;

    oltre a essere causa di grandi sofferenze fisiche ed emotive per i pazienti e per chi li circonda, i tumori gravano notevolmente sui sistemi sanitari, sull'economia e sulla società in generale. In Europa, infatti, si stima un impatto economico complessivo superiore ai 100 miliardi di euro l'anno;

    la pandemia da COVID-19 ha avuto gravi ripercussioni sulle cure oncologiche, poiché ha determinato una diminuzione della prevenzione, ritardando gli screening, le diagnosi, e i trattamenti;

    la pandemia ha inciso anche sulla prevenzione delle patologie Hpv- correlate, con riduzioni degli screening e delle vaccinazioni che potrebbero tradursi nel giro di pochi anni in aumento di lesioni precancerose, o tumori da papillomavirus;

    stando ai dati rilasciati dal Ministero della salute, aggiornati al 30 dicembre 2020, il tasso di vaccinazione contro il virus Hpv dei giovani a partire dagli undici anni di età, già significativamente basso negli anni precedenti, è diminuito ulteriormente con la pandemia, non centrando l'obiettivo previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 di coprire almeno il 95 per cento dei ragazzi e delle ragazze;

    da decenni l'Unione europea è impegnata nella lotta contro i tumori, con politiche volte a salvare la vita dei pazienti. Tuttavia, l'ultimo piano d'azione europeo in materia risale ai primi anni '90 e da allora si è assistito ad importanti progressi a livello mondiale nel trattamento della malattia;

    la medicina personalizzata ha radicalmente cambiato la prognosi dei pazienti e, insieme alla ricerca e all'innovazione, con l'ausilio dalle tecnologie digitali, si sono raggiunti notevoli traguardi nella comprensione dei tumori; sussistono, però, ancora troppi ostacoli nell'accesso ai test di diagnostica molecolare, necessari per indirizzare i pazienti verso le terapie appropriate. I test diagnostici non sono sempre disponibili e dunque garantiti in maniera omogenea in tutte le regioni, creando forti disparità tra i cittadini italiani. È necessario perciò adottare un approccio trasversale, basato sulla centralità del paziente e sull'utilizzo delle nuove tecnologie, che rafforzi la cooperazione e migliori gli esiti clinici dei malati, ponendo fine alle disparità di accesso in termini di conoscenza, prevenzione, diagnosi e cure;

    con l'intenzione di rendere l'Unione europea più resiliente e rispondendo a queste esigenze, la Commissione europea ha predisposto e presentato, il 3 febbraio 2021, il «Piano europeo di lotta contro il cancro», che riflette l'impegno politico a non lasciare nulla di intentato, agendo contro la malattia, mobilitando il potere collettivo dell'Unione europea verso un cambiamento a vantaggio della popolazione;

    il Piano contiene la previsione di azioni concrete ed ambiziose, che sosterranno e integreranno gli sforzi profusi dagli Stati membri per alleviare le sofferenze causate dalla malattia. Il piano pone l'accento sulla ricerca e sull'innovazione, esplorando il potenziale della digitalizzazione e delle nuove tecnologie, introducendo strumenti finanziari a sostegno degli Stati membri. Nel perseguire l'obiettivo di affrontare l'interno decorso della patologia, il piano europeo prevede quattro aree di intervento: prevenzione, individuazione precoce della patologia, diagnosi e trattamento, migliorare la qualità di vita dei pazienti oncologici, accompagnate da dieci iniziative «faro»;

    tra le linee d'azione del Piano europeo, la terza «iniziativa faro» mira a sostenere gli sforzi degli Stati membri volti ad estendere in maniera significativa la vaccinazione contro il papillomavirus nei ragazzi e nelle ragazze, con l'obiettivo di vaccinare almeno il 90 per cento della popolazione bersaglio entro il 2030, coerentemente con quanto previsto dalla Strategia globale dell'Organizzazione mondiale della sanità per l'eliminazione del cancro della cervice uterina;

    l'«iniziativa faro» numero quattro intende promuovere un nuovo programma di screening dei tumori per aiutare gli Stati membri a garantire che il 90 per cento della popolazione che soddisfa i requisiti per lo screening del carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon retto abbia la possibilità di sottoporvisi entro il 2025;

    si consentirà di mettere in comune risorse e competenze a vantaggio dei Paesi europei, implementando la ricerca e la condivisione dei risultati ottenuti, garantendo parità d'accesso ai dati sanitari essenziali e offrendo ai pazienti assistenza e terapie migliori;

    in questo quadro è interessante menzionare il piano d'azione «Samira», presentato il 5 febbraio 2021, volto a migliorare il coordinamento europeo nell'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari per la cura dei tumori e di altre malattie, garantendo altresì ai cittadini europei elevati standard di qualità nel trattamento della patologia e parità di accesso alla medicina personalizzata;

    il Piano verrà rivisto periodicamente per verificare se le azioni poste in essere siano state sufficienti o se sarà necessario introdurne di aggiuntive per un efficace raggiungimento degli obiettivi prefissati. La prima revisione è programmata entro la fine del 2024;

    saranno sfruttati tutti gli strumenti di finanziamento disponibili, con uno stanziamento complessivo di 4 miliardi di euro. Il nuovo programma «EU4Health» contribuirà con 1,25 miliardi di euro alle azioni intraprese per contrastare la malattia, il programma quadro per la ricerca e l'innovazione «Orizzonte Europa» vi contribuirà con 2 miliardi di euro, seguito dal programma Erasmus+ con 500 milioni di euro, a sostegno dell'istruzione, della formazione e della ricerca in campo oncologico, e dal programma «Europa digitale» con 250 milioni di euro per investimenti in competenze digitali. Infine, ulteriori fondi per riforme e investimenti saranno previsti dal Next generation EU con 672,5 miliardi di euro, erogati sotto forma di prestiti e sostegno finanziario non rimborsabile. I fondi potranno essere utilizzati anche per investimenti nelle infrastrutture e nelle attrezzature sanitarie, nonché nella digitalizzazione sanitaria e nello sviluppo delle nuove tecnologie;

    la Commissione, per implementare la cooperazione tra le istituzioni europee in relazione alle azioni intraprese, istituirà un «gruppo di attuazione del Piano di lotta contro il cancro», il quale definirà una tabella di marcia attuativa relativa allo status delle azioni avviate;

    sul fronte italiano l'ultimo rapporto annuale dell'Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), in collaborazione con l'Airtum (Associazione italiana registri tumori), denominato «I numeri del cancro in Italia», rileva come i tumori siano patologie in costante crescita in tutto il mondo. Si stimano 377 mila nuove diagnosi in Italia per tutto il 2020: 195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne. Il tumore maggiormente diagnosticato è il carcinoma mammario (54.976, pari al 14,6 per cento di tutte le nuove diagnosi di tumore), seguito dal colon-retto (43.702), polmone (40.882), prostata (36.074) e vescica (25.942);

    inoltre, il rapporto evidenzia come efficaci campagne di prevenzione, già adottate in Italia, e la disponibilità di terapie innovative abbiano migliorato le condizioni di vita del paziente, garantendogli il prosieguo di una vita sostanzialmente normale;

    tuttavia, nel nostro Paese persistono ancora notevoli disparità nel trattamento della patologia all'interno delle singole regioni, che determinano tempi e qualità delle prestazioni profondamente diversi e spesso conflittuali;

    in particolare, l'Osservatorio nazionale screening (Ons) si è proposto di monitorare l'andamento dei programmi di screening durante la pandemia e uno degli strumenti preposti allo scopo è stata la conduzione di una indagine per misurare quantitativamente il ritardo accumulato e le capacità di recupero di ogni regione, con particolare riguardo allo screening cervicale, mammografico e colorettale; i dati hanno fornito un aggiornamento della stima quantitativa dei ritardi che si stanno accumulando nei programmi di screening oncologico;

    la riduzione del numero di persone esaminate dipende non solo dalla riduzione del numero degli inviti, ma anche dalla tendenziale minore partecipazione nella fase immediatamente precedente il lockdown e successivamente alla riapertura. Tale riduzione è dovuta, almeno in parte, alla elevata percezione del rischio infettivo da parte degli utenti, che può scoraggiarli dal recarsi in strutture di tipo sanitario. Dalle valutazioni riportate è emersa una riduzione della propensione alla partecipazione che è meno accentuata per lo screening cervicale e mammografico (-15 per cento), mentre è più elevata per lo screening colorettale (-20 per cento);

    inoltre, dall'ultimo report di SalutEquità, «Trasparenza e accesso ai dati sullo stato dell'assistenza ai pazienti NON COVID-19», risulta che nel 2020 il 10 per cento dei cittadini ha rinunciato alle cure, circa la metà a causa del COVID-19, contro il 6,3 per cento del 2019. Nel periodo gennaio-settembre 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, sono stati svolti 2,1 milioni di screening oncologici in meno (-48,3 per cento). Questa riduzione ha prodotto 13.011 minori diagnosi che emergeranno quando la neoplasia sarà in fase avanzata. Inoltre, l'ultima Relazione sullo stato sanitario del Paese è del 2011-2013, per cui mancano una serie di dati ufficiali accessibili pubblicamente, fondamentali per dimensionare con precisione l'effettivo fenomeno;

    l'ultimo documento tecnico di indirizzo dedicato al trattamento ed alla cura del cancro (Piano oncologico nazionale – Pon) risale al 2016 ed è attualmente in corso di aggiornamento. Oltre a definire le azioni programmatiche da intraprendere per la prevenzione, diagnosi e cura della patologia, è necessario fissare indicatori predefiniti per il raggiungimento delle performance regionali. Pertanto, sarebbe opportuno adottare un nuovo piano centrato sul paziente e sul suo percorso terapeutico che, come indicato nell'accordo Stato-regioni del 2019, individui nella rete oncologica il miglior modello organizzativo per un adeguato livello di accoglienza e integrazione tra assistenza territoriale e ospedaliera, assicurando per tutti un equo accesso alle cure;

    l'istituzione della Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza ha colmato un vuoto che caratterizzava il Servizio sanitario nazionale, prevedendo un corretto conferimento dei dati regionali in un unico database nazionale, al fine di coordinare e monitorare lo stato di salute della popolazione, creando uno strumento strategico per la prevenzione (legge 22 marzo del 2019, n. 29);

    è importante che le istituzioni prendano spunto dalle best practice già esistenti sul nostro territorio per ridisegnare i modelli di governance dell'assistenza sanitaria e della presa in carico del paziente oncologico;

    a tal proposito, il progetto Predict and Prevent, avviato su dieci strutture specializzate a attualmente ancora in corso, rappresenta un esempio di iniziativa di successo condotta con l'obiettivo primario di tutelare la salute dell'osso nelle pazienti con carcinoma mammario in terapia ormonale adiuvante ma con la potenzialità di essere esteso su tutto il territorio nazionale e in altre aree terapeutiche;

    il progetto dimostra che per presa in carico del paziente debba intendersi non soltanto l'individuazione della migliore terapia oncologica, ma la valutazione di tutti quegli aspetti clinici legati al percorso terapeutico ed alle conseguenze dello stesso che debbono essere valutate da un team multidisciplinare, al fine di consentire una completa assistenza anche in ottica di prevenzione e contribuire al completo benessere psicofisico del paziente;

    il Parlamento italiano si è espresso a più riprese nel corso di questa legislatura con atti di indirizzo politico votati all'unanimità in Assemblea e nelle Commissioni di merito, atti che fanno riferimento a meritorie iniziative delle principali associazioni di pazienti oncologici attive sul territorio nazionale che, negli ultimi anni, hanno svolto una costante attività di informazione e condivisione con deputati e sanatori. Dagli atti discendono impegni per il Governo in linea con quanto previsto dal piano europeo per la presa in carico e la cura dei pazienti oncologici e onco-ematologici in Italia;

    i vantaggi legati all'utilizzo di strumenti come la telemedicina e le soluzioni tecnologiche e digitali per la salute pubblica fanno emergere il bisogno di utilizzarli non solo in emergenza, ma come asset da integrare in modo stabile nella gestione dell'assistenza e della cura delle patologie, anche oncologiche. Ne consegue la necessità di adottare un linguaggio condiviso e uniforme con sistemi informatici interoperabili;

    particolare attenzione deve essere prestata alla presa in carico dei pazienti; in quest'ottica, in tema di carcinoma mammario, i Centri di senologia (Breast Unit) garantiscono una presa in carico del paziente multidisciplinare, riunendo funzionalmente tutti i servizi che sono coinvolti nella diagnosi, cura e riabilitazione delle pazienti con carcinoma mammario; questi centri intervengono, annualmente, in media, nel trattamento della patologia di almeno 150 nuovi casi si carcinoma mammario;

    la Conferenza Stato-regioni, tramite intesa (n. 185/CRS), il 18 dicembre 2014, ha approvato le «linee di indirizzo sulle modalità organizzative e assistenziali della rete dei centri di senologia». L'intesa ha previsto, al punto 2, l'istituzione di un tavolo di coordinamento presso il Ministero della salute, con la partecipazione di esperti dello stesso Ministero, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano. Tuttavia, Ad oggi, il tavolo di coordinamento nazionale non ha esercitato compiutamente le proprie funzioni, e nonostante gli impegni presi dalle regioni, si continuano a rilevare difformità territoriali e regionali nell'attuazione delle Breast Unit;

    l'attuazione di questa intesa non è completata, perché molte strutture non rispettano tutti i requisiti previsti: mancano servizi essenziali come chirurgia plastica, oncogenetica, psico-oncologica; non vengono svolte attività come la gestione del follow-up, la formazione del personale e o la ricerca; nella Breast Unit strutturate in più sedi manca una gestione centralizzata del percorso delle pazienti e le sedi secondarie non garantiscono sufficienti standard di qualità;

    la commissione tecnica del Ministero della salute, incaricata del coordinamento e del monitoraggio delle reti dei Centri di senologia, non è mai stata resa operativa, con il risultato che permangono forti disparità tra le Breast Unit delle diverse regioni, generando iniquità e irragionevole disparità di trattamento;

    infine, è fondamentale affrontare il tema del diritto all'oblio, perché le persone guarite dal cancro possano anche essere considerate guarite socialmente e accedere a servizi finanziari, assicurativi e sociali senza discriminazioni. Una recente risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 chiede che entro il 2025 tutti gli stati membri garantiscano questo diritto,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per adottare in ambito europeo politiche, coordinate tra gli Stati membri, volte a sostenere le quattro aree di intervento del Piano europeo contro il cancro;

2) ad adottare un nuovo documento tecnico di indirizzo (Piano oncologico nazionale – Pon) volto a ridurre il grande divario esistente tra gli ambiti regionali, prevedendo, altresì, un meccanismo di monitoraggio per la concreta attuazione del piano stesso, includendovi indicatori predefiniti per la valutazione delle performance regionali rispetto alla presa in carico e cura del paziente;

3) ad adottare iniziative per varare un Piano straordinario organizzativo e informativo per il recupero delle vaccinazioni contro il papillomavirus, per mantenere l'obiettivo di copertura del 95 per cento dei ragazzi e delle ragazze all'interno del Piano nazionale per la prevenzione vaccinale;

4) a sostenere il piano d'azione «Samira» per migliorare l'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari – in particolare le terapie radiocellulari di ultima generazione – per la cura dei tumori e di altre malattie;

5) ad avviare l'istituzione della Rete nazionale dei registri tumori e dei sistemi di sorveglianza e per il controllo sanitario della popolazione, consentendo l'adozione di strumenti informatici adeguati al compito;

6) ad adottare iniziative per dare effettiva operatività alle reti oncologiche (in base all'accordo Stato-regioni del 2019) come modello organizzativo di riferimento per assicurare a tutti un equo e omogeneo accesso alle cure;

7) a verificare che parte dei fondi del Next generation EU vengano utilizzati per investimenti nelle infrastrutture e nelle attrezzature sanitarie, oltre che nelle attività di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e nuove tecnologie;

8) ad adottare iniziative per promuovere la ricerca in campo oncologico: da quella di base preclinica ad approcci traslazionali ed epidemiologici, sino alle sperimentazioni cliniche;

9) a promuovere campagne di screening per le popolazioni maggiormente a rischio, al fine di recuperare gli esami non eseguiti durante la pandemia e di incentivare l'attività di prevenzione secondaria;

10) a valutare l'adozione di iniziative per l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza (Lea) dei test di diagnostica molecolare per patologie per le quali esistano farmaci di precisione disponibili, per indirizzare i pazienti verso le terapie più appropriate;

11) a promuovere l'uniforme accesso dei pazienti ai farmaci oncologici innovativi approvati dall'Agenzia italiana del farmaco su tutto il territorio nazionale;

12) ad adottare iniziative per garantire, anche attraverso attività di monitoraggio, che tutti i centri delle reti oncologiche operino secondo elevati standard di qualità per il trattamento della patologia, anche nell'ottica di un approccio alla medicina personalizzata e di precisione;

13) a valorizzare le best practice esistenti per promuovere, a livello territoriale, un approccio multidisciplinare che investa diversi specialisti, con l'obiettivo di garantire e migliorare il benessere psicofisico complessivo del paziente oncologico;

14) a promuovere la realizzazione di un'infrastruttura telematica che possa implementare i benefici dati dal sostegno e dai trattamenti tradizionali, ridisegnando i percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta) anche in un'ottica di integrazione ospedale-territorio e considerando le sedi più appropriate – ospedaliere o domiciliari, – per lo svolgimento o per l'erogazione dei bisogni clinici e riabilitativi;

15) ad adottare le iniziative di competenza per predisporre l'aggiornamento e la relativa pubblicazione di tutte le rilevazioni ufficiali delle diverse istituzioni sanitarie – a partire dalla Relazione sullo stato sanitario del Paese 2020-2021 – per misurare lo stato attuale dell'assistenza garantita ai pazienti «non COVID-19», per rilevare le criticità nell'accesso alle cure e impostare subito un Piano nazionale di recupero del Servizio sanitario nazionale per gli assistiti «non COVID»;

16) ad adottare iniziative per garantire l'implementazione e il monitoraggio delle Breast Unit, anche mediante il Tavolo di coordinamento ministeriale, facendo sì che esso verifichi con la collaborazione delle regioni, i casi di inadempienza dei servizi offerti, allo scopo di garantire l'accessibilità delle donne in Centri che rispondano a requisiti specifici, secondo linee guida condivise e standard di qualità;

17) ad adottare iniziative per lo screening mammografico sia per realizzare nuove strategie di comunicazione su scala nazionale per informare e fidelizzare le donne, sia per predisporre nuovi protocolli che prevedano la valutazione del livello di rischio individuale e percorsi specifici per le donne ad alto rischio, sia per redigere report ravvicinati e costanti sull'attività dello screening nelle varie regioni da parte dell'Osservatorio nazionale screening;

18) ad adottare iniziative per assicurare il diritto all'oblio alle persone guarite dal cancro in linea con la risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 che chiede entro il 2055 che tutti gli Stati membri garantiscano questo diritto, rimuovendo ogni forma di discriminazione.
(1-00444) (Nuova formulazione) «Bologna, Rospi, Silli, Benigni, Della Frera, Gagliardi, Napoli, Pedrazzini, Ruffino, Sorte».

(26 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), nell'ultimo rapporto denominato «I numeri del cancro in Italia» presentato nel mese di ottobre 2020 all'Istituto superiore di sanità, ha stimato 377 mila nuove diagnosi di cancro in Italia per tutto il 2020: di queste, 195.000 negli uomini e 182.000 nelle donne (nel 2019 erano, rispettivamente, 196.000 e 175.000). Il tumore più frequentemente diagnosticato, nel 2020, è stato il carcinoma della mammella (54.976, pari al 14,6 per cento di tutte le nuove diagnosi), seguito dal colon-retto (43.702), polmone (40.882), prostata (36.074) e vescica (25.492);

    lo stesso rapporto, che è stato curato da Aiom, dall'Associazione italiana registri tumori (Airtum), dalla Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (Siapec-Iap), dalla Fondazione Aiom, da Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) e Passi d'argento, fornisce tuttavia ulteriori e importanti dati che denotano anche i progressi effettuati nella lotta al cancro. L'efficacia delle campagne di prevenzione già adottate nel nostro Paese negli ultimi anni e delle terapie innovative messe a disposizione dalla ricerca scientifica contro il cancro ha determinato un complessivo aumento del numero delle persone che, dopo la diagnosi, sopravvivono e conducono una vita sostanzialmente normale: si parla di circa 3,6 milioni di persone in più (il 5,7 per cento dell'intera popolazione italiana), con un incremento del 37 per cento rispetto a 10 anni fa. Inoltre, almeno un paziente su quattro (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito;

    un altro dato importante, stimato nel 2020 e messo a confronto con i numeri del 2015, è quello relativo alla riduzione complessiva dei tassi di mortalità: sono in diminuzione sia negli uomini (-6 per cento) che nelle donne (-4,2 per cento). Nelle donne, infatti, la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 63 per cento, superiore rispetto a quella degli uomini (54 per cento): il dato è legato al fatto che nel sesso femminile il tumore più frequente sia quello della mammella e che la stessa neoplasia sia caratterizzata da una prognosi migliore rispetto ad altre neoplasie;

    spostando lo sguardo a livello europeo, attualmente l'Europa, pur rappresentando un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi totali di cancro nel mondo: il numero di vite perse a causa delle malattie oncologiche, a livello europeo, è destinato ad aumentare di oltre il 24 per cento entro il 2035 (dato dell'International Agency for Research on Cancer – WHO), rendendo il cancro la prima causa di morte in tutta l'Unione europea. Oltre all'impatto sanitario, non da meno è quello economico: tale impatto, sempre secondo le stime, ammonterebbe a 100 miliardi di euro annui in tutto il continente;

    ai numeri citati, nell'ultimo anno, si è aggiunta l'emergenza sanitaria che dal febbraio del 2020 sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. La pandemia da COVID-19 ha avuto, infatti, forti ripercussioni negative non solo sulla cura del cancro, ma soprattutto sulla prevenzione e sui trattamenti di cura, ritardando di fatto molte diagnosi e incidendo sull'accesso alle terapie. La illusoria diminuzione dei casi di cancro da inizio pandemia lascia, inoltre, presagire un futuro drastico aumento delle nuove diagnosi che, riscontrate in stadi avanzati della malattia, ridurranno ulteriormente la possibilità di trattamento e sopravvivenza dei pazienti e moltiplicheranno i costi economici dell'assistenza a carico dei sistemi sanitari nazionali;

    a livello nazionale il COVID-19 ha drammaticamente colpito la rete oncologica italiana. In alcune regioni, in particolar modo in quelle dove non esiste un sistema adeguato di rete oncologica operativa, si sono registrati casi – oltre che di ritardata diagnosi – di sospensione della continuità diagnostica e terapeutica o addirittura di mancata somministrazioni delle terapie, il tutto collegato ad un calo degli acquisti dei farmaci antitumorali su scala nazionale. Nonostante durante il lockdown si sia cercato di garantire una continuità nella presa in carico dei pazienti, con importanti sforzi da parte del personale sanitario, alcuni decisivi processi di screening (mammella, colon-retto, cervice uterina e altro) sono stati ritardati, interrotti o completamente sospesi in molte regioni. In altre realtà regionali, invece, grazie a reti oncologiche attive ed efficienti, seppur la lotta al cancro e il sostegno alla prevenzione abbiano subito una brusca frenata, sono stati costituiti nuovi e diversi modelli organizzativi per la prevenzione del tumore e la presa in carico del paziente. Tutto ciò descrive, dunque, soprattutto nel nostro Paese, un processo di lotta al cancro in generale e di gestione dei pazienti affetti da patologie oncologiche, decisamente non uniforme ovvero a doppia velocità: un modello organizzativo che va dunque ripensato sia su scala nazionale che a livello europeo, in particolare avviando o completando gli interventi di monitoraggio centralizzato delle diverse situazioni, che consentano l'individuazione delle maggiori criticità regionali e i relativi, indispensabili interventi;

    in modo particolare, l'emergenza da COVID-19 ha sottolineato nel nostro Paese la forte sofferenza delle reti di cura territoriali e lo scarso sviluppo della sanità digitale. La scelta strategica italiana di riservare l'ospedalità all'acuzie (con un numero di posti letto ospedalieri che è tra i più bassi tra i Paesi europei a prodotto interno lordo equiparabile) comporterebbe inevitabilmente la necessità di potenziare l'assistenza territoriale, garantendo adeguate risposte assistenziali extraospedaliere al paziente cronico (tra cui è ormai assai spesso annoverato il paziente oncologico). L'utilizzo delle potenzialità della sanità digitale e della telemedicina ha invece consentito alle regioni italiane più vocate all'innovazione di attenuare l'impatto negativo del COVID-19 sull'accessibilità alle cure ospedaliere, consentendo di mantenere da remoto le attività di continuità assistenziale;

    nell'attuale situazione di disomogeneità di risposta assistenziale, non stupisce che l'Europa intenda farsi promotrice di un rinnovato impegno a favore della prevenzione del cancro, sfruttando questo importante momento di totale rivoluzione dei sistemi sanitari regionali e nazionali, puntando a modelli di trattamento e assistenza dei pazienti oncologici che siano moderni ed adeguati alle nuove sfide;

    per far ciò una prima, importante risposta è stata fornita il 3 febbraio 2021: la Commissione europea, in un documento inviato al Parlamento europeo ed al Consiglio, ha infatti elaborato il nuovo «Piano europeo di lotta contro il cancro»;

    il «Piano europeo di lotta contro il cancro» si propone di essere la risposta dell'Unione europea alle esigenze sino ad ora descritte nella presente mozione. Esso contiene azioni concrete e ambiziose, come lo stesso piano le definisce, che mirano a sostenere, coordinare e integrare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per ridurre le conseguenze causate dal cancro sui pazienti e sulle loro famiglie e in maniera generale in tutta la società, sia a livello sanitario che a livello economico; obiettivo primario del piano è quello di far fronte all'intero decorso della patologia ed è strutturato su quattro ambiti di intervento: la prevenzione, l'individuazione precoce delle neoplasie, la diagnosi e il trattamento, la qualità di vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia. A questi si aggiungono nuovi obiettivi strategici, sostenuti da dieci iniziative faro e da molteplici azioni di sostegno, per aiutare gli Stati membri ad invertire la tendenza nella lotta contro il cancro e per fare in modo che si realizzi una suddivisione delle competenze e delle risorse in tutta l'Unione europea. Il piano sarà, inoltre, sostenuto dal nuovo programma «EU4Health» che, con altri strumenti messi a disposizione dall'Unione europea, si propone di fornire agli Stati membri 4 miliardi di euro per coadiuvare gli sforzi nel rendere i propri sistemi sanitari più solidi e più efficaci nell'affrontare il cancro;

    per quanto concerne la prevenzione il piano punta, altresì, sulla combinazione intelligente di dati sanitari e nuove tecnologie che consentirebbero lo sviluppo esponenziale della medicina personalizzata, la quale diventa un potente strumento per contrastare il cancro mediante strategie di prevenzione e trattamento su misura: i pazienti, in sintesi, ricevono terapie studiate e proposte su misura per il loro caso specifico. Questo, oltre a determinare una migliore risposta al trattamento, determina un calo della spesa per eventuali tentativi di cura e conseguenti possibili errori frutto di imprecise valutazioni della diagnosi del paziente;

    le dieci iniziative «faro» che sosterranno il nuovo piano europeo, sono state così individuate:

     a) inaugurazione, nel 2021, del nuovo centro di conoscenze sul cancro presso il centro comune di ricerca, allo scopo di agevolare il coordinamento delle iniziative scientifiche e tecniche;

     b) avvio dell'iniziativa europea sull'imaging dei tumori nel 2022 per compilare un «atlante UE» di immagini relative al cancro, che metterà a disposizione di una vasta gamma di portatori di interessi nell'intero ecosistema di ospedali, ricercatori e innovatori, immagini anonimizzate di diagnosi di neoplasie;

     c) sostenere gli sforzi della vaccinazione sistemica contro i papillomavirus umani di ragazze e ragazzi, in modo da puntare a debellare il carcinoma della cervice uterina e altri tumori causati da tali virus;

     d) proposta di un nuovo programma di screening dei tumori sostenuto dall'Unione europea per aiutare gli Stati membri a garantire che il 90 per cento della popolazione dell'Unione europea che soddisfa i requisiti per lo screening del carcinoma della mammella, della cervice uterina e del colon retto, abbia la possibilità di sottoporvisi entro il 2025;

     e) istituzione, entro il 2025, della rete dell'Unione europea che collegherà i centri oncologici integrati nazionali riconosciuti in ogni Stato membro. Questo servirà a facilitare la diffusione di diagnosi e trattamenti di qualità garantita in tutta l'Unione europea;

     f) avviare entro il 2021 la nuova iniziativa di diagnosi e trattamento del cancro per tutti, al fine di contribuire a migliorare l'accesso a diagnosi e trattamenti innovativi dei tumori;

     g) avviare l'iniziativa europea per comprendere le neoplasie (UNCAN.eu) nell'ambito della prevista missione contro il cancro, per migliorare la comprensione dell'insorgenza dei tumori;

     h) utilizzo dei fondi del programma «EU4Health» per migliorare la vita dei malati di tumore per fornire, entro il 2022, una smart card del «sopravvissuto al cancro», al fine di riassumere la storia clinica dei pazienti e facilitare e monitorare le cure di follow-up;

     i) istituire, entro il 2021, un registro delle disuguaglianze di fronte al cancro, il cui scopo sarà quello di individuare le tendenze, le disparità e le disuguaglianze tra Stati membri e regioni. Il registro individuerà le criticità e le specifiche aree di intervento per orientare gli investimenti e gli interventi a livello nazionale e dell'Unione europea nell'ambito del piano europeo di lotta contro tutte le neoplasie;

     l) mettere in primo piano, entro il 2021, il cancro infantile, avviando l'iniziativa per aiutare i bambini affetti da tumore allo scopo di garantire che i minori abbiano accesso a un'individuazione, una diagnosi, un trattamento e una cura rapidi e ottimali. Tale iniziativa sarà finanziata nell'ambito del futuro programma «EU4Health»;

    a sostegno del Piano saranno messi a disposizione ulteriori fondi, oltre a quelli previsti dal programma «EU4Health», come quelli del quadro di ricerca ed innovazione «Orizzonte Europa» che potrebbe erogare fino a 2 miliardi di euro a sostegno di progetti di prevenzione e ricerca sul cancro; ed ancora, quelli del programma Erasmus+ (con Istituto europeo di innovazione e tecnologia e azioni Marie Sklodowska-Curie) che potrebbe mettere a disposizione fino a 500 milioni di euro per progetti di istruzione e formazione; inoltre, vi saranno fondi per 250 milioni di euro derivanti dal programma «Europa digitale» per sostenere iniziative volte a investire in programmi digitali come i dati elettronici, la sicurezza informatica e le competenze digitali per il settore sanitario. I fondi della politica di coesione (Fondo europeo di sviluppo regionale, Fondo di coesione e Fondo sociale europeo plus), infine, sosterranno gli Stati membri e le rispettive regioni, affinché migliorino la resilienza, l'accessibilità e l'efficacia dei rispettivi sistemi sanitari;

    un altro importante strumento, attraverso il quale gli Stati membri potrebbero decidere di sostenere la lotta al cancro e i progressi della ricerca scientifica, è il Next generation EU, con una dotazione complessiva di 672,5 miliardi di euro: un fondo del quale, al nostro Paese, spetta la parte più cospicua e che ammonta ad oltre 200 miliardi di euro;

    al fine di agevolare il ricorso degli Stati membri agli strumenti di finanziamento messi a disposizione dall'Unione europea, la Commissione europea si propone di istituire un meccanismo di condivisione delle conoscenze per informare tutti i Paesi sui diversi meccanismi di accesso alle risorse;

    nel prossimo futuro, come riportato dal documento consegnato dalla Commissione europea al Parlamento europeo ed al Consiglio, verrà istituito il gruppo di attuazione del Piano contro il cancro dell'Unione europea, che si riunirà costantemente per discutere e riesaminare l'attuazione del Piano strategico europeo contro il cancro e della prevista missione di «Orizzonte Europa»;

    il Piano europeo di lotta contro il cancro sarà riesaminato entro la fine del 2024;

    è opportuno ora più che mai, soprattutto in questo periodo di stravolgimenti a livello globale che stanno mettendo a dura prova la tenuta del tessuto sociale e dei sistemi sanitari dei Paesi di tutto il mondo, che l'Italia sostenga il Piano strategico europeo contro il cancro, facendosi promotrice di azioni concrete e immediate, occupando all'interno del gruppo di attuazione del piano di cui in premessa una posizione di prima linea;

    la cura del cancro non può e non deve essere più esclusiva responsabilità del nostro sistema sanitario e del personale sanitario e socio-sanitario: occorre l'impegno di tutte le istituzioni, ad ogni livello, e di una vasta gamma di settori e portatori di interessi;

    rendere la cura e l'assistenza omogenee su tutto il territorio, con particolare riferimento al nostro Paese, è oggi una necessità non più differibile e l'Italia può raggiungere questo obiettivo anche e soprattutto utilizzando, per avviare immediatamente il processo, le risorse del Recovery Plan: risulta necessario pensare alla rete oncologica italiana come a un'emergenza cui dover far fronte in tempi brevi, puntando al sostegno della qualità della vita dei pazienti. È un processo, questo, che mira a rendere il nostro un Paese più civile, solidale e promotore di una visione oncologica moderna ed avanzata,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, nelle sedi competenti, per l'immediata attivazione delle principali misure contenute nel «Piano europeo di lotta contro il cancro» e a farsi promotore e parte attiva del gruppo di attuazione del piano stesso che verrà istituito nel prossimo futuro;

2) ad assumere tutte le iniziative opportune tese a colmare le differenze dei servizi assistenziali per la cura del cancro, tra regioni caratterizzate dall'esistenza di reti oncologiche efficienti e all'avanguardia e regioni caratterizzate da un'eccessiva mobilità passiva sull'oncologia;

3) ad adottare iniziative finalizzate ad omogeneizzare in tutto il contesto nazionale gli interventi in materia di rafforzamento dell'assistenza territoriale e di potenziamento delle reti di telemedicina, valorizzando il ruolo di tali strumenti nella piena attuazione dei processi di deospedalizzazione, che rivestono ruolo fondamentale per la gestione sanitaria dell'intera cronicità e di quella oncologica in particolare;

4) ad adottare iniziative, in raccordo con le regioni, per l'attivazione in tempi celeri di nuovi modelli organizzativi per la gestione dei pazienti oncologici in tempo di pandemia COVID-19, con particolare riferimento alla tutela dei soggetti più deboli e a rischio, anche dal punto di vista della campagna vaccinale, valutando dunque l'opportunità di creare fasce di priorità in base allo stato clinico e diagnostico del paziente;

5) a promuovere, utilizzando gli strumenti finanziari messi a disposizione dall'Unione europea, ogni campagna di prevenzione necessaria a prevenire nuove diagnosi di cancro, soprattutto quelle relative allo screening tumorale fortemente compromesse durante l'attuale emergenza sanitaria;

6) a promuovere, per quanto di competenza, l'adeguamento dei servizi e dei percorsi terapeutici assistenziali alle esigenze dei pazienti affetti da neoplasie, compresi i processi relativi alle cure palliative, sostenendo le reti locali degli hospice e utilizzando altresì modelli centrati sulle esigenze individuali unitamente ai nuovi strumenti della medicina personalizzata;

7) ad attivare in sede europea, di concerto con gli altri Stati membri, ogni iniziativa utile a implementare la lotta al cancro e sostenere la ricerca scientifica per la scoperta di terapie sempre più innovative, mirate ed adatte ai casi specifici di ogni paziente;

8) a sostenere la lotta al cancro infantile, facendone assoluta priorità e valutando l'istituzione di un fondo permanente per il sostegno ai piccoli pazienti oncologici e alle loro famiglie.
(1-00427) «Lapia, Rizzone, Termini, Berardini, Trizzino, Lombardo, Ermellino, Cardinale, Sapia, Costanzo, De Girolamo, Bagnasco, Boldi, Sarli, Menga, Paxia, Pezzopane, Ferri».

(3 marzo 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    nel 2020 a 2,7 milioni di persone dell'Unione europea è stato diagnosticato il cancro e 1,3 milioni di persone hanno perso la vita a causa di esso. L'Europa, pur rappresentando un decimo della popolazione mondiale, conta un quarto dei casi di cancro nel mondo. Si stima che entro il 2035 il cancro diventerà la principale causa di morte nell'Unione europea, con un incremento di vite perse oltre il 24 per cento e con un impatto economico superiore ai 100 miliardi di euro all'anno. Inoltre, la pandemia da COVID-19 ha avuto ripercussioni negative sulla cura della malattia oncologica, interrompendone la prevenzione ed il trattamento e ritardandone la diagnosi;

    l'Unione europea lavora da decenni per combattere il cancro, introducendo azioni volte a salvare e prolungare vite umane. L'ultimo piano d'azione europeo in materia è stato sviluppato all'inizio degli anni '90 e da allora si sono registrati importanti progressi nel trattamento della malattia. La ricerca e l'innovazione, insieme alle tecnologie digitali, hanno contribuito a migliorare la prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro. Inoltre, per massimizzare il potenziale delle nuove tecnologie e delle scoperte scientifiche, eliminando le disuguaglianze in termini di accesso alla conoscenza, prevenzione, diagnosi e cura della malattia, è necessaria una maggior cooperazione tra gli Stati membri;

    per rispondere a queste esigenze, la Commissione europea ha predisposto e presentato il 3 febbraio 2021 il primo «Piano europeo di lotta contro il cancro». Il Piano è stato approvato all'unanimità dal Parlamento europeo il 15 febbraio 2022. Esso contiene azioni concrete ed ambiziose che sosterranno, coordineranno ed implementeranno gli sforzi degli Stati membri per alleviare le sofferenze causate dalla malattia. L'obiettivo del piano è quello di affrontare l'intero decorso della patologia ed è strutturato in quattro aree di intervento e dieci iniziative «faro»;

    le quattro aree di intervento sono così suddivise:

     a) prevenzione: il Piano europeo mira a sensibilizzare e affrontare i principali fattori di rischio, come il tabacco, il consumo eccessivo di alcool, l'inquinamento ambientale, l'obesità, la mancata attività fisica e l'esposizione a sostanze pericolose e cancerogene, introducendo per ciascuna di queste aree azioni specifiche volte a ridurne l'impatto sulla salute della persona e sui sistemi sanitari;

     b) individuazione precoce della patologia, inserendo un nuovo programma di screening per il carcinoma alla mammella, alla cervice e al colon retto, che garantisca al 90 per cento della popolazione europea, che ne soddisfi i requisiti, la possibilità di accedervi entro il 2025;

     c) diagnosi e trattamento, introducendo azioni volte ad affrontare le disparità di accesso alle cure e ai farmaci, prevedendo l'istituzione di «reti di riferimento» che condivideranno e faciliteranno lo scambio di informazioni diagnostiche tra i centri oncologici di ciascuno Stato membro. Inoltre, per migliorare il tracciamento diagnostico, nonché la comprensione della patologia, è stata avviata l'iniziativa europea «Uncan.eu»;

     d) qualità di vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia, adottando misure e programmi volti a facilitarne l'integrazione sociale e il reinserimento sul posto di lavoro;

    il piano sarà sostenuto dal nuovo programma «EU4Health», il quale fornirà agli Stati membri 4 miliardi di euro per affrontare le sfide contro il cancro. Inoltre, sarà incrementato da ulteriori fondi, come quelli del quadro di ricerca ed innovazione «Orizzonte Europa» (2 miliardi di euro), del programma «Erasmus+» (fino a 500 milioni di euro) e del programma «Europa digitale» (250 milioni di euro). Infine, gli Stati membri potranno ricorrere al Next generation EU per sostenere la lotta al cancro e la ricerca scientifica (672,5 miliardi di euro). Inoltre, la Commissione offrirà prestiti e finanziamenti azionari per investimenti in ospedali, cure primarie e case di comunità, sanità elettronica, personale sanitario, servizi e cure innovative;

    per facilitare l'utilizzo degli strumenti di finanziamento per gli investimenti nell'oncologia, la Commissione europea istituirà un meccanismo di condivisione delle conoscenze volto ad informare ciascuno Stato membro sui diversi meccanismi di finanziamento e sulle relative modalità di accesso;

    per allineare le azioni e le politiche in tutte le istituzioni europee, la Commissione europea creerà un «Gruppo di attuazione del piano contro il cancro» per discutere e riesaminare l'attuazione del piano europeo;

    il Piano europeo sarà riesaminato entro la fine del 2024 per valutare se l'azione intrapresa sia stata sufficiente per il raggiungimento degli obiettivi oppure se servano misure aggiuntive;

    il Piano europeo rappresenta una strategia ambiziosa che offre specifiche soluzioni per soddisfare i diversi bisogni. La pandemia ha dimostrato un'enorme collaborazione, spirito di solidarietà ed unità, che potrebbero essere presi come riferimento per la prevenzione, il trattamento e la cura del cancro. Quest'ultima, infatti, non deve essere esclusivamente una responsabilità del sistema sanitario, ma è necessario un impegno comune di tutte le istituzioni, settori e portatori di interesse. Insieme si può invertire la crescita della malattia, garantendo un futuro più sano e sostenibile per tutti;

    ulteriore declinazione del Piano europeo contro il cancro è il piano d'azione Samira – presentato il 5 febbraio 2021. Trattasi di un pacchetto di azioni volto a migliorare il coordinamento europeo nell'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari anche per la cura del cancro, oltre che di altre malattie; il piano è volto a garantire ai cittadini dell'Unione europea accesso, in campo medico, a tecnologie radiologiche e nucleari di alta qualità nel rispetto dei massimi standard di sicurezza. Le tecnologie nucleari e radiologiche svolgono un ruolo strategico nella lotta contro il cancro: la mammografia, la tomografia computerizzata e altre forme di diagnostica per immagini in fase di diagnosi e cura, la radioterapia come trattamento oncologico e l'impiego della medicina nucleare svolgono un ruolo centrale in oncologia;

    in questa prospettiva Samira si propone di raggiungere 3 obiettivi fondamentali: a) garantire l'offerta di radioisotopi per uso indico dando vita a un'iniziativa europea che riunirà i centri specializzati nei radioisotopi (Ervi – European radioisotope valley initiative), al fine di mantenere la leadership mondiale dell'Europa nell'offerta di radioisotopi; b) migliorare la qualità e la sicurezza delle radiazioni in medicina, ponendo in essere una specifica iniziativa europea sulla qualità e sulla sicurezza delle applicazioni mediche delle radiazioni ionizzanti; c) agevolare l'innovazione e lo sviluppo tecnologico delle applicazioni mediche delle radiazioni ionizzanti;

    per l'Italia «I numeri del cancro 2020», ovvero il rapporto annuale dell'Associazione italiana oncologia medica (Aiom) e Associazione italiana dei registri tumori ha evidenziato 377.000 nuove diagnosi di cancro (195.000 uomini e 182.000 donne);

    i tumori più diagnosticati sono: cancro della mammella (54.976), colon retto (43.702), polmone (40.882), prostata (36.074) e vescica (25.492). Questi cinque tumori rappresentano oltre il 53 per cento di tutte le nuove diagnosi;

    oggi in Italia convivono con il cancro 3,6 milioni di persone, un incremento del 36 per cento rispetto al 2010. Nelle donne la sopravvivenza a 5 anni raggiunge il 63 per cento, mentre negli uomini il 54 per cento;

    i pazienti affetti da tumori gastro-intestinali metastatici hanno lamentato disparità di trattamento rispetto alla presa in carico e all'accesso alle cure oggi disponibili per migliorare la qualità della vita;

    negli ultimi 7 anni, a cavallo delle ultime due legislature, l'intergruppo parlamentare «Insieme per un impegno contro il cancro», frutto della volontà del Gruppo «La Salute un bene da difendere, un diritto da promuovere», coordinato da Salute donna onlus, ha favorito il dialogo fra il Parlamento e molte associazioni di pazienti presenti nel campo dell'oncologia, portando all'evidenza di numerosi parlamentari la necessità di intervenire in modo organico e strategico sulla materia. Un accordo di legislatura in 15 punti è stato redatto e condiviso dalle 36 associazioni di pazienti che hanno aderito al Gruppo, è stato condiviso con tutti i gruppi politici in lizza per le elezioni del 2018 e successivamente i relativi contenuti sono confluiti in atti di indirizzo politico approvati con voto unanime sia alla Camera che al Senato,

impegna il Governo:

1) a sostenere in tutti i modi e le sedi possibili il Piano europeo contro il cancro e il piano Samira sull'impiego delle tecnologie radiologiche e nucleari, declinandoli in un Piano oncologico nazionale (Pon) che coinvolga il Ministero della salute, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, il Ministero della transizione ecologica e le regioni in un'ottica One health;

2) a prevedere nel Piano oncologico nazionale dei precisi indicatori validi per valutare le performance delle regioni sui temi dell'uniformità della presa in carico e cura dei pazienti;

3) a prevedere nel Piano oncologico nazionale specifiche sezioni dedicate alla presa in carico e cura dei pazienti metastatici;

4) a verificare, per quanto di competenza, lo stato di attuazione in Italia degli screening oncologici, delle reti oncologiche (in base all'accordo Stato-regioni del 17 aprile 2019) e di tutti i modelli organizzativi per la presa in carico dei pazienti oncologici ed onco-ematologici, al fine di verificare l'eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi sulla governance del cancro;

5) a promuovere e a facilitare la ricerca clinica sui farmaci oncologici innovativi e sulle nuove tecnologie, quali l'immunoterapia, le Car-t e le terapie radiocellulari di ultima generazione, anche al fine di attrarre investimenti presso le eccellenze scientifiche del nostro Paese;

6) ad adottare iniziative di competenza per rendere più brevi possibili i tempi per l'accesso dei pazienti ai farmaci oncologici innovativi approvati da Aifa;

7) ad utilizzare i fondi di Next generation EU per ammodernare la dotazione tecnologica per gli screening diagnostici, la chirurgia e le attività di medicina nucleare;

8) ad adottare le iniziative di competenza per istituire in ogni unità complessa di oncologia un servizio di psicooncologia riservato ai pazienti e ai familiari, procedendo, il prima possibile, al riconoscimento della psiconcologia come professione sanitaria;

9) ad adottare le iniziative di competenza per attuare in modo definitivo la legge 22 marzo 2019, n. 29, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 5 aprile 2019, recante «l'istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione» attraverso un corretto conferimento dei dati regionali in unico e funzionale database nazionale;

10) a favorire una sempre maggiore connessione fra le autorità sanitarie e regolatorie nazionali e le associazioni dei pazienti, al fine di assicurare un regolare utilizzo dei Patient reported outcomes (Pro) ovvero gli esiti riferiti al paziente, un approccio metodologico volto a cogliere il punto di vista fisico, mentale e sociale del paziente su un trattamento o una tecnologia sanitaria;

11) a prevedere iniziative per la conservazione del posto di lavoro, il diritto al lavoro agile e un pieno reinserimento al lavoro dei pazienti oncologici;

12) ad adottare iniziative per incentivare la medicina di precisione attraverso l'adozione dei test Ngs (Next Generation sequencing) rivolti a caratterizzare la neoplasia ed assicurare trattamenti personalizzati;

13) sempre nell'ottica della medicina di precisione, a promuovere, in raccordo con le regioni, l'adozione dei Molecular Tumor Board, team multidisciplinari disegnati per colmare l'enorme disparità tra conoscenza clinica e potenzialità della diagnostica molecolare nella pratica oncologica.
(1-00464) (Nuova formulazione) «Vanessa Cattoi, Comaroli, Boldi, De Martini, Foscolo, Lazzarini, Panizzut, Paolin, Sutto, Tiramani, Zanella, Fiorini».

(14 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    i tumori rappresentano la seconda causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari, con una media del 27 per cento dei decessi e tassi di mortalità più alti per gli uomini che per le donne; nel 2020, all'interno dell'Unione europea, sono state circa tre milioni le persone ad aver ricevuto una diagnosi di cancro e per 1,27 milioni è stata causa decesso;

    tuttavia, grazie a trattamenti innovativi e ad un migliore accesso alle cure, oggi sono molti i cittadini europei che riescono vivere più a lungo a seguito di una diagnosi di tumore;

    se diagnosticato precocemente, il cancro ha più probabilità di essere curato con successo. Si stima che all'interno dell'Unione europea circa il 40 per cento dei tumori possa essere prevenuto e che vi siano più di 12 milioni sopravvissuti al cancro. La ricerca, l'innovazione e la prevenzione sono componenti fondamentali nella lotta contro il cancro;

    i dati rivelano che circa il 50 per cento delle morti per tumore e il 40 per cento dei nuovi casi di tumore sono potenzialmente prevenibili, in quanto causate da fattori di rischio modificabili;

    in Italia, dove ogni anno ci sono circa 180 mila morti per cancro, i fattori di rischio sono ritenuti responsabili ogni anno di 65.000 decessi oncologici; tuttavia, cresce considerevolmente il numero di donne e uomini che sopravvivono alla diagnosi di tumore, aumenta il tasso di guarigione e sempre più persone tornano ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale;

    i dati sulle malattie oncologiche in Italia dimostrano l'efficacia dei programmi di screening e l'Osservatorio nazionale screening (Ons), in merito all'attività delle regioni svolte nel 2018 ha evidenziato continui progressi nello sviluppo dei programmi organizzati di screening, anche se permangono profonde differenze tra Centro-nord e Sud-isole;

    proprio al fine di definire un quadro normativo organico a supporto della registrazione dei tumori in Italia, nella seduta del 12 marzo 2019 la Camera ha approvato in via definitiva, la proposta di legge d'iniziativa del Gruppo M5S (diventata legge 22 marzo 2019, n. 29, ed entrata in vigore il 20 aprile 2019), che istituisce la rete nazionale del registro tumori, a titolarità del Ministero della salute, in collegamento con i sistemi di sorveglianza regionali;

    la legge di bilancio 2020 (comma 463, articolo 1, della legge n. 160 del 2019) ha poi stanziato 1 milione di euro annui dal 2020 per l'attuazione di detta Rete e per l'istituzione del referto epidemiologico inerente alla valutazione dello stato di salute complessivo della popolazione, risorse di cui è stato successivamente disposto il riparto con decreto del Ministero della salute del 12 agosto 2021;

    le risorse sono ripartite tra regioni e province autonome tenendo conto: a) della natura innovativa dell'intervento, tecnologico e informatico, che tali enti territoriali sono tenuti a predisporre per la realizzazione e l'implementazione dei registri tumori regionali e dei sistemi di sorveglianza dei sistemi sanitari regionali; b) della numerosità della popolazione residente e, pertanto, della potenziale incidenza e prevalenza dei tumori, delle malattie tumore-correlate e delle malattie infettive;

    ad oggi il percorso istitutivo del registro tumori nazionale e della rete dei registri regionali non è stato ancora completato;

    attualmente, l'Associazione italiana registri tumori (Airtum), la Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (Siapec-Iap), la Fondazione Aiom, Passi (Progressi delle aziende sanitarie per la salute in Italia) e Passi d'argento, forniscono importanti dati che denotano progressi effettuati nella lotta al cancro;

    l'efficacia delle campagne di prevenzione già adottate nel nostro Paese negli ultimi anni e delle terapie innovative messe a disposizione dalla ricerca scientifica contro il cancro ha determinato un complessivo aumento del numero delle persone che, dopo la diagnosi, sopravvivono e conducono una vita sostanzialmente normale: si parla di circa 3,6 milioni di persone in più (il 5,7 per cento dell'intera popolazione italiana), con un incremento del 37 per cento rispetto a 10 anni fa; inoltre, almeno un paziente su quattro (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito;

    tuttavia, a fronte di questi progressi, la pandemia di COVID-19 ha determinato gravi conseguenze in campo oncologico con un forte impatto sulla prevenzione e la cura del cancro. Si stima che durante la pandemia 100 milioni di test di screening non siano stati effettuati in Europa e che un milione di casi di cancro non siano stati diagnosticati. Un paziente oncologico su 100 non ha ricevuto in tempo il trattamento chirurgico o chemioterapico di cui aveva bisogno;

    nella risposta alla pandemia, anche in ragione della novità ed eccezionalità dell'emergenza sanitaria determinata dal diffondersi del COVID-19, il supporto allo screening e alla prevenzione dei tumori è stato tardivo e si è assistito all'oggettiva difficoltà di assicurare misure tempestive per tutelare la vita e i diritti delle persone malate o potenzialmente tali;

    nel biennio 2020-2021, infatti, sono state 13 milioni le visite specialistiche sospese a causa del COVID-19, mentre per alcune patologie una diagnosi è salvavita;

    ciò ha determinato uno stato di allarme per l'aumento di casi di tumore, soprattutto in fase avanzata, a causa degli incolmabili e continui ritardi negli screening, nelle diagnosi, negli interventi chirurgici e nelle cure accumulati in 24 mesi di pandemia; per tale motivo, appare urgente un vero e proprio «piano straordinario di recupero per l'oncologia»;

    nel 2020, le nuove diagnosi di neoplasia si sono ridotte dell'11 per cento rispetto al 2019, i nuovi trattamenti farmacologici del 13 per cento, gli interventi chirurgici del 18 per cento; gli screening relativi ai tumori della mammella, della cervice uterina e del colon retto hanno registrato una riduzione pari a due milioni e mezzo di esami; le diagnosi mancate sono state oltre 3.300 per il tumore del seno, circa 1.300 per quello del colon-retto;

    l'Associazione italiana di oncologia medica ha fotografato lo stato dell'oncologia nel Paese e dichiarato: «Senza un'adeguata programmazione, con assegnazione di risorse e personale, le oncologie non saranno in grado di affrontare l'ondata di casi in fase avanzata stimati nei prossimi mesi e anni»;

    appare dunque più che mai necessario un rinnovato impegno a favore della prevenzione, del trattamento e della presa in carico e dell'assistenza ai malati oncologici, per evitare che il numero di vite perse a causa delle malattie neoplastiche aumenti inesorabilmente;

    nell'attuale situazione di disomogeneità di risposta assistenziale, non stupisce che l'Europa intenda farsi promotrice di un nuovo impegno a favore della prevenzione del cancro, sfruttando questo importante momento di totale rivoluzione dei sistemi sanitari regionali e nazionali, puntando a modelli di trattamento e assistenza dei pazienti oncologici che siano moderni ed adeguati alle nuove sfide;

    per far ciò una importante risposta è stata fornita il 3 febbraio 2021: la Commissione europea, in un documento inviato al Parlamento europeo ed al Consiglio europeo, ha infatti elaborato il nuovo «Piano europeo di lotta contro il cancro»;

    il «Piano europeo di lotta contro il cancro» si propone di essere la risposta dell'Unione europea alle esigenze descritte e contiene azioni concrete e ambiziose, che mirano a sostenere, coordinare e integrare gli sforzi profusi da tutti gli Stati membri per ridurre le conseguenze causate dal cancro sui pazienti e sulle loro famiglie, e in maniera generale in tutta la società, sia a livello sanitario che a livello economico;

    per tali ragioni, anche in linea con la cancer mission che si pone l'obiettivo di salvare entro il 2030 più di 3 milioni di vite, è riconosciuta la necessità di un maggiore impegno per affrontare l'intero decorso della malattia, comprese le rilevanti implicazioni sociali connesse;

    il Piano sarà inoltre sostenuto dal nuovo programma EU4Health che, con altri strumenti messi a disposizione dall'Unione europea, si propone di fornire agli Stati membri 4 miliardi di euro per coadiuvare gli sforzi nel rendere i propri sistemi sanitari più solidi e più efficaci nell'affrontare il cancro; obiettivo primario del Piano è quello di far fronte all'intero decorso della patologia ed è strutturato su quattro ambiti di intervento: la prevenzione, l'individuazione precoce delle neoplasie, la diagnosi e il trattamento, la qualità di vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia;

    a questi si aggiungono nuovi obiettivi strategici, sostenuti da dieci iniziative faro e da molteplici azioni di sostegno, per aiutare gli Stati membri ad invertire la tendenza nella lotta contro il cancro e per fare in modo che si realizzi una suddivisione delle competenze e delle risorse in tutta l'Unione europea;

    il Ministro della salute, durante lo svolgimento del Question Time alla Camera del 18 maggio 2022, ha anticipato che il Piano oncologico nazionale, atteso da anni, è ormai pronto per l'esame delle regioni; si tratta di un documento che affronta tutte le problematiche per la prevenzione, la cura e l'assistenza ai malati di cancro con rinnovata attenzione ai percorsi assistenziali grazie a «un approccio globale e intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico» e con il grande obiettivo della riduzione fino all'eliminazione delle disuguaglianze nell'accesso agli interventi di prevenzione e cura;

    il nuovo Piano oncologico nazionale 2022-2027 intende recepire le indicazioni del Piano europeo contro il cancro e, in linea con le aree di intervento del menzionato piano europeo, si basa su: prevenzione, percorsi di cura chiari ed omogenei nonché totale attenzione al malato e a chi lo assiste; esenzione dal ticket anche nelle fasi di indagine, digitalizzazione per snellire la burocrazia, assistenza sempre più domiciliare e integrata con l'ospedale e i servizi territoriali; formazione degli operatori sanitari e campagne informative per i cittadini; supporto nutrizionale e psicologico, ampliamento delle fasce di età per gli screening; cure palliative a domicilio e potenziamento delle coperture vaccinali;

    si ricorda che con decreto del 27 aprile 2021, è stato istituito un tavolo di lavoro interistituzionale con il compito di elaborare un documento di pianificazione, finalizzato a migliorare il percorso complessivo di contrasto delle patologie neoplastiche, in coerenza proprio con il Piano europeo di lotta contro il cancro;

    come sostenuto dal Ministro della salute, «il lavoro per la predisposizione del documento è stato condotto al fine di potenziare l'accesso a diagnosi e trattamenti innovativi del cancro per valorizzare il ruolo della genomica per la salute pubblica, nonché per sostenere le nuove tecnologie, la ricerca e l'innovazione; il documento in questione è stato elaborato, perseguendo le finalità del Piano europeo di lotta contro il cancro del 2021 e sono stati individuati per ciascun ambito obiettivi e linee strategiche da realizzare, corredati da alcuni indicatori di monitoraggio; peraltro, relativamente ai programmi di screening, vi è completa comunione di intenti tra quanto proposto dal Piano europeo e quanto previsto dal Piano nazionale per la prevenzione 2020-2025. Il Piano nazionale della prevenzione pone, infatti, tra le altre strategie, come punto fondamentale, il rafforzamento, da parte delle aziende sanitarie, delle attività di primo livello (prevenzione, medicina di base e attività distrettuale), legandole alle esigenze delle comunità locali e garantendo i processi di integrazione tra l'area sociale e sociosanitaria e tra territorio e ospedale. Le ulteriori azioni da intraprendere dovranno essere raccordate con l'aggiornamento delle raccomandazioni europee sugli screening del 2003, che, su proposta della Commissione europea, deve essere adottato nel 2022, sulla base dei più recenti dati scientifici»;

    riguardo ai contenuti, sono state affrontate tematiche di epidemiologia, come registro tumori e sistemi informativi sul cancro, tematiche di ricerca e di innovazione relativamente alla diagnosi e caratterizzazione molecolare con finalità prognostica e terapeutica, alle terapie vaccinali, alle terapie cellulari e geniche e alle nuove tecnologie della radioterapia di precisione, tematiche relative alla digitalizzazione in oncologia e al rinnovo tecnologico delle attrezzature, oltre a prevenzione primaria, secondaria e terziaria;

    un'ampia parte del documento è poi dedicata al percorso del malato oncologico, con particolare attenzione all'integrazione del percorso diagnostico terapeutico, alla continuità assistenziale sul territorio, alle reti oncologiche, alla rete nazionale dei tumori rari, ai tumori pediatrici, alla riabilitazione per i malati oncologici, alle cure palliative, allo sviluppo e implementazione della psico-oncologia, al ruolo del supporto nutrizionale, al follow-up e alla qualità della vita dei guariti dal cancro;

    appare auspicabile che la bozza del Piano oncologico nazionale possa al più presto essere approvata dalle regioni, dunque possa essere definita e trovare attuazione;

    il quarto ambito di intervento del Piano europeo contro il cancro è quello di migliorare la vita dei pazienti oncologici sopravvissuti alla malattia;

    le persone guarite dal tumore devono spesso affrontare ostacoli e discriminazioni dovuti per lo più ad una sorta di stigma sociale che impedirebbe agli stessi di accedere ad alcuni servizi considerati ad oggi un privilegio per persone sane;

    nel nostro Paese, un milione di persone sebbene considerate guarite dal cancro, subiscono discriminazioni per accendere un mutuo, per adottare un bambino, per l'avanzamento di carriera, per chiedere un prestito od ottenere un finanziamento, per aprire un'attività, per richiedere una copertura assicurativa, per il reinserimento lavorativo;

    di fatto il Piano europeo di lotta contro il cancro mira non solo a garantire che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui;

    il riconoscimento del diritto della persona guarita, ad esempio, per accedere a servizi bancari, finanziari e assicurativi, deve garantire che ad esse non potranno essere richieste informazioni sullo stato di salute relative a malattie oncologiche pregresse, quando sia trascorso un certo periodo di tempo da individuare dalla fine del trattamento attivo in assenza di recidive o ricadute della patologia;

    tali informazioni non potranno più essere considerate ai fini della valutazione del rischio o della solvibilità del cliente e ciò dovrà valere anche per l'accesso alle adozioni;

    negli ultimi 3 anni, tra l'aprile 2019 e il febbraio 2022, ben cinque Paesi europei hanno approvato norme che garantiscono agli ex pazienti oncologici il diritto a non essere discriminati, a non essere «rappresentati» dalla malattia: Belgio, Portogallo, Francia e Olanda hanno varato appositi provvedimenti legislativi, mentre nel caso del Lussemburgo si è optato per una convenzione stipulata tra il Ministero della salute e l'Associazione delle compagnie assicurative;

    al di là dei diversi strumenti legislativi che ciascun Paese ha scelto per eliminare una simile vergognosa discriminazione, il contenuto delle normative è sostanzialmente analogo e pressoché identiche le soglie temporali, superate le quali si ha diritto all'oblio: 5 anni dalla fine del protocollo terapeutico nel caso di tumori insorti prima del ventunesimo anno di età; 10 anni per quelli sviluppati dopo il compimento dei 21 anni di età (18 nel caso del Lussemburgo);

    il legislatore francese, dopo un accordo trovato in commissione bicamerale paritetica, è andato persino oltre, stabilendo una soglia di 5 anni per tutte le persone guarite da un tumore, indipendentemente dall'età in cui questo è stato contratto;

    nell'ambito dell'Unione europea una risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su Rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata (2020/2267(INI)) nell'enunciazione dei campi di azione – al paragrafo 125 «chiede che entro il 2025, al più tardi, tutti gli Stati membri garantiscano il diritto all'oblio a tutti i pazienti europei (...)»;

    lo stesso Ministero della salute ha messo in evidenza che le iniziative di eHealth migliorano l'accesso alle cure, ponendo il cittadino al centro dei sistemi sanitari; inoltre, contribuiscono ad accrescere l'efficienza generale e la sostenibilità del settore sanitario;

    a breve, come riportato dal documento consegnato dalla Commissione al Parlamento europeo ed al Consiglio, verrà istituito il gruppo di attuazione del Piano contro il cancro dell'Unione europea, che si riunirà costantemente per discutere e riesaminare l'attuazione del Piano strategico europeo contro il cancro e della prevista missione di Orizzonte Europa; il Piano europeo di lotta contro il cancro sarà riesaminato entro la fine del 2024;

    è necessario che l'Italia sostenga il Piano strategico europeo contro il cancro, facendosi promotrice di azioni concrete e immediate, occupando all'interno del gruppo di attuazione del piano una posizione di prima linea;

    è opportuno avviare immediatamente il processo, anche attraverso le risorse del Recovery Plan;

    pensare alla rete oncologica italiana come ad una emergenza puntando al sostegno della qualità della vita dei pazienti;

    in relazione alla tutela delle persone oncologiche ritenute guarite occorre puntare sulla sensibilizzazione delle stesse sulla consapevolezza di essere guarite con un impatto positivo sul reinserimento lavorativo, sociale ed economico, in virtù del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative affinché sia perfezionata al più presto l'adozione definitiva del Piano nazionale contro il cancro, in linea con il Piano europeo, e si possano raggiungere gli obiettivi che esso si propone, in particolare adoperandosi, per quanto di competenza, per:

   a) completare il percorso istitutivo del Registro nazionale tumori e della rete dei registri regionali, assicurando un corretto conferimento dei dati regionali in unico e funzionale database nazionale, anche definendo gli standard di funzionamento dei registri tumori attraverso requisiti organizzativi, tecnologici e strumentali, nonché dei flussi informativi;

   b) investire nella prevenzione, sviluppando forme di comunicazione sui corretti stili di vita dalla scuola fino ai luoghi di lavoro e aumentando le coperture vaccinali, come quelle contro l'Hpv che hanno percentuali molto basse;

   c) contrastare l'inquinamento, che, è dimostrato, aumenta la possibilità di ammalarsi di tumore e sostenere politiche ambientali in linea con gli obiettivi della transizione verde enunciati all'interno del green deal europeo;

   d) potenziare l'attività di screening, ovvero la cosiddetta prevenzione secondaria;

   e) implementare la prevenzione terziaria per le persone sopravvissute ad un tumore con il miglioramento dei follow up e dei corretti stili di vita per evitare il rischio di recidive, anche coinvolgendo le famiglie dei pazienti;

   f) garantire la cura a partire dalla presa in carico dei pazienti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e potenziare l'assistenza per chi è affetto da un tumore raro e per le persone fragili malate di cancro;

   g) garantire la riabilitazione dei malati oncologici per il completo reinserimento nella società;

   h) applicare effettivamente le norme che riconoscono i caregiver oncologici per i quali è stato creato un apposito fondo da 30 milioni di euro annui fino al 2023;

   i) prevedere interventi formativi fortemente dinamici perché riguardano un settore in continua evoluzione per quanto riguarda i modelli assistenziali, le innovazioni tecnologiche e gli aspetti indispensabili di umanizzazione e di rispetto della persona, promuovendo nello specifico la definizione di indirizzi di formazione in oncologia partendo dalla definizione di profili di ruolo del personale sanitario dedicato all'oncologia in termini di competenze necessarie a garantire l'efficacia dei percorsi di diagnosi e cura;

2) ad adottare iniziative per realizzare un piano straordinario di recupero per l'oncologia per colmare i ritardi causati dall'emergenza pandemica;

3) ad assicurare il monitoraggio della concreta attuazione del piano, delle azioni, dei contenuti programmatici previsti e dei finanziamenti, con una vera e propria cabina di regia e un adeguato sistema di monitoraggio specifico per l'oncologia;

4) ad assumere iniziative per prevedere nel Piano oncologico nazionale dei precisi indicatori validi per valutare le performance delle regioni sui temi dell'uniformità della presa in carico e cura dei pazienti;

5) a verificare, per quanto di competenza, lo stato di attrazione in Italia degli screening oncologici, delle reti oncologiche (in base all'Accordo Stato-regioni del 17 aprile 2019) e di tutti i modelli organizzativi per la presa in carico dei pazienti oncologici ed onco-ematologici, al fine di verificare l'eventuale mancato raggiungimento degli obiettivi sulla governance del cancro;

6) a verificare, per quanto di competenza, che le risorse messe a disposizione dall'Unione europea siano riservate alla realizzazione degli obiettivi del piano oncologico europeo e nazionale, e che siano investite anche risorse aggiuntive certe necessarie per l'attuazione del Piano nazionale contro il cancro;

7) a valutare l'opportunità di istituire una Commissione per la tutela dei diritti delle persone guarite da patologie oncologiche, presso il Ministero della salute, a cui attribuire, principalmente, compiti finalizzati a garantire la parità di trattamento delle persone che sono state affette da patologie oncologiche, e a raccogliere dati sull'osservanza delle norme da parte degli istituti bancari e di credito e sulle procedure di adozione;

8) ad adottare iniziative normative urgenti in materia di adozione, che vadano a modificare la legge 4 maggio 1983, n. 184, prevedendo che le indagini sulla salute dei richiedenti non possano riguardare la diagnosi di patologie oncologiche dopo la guarigione, ai fini delle verifiche relative alla loro idoneità all'adozione;

9) ad adottare iniziative per garantire non solo che i pazienti oncologici sopravvivano alla malattia, ma che vivano una vita lunga e soddisfacente, senza discriminazioni e ostacoli iniqui, un percorso serio e mirato di riabilitazione, adottando all'uopo tutte le iniziative per rendere effettivo il ritorno a una vita normale, produttiva e «di qualità» attraverso la riabilitazione oncologica tempestiva, condicio sine qua non per un pieno recupero fisico, nutrizionale, cognitivo, psicologico e sociale;

10) ad adottare iniziative per trattare attraverso un programma personalizzato, che tenga conto dei diversi aspetti dei deficit funzionali, i problemi più comuni cui devono far fronte le persone guarite dal cancro, derivanti da complicanze, più o meno invalidanti, conseguenti alla malattia in sé o ai trattamenti (chirurgia, chemioterapia, radioterapia, farmaci);

11) ad adottare iniziative che rendano fattiva una riabilitazione oncologica in cui al centro del processo terapeutico riabilitativo vi siano la persona, i servizi e i professionisti che collaborano tra loro in rete, erogando prestazioni nell'ambito delle proprie competenze e operando su un unico dossier, con un unico progetto condiviso in un sistema unico e integrato;

12) ad adottare iniziative per prevedere l'adozione di una modalità condivisa di registrazione delle informazioni cliniche, in particolare di una cartella unica informatizzata che rappresenta lo strumento ottimale per garantire continuità degli interventi e omogeneità delle prestazioni ed evitare duplicazioni delle procedure, rendendo gli strumenti tecnologici più efficienti e più facili da usare;

13) a promuovere la ricerca in campo oncologico: da quella di base preclinica ad approcci traslazionali ed epidemiologici fino alle sperimentazioni cliniche, per consentire la scoperta di terapie sempre più innovative;

14) ad adottare iniziative per assicurare l'esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria (ticket) anche nelle fasi relative all'indagine e garantire, in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, l'accesso ai farmaci oncologici innovativi approvati dall'Aifa.
(1-00660) «Villani, Ruggiero, Nappi, Misiti, Penna, Sportiello, Mammì, D'Arrando, Lorefice, Provenza».

(13 giugno 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    dai dati relativi al 2021, derivanti dalla collaborazione tra Aiom (Associazione italiana di oncologia medica), Airtum (Associazione italiana registri tumori), Fondazione Aiom e Pass, e ogni giorno in Italia si diagnosticherebbero più di 1.000 nuovi casi di cancro, circa 377.000 nuove diagnosi di tumore all'anno, di cui 195.000 fra gli uomini e 182.000 fra le donne;

    da quanto si apprenderebbe da notizie riportate dalla Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, nel corso della vita circa un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalerebbero di tumore ed escludendo i carcinomi della cute non melanomi, i tumori in assoluto più frequenti sarebbero quelli della mammella (14,6 per cento) e del colon retto (11,6 per cento), seguiti da quello del polmone (10,9 per cento) e da quello della prostata (9,6 per cento solo nel sesso maschile);

    nonostante ciò, la mortalità per tumore sarebbe in diminuzione in entrambi i sessi, ma l'invecchiamento della popolazione, che è associato al rischio oncologico, fa sì che le morti siano comunque molte in valore assoluto. Per questo la riduzione che si osserva soprattutto in percentuale è difficile da percepire. Anche i bambini e i ragazzi tra 0 e 19 anni che muoiono di tumore sono sempre meno: i decessi sono circa un terzo di quelli registrati nei primi anni Settanta;

    in Europa ogni anno circa 2 milioni di persone muoiono di cancro ed insorgono più di 3 milioni di nuovi casi. Attualmente quasi 6 milioni di persone convivono con il cancro e in occasione della Giornata mondiale contro il cancro sono stati pubblicati i dati aggiornati al 2020 sul numero di casi di tumore e la relativa mortalità in 185 Paesi del mondo;

    dal rapporto «Global Cancer Statistics 2020», prodotto in collaborazione dall'American Cancer Society (Acs) e dall'International Agency for Research on Cancer (Iarc) emergerebbe che a livello globale, una persona su 5 svilupperà un tumore nel corso della propria vita. Secondo quanto si legge sulle pagine della rivista CA: A Cancer Journal for Clinicians, dove è stato pubblicato il documento, nel 2020 i nuovi casi di tumore nel mondo sono stati circa 19,3 milioni e i decessi a causa della malattia circa 10 milioni;

    la diffusione della pandemia di COVID-19 ha determinato gravi ritardi in ottica di prevenzione, come gli screening, le diagnosi e gli stessi trattamenti, modificando così quelle che saranno le tendenze nei prossimi anni. Secondo le stime un milione di casi di cancro non sarebbero stati diagnosticati e per il futuro non si può escludere che si assisterà a una diminuzione a breve termine delle nuove diagnosi per via dell'interruzione o del rallentamento dei programmi di screening e a un aumento della mortalità e delle diagnosi di tumori in fase avanzata in alcuni contesti;

    nel 2020 sarebbero stati 2,7 milioni i casi di cancro diagnosticati nell'Unione europea e 1,3 milioni di persone, tra cui oltre 2.000 giovani, hanno perso la vita a causa di questa malattia. A meno che non si intervenga ora con decisione, si prevede che i casi di cancro aumenteranno del 24 per cento entro il 2035, diventando la principale causa di morte nell'Unione europea. Per invertire la tendenza per quanto riguarda questa malattia sarebbe stato adottato un «Piano Europeo di lotta contro il cancro», un impegno politico e un altro passo avanti verso un'Unione europea della salute forte e un'Unione europea più sicura, meglio preparata e più resiliente che disporrà di 4 miliardi di euro di finanziamenti, compresi 1,25 miliardi provenienti dal futuro programma EU4Health;

    il piano conterrebbe previsioni di azioni concrete e ambiziose in supporto a quanto già profuso dagli Stati membri con particolare attenzione alla ricerca e allo sviluppo tecnologico e indirizzate in quattro aree di intervento: 1) prevenzione, 2} individuazione precoce della patologia, 3) diagnosi e trattamento, 4) migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici;

    dai dati pubblicati dal Ministero della salute, e da quanto riportato dal dottor Paolo Tralongo direttore oncologia all'ospedale Umberto primo di Siracusa, oltre 3 milioni e mezzo di italiani vivono con una diagnosi di cancro e, dopo una fase acuta, circa un milione degli stessi può essere considerato guarito. Questo contesto porterebbe il paziente a richiedere di poter rientrare in un vissuto di quotidianità normale, eppure, alla guarigione clinica, quasi difficilmente corrisponde quella sociale e così le persone guarite dal tumore spesso, devono affrontare ostacoli e discriminazioni dovuti per lo più ad una sorta di stigma sociale che impedirebbe agli stessi, di accedere ad alcuni servizi fra cui quelli finanziari, tanto da determinare difficoltà nell'accesso alla stipula di assicurazioni o mutui;

    lo stesso Tralongo afferma che l'attesa di vita è oggi cambiata tant'è che si utilizza un nuovo linguaggio che considera il termine guarito e cronico, «l'attesa di vita è tale che non trova giustificazione alcuna discriminazione di accesso ai servizi finanziari»;

    le difficoltà si riscontrerebbero anche per i cittadini non più soggetti a cura tumorale che ritornerebbero a confrontarsi nel mondo del lavoro o persino per coloro che vorrebbero intraprendere percorsi finalizzati all'adozione di minori;

    secondo quanto dichiarato da Elisabetta Iannelli, avvocato segretario generale della Federazione italiana delle Associazioni di volontariato in oncologia (Favo) e membro del comitato scientifico dell'Osservatorio permanente sulla condizione assistenziale dei malati oncologici, queste persone sarebbero discriminate nell'accesso ai servizi finanziari, perché hanno, ad esempio, difficoltà a sottoscrivere o mantenere sia una copertura assicurativa per le malattie, sia una polizza vita per il caso di morte spesso richiesta come garanzia accessoria e, quindi, in sostanza, condicio sine qua non per accendere un mutuo;

    avere avuto un cancro, anche per chi lo abbia superato, è un fatto della storia personale che potrebbe ritornare rilevante qualora si volesse accedere a una polizza o un mutuo perché, se non dichiarato al momento della sottoscrizione, in caso di sinistro, la compagnia potrebbe rifiutare di pagare la prestazione assicurativa affermando che il rischio fosse alterato. L'ex malato di cancro si troverebbe nella difficile condizione di non sapere se dover dichiarare la pregressa patologia, con la possibilità di vedersi rifiutata la sottoscrizione della polizza, oppure di omettere di essere stato malato, con il rischio poi di vedersi negare, a causa dell'omissione, la prestazione assicurativa per cui ha pagato i relativi premi;

    Armando Santoro, direttore Humanitas Cancer Center dell'istituto clinico Humanitas Ircss, di Rozzano, ha dichiarato che, sotto l'ampia definizione di sopravvissuti al cancro, oggi sono inclusi pazienti che vivono con neoplasie caratterizzate da remissione alternata e recidiva;

    il sistema finanziario si regge sulla quantità di vita, a discapito del recupero funzionale del paziente, eppure il mondo scientifico e gli oncologi si sono espressi con chiarezza inequivocabile, tanto da sostenere che i guariti da cancro avrebbero la stessa aspettativa di vita della popolazione generale di uguale sesso e di pari età;

    Antonella Campana, vicepresidente della Fondazione Aiom e membro del coordinamento volontari di «IncontraDonna» ha più volte ribadito la necessità di muoversi verso un futuro libero dallo stigma della malattia oncologica;

    la tutela dei diritti dei pazienti oncologici passa anche attraverso il riconoscimento giuridico di una «guarigione dal cancro»;

    tale concetto è sostenuto anche da Monica Forchetta, membro del consiglio di amministrazione di Fondazione Aiom e presidente Apaim Associazione pazienti Italia melanoma, secondo la quale «la neoplasia spesso diventa un'etichetta, anche quando non c'è più. Oggi, però, le persone guarite sono così tante che è necessario rendersi conto dell'entità del problema e intervenire per risolverlo»;

    è notizia dei giorni scorsi della campagna nazionale «Io non sono il mio tumore», promossa dalla Fondazione Aiom, finalizzata all'approvazione del «Diritto all'oblio oncologico» sul modello già attuato in Francia, Lussemburgo, Belgio, Olanda e Portogallo. L'obiettivo, secondo il presidente della fondazione, Giordano Beretta, sarebbe quello di definire «una legge che tuteli quanti hanno combattuto contro una neoplasia e che ora, proprio per questo motivo, devono confrontarsi con le discriminazioni sociali». «Nel nostro Paese sono 3,6 milioni i cittadini che vivono con una diagnosi di cancro. Il 27 per cento di essi è guarito». Un passo legislativo «su misura» consentirebbe agli stessi di non essere più considerati pazienti oncologici a 5 anni dalla fine delle cure – se il tumore è stato evidenziato in età pediatrica – e dopo 10 anni se la malattia è insorta da adulti;

    cancro non significherebbe più necessariamente «morte» ed è quindi evidente la necessità di tutelare anche tutte le persone che terminano con successo un percorso di terapie. Ogni neoplasia richiede un tempo diverso perché chi ne soffre sia definito «guarito»; per il cancro della tiroide sono necessari meno di 5 anni dalla conclusione delle cure, per il melanoma e il tumore del colon meno di 10. Molti linfomi, mielomi e leucemie e i tumori della vescica e del rene richiedono 15 anni. Per essere «guariti» dalle malattie della mammella e della prostata ne servono fino a 20;

    il Piano europeo contro il cancro, presentato nel febbraio 2021, è la risposta dell'Unione europea nel sostenere il lavoro degli Stati membri per prevenire il cancro e garantire un'elevata qualità di vita ai malati di cancro, ai sopravvissuti, alle loro famiglie e ai loro assistenti; tra le altre raccomandazioni gli eurodeputati hanno chiesto di garantire il «diritto all'oblio» in base al quale gli assicuratori e le banche non dovrebbero tenere conto della storia clinica delle persone affette da cancro) a tutti i pazienti dell'Unione europea dieci anni dopo la fine del trattamento e fino a cinque anni per i pazienti che sono stati diagnosticati prima dei 18 anni di età;

    negli ultimi due anni, molti Paesi europei hanno emanato una legge che garantisce agli ex pazienti il diritto a non essere rappresentati dalla malattia: la Francia è stato il primo Paese a stabilire per legge che le persone con pregressa diagnosi oncologica, trascorsi dieci anni dalla fine dei trattamenti o cinque, per coloro che hanno avuto il tumore prima della maggiore età, non sono tenute ad informare gli assicuratori o le agenzie di prestito sulla loro precedente malattia. Dopo la Francia è intervenuto il Belgio con una norma simile. In Lussemburgo vige dal 29 ottobre 2019, seppur non sia una vera legge, bensì un accordo tra il Governo e le assicurazioni; in Olanda il «diritto all'oblio oncologico» è stato adottato con decreto-legge il 2 novembre 2020 e più recentemente il Portogallo, con la legge n. 75 del 2021 del 18 novembre 2021, ha rafforzato l'accesso ai contratti di credito e assicurativi da parte delle persone che hanno superato o mitigato situazioni di aggravamento del rischio sanitario o di invalidità, vietando pratiche discriminatorie,

impegna il Governo:

1) a valutare l'opportunità di adottare, di concerto con gli Stati membri dell'Unione europea, iniziative volte allo sviluppo delle quattro aree di intervento del «Piano europeo di lotta contro il cancro»;

2) ad adottare iniziative volte alla prevenzione dei tumori attraverso l'utilizzo di tutti gli strumenti possibili al fine di garantire tutte le forme di screening, diagnosi e terapie opportune, anche in relazione ai ritardi scaturiti durante la pandemia da COVID-19;

3) ad adottare iniziative per utilizzare le risorse messe in campo dai fondi di Next Generetion EU al fine di incentivare la ricerca, lo sviluppo di nuove cure e farmaci nonché potenziare le strutture esistenti dedicate alla cura contro il cancro;

4) ad adottare iniziative per delineare il quadro normativo ottimale per rimuovere ogni ostacolo al fine di garantire il diritto, a tutti i cittadini non più soggetti a cure tumorali, di poter accedere al mondo del lavoro e a servizi economici, anche prevedendo l'istituzione di un comitato di monitoraggio con il compito di valutare le pratiche discriminatorie;

5) ad adottare iniziative di competenza finalizzate alla prevenzione, nonché volte ad evitare discriminazioni sociali nei confronti dei malati oncologici, anche prevedendo l'istituzione di un comitato di monitoraggio con il compito di valutare le pratiche discriminatorie;

6) ad adottare iniziative per sensibilizzare, nel limite delle proprie competenze e con apposite campagne di informazione, la popolazione alla cultura della «guarigione dal cancro», nonché ad adottare iniziative normative volte al riconoscimento giuridico di una «guarigione dal cancro»;

7) ad adottare iniziative affinché la mancata tutela del diritto all'oblio oncologico integri un'ipotesi discriminatoria in ambito lavorativo censurabile da parte degli organi preposti al controllo;

8) ad adottare iniziative di competenza, anche di carattere normativo, per agevolare l'accesso all'assicurazione o al credito per le persone che presentano un rischio aggravato a causa di una patologia cancerosa, regolando il diritto all'oblio oncologico senza obbligo dichiarativo qualora ricorrano periodi congrui dalla chiusura dei protocolli terapeutici relativi alla patologia ovvero con obbligo dichiarativo, senza sovrapprezzo o premi aggiuntivi, qualora ricorrano talune condizioni.
(1-00661) «Trizzino, Schullian».

(13 giugno 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    secondo le ultime statistiche pubblicate sul sito web del Parlamento europeo nella sezione attualità, nel 2020, all'interno dell'Unione europea, sono state circa 3 milioni le persone ad aver ricevuto una diagnosi di tumore e per 1,27 milioni inclusi 6000 tra bambini e giovani è stata causa decesso;

    in Europa, i tumori costituiscono la seconda causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e, tuttavia, grazie a trattamenti innovativi e ad un migliore accesso alle cure, oggi sono molti i cittadini europei che riescono vivere più a lungo a seguito di tale diagnosi;

    durante la pandemia di COVID-19 che ha colpito l'Europa in questi ultimi due anni si stima che 100 milioni di test di screening non siano stati effettuati e che un milione di casi di cancro non siano stati diagnosticati, mentre un paziente oncologico su 100 non ha ricevuto in tempo il trattamento chirurgico o chemioterapico di cui aveva bisogno;

    nella sua lotta contro i tumori, l'Unione europea, oltre a integrare gli sforzi degli Stati membri rafforzando la cooperazione e lo scambio di informazioni, adottando leggi in materia dei fattori di rischio (quali tabacco, sostanze cancerogene o pesticidi) e lanciando campagne di sensibilizzazione, ha istituito nel 2020 la commissione speciale sulla lotta contro il cancro (Beca) la cui relazione finale e le sue raccomandazioni sono state approvate nel corso della sessione plenaria del febbraio 2022;

    tali raccomandazioni inserite nella Risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022 su rafforzare l'Europa nella lotta contro il cancro – Verso una strategia globale e coordinata (2020/2267(INI)) prevedono i seguenti campi di azione:

     a) prevenzione oncologica in tutte le politiche europee:

      1. programmi di screening e diagnosi del cancro inclusivi;

      2. parità di accesso alle cure oncologiche: verso cure della massima qualità;

      3. parità di accesso alle cure e ai medicinali oncologici nell'UE;

      4. parità di accesso alle cure oncologiche multidisciplinari e di qualità: verso una migliore risposta all'impatto delle crisi sanitarie sui pazienti oncologici;

      5. forte sostegno ai pazienti oncologici, ai sopravvissuti alla malattia e ai prestatori di assistenza;

      6. le sfide dei tumori infantili, negli adolescenti e nei giovani adulti;

      7. le sfide dei tumori rari in età adulta;

     b) Strumenti d'azione:

      1. ricerca olistica e relative implicazioni;

      2. conoscenze condivise;

      3. finanziamento del piano europeo di lotta contro il cancro;

    in precedenza, il 3 febbraio 2021 la Commissione europea aveva presentato il Piano europeo di lotta contro il cancro incentrato su quattro grandi aree di intervento:

     a) prevenzione, attraverso azioni finalizzate ad arginare i principali fattori di rischio, ad esempio il tabagismo (affinché entro il 2040 la percentuale di popolazione che fa uso di tabacco sia inferiore al 5 per cento) il consumo nocivo di alcol, l'inquinamento ambientale e le sostanze pericolose, promuovendo l'alimentazione sana e l'attività fisica e prevenendo i tumori causati da infezioni e incrementando le vaccinazioni;

     b) individuazione precoce, migliorando l'accesso alla diagnostica e la sua qualità e appoggiando gli Stati membri di modo che entro il 2025 il 90 per cento della popolazione dell'Unione europea che soddisfa i requisiti per lo screening del tumore al seno, del tumore del collo dell'utero e del tumore del colon-retto abbia la possibilità di sottoporvisi;

     c) diagnosi e trattamento, mediante azioni volte a offrire una migliore assistenza integrata e completa correggendo le disparità di accesso a cure e medicinali di alta qualità. Di qui al 2030 il 90 per cento degli aventi diritto dovrebbe avere accesso a centri nazionali integrati di cancerologia facenti parte di una rete dell'Unione europea;

     d) miglioramento della qualità della vita dei malati di cancro e dei sopravvissuti, compresi gli aspetti di riabilitazione e di possibile recidiva o metastasi, e misure per facilitare l'integrazione sociale e il reinserimento lavorativo;

    per quanto riguarda l'Italia secondo l'ultimo rapporto «i numeri del cancro in Italia» pubblicato a ottobre 2021 a cura di Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Registri tumori italiani (Gruppo di lavoro numeri 2021), Società italiana di anatomia patologica e di citologia diagnostica (Siapec-Iap), Fondazione Aiom, sorveglianze Passi e Passi d'Argento (PdA) dell'Istituto superiore di sanità e Osservatorio nazionale screening (Ons) che descrive gli aspetti relativi alla diagnosi e terapia delle neoplasie, nel 2021 sono stimate 181.330 morti per neoplasie (100.200 uomini e 81.100 donne), 1.870 in meno rispetto al 2020. Più in generale, negli ultimi sei anni, si è osservato un calo complessivo della mortalità per cancro del 10 per cento negli uomini e dell'8 per cento nelle donne. Dal 2015 a oggi, nei maschi sono diminuite del 18,4 per cento le morti per neoplasie dello stomaco, del 15,6 per cento quelle del polmone, del 14,6 per cento alla prostata e del 13,6 per cento del colon-retto. Aumentano nella popolazione femminile i decessi per i carcinomi della vescica (+5,6 per cento) e del polmone (+5 per cento), strettamente legati al fumo di sigaretta, mentre calano quelli allo stomaco (-25 per cento), colon-retto (-13,2 per cento), ovaio (-9 per cento) e mammella (-6,8 per cento). L'alto livello dell'assistenza oncologica in Italia è evidenziato dalle percentuali di sopravvivenza a 5 anni, che migliorano per tutte le neoplasie attestandosi al 59 per cento negli uomini ed al 65 per cento nelle donne (rispetto al 54 per cento e 63 per cento della rilevazione precedente aggiornata al 2015);

    l'aumento dell'incidenza del numero di nuovi casi ogni anno di tumori infantili registrato in Italia fino alla seconda metà degli anni Novanta si è arrestato. Airtum, l'Associazione italiana registri tumori, stima che per il quinquennio 2016-2020, in Italia, siano state diagnosticate 7.000 neoplasie tra i bambini e 4.000 tra gli adolescenti (15-19 anni), in linea con il quinquennio precedente. La media annuale stimata è di 1.400 casi nella fascia d'età 0-14 anni e 900 in quella 15-19 anni;

    a causa della pandemia tra marzo e aprile 2020, si è verificata la sospensione degli screening, in particolare essa è stata pari al 33 per cento per lo screening cervicale, al 31,8 per cento per quello colorettale e al 26,6 per cento per quello mammografico. La riduzione degli esami è stata pari al 45,5 per cento per lo screening colorettale (-1.110.414 test), al 43,4 per cento per quello cervicale (-669.742), al 37,6 per cento per le mammografie (-751.879) facendo sì che fossero ci fossero eseguiti circa 2 milioni e mezzo di screening in meno e, attualmente gli effetti del ritardo sulla diagnosi precoce sono al momento difficilmente quantificabili;

    per prevenire forme tumorali oltre agli screening è necessario adottare, fin da giovani, corretti stili di vita. Sicuramente è una grande sfida, per la salute mondiale, educare i più giovani e sensibilizzarli su quanto sia fondamentale assumere comportamenti che possano prevenire malattie oncologiche. È difficile pensare a interventi di prevenzione, poiché, nella maggior parte dei casi, i tumori infantili non dipendono da stili di vita ma da fattori non del tutto noti;

    è però possibile proteggere i bambini dallo sviluppo di alcuni tipi di tumori attraverso specifiche vaccinazioni: quella contro il virus dell'epatite B, per evitare il cancro del fegato a cui predispone questa malattia, e la vaccinazione contro L'hpv, a partire dai 12 anni, per prevenire insieme all'infezione i tumori, tra gli altri, del collo dell'utero, del pene, dell'ano e del cavo orale;

    quel che è molto diverso per i tumori pediatrici e che è decisamente cambiato, negli ultimi quarant'anni, è il tasso di mortalità, che è in netta diminuzione: nel 2008 i decessi erano circa un terzo di quelli registrati nei primi anni Settanta, e oggi oltre l'80 per cento dei pazienti guarisce;

    pur essendo guariti, però molti ex pazienti oncologici pediatrici definiscono sé stessi come long term survivor o sopravviventi di lungo corso;

    gli ultimi dati dicono che, dopo la diagnosi, tre bambini su quattro guariscono completamente. Crescendo, queste persone (il cui numero in Europa oggi si stima tra 300.000 e 500.000, di cui appunto circa 50.000 in Italia, con un'età media di 25-29 anni) escono dalle competenze dell'oncologo pediatra, ma, purtroppo, non esiste ancora una figura professionale che le possa accompagnare nell'età adulta, non per praticare cure o esami particolari – possono infatti condurre una vita del tutto normale – ma perché possono avere dei problemi clinici causati dalle cure cui sono stati sottoposti da bambini;

    una minoranza di bambini guariti dal tumore subisce da adulti le conseguenze della malattia o gli effetti secondari delle cure;

    ancora non è del tutto noto quanto le terapie somministrate in età pediatrica possano incidere sulla crescita o sulla possibilità di avere figli, o sulla possibilità di sviluppare malattie del cuore, o sul rischio di sviluppare un secondo tumore indotto dai trattamenti per la cura della neoplasia primitiva;

    sono necessari farmaci sempre più mirati alle specificità dell'organismo in crescita, limitando le sequele nella successiva vita adulta e «su misura» per ogni bambino;

    per ottimizzare i livelli di salute e di qualità di vita dei lungo sopravviventi e per evitare che l'aderenza ai programmi di follow-up (FU) venga meno nel periodo di passaggio dall'infanzia all'età adulta, è fondamentale sviluppare un programma di sorveglianza che continui anche oltre la maggiore età;

    nella crescita dall'età pediatria all'età adulta si realizza il passaggio dal familiare ambiente pediatrico, in cui la responsabilità per le cure e il FU è dei genitori, a un ambiente per adulti sconosciuto, in cui è il lungo sopravvivente stesso che si deve prendere la responsabilità primaria del proprio stato di salute. In questa fascia di età la sovrapposizione di competenze di specialisti pediatrici e medici dell'adulto rende ulteriormente difficile una pianificazione di Long-Term Follow-Up (Ltfu), in quanto non c'è un accordo chiaro su chi debba gestire questi pazienti. Per questi motivi spesso si assiste all'abbandono del programma di sorveglianza da parte dei pazienti e alla perdita del follow-up, rendendo sempre più meno frequenti con l'avanzare dell'età i controlli presso i centri;

    il Children's Cancer Survivors Study Group ha condotto un'analisi sulla frequenza con cui i 18-19enni si recano al centro di riferimento ed è emerso che solo il 31 per cento di essi e il 17 per cento dei pazienti oltre i 35 anni hanno effettuato i controlli nei due anni precedenti;

    il problema evidente in questa fascia di età è che essa risulta essere la meno sorvegliata nonostante sia anche il periodo in cui si assiste maggiormente alla comparsa di effetti tardivi anche gravi a causa dell'aumento di patologie solitamente tipiche dell'età avanzata che in questa popolazione di «guariti» si manifestano precocemente, più velocemente e aggressivamente rispetto alla popolazione dei loro coetanei;

    lo stesso Fondo mondiale per la ricerca sul cancro (World Cancer Research Fund), a distanza di circa dieci anni dall'edizione precedente, ha pubblicato un'impegnativa revisione di tutti gli studi scientifici dedicati al rapporto tra alimentazione, stili di vita e tumori, le cui conclusioni non solo influenzano le strategie politiche e i programmi di prevenzione promossi dai singoli Paesi ma si spera possano anche indirizzare le scelte individuali per condurre una vita più sana;

    l'ultimo piano oncologico nazionale scaduto nel 2016 non è più adeguato ai tempi: il numero dei casi di tumori sono in aumento così come sono variati gli attuali percorsi diagnostici terapeutici rispetto alle linee del piano e l'emergenza da COVID-19 ha fatto emergere esigenze diverse dei pazienti;

    emerge sempre più forte la necessità che l'Italia si adegui al Piano europeo affinché sia superata l'emergenza, siano potenziate le infrastrutture, vi sia un maggior adeguamento all'innovazione tecnologica e venga superata quella disparità regionale nell'assistenza e nella presa in carico dei pazienti e delle loro famiglie non più tollerabile e giustificabile;

    gli effetti indiretti che la pandemia ha avuto sulla capacità di prevenzione e assistenza oncologica ed oncoematologia, i ritardi delle prestazioni di screening, delle diagnosi e dell'accesso a nuovi trattamenti terapeutici, degli interventi chirurgici e la maggiore complessità assistenziale impongono la messa in atto di un nuovo Pon basato sulle 10 iniziative «Faro» del Piano oncologico europeo;

    è necessario che il nuovo piano sia centrato sulla persona e sulla sua presa in carico, sul suo percorso terapeutico che, come sancito nell'accordo Stato-regioni del 2019, individui nella rete oncologica il miglior modello organizzativo per un adeguato livello di accoglienza e integrazione tra assistenza territoriale e ospedaliera, assicurando per tutti un equo accesso alle cure e superando un sistema attualmente incentrato solo sull'assistenza ospedaliera;

    in ragione della rilevanza economica e sociale del cancro, l'adozione del nuovo piano oncologico nazionale (Pon) rappresenta una priorità per l'intero sistema, anche in considerazione di quanto viene richiesto agli Stati membri e stanziato (4 miliardi di euro) dal Piano europeo di lotta contro il cancro;

    alla luce delle 10 iniziative indicate nel Piano oncologico europeo sono state indicate le 5 aree di impatto su cui deve agire il nuovo Pon: organizzazioni e reti, innovazione e medicina personalizzata, prevenzione e promozione della salute, equità di accesso a diagnosi e trattamento con alti standard di qualità, qualità della vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia;

    numerosi sono stati gli atti d'indirizzo e di sindacato ispettivo presentati in Parlamento in questa legislatura su questo tema e nell'ultimo atto di sindacato del 17 maggio 2022 (n. 5/08095) il Governo nel dare la risposta comunicava la conclusione dell'iter del nuovo piano oncologico nazionale;

    successivamente a tale dichiarazione è stata pubblicata una bozza (che deve ancora andare al vaglio della Conferenza Stato-regioni) del nuovo Piano che affronta tutte le problematiche per la prevenzione, la cura e l'assistenza ai malati di cancro con rinnovata attenzione ai percorsi assistenziali grazie a «un approccio globale e intersettoriale, con una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico» e con il grande obiettivo della riduzione fino all'eliminazione delle disuguaglianze nell'accesso agli interventi di prevenzione e cura;

    prevenzione, percorsi di cura chiari ed omogenei nonché attenzione al malato e a chi lo assiste, esenzione dal ticket anche nelle fasi di indagine, digitalizzazione per snellire la burocrazia, assistenza sempre più domiciliare e integrata con l'ospedale e i servizi territoriali per evitare di dover andare da un presidio all'altro, formazione degli operatori sanitari e campagne informative per i cittadini, supporto nutrizionale e psicologico, ampliamento delle fasce di età per gli screening, cure palliative a domicilio e potenziamento delle coperture vaccinali, attenzione verso i caregiver oncologico, riabilitazione del malato oncologico sono alcune delle linee che si possono leggere nella bozza del nuovo Piano oncologico nazionale 2022-2027;

    sicuramente, sulla carta, si tratta di un piano ambizioso dove è necessario indicare contestualmente le disponibilità delle risorse economiche e finanziarie necessarie per la sua concreta attuazione (nel Piano non si prevedono risorse in più rispetto a quelle già previste dal Fondo sanitario nazionale, dal PNRR e da altri fondi europei) nonché una road map che definisca nei dettagli i singoli passaggi successivi per la sua concreta applicazione;

    nel piano nazionale oncologico è necessario affrontare anche il problema dei lungo sopravviventi che, grazie ai miglioramenti delle terapie e delle cure assistenziali per i tumori dell'infanzia, negli ultimi decenni hanno fatto registrare in Europa un continuo aumento (una persona ogni 650-1000 tra la popolazione generale);

    la leucemia è la neoplasia più comune in età pediatrica e rappresenta il 25-30 per cento di tutti i casi registrati annualmente. L'elevato tasso di sopravvivenza è accompagnato, tuttavia, da un rischio significativo di eventi avversi tardivi che incidono notevolmente: sulla qualità della vita, su morbilità e sulla mortalità. Il 60 per cento di lungo sopravviventi presenta una o più malattie croniche dovute alle cure, mentre il 30 per cento è affetto da patologie gravi o mortali. Gli eventi cardiologici tardivi, in particolare da antracicline e radioterapia, sono tra i più frequenti e la mortalità cumulativa a 30 anni dalla diagnosi è dovuta più ad altre cause che al tumore primitivo. Questi dati dimostrano l'importanza del fenomeno e della reale necessità di impostare un valido programma di Long-Term Follow-Up (Ltfu) per lo screening e la diagnosi precoce dei Late Effects (Le),

impegna il Governo:

1) a definire tempistiche certe per la conclusione dell'iter di approvazione del nuovo Piano oncologico nazionale nonché una road map per la sua concreta attuazione, contenente, tra l'altro, una cogente tempistica di attuazione (time table) e precisi, misurabili ed ineludibili elementi di verifica della sua attuazione nelle diverse regioni;

2) ad adottare iniziative per individuare ulteriori risorse economiche e finanziarie atte a garantire l'attuazione delle finalità e degli obiettivi che devono essere indicati nel nuovo piano oncologico nazionale;

3) ad adottare iniziative di competenza volte a ridurre il divario ora esistente tra i vari ambiti regionali, con particolare attenzione alle regioni del Mezzogiorno, prevedendo, altresì, un meccanismo di monitoraggio per la concreta attuazione del Piano stesso, includendovi indicatori predefiniti e misurabili per la valutazione delle attività regionali rispetto alla presa in carico e cura del paziente e della sua famiglia;

4) ad adottare iniziative per garantire gli obiettivi di screening previsti dal piano oncologico europeo nonché a predisporre campagne informative e preventive attraverso screening per le popolazioni maggiormente a rischio, al fine di recuperare quanto non fatto in questi ultimi due anni a causa della pandemia, incentivando anche l'attività di prevenzione secondaria;

5) a promuovere, a livello territoriale, un approccio multidisciplinare con una presa in carico globale del malato oncologico al fine di garantire il benessere psicofisico complessivo del paziente oncologico;

6) a dare completa attuazione alla legge n. 29 del 22 marzo 2019 recante «l'istituzione e disciplina della Rete nazionale dei registri tumori e dei sistemi di sorveglianza e del referto epidemiologico per il controllo sanitario della popolazione» completando il Registro nazionale tumori, assicurandone un corretto funzionamento anche attraverso un corretto e completo trasferimento dei dati regionali al data base nazionale;

7) a dare piena attuazione all'accordo «Revisione delle linee guida organizzative e delle raccomandazioni per la rete oncologica che integra l'attività' ospedaliera per acuti e post acuti con l'attività territoriale», dal momento che uno dei principali obiettivi della Rete oncologica è costituito dalla condivisione e dallo scambio di informazioni cliniche al suo interno, valutando la possibilità di superare l'automatica applicazione del modello Hub&Spoke, che fino ad oggi ha impedito una reale attivazione delle reti oncologiche in molte regioni e proponendo modelli alternativi, come quello del Comprehensive Cancer Network, basato su Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali (Pdta) regionali vincolanti, attraverso una armonizzazione normativa dei rimborsi regionali, attribuiti al percorso diagnostico terapeutico e non solo alla singola prestazione, che potrebbe essere resa al cittadino, in maniera coordinata, in uno dei Centri assistenziali previsti nel percorso diagnostico-terapeutico del network assistenziale al cittadino medesimo più agevolmente accessibili;

8) a predisporre tutte le iniziative necessarie per assicurare un completo reinserimento sociale e lavorativo del malato oncologico;

9) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, anche in relazione all'approvazione di un nuovo modello di assistenza territoriale, volte a potenziare l'assistenza oncologica domiciliare e territoriale nell'ottica di ridurre, parallelamente, il numero di accessi alle strutture ospedaliere, anche attraverso la creazione di modelli innovativi come quello del teleconsulto strutturato, controllato e riconosciuto associato alla «Home delivery» dei farmaci, anche armonizzando l'attuale normativa di cessione ospedaliera;

10) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per rinnovare e modernizzare la dotazione strumentale e tecnologica per gli screening diagnostici, per le attività chirurgiche e per la radioterapia;

11) ad adottare iniziative volte a sostenere il funzionamento e lo sviluppo di centri multidisciplinari di alta specialità che presentino i necessari requisiti per l'accreditamento, nell'ottica di sviluppare e diffondere la terapia Car-T;

12) a promuovere l'oncologia di precisione attraverso l'istituzione dei Molecular Tumor Board (Mtb) nell'ambito delle Reti oncologiche regionali (Ror) e l'istituzione dei Centri di profilazione genomica (Next Generation Sequencing – Ngs), secondo quanto previsto dall'articolo 8, commi 1-bis-1-quater del DL n. 152/2021 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021 n. 233, invitando l'Aifa a rendere nuovamente disponibili, a tutti gli oncologi o almeno ai Mtb, l'Osservatorio delle sperimentazioni cliniche, per garantire una reale equità di potenziale accesso a terapie innovative, ancorché non ancora convenzionali;

13) ad adottare iniziative di competenza, nel quadro del potenziamento delle attività di prevenzione e cura dei tumori, per attuare quanto previsto dall'intesa Stato-regioni 26 ottobre 2017 sul documento «Piano per l'innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze omiche», nell'ottica di garantire il più ampio accesso alla medicina di precisione, promuovendo una sollecita adozione delle conclusioni del tavolo di coordinamento inter-istituzionale con il compito di attuare il piano, con particolare riferimento agli investimenti necessari per assicurare la multidisciplinarietà, strutture adeguate e personale altamente specializzato;

14) ad adottare iniziative volte a garantire il sostegno psicologico così come previsto dai livelli essenziali di assistenza (Lea) anche ai malati oncologici;

15) a predisporre campagne informative, con particolare attenzione alle fasce più giovani della popolazione, volte ad adottare stili di vita corretti in un'ottica di prevenzione delle malattie oncologiche;

16) ad adottare iniziative per definire ed organizzare, per quanto di competenza, per i pazienti oncologici pediatrici guariti programmi di controllo per la gestione del «guarito» e degli eventuali effetti a distanza nonché per definire misure per la presa in carico nel periodo di transizione tra l'età pediatrica e quella adulta;

17) ad adottare iniziative per definire ed organizzare, per quanto di competenza, anche per i pazienti oncologici adulti, degli «ambulatori dei guariti», da attuare in accordo con la medicina del territorio in strutture extraospedaliere per ridurre l'impatto psicologico negativo delle strutture di cura oncologica;

18) ad adottare iniziative volte al potenziamento della ricerca clinica e traslazionale oncologica, adoperandosi celermente per l'adozione dei decreti attuativi del regolamento europeo della sperimentazione clinica di medicinali per uso umano (536/2014);

19) ad adottare iniziative volte alla definizione di nuovi modelli di protezione dei dati personali dei pazienti oncologici (e non dei cittadini), tutelando i Data protection officer (Dpo) aziendali, attraverso una semplificazione delle procedure che sia in grado di non rallentare o bloccare la ricerca clinica e traslazionale innovativa.
(1-00663) «Carnevali, Lorenzin, Siani, De Filippo, Ianaro, Rizzo Nervo, Pini, Lepri».

(13 giugno 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la popolazione europea, pur rappresentando meno di un decimo della popolazione mondiale, presenta un caso su quattro di pazienti oncologici;

    l'International Agency for Research on Cancer dell'organizzazione mondiale della sanità ha stimato un incremento dei decessi a causa di patologie oncologiche pari a oltre 24 punti percentuali entro il 2035, diventando i tumori il primo fattore di mortalità all'interno del territorio dell'Unione europea;

    le patologie oncologiche, oltre a compromettere gravemente la salute psico-fisica individuale, producono un rilevante impatto sui sistemi sanitari degli Stati membri e, più in generale, sulle loro economie: in particolare, l'impatto economico complessivo è valutato superiore ai 100 miliardi di euro l'anno;

    quanto al nostro Paese, l'ultimo rapporto dell'Associazione italiana di oncologia medica, curato assieme all'Associazione italiana registri tumori e all'Associazione italiana di anatomia patologica e citologia diagnostica e presentato nell'ottobre del 2020, stima in Italia l'effettuazione di 377 mila nuove diagnosi di tumori, 197 mila negli uomini e 182 mila nelle donne, nel corso dell'anno 2020;

    il medesimo rapporto evidenzia, altresì, l'efficacia delle campagne di prevenzione, della ricerca e delle terapie innovative, che determinano una riduzione complessiva dei tassi di mortalità e un aumento significativo delle persone guarite e che tornano a condurre una vita caratterizzata da buoni indicatori di qualità: sopravvivono alla malattia 3,6 milioni di persone in più, con un incremento di 37 punti percentuali rispetto a dieci anni fa, e almeno un paziente su quattro è da considerarsi guarito ed è tornato a godere della medesima aspettativa di vita della generalità della popolazione italiana;

    ciò nonostante, la pandemia da COVID-19 ha segnato un importante rallentamento delle pratiche di prevenzione, presa in carico e cura delle patologie oncologiche nel nostro Paese, ritardando moltissimi screening e diagnosi e incidendo notevolmente sull'accesso ai servizi da parte della popolazione, con marcate differenze tra regioni;

    le difficoltà di accedere ai servizi hanno determinato la drastica riduzione di screening, diagnosi e vaccinazioni antitumorali, dato che gli esperti pongono in relazione alla previsione di un significativo incremento – nel prossimo futuro – delle diagnosi di tumori soltanto in fase avanzata, con una riduzione delle possibilità di intervento precoce e, dunque, il correlato aumento dei decessi, nonché dei costi relativi all'assistenza sanitaria;

    durante il periodo pandemico la rete oncologica italiana ha assistito, su tutto il territorio nazionale, a una diminuzione della disponibilità di farmaci antitumorali e, in alcune realtà territoriali, si sono registrati non soltanto ritardi nelle diagnosi, ma – addirittura della sospensione delle attività diagnostico-terapeutiche o l'impossibilità di somministrazione delle terapie salvavita;

    in altre parole, il COVID-19 ha messo in evidenza, in tutta la sua drammaticità, un sistema sanitario di cure oncologiche «a macchia di leopardo» o «a doppia velocità»: a fronte di realtà che hanno modificato protocolli e procedure, sperimentando nuovi metodi organizzativi per garantire continuità della presa in carico dei pazienti oncologici, in altri casi è stato negato l'accesso alle cure, con un vulnus dei princìpi di eguaglianza e non discriminazione nella garanzia del diritto supremo alla salute, di cui al combinato disposto degli articoli 3 e 32 della Costituzione;

    in data 3 febbraio 2021, la Commissione europea ha presentato il Piano europeo di lotta contro il cancro, strutturato su quattro ambiti di intervento: prevenzione, individuazione precoce delle neoplasie, diagnosi e trattamento, qualità di vita dei pazienti oncologici e dei sopravvissuti alla malattia;

    il Piano europeo, finanziato dai programmi EU4Health, Orizzonte Europa, Erasmus+ ed Europa digitale, dai fondi della politica di coesione e dalla possibilità di fare ricorso al Next Generation EU, si struttura in dieci «iniziative faro» e verrà riesaminato entro la fine dell'anno 2024;

    inoltre, a febbraio 2021 è stato presentato il Piano d'azione Samira, che si propone di migliorare il coordinamento europeo nell'utilizzo delle tecnologie radiologiche e nucleari per la cura di malattie, incluse le patologie oncologiche, attraverso azioni che mirano ad assicurare a tutti i cittadini europei parità di accesso ai servizi, con particolare riferimento alla medicina personalizzata, garantendo il rispetto dei più alti standard di sicurezza e promuovendo innovazione e sviluppo tecnologico delle applicazioni mediche;

    in data 18 maggio 2022, il Ministro della salute ha annunciato la pronta adozione del Piano oncologico nazionale, ormai atteso da diversi anni, che – secondo quanto affermato – adotterà un approccio globale e intersettoriale, volto all'integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico, con l'obiettivo dell'eliminazione delle disuguaglianze nell'accesso agli interventi di prevenzione e cura;

    il Piano oncologico nazionale dovrà definire le azioni programmatiche di prevenzione, diagnosi, presa in carico, assistenza e cura delle patologie ontologiche, declinare gli interventi di integrazione tra assistenza territoriale e ospedaliera, nonché individuare indicatori univoci volti a valutare le performance regionali e il raggiungimento degli obiettivi prefissati;

    il Piano oncologico nazionale riveste un'importanza strategica per rendere la cura delle patologie oncologiche rispondente ad alti standard qualitativi, universalmente riconosciuti, nonché uniforme su tutto il territorio nazionale;

    cruciale risulterà il pieno coinvolgimento di tutti gli stakeholder interessati, affinché le misure adottate risultino il più possibile efficaci e rispondenti ai bisogni e ai diritti dei pazienti oncologici;

    particolarmente importante, inoltre, è fornire finalmente attuazione alla legge 22 marzo 2019, n. 29, istituendo la Rete nazionale dei registri dei tumori e dei sistemi di sorveglianza, per il conferimento dei dati regionali in un unico database nazionale;

    i dati e le ricerche in materia di patologie tumorali attestano come la medicina personalizzata, unitamente alle tecnologie digitali, sia in grado di modificare radicalmente la prognosi dei pazienti;

    ciò nonostante, si rinvengono tutt'oggi ancora notevoli ostacoli nell'accesso ai test di diagnostica molecolare, assolutamente indispensabili per poter predisporre terapie efficaci e adeguate alle caratteristiche della persona;

    l'articolo 19-octies del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, allocava 5 milioni di euro per l'anno 2021 destinati al potenziamento dei test NGS, strumenti di prevenzione innovativi che, individuando le alterazioni molecolari all'origine dei tumori, garantiscono diagnosi precoce e terapie efficaci, prevedendo al secondo comma l'emanazione di un decreto attuativo;

    in seguito, l'articolo 1, commi 684 e seguenti, della legge n. 30 dicembre 2021, n. 234, ha istituito nello stato di previsione del Ministero della salute un nuovo fondo, con dotazioni pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023, rinviando ad un ulteriore decreto attuativo la definizione di criteri, modalità attuative e sistema di monitoraggio;

    in particolare, con riferimento agli stanziamenti di cui all'articolo 1, comma 684, della legge 30 dicembre 2021, n. 23, in risposta a all'atto di sindacato ispettivo a risposta immediata in Commissione n. 5-08026, in data 4 maggio 2022, il Ministero della salute ha evidenziato che, acquisito anche il parere del Consiglio superiore di sanità (CSS) – Sezione I, Sessione II, del 15 febbraio 2022, lo «schema di decreto in questione conclusa l'istruttoria tecnica è dal 2 maggio u.s. alle valutazioni politiche ai fini del successivo inoltro alla Conferenza Stato-regioni;»

    tuttavia, ad oggi, nonostante la scadenza dei termini di cui alle sopracitate disposizioni e le rassicurazioni da parte del Ministero della salute, lo stesso non risulta ancora adottato e i pazienti oncologici sono, non di rado, costretti a sostenere a proprie spese i costi dell'accesso ai suddetti screening;

    la difficoltà di accesso ai servizi riguarda, altresì, particolari categorie di pazienti oncologici: tra queste, figurano senz'altro le donne con disabilità, interessate da tassi di patologie oncologiche femminili estremamente più elevati rispetto al resto della popolazione femminile generale, a causa della mancanza di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi progettate per rispondere ai vari bisogni di accessibilità;

    le patologie tumorali producono un impatto significativo non soltanto sulla salute fisica, ma altresì sulla salute psichica o mentale delle persone che ne sono coinvolte: pertanto, da più parti viene evidenziata la necessità che i pazienti oncologici abbiano accesso a supporti psicologici adeguati, al momento della diagnosi e durante e dopo i trattamenti sanitari a cui devono sottoporsi;

    infine, urgente risulta l'adozione di misure volte a garantire ai pazienti oncologici guariti il cosiddetto «diritto all'oblio», come raccomandato agli Stati membri dalla recente risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022;

    emerge in particolare la necessità che ai pazienti guariti da patologie oncologiche, trascorso un certo periodo di tempo dalla fine del trattamento e in assenza di recidive o ricadute, non vengano più richiesti dati personali inerenti alle proprie condizioni di salute pregresse per accedere a servizi finanziari, assicurativi e di altra natura – prassi che si pone in antitesi col diritto alla riservatezza, nonché coi princìpi di ragionevolezza, eguaglianza e non discriminazione;

    l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) ha più volte sottolineato come, nella prevenzione delle patologie oncologiche, rivestano un ruolo fondamentale gli stili di vita e i comportamenti individuali la cui applicazione, dati scientifici alla mano, eviterebbe la metà dei tumori che ogni anno colpiscono milioni di persone;

    se una delle voci più autorevoli in ambito di ricerca sui tumori considera il cambiamento dello stile di vita come lo strumento più importante nella lotta contro il cancro, occorre uno sforzo, anche in termini di risorse investite, idoneo a mettere in campo una strategia di prevenzione adeguata ai differenti contesti territoriali e ai relativi diversi fattori ambientali,

impegna il Governo:

1) ad adottare e poi attuare prontamente il Piano oncologico nazionale, dando altresì implementazione al Piano europeo di lotta contro il cancro e al Piano Samira, di cui in premessa, tenendo costantemente aggiornato il Parlamento al riguardo;

2) ad assumere tutte le iniziative di competenza volte ad assicurare uniformità sull'intero territorio nazionale, nella garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni inerenti ai servizi di prevenzione, diagnosi, assistenza e cura delle patologie oncologiche, rafforzando altresì l'assistenza territoriale e la telemedicina e prevedendo indicatori univoci volti a valutare le performance regionali in materia di presa in carico dei pazienti;

3) a promuovere, per quanto di competenza e in raccordo con le regioni, campagne di screening per le categorie di persone maggiormente a rischio, anche al fine di intercettare le patologie non diagnosticate durante il periodo pandemico, incentivando altresì l'attività di prevenzione secondaria;

4) ad assumere tutte le iniziative di competenza volte a garantire ai pazienti oncologici, in maniera uniforme sull'intero territorio nazionale, l'accesso ai più moderni sistemi di medicina personalizzata e, in particolare, agli screening oncologici innovativi, quali i test diagnostici NGS, dando anzitutto pronta e piena attuazione all'articolo 19-octies del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, e all'articolo 1, commi 684 e seguenti, della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

5) ad adottare le iniziative di competenza volte ad assicurare alle persone guarite da patologie oncologiche l'accesso a servizi finanziari, assicurativi e di altra natura in condizioni di eguaglianza e non discriminazione rispetto al resto della popolazione, secondo quanto previsto dalla risoluzione del Parlamento europeo del 16 febbraio 2022;

6) a promuovere la ricerca sulle nuove tecnologie e sui farmaci oncologici innovativi, adottando altresì tutte le iniziative di competenza volte a garantire ai pazienti il pronto accesso ai farmaci innovativi approvati da Aifa;

7) a dare attuazione alla legge 22 marzo 2019, n. 29, realizzando il Registro nazionale tumori, volto ad assicurare il conferimento dei dati regionali in un unico database nazionale;

8) ad assumere iniziative volte a promuovere scambi di informazioni scientifiche e terapeutiche tra le varie strutture sanitarie, al fine di migliorare l'appropriatezza dell'offerta sanitaria relativa alle specificità dei diversi tumori e a favorire lo sviluppo di letteratura scientifica nazionale confrontabile con dati europei e internazionali;

9) a porre in essere, per quanto di competenza, iniziative volte a consentire l'effettivo e facile accesso delle persone con disabilità ai servizi di prevenzione, diagnosi e cura delle patologie oncologiche, assicurando l'adozione di misure organizzative e la disponibilità di strutture e apparecchiature di screening e diagnosi idonee a rispondere ai differenti bisogni di accessibilità, anche promuovendo progetti per favorire lo sviluppo di macchine per l'effettuazione di test diagnostici che risultino adeguate alle esigenze delle donne con disabilità;

10) ad adottare, per quanto di competenza, le iniziative per garantire ai pazienti oncologici adeguati strumenti di sostegno psicologico, sia al momento della diagnosi, sia durante e in seguito ai trattamenti sanitari a cui devono sottoporsi;

11) ad assumere le iniziative opportune a realizzare campagne di informazione e raccolta di dati che consentano di mettere in campo strategie di prevenzione mirate, tenuto conto anche delle specificità territoriali che influiscono su abitudini di vita, fattori ambientali, qualità dell'aria e dell'ambiente urbano e di lavoro.
(1-00665) «Noja, Baldini, Fregolent, Ungaro, Marco Di Maio, Occhionero, Vitiello, Annibali, Del Barba, Gadda, Giachetti, Librandi, Marino, Moretto, Nobili, Mor, Colaninno, Anzaldi, Paita, Migliore».

(13 giugno 2022)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   SURIANO, EHM, SARLI e BENEDETTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 12 giugno 2022, in occasione delle elezioni amministrative e referendarie, in 170 seggi di Palermo le operazioni di voto sono state avviate con molte ore di ritardo, solo intorno alle ore 14, senza alcun preavviso, e ammontano a 50 i seggi del tutto chiusi;

   ciò è stato imputato all'assenza ingiustificata per l'insediamento del seggio di un elevato numero di presidenti, parte dei quali ha rinunciato all'incarico;

   la chiusura di quelle ore ha impedito il libero esercizio di voto di migliaia di cittadini, di cui una buona parte, con tutta probabilità, non ha fatto ritorno alle urne nelle ore pomeridiane o serali;

   diverse testate giornalistiche locali hanno riportato il verificarsi di problemi e ritardi già nella giornata precedente, momento fondamentale per la costituzione del seggio, per la compilazione dei verbali, l'autenticazione e la sottoscrizione delle schede elettorali, la preparazione delle urne e delle cabine, la preparazione dei registri degli elettori;

   da quanto riportato, gli assenti ingiustificati risultano essere 147, mentre ammonterebbero a circa 200 le persone segnalate presso la procura, che non hanno ottemperato ai propri doveri di scrutatori e presidenti di seggio;

   il comune di Palermo è corso ai ripari con un annuncio sul proprio sito, teso a riottenere la regolarità delle operazioni di voto in tutta la città;

   secondo le notizie di stampa, le assenze sarebbero imputabili alla partita di calcio prevista per la stessa serata del 12 giugno 2022 a Palermo, e al basso compenso economico di tutti coloro chiamati a operare nei seggi elettorali;

   negli ultimi anni, simili episodi sono accaduti con progressiva frequenza;

   il diritto di voto è l'elemento fondante di ogni democrazia e di ogni Stato di diritto;

   i fatti accaduti violano la Costituzione: l'articolo 1 stabilisce che «l'Italia è una Repubblica democratica (...) La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione»; l'articolo 48, secondo comma, stabilisce che «il voto è personale, libero e segreto»;

   il quarto comma del medesimo articolo stabilisce, quali limiti al suo esercizio, solamente l'incapacità civile, una sentenza penale irrevocabile e i casi di indegnità morale stabiliti dalla legge;

   la vicenda rappresenta un pericoloso precedente e, ad avviso degli interroganti, pone in discussione la piena legittimazione del risultato elettorale –:

   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda intraprendere il Ministro interrogato al fine evitare il ripetersi di tali fatti nei futuri appuntamenti elettorali.
(3-03016)

(14 giugno 2022)

   PATERNOSTER, MOLINARI, IEZZI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   domenica 2 giugno 2022 a Peschiera del Garda, in provincia di Verona, sarebbero arrivati circa duemila ragazzi, soprattutto in treno, per partecipare ad un maxi raduno «trap», organizzato nei giorni precedenti tramite il passaparola sul social network Tik Tok;

   come testimoniano i video e le immagini che sono circolati sul web, il raduno non autorizzato è subito degenerato in un vero e proprio assalto a cose e persone, in risse, accoltellamenti, furti e gravissimi episodi di vandalismo e molestie al grido: «Qui è Africa, riconquistiamo Peschiera», tanto da richiedere l'intervento immediato della polizia in assetto anti sommossa;

   sempre secondo la stampa, sarebbero ancora in corso le indagini per individuarne i responsabili ma in base a quanto emerso dai primi accertamenti i protagonisti dei raid vandalici avvenuti il 2 giugno 2022 a Peschiera sarebbero infatti per lo più di origine nordafricana e molti minorenni;

   il maxi raduno ha anche registrato delle denunce per molestie sessuali: sei ragazzine tra i 16 e i 17 anni, di ritorno da una giornata a Gardaland, sul treno regionale che da Peschiera del Garda doveva portarle a Milano, sarebbero state accerchiate e molestate al grido: «le donne bianche qui non salgono» da alcuni dei ragazzini che avevano partecipato al raduno, ubriachi e totalmente fuori controllo;

   ancora dalla stampa si apprende che solo pochi giorni fa, sempre su Tik Tok, alcuni minorenni avrebbero postato altri video nei quali si legge: «Peschiera del Garda era solo il riscaldamento, vedremo Riccione come sarà» e a fianco la bandiera del Marocco;

   quanto accaduto a Peschiera del Garda e il dilagare di baby gang di stranieri ormai fuori controllo sono fatti di estrema gravità che stanno giustamente allarmando diversi sindaci oltre che l'opinione pubblica, soprattutto essendosi in passato già verificati eventi simili, per il numero sempre crescente di partecipanti giovanissimi e per l'annuncio, ancora via social, di futuri altri raduni –:

   quali immediate iniziative di competenza intenda assumere affinché non si verifichino più ulteriori episodi come quello gravissimo accaduto il 2 giugno 2022 a Peschiera del Garda.
(3-03017)

(14 giugno 2022)

   GIACHETTI, MARCO DI MAIO, FRATE, FREGOLENT, UNGARO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   le recenti elezioni amministrative a Palermo sono state caratterizzate da un caos senza precedenti: sabato pomeriggio mancavano 170 presidenti di seggio della città su un totale di 600;

   alle 7.00 di domenica mattina, non si erano presentati ancora 50 presidenti i cui rispettivi seggi risultavano dunque inagibili e pertanto non operativi. Alle 11.00, solo una parte dei presidenti mancanti all'appello era stata sostituita, ma ancora 20 erano assenti, mentre dopo le 12.00 fonti del Viminale rendevano noto che si stavano insediando gli ultimi 13;

   nei giorni scorsi un attacco hacker aveva contribuito a mettere fuori uso il sistema informatico del comune di Palermo, rallentando la comunicazione delle rinunce, ma comunque l'amministrazione comunale non è stata in grado di fronteggiare la situazione in maniera efficace. Tra le cause della mancata presentazione di un così alto numero di presidenti, alcune fonti annoverano anche la concomitante partita di calcio Palermo-Padova, che potrebbe essere stata causa di numerose rinunce;

   il comportamento dei cittadini che non si sono presentati ai seggi in qualità di presidenti, appare privo di ogni assoluta giustificazione ed a nulla sono valsi gli appelli lanciati dall'amministrazione comunale e la mobilitazione dei vigili urbani della città;

   la mancata presentazione dei presidenti designati ha impedito l'adempimento di un diritto costituzionalmente garantito, quale quello di voto, ed ha ostacolato per diverse ore la regolarità delle operazioni di voto. Per questo motivo gli elenchi dei presidenti che non si sono presentati senza giustificato motivo, sono stati inviati in procura che valuterà gli eventuali profili di responsabilità. Agli assenti ingiustificati, infatti, potrebbero essere imputati reati quali interruzione di pubblico servizio –:

   quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per individuare le responsabilità della grave situazione verificatasi a Palermo in occasione delle elezioni amministrative del 12 e 13 giugno di cui in premessa e per scongiurare che simili circostanze possano in futuro verificarsi nuovamente nel nostro Paese.
(3-03018)

(14 giugno 2022)

   CONTE, FASSINA, FORNARO, DE LORENZO e TIMBRO. – Al Ministro per il sud e la coesione territoriale. – Per sapere – premesso che:

   il Governo si appresterebbe a discutere e approvare in sede di Consiglio dei ministri un disegno di legge sulla «autonomia differenziata»;

   non è ancora del tutto noto il contenuto del provvedimento, confermato nella sua volontà e nelle sue linee generali, da una bozza di testo in 5 articoli, datata 28 aprile 2022, che circola informalmente tra le forze politiche-parlamentari e di cui la stampa dà notizia;

   con tale bozza di disegno di legge si andrebbero a riconoscere alle regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni di autonomia secondo quanto previsto dalla Costituzione;

   pare che nel testo si preveda che, eccezion fatta per sanità, assistenza, istruzione e trasporto pubblico locale (per le quali, prima di devolvere ulteriori forme di autonomia rispetto a quelle già attribuite, vanno preventivamente definiti i livelli essenziali delle prestazioni), tutte le altre competenze possano essere trasferite alle regioni a statuto ordinario attraverso una procedura di negoziazione con Governo e Parlamento, che vede peraltro fortemente ridimensionato il ruolo del Parlamento;

   la prima bozza di disegno di legge includerebbe, per il trasferimento dei fondi dello Stato, il criterio della spesa storica sostenuta dalle amministrazioni statali nella regione per l'erogazione dei servizi pubblici corrispondenti alle funzioni conferite, rimandando solo a un tempo successivo il calcolo dei fabbisogni standard in ragione dei livelli essenziali delle prestazioni, mentre nessun riferimento sarebbe presente nella proposta relativamente a fondi perequativi per sostenere le regioni meno avanzate;

   tale impostazione ovviamente andrebbe a cristallizzare il gap tra regioni, a sfavore di quelle del Mezzogiorno, che hanno un divario storico, su cui nessuna azione di riequilibrio preventivo viene condotta;

   ampia e diffusa è la preoccupazione, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, che un disegno di legge sull'autonomia differenziata configurato sulla spesa storica, senza una definizione preventiva di adeguati livelli essenziali delle prestazioni e dei fabbisogni standard, e in assenza di meccanismi perequativi, aumenti divari e disuguaglianze, andando peraltro in forte contrasto con i principi ispiratori del Next Generation Eu e del Piano nazionale di ripresa e resilienza;

   secondo l'economista Luca Bianchi, direttore di Svimez, la bozza di disegno di legge sull'autonomia differenziata rischia di inchiodare i territori del Mezzogiorno al divario e alle disuguaglianze –:

   come intenda attivarsi, nell'ambito delle sue competenze, per evitare che l'autonomia differenziata, così come delineata in premessa, procedendo con i criteri della spesa storica e senza la preventiva definizione dei fabbisogni standard, alimenti per il Mezzogiorno ulteriori elementi di divario con le regioni del Centro-nord.
(3-03019)

(14 giugno 2022)

   BARELLI, SQUERI e PORCHIETTO. — Al Ministro della transizione ecologica. — Per sapere – premesso che:

   nel pacchetto «Fit for 55%» applicativo del Green deal europeo (Gde), la proposta della Commissione (COM(2021)556), prevede che i nuovi veicoli messi in commercio, e in particolare le autovetture, dovranno emettere nel 2030 il 55 per cento di anidride carbonica in meno rispetto ai livelli del 2021, mentre nel 2035 il taglio delle emissioni dovrà essere del 100 per cento. Ne consegue che da quella data i produttori potranno immettere sul mercato solamente modelli elettrici oppure a idrogeno;

   l'8 giugno 2022 il Parlamento europeo ha sostanzialmente confermato le proposte della Commissione europea sulle emissioni delle auto. Sono stati respinti gli emendamenti che prevedevano deroghe all'uso di combustibili alternativi, nonché la proposta di modificare l'obiettivo del 100 per cento di taglio di emissioni entro il 2035, con un passaggio al 90 per cento delle emissioni da tagliare;

   il 29 marzo 2022 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria in cui si osserva che «le scelte di politica industriale nel nostro Paese dovranno indirizzarsi (...) sullo sviluppo di soluzioni in grado, da un lato di ridurre le emissioni di CO2 e, dall'altro, di mantenere e rafforzare la competitività della filiera italiana nel percorso di transizione (...)»;

   la decisione del dicembre 2021 del Cite, Comitato interministeriale per la transizione ecologica, nel confermare l'impegno dell'Italia al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, chiarisce che per le diverse proposte contenute nel «Fit for 55%», l'Italia si adopererà per proporre «(...) delle possibili strade alternative al raggiungimento di quegli stessi obiettivi, considerando oltre alla sostenibilità ambientale anche quella sociale ed economica (...)»;

   da mesi le associazioni del settore automotive e i sindacati fanno presente che gli obiettivi di anidride carbonica dalla Commissione europea mettono a rischio oltre 500.000 posti di lavoro, di cui 73.000 nel solo settore della componentistica in Italia e non rispettano né il principio della neutralità tecnologica, né quello della accettabilità sociale previsti dal Green deal europeo –:

   quali iniziative di competenza il Governo intenda porre in essere, nell'ambito del prossimo Consiglio ambiente europeo e successivamente nell'ambito del «trilogo» tra Parlamento, Consiglio e Commissione, in relazione alle proposte in materia di emissioni dei veicoli, al fine di orientare le decisioni eurounitarie verso un mix tecnologico coerente con il principio della neutralità tecnologica, che consenta di raggiungere gli stessi obiettivi green e tutelare, al contempo, la filiera dell'automotive nazionale, e se, ove occorra, preveda di utilizzare ogni strumento a disposizione per bloccare l'approvazione di decisioni in contrasto con questa impostazione.
(3-03020)

(14 giugno 2022)

   INCERTI, CENNI, AVOSSA, CRITELLI, CAPPELLANI, FRAILIS, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   la guerra in Ucraina si ripercuote pesantemente sui settori della pesca e dell'acquacoltura. Il rincaro generalizzato delle materie prime e dei costi del carburante marittimo sta generando costi d'esercizio aggiuntivi elevatissimi e comprimendo i margini di profitto nei settori della pesca, dell'acquacoltura e della trasformazione dei prodotti ittici;

   gli aumenti dei prezzi dei carburanti negli ultimi anni hanno colpito in modo particolarmente negativo il settore della pesca, arrivando a costituire in taluni segmenti circa il 50 per cento del totale dei costi operativi e complicando ulteriormente la crisi già in atto, i margini operativi e la sopravvivenza economica, con conseguente riduzione estremamente incisiva dei redditi dei pescatori;

   in diverse marinerie continua la mobilitazione dei pescatori che hanno deciso di non far uscire le proprie imbarcazioni dai porti. Il blocco della pesca si ripercuote anche sul mercato al minuto e sulla ristorazione, costretta a utilizzare prodotto congelato e abbattuto;

   il tavolo di crisi, convocato presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali su richiesta delle rappresentanze di settore, avviato per garantire la sostenibilità delle imprese e l'approvvigionamento di prodotti ittici per le famiglie italiane, ha fatto registrare passi avanti ancora non sufficienti per velocizzare le procedure di liquidazione e per favorire l'attivazione della cassa integrazione per il settore, uno strumento fondamentale di sostegno per imprese e lavoratori;

   davanti a una crisi che supera i nostri confini e si abbatte con conseguenze ancor più devastanti sulle aree economicamente e geograficamente svantaggiate, serve un piano straordinario di intervento a sostegno della filiera ittica –:

   quali iniziative intenda intraprendere per ridurre l'impatto dei rincari sui costi di produzione e per preservare e sostenere le imprese e i lavoratori del comparto della pesca e dell'acquacoltura.
(3-03021)

(14 giugno 2022)

   SCANU. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   all'inizio di maggio 2022 un'invasione di cavallette in numero eccezionale ha colpito la Sardegna;

   da oltre un mese stanno divorando i raccolti nelle campagne della provincia di Nuoro, con epicentro nel comune di Ottana, nella media valle del Tirso, e hanno cominciato ad avanzare con forza devastante anche più a nord, nella Piana di Chilivani e nelle campagne di Ozieri;

   si tratta di un fenomeno già tristemente noto negli ultimi anni che hanno visto frequenti invasioni con effetti distruttivi sempre più estesi;

   quest'anno si tratta, però, di una vera e propria «catastrofe biologica», come definita dagli esperti, tra cui i tecnici di Laore Sardegna (Agenzia per l'attuazione dei programmi regionali in campo agricolo e per lo sviluppo rurale);

   si sta assistendo, infatti, a distese enormi di campi coltivati, di grano, erba medica, essenze arboree di ogni genere, pascoli che vengono distrutti quotidianamente;

   ogni cavalletta è in grado di consumare giornalmente una quantità di biomassa vegetale pari al suo peso corporeo: parliamo, dunque, di 200-300 tonnellate complessive totali in base al loro numero stimato;

   per comprendere le dimensioni e la portata di questo disastro si può far riferimento ai mappali georeferenziati, segnalati e riscontrati dagli operatori sul territorio e dai tecnici di Laore che hanno raggiunto dimensioni tali da rendere, in confronto, «minuscolo» l'incendio che ha devastato il Montiferru nel 2021;

   i confini delle zone rosse, declinati nella carta del disastro, segnano la stratosferica cifra di 30.000 ettari colpiti dallo «tsunami cavallette» equivalenti a circa 30.000 campi da calcio;

   purtroppo, il problema è stato sottovalutato, come dimostrano le relazioni di Laore del 2020 e del 2021, dalle quali si evince l'inevitabile escalation del fenomeno a causa dell'assenza di adeguati interventi di contenimento;

   a pagarne le spese sono allevatori ed agricoltori che in queste ore stanno assistendo alla distruzione di tanti anni di sacrifici;

   oggi si assiste al disperato tentativo dei tecnici Laore che, con soli 15 squadre dotate di atomizzatori di fitofarmaci e senza risorse economiche adeguate per coprire un'area così estesa, cercano di combattere una guerra inevitabilmente persa, se non verranno messe in campo misure imponenti e drastiche;

   l'interrogante ritiene necessario che sia deliberato quanto prima lo stato di calamità naturale e che siano disposti in tempi brevi adeguati ristori per le categorie coinvolte –:

   quali urgenti iniziative intenda assumere nell'immediato per disinfestare i campi invasi, anche tenendo conto della esigenza di prevenire l'ulteriore avanzata delle cavallette.
(3-03022)

(14 giugno 2022)

   CILLIS, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE, BILOTTI, CADEDDU, CASSESE, ALBERTO MANCA, MAGLIONE, PIGNATONE e PARENTELA. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   le conseguenze dell'invasione Russa in Ucraina dovranno ancora fare sentire gli effetti diretti sulla produzione di beni agricoli sullo scenario internazionale e ciò è evidenziato anche dalla lettura dell'ultimo report Ocse-Fao nel settore delle prospettive del mercato agricolo per il periodo 2013-2022;

   l'annuale pubblicazione mostra le proiezioni per i prossimi dieci anni relativamente ai principali prodotti agricoli, ai biocarburanti e ai prodotti ittici, ma nel rapporto vengono analizzati anche le incertezze ed i possibili scenari di sviluppo; in tale contesto esso fotografa una situazione preoccupante per la produzione agraria del futuro, già a partire dalla campagna 2023, ed in particolare per quello che riguarda il comparto della cerealicoltura;

   secondo quanto riportato dal report della Fao «Food Outlook-Rapporto semestrale sui mercati globali, giugno 2022», per le future annate agrarie saranno, infatti, moltissime le variabili, purtroppo negative, che il mondo del settore primario dovrà affrontare e i timori maggiori riguardano l'andamento degli input come sementi, fertilizzanti, fitofarmaci, gasolio per autotrazione e riscaldamento degli impianti agroalimentari;

   tutto ciò, inevitabilmente, si tradurrà in un vertiginoso aumento dei prezzi che porrà grandi incertezze sul risultato economico della prossima campagna 2023 e si potrebbe ripercuotere negativamente sulle scelte degli agricoltori per fronteggiare la prossima semina e garantire prodotti di qualità e in quantità adeguate; questo sarà il focus su cui tutti i policy makers dovranno concentrarsi nel futuro prossimo;

   se, infatti, le prospettive dell'agricoltura mondiale sono relativamente positive — poiché la domanda è forte, il commercio è in continua espansione — saranno necessari interventi concreti dei Governi centrali per poter cogliere questi benefici e scongiurare i rischi sopra prospettati, a partire da interventi per l'innovazione e l'aumento della produttività –:

   se, oltre agli interventi già promossi per il settore agricolo negli ultimi mesi, e sulla base di quanto esposto in premessa, non intenda adottare iniziative in sede europea al fine di promuovere un'azione che assicuri per il nostro Paese una produzione agricola adeguata, mantenendo la redditività degli agricoltori, anche prevedendo, ad esempio, l'acquisto comune sui mercati internazionali di fertilizzanti minerali, al fine di implementare le scorte per la prossima annata agraria.
(3-03023)

(14 giugno 2022)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:

   l'emergenza della peste suina africana continua a progredire, sono stati recentemente accertati 32 complessivi casi di positività, di cui 5 riscontrati negli ultimi giorni dall'Istituto zooprofilattico su carcasse di animali all'interno della zona perimetrata;

   a tal proposito, nel corso della manifestazione promossa dalla Coldiretti venerdì 27 maggio 2022 per presentare alla pubblica opinione il disagio e la preoccupazione degli agricoltori e degli allevatori, la nota di risposta della competente direzione del Ministero della transizione ecologica in merito alla richiesta di intervento immediato di contenimento della popolazione dei cinghiali ha evidenziato che la problematica inerente alla proliferazione della specie sia «del tutto conosciuta e le misure finora adottate siano del tutto sufficienti»;

   è di tutta evidenza, al contrario, che la situazione sia del tutto fuori controllo come, tra l'altro, ha mostrato la massiccia presenza di agricoltori in piazza e la quotidiana rilevanza di nuovi casi di cinghiali affetti da peste suina che trova riscontro sugli organi di stampa;

   il Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, operando presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, potrebbe svolgere, se adeguatamente consultato, una funzione utile in termini di programmazione degli interventi e di efficace confronto con Ispra anche al fine di dare una più coerente rappresentazione dei problemi in merito alla diffusione;

   occorre individuare con certezza la consistenza numerica della popolazione di cinghiali in modo da poter prevedere una pianificazione delle misure su scala territoriale, adeguata alla capacità portante dei territori anche in prossimità delle aree urbane;

   è improcrastinabile, allo stato attuale, la determinazione di interventi volti a modificare la legge n. 157 del 1992 per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, in presenza di situazioni straordinarie, attivando le competenze necessarie in grado garantire autorevolezza e impulso all'attività attraverso il coordinamento delle prefetture;

   occorrono misure rapide e tempestive finalizzate ad interventi di contenimento selettivi che consentano di procedere con maggiore efficacia, avvalendosi del parere non vincolante di Ispra, per periodi determinati e sentite le organizzazioni professionali agricole –:

   quanti interventi fino ad ora siano stati realizzati per prevenire in modo definitivo la diffusione della peste suina africana sul territorio italiano e in che modo si intendano garantire le adeguate misure di controllo e di contenimento.
(3-03024)

(14 giugno 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE AD INCREMENTARE LE MISURE PER IL CONTRASTO DELLA PESTE SUINA AFRICANA E PER IL SOSTEGNO DELLA FILIERA SUINICOLA

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia infettiva altamente contagiosa causata da un virus che colpisce solo i suini domestici e selvatici; è altamente contagiosa con un tasso di letalità del 90-100 per cento, capace di sterminare interi allevamenti suinicoli;

    la peste suina africana è una malattia virale che, non essendo una zoonosi, non minaccia direttamente la salute umana e non crea alcun tipo di contagio o ripercussioni sull'uomo e quindi non deve creare un allarmismo ingiustificato per i consumatori e le persone;

    sono i suini selvatici a rivestire un ruolo di primo piano, diventando uno dei fattori di persistenza dell'infezione soprattutto nei paesi del Nord e dell'Est Europa;

    dal 7 gennaio 2022, è stata accertata la presenza della peste suina africana nelle popolazioni di cinghiali nei territori delle regioni Piemonte e Liguria; il Piemonte, alla luce degli ultimi aggiornamenti, veste la «maglia nera» di regione più colpita con 61 positività accertate su un totale complessivo di 101, dei quali 40 in Liguria;

    le conseguenze legate alla diffusione del virus su tutto il territorio nazionale hanno effetti economici ingentissimi e a lungo termine, mettendo in seria crisi il lavoro degli allevatori italiani, degli agricoltori nonché delle attività con finalità turistico-ricettive;

    in Italia, come in larga parte d'Europa, la popolazione dei cinghiali risulta in costante aumento da almeno venti anni, e appaiono evidenti i problemi che possono derivare da tale situazione anche in relazione al rischio di introduzione del virus peste suina africana nelle regioni attualmente indenni;

    la diffusione della peste suina africana e il grande rischio di espansione della stessa sono infatti legati prevalentemente al proliferare dei cinghiali, riconosciuti come principali vettori della malattia; si contano alcuni milioni di esemplari, con un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010-2011;

    l'eccessivo aumento di alcune specie di fauna selvatica è un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale che, oltre a essere un rischio per la sicurezza delle persone nei centri abitati, nelle campagne comporta gravi danni alle colture agricole, ai campi e agli allevamenti; i cinghiali allo stato brado e in branchi si aggirano nelle aree rurali invadendo i campi e devastando i raccolti;

    ad oggi il problema dei danni alle coltivazioni, arrecati dagli ungulati, sta assumendo una rilevanza notevole a livello nazionale, soprattutto per l'impatto economico per le attività agricole delle zone interessate maggiormente dal fenomeno della loro proliferazione;

    gli agricoltori lamentano la necessità di interventi concreti che vadano anche al di là dei rimborsi dei danni seppur fondamentali per continuare l'attività e compensare i mancati guadagni; le misure fin ora adottate si stanno rivelando però insufficienti rispetto all'entità del problema;

    allo scopo di prevenire ed eliminare i gravi pericoli per l'incolumità pubblica e la sicurezza della circolazione, e di limitare i danni causati dalla fauna selvatica alle attività agricole e zootecniche, nonché alle attività con finalità turistico-ricettive, è necessaria l'adozione di un piano di gestione della fauna selvatica che abbia l'obiettivo di rendere compatibile la presenza degli ungulati con le attività agricole, umane ed il paesaggio circostante;

    un'azione tempestiva e coordinata di monitoraggio e controllo della peste suina africana risulta fondamentale per avere maggiori probabilità di contenere il contagio, atteso che la diffusione della malattia, soprattutto nelle fasi iniziali, può dipendere dalla densità delle popolazioni di cinghiali, oltre che dalla presenza di corridoi che consentono di superare eventuali barriere geografiche;

    è necessario intervenire per fermare il proliferare dei cinghiali per scongiurare pesanti ripercussioni sull'attività agricola ma soprattutto sulla sicurezza degli allevamenti di suini, in quanto esiste un reale rischio che la malattia si propaghi e infligga gravi danni al comparto suinicolo italiano, che conta circa 9 milioni di capi;

    la diffusione della peste suina africana, causata dai cinghiali, deve essere contrastata anche tramite un'opportuna gestione faunistico-venatoria, improntata sulla riduzione generalizzata della loro densità, sia numerica che spaziale, svolta tramite le attività venatorie, modificando le azioni di controllo previste dalla legge n. 157 del 1992;

    la propagazione della peste suina africana sta creando un danno incalcolabile agli allevamenti e conseguenze sul commercio delle carni suine italiane, con la possibilità che i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione possano imporre il divieto di importazione di tutti i prodotti suini dell'intero Paese in cui la peste suina africana si è manifestata;

    a preoccupare gli allevatori di suini e l'industria di trasformazione, infatti, è il fatto che i canali di commercializzazione e i Paesi terzi destinatari delle esportazioni di carni e prodotti a base di carne suina non riconoscano, in maniera ingiustificata, il principio della regionalizzazione vietando l'ingresso delle produzioni suine italiane; è fondamentale che i Paesi terzi riconoscano che le misure adottate dalle autorità italiane e comunitarie sono sufficienti a fornire tutte le garanzie necessarie per mantenere aperto il canale commerciale con il nostro Paese;

    le regole del commercio internazionale e la stessa Commissione europea prevedono, infatti, l'applicazione di severe restrizioni in caso di infezioni da virus peste suina africana, quali il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati dalla suinicoltura, con un evidente impatto sul nostro settore zootecnico nonché sulla possibilità di commercializzare ed esportare prodotti di eccellenza del made in Italy;

    il 75-80 per cento dei suini è allevato nell'Italia settentrionale, e le regioni a più intensa suinicoltura sono, nell'ordine, la Lombardia, l'Emilia-Romagna, il Piemonte e il Veneto; nel comparto suinicolo italiano operano circa 25.000 aziende agricole e circa 3.500 aziende di trasformazione. Il patrimonio suinicolo italiano è costituito da circa 8,5 milioni di capi, di cui 1 milione e 350 mila solo in Piemonte; la produzione italiana di carne è di circa 1,4 milioni di tonnellate, quella importata dall'estero è di 1,1 milioni di tonnellate;

    il comparto in Italia vanta un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale. Nel solo Piemonte operano circa 3.500 aziende che producono un fatturato di circa 400 milioni di euro annui; c'è bisogno di arginare un fenomeno che, se si diffondesse ai grandi allevamenti di suini del Nord Italia, potrebbe mettere a rischio 1 punto o 2 del prodotto interno lordo, circa 6 miliardi di euro solo per l'esportazione della carne suina italiana;

    il decreto-legge n. 4 del 2022 (cosiddetto decreto Sostegni-ter), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 25 del 28 marzo 2022, prevede all'articolo 26, ristori per un totale di 50 milioni di euro, dei quali: 35 milioni di euro per tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e ad indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati, e 15 milioni di euro per il rafforzamento degli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza e biosorveglianza;

    il decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 29 del 7 aprile 2022 recante misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana (Psa), prevede, oltre alla nomina di un commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire contenere ed eradicare la peste suina africana, altre disposizioni, tra le quali il contrasto all'espansione del virus attraverso la costruzione di recinzioni attorno all'area infetta, una vera e propria regionalizzazione dell'area; inoltre, per prevenire ed evitare l'espansione del focolaio, anche in altre aree, viene prevista una delega alle regioni di programmazione e attuazione di piani di contenimento e, infine, misure volte a tutelare gli allevamenti attraverso l'implementazione della biosicurezza e, quindi, mettere un freno a quella che può essere una pandemia devastante per il comparto suinicolo nazionale;

    in particolare, il comma 2-bis dell'articolo 2 del suddetto decreto-legge prevede che le regioni e le province autonome, unitamente agli interventi urgenti previsti dal decreto, attuino le ulteriori misure disposte dal commissario straordinario, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili idonee al contenimento dei cinghiali selvatici, autorizzando la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022; tali risorse, però, non sono nuovi stanziamenti bensì si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola, previsto dall'articolo 26, comma 1, del suddetto decreto-legge cosiddetto Sostegni-ter, ovvero i 35 milioni di euro previsti per indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    è indispensabile attuare immediatamente le misure adottate a sostegno delle imprese della filiera suinicola, interessate dalla crisi legata alla peste suina africana e che ne stanno subendo gli effetti, nonché incrementare le risorse da mettere a disposizione del settore, in quanto, solo per fare un esempio, se dovesse comparire un caso di peste suina africana nella provincia di Cuneo, che è composta da 950 mila suini, si avrebbe un costo, in regime di fermo stalla, di un milione di euro al giorno solo per l'alimentazione dei maiali, senza considerare poi i danni causati dal blocco delle esportazioni verso Paesi terzi, come Cina, Taiwan e Giappone, i danni alla silvicoltura, i danni al turismo e alle attività ludiche della zona compresa nel focolaio;

    se la malattia dovesse sconfinare nelle regioni limitrofe, e quindi in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, i danni sarebbero devastanti non solo per il comparto suinicolo italiano ma anche per le attività e l'indotto ad esso collegato;

    da una stima fatta sulla base dei dati forniti dal Ministero della salute e dall'Ismea, nel caso in cui si dovesse verificare tale sconfinamento, sarebbe necessario stanziare risorse pari a circa 1.441.490.120, a titolo di indennità di abbattimento degli animali;

    il comparto suinicolo, a causa in primo luogo della presenza della peste suina africana, e anche dell'incessante aumento dei costi dell'energia e delle materie prime, e della crisi derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina, sta subendo danni per circa 20 milioni di euro a settimana;

    per salvaguardare dalle minacce della peste suina africana lo sviluppo del comparto suinicolo italiano, che è uno tra i riferimenti più importanti per la promozione dell'agroalimentare «made in Italy» in tutto il mondo, nonché le attività e l'indotto, sarebbero opportuni adeguati indennizzi rivolti a tutte quelle attività economiche e professionali della filiera agricola e zootecnica, ma anche per quelle silvo-pastorale e per quelle con finalità turistico-ricettive, che operano che operano nelle «zone infette», che risultano provate dagli effetti della diffusione della peste suina africana;

    tramite un'ordinanza del Ministro della salute del 13 gennaio 2022, emanata dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il coinvolgimento di Ministero della transizione ecologica, regioni, province autonome di Trento e Bolzano, Protezione civile, forze di polizia ed istituti tecnici di supporto, è stato disposto sul territorio del Piemonte e della Liguria, il divieto dell'attività venatoria nella zona stabilita come infetta, salvo la caccia di selezione al cinghiale; inoltre, non si possono raccogliere funghi e tartufi, la pesca è interdetta, e più in generale sono vietate le attività sportive e ludiche, come il trekking e la mountain bike, e le altre attività che prevedono un'interazione diretta o indiretta con i cinghiali infetti o potenzialmente infetti, nonché le attività connesse alla salute e cura degli animali detenuti e selvatici nonché alla salute e cura delle piante, comprese le attività selvicolturali, in quanto ogni forma di disturbo favorisce lo spostamento dei cinghiali e di conseguenza la diffusione dell'epidemia di peste suina africana;

    nelle «zone infette» esiste anche un problema legato alla socialità delle persone. Si sta uscendo, malgrado tutto, dalla pandemia da COVID-19, ma in quelle zone ci sono restrizioni per i nostri concittadini, e ciò sta diventando realmente qualcosa che non si riesce più a sopportare;

    le chiusure conseguenti all'adozione delle misure di contenimento della peste suina africana danneggiano fortemente, seppur in modo indiretto, il turismo. Il settore del turismo e dell'outdoor è messo a dura prova dalle disposizioni dettate dalla suddetta ordinanza, soprattutto dopo avere affrontato le enormi difficoltà durante i periodi di lockdown nell'emergenza da COVID-19;

    la chiusura prolungata di interi territori montani, per le misure adottate per il contenimento della peste suina africana, stanno causando un impatto economico significativo soprattutto per le attività alberghiere e di ristorazione, che sono site nelle «zone infette», in quanto nonostante queste continuino, per la maggior parte, a lasciare aperte le proprie attività la preoccupazione principale degli operatori è quella della possibile mancanza di fruitori di tali servizi, soprattutto adesso che si sta avvicinando la stagione estiva, che porterebbe alla chiusura di innumerevoli attività;

    la regione Piemonte sta valutando di stanziare circa 8 milioni di euro per la messa in sicurezza delle aree a rischio ed in particolare per il posizionamento delle reti di recinzione; ciò consentirà di riattivare non solo le attività outdoor ma anche quelle lavorative che, per effetto delle ordinanze nazionali, sono state di fatto bloccate. Le risorse potranno essere successivamente rimborsate dal Commissario per la peste suina africana, con gli specifici finanziamenti previsti dal decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9;

    la regione Piemonte, inoltre, ha già stanziato 1,8 milioni di euro di aiuti straordinari a ristoro dei danni subiti dalle aziende piemontesi suinicole operanti nelle aree ricomprese nella zona infetta (zona rossa) e nella zona buffer interessate dalla peste suina africana, stanziamento finalizzato a ricoprire le perdite di reddito dovute al deprezzamento dei capi macellati a causa della peste suina africana, compensando la differenza tra il prezzo di mercato registrato a dicembre (ex-ante l'evento infettivo) e quello effettivamente realizzato al momento della macellazione e il divieto di ripopolamento per 6 mesi dopo l'abbattimento a causa della peste suina africana,

impegna il Governo:

1) al fine di sostenere la suinicoltura italiana e tenuto conto della gravità degli effetti lungo tutta la filiera, scaturiti anche dagli effetti dell'aumento dei prezzi energetici e delle materie prima in particolare quelle per l'alimentazione degli animali, nonché dal conflitto Russia-Ucraina, ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse per reintegrare il Fondo di parte corrente, di cui all'articolo 26 del decreto-legge n. 4 del 2022, necessarie ad indennizzare gli operatori della filiera colpiti dalle restrizioni sulla movimentazione degli animali e sulla commercializzazione dei prodotti derivati;

2) ad adottare iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge n. 9 del 2022, in quanto 10 milioni di euro risultano essere una dotazione esigua a disposizione del commissario straordinario, visto che le regioni Piemonte e Liguria, per installare le recinzioni fondamentali per contenere la diffusione della peste suina africana anche alle regioni limitrofe, potrebbero avere necessità di somme ben al di sopra di quelle stanziate dal suddetto decreto-legge;

3) ad adottare iniziative per prevedere misure di ristoro ad hoc rivolte a tutte le attività economiche, professionali e turistico-ricettive, comprese quelle relative alle attività outdoor e legate all'ospitalità, che operano nelle «zone infette» e che hanno subito un danno economico diretto o indiretto con le chiusure dovute alle misure via via adottate per arginare la diffusione della peste suina africana e che rischiano gravi ripercussioni economiche, che si andranno ad aggiungere a quelle subite nell'ultimo biennio per le restrizioni dovute alla pandemia da COVID-19;

4) ad adottare iniziative per attuare un'incisiva politica di prevenzione per il contenimento dei cinghiali, anche attraverso una revisione organica della legge n. 157 del 1992 che, in un'ottica di salvaguardia della biodiversità e di ripristino del corretto equilibrio dei rapporti tra fauna selvatica, uomo e ambiente circostante, adotti strumenti di contrasto all'eccessiva proliferazione di cinghiali, ritenuti i principali vettori della peste suina africana;

5) ad adottare iniziative per prevedere misure finanziarie per ristorare i danni causati alle aziende agricole e zootecniche dal proliferare incontrollato della fauna selvatica, in particolare per quelle site nelle zone maggiormente colpite dal fenomeno;

6) ad adottare iniziative per prevedere che le recinzioni, di cui al comma 2-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 9 del 2022 possano essere posizionate anche nelle aree di restrizione I di cui all'allegato I del regolamento di esecuzione (UE) 2021/605 (zona di sorveglianza), al fine utilizzando la dotazione finanziaria, allo scopo integrata, affidata al commissario e di intesa con le regioni interessate;

7) ad adottare iniziative per garantire la massima trasparenza nella determinazione dei prezzi indicativi da parte delle commissioni uniche nazionali (Cun) del settore suinicolo, al fine di assicurare una stabilizzazione del mercato e scongiurare le eventuali e dannose speculazioni che si possano venire a creare, che potrebbero generare un grave squilibrio del mercato;

8) ad adottare iniziative per rafforzare i rapporti di filiera nel settore suinicolo anche attraverso il sostegno dei contratti di filiera e delle organizzazioni interprofessionali e professionali del settore;

9) ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di liberare il mercato agroalimentare da limitazioni, per evitare ripercussioni sulla percezione della sicurezza della filiera della carne suina da parte dei consumatori e le ricadute economiche sui settori danneggiati;

10) ad adottare, nelle opportune sedi, iniziative diplomatiche per sostenere le esportazioni nei confronti dei Paesi stranieri che hanno adottato ingiustificate misure precauzionali, a tutela del comparto suinicolo italiano, contro le speculazioni di mercato, del patrimonio faunistico e zootecnico suinicolo nazionale, del sistema economico ed occupazionale e degli interessi economici connessi allo scambio extra Unione europea e alle esportazioni verso i Paesi terzi di suini e prodotti derivati.
(1-00639) «Molinari, Viviani, Gastaldi, Liuni, Golinelli, Bubisutti, Lolini, Loss, Manzato, Andreuzza, Badole, Basini, Bazzaro, Bellachioma, Belotti, Benvenuto, Matteo Luigi Bianchi, Billi, Binelli, Bisa, Bitonci, Boldi, Boniardi, Bordonali, Claudio Borghi, Caffaratto, Cantalamessa, Caparvi, Capitanio, Carrara, Castiello, Vanessa Cattoi, Cavandoli, Cecchetti, Centemero, Cestari, Coin, Colla, Colmellere, Comaroli, Comencini, Covolo, Andrea Crippa, Dara, De Angelis, De Martini, D'Eramo, Di Muro, Di San Martino Lorenzato Di Ivrea, Donina, Durigon, Fantuz, Ferrari, Fiorini, Fogliani, Lorenzo Fontana, Formentini, Foscolo, Frassini, Furgiuele, Galli, Gerardi, Germanà, Giaccone, Giacometti, Giglio Vigna, Gobbato, Grimoldi, Gusmeroli, Iezzi, Invernizzi, Lucentini, Lazzarini, Legnaioli, Eva Lorenzoni, Lucchini, Maccanti, Maggioni, Marchetti, Mariani, Maturi, Micheli, Minardo, Morrone, Moschioni, Murelli, Alessandro Pagano, Panizzut, Paolin, Paolini, Parolo, Patassini, Patelli, Paternoster, Pettazzi, Piastra, Picchi, Piccolo, Potenti, Pretto, Racchella, Raffaelli, Ravetto, Ribolla, Rixi, Saltamartini, Scoma, Snider, Alberto Stefani, Sutto, Tarantino, Tateo, Tiramani, Toccalini, Tomasi, Tombolato, Tonelli, Turri, Valbusa, Vallotto, Raffaele Volpi, Zanella, Zennaro, Ziello, Zoffili, Zordan».

(4 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale che colpisce i suini domestici e quelli selvatici, causando livelli di mortalità fino al 100 per cento nelle popolazioni di suini colpite. La peste suina africana è estremamente pericolosa per i suini, in quanto risulta fortemente resistente nell'ambiente, così come nei prodotti contaminati;

    il virus, oltre a muoversi per contiguità, è anche capace di compiere veri e propri «balzi» e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, come dimostrato dalle recenti analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale di Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche;

    nel corso del 2021 la suinicoltura italiana stava gradualmente uscendo da una fase congiunturale sfavorevole. L'esplosione dei costi delle materie prime per l'alimentazione e dell'energia e gli effetti dell'emergenza sanitaria per la comparsa in Piemonte e Liguria, nel gennaio 2022, del virus della peste suina africana nella popolazione dei cinghiali e la necessità di trovare nuovi sbocchi per l'export hanno mutato le condizioni in cui operano gli allevatori e determinato uno scenario allarmante, che rischia di mettere a rischio la prosecuzione dell'attività nei prossimi mesi di numerosi allevamenti, con conseguenti ripercussioni anche sul commercio internazionale;

    dall'inizio del 2022 sono giunti i primi stop alle importazioni di carni suine e prodotti derivati made in Italy. A bloccare precauzionalmente gli acquisti dall'Italia sono stati Cina, Giappone, Taiwan, Kuwait, Cuba. Per i Paesi terzi, che hanno riconosciuto la regionalizzazione come Usa e Canada o che non hanno formalizzato alcuna sospensione, è possibile sottoscrivere certificazioni di attestazione sanitaria integrativa per gli allevamenti e certificazione export/pre-export di carni e prodotti;

    nella prima settimana di maggio 2022 i casi notificati giornalmente all'Unione europea da parte del Ministero della salute risultano essere 76 in Piemonte e 42 in Liguria. Anche se si tratta di un'area a bassa densità suinicola, la preoccupazione principale è legata alla possibile diffusione nelle regioni limitrofe. Gli effetti di una sua diffusione in altre regioni sarebbero devastanti in termini economici, considerata l'elevata diffusione dei suini in Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana. Un comparto strategico per l'agroalimentare italiano che non può essere messo a rischio dalla minaccia della diffusione del virus della peste suina africana;

    gli allevamenti professionali censiti nella banca dati nazionale del Ministero della salute risultano essere 28.525, quelli aderenti ai circuiti dop che rappresentano circa l'80 per cento della produzione nazionale sono 3.640 e quelli all'aperto e quindi più vulnerabili che conservano il patrimonio di biodiversità delle razze suine autoctone sono circa 500;

    il comparto suinicolo italiano produce un fatturato di circa 3 miliardi di euro per la fase agricola e di circa 8 miliardi di euro per quella industriale, incidendo per il 5,8 per cento sul totale agricolo e agroindustriale nazionale;

    la peste suina rischia, inoltre, di compromettere il turismo legato all'escursionismo in molti comuni piemontesi e liguri. Le ordinanze emesse dalle regioni interessate comportano molte limitazioni al turismo outdoor. Un vero e proprio lockdown che rischia di portare al collasso un settore turistico già pesantemente colpito da due anni di pandemia;

    l'ordinanza del 13 gennaio 2022 – adottata dal Ministro della salute, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali – recante «Misure urgenti per il controllo della diffusione della peste suina africana a seguito della presenza del virus nei selvatici», ha disposto il divieto di attività venatoria e di altre attività all'aperto in diversi comuni in Piemonte e Liguria maggiormente interessate dalla diffusione del virus della peste suina africana. Con circolare del Ministero della salute del 18 gennaio 2022 sono state definite ulteriori misure di controllo e prevenzione della diffusione della peste suina africana;

    l'articolo 26 del decreto-legge n. 4 del 2022 ha previsto ristori per un totale di 50 milioni di euro, introducendo fondi finalizzati a tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e ad indennizzare gli operatori della filiera suinicola danneggiati dal blocco alla movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    il decreto-legge 17 febbraio 2022 n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, ha stabilito ulteriori misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana;

    il 29 aprile 2022 il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, in seguito all'intesa raggiunta in Conferenza Stato-regioni, ha sottoscritto il decreto di ripartizione del «Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza» per il controllo della diffusione della peste suina africana, con un finanziamento pari a 15 milioni di euro. Il decreto, oltre a stabilire i criteri per la ripartizione del fondo di parte capitale, distribuisce le risorse in Liguria, Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Toscana, per arginare le gravi ripercussioni sulla salute della popolazione animale dei suini e le pesantissime perdite economiche per tutta la filiera suinicola italiana. Sono stati, inoltre, definiti i criteri specifici per la ripartizione dei contributi concessi come aiuti de minimis, quali la consistenza del patrimonio suinicolo, le differenti tipologie di allevamenti di suini e la classificazione dei territori interessati;

    le misure sopra citate risultano significative ma vanno ulteriormente rafforzate attraverso una maggiore sinergia tra i diversi rami dell'amministrazione pubblica, a livello nazionale, regionale e locale, e le parti interessate. Per rafforzare i meccanismi di prevenzione e controllo della peste suina africana è necessaria l'integrazione di diverse competenze professionali che fanno capo alla sanità, all'ambiente e all'agricoltura,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse a sostegno della filiera suinicola italiana;

2) ad adottare iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti nel decreto-legge n. 9 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge 7 aprile 2002, n. 29, al fine di rafforzare le misure di contrasto ed eradicazione della peste suina africana;

3) ad adottare iniziative a favore delle regioni interessate affinché dispongano di risorse necessarie per realizzare le attività di controllo e prevenzione richieste;

4) ad intraprendere in sede europea iniziative tese a cofinanziare l'eradicazione della peste suina africana;

5) a rafforzare l'attività negoziale per giungere a regole condivise con i Paesi che non riconoscono il principio di regionalizzazione;

6) ad adottare iniziative tese ad affrontare la diffusione di ungulati nel nostro Paese, in particolare del cinghiale, tenendo conto dei gravi rischi sanitari generati dalla crescente diffusione della specie sus scrofa e delle possibili ricadute economiche negative sugli allevamenti;

7) ad adottare iniziative per prevedere misure di sostegno economico rivolte a tutte le attività turistico–ricettive che operano nelle zone dichiarate infette;

8) ad adottare iniziative di competenza per attuare una politica di controllo della fauna selvatica, nel caso in cui gli interventi di prevenzione dei danni e le misure ordinarie di controllo della fauna stessa siano inefficaci a realizzare gli scopi di contenimento della medesima.
(1-00642) (Nuova formulazione) «Incerti, Fornaro, Carnevali, Casu, Avossa, Cappellani, Cenni, Critelli, Frailis, De Filippo, Ianaro, Lepri, Pini, Rizzo Nervo, Siani, Pizzetti, Zardini, Ciampi».

(6 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale dei suini e dei cinghiali selvatici, ad elevata contagiosità, non trasmissibile all'uomo, con una letalità del 90-100 per cento, priva di vaccini o cure, i cui ceppi più aggressivi prevedono la morte dei capi entro 10 giorni dall'insorgenza dei primi sintomi;

    la diffusione di tale malattia può avere gravi ripercussioni sul sistema socio-economico delle aree colpite per via dell'alta letalità e contagiosità, che implicano costi gestionali e di contenimento non indifferenti, inclusi quelli derivanti dal totale sterminio degli allevamenti suinicoli;

    maiali e cinghiali sani vengono infettati solitamente tramite contatto con animali infetti, compreso il contatto tra suini che pascolano all'aperto e cinghiali selvatici, ingestione di prodotti a base di carne infetta, contatto con oggetti contaminati dal virus e morsi di zecche infette;

    la circolazione di animali infetti e la presenza di carcasse infette sul territorio sono le modalità più rilevanti di diffusione della malattia, nonché il principale fattore di persistenza della stessa;

    come evidenziato dalle analisi svolte dall'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta e confermate dal Centro di referenza nazionale per le pesti suine – Cerep – dell'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche, il virus è anche capace di compiere veri e propri «balzi» e trasferire la malattia a centinaia di chilometri dal fronte endemico, pervenendo per l'appunto in Europa da un'origine di prima ondata inizialmente africana e da una seconda ondata proveniente dall'Est Europa;

    la malattia si è infatti diffusa nel territorio dell'Unione europea partendo dell'Est Europa, nella sua seconda ondata, colpendo la Georgia nel 2007 e propagandosi successivamente in tutti i Paesi dell'Europa orientale;

    la Lituania ha segnalato casi di peste suina africana nei cinghiali selvatici per la prima volta a gennaio del 2014, la Polonia le ha fatto seguito a febbraio del 2014 e la Lettonia e l'Estonia a giugno e a settembre 2014;

    la malattia ha poi continuato a diffondersi e, alla fine del 2019, era presente in nove Stati membri dell'Unione europea: Belgio, Bulgaria, Slovacchia, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania;

    più recentemente, la peste suina africana ha trovato ampia diffusione in Germania ed in Cina, con relative ripercussioni sull'intero mercato suinicolo internazionale;

    la peste suina africana si è radicata in modo epidemico nel territorio della regione Sardegna, a partire dal 1978, a seguito della diffusione della stessa in Spagna e Portogallo, riuscendo a venire estirpata dopo decenni di attività di contenimento e di embargo sulle esportazioni di carne di maiale, al punto che in 42 anni non è mai stato esportato un sierotipo dal territorio sardo e che da 4 anni non sono stati più aperti focolai di peste suina africana nel territorio regionale;

    nonostante le efficaci attività di contenimento ed eradicazione della peste suina africana nel territorio sardo, l'embargo sulle esportazioni di carne suina al di fuori del territorio insulare continua a perdurare, costituendo un persistente disagio agli allevamenti e alle filiere suinicole in tutto il territorio sardo;

    l'impatto della peste suina africana a livello locale, ma anche globale, ha portato ad un cambiamento dei flussi commerciali non solo legati allo scambio di suini vivi, di carni e prodotti derivati, ma anche ai mangimi e alle fonti alimentari proteiche alternative, i cui valori di mercato e catene di distribuzione sono stati stravolti dalla guerra tra Russia e Ucraina scoppiata il 24 febbraio 2022;

    una crisi legata alla diffusione della peste suina africana, stante anche il diffondersi dell'emergenza aviaria nel Nordest italiano, può comportare danni ulteriormente ingenti al settore zootecnico;

    il 7 gennaio 2022 sono stati rilevati tre casi di peste suina africana nel territorio della provincia di Alessandria, in Piemonte, con ulteriori casi al confine, in Liguria;

    in tal senso, l'Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta ha rilevato, al 5 maggio 2022, 113 casi di peste suina africana, di cui 69 in Piemonte e 44 in Liguria;

    in data 4 maggio 2022, con successiva conferma in data 5 maggio 2022, l'Istituto zooprofilattico del Lazio e della Toscana e l'Istituto zooprofilattico dell'Umbria e delle Marche hanno confermato la presenza di un caso di peste suina africana in un cinghiale all'interno del territorio di Roma, estendendo la portata del contagio al di fuori del perimetro di Piemonte e Liguria;

    considerando che nella provincia di Roma si stima la presenza di circa 20.000 cinghiali, le prospettive di diffusione della peste suina africana sono estremamente elevate, con un quantitativo così elevato di cinghiali che, oltre ad un rischio sanitario, prospettano danni derivanti dal danneggiamento dei raccolti ed eventuali disagi per i cittadini;

    tenendo conto della presenza di 12.000 allevamenti per circa 43.000 capi nella regione Lazio, la diffusione della peste suina africana può portare all'intero tracollo del settore suinicolo del territorio, con prospettive di propagazione nel resto d'Italia, in particolar modo in territori dove si concentra la norcineria nazionale;

    l'assenza di misure incisive di contenimento dell'emergenza epidemica da peste suina africana reca il rischio di danneggiare in modo permanente l'export nazionale in ambito suinicolo e in generale di pregiudicare la qualità del marchio made in Italy nel mondo;

    il comparto venatorio, tra gli altri, se adeguatamente coordinato rappresenta un presidio fondamentale per il contenimento e controllo della diffusione della peste suina africana sul territorio, in quanto composto da esperti conoscitori dell'ambiente selvatico frequentato dai cinghiali, facilitando la segnalazione e lo smaltimento delle carcasse presenti sul territorio;

    la popolazione dei cinghiali ha superato ampiamente i 2,5 milioni, riportando un sostanziale decuplicamento della presenza della specie sul territorio rispetto al 2010;

    il proliferare incontrollato dei cinghiali in tutto il territorio nazionale può costituire un drammatico vettore di propagazione della peste suina africana, con eventuali ripercussioni su tutto il comparto suinicolo nazionale, che conta ad oggi circa 9 milioni di capi, i cui numeri possono venire drammaticamente ridimensionati dalla diffusione della peste suina;

    con decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, il Governo ha finalmente adottato alcune misure finalizzate ad arrestare la diffusione della peste suina africana, dopo lo scoppio di un primo focolaio epidemico tra Piemonte e Liguria e dopo due anni di diffusione della peste suina africana in Germania;

    tale decreto-legge ha istituito la figura di un commissario straordinario con compito di coordinamento e monitoraggio delle misure di prevenzione della peste suina africana, delle misure di contenimento dell'epidemia mediante la costruzione di recinzioni attorno all'area infetta, con lo scopo di perimetrare i focolai, nonché delle misure di delega alle amministrazioni regionali per la programmazione e l'attuazione di piani di contenimento e misure di garanzia della biosicurezza degli allevamenti suinicoli;

    tale misura, in sede di conversione, è stata integrata, tra le altre, anche con risorse economiche, con l'obiettivo di rendere maggiormente impattante il ruolo del commissario e agevolare l'installazione delle recinzioni destinate a contenere la diffusione della peste suina africana;

    a fronte di tale necessità, il citato decreto-legge n. 9 del 2022 ha previsto un'autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2022, ottenuti non tramite nuovo stanziamento di spesa, ma tramite la riduzione del fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola, istituito dal decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25, cosiddetto «decreto sostegni ter», creando la paradossale situazione in cui misure di contrasto e contenimento della peste suina africana sono state finanziate riducendo il fondo di sostegno al settore suinicolo, colpito su due fronti non solo dalla diffusione della peste suina africana, ma anche dal rincaro di materie prime ed energia conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le varie proposte emendative, nonché gli ordini del giorno finalizzati a mantenere integra la dotazione del fondo a sostegno della filiera suinicola, non sono stati accolti da parte della maggioranza, né da parte del Governo;

    nella fase di conversione del citato decreto-legge non sono state accolte ulteriori proposte emendative finalizzate a potenziare la capacità predittiva e preventiva della gestione della peste suina africana in seno alla struttura commissariale, tale per cui ad ora esiste un doppio binario dove vi è un determinato regime di intervento emergenziale all'interno delle aree di contenimento perimetrate ed un regime differente, di stampo non emergenziale, all'esterno di queste, con la conseguenza che le modalità di gestione di cinghiali che riescono ad eludere il perimetro predisposto dalle varie recinzioni sono differenti, con evidenti ripercussioni sulla capacità di contenere effettivamente il fenomeno della peste suina africana;

    il già menzionato rinvenimento di un caso di cinghiale positivo alla peste suina africana nel territorio di Roma attesta un potenziale fallimento delle misure di controllo sinora disposte dal Governo, sollevando numerosi profili di rischio circa l'effettiva diffusione della malattia in tutto il territorio nazionale;

    la necessità di operare in un'ottica di prevenzione è fondamentale in quanto, come indicato da dati Ismea, in caso di diffusione della peste suina africana nelle aree limitrofe al focolaio di Piemonte e Liguria, dunque Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, sarebbe necessario stanziare oltre 1,4 milioni di euro unicamente per l'indennità di abbattimento degli animali;

    una diffusione a macchia d'olio della peste suina africana pregiudicherebbe, peraltro, la tenuta di produzioni pregiate come la dop di Parma e la dop San Daniele, nonché, di conseguenza, tutta l'industria legata alla trasformazione dei prodotti suinicoli, ma anche le attività turistiche, ricettive e di ristorazione delle aree interessate dal fenomeno;

    le misure di contenimento e perimetrazione del contagio prevedono, tra le altre, il divieto delle attività di allevamento brado e semibrado, nonché il blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati della suinicoltura;

    tra le altre misure di contenimento sono anche disposti divieti di attività come il trekking e tutte quelle attività che naturalmente implicano la presenza di persone nelle aree infette, provocando di fatto la chiusura prolungata di intere aree montane, spesso di forte interesse turistico, con gravi ripercussioni anche sul turismo all'aperto, sulla vivibilità delle aree coinvolte, nonché sulla tenuta delle attività alberghiere e di ristorazione sul territorio, già messe a dura prova dalla crisi economica conseguente alla guerra russo-ucraina;

    le misure di contenimento disposte in Italia seguono la prassi, diffusa, condivisa e riconosciuta all'interno del mercato interno dell'Unione europea, della regionalizzazione, per la quale la diffusione della peste suina africana all'interno di un determinato territorio di un Paese membro non determina ipso facto la necessità di bloccare la movimentazione di prodotti suinicoli da tutto il territorio nazionale;

    nel caso della diffusione della peste suina africana in Germania tra 2020 e 2021, nonostante i numerosi abbattimenti e restrizioni disposte dalle autorità tedesche, la Cina ha disposto il blocco delle importazioni di qualsiasi prodotto suinicolo proveniente dalla Germania stessa, con evidenti ripercussioni sul mercato tedesco, europeo ed internazionale;

    il mancato riconoscimento del principio della regionalizzazione implica pertanto che Paesi terzi possano bloccare le importazioni di prodotti suinicoli di un determinato Paese al netto della diffusione della peste suina africana unicamente in determinate aree dello stesso;

    il comparto suinicolo, come il resto delle filiere agroalimentari e in generale tutti i settori dell'economia nazionale, sta subendo le pesanti ripercussioni e i rincari conseguenti al conflitto tra Russia e Ucraina, che ha portato ad un incremento dei costi di energia e delle materie prime, con danni stimati, a partire da gennaio 2022, superiori a 20 milioni di euro a settimana, dovuti anche ai maggiori costi di mangimi e ai rincari che hanno colpito la filiera zootecnica;

    il comparto vale, tra produzione, allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione, 20 miliardi di euro, rappresentando un'eccellenza della produzione agroalimentare nazionale, e il fallimento delle attività per il combinato disposto di peste suina africana e rincaro di energia e materie prime potrebbe portare ad una riduzione permanente della capacità produttiva e dell'economicità del settore;

    in tal senso, è improcrastinabile l'adozione non solo di misure compensative a favore dell'intero comparto suinicolo nazionale, in ragione sia del danno sopravvenuto che del mancato guadagno conseguenti alla diffusione della peste suina africana e alle misure di contenimento, ma anche di misure di contenimento preventive tali da poter ostacolare e arrestare il diffondersi della peste suina africana in modo radicale, prevedendo anche il coinvolgimento del comparto venatorio e di tutti gli attori chiave nelle attività di contenimento della malattia,

impegna il Governo:

1) al fine di fornire effettivo sostegno alla filiera, alla luce non solo della diffusione della peste suina africana, ma anche della guerra russo-ucraina e di quella che i firmatari del presente atto giudicano l'immotivata riduzione del previgente stanziamento di risorse previsto nell'ambito del decreto-legge n. 4 del 2022, ad adottare iniziative per ripristinare e incrementare la dotazione del fondo di parte corrente a sostegno della filiera suinicola di cui al «decreto sostegni ter» nel primo atto normativo utile, da adottare con carattere di urgenza;

2) ad adottare iniziative per integrare le modalità di gestione dell'emergenza da peste suina africana, prevedendo modalità di gestione ed esecuzione delle opportune misure di contenimento che operino in modo ambivalente sia nelle aree di contenimento perimetrate, che al di fuori delle stesse, anche previo coinvolgimento degli operatori qualificati del comparto venatori;

3) ad adottare, sulla scorta dell'esperienza normativa di cui all'articolo 19 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, le opportune misure per consentire un'effettiva prevenzione e contenimento del dilagare dei cinghiali su tutto il territorio nazionale, con finalità di conservazione degli habitat, di tutela dell'incolumità dei cittadini, di contenimento della peste suina africana e di protezione delle attività economiche sul territorio;

4) ad adottare iniziative per disporre nuove ed immediate misure indennitarie a favore del comparto suinicolo, che tengano in considerazione sia la possibile permanenza e diffusione della peste suina africana, sia l'impatto del mancato guadagno sull'esercizio dell'attività e dunque delle conseguenze di lungo periodo che la diffusione della peste suina africana può comportare economicamente e socialmente su tutti gli attori interessati dal fenomeno;

5) ad adottare iniziative per disporre misure indennitarie e di tutela per le attività economiche, con riferimento ad attività turistiche, ricettive e legate al mondo della ristorazione, colpite dalle misure di contenimento della peste suina africana nel territorio nazionale;

6) ad adottare iniziative per incrementare le misure indennitarie a favore delle aziende agricole e zootecniche colpite dalla proliferazione della fauna selvatica, parametrando non solo il danno di breve periodo, ma integrando in tali misure le ripercussioni economiche di tali danni sull'attività economica dell'azienda, tenendo conto anche del mutato scenario economico-internazionale dovuto al rincaro di materie prime ed energia in conseguenza della guerra russo-ucraina;

7) ad adottare iniziative per stanziare nuove risorse, a favore delle aziende della filiera suinicola, per l'acquisto di strutture e macchinari necessari a garantire la biosicurezza degli allevamenti;

8) ad adottare iniziative per intervenire, anche presso i competenti tavoli europei, affinché le zone della Sardegna indenni dalla peste suina africana siano escluse dalle restrizioni alle esportazioni di carne suina, superando il quadro restrittivo di cui al regolamento di esecuzione (UE) n. 2021/605 della Commissione europea, che stabilisce misure speciali di controllo della peste suina africana;

9) ad adottare tutte le necessarie misure di controllo e contenimento per prevenire in modo definitivo la diffusione della peste suina africana sul territorio italiano, indagando sulle cause dietro la propagazione della stessa nel territorio di Roma;

10) ad adottare le necessarie iniziative, presso i tavoli europei ed internazionali, finalizzate a sostenere e garantire le esportazioni di prodotti suinicoli nazionali nei confronti di Paesi terzi che abbiano adottato o siano in procinto di arrestare le importazioni di prodotti suinicoli e derivati di origine italiana, preservando il principio di contenimento regionalizzato della peste suina africana;

11) ad adottare tutte le adeguate iniziative di competenza per scongiurare attività ed influenze speculative nella formazione dei prezzi relativi ai prodotti suinicoli, nonché di contenere gli squilibri sul mercato;

12) ad adottare le necessarie iniziative per potenziare le filiere del comparto suinicolo, nonché per contenere l'impatto dei rincari e delle speculazioni di mercato sui prodotti della mangimistica, andando a sostenere la filiera a monte.
(1-00644) «Lollobrigida, Caretta, Ciaburro, Deidda, Foti, Lucaselli, Montaruli, Butti».

(9 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale, altamente contagiosa, che colpisce suini e cinghiali, ma non è trasmissibile agli esseri umani. Ha un vasto potenziale di diffusione e in caso di epidemia metterebbe a rischio il patrimonio zootecnico suino nazionale;

    a differenza di altre influenze o patologie, uccide quasi il 100 per cento degli animali che ne vengono colpiti. Ha un alto tasso di diffusione a causa della notevole capacità di resistenza nell'ambiente esterno;

    si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori come le zecche. La trasmissione avviene anche in modo indiretto attraverso la mediazione umana che può veicolare il virus con attrezzature e indumenti contaminati, oppure nel caso in cui i cinghiali si nutrano di scarti di cucina contenenti carni contaminate;

    nel 2014 è esplosa un'epidemia in alcuni Paesi dell'Est Europa. Da allora la malattia si è diffusa in altri Stati, tra cui Belgio e Germania;

    il 7 gennaio 2022 è stata confermata la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel comune di Ovada, in provincia di Alessandria. Altri casi sono stati scoperti e la malattia si è estesa in Liguria e Valle d'Aosta. Sono state, quindi, adottate misure di sicurezza sanitaria da parte del Governo e degli altri enti interessati, circoscrivendo l'area contagiata che comprende oltre 100 comuni;

    l'aumento esponenziale del numero dei cinghiali è divenuto, quindi, un pericolo anche sanitario. L'incremento ha molte cause, fra cui l'introduzione di specie non autoctone e l'abbandono delle aree montane e di campagna. I danni all'agricoltura sono diventati, nel tempo, sempre maggiori e i cinghiali rappresentano ora un problema ancor più grande, proprio perché diffondono la malattia sul territorio;

    sono tristemente noti e divenuti consuetudinari i casi di cinghiali che raggiungono le città per nutrirsi cercando alimenti tra i cassonetti della spazzatura, spesso ritratti in immagini che li vedono aggirarsi nelle periferie delle grandi città come Roma, rovistando indisturbati fra la spazzatura;

    il 5 maggio 2022 è stato scoperto proprio a Roma un cinghiale morto a causa della peste suina africana. Il caso è stato segnalato e individuato dall'Istituto zooprofilattico del Lazio e confermato poi da quello di Umbria e Marche, il centro di riferimento nazionale per questa malattia. Si è ancora in attesa dell'esito dell'autopsia sul corpo dell'ungulato per capire se si tratti dello stesso ceppo che ha già colpito i cinghiali nel Nord Italia;

    nel frattempo è stato attivato il monitoraggio sull'intera area. Si tratta del primo caso di peste suina nel Lazio, una regione lontana da quelle in cui si è originariamente scoperta la malattia. Ciò ha fatto immediatamente scattare l'allarme negli oltre dodicimila allevamenti di suini attivi in regione, per un totale di quarantatremila capi;

    il 7 maggio 2022 è stata quindi emanata un'ordinanza regionale per adottare le prime misure di «regolamentazione per il contenimento della peste suina africana nel territorio del Lazio». È stata disposta la recinzione dei cassonetti per l'immondizia «per inibirne l'accesso ai cinghiali» e frenare la diffusione ulteriore della peste suina africana, dichiarando parte del territorio capitolino come «zona infetta provvisoria». Al di fuori della zona infetta la regione ha istituito una «zona di attenzione», estesa a tutto il territorio dell'azienda sanitaria locale Roma 1;

    nell'area, pari a circa 5.000 ettari, sono stati vietati gli eventi all'aperto in aree agricole e naturali. Si spera che il focolaio di peste suina africana del Lazio sia causato da scarti alimentari infetti di cui si è nutrito l'animale, poiché, se così non fosse, le misure di contenimento adottate per circoscrivere la malattia scoperta a gennaio 2022 nelle regioni del Nord sarebbero state superate, risultando inefficaci, col rischio di propagazione sull'intero territorio nazionale della malattia;

    come detto, in Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria, per fronteggiare la situazione sono state adottate misure necessarie e urgenti per il suo contenimento, per la salvaguardia della sanità animale e per la tutela del patrimonio suinicolo;

    le più efficaci sono le recinzioni e le altre strutture temporanee necessarie a contenere la circolazione dei cinghiali e la peste suina africana. Le reti di contenimento tutelano i capi maggiormente a rischio, quelli allevati all'aperto, che hanno più occasioni di contatto con i cinghiali perché vivono in ampi spazi spesso delimitati da semplici nastri elettrificati. È necessario un ulteriore intervento del Governo per realizzare delle recinzioni attorno agli allevamenti all'aperto per mettere in sicurezza gli animali nelle aree di pascolo. Le recinzioni adottate per delimitare le zone rosse devono essere estese per evitare che, nel caso in cui animali infetti superino gli ostacoli attualmente predisposti, diffondano la peste suina africana ovunque col rischio di perdere i suini allevati;

    la spesa autorizzata a questo fine è pari a soli 10 milioni di euro per l'anno 2022. Risorse, lo si segnala, che non sono ulteriori, poiché provengono dal fondo di parte corrente per il sostegno alla filiera suinicola;

    si ricorda un ordine del giorno presentato da Forza Italia, il n. 673, accolto nella recente seduta del 6 aprile 2022, con il quale il Governo si è impegnato a «un incremento dei fondi stanziati al fine di realizzare le recinzioni o le altre strutture temporanee ed amovibili non solo nelle zone in cui la peste suina africana è già stata individuata, ma in tutto il territorio nazionale, o almeno nelle regioni limitrofe a quelle in cui i focolai sono già stati individuati, al fine di prevenire con maggior efficacia la diffusione nelle zone attualmente immuni, poiché le strutture realizzate dove la peste suina africana è già presente rischiano di avere scarsa efficacia preventiva, al contempo estendendo agli imprenditori zootecnici la possibilità di usufruire dei medesimi mezzi di contenimento per evitare ulteriori danni economici all'intera filiera produttiva, già in grande sofferenza a causa dell'aumento dei costi di produzione, delle materie prime e dell'energia in particolare, della spirale inflattiva conseguente e dalle difficoltà di approvvigionamento di materie prime a causa del conflitto in atto»;

    in base all'esperienza fatta in questi tre mesi, i sistemi di sorveglianza, di monitoraggio e di intervento potrebbero poi essere modificati, prevedendo una diversa e più snella modalità operativa delle azioni poste in essere dai vari soggetti istituzionali coinvolti, al fine di adottare azioni più rapide, quindi maggiormente efficaci, grazie a una maggiore interconnessione e coordinamento tra i vari soggetti responsabili del contenimento della peste suina africana;

    i danni, gravissimi e attuali da peste suina africana, si aggiungono quelli ordinari, storicamente causati dall'eccessivo numero di cinghiali alle coltivazioni agricole. Forza Italia ha sempre sostenuto le giuste richieste di intervento degli agricoltori, proponendo misure per limitare la proliferazione dei cinghiali;

    ad esempio, all'aumentata presenza di cinghiali in zone abitate è corrispondentemente aumentato anche il numero di incidenti stradali provocati, che spesso pongono le vittime anche nell'ingiusta condizione di dover affrontare lunghi, complessi e costosi iter processuali, caratterizzati da aleatorietà e lunghezza del giudizio per poter ottenere un risarcimento dei danni subiti. Inoltre, la presenza contemporanea, in una data area, di più soggetti preposti al risarcimento dei danni causati dal cinghiale può comportare notevoli disomogeneità per quanto concerne i parametri di rilevamento, la quantificazione e il risarcimento del danno ordinario;

    Forza Italia, fra le proposte di contenimento fatte, ha suggerito il ricorso alla caccia con abbattimento selettivo combinato con la sterilizzazione e il controllo di popolazione basato su metodi scientifici;

    si segnala che i problemi di carattere ecologico ed economico posti dalla presenza del cinghiale derivano anche dalla rigida suddivisione del territorio in istituti di gestione faunistica con differenti finalità: da una parte quelli in cui è prevista l'attività venatoria e dall'altra quelli in cui la caccia è del tutto vietata. La situazione attuale si è venuta a determinare anche per la gestione venatoria a cui la specie è sottoposta, non amministrata sulla base di piani di abbattimento determinati dall'autorità pubblica sulla base di stime annuali, come avviene per gli altri ungulati, né su una programmazione degli interventi;

    dopo la scoperta della peste suina africana nella capitale, è ancor più necessario adottare misure di contenimento sanitario e di ristoro per tutti i protagonisti della filiera;

    si teme un danno irreparabile per il tessuto produttivo ed economico legato alla filiera suinicola, in particolare per la produzione di prodotti dop e igp che rappresentano il fiore all'occhiello del made in Italy. Molti Stati hanno bloccato le importazioni di carne di maiale e prodotti derivati provenienti da tutte le regioni italiane, non solo quelle in cui la peste suina africana è conclamata. Si tratta di acquirenti importanti per volumi di affari, come Cina, Giappone, Taiwan;

    si ricorda l'importanza economica dell'export di salumi e carni suine, poiché vale circa 1,7 miliardi di euro, con un incremento nel 2021 del 12,2 per cento rispetto al 2020;

    per questo motivo deve essere ulteriormente intensificato lo sforzo diplomatico per scongiurare che venga procrastinato il divieto generalizzato di importazione dall'Italia, senza riconoscere il principio di regionalizzazione;

    inoltre, la scoperta del caso di peste suina africana a Roma rende ulteriormente preoccupante la situazione perché, se la zona di presenza della malattia dovesse estendersi fino ai territori a maggior vocazione salumiera, ovvero Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, regioni che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia, il danno procurato sarebbe pari a circa 60 milioni di euro al mese per mancato export. Le mancate transazioni comprometterebbero le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali raggiunti dai nostri imprenditori sui mercati esteri, lasciando campo libero all'Italian sounding, fenomeno che, si sa, colpisce principalmente i migliori prodotti alimentari del nostro settore;

    anche la domanda interna potrebbe subire un'ulteriore forte battuta di arresto. Sarebbe, quindi, necessario predisporre messaggi informativi dedicati alla cittadinanza per fornire un servizio pubblico che li rassicuri sull'innocuità della peste suina africana per l'uomo;

    si consideri che, per il momento, gli interventi dedicati a risarcire i danni sono stati limitati alle misure contenute nella legge di conversione del «decreto sostegni ter», con la quale si sono stanziati solo 35 milioni di euro per riconoscere indennizzi agli allevatori della filiera suinicola;

    questi stanziamenti appaiono del tutto insufficienti, considerando il numero di allevamenti potenzialmente interessati. Si tratta di 28.525 aziende, di cui quelli aderenti ai circuiti dop, che rappresentano circa l'80 per cento della produzione nazionale, sono 3.640. Le aziende che allevano suini all'aperto, quelle più vulnerabili ma anche le più preziose perché conservano il patrimonio di biodiversità delle razze suine autoctone, sono circa 500. Vista l'importanza strategica della messa in sicurezza degli allevamenti italiani, appare necessario stanziare, con urgenza, ulteriori adeguate risorse necessarie per la realizzazione di idonee recinzioni in tutte le aziende che allevano all'aperto, adottando ulteriori misure di biosicurezza degli allevamenti e, soprattutto, garantendo indennizzi effettivi e tempestivi ai danneggiati;

    nel complesso la filiera suinicola è lunga e composita, a partire dai produttori di mangimi, passando per gli allevamenti, per poi articolarsi negli stadi di prima e seconda lavorazione, carni fresche ed elaborate e salumi, fino ad arrivare alla distribuzione e al consumo finale. L'ultimo anello della filiera sul mercato interno è rappresentato dalla fase di distribuzione finale, distinta tra «retail» e «horeca». Dopo le lunghe sofferenze subite a causa del COVID-19, si devono garantire a tutti gli attori della filiera ulteriori misure di contenimento sanitarie, soprattutto i fondi necessari a proseguire tutte le l'attività di impresa della filiera, per non perdere alcuna delle nostre eccellenze alimentari, per non perdere quote di mercato e ricchezza nazionale, per non perdere preziosi posti di lavoro,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per garantire forme adeguate di ristori a imprenditori e lavoratori del settore suinicolo a causa della riduzione delle vendite conseguenti al divieto di esportazione in alcuni Paesi che rappresentano un'importante quota di mercato e, più in generale, per compensare le perdite subite a causa della generalizzata diminuzione delle esportazioni;

2) ad adottare le iniziative di competenza per intensificare lo sforzo diplomatico con i Paesi terzi che hanno vietato l'importazione dei nostri prodotti per invitarli al ritiro di misure che limitano le importazioni da tutto il territorio nazionale, senza considerare anche la provenienza regionale;

3) ad adottare, per quanto di competenza e in relazione al settore di cui in premessa, iniziative di contrasto all'aumento del fenomeno detto Italian sounding a causa della mancata esportazione dei migliori prodotti della dieta mediterranea, per tutelare le quote di mercato e i posizionamenti concorrenziali ottenuti sui mercati esteri;

4) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici a imprese e lavoratori del settore suinicolo a causa delle perdite subite per la riduzione delle vendite nel mercato domestico e dell'Unione europea;

5) ad adottare iniziative per garantire adeguati sostegni economici per compensare i costi sostenuti dai produttori per garantire il controllo e la vigilanza sulle produzioni, in particolare le dop, e per assicurare la minor esposizione possibile al contatto con materie prime delle zone a rischio, al fine di preservare la vitalità di un comparto che partecipa attivamente alla produzione della ricchezza nazionale e garantisce decine di migliaia di posti di lavoro;

6) ad adottare iniziative per garantire un più efficace contenimento della peste suina africana, incrementando adeguatamente le risorse necessarie per il posizionamento di reti di contenimento elettrosaldate o altre misure di comprovata equivalente efficacia, estendendone il posizionamento non solo nelle zone rosse, ma proteggendo direttamente le imprese suinicole, in particolare gli allevamenti di maiali bradi e semibradi in tutto il Paese o almeno nelle regioni in cui è presente una particolare concentrazione di imprese suinicole, in particolare realizzando gli impegni assunti con l'ordine del giorno n. 673 citato in premessa;

7) ad adottare le iniziative di competenza per assicurare un'accelerazione delle incombenze burocratiche o per sospenderle temporaneamente, limitatamente ai casi di acquisto delle reti necessarie a erigere le protezioni e nel caso di impiego di ulteriore personale necessario alla realizzazione delle opere di protezione stesse;

8) ad adottare iniziative per incrementare le risorse economiche necessarie a eradicare la peste suina africana da tutto il territorio nazionale interessato dal fenomeno, evitandone l'espansione ulteriore;

9) a farsi portatori in sede di Unione europea delle iniziative di competenza per un'azione comune finalizzata all'eradicazione della peste suina africana dal territorio degli Stati dell'Unione europea cofinanziata dagli Stati membri;

10) ad adottare iniziative per prevedere forme di ristori per il settore suinicolo a causa delle perdite dovute al deprezzamento delle carni con modalità automatiche e facilmente computabili, prevedendo, ad esempio, delle cifre forfetarie per unità di misura, determinabili anche in base ai listini delle Cun nazionali della suinicoltura;

11) ad adottare iniziative per prevedere contributi commisurati all'unita di peso della carne di suino prodotta, calcolata sulla media degli ultimi 3 anni, da destinare a tutti gli anelli attori della filiera produttiva;

12) in ragione della perdurante condizione di difficoltà e costante esposizione a rischi, ad adottare iniziative per erogare prontamente una quota di contribuzione ai costi di certificazione delle dop e igp del settore;

13) a promuovere contratti di filiera nel settore per superare la specifica crisi;

14) ad adottare le iniziative di competenza per prevenire forme di speculazione;

15) a farsi portatore di una campagna di informazione pubblica dedicata alla peste suina africana al fine di tranquillizzare la popolazione ed evitare timori infondati di rischi per la salute umana, garantendo alla cittadinanza la sicurezza della produzione nazionale;

16) ad adottare, per quanto di competenza, ulteriori misure urgenti al fine contenere effettivamente la proliferazione dei cinghiali portatori della peste suina africana, eventualmente adottando norme che consentano l'attività venatoria e selettiva su tutto il territorio nazionale, estendendo il novero dei soggetti autorizzati, compresi gli agricoltori, su tutto il territorio nazionale, da attuare in modo capillare, in combinazione con la sterilizzazione e altri sistemi di controllo della popolazione basati su metodi scientifici;

17) ad adottare iniziative per garantire ordinariamente un efficace controllo faunistico con misure di prevenzione maggiormente efficaci, necessarie per il soddisfacimento di un legittimo e primario interesse pubblico, secondo principi di efficacia ed economicità delle modalità di attuazione, perseguendo il minimo impatto ecologico, disciplinando in modo puntuale l'aspetto della prevenzione dei danni da fauna selvatica, stabilendo adeguati regimi di sostegno finanziario, modificando in tal senso le norme della legge 11 febbraio 1992, n. 157;

18) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, per modificare la legislazione sul risarcimento dei danni ordinariamente causati dal cinghiale come indicato in premessa, in particolare introducendo precisi criteri di stima e di valutazione.
(1-00646) «Nevi, Spena, Anna Lisa Baroni, Bond, Caon, Sandra Savino, Paolo Russo, D'Attis, Elvira Savino».

(9 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    dal 7 gennaio 2022 è stata rilevata nelle province limitrofe di Genova ed Alessandria la presenza di peste suina africana nel cinghiale, una malattia virale, non trasmissibile all'uomo, altamente contagiosa, che colpisce i suini domestici e selvatici, per i quali risulta spesso letale;

    la peste suina africana è una malattia con un vasto potenziale di diffusione grazie anche alla notevole capacità di resistenza dell'agente eziologico nell'ambiente esterno e, nel caso dovesse estendersi agli allevamenti di suini domestici, comporterebbe pesanti ripercussioni con danni ingenti sia per la salute animale che per il comparto produttivo, in particolare per il commercio comunitario e internazionale di animali vivi e dei loro prodotti;

    con decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, il Governo ha emanato misure urgenti per arrestare la diffusione della peste suina africana, prevedendo, oltre alla nomina di un commissario straordinario con compiti di coordinamento e monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire, contenere ed eradicare la peste suina africana, altre disposizioni, tra le quali il contrasto all'espansione del virus attraverso la costruzione di recinzioni attorno alle aree infette, una delega alle regioni di programmazione e attuazione di piani di contenimento e, infine, misure volte a tutelare gli allevamenti attraverso l'implementazione della biosicurezza;

    il 4 maggio 2022 l'Istituto zooprofilattico del Lazio ha segnalato e individuato un caso di peste suina africana all'interno del Parco dell'Insugherata, un'area naturale protetta situata nella zona nord del comune di Roma capitale, a seguito del quale è stato attivato il monitoraggio sull'intera zona e successivamente, tramite ordinanza del presidente della regione Lazio, definita una zona infetta;

    in considerazione delle possibili gravi ripercussioni per il comparto suinicolo e i settori produttivi ad esso collegati, secondo le raccomandazioni dell'Ispra risulta di cruciale importanza limitare la diffusione della peste suina africana, attraverso l'adozione di drastiche misure di biosicurezza, che dovranno riguardare anche l'inibizione dell'attività venatoria nelle aree interessate dall'infezione, al fine di evitare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus, sia in modo diretto, che indiretto;

    il decreto-legge n. 9 del 2022 ha inizialmente previsto l'adozione da parte delle regioni di un piano di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della peste suina africana nei suini da allevamento e nella specie cinghiale, mediante la ricognizione della consistenza della specie all'interno del territorio di competenza, l'indicazione di metodi ecologici, delle aree di intervento diretto, delle modalità, dei tempi e degli obiettivi annuali del prelievo, esclusivamente connessi ai fini del contenimento della peste suina africana;

    lo stesso decreto-legge riserva una limitata considerazione agli allevamenti intensivi, dal punto di vista del rischio sanitario insito in tale tipologia di attività produttiva, stante l'innegabile potenziale insorgenza e diffusione della malattia che gli stabilimenti suinicoli di tipo industriale comportano;

    in sede di conversione in legge, il citato decreto-legge sembra autorizzare l'automatismo del controllo generalizzato delle popolazioni di cinghiali su scala nazionale e su base annuale, indipendentemente dalla presenza di focolai del virus, all'interno dei piani regionali, in aperto contrasto con i principi di necessità e proporzionalità delle azioni di contrasto alla diffusione della malattia previsti dal regolamento (UE) 429/2016, spingendo le regioni, nelle more di adozione dei piani, ad assumere misure emergenziali di deregolamentazione in materia venatoria per quanto riguarda la specie del cinghiale, che determinano un indebito danno alla biodiversità;

    occorre considerare che l'eradicazione della peste suina africana e la gestione venatoria delle popolazioni di cinghiali sono attività prive di qualsiasi relazione, in quanto i principi e i metodi appaiono profondamente diversi e nello stesso senso si è espresso anche l'Ispra nel suo intervento, davanti alla Commissione agricoltura e produzione agroalimentare del Senato della Repubblica, del 28 febbraio 2022. L'eradicazione della peste suina africana, infatti, è un intervento con finalità sanitarie che non può essere messo in relazione con un'attività ludico-ricreativa, come la caccia o il controllo faunistico svolto da privati cittadini;

    alla luce della nuova formulazione dell'articolo 9 della Costituzione (legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1), gli animali, l'ambiente e la biodiversità assumono valore di beni costituzionalmente garantiti, la cui tutela risulta equiparata a quella di beni di pari rango – quali, tra tutti, la salute – rispetto ai quali si pone la necessità di un bilanciamento in tutti i casi in cui ricorra una divergenza tra due principi, come nel caso di cui si discute;

    l'analisi delle fonti sovranazionali, quali il regolamento (UE) n. 429/2016, i regolamenti delegati (UE) nn. 2020/687 e 2020/689, la direttiva n. 2002/60/CE, nonché delle fonti nazionali, quali il decreto legislativo n. 54 del 2004 in attuazione della citata direttiva (recante disposizioni specifiche per la peste suina africana), evidenzia come il controllo e l'eradicazione dell'epidemia passi attraverso un'ampia gamma di misure attuabili, a partire dall'identificazione di un focolaio, e non si identifichi necessariamente in un controllo generalizzato delle popolazioni di cinghiali su tutto il territorio nazionale, anche attraverso norme derogatorie dell'esercizio venatorio,

impegna il Governo:

1) a disporre opportune misure per garantire che gli interventi per il controllo della peste suina africana siano condotti nei limiti di necessità e proporzionalità rispetto alla situazione epidemiologica in atto, utilizzando in via prioritaria metodi ecologici e misure di biosicurezza non cruente, commisurate al rischio effettivo di diffusione del virus;

2) a rafforzare le misure restrittive nei confronti della caccia ludico-ricreativa in prossimità delle aree critiche e ben oltre il periodo di emergenza, poiché tale attività spinge i cinghiali ad uscire dal territorio naturale per occupare luoghi più sicuri, avvicinandosi ad allevamenti di suini allo stato brado non protetti, non tutelati e non sorvegliati, con evidente aumento del rischio di diffusione della peste suina africana;

3) a disporre rigorose misure di controllo del territorio, per identificare e chiudere gli allevamenti clandestini di cinghiali, ma anche per accertare il rispetto dei requisiti sanitari richiesti negli esemplari allevati, in particolare nelle aziende faunistico-venatorie, ove ancor oggi è possibile reimmettere nell'ambiente cinghiali per fini di caccia, con il rischio di liberare esemplari potenzialmente infetti o di farli fuggire a causa dell'assenza o dell'inadeguatezza delle recinzioni;

4) ad adottare opportune iniziative per incrementare gli stanziamenti previsti all'articolo 2, comma 2-bis, del decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 2022, n. 29, da destinare all'installazione di recinzioni anche nelle zone limitrofe alle aree dichiarate infette, un atto cautelativo fondamentale per contenere la diffusione della peste suina africana;

5) ad adottare, in un prossimo intervento legislativo, opportune misure per la riduzione del numero degli animali negli allevamenti intensivi, allo scopo di conseguire il progressivo superamento di un modello produttivo insostenibile, che non di rado comporta gravi conseguenze non solo sul benessere animale, ma anche sotto il profilo sanitario e della sicurezza alimentare.
(1-00653) «Siragusa, Benedetti, Dori, Ehm, Fioramonti, Fratoianni, Menga, Paxia, Romaniello, Paolo Nicolò Romano, Sarli, Suriano, Termini, Vizzini».

(23 maggio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana è una malattia virale dei suidi (famiglia che comprende anche i maiali e i cinghiali), determinata da un virus della famiglia degli Asfarviridae, genere Asfivirus, ma non è una zoonosi, quindi non è una patologia trasmissibile all'uomo ma questo ne è vettore, sia diretto che indiretto;

    la diffusione dell'infezione può avvenire tramite contatto diretto tra animali, da suino infetto a sano tramite vomito, diarrea, ma anche tramite vettore come la zecca, ingestione di prodotti a base di scarti e rifiuti di cucina infetti, per contatto con materiali, abiti e attrezzature da agricoltura e da caccia e quindi anche dall'uomo stesso. Esiste quindi un ciclo selvatico ed un ciclo domestico e questo rilevante aspetto deve essere considerato dirimente per la prevenzione e l'attuazione di una serie di pratiche fondamentali tese ad evitare la diffusione del virus;

    la peste suina è endemica in Africa: «l'agente responsabile è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo» (definizione dell'Istituto superiore di sanità). In Italia si registrò la presenza di Asf (african swine fever) nel 1967, con altri episodi nel 1971 e poi nel 1983. Nel 1978 fu dichiarata endemica in Sardegna. Numerosi i focolai diffusi in tutta Europa negli anni più recenti: dal 2014 in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, nel 2017 in Romania e Repubblica Ceca, nel 2018 in Ungheria, Bulgaria e Belgio;

    nei documenti Efsa (European Food Safety Authority) e del Ministero della salute sono riportati casi di infezione di suini d'allevamento importati in Italia provenienti da Paesi dell'Est dove le misure di biosicurezza non sono state evidentemente rispettate. Numerose indagini hanno dimostrato che il contagio all'interno degli allevamenti di suini avviene tramite l'introduzione di altri suini non controllati, sia durante l'allevamento che durante il trasporto. Si parla quindi di trasmissione intra-allevamento, in cui gli animali non hanno alcun contatto con i selvatici;

    è da evidenziare come, se i suini negli allevamenti non entrano in contatto con altri esemplari importati ed infetti e se non vengono gestiti allo stato brado o semi brado, entrando quindi in contatto con i cinghiali selvatici, e adottando contestualmente misure sanitarie e di controllo costante, non sussiste la propagazione della peste suina;

    a tale scopo giova ribadire che è la stessa Efsa (European Food Safety Authority) quanto il Ministero della salute, a rammentare il cruciale ruolo dei cacciatori nella diffusione del virus della peste suina quanto di altri agenti patogeni e quale sia lo strumento necessario per impedirne esiti gravi: un completo bando delle attività venatorie che andrebbero imposte per frenare la diffusione dell'epidemia. Si rammenta anche che tra le pratiche consentite in periodo venatorio vi è anche quello della eviscerazione degli animali abbattuti in loco (con relativo problema di smaltimento corretto) e che spesso non viene praticata con tutte le necessarie precauzioni del caso e che certamente rappresenta un reale problema in caso di diffusione di peste suina quanto di altre potenziali patologie, anche per il rischio di contaminazione ambientale;

    tra le ulteriori precauzioni di Efsa e Ministero della salute sono elencate: la non importazione di carni fresche, surgelate e insaccate, eviscerazione dei capi cacciati. È infatti rilevante che, mentre in Paesi europei confinanti con l'Italia erano segnalati numerosi focolai, nel febbraio 2021 nella trasmissione «Indovina chi viene a cena» della giornalista d'inchiesta Sabrina Giannini, si dimostra come il reale pericolo fosse presente con la movimentazione in Italia dalla Romania di insaccati infetti;

    ulteriore attenzione dovrebbe essere altresì posta anche nei confronti delle pratiche reintrodotte con il decreto legislativo n. 27 del 2021 e che consentono la possibilità di macellare gli animali (suini, bovini, equidi, ovini, caprini) presso il proprio domicilio per il consumo familiare. Le preoccupazioni e perplessità sul benessere animale, sicurezza alimentare e ambientale sono state ampiamente sollevate dal mondo della medicina veterinaria tutta. In una nota della SIVeMP (Sindacato italiano veterinari di medicina pubblica) si fa particolare riferimento non solo al benessere animale che, seppur in un momento estremo come la macellazione deve essere garantito, ma anche al potenziale e grave rischio sanitario. È praticamente impossibile per le Ulss/Asl eseguire qualunque controllo sanitario sulle carni, sul benessere animale, sullo smaltimento delle carcasse e dei visceri e quindi sul controllo del medico veterinario che si fa garante del rispetto delle norme sanitarie. Sono evidenti i rischi che conseguono da questa pratica e che aumentano potenzialmente in modo esponenziale in presenza della diffusione di un virus; il 7 gennaio 2022 l'Istituto zooprofilattico sperimentale di Umbria e Marche – centro di referenza nazionale per la peste suina – ha accertato la positività al virus in un cinghiale vittima di un incidente stradale ad Ovada, in Piemonte. Il Ministero della salute ha quindi di seguito provveduto, in ottemperanza alle normative vigenti e al piano nazionale, a notificare l'evento alla Commissione europea e all'Oie; a fronte di questo episodio, con notevole ritardo sono state intraprese iniziative tese al contenimento e alla verifica di eventuali altri casi;

    mentre i mesi sono trascorsi senza provvedimenti evidentemente contenitivi si è fatta largo la teoria, in concomitanza con una diffusione a mezzo stampa di allarmistici servizi sulla presunta invasione dei cinghiali nelle città e che, per varie motivazioni, ha sollevato inquietudine, rimostranze e disagi, della improcrastinabile esigenza di praticare gli abbattimenti dei suidi selvatici sulla base di dati stimati. Si rammenta che non risultano dei veri e propri censimenti, ma meri dati stimati su cui è evidente che vi sia un dubbio sulla qualità e l'integrità del dato stesso ma che, sulla base di questi, vengono però stabiliti e pianificati gli abbattimenti; Il cinghiale (Sus scrofa) è diffuso in gran parte dell'Europa e dell'Asia (eccetto le parti più settentrionali). Nel 1911 il cinghiale era assente in Italia settentrionale ed aveva una distribuzione in Italia peninsulare assai ridotta. Il livello minimo della distribuzione si raggiunse con la seconda guerra mondiale. Negli ultimi 30 anni, l'areale del cinghiale in Italia si è più che quintuplicato; cause di questo fenomeno sono state lo spopolamento della montagna con conseguente recupero del bosco, nonché le immissioni a scopo venatorio, che sono state effettuate spesso con soggetti provenienti da allevamenti ed anche appartenenti a sottospecie non autoctone e persino ibridati con suidi domestici. È probabile che ciò abbia condotto ad un aumento della fertilità, perché è noto che gli animali domestici sono in genere più prolifici dei loro antenati selvatici, ed è quindi verosimile che anche l'ibrido tra un animale domestico ed uno selvatico, avendo caratteri intermedi, sia più prolifico dell'antenato selvatico;

    il cinghiale ha una struttura sociale matriarcale: la femmina più anziana guida il branco di femmine che vive insieme ai cuccioli (Meynhardt H. 1986. Schwarzwild-Report. Mein Leben unter Wildschweinen. Naumann, Leipzig). Le femmine hanno un periodo fertile che può durare tutto l'anno (Apollonio M., R. Putman, S. Grignolio & L. Bartos 2011. Hunting seasons in relation to biological breeding seasons and the implications for the control or regulation of ungulate populations. In: M. Apollonio, R. Andersen & R. Putman (eds.), Ungulate management in Europe: Problems and practices, Cambridge University Press, London, UK: 80105). Generalmente accade che nel branco vi sia la sincronizzazione dell'estro che genera quindi più o meno lo stesso periodo di parto tra le femmine giovani del gruppo: si ha quindi una riproduzione stagionale regolata (Dardaillon M. 1988. Wild boar social groupings and their seasonal changes in the Camargue, southern France. Sàugetierkunde 53: 22-30). La specie è altamente adattabile e ciò determina la notevole espansione delle popolazioni. È quindi evidente che i sistemi di caccia selettiva, adottata negli anni pregressi non sono efficaci (professor Carlo Consiglio, zoologo, Università La Sapienza);

    nonostante le evidenze scientifiche, si assiste alla richiesta di abbattere i cinghiali per limitarne i danni. Il professor Carlo Consiglio, già docente zoologia all'Università «La Sapienza» di Roma, evidenzia che: «Da oltre 30 anni il cinghiale arreca gravi danni all'agricoltura in tutta Europa; le autorità i decretano abbattimenti, ma l'ammontare dei danni ciononostante continua a crescere. Evidentemente la caccia non è un metodo efficace per prevenire o ridurre i danni. La soluzione può venire solo dalle più recenti ricerche sull'etologia e l'organizzazione sociale dei cinghiali stessi, da cui sembra risultare che la caccia interrompa il delicato meccanismo della sincronizzazione dell'estro, che regola la riproduzione dei cinghiali, nonché, attraverso l'eliminazione dei grandi maschi dominanti, il passaggio ad una strategia riproduttiva poliandrica o promiscua; ne risulta un'anticipazione del raggiungimento della maturità sessuale ed un aumento della fertilità, della grandezza di popolazione e dei danni. Lungi dall'essere un metodo efficace per limitare i danni arrecati dai cinghiali, quindi, la caccia aggraverebbe il problema. Metodi efficaci per limitare i danni dei cinghiali sembrano essere invece le recinzioni elettriche ed i metodi colturali. Io vorrei spiegare che la caccia non è in nessun modo necessaria alla conservazione della natura e che in realtà molti scienziati compiacenti, fin dagli anni '30, hanno formulato delle teorie scientifiche per sostenere che la caccia era compatibile, e forse anche necessaria, alla conservazione della natura, però che questi argomenti non sono fondati, perché gli animali raggiungono da soli un equilibrio con il loro ambiente e hanno dei meccanismi interni di regolazione delle popolazioni. Lo stesso concetto di sovrappopolazione non ha un fondamento scientifico o una definizione scientifica. Sovrappopolazione significa che gli animali sono di più di quelli che dovrebbero essere, ma nessuno può dire quanti dovrebbero essere. Gli animali sono quelli che sono, in seguito all'equilibrio che essi raggiungono.»; altri ricercatori quali Servanty ed altri concludono che: «quando una popolazione è pesantemente cacciata, aumentare la mortalità in una sola classe d'età (ad esempio solo adulti solo giovani) può non permettere di limitare l'accrescimento della popolazione.»; secondo il ricercatore Ungherese Csányi «la pressione venatoria è insufficiente per impedire l'accrescimento della popolazione di cinghiali; questi sono favoriti dall'aumento delle superfici forestali e dall'estensione dell'agricoltura che fornisce habitat adatto e cibo; inoltre la distribuzione sparsa dei distretti venatori fa sì che molti animali possano sfuggire verso zone dove non vengono cacciati.»; secondo Marsan ed altri «un esasperato prelievo non selettivo sul cinghiale produce subito la riduzione degli effettivi, ma questa riduzione viene immediatamente compensata da un aumento del tasso di incremento utile annuo della specie; una popolazione costituita prevalentemente da animali giovani tende a produrre maggiori danni di una naturale, indipendentemente dalla sua densità». Marsan ed altri dimostrano anche che la densità del cinghiale non è influenzata da una pesante pressione venatoria, e pertanto un aumento della pressione stessa non può ridurre i danni alle coltivazioni; secondo il rapporto dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica Infs (Gli Ungulati in Italia. Status, distribuzione, consistenza, gestione e prelievo venatorio. Istituto nazionale per la fauna selvatica Alessandro Chigi-2002), per la fauna selvatica, la forma di caccia attualmente più utilizzata, la braccata con i cani da seguito, crea spesso una destrutturazione delle popolazioni, caratterizzate da elevate percentuali di individui giovani, responsabili di un sensibile aumento dei danni alle colture. Dopo anni di abbattimenti di cinghiali, da parte di squadre di caccia con il metodo della braccata con i cani, è evidente che non solo questo metodo non ne ha diminuito il numero, ma abbia causato un presunto aumento delle popolazioni. Tale attività ha, per altro, lasciato spazio a numerose e irragionevoli iniziative quale quella che consente ad ogni cacciatore di poter vendere ai privati o agli esercizi commerciali (e quindi di somministrare) i cinghiali abbattuti (per esempio in Toscana con la delibera di giunta regionale n. 17 del 2010). Tale fenomeno è interamente dovuto alle richieste dell'attività venatoria;

    a tale riguardo giova rammentare, il parere del professor Toso, già direttore dell'Infs – Istituto nazione della fauna selvatica, ora Ispra, che nel documento «Linee Guida per la Gestione del Cinghiale (Sus Scrofa) nelle Aree Protette - II Edizione» scrive: «Le cause che hanno favorito l'espansione e la crescita delle popolazioni sono legate a molteplici fattori sulla cui importanza relativa le opinioni non sono univoche. Tra questi, le immissioni a scopo venatorio, iniziate negli anni '50, hanno sicuramente giocato un ruolo fondamentale. Effettuati dapprima con cinghiali importati dall'estero, in un secondo tempo i rilasci sono proseguiti soprattutto con soggetti prodotti in cattività in allevamenti nazionali. Tali attività di allevamento ed immissione sono state condotte in maniera non programmata e senza tener conto dei princìpi basilari della pianificazione faunistica e della profilassi sanitaria»; è quindi fondamentale rammentare anche le criticità sanitarie e fiscali. In tal modo non vi è alcun interesse a limitare le presenze reali dei cinghiali visto che per i cacciatori si è autorizzato, di fatto, un sistema di guadagno diretto. Per quanto concerne l'aspetto prettamente sanitario, la carne di cinghiale consumata senza alcun controllo può procurare la trichinellosi (un'infezione causata da un parassita, la Trichinella spiralis) e diffondere la peste suina, solo per citare due realtà attuali;

    alcune ricerche recentemente pubblicate negli Stati Uniti gettano nuova luce sulle conseguenze che l'assunzione di piombo attraverso la carne delle selvaggina abbattuta può avere sulla salute delle persone: «Il piombo è un metallo velenoso, che può danneggiare il sistema nervoso (specialmente nei bambini) e causare malattie del cervello e del sangue. L'esposizione al piombo o ai suoi sali, soprattutto a quelli solubili, o all'ossido PbO2, può causare nefropatie, caratterizzate dalla sclerotizzazione dei tessuti renali, e dolori addominali colici.» Uno studio della University of Colorado («Health Effects of Low Dose Lead Exposure in Adults and Children, and Preventable Risk Posed by the Consumption of Game Meat Harvested with Lead Ammunition») ha dimostrato che anche l'esposizione a piccole quantità di piombo (consumando carne contaminata da piombo) – inferiori a 25 microgrammi per decilitro – può provocare ipertensione, indebolimento della funzionalità renale, declino delle capacità cognitive e problemi all'apparato riproduttore. Lo studio epidemiologico e la valutazione del rischio conseguente hanno indicato che il consumo regolare di selvaggina abbattuta con fucile e munizione al piombo può causare degli aumenti anche sostanziali dei livelli di piombo nel sangue in particolare nei bambini. È quindi improcrastinabile affrontare il problema in modo organico e, alla luce di una lunga serie di valutazioni scientifiche, applicare i migliori metodi ecologici per la corretta gestione faunistica; numerose sono quindi le soluzioni applicabili in modo organico su tutto il territorio, in primis vi è da considerare il blocco delle attività venatorie, un serrato controllo nella movimentazione dei suini, il divieto di introduzione di ungulati e la sterilizzazione. La sterilizzazione farmacologica degli ungulati è pratica già attivata in Gran Bretagna e in Australia. In Inghilterra, un vaccino denominato GonaCon è stato sperimentato nel 2008 alla Food and Environment Reasearch Agency di York da una ricercatrice italiana, Giovanna Massei, peraltro conosciuta in Toscana per aver collaborato con il Parco della Maremma. Permette di sterilizzare i cinghiali attraverso esche specifiche apribili solo dagli ungulati, senza colpire altre specie. In Australia la pratica della sterilizzazione farmacologica (con un altro ritrovato sistemico, il suprelorin) è già stata messa a punto sui koala e su altri marsupiali;

    i censimenti devono essere tali e non stimati: i dati fin ora utilizzati sono presunti e non realizzati con metodi scientificamente validi; la corretta informazione su come prevenire incidenti e rischi sanitari, comportamento personale e abitudini, è in grado di prevenire spiacevoli episodi e la criminalizzazione degli animali con cui dovremmo saper convivere pacificamente;

    l'utilizzo di deterrenti appare di fondamentale importanza per ridurre il conflitto con le attività antropiche ed evitare pericolose contaminazioni: obbligo per gli agricoltori dell'utilizzo di tutti gli efficaci sistemi di deterrenza, favorire gli incentivi per il loro acquisto invece di sostenere economicamente i ripopolamenti a fini venatori; divieto di foraggiare gli animali, pratica utilizzata dai cacciatori per avvicinare e attirare gli animali con scopo venatorio. Tale sistema abitua gli animali a ricondurre la presenza umana al cibo, funge da rinforzo positivo, incrementa le popolazioni e le avvicina a zone abitate e periurbane; corretto smaltimento e contenimento dei rifiuti. La presenza degli animali di ogni specie, in particolar modo di quelle che ormai possono definirsi sinantrope, viene ovviamente incrementata e favorita dalla disponibilità di cibo. Le città sono ormai discariche a cielo aperto, le persone non rispettano il logico divieto di alimentare gli animali selvatici e questi sono inesorabilmente attratti anche dall'assenza di doppiette nelle aree periurbane;

    è noto ormai che i danni apportati alle colture forestali non sono proporzionali solo alla densità degli Ungulati, ma anche al tipo di pratiche selvicolturali in atto (Reimoser e Gossow 1996). Inoltre un bosco capace di fornire cibo e protezione permette di trattenere in zona gli animali, annullando i rischi di pressione di pascolo sul fondovalle e sulle colture agrarie circostanti,

impegna il Governo:

1) a mettere a regime ben prima dell'emergenza diffusa ogni azione necessaria tesa alla prevenzione della diffusione della peste suina e quindi ad applicare correttamente e coerentemente le indicazioni dell'Efsa, dal blocco della caccia non limitandolo unicamente dove sia rilevata la positività al blocco dei ripopolamenti, di foraggiamenti, della movimentazione di materiali, mezzi e operatori nonché della movimentazione di animali vivi tra allevamenti, nonché ad effettuare un serrato controllo nella movimentazione dei suini, adottando iniziative per prevedere il divieto di introduzione di ungulati e la sterilizzazione farmacologica degli ungulati medesimi (pratica già attivata in Gran Bretagna e in Australia);

2) ad aumentare la vigilanza e i controlli sull'ingresso in Italia di prodotti a rischio e non solo di quelli destinati all'importazione commerciale ma anche di quelli importati per il consumo personale a seguito dei viaggiatori, posto che l'ingresso in Italia di insaccati contaminati dalla Romania dimostra quanto sia facile mettere a rischio interi areali e filiere;

3) a valutare attentamente il ciclo selvatico e il ciclo domestico del virus per individuare le soluzioni e interventi adeguati e mirati evitando di utilizzare strumentalmente questa ed altre circostanze per additare gli animali e distribuire a pioggia finanziamenti senza riconsiderare i sistemi di allevamento insostenibili dal punto di vista ambientale, etico ed economico;

4) ad adottare iniziative per rivedere immediatamente la normativa sulla macellazione casalinga per evitare contaminazioni, assenza di controlli sanitari, inquinamento ambientale e mancato rispetto del benessere degli animali;

5) ad adottare le iniziative di competenza per liberare le città dai rifiuti che si accumulano a dismisura e fuori controllo specialmente nelle zone periferiche, attirando animali alla ricerca di cibo, garantendo al contempo ad essi un habitat boschivo adeguato ove trovare cibo e possibilmente non compromesso dalle attività venatorie che provocano la fuga degli animali a ridosso dei centri urbani;

6) a favorire una corretta informazione sul tema basata su metodi scientifici e dati reali onde evitare di continuare a diffondere allarmismi tra i cittadini e gli allevatori, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo manipolando le circostanze per favorire determinate categorie e muovere consenso elettorale o promuovere operazioni di sostegno economico discutibili;

7) ad adottare iniziative di contrasto alla peste suina, tenendo conto se non bastassero le indicazioni di Fao, Ipcc, Chatham house, che il futuro del pianeta e la sua sopravvivenza sono legati indissolubilmente al rispetto essenziale di tutti quegli equilibri fatalmente interconnessi tra loro e che il rispetto di ogni equilibrio biologico ed ecologico impone oggi una seria riflessione sui consumi alimentari, gli allevamenti, la distruzione degli habitat naturali, la perdita di biodiversità, che la principale causa di questi fenomeni sono proprio le dissennate attività umane e che occorre un impegno ad investire nella divulgazione e nella promozione della biodiversità, onde non varcare ancora i limiti che impone l'etica, oltre che la scienza medica veterinaria e la logica;

8) ad adottare iniziative anche a livello europeo per superare le restrizioni che penalizzano anche le aree della Sardegna dove è ormai comprovato non sia presente la peste suina, affinché sia consentita l'esportazione di carne suina, considerato che si rende altresì improcrastinabile, alla luce delle evidenze scientifiche e delle esigenze del settore stesso, la necessità di sviluppare una progettazione della strategia e della politica agricola sostenibile, sia in termini di produttività, redditività, che del rispetto dell'ecologia e quindi degli habitat, e che senza il rispetto di questi princìpi si manifestano logicamente continue crisi sanitarie che ricordano come non sia più possibile affidarsi alla mera politica del sostegno economico e della compensazione del danno fine a se stessi, senza una programmazione e progettazione a breve, medio e lungo termine anche per prevenire ulteriori emergenze, crisi economiche e ulteriori danni ed impoverimento;

9) a considerare la Sardegna, per le sue tipiche caratteristiche, come il luogo in cui progettare e realizzare un progetto pilota di integrazione delle diverse attività agricole con le realtà degli habitat in cui si sviluppano, nell'ambito del quale i fondi siano definitivamente impiegati per lo sviluppo e non solo per intervenire continuamente sulle emergenze;

10) ad adottare tutte le adeguate iniziative di competenza per scongiurare speculazioni nella commercializzazione dei prodotti suinicoli, partendo dal controllo dei prezzi e sanando gli squilibri sul mercato.
(1-00666) «Corda, Sapia, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Colletti, Spessotto, Maniero, Sarli, Trano, Leda Volpi».

(14 giugno 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la peste suina africana (Psa) è una malattia infettiva altamente contagiosa e con una letalità del 90-100 per cento dei casi, originata da un virus che colpisce i suini domestici e selvatici ma che, non essendo una zoonosi, non mette a rischio direttamente la salute umana;

    la malattia è endemica nel continente africano, ma si propaga con estrema facilità da un continente all'altro. Al momento, nell'Unione europea risulta un'area infetta da peste suina africana di circa 350 mila chilometri quadrati. I primi casi sono stati rilevati nel 2014 in alcuni Paesi dell'est Europa e oggi la situazione coinvolge Polonia, Germania, Belgio, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Romania, Ungheria, Bulgaria; secondo il Ministero della salute, in ambito internazionale è presente in Cina, India, Filippine, Oceania (Papua Nuova Guinea) e in diverse aree del Sud-Est asiatico;

    la malattia si è diffusa fino ad arrivare in Italia (dal 1978 è presente esclusivamente in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un costante e netto miglioramento della situazione epidemiologica); nel gennaio 2022 la Psa è stata riscontrata in diversi cinghiali in Piemonte, in provincia di Alessandria, e in Liguria, nelle provincie di Genova e Savona; la problematica ha di recente coinvolto nel mese di maggio anche la regione Lazio e, in particolare, la città di Roma; il Ministero della salute segnala che il virus rilevato nell'Italia continentale è geneticamente diverso da quello presente in Sardegna e corrisponde a quello circolante in Europa da alcuni anni;

    l'eccessiva proliferazione dei cinghiali, considerati i principali vettori della malattia, che rappresenta già un problema per la sicurezza della circolazione stradale, l'incolumità pubblica e gli ingenti danni per le attività agricole e zootecniche, rischia oggi di aggravare la propagazione del virus sul territorio nazionale, nel caso in cui la malattia sconfinasse nelle regioni attualmente indenni, quali la Lombardia, Emilia-Romagna, il Veneto e la Toscana, regioni che rappresentano complessivamente più del 75 per cento dei suini allevati in Italia;

    nel rispetto della strategia comunitaria di prevenzione e controllo della Psa, dal 2020 l'Italia presenta annualmente alla Commissione europea, per l'approvazione e il cofinanziamento, un piano di sorveglianza nazionale, che comprende, in particolare, misure per l'eradicazione della Psa nelle zone in cui si verifichino casi di contagio; nel 2021 il Ministero della salute, in collaborazione con i Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e della transizione ecologica, competenti in materia di gestione della fauna selvatica, e con l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) e il Cerep, Centro di referenza nazionale per le pesti suine, in considerazione del riconosciuto ruolo epidemiologico dei cinghiali nella epidemia europea, ha messo a punto un documento di indirizzo con indicazioni tecnico operative per la prevenzione della Psa in ambiente selvatico, e per sostenere le regioni e la pubblica amministrazione, in particolare nella gestione della popolazione di cinghiali e nel contrasto del rischio di diffusione del virus della Psa in Italia; per il controllo dell'epidemia, il Ministero della salute ha avviato una collaborazione con la Protezione civile per la programmazione delle attività di prevenzione e di controllo nonché contatti costanti con le principali associazioni di categoria del settore, anche al fine di aumentare il livello di conoscenza e sensibilizzazione;

    da gennaio 2022 – con la conferma di Psa nel cinghiale rinvenuto in Piemonte – il Ministero della salute ha attivato il Gruppo degli esperti per la definizione della zona infetta, e l'unità di crisi centrale che ha, tra l'altro, il compito di definire la strategia di controllo ed eradicazione della malattia nelle aree interessate e in quelle limitrofe; nelle zone infette è stata vietata qualsiasi attività agro-forestale e l'accesso del pubblico – la malattia risulta infatti trasmissibile attraverso le movimentazioni di animali, persone, veicoli e materiali contaminati; il Piano di sorveglianza nazionale in vigore, viene applicato anche nelle aree del Paese al momento non interessate dalla malattia; questo dispone, tra le principali misure, la sorveglianza passiva in ambito domestico e in ambiente selvatico, la verifica del livello di applicazione delle misure di biosicurezza in allevamento, l'attività di formazione ed informazione degli allevatori, ma anche dei cacciatori e di tutti i soggetti direttamente e indirettamente coinvolti, al fine di accrescere la conoscenza della malattia e la consapevolezza del rischio per gli allevamenti e per l'economia;

    nella comunicazione del Ministero della salute alle regioni – tempestivamente inviata dopo la conferma dei primi casi – è stata sottolineata l'importanza della sorveglianza passiva e della necessità di segnalazione immediata di qualsiasi carcassa di cinghiale rinvenuta sull'intero territorio nazionale, anche a seguito di incidente; si prescrive, per gli allevamenti suinicoli, l'immediata segnalazione ai servizi veterinari di eventuali sintomi di malattia negli animali; sono sottoposti a controllo diagnostico i suini deceduti in azienda; si prevede la verifica della corretta applicazione delle misure di biosicurezza degli allevamenti suini, fondamentali per la prevenzione dell'infezione, con particolare riferimento alle possibilità di contatto con i selvatici, alle operazioni di pulizia e disinfezione in azienda e alla corretta applicazione delle norme igienico-sanitarie;

    con il decreto-legge 17 febbraio 2022, n. 9, il Governo ha disposto misure necessarie e urgenti per l'eradicazione dalla peste suina africana nei cinghiali e per prevenirne la diffusione nei suini da allevamento, allo scopo di proteggere la salute animale, tutelare il patrimonio suino nazionale e dell'Unione europea, salvaguardare il sistema produttivo nazionale, l'intera filiera, le esportazioni;

    l'urgenza del provvedimento è pienamente giustificata dalle pesanti ricadute della Psa sul patrimonio zootecnico, che obbliga all'eliminazione degli animali malati e sospetti tali, e dagli ingenti danni per il comparto produttivo suinicolo e alle esportazioni dei prodotti nazionali, di rinomata eccellenza all'interno dell'Unione europea e nei mercati internazionali;

    il decreto-legge n. 9 ha attribuito alle regioni, il compito di predisporre, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, il Piano regionale di interventi urgenti per la gestione, il controllo e l'eradicazione della Psa nella specie cinghiale e nei suini da allevamento, in conformità al Piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione delle peste suina, presentato dal Ministero della salute alla Commissione europea in data 30 giugno 2021; per evitare la diffusione della Psa negli allevamenti, il decreto ha previsto l'emanazione di apposito decreto ministeriale per definire, anche in deroga ai regolamenti edilizi, i requisiti tecnici per la messa in opera di misure per ridurre il rischio di introduzione e diffusione di agenti patogeni, e per migliorare le condizioni di biosicurezza degli allevamenti suinicoli sia dal punto di vista strutturale (recinzioni per evitare contatti con animali selvatici, strutture per gestire gli animali morti, zone filtro per consentire la disinfezione degli operatori prima dell'ingresso, piazzole per disinfettare i mezzi di trasporto e altro) che gestionale (evitare di far accedere estranei negli allevamenti, disinfettarsi prima di accedere, derattizzazione, e altro); il decreto n. 9 ha disposto, infine, la nomina di un immissario straordinario, con il compito di presiedere al coordinamento e al monitoraggio delle azioni e delle misure poste in essere per prevenire e contenere la diffusione della Psa e adottare, se necessario, provvedimenti contingibili e urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli per la salute animale e far fronte a situazioni eccezionali; nel corso dell'esame, il Parlamento ha integrato il testo del provvedimento al fine di prevedere che le regioni e le province autonome, oltre agli interventi urgenti disposti dal decreto, possano attuare le ulteriori misure disposte dal commissario straordinario per l'eradicazione e la prevenzione della diffusione della peste suina africana, ivi inclusa la messa in opera di recinzioni o altre strutture temporanee ed amovibili, idonee al contenimento dei cinghiali selvatici nella zona infetta corrispondente alla zona soggetta a restrizioni; per far fronte agli oneri per la messa in opera delle recinzioni e delle strutture temporanee, pari a 10 milioni di euro per il 2022, si prevede la riduzione della dotazione del «Fondo di parte corrente per il sostegno della filiera suinicola» (35 milioni per il 2022) di cui all'articolo 26, comma 1, del decreto-legge n. 4 del 2022 (legge n. 25 del 2022), il cosiddetto decreto «Ristori-ter», che ha anche istituito nello stato di previsione del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza, con una dotazione di 15 milioni di euro per l'anno 2022; entrambi i fondi sono destinati a tutelare gli allevamenti suinicoli dal rischio di contaminazione dal virus responsabile della peste suina africana e a indennizzare gli operatori della filiera danneggiati dal blocco della movimentazione degli animali e delle esportazioni di prodotti trasformati;

    le necessarie misure di contenimento del virus nelle zone infette hanno causato ingenti perdite economiche per gli allevatori, gli agricoltori, le attività con finalità turistico-ricettive e le attività ludico sportive outdoor. La peste suina africana è un'emergenza di carattere sanitario che rischia di compromettere il tessuto produttivo ed economico nazionale legato alla filiera suinicola: nel comparto suinicolo italiano operano circa 25.000 aziende agricole e circa 3.500 aziende di trasformazione; una prima stima su dati del Ministero della salute e dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) segnala che, nel caso in cui la malattia si diffondesse nelle regioni Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Toscana, dove sono presenti la maggior parte dei suini allevati in Italia, sarebbe necessario stanziare risorse pari a circa 1.441.490.120 solo per l'indennità di abbattimento (necessario) degli animali;

    assume, a tal proposito, importanza fondamentale l'adozione di misure volte al monitoraggio ed al controllo della peste suina africana, alla messa in sicurezza degli allevamenti a tutela del comparto suinicolo nazionale che conta oltre 9 milioni di capi, alla riduzione della densità numerica e spaziale dei cinghiali mediante un efficace piano di gestione faunistico-venatoria che renda compatibile la presenza degli ungulati con le attività agricole e l'ecosistema circostante;

    le associazioni di categoria chiedono misure che non aggiungano ulteriori incombenze per gli allevatori che si trovano a fronteggiare, in questa fase, una grave crisi geopolitica internazionale, e che sia valutato attentamente sia il rischio sanitario che l'impatto economico del danno provocato dalla presenza dei cinghiali; per il piano di eradicazione dei cinghiali, le associazioni di categoria chiedono fondi sufficienti a sostenere le spese di abbattimento e recupero dell'esemplare morto; chiedono, soprattutto, iniziative e risorse sufficienti a mettere in sicurezza il patrimonio suinicolo e ristori adeguati per indennizzare al 100 per cento allevatori ed agricoltori che si trovano nelle zone sottoposte a restrizioni e che devono sostenere costi ingenti per adeguarsi alle nuove normative igienico-sanitarie, per la macellazione d'emergenza dei suini per il divieto di movimentazione e commercializzazione di carni e foraggi; talune associazioni denunciano i ritardi nell'adeguamento e nell'applicazione dei piani regionali di intervento, e che gli indennizzi per le imprese nelle aree infette non siano ancora arrivati,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per stanziare ulteriori risorse per indennizzare – in tempi brevi – gli operatori del comparto della suinicoltura colpito dalle restrizioni adottate per il contenimento della Psa, nonché le attività economiche, professionali, turistico-ricettive e dell'indotto che operano nelle aree infette e che abbiano riscontrato un danno diretto o indiretto derivante dall'applicazione delle misure di contenimento;

2) ad adottare iniziative volte a impiegare le risorse necessarie, a sostegno delle regioni interessate dalla Psa, per realizzare le misure necessarie all'emergenza, oltre alle dovute attività di controllo, prevenzione e contenimento;

3) ad adottare iniziative volte a realizzare un efficace piano di gestione faunistico-venatoria per contrastare l'eccessiva proliferazione dei cinghiali, anche attraverso una revisione organica della legge n. 157 del 1992.
(1-00667) «Ripani, Marin, Lombardo».

(14 giugno 2022)