TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 680 di Giovedì 21 aprile 2022

 
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MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DISCIPLINA DI BILANCIO E GOVERNANCE ECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA

   La Camera,

   premesso che:

    il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese, il cui insieme principale di regole si basa sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997;

    con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);

    il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;

    il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;

    in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;

    a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009, e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata agli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);

    le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;

    a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;

    il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;

    la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);

    nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;

    solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

    dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;

    da ultimo, anche il Def 2021 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;

    all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM(2021)662 final), per riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;

    è stata infatti la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;

    nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha infatti rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;

    il diffondersi della pandemia da COVID-19 ha innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie; con l'arrivo della crisi pandemica da COVID-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;

    alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

    l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;

    la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six-Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;

    l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia. Nella comunicazione del 2 giugno 2021 (COM(2021) 500 final) la Commissione ha quindi confermato l'opportunità che la clausola di salvaguardia venga mantenuta nel 2022 e, presumibilmente, disattivata a partire dal 2023, quando si prevede che l'economia dell'Unione europea torni ai livelli pre-crisi;

    la Commissione ha inoltre affermato che la composizione delle finanze pubbliche non è diventata più favorevole alla crescita, con gli Stati membri che scelgono sistematicamente di aumentare la spesa corrente anziché proteggere gli investimenti. Dal riesame è risultato anche che il quadro di bilancio è diventato eccessivamente complesso a causa della necessità di tener conto di un'ampia gamma di circostanze in continua evoluzione nel perseguimento di molteplici obiettivi;

    in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento, il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, l'emissione di strumenti di debito comune dell'Unione europea sui mercati globali e una impostazione solidaristica – fondata sui grants – che era del tutto mancata in occasione delle crisi finanziarie 2008/09 e 2010/12;

    l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;

    l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica», con cui ha invitato la Commissione a rilanciare il dibattito pubblico sulla revisione del quadro di governance economica europea e a presentare proposte legislative complete e lungimiranti a seguito della revisione;

    fra le sue osservazioni, il Parlamento ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziate di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;

    il 9 maggio 2021 è stata lanciata la Conferenza sul futuro dell'Europa, intesa come spazio pubblico di dibattito sull'Unione del futuro e sulle sue priorità che coinvolga direttamente i cittadini europei, in cui l'Italia deve avere l'ambizione e l'impulso necessari per poter svolgere un ruolo da protagonista, sostenendo le opportune riforme del quadro normativo e regolamentare attuale e le eventuali modifiche del Trattato necessarie;

    oggi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;

    in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a:

  a) valutare il mantenimento dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (Psc) anche nel corso del 2023, per consentire agli Stati membri di continuare ad adottare le necessarie misure di flessibilità di bilancio finalizzate a ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della grave crisi economica, in particolare quella energetica dovuta anche alle crescenti tensioni e ai mutati scenari geo-politici internazionali, con dirette conseguenze sulla sicurezza e sulla sostenibilità energetica dell'Unione europea, preservando gli investimenti pubblici e utilizzando al meglio i finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza per dare impulso alla crescita;

  b) prevenire il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

  c) in particolare, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;

  d) trasformare il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;

  e) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Fondo energetico europeo straordinario, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio comune, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

  f) sostenere ogni iniziativa diretta a mobilitare ulteriori investimenti finalizzati ad accelerare la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili;

  g) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra cui quelli green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;

  h) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al COVID-19, prevedendo la sua cancellazione, la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;

  i) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente la disuguaglianza e la povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00586) (Nuova formulazione) «Scerra, Davide Crippa, Berti, Bruno, Businarolo, Galizia, Grillo, Ianaro, Papiro, Ricciardi, Vignaroli, Lovecchio, Buompane, Torto, Misiti, Donno, Manzo, Flati».

(14 febbraio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi ucraina, con i suoi già drammatici risvolti civili e i rischi di destabilizzazione dell'ordine mondiale, chiama l'Europa a una responsabilità decisiva a difesa della pace e della libertà dei popoli, e rende indifferibile e urgente un'accelerazione nel processo di costruzione compiuta del progetto federale, di cui un'autentica politica economica unitaria, una difesa comune e una politica energetica coordinata sono pilastri fondamentali;

    il 10 e 11 marzo 2022 i leader dell'Unione europea, in occasione del Consiglio europeo straordinario di Versailles, hanno adottato una dichiarazione riguardante l'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, il rafforzamento delle capacità di difesa, la riduzione delle dipendenze energetiche e la costruzione di una base economica più solida;

    per affrontare la crisi pandemica da Covid-19, dal 2020 in poi, l'Unione europea ha messo in campo strumenti eccezionali a sostegno delle economie europee quali: I) la sospensione delle regole di bilancio europee, per effetto della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, sospensione che, sulla base dell'andamento attuale dell'economia, dovrebbe cessare il 31 dicembre 2022; II) il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato adottato nell'aprile 2020, poi esteso e integrato più volte, alla sua sesta modifica del 18 novembre 2021, che ha prorogato il regime di deroghe alla normativa dell'Unione europea fino al 30 giugno 2022, definendo, al contempo, un percorso per la graduale eliminazione degli aiuti alla luce della ripresa dell'economia europea; III) lo strumento del Next Generation EU (NGEU) deliberato dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020, un fondo europeo per la ripresa con una dotazione complessiva di 750 miliardi di euro da impiegare nel periodo 2021-2026, sulla base di Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) che comprendono riforme e progetti di investimento pubblici;

    è in corso, in seno alla Commissione europea, una revisione ulteriore del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato sulla scorta di quanto fatto con il Temporary Framework per il Covid-19;

    in seno alle istituzioni dell'Unione europea è in corso un dibattito sulla riforma della governance economica, che nei prossimi mesi si dovrà tradurre in proposte concrete su temi pregnanti per il futuro dell'Unione quali la riforma delle regole di bilancio dell'Unione europea il completamento dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati dei capitali, la creazione di una capacità di bilancio dell'Unione e l'individuazione di una strategia di crescita che tenga conto delle transizioni digitali e ambientali, oltreché delle prossime sfide che l'Unione dovrà affrontare;

    durante le negoziazioni del trattato di Maastricht, l'allora Ministro del tesoro italiano Guido Carli propose l'adozione di un approccio tendenziale alla riduzione del debito pubblico, come alternativa all'introduzione di soglie numeriche su deficit e debito pubblico nei trattati;

    secondo un orientamento prevalente delle principali istituzioni finanziarie internazionali, il mantenimento di finanze pubbliche solide e sostenibili rappresenta una condizione favorevole al miglioramento della crescita delle economie degli Stati;

    il presidente del Consiglio italiano e il Presidente della Repubblica francese, in un recente editoriale pubblicato dal Financial Times, hanno tracciato una direttrice politica con lo scopo di rafforzare la strategia comune europea sulla crescita e gli investimenti necessari ad affrontare le sfide future dell'Unione;

    la Commissione europea stima che il fabbisogno aggiuntivo di investimenti privati e pubblici relativi alle transizioni verde e digitale sarà di circa 650 miliardi di euro all'anno fino al 2030;

    l'ammontare del debito pubblico europeo è oggi in media di venti punti superiore al livello pre-pandemico, e vicino al 100 per cento del prodotto interno lordo;

    l'orientamento di politica monetaria della Banca centrale europea (Bce) sta cambiando in senso più restrittivo, con un probabile prossimo aumento dei tassi di interesse nell'eurozona, oltre alla già prevista cessazione, da marzo 2022, del programma di acquisto straordinario di titoli di Stato e di obbligazioni societarie dell'eurozona, noto come Pandemic emergency purchase programme (Pepp), del valore complessivo di 1.850 miliardi di euro;

    le recenti tensioni inflazionistiche, superiori alle attese degli analisti, accoppiate all'escalation della crisi ucraina stanno provocando un rapido deterioramento degli scenari economici globali, con impatti negativi sulle strategie europee di crescita;

    lo shock da offerta sui prezzi energetici determina un rischio di stagflazione che non può essere affrontato soltanto attraverso politiche monetarie espansive da parte della Banca centrale europea ma anche da mirate politiche di bilancio di livello comunitario, che prevedano un adeguato coordinamento in capo alla Commissione europea, di concerto con gli Stati membri,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, a tutti i livelli istituzionali dell'Unione europea, di iniziative volte a promuovere una riforma della governance economica che tenga in considerazione un approccio olistico e unitario e che preveda una riforma delle regole di bilancio europee in chiave evolutiva rispetto al quadro normativo precedente;

2) a farsi promotore, a tutti i livelli istituzionali dell'Unione europea, di un secondo Next Generation Ue, orientato al finanziamento degli investimenti collegati all'hard power e all'autonomia strategica dell'Unione europea (difesa, cybersicurezza, immigrazione, indipendenza energetica e tecnologica nei settori strategici), applicando il principio del «borrow to spend» per cui la Commissione reperisce risorse mediante indebitamento comune (eurobond) per poi cederle agli Stati a fondo perduto;

3) ad attivare iniziative concrete per una riforma delle regole sul deficit che crei adeguati spazi di bilancio necessari al finanziamento degli investimenti per la transizione digitale e ambientale, rendendo permanente uno strumento di finanziamento degli investimenti in beni pubblici europei sul modello Ngeu a partire dal 2027, finanziato attraverso nuove risorse proprie di bilancio dell'Unione e l'emissione di debito comune;

4) a promuovere una riforma delle regole che consenta agli Stati membri percorsi di rientro dal debito pubblico più sostenibili e legati alla dinamica tendenziale di riduzione del rapporto debito/prodotto interno lordo;

5) ad adottare iniziative per istituire, con gli altri Stati membri, un tavolo di riforma complessiva della politica di bilancio dell'area euro, da realizzarsi anche attraverso modifiche ai Trattati che portino alla istituzione di un Ministro delle finanze europeo, recependo i suggerimenti che verranno espressi dalla Conferenza sul futuro dell'Europa;

6) a promuovere una revisione dei Trattati e, in particolare, del meccanismo di voto riducendo il ricorso al potere di veto e allargando le materie per le quali è previsto un meccanismo decisionale a maggioranza.
(1-00610) «Valentini, Rossello, Battilocchio, Fitzgerald Nissoli, Marrocco, Orsini, Perego Di Cremnago, Elvira Savino».

(21 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi pandemica ha determinato rilevanti effetti negativi per il tessuto economico degli Stati membri dell'Unione europea, determinando nel 2020 un crollo del prodotto interno lordo nell'intera Unione europea del 6 per cento, del 6,5 per cento nell'eurozona e addirittura dell'8,9 per cento in Italia;

    per far fronte a ciò, una delle principali iniziative adottate dalla Commissione europea nel marzo 2020 è stata quella di utilizzare per la prima volta dall'introduzione del 2011 la cosiddetta general escape clause (clausola di salvaguardia) ai sensi dell'articolo 5, paragrafo 1, e dell'articolo 9, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1466/97, i quali stabiliscono che «in caso di grave recessione economica della zona euro o dell'intera Unione, gli Stati membri possono essere autorizzati ad allontanarsi temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di bilancio a medio termine, a condizione che la sostenibilità di bilancio a medio termine non ne risulti compromessa»;

    l'utilizzo della clausola di salvaguardia ha concesso agli Stati membri di adottare per il biennio 2020/2021 delle politiche fiscali di gran lunga più espansive rispetto al passato; il deficit di bilancio della media dell'Unione europea nel 2020 è infatti aumentato al 6,9 per cento del prodotto interno lordo, al 7,2 per cento nell'eurozona ed al 9,5 per cento in Italia, ma comunque inferiore ad altre economie occidentali come Stati Uniti, Regno Unito o Giappone. Ciò nonostante, è opportuno ricordare che la clausola di salvaguardia non elimina il Patto di stabilità e neppure le sue procedure che si esplicano anche tramite raccomandazioni, monitoraggi ed esami approfonditi sugli squilibri macroeconomici;

    il 2 giugno 2021, con una comunicazione della Commissione europea, si è inoltre prorogata l'applicazione della general escape clause per tutto il 2022, prevedendo nello stesso testo la sua disattivazione per il 2023, anno in cui il prodotto interno lordo europeo, secondo le previsioni, dovrebbe tornare ai livelli pre-crisi per la maggior parte dei Paesi europei;

    alla fragile ripresa economica post pandemica si è aggiunta la crisi derivante dal conflitto tra Russia e Ucraina, che avrà forti ripercussioni sia per l'Unione europea che, in particolare, per il nostro Paese. Dal comparto energetico alla finanza, passando per l'agricoltura, sono molti i settori penalizzati;

    proprio a causa della crisi ucraina, le stime di crescita per il 2022 per l'Italia sono state già riviste al ribasso dal 4,7 per cento previsto a dicembre 2021 al 2,8 per cento. Le stime economiche potrebbero essere ulteriormente riviste in negativo col prolungarsi del conflitto: secondo banca Natixis nello scenario peggiore l'Unione europea potrebbe perdere l'8,6 per cento del prodotto intero lordo a causa del conflitto. In questo scenario l'Italia non tornerebbe ai livelli di prodotto interno lordo del 2019 nemmeno nel 2022;

    nell'ultima dichiarazione dell'Eurogruppo del 14 marzo 2022 non si è deciso di prorogare la clausola di salvaguardia anche per il 2023, anzi si chiede agli Stati «fortemente indebitati», ove possibile, di iniziare un progressivo aggiustamento fiscale per ridurre il debito pubblico;

    nonostante i numerosi appelli di economisti europei degli ultimi anni e una risoluzione di luglio 2021 del Parlamento europeo, non sono ancora state prese iniziative concrete per una modifica strutturale del Patto di stabilità e crescita;

    è opportuno ricordare che lo stesso European Fiscal Board, con il Report 2020, ha manifestato la necessità «di passare da un sistema di valutazione essenzialmente basato sul debito ad uno più attento alla spesa pubblica, con particolare riguardo alla sua qualità». La proposta istituirebbe di fatto una expenditure rule volta a promuovere gli investimenti e parallelamente a limitare la spesa corrente;

    in più occasioni numerosi esponenti dei Governi dei Paesi del Nord Europa si sono detti contrari ad una revisione delle normative di bilancio europee che non tenessero adeguatamente conto di percorsi di aggiustamento del debito pubblico;

    in parallelo alla discussione sulla potenziale revisione del Patto di stabilità sono state istituite delle iniziative di mutualizzazione del debito, prima tramite lo strumento «sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza» (Sure) e poi tramite il pacchetto Next generation EU (Ngue) che vede nel Resilience and Recovery Facility (Rrf) il suo perno principale;

    nonostante la grande propaganda mediatica, l'impatto di questi fondi – che operano quasi esclusivamente tramite prestiti sostitutivi di emissioni nazionali – è risibile. Tanto che il Piano nazionale di ripresa e resilienza necessario per ottenere le già menzionate risorse stima un impatto sul prodotto interno lordo di appena 0,3 per cento-0,6 per cento all'anno;

    inoltre, dette risorse vengono garantite solo previo espletamento delle riforme caldeggiate dalla Commissione europea tramite le raccomandazioni per Paese. A differenza di quanto si possa pensare, le erogazioni dei contributi della Resilience and Recovery Facility avvengono per tranche semestrali dopo esplicita richiesta dello Stato membro. Le modalità di richiesta sono spiegate dall'articolo 24 del regolamento europeo e solamente gli Stati che hanno fatto progressi sostanziali con le riforme, in conformità coi tempi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, possono ricevere l'erogazione del contributo. In caso negativo il pagamento viene sospeso in parte o in toto;

    lo stesso regolamento prevede che una volta ottenuti i traguardi di riforma e investimento secondo il calendario previsto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo Stato membro può richiedere ogni sei mesi una tranche di finanziamento. La valutazione della Commissione europea deve però prevedere la richiesta di un parere del Comitato economico e finanziario (presieduto da tecnici non eletti). In questo consesso anche un solo Stato membro può eccepire che vi siano scostamenti dal piano concordato ed attivare il cosiddetto «freno di emergenza». La palla passa così al Consiglio europeo che deve discutere «in modo esaustivo» e «di norma (...) non (...) più di tre mesi». Una formulazione volutamente molto vaga per lasciare spazio di persuasione e pressione allo Stato membro affinché venga posto rimedio alle riforme non ancora implementate e correggere il comportamento dello Stato membro indisciplinato;

    per come regolamentato anche Next generation EU si pone come un vincolo estremamente stringente per le scelte politiche degli Stati membri;

    nonostante la pandemia, negli scorsi mesi, gli Stati europei hanno siglato le modifiche al Meccanismo europeo di stabilità che – contrariamente a quanto a parole si vorrebbe fare – rafforza e riafferma i vincoli del Patto di stabilità e crescita per accedere al canale di liquidità precauzionale. Tali criteri generano un'asimmetria tra i pochi Stati «virtuosi» (che possono accedere immediatamente al canale di liquidità precauzionale) e il resto dei Paesi dell'eurozona (che dovrebbero invece sottoscrivere un memorandum di intesa con la Commissione europea e il Mes. In pratica, la modifica consente un accesso alla liquidità automatico ai Paesi del Nord Europa e rende ancora più stringente l'accesso ai Paesi del Sud Europa, tra cui l'Italia;

    la stessa riforma rafforza i poteri del Mes a discapito di quelli attualmente in capo alla Commissione europea per quanto riguarda la valutazione della concessione del sostegno finanziario allo Stato membro in difficoltà e introduce l'obbligo di inserire le clausole CACs single limb nei titoli di Stato di nuova emissione dal 1° gennaio 2022. Queste clausole rendono potenzialmente più rapida e probabile un'eventuale ristrutturazione del debito pubblico, che equivale ad una perdita secca del valore dei titoli di Stato, nei momenti di stress finanziario;

    l'Italia detiene oltre 14 miliardi di euro di capitale versato, e circa 125,3 miliardi di capitale sottoscritto nella struttura del Mes;

    nella lettera mandata dal Presidente dell'Eurogruppo Pascal Donohoe a Charles Michel, Presidente del Vertice euro, prima del Vertice euro del 25 marzo 2022, in relazione all'Unione bancaria, si chiede nuovamente di trovare un accordo per la metà del 2022 che contemperi la «diversificazione del rischio dei titoli sovrani per le banche» seguendo l'approccio tipico degli Stati del Nord Europa che da tempo chiedono un coefficiente di ponderazione del rischio per i titoli di Stato nei bilanci bancari;

    tale ponderazione – come spesso ricordato dalle organizzazioni di settore e da importanti economisti – avrebbe pesanti ripercussioni sia per il tessuto bancario, che sarebbe costretto a pesanti accantonamenti di bilancio, sia per il rendimento dei titoli di Stato italiani;

    nella stessa lettera, il Presidente Donohoe ha rimarcato il lavoro che le istituzioni europee stanno compiendo, assieme alla Banca centrale europea, per istituire un euro digitale da affiancare alla moneta circolante. L'Eurogruppo ha sostenuto la necessità di un intervento legislativo dell'Unione ed anche l'iniziativa della Commissione europea di una consultazione pubblica, come parte del processo pre-legislativo, che dovrebbero concludersi entro l'anno per poi arrivare ad una proposta ad inizio 2023;

    la proposta di un euro digitale secondo molti economisti ha potenzialità enormi, che spaziano dall'affidabilità alla sicurezza dei pagamenti, ma anche devastanti per il comparto bancario che potrebbe essere quasi interamente estromesso dal sistema finanziario. Unitariamente a sistemi di identità digitale, la proposta di euro digitale potrebbe comportare un controllo totale su individui ed imprese profilando rischi per la privacy ed i diritti individuali,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee e nazionali finalizzata a:

  a) mantenere attiva la clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita anche nel corso del 2023;

  b) abrogare entro la fine del 2023 l'insieme di regolamenti e direttive che dal 1997 ad oggi hanno portato all'attuale Patto di stabilità e crescita, con particolare riferimento al cosiddetto «Six pack» e al «Two pack», e inoltre rimuovere ogni vincolo di bilancio predeterminato da soglie di deficit strutturale basate su stime irrealistiche della disoccupazione strutturale e dell'output gap e su percorsi insostenibili di rientro dal debito o di contenimento della spesa corrente;

  c) promuovere un nuovo quadro normativo di bilancio che sia teso a degli obiettivi di finanza pubblica che possano includere dei target di disoccupazione reale e di investimenti pubblici;

  d) non presentare alcun disegno di legge di ratifica della riforma del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità;

  e) smantellare il Meccanismo europeo di stabilità utilizzando gli oltre 14 miliardi di euro per un sostegno immediato alle piccole e medie imprese italiane;

  f) non assentire a nuove forme di mutualizzazione del debito europeo, anche per iniziative concernenti energia e difesa, che prevedano condizionalità di accesso e vincoli a riforme imposte dalla Commissione europea;

  g) porre il veto sul completamento del terzo pilastro dell'Unione bancaria qualora lo stesso includa forme di ponderazione o diversificazione obbligatoria nell'esposizione verso titoli di debito pubblico per i bilanci bancari;

  h) promuovere l'esclusione dalla vigilanza europea per i gruppi cooperativi derivanti dalla riforma del settore del 2016;

  i) favorire, per quanto di competenza, un ampio dibattito parlamentare sulle ipotesi di una legislazione europea sull'euro digitale ed evitare che lo stesso accentri in maniera esclusiva l'emissione e controllo della moneta presso le banche centrali, danneggiando le possibilità di accesso al credito tramite banche commerciali, e, inoltre, che, in parallelo al progetto di identità digitale europea recentemente supportato dalla Commissione europea, l'euro digitale divenga uno strumento di controllo coercitivo per i cittadini europei.
(1-00620) «Raduzzi, Cabras, Colletti, Corda, Costanzo, Forciniti, Giuliodori, Maniero, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Vallascas, Vianello, Leda Volpi».

(1° aprile 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi economica che ha investito l'Europa a partire dal 2020 con l'inizio della pandemia sta subendo un ulteriore aggravamento a causa del conflitto tra Russia e Ucraina attualmente in corso; l'incertezza sulla durata della guerra e il continuo inasprimento delle sanzioni contro la Federazione Russa pongono l'Europa di fronte a uno scenario drammaticamente instabile e rispetto al quale occorre ideare sin da subito efficaci strategie di adattamento se si vuole scongiurare il rischio di entrare in una fase di recessione suscettibile di determinare gravissime ricadute sul tessuto non solo economico e produttivo ma, soprattutto, sociale;

    certa di andare incontro alla ripresa dopo le difficoltà delle stagioni del COVID-19, l'Europa si trova, invece, ora più che mai costretta ad affrontare uno scenario economico preoccupante e dagli sviluppi incerti;

    per fronteggiare la crisi economica conseguente alle restrizioni che i singoli Stati hanno dovuto adottare per contrastare la diffusione del virus SARS-Cov-2, l'Unione europea ha messo in campo diversi strumenti: il primo è stata l'attivazione, per la prima volta dalla sua introduzione nel 2011, della clausola di salvaguardia prevista dal Patto di stabilità e crescita, per effetto della quale gli Stati membri sono stati autorizzati a deviare dal percorso virtuoso verso l'obiettivo di medio termine delineato nel Psc per far fronte ad una situazione contingente che richiede interventi immediati, senza, tuttavia, compromettere la sostenibilità del bilancio a medio termine;

    è stato così consentito, fino al momento della disattivazione della clausola di salvaguardia, attualmente prevista a partire dal 2023, il superamento dei due valori di riferimento per il disavanzo pubblico, fissati nella misura del tre per cento per il rapporto tra disavanzo eccessivo, previsto o effettivo, e prodotto interno lordo ai prezzi di mercato, e nella misura del sessanta per cento per il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo;

    gli ulteriori strumenti messi in campo dall'Unione sono, invece, stati essenzialmente rivolti a fornire un sostegno finanziario diretto agli Stati membri per attenuare le conseguenze socioeconomiche della crisi Covid-19, e si sono concretizzati principalmente nella misura di sostegno temporaneo per attenuare i rischi di disoccupazione in un'emergenza (Sure), finalizzato ad aiutare le persone a mantenere il proprio posto di lavoro durante la crisi fornendo prestiti a condizioni agevolate per coprire parte dei costi connessi alla creazione o all'estensione di regimi nazionali di riduzione dell'orario lavorativo, e il programma Next Generation EU;

    quest'ultimo è un fondo istituito con il regolamento (UE) 2020/2094 del Consiglio del 14 dicembre 2020, che prevede una dotazione finanziaria complessiva di 750 miliardi di euro, di cui 390 destinati a sovvenzioni e 360 a prestiti; per costituire questa dotazione alla Commissione europea è stato conferito il potere di contrarre prestiti sul mercato dei capitali per conto dell'Unione;

    l'Italia è il maggiore beneficiario del Recovery and resilience facility, con circa il 28 per cento del totale dei fondi a disposizione, e diversamente da tutti gli altri grandi Stati dell'area euro ha scelto di utilizzare non solo i relativi benefici ma anche l'intero ammontare dei relativi prestiti, oltre ad aver costituito un Fondo nazionale aggiuntivo per oltre trenta miliardi di euro e varato documenti di bilancio che prevedono consistenti spese pubbliche in disavanzo;

    durante la pandemia, inoltre, l'Italia ha puntato su forti e poco selettivi incrementi della spesa pubblica al fine di sostenere i redditi delle imprese e delle famiglie, scelta che ha determinato che, nonostante il già abnorme livello nel rapporto fra debito pubblico e Pil preesistente alla pandemia, il nostro sia stato lo Stato membro dell'area euro che ha fatto segnare il maggior incremento di tale rapporto nel 2020;

    da quanto esposto appare chiaro, quindi, che se la crescita non si manterrà strutturalmente superiore al tre per cento almeno fino al 2030 la questione del debito pubblico rischia di assumere dimensioni pericolose, posto che nei prossimi due o tre anni l'Europa dovrà ridiscutere il Piano di stabilità e crescita, con la reintroduzione delle regole fiscali europee riguardanti i bilanci nazionali, mentre la Banca centrale europea dovrà impostare un rientro dalle politiche monetarie espansive praticate sin qui, rientro, peraltro, già annunciato proprio negli scorsi giorni;

    appare evidente come in questo fragile scenario il conflitto russo ucraino si stia già trasformando in un fattore dirimente per l'impiego delle risorse del Piano di ripresa e resilienza e potrebbe sollecitare un cambiamento delle voci di spesa;

    come rilevato dall'European Fiscal Board, organo consultivo della Commissione, già nel Rapporto annuale 2021, tornare alla semplice applicazione del Patto di stabilità e crescita pre-pandemico sarebbe «impossibile e comunque insensato, a causa di un contesto macroeconomico radicalmente mutato» ribadendo che «non bastano semplici riaggiustamenti delle regole attuali» ma «serve un ripensamento profondo e complessivo dell'intera struttura della governance economica europea»;

    il conflitto tra Russia e Ucraina sta determinando conseguenze gravose anche per l'Europa: un drammatico aggravamento della crisi degli approvvigionamenti energetici, alimentari e delle materie prime, e il conseguente rincaro dei costi dei relativi prodotti: il solo costo addizionale dell'energia per imprese e famiglie nel 2022 è stimato in circa sessanta miliardi di euro; il rincaro delle derrate alimentari ha determinato un aumento dei prezzi sia nei mercati all'ingrosso che al dettaglio provocando sia una crisi delle aziende di produzione e trasformazione dei prodotti agricoli, sia un aumento dei costi della spesa per le famiglie; gli incrementi hanno interessato anche materie prime essenziali alla nostra industria come nickel (+50 per cento), ferro (+39 per cento), rame (12 per cento), ghisa (+29 per cento), alluminio (+19 per cento), zinco (+17 per cento), legno (+10 per cento) che, oltretutto, cominciano a scarseggiare sul mercato;

    appare evidente come questa congiuntura economica internazionale rischi di vanificare qualunque sforzo per la ripresa da parte degli Stati membri dell'Unione europea nonostante gli strumenti messi in campo per sostenere il loro tessuto produttivo se non si adotteranno ulteriori interventi a tutela delle economie nazionali,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi per la proroga della sospensione del Patto di stabilità e crescita, sino al completamento di una riforma dei vincoli di bilancio ivi previsti che possa scongiurare gli effetti negativi che l'applicazione di tali vincoli potrebbe determinare sulle economie nazionali nell'attuale congiuntura economica mondiale;

2) a promuovere la sospensione della normativa dei cosiddetti aiuti di Stato sino al termine della emergenza, consentendo agli Stati membri interventi a tutela e difesa del tessuto imprenditoriale più fortemente penalizzato dai riflessi economici interni delle sanzioni;

3) con riferimento alle politiche economiche, ad adottare iniziative nelle competenti sedi europee per pervenire a una condivisa revisione del Next Generation EU e, conseguentemente, del Piano nazionale di ripresa e resilienza, alla luce del mutato contesto geopolitico e socio-economico;

4) ad assumere ogni iniziativa necessaria in ambito europeo per proporre la revisione dei valori di riferimento contenuti nell'articolo 1 del Protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi di cui all'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

5) a valutare l'opportunità di promuovere l'introduzione di una regola sul debito, differenziata per i singoli Stati membri;

6) ad assumere ogni iniziativa necessaria in ambito europeo volta a promuovere, in ogni caso, prima della disattivazione della clausola di salvaguardia, prevista per il 2023, la definizione di un piano di rientro graduale nei valori di riferimento previsti dall'articolo 1 del Protocollo n. 12 sulla procedura per i disavanzi eccessivi di cui all'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;

7) a promuovere l'istituzione di un apposito Fondo, alimentato con risorse europee, volto a compensare i danni economici sopportati dai singoli Stati in conseguenza della crisi di approvvigionamenti in atto;

8) a promuovere in ogni caso un Fondo europeo volto a mitigare gli effetti dell'aumento dei prezzi dell'energia e a sostenere le imprese più penalizzate e i cittadini più vulnerabili;

9) ad adoperarsi per la creazione di un Fondo comune volto alla rilocazione e al rimpatrio delle attività strategiche localizzate anche solo parzialmente all'esterno dei confini europei (reshoring), apprezzata la fragilità, sia nel contesto dello shock pandemico che nel contesto dello shock energetico acutizzato dal conflitto in atto, del sistema produttivo europeo determinata dalla eccessiva interdipendenza economica e delle cosiddette catene globali dei valori.
(1-00632) «Lollobrigida, Meloni, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(20 aprile 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale svolge un ruolo significativo nel servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria nella promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana assicurando lo sviluppo della cittadinanza attiva, della solidarietà nonché dell'inclusione e della coesione sociale, anche attraverso la salvaguardia del patrimonio della Nazione con particolare riferimento all'ambiente;

    si pone altresì l'obiettivo di contribuire alla educazione e formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani di età tra i 18 e i 28 anni che vi partecipano, attraverso l'opportunità di sperimentare fattivamente la bellezza e il valore del volontariato, donando il proprio tempo e le proprie potenzialità al servizio della comunità;

    la riforma del Servizio civile, approvata nella XVII legislatura, ha rappresentato un punto di svolta storico sul fronte normativo e soprattutto dal punto di vista culturale, grazie alla transizione verso un modello di tipo universalistico, e assegna a tale istituto una dimensione europea in termini di integrazione con gli indirizzi comunitari e sul piano fattuale, promuovendo anche esperienze e progettualità per i ragazzi nei diversi Paesi dell'Unione;

    la recente pubblicazione della «Relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile nell'anno 2018» predisposta per la relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 20 della legge 8 luglio 1998, n. 230, evidenzia lo stato del Servizio civile universale in Italia nell'anno di avvio della riforma del servizio; come mostra il rapporto, tra i settori maggiormente interessati si notano l'assistenza, l'educazione e la promozione culturale e dello sport e una netta prevalenza di donne, rappresentando esse il 60,82 per cento dei giovani coinvolti;

    la riforma del Terzo settore approvata nella medesima legislatura e che sta entrando nella sua piena fase operativa con l'avvio del Registro unico nazionale valorizza il ruolo degli enti del terzo settore e dell'economia sociale nella comunità in una ottica di co-programmazione e co-programmazione con enti locali ed istituzioni; con il decreto legislativo n. 40 del 2017 ha altresì posto le basi per definire una prospettiva moderna e strutturale dell'istituto di Servizio civile universale con l'obiettivo di farlo diventare uno dei pilastri su cui poggiare la crescita dei ragazzi, rendendoli cittadini più consapevoli e capaci di affrontare le sfide sociali e culturali in atto proprio grazie all'impegno all'interno della comunità presso enti del terzo settore o istituzioni;

    la Consulta nazionale per il Servizio civile universale, istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 40 del 2017, è un importante organismo permanente di consultazione composto da enti selezionati iscritti all'albo del Servizio civile universale, dai rappresentanti delle regioni e dei comuni e da una rappresentanza degli operatori volontari e del coordinamento tra enti; la piena operatività della Consulta rappresenta un valido supporto proprio nella fase di uscita dal regime transitorio della riforma nella direzione di un sistema strutturale di servizio civile;

    il Servizio civile universale consente di avvicinare i giovani all'articolato e capillare mondo del terzo settore, che quotidianamente è impegnato in molteplici attività di interesse generale soprattutto a sostegno delle persone più fragili – essendo composto da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali, fondazioni – oltre a rinsaldare il loro legame con le istituzioni, anche attraverso progetti promossi da enti pubblici. Il Servizio civile universale è concretamente, infatti, palestra di solidarietà, e consente ai giovani di confrontarsi con realtà spesso ignorate e li aiuta a sperimentare, all'interno di progetti predisposti con queste finalità, la costruzione di una società più inclusiva e aperta;

    nonostante l'emergenza epidemiologica da Covid-19 abbia messo a dura prova l'intero sistema Paese, il Servizio civile universale ha saputo reinventarsi, assicurando, nel rispetto delle misure di sicurezza introdotte per il contenimento della diffusione del virus, la continuità delle attività di supporto e assistenza alla comunità attraverso l'introduzione di nuove e alternative modalità di gestione dei progetti;

    la procedura di selezione dei ragazzi volontari mediante colloquio è un passaggio importante del percorso, che consente anche agli enti coinvolti di valorizzare le motivazioni dei giovani ed inserirli nei percorsi più opportuni; lo scorso anno, per valutare le oltre 100 mila richieste pervenute, furono impiegati 97 giorni; risulta fondamentale, pertanto, che i tempi a disposizione degli enti per esperire la procedura di selezione dei volontari siano adeguati a garantire qualità e attenzione ai ragazzi, anche alla luce delle migliaia di richieste da valutare;

    proprio per la sua importanza, il Servizio civile universale è stato inserito in due missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la missione uno, su «Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura», e la missione cinque, relativa agli obiettivi e traguardi di «Inclusione e Coesione»;

    in entrambi i casi, grazie alla presenza di un quadro normativo ormai stabile e strutturato in materia, si ambisce a un potenziamento del Servizio civile universale da realizzare attraverso l'incremento del numero di giovani che possano esservi coinvolti e l'innalzamento della qualità dei programmi e dei progetti, il tutto finalizzato alla realizzazione di un percorso di formazione volto ad accrescere le loro conoscenze e competenze, nonché a favorire lo sviluppo della loro personalità in ambito relazionale, professionale e sociale;

    in linea con gli obiettivi di digitalizzazione prefissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato istituito un programma quadro sperimentale di Servizio civile digitale, il quale prevede il coinvolgimento nel triennio 2021-2023 di circa 9.700 operatori volontari e almeno 100 enti, con l'obiettivo di contribuire a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità di alfabetizzazione digitale superando il divario attualmente esistente, nonché di sviluppare un nuovo quadro di relazioni fra il cittadino e le istituzioni;

    le politiche per il lavoro delineate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) , inoltre, mirano a potenziare il Servizio civile universale anche in un'ottica di valorizzazione degli operatori volontari, promuovendo lo sviluppo di competenze e garantendo maggiori opportunità in termini occupazionali per le nuove generazioni, favorendo così l'incontro tra il sistema di istruzione ed il mercato del lavoro;

    ai sensi dell'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, contenente disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, la programmazione del Servizio civile universale, necessaria alla individuazione dei fabbisogni del territorio attraverso una puntuale analisi del contesto nazionale e pianificazione degli interventi necessari a soddisfarli, spetta allo Stato in virtù della finalità primaria della difesa della Patria propria dell'istituto e deve essere realizzata, in sinergia con le regioni, per piani triennali e non più annuali. A tale mutato orizzonte di programmazione triennale, e per dare piena attuazione alla caratteristica di universalità definita dalla riforma, dovrebbe corrispondere una maggiore stabilità di risorse in grado di garantire agli enti una migliore capacità di definizione dei progetti;

    per la realizzazione di 2.818 progetti sul territorio nazionale e all'estero, nel corso del 2021 è stato pubblicato un bando per la selezione di circa 56.000 operatori volontari, i quali rappresentano soltanto il 40 per cento dell'effettiva disponibilità manifestata dai giovani. Tale bando purtroppo offre una disponibilità inferiore di circa 20 mila unità, rispetto alle 76 mila posizioni che il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale aveva vidimato come finanziabili; la definizione di servizio civile nella sua dimensione di universalità dovrebbe risultare un obiettivo prioritario nella fase di attuazione della riforma, proprio alla luce delle decine di migliaia di giovani che annualmente vengono escluse da questa opportunità pur vedendosi la domanda approvata dal Dipartimento;

    è fondamentale, dunque, come avvenuto per il bando 2020, l'integrazione nel più breve tempo possibile dell'attuale bando con i fondi residui dell'annualità precedente, con il conseguente scorrimento della graduatoria e il finanziamento di ulteriori posizioni;

    le opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) impongono un intervento organico sulla disciplina del Servizio civile universale, la quale non può che ambire alla sua promozione e valorizzazione, nonché a una sua più capillare strutturazione e capacità di co-programmazione con terzo settore ed enti locali che dia forza, completezza e compiutezza al progetto di trasformazione sociale di cui esso è innervato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse strutturali per il Fondo nazionale per il Servizio civile universale istituito dall'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, tali da assicurare l'effettiva universalità degli accessi al servizio;

2) ad adottare iniziative per definire lo status giuridico dell'operatore volontario durante il servizio all'estero nonché le condizioni di tutela della sicurezza degli operatori volontari in zone a rischio;

3) ad adottare iniziative per prevedere forme di didattica on-line in modalità sincrona e asincrona per la formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati, promuovendone la formazione e garantendone l'aggiornamento continuo anche attraverso il costituendo Centro nazionale del servizio civile;

4) ad adottare le iniziative necessarie ad assicurare, in linea con quanto previsto dall'articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nella definizione della programmazione e organizzazione a livello territoriale mediante forme di co-programmazione e co-progettazione;

5) a rafforzare il ruolo di consultazione, riferimento e confronto svolto dalla Consulta nazionale, istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40;

6) ad adottare iniziative per garantire agli enti, sentita la Consulta nazionale, tempi adeguati per esperire la procedura di selezione dei volontari;

7) ad adottare iniziative per coordinare con le regioni eventuali modalità di certificazione delle competenze e stanziare risorse aggiuntive qualora tale servizio qualificato fosse richiesto direttamente agli enti;

8) ad assicurare, secondo quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 40 del 2017, la stipula di un protocollo nazionale quadro e successivi accordi bilaterali fra il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale, e le regioni e le province autonome;

9) a relazionare al Parlamento con maggiore puntualità circa l'organizzazione, la gestione e lo svolgimento del servizio civile, ai sensi di quanto previsto all'articolo 20 della legge 8 luglio 1998, n. 230;

10) a nominare con urgenza il direttore dell'ufficio per il Servizio civile universale considerando l'importanza di tale ruolo per il buon funzionamento del dipartimento e tenuto conto che la posizione è vacante dal 16 giugno 2021.
(1-00573) «Gadda, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Moretto, Noja, Annibali, Ferri, D'Alessandro, Migliore, Paita, Frate, Baldini, Toccafondi, Librandi, Nobili, Colaninno».

(17 gennaio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale, istituito con il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, è finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione;

    gli ambiti di attività in cui si estrinsecano le finalità del Servizio civile universale concernono: l'assistenza, la protezione civile, il patrimonio ambientale e riqualificazione urbana, l'educazione e promozione paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, il patrimonio storico, artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale e dello sport, l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale e la biodiversità, la promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata, la promozione e tutela dei diritti umani, la cooperazione allo sviluppo, la promozione della cultura italiana all'estero e il sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    il Servizio civile universale, riconosciuto dalla legislazione italiana come strumento di apprendimento non formale dei giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni, rappresenta una «palestra di cittadinanza attiva» ed un'importante occasione di formazione civica per gli operatori volontari che maturano conoscenze e competenze;

    il 14 dicembre 2021 è stato pubblicato il bando rivolto agli operatori volontari per la partecipazione ai progetti degli enti di Servizio civile universale, iscritti all'albo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 40 del 2017, ammessi in esito al precedente avviso del 31 dicembre 2020. Tale bando, relativo a 56.205 operatori volontari, è stato integrato di ulteriori 8.126 posizioni aggiuntive grazie al reperimento di risorse rinvenienti da economie di gestione, pari ad oltre 43,4 milioni di euro; in tal modo, sono stati finanziati ulteriori 102 programmi (92 in Italia e 10 all'estero) e i posti effettivamente disponibili per gli operatori volontari sono divenuti 64.331, il più alto numero previsto da un bando nella storia del Servizio civile;

    di questi, oltre 1.000 posti riguardano giovani volontari destinati ad operare nell'ambito dei programmi di «Servizio civile digitale» ammessi al finanziamento dal Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale e dal Dipartimento per la trasformazione digitale;

    nel 2021, infatti, è stata avviata la sperimentazione del Servizio civile digitale e del Servizio civile ambientale, condivisa con gli enti in sede di Consulta nazionale. Il Servizio civile digitale è nato dall'accordo tra i due Ministri, per le politiche giovanili e per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, sottoscritto il 14 dicembre 2021 – che prevede un investimento pari a 55 milioni di euro per il triennio 2022-2024; il Servizio civile ambientale, come da protocollo d'intesa, sottoscritto il 6 agosto 2021, tra i Ministri per le politiche giovanili e della transizione ecologica, prevede uno stanziamento pari a 10 milioni di euro per la prima annualità;

    uno studio dell'Inapp (Istituto per l'analisi delle politiche pubbliche), svolto in collaborazione con il Forum nazionale del terzo settore e Arci Servizio civile, presentato nel maggio 2021, ha evidenziato che il Servizio civile innalza i livelli di occupazione e occupabilità, riduce il tasso di inattività e aiuta a riorientare le scelte professionali dei giovani che vi partecipano. Tra i dati emersi, vi è quello relativo al fatto che, a due anni dall'esperienza di servizio civile, risultano occupati 6 operatori volontari su 10;

    in ragione della sua strategicità, il Servizio civile universale è stato inserito in due missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza: la missione 1 su «digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura» e la missione 5 relativa agli obiettivi e traguardi di «inclusione e coesione»;

    in tale contesto, il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale è responsabile dell'attuazione degli interventi a cui sono ascritti complessivi 650 milioni di euro per il periodo 2021-2023, dei quali 400 milioni relativi a risorse per progetti in corso e 250 milioni relativi a nuovi progetti da realizzare; il Dipartimento, in qualità di amministrazione centrale, titolare di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è chiamato al rispetto di precisi obiettivi e tempistiche in termini di attuazione, monitoraggio e rendicontazione;

    nel corso dell'emergenza pandemica, il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale ha comunque assicurato lo svolgimento delle procedure e la regolare conclusione dei procedimenti amministrativi, grazie anche alla piena collaborazione di tutti i soggetti coinvolti;

    in coerenza e continuità con le finalità e gli obiettivi assegnati al Servizio civile universale dal decreto legislativo n. 40 del 2017 e al fine di sostenere compiutamente il progetto di potenziamento del servizio medesimo, come previsto dalla missione 5, componente C1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata definita una strategia di sviluppo che ha previsto l'attivazione di un progetto di collaborazione con l'Ocse e l'istituzione del «Centro nazionale di formazione per il Servizio civile universale», con sede nel comune de L'Aquila;

    l'istituzione del Centro ha lo scopo di garantire omogeneità, consolidamento e qualità dei processi organizzativi e formativi del Servizio civile, al fine di armonizzare e consolidare i processi di formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati e, al contempo, di rafforzare il percorso di crescita e sviluppo dei territori e delle comunità abruzzesi colpiti dal sisma del 2009;

    nel 2021 il Servizio civile ha compiuto 20 anni, tanti ne sono passati da quel 6 marzo 2001 in cui, con la legge n. 64, è nato il Servizio civile nazionale. Nel 2017, sempre il 6 marzo, il Servizio civile, con il decreto legislativo n. 40, si è evoluto in universale. Il primo bando, emanato nel 2001, prevedeva la selezione di 396 volontari; l'ultimo vedrà in servizio, nel corso del 2022, oltre 64 mila giovani operatori volontari,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, anche normative, ove necessario, finalizzate alla razionalizzazione e alla semplificazione dei procedimenti amministrativi del Servizio civile;

2) ad adottare iniziative per garantire la partecipazione di tutti i giovani, agevolando, in particolare, quelli con minori opportunità affinché il Servizio civile diventi una leva di inclusione sociale effettiva, nonché ad agganciare chi abbandona il percorso scolastico e non riesce ad inserirsi nel mondo del lavoro;

3) ad adottare iniziative per estendere a nuovi settori di intervento e a nuovi ambiti i progetti offerti dal Servizio civile universale, al pari di quanto è stato compiuto di recente con il Servizio civile digitale ed ambientale;

4) ad incentivare una più stretta collaborazione con le regioni e, parimenti, ad assumere a sistema le best practice territoriali;

5) a dare impulso alla valorizzazione e al riconoscimento delle competenze degli operatori volontari e, più in generale, a tutti quegli strumenti che possono produrre un beneficio per i giovani;

6) ad adottare iniziative per definire, con le regioni e le province autonome, le modalità di certificazione delle competenze, prevedendo adeguate risorse;

7) ad intensificare la mobilità dei giovani operatori volontari e a rafforzare le opportunità di svolgimento del Servizio civile nei Paesi esteri, in particolare di ambito europeo;

8) a definire una misura di analisi di impatto in merito agli interventi svolti dagli enti del Servizio civile universale e realizzati nei territori di ciascuna regione o provincia autonoma o città metropolitana;

9) ad adottare iniziative per prevedere l'utilizzo di piattaforme istituzionali digitali al fine di promuovere l'informazione e l'attivazione delle misure a favore dei giovani, anche con funzioni di banca dati delle competenze formali e non formali acquisite e del curriculum vitae digitale individuale.
(1-00611) «Baldino, Alaimo, Azzolina, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Orso, De Carlo, Dieni, Giordano, Francesco Silvestri, Elisa Tripodi, Tuzi».

(21 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale è finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica. Valori che, come dimostra l'attuale scenario di guerra in Ucraina, non si possono mai dare per scontati ma vanno di giorno in giorno costruiti, soprattutto con le nuove generazioni, non solo a livello nazionale, ma anche nel contesto europeo. Il rischio di una sorta di «assuefazione» alla democrazia contribuisce a ingenerare fenomeni di disaffezione, insoddisfazione e distacco nei confronti delle istituzioni politiche;

    la formazione dello spirito civico e la promozione dell'impegno nei confronti della comunità sono il presupposto per una vigorosa società civile e, più precisamente, di un ricco e multiforme tessuto associativo. La partecipazione associativa, specialmente ad associazioni in grado di produrre fiducia intersoggettiva, capacità di cooperazione e interesse per le sorti della società, rappresenta un antidoto nei confronti del ripiegamento privatistico e una risorsa per lo sviluppo del «capitale sociale», quale requisito ineludibile per una sana democrazia;

    sono almeno una sessantina, nel mondo, i Paesi che attribuiscono una qualche forma di riconoscimento istituzionale a esperienze e attività definibili come «Servizio civile»;

    nel nostro Paese, il primo a parlare di Servizio civile fu il filosofo italiano della non violenza Aldo Capitini, quale forma alternativa al servizio militare e come addestramento della popolazione alle tecniche della non violenza, in modo da lasciare maturare nei cittadini la scelta democratica per uscire definitivamente dall'ideologia totalitaria, e strumento di democratizzazione della società;

    come noto, con la recente riforma della legge 6 giugno 2016, n. 106, e il successivo decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, a seguito di un ampio confronto con gli enti, le organizzazioni di rappresentanza dei giovani e le diverse amministrazioni interessate, gli ambiti in cui è possibile svolgere il Servizio civile universale sono: a) assistenza; b) protezione civile; c) patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; d) patrimonio storico, artistico e culturale; e) educazione e promozione culturale e dello sport; f) agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; g) promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    si stima che dal 2001 siano stati coinvolti in progetti di Servizio civile oltre 700 mila giovani, dei quali circa il 65 per cento ragazze e tutti su base volontaria;

    come recita il capo III del decreto legislativo n. 4 del 2017, significativamente intitolato «I soggetti del Servizio civile universale», serve una collaborazione paritaria tra lo Stato, le regioni e le province autonome, gli enti di Servizio civile universale e i rappresentanti dei volontari attraverso la Consulta, fatta salva la responsabilità di sintesi finale del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale;

    fondamentale per il conseguimento delle finalità del Servizio civile è lo strumento della programmazione degli interventi e delle iniziative portate avanti dagli enti iscritti all'albo e del confronto nella sede di rappresentanza della Consulta nazionale del Servizio civile universale, nel rispetto dei principi della partecipazione, della concertazione, della coprogrammazione e della coprogettazione;

    va registrato positivamente lo stanziamento, per il 2022, di risorse finanziarie per l'attuazione dei programmi di intervento pari a oltre 311 milioni di euro, di cui il 40 per cento è destinato alle regioni del Mezzogiorno, così come lo specifico rimborso per le misure aggiuntive, previsto dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 40 del 2017, quali, ad esempio, l'attività di tutoraggio e l'inclusione di giovani con minori opportunità;

    parimenti, è un risultato importante l'incremento di ulteriori 8.481 posizioni (8.307 in Italia e 174 all'estero), per 102 programmi (92 in Italia e 10 all'estero), portando a 64.686 i posti disponibili per i giovani tra i 18 e 28 anni che intendono diventare operatori volontari di Servizio civile, la cifra più alta di sempre da quando è stato istituito, nel 2001, il nuovo Servizio civile su base volontaria, anche se tale cifra è ancora lontana dall'obiettivo delle 76.000 posizioni stimate finanziabili nel 2021 dal Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale;

    a riprova della sua strategicità, il Servizio civile universale ha trovato puntuale riconoscimento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia nella missione «digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura» sia nella missione «inclusione e coesione»; in linea con gli obiettivi di digitalizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato istituito un programma quadro sperimentale di Servizio civile digitale, con l'obiettivo di contribuire a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità di alfabetizzazione digitale e il coinvolgimento nel triennio 2021-2023 di circa 9.700 operatori volontari;

    tali importanti scenari devono essere accompagnati da un costante e collaborativo confronto con la rappresentanza degli enti iscritti all'albo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 40 del 2017 e dei giovani volontari, a cominciare dalle scelte relative alle modalità operative e alle tempistiche per l'accesso ai bandi, per le procedure di selezione dei volontari, nonché per ogni altro profilo che possa incidere sulla programmazione dell'attività degli enti e sulle aspettative dei giovani;

    al contempo, anche sul piano ordinamentale, il settore ha visto, recentemente, l'affermarsi di un nuovo quadro normativo di cui si sta sperimentando il primo impatto e del quale non risultano ancora sufficientemente verificati gli effetti, basti pensare che le Relazioni sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del Servizio civile, predisposta ai sensi dell'articolo 23 del citato decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, sono riferite agli anni 2018 e 2019, ovvero ai primi anni di entrata in vigore della riforma del 2017;

    al riguardo, ha destato non poca sorpresa tra le rappresentanze dei soggetti interessati l'ipotesi di un ulteriore intervento di revisione ordinamentale, che rischierebbe di rendere nuovamente indeterminato il contesto normativo in cui saranno chiamati ad operare gli enti, che recentemente hanno già dovuto adeguarsi alla soppressione della programmazione dei piani annuali, operata dall'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233;

    a tale riguardo è prioritario che, nell'ambito di un costante e collaborativo confronto, inizi subito l'attività del gruppo della Consulta nazionale del Servizio civile per la costruzione della proposta di piano triennale 2023-2025, sul quale fra l'altro è richiesta l'intesa Governo-regioni e pubblica amministrazione;

    l'adeguatezza e la costanza delle risorse al finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile universale, così come la stabilità nel medio-lungo termine del quadro ordinamentale, rappresentano il presupposto per un'efficace programmazione dell'attività degli enti iscritti all'albo, nel pieno rispetto dello spirito collaborativo che ha ispirato la riforma del 2017,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere, sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, stanziamenti strutturali ordinari per il Fondo nazionale per il Servizio civile di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, in misura tale da assicurare l'effettiva fruizione del diritto di tutti i volontari richiedenti all'accesso al servizio e con una base minima annua di almeno 60.000 posizioni, per arrivare progressivamente al conseguimento dell'obiettivo di almeno 100.000 volontari ammessi ogni anno;

2) prendendo spunto dalla positiva iniziativa della nascita del Servizio civile italo-francese, con l'accordo del 15 febbraio 2022, volto a promuovere la mobilità e lo scambio tra i giovani volontari italiani e francesi per progetti dei due Paesi, ad adoperarsi per l'allargamento di tale esperimento anche con gli altri partner europei;

3) ad adottare iniziative per valorizzare percorsi di pace attraverso la sperimentazione prevista per i corpi civili di pace, con la pubblicazione dell'avviso per i progetti della terza annualità, che avrebbe già dovuto essere in corso;

4) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative normative volte a delineare lo status giuridico dell'operatore volontario durante il servizio all'estero, con particolare riguardo al sistema di tutele e di sicurezza che deve accompagnare i nostri giovani volontari all'estero, soprattutto operanti in zone a rischio;

5) ad adoperarsi, anche nell'ambito della Conferenza Stato-regioni e d'intesa con le rappresentanze degli enti del terzo settore, per la graduale definizione di un sistema di attestazione delle competenze tipiche del Servizio civile, tra le quali quelle di cittadinanza e soft skyll oppure trasversali oppure strategiche, acquisite dai volontari nel corso dell'esperienza del Servizio civile, volto a valorizzare la formazione acquisita anche ai fini di un possibile successivo utilizzo delle evidenze delle competenze acquisite nel mondo del lavoro, pur confermando la netta distinzione tra le finalità del Servizio civile universale e le politiche attive per il lavoro;

6) ad adottare iniziative per assicurare il massimo coinvolgimento preventivo, nel pieno rispetto del principio di coprogrammazione e coprogettazione sancito dalla riforma del 2017, degli enti del terzo settore e della Consulta nazionale non solo nella programmazione e organizzazione a livello territoriale dei progetti, ma anche ai fini della definizione di scelte relative alle modalità operative e alle tempistiche per l'accesso ai bandi, per le procedure di selezione dei volontari, nonché per ogni altro aspetto che possa incidere sull'organizzazione e sull'efficacia dell'azione degli enti;

7) ad adottare iniziative per semplificare le procedure dei bandi per i progetti degli enti, rafforzando i meccanismi di verifica ex post di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 40 del 2017;

8) ad assicurare la puntuale attuazione della disposizione di cui all'articolo 23 del citato decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, che prevede che «Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta ogni anno al Parlamento, entro il 30 giugno, una relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del Servizio civile universale»;

9) ad adottare indirizzi per favorire la sperimentazione e l'adozione di nuove metodologie di formazione in presenza, a distanza e mista, relativamente alla formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati, alla formazione in capo agli enti iscritti all'albo del Servizio civile universale, promuovendone la formazione e garantendone l'aggiornamento continuo anche attraverso il costituendo Centro nazionale di formazione.
(1-00612) «Bonomo, Gribaudo, Lepri, Ceccanti, Carnevali, Boldrini, Bruno Bossio, Zardini, D'Elia, Fiano, Berlinghieri, De Filippo, Quartapelle Procopio».

(23 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    a seguito della riforma della leva militare obbligatoria, con la legge 6 marzo 2001, n. 64, il legislatore ha istituito il Servizio civile nazionale, finalizzato a «concorrere, in alternativa al servizio militare obbligatorio, alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari», poi riformato con il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, e trasformato nel Servizio civile universale;

    la riforma del 2017, approvata a seguito di un ampio confronto con tutti gli attori coinvolti nell'organizzazione e nell'attuazione del servizio civile, rappresenta il raggiungimento di importanti obiettivi politici sia sul piano della partecipazione della società civile al processo normativo, sia nel raccordo dell'istituto con obiettivi e prospettive europee e sia, infine, nel prevederne l'universalità di accesso per tutti i giovani che volessero parteciparvi;

    ai sensi della sua legge istitutiva il servizio civile universale è «finalizzato, ai sensi degli articoli 52, primo comma e 11 della Costituzione, alla difesa non armata e non violenta della Patria, all'educazione, alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione»;

    gli ambiti in cui è possibile svolgere il servizio civile universale sono: a) assistenza; b) protezione civile; c) patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; d) patrimonio storico, artistico e culturale; e) educazione e promozione culturale e dello sport; f) agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; g) promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    nel quadro delineato, il Servizio civile rappresenta, oggi più che mai, una reale e concreta occasione per i giovani di mettersi in gioco, di sperimentare le loro capacità, di mettere in pratica quanto hanno imparato a scuola, ma anche di fare un primo passo nel mondo del lavoro, che per alcuni è spesso inaccessibile, come certificano i dati: i centri di servizio per il volontariato solo nel 2020, nonostante le limitazioni imposte dall'emergenza pandemica, hanno incontrato oltre tremila giovani proprio in attività di orientamento e accompagnamento sul Servizio civile universale;

    tuttavia, circostanze recenti sembrano ostacolarne attuazione e sviluppo, con grave pregiudizio sia degli operatori volontari sia della comunità a favore della quale il servizio è prestato, segnalate, in particolare dal Forum del terzo settore, dalla Conferenza nazionale enti per il Servizio civile e dal Forum nazionale Servizio civile;

    le tre realtà hanno segnalato importanti criticità, quali la modifica della programmazione triennale, con la cancellazione di quelle annuali, l'assenza di un finanziamento triennale e l'apertura di un vuoto procedurale nel quale resta il solo Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale;

    peraltro, già nello scorso mese di dicembre, all'indomani della pubblicazione del decreto che ha individuato i programmi di intervento e i relativi progetti per il nuovo bando, le reti del terzo settore avevano lanciato l'allarme, evidenziando come a fronte di 76.639 posizioni valutate positivamente dal Dipartimento politiche giovanili e dal Servizio civile universale, risultassero stanziate risorse per appena 54.181 posizioni;

    numerose criticità sono state riscontrate anche in merito al ricorso ai residui finanziari del 2021 per ampliare i posti per i giovani, e sul tema della certificazione delle competenze acquisite, così come salgono vertiginosamente le segnalazioni di provvedimenti necessari all'operatività quotidiana delle organizzazioni e dei giovani, fermi da settimane;

    si è assistito altresì ad una sostanziale assenza della campagna informativa che il Dipartimento è tenuto a realizzare, lasciandone ai soli enti l'attuazione e mettendo così a rischio la presentazione della domanda da parte dei giovani;

    tra gli adempimenti affidati agli enti dalla norma vi, altresì, è la procedura di selezione dei giovani, attualmente equiparata ad un concorso pubblico, mediante valutazione dei titoli e un colloquio motivazionale;

    tale processo di selezione, che implica significative responsabilità e oneri per gli enti, rappresenta un passaggio importante del percorso, perché consente di valorizzare le motivazioni dei giovani ed inserirli nei percorsi più opportuni;

    risulta fondamentale, come ha poi disposto il Tar Lazio, che i tempi a disposizione degli enti per poter esperire la procedura di selezione dei candidati siano adeguati a garantire qualità e attenzione ai ragazzi, anche alla luce delle migliaia di richieste da valutare annualmente, oltre che per poter assicurare agli enti il rispetto degli adempimenti connessi ad una procedura concorsuale pubblica;

    ai sensi dell'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, contenente disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, la programmazione del Servizio civile universale, necessaria alla individuazione dei fabbisogni del territorio attraverso una puntuale analisi del contesto nazionale e la pianificazione degli interventi necessari a soddisfarli, spetta allo Stato in virtù della finalità primaria della difesa della Patria propria dell'Istituto, e deve essere realizzata, in sinergia con le regioni, per piani triennali e non più annuali;

    a tale mutato orizzonte di programmazione triennale, per dare piena attuazione alla caratteristica di universalità definita dalla riforma, dovrebbe corrispondere una maggiore stabilità delle risorse e delle regole di funzionamento dell'intero sistema, in grado di garantire agli enti una migliore capacità di definizione dei progetti;

    il finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile, di cui all'articolo 24 del decreto legislativo n. 40 del 2017, avviene quasi esclusivamente a valere sulle risorse pubbliche individuate annualmente in legge di bilancio, alle quali possono sommarsi eventuali fonti comunitarie, come nel caso della misura «garanzia giovani» e del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), e ciò ne determina una precarietà strutturale, che incide principalmente sulla sua identità di Istituto universale, al quale i giovani dovrebbero poter aspirare con certezza ogni anno, ma anche sugli investimenti dell'intero sistema di istituzioni ed enti a vario titolo coinvolti;

    il decreto legislativo n. 40 del 2017 ha altresì posto le basi per definire una prospettiva moderna e strutturale dell'Istituto di Servizio civile universale con l'obiettivo di farlo diventare uno dei pilastri su cui poggiare l'educazione e la crescita delle nuove generazioni, rendendoli cittadini più consapevoli e capaci di affrontare le sfide sociali e culturali in atto proprio grazie all'impegno all'interno della comunità presso gli enti del terzo settore o le istituzioni;

    la Consulta nazionale per il Servizio civile universale, istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 40 del 2017, è l'organismo permanente di «consultazione, riferimento e confronto in ordine alle questioni concernenti il servizio civile universale», composto dagli enti e dai coordinamenti di enti maggiormente rappresentativi, dai rappresentanti delle regioni e dei comuni e dalla Rappresentanza nazionale degli operatori volontari;

    la Consulta ha sempre rappresentato per il Dipartimento, il Governo ed il Parlamento un riferimento imprescindibile per il confronto, l'attuazione e lo sviluppo del servizio civile, non ultimo nella fase di recente riforma, assicurando collaborazione e sostenibilità, organizzativa ed economica, agli obiettivi politici;

    la recente «Relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile nell'anno 2019» predisposta per il Parlamento dal dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale, evidenzia il corretto funzionamento dell'Istituto, rilevando, in un contesto che vede quotidianamente impegnati migliaia di enti e decine di migliaia di giovani, appena il due per cento di sanzioni applicate agli enti per irregolarità di gestione a valle delle ispezioni effettuate dal Dipartimento, e un solo contenzioso tra giovani e Dipartimento relativo alle attività di selezione svolte dagli enti su oltre centomila candidature, a testimonianza di un sistema che funziona correttamente ed efficacemente, sia in ordine all'attuazione dei progetti che al coinvolgimento dei giovani;

    l'ipotesi di un ulteriore intervento di revisione normativa proposto dalla Ministra Dadone ha destato non poca sorpresa tra le rappresentanze dei soggetti interessati, in quanto rischierebbe di rendere nuovamente indeterminato il contesto organizzativo in cui saranno chiamati ad operare gli enti ed i giovani, costringendo il sistema a recepire continue modifiche e ad agire esclusivamente sulla base di sperimentazioni, ovvero senza la necessaria stabilità e senza poter valutare, neanche nel breve periodo, l'impatto delle riforme appena introdotte;

    sul piano contenutistico, forte è la preoccupazione che il disegno di legge spinga verso una qualificazione del servizio civile sempre più orientato alle politiche attive del lavoro, travisando le finalità che la normativa attribuisce ad esso e con il rischio che obiettivi incoerenti con la natura del servizio civile e con le possibilità organizzative degli stessi enti promotori (no-profit e pubblici) disattendano le aspettative dei giovani e aumentino la disaffezione verso le istituzioni;

    l'adeguatezza e la costanza delle risorse di finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile universale, così come la stabilità nel medio-lungo termine del quadro ordinamentale rappresentano il presupposto per un'efficace programmazione dell'attività degli enti iscritti all'Albo, nel pieno rispetto dello spirito collaborativo che ha ispirato la riforma del 2017;

    al riguardo, fondamentali per il conseguimento delle finalità del servizio civile sono lo strumento della programmazione e l'effettivo e costante confronto con la Consulta nazionale del Servizio civile universale, nel rispetto dei principi della partecipazione e leale collaborazione previsti dal nostro ordinamento,

impegna il Governo:

1) a ristabilire una doverosa ed efficace interlocuzione con le regioni e con gli enti del terzo settore, secondo quanto stabilito, tra gli altri, dagli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, in relazione ad ogni questione concernente la predisposizione e l'attuazione dei programmi di intervento;

2) ad adottare iniziative per portare a piena attuazione la riforma introdotta dal decreto legislativo n. 40 del 2017, favorendo la stabilità del quadro normativo di riferimento;

3) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento triennale di risorse strutturali per il Fondo nazionale per il Servizio civile universale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, coerenti con la durata del documento di Piano triennale e tali da assicurare l'effettiva universalità degli accessi al servizio, e a ripristinare anche la programmazione annuale;

4) ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo di consultazione, riferimento e confronto svolto dalla Consulta nazionale per il servizio civile, valorizzando il ruolo della collaborazione quale elemento imprescindibile per una piena e corretta attuazione del servizio civile, con particolare riguardo al Piano triennale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40;

5) ad adottare iniziative volte a definire lo status giuridico dell'operatore volontario durante il servizio all'estero, nonché, nel rispetto delle condizioni di tutela della sicurezza degli operatori volontari in zone a rischio, l'attuazione dei progetti all'estero del bando 2021;

6) ad adottare iniziative per garantire agli enti, sentita la Consulta nazionale, tempistiche congrue per la definizione del ciclo annuale della programmazione degli interventi, a cominciare dalla definizione e dal deposito dei programmi, e per esperire la delicata procedura di selezione dei volontari;

7) ad assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a favorire un potenziamento del numero di operatori volontari da impiegare nei progetti in cui si articolano i programmi di intervento del Servizio civile universale, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40.
(1-00619) «Bellucci, Ferro, Gemmato, Prisco, Montaruli, Deidda, Galantino, Giovanni Russo, Delmastro Delle Vedove, Cirielli, Mantovani».

(30 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale, istituito ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 64, è finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria e contribuisce, attraverso progetti di interesse generale promossi e realizzati da enti pubblici e del terzo settore con il coinvolgimento di soggetti di età compresa tra i 18 e i 28 anni, all'educazione civica e sociale delle giovani generazioni nel solco e per la promozione dei valori costituzionali;

    i settori di intervento nei quali si realizzano le finalità del Servizio civile universale sono: l'assistenza, la protezione civile, il patrimonio ambientale e la riqualificazione urbana, il patrimonio storico, artistico e culturale, l'educazione e la promozione culturale e dello sport, l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale e la biodiversità, la promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata, la promozione e la tutela dei diritti umani, la cooperazione allo sviluppo, la promozione della cultura italiana all'estero e il sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, che ha operato una revisione della disciplina in materia di Servizio civile nazionale, è stata istituita la Consulta nazionale, un organismo permanente di consultazione, riferimento e confronto in ordine alle questioni concernenti il Servizio civile universale, composto da 23 soggetti tra cui gli enti e i coordinamenti di enti maggiormente rappresentativi, i rappresentanti delle regioni, i rappresentanti dell'Anci e i rappresentanti degli operatori volontari annualmente eletti dai giovani in servizio;

    l'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 13 aprile 2018, n. 43, ha modificato la composizione della Consulta, senza però prevedere l'ampliamento del numero dei rappresentanti dei giovani, riducendo, in tal modo, il peso e l'importanza del loro ruolo in seno all'organismo;

    a ciò si aggiunga che nel 2021 il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale non ha avviato le procedure elettive per il rinnovo dei rappresentanti regionali e nazionali dei giovani in servizio, aggravando il deficit di rappresentatività sopra menzionato;

    per quanto concerne il profilo economico, il Servizio civile universale è finanziato da un apposito fondo, istituito ai sensi dell'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, al quale affluiscono risorse pubbliche annualmente individuate con la legge di bilancio. Non vi è, dunque, una previsione finanziaria strutturale che ne assicurerebbe la continuità nel tempo e che favorirebbe i necessari investimenti da parte delle istituzioni coinvolte e degli enti iscritti all'albo;

    invero, l'adeguatezza e la costanza di risorse strutturali per il finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile universale, unitamente alla stabilità nel medio-lungo termine del quadro ordinamentale, rappresentano il presupposto per un'efficace programmazione del Servizio civile universale e delle attività degli enti iscritti all'albo, a beneficio dei territori su cui ricadono gli interventi e dei giovani che vi partecipano;

    il Servizio Civile universale, essendo strumento di intervento strategico e flessibile e per come utilizzato in programmi sperimentali, quali, ad esempio «Garanzia Giovani», ha trovato riconoscimento anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia nella missione «Digitalizzazione, innovazione, Competitività, Cultura», sia nella missione «Inclusione e Coesione», in base ai quali, in linea con gli obiettivi di digitalizzazione, è stato istituito un programma quadro sperimentale di Servizio civile digitale con l'obiettivo di contribuire a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità di alfabetizzazione digitale e il coinvolgimento nel triennio 2021-2023 di circa 9.700 operatori volontari;

    il processo di digitalizzazione deve caratterizzare, innanzitutto, l'organizzazione del Servizio civile universale attraverso un maggiore utilizzo degli strumenti informatici per gli aspetti di gestione e di metodologie formative che se ne avvalgono, si tratta di strumenti per favorire, da un lato, la conoscenza e le competenze digitali dei giovani in servizio civile e, dall'altro, per contribuire agli obiettivi di sostenibilità ambientale indicati dall'Agenda 2030 dell'Onu,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per dare piena attuazione alla riforma introdotta dal decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, che, ai sensi della delega conferita dalla legge 6 giugno 2016, n. 106, ha operato una revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale, individuando le relative procedure;

2) ad adottare iniziative volte a prevedere adeguati rifinanziamenti annuali del Fondo nazionale per il Servizio civile di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, in modo tale da assicurare l'effettiva partecipazione di tutti i volontari richiedenti accesso al Servizio, con una base minima annua di almeno 60.000 posizioni, per arrivare progressivamente al conseguimento dell'obiettivo di almeno 100.000 volontari ammessi ogni anno;

3) ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo di consultazione, riferimento e confronto svolto dalla Consulta nazionale per il Servizio civile, prevedendo al suo interno l'inserimento di due membri designati dal Consiglio nazionale dei giovani e valorizzando il ruolo della collaborazione quale elemento imprescindibile, con particolare riguardo al piano triennale di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40;

4) ad adottare iniziative volte a garantire agli enti coinvolti tempi congrui per la definizione del ciclo annuale di programmazione degli interventi e per esperire la procedura di selezione dei volontari.
(1-00625) «Gentile, Sarro, Calabria, Milanato, Tartaglione, D'Attis, Maria Tripodi, Battilocchio, Orsini, Aprea, Pentangelo, Casino, Casciello, Saccani Jotti, Rosso, Palmieri, Perego Di Cremnago, Torromino, Rospi, Cappellacci, Pittalis, Cassinelli, Bagnasco, Giacometto, Zangrillo, Sessa, Mazzetti, Caon, Anna Lisa Baroni, Rotondi, Siracusano, Cannizzaro, Pella, Marrocco, Rossello, Versace, Nevi, Cristina, Labriola».

(8 aprile 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI ENERGIA NUCLEARE DI NUOVA GENERAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    gli ambiziosi progetti dell'Unione europea per uno sviluppo sostenibile e gli impegni di Cop 26 prevedono in tempi brevi un forte abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, difficilmente raggiungibile nei tempi previsti con il solo utilizzo di energie da fonti rinnovabili;

    con riferimento all'energia da fissione nucleare, molti Paesi proseguono l'investimento in energia atomica, tra cui Gran Bretagna, Russia, India, Cina e Francia, che ha annunciato la costruzione di sei nuovi reattori nucleari EPR (ad acqua pressurizzata), oltre all'entrata in servizio del reattore di Flamanville, prevista per il 2024, e all'impegno di un miliardo di euro per la realizzazione di reattori di piccole dimensioni;

    i Ministri dell'economia e dell'industria di 10 Paesi dell'Unione europea – Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria – hanno pubblicato un documento, il 10 ottobre 2021, per chiedere che l'energia nucleare sia compresa nelle fonti di energia pulita all'interno della «Tassonomia degli investimenti verdi» della Commissione europea, cioè l'insieme di regole di classificazione che si applicano alle attività economiche per poterle definire «sostenibili»;

    anche il Giappone, a 10 anni dall'incidente di Fukushima, per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nel 2050, prosegue nel suo intento di riavviare gli impianti già localizzati sul proprio territorio e di costruirne di nuovi;

    lo sviluppo di reattori nucleari di nuova generazione coinvolge i maggiori Paesi del mondo e numerosi partner industriali europei e vedrà l'avvio della produzione di energia da parte dei primi impianti già dal 2024;

    d'altro canto, con riferimento all'energia nucleare da fusione a confinamento magnetico, mai applicata a livello industriale, la società Commonwealth Fusion Systems (CFS), nata dal Mit di Boston, e che ha come maggiore azionista privato il gruppo italiano Eni, ha condotto con successo il primo test di un supermagnete, fondamentale per la gestione del plasma, composto da isotopi di idrogeno: un passo importante verso la produzione di energia nucleare pulita, con l'impegno a costruire il primo impianto sperimentale entro il 2025,

impegna il Governo

1) nel confermare l'obiettivo di zero emissioni al 2050, a riconsiderare, previa effettuazione delle dovute verifiche di sicurezza e con il coinvolgimento della popolazione, lo sviluppo di tecnologie di fissione nucleare di nuova generazione, a supportare lo sviluppo delle tecnologie di fusione a confinamento magnetico e ad adottare iniziative per comprendere la produzione di energia atomica di nuova generazione all'interno della propria politica energetica, e far sì che la stessa venga classificata tra le fonti energetiche sostenibili.
(1-00540) (Nuova formulazione) «Lupi, Schullian».

(4 novembre 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la Commissione europea ha definito uno specifico sistema di classificazione volto a identificare le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, quale importante fattore abilitante per supportare gli investimenti sostenibili e per adottare le indicazioni del Green Deal europeo;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. La tassonomia europea definisce sei obiettivi ambientali per identificare le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale:

     1) mitigazione dei cambiamenti climatici;

     2) adattamento ai cambiamenti climatici;

     3) uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine;

     4) transizione verso un'economia circolare;

     5) prevenzione e riduzione dell'inquinamento;

     6) protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi;

    il regolamento della tassonomia introduce un sistema di etichettatura per gli investimenti che indicherà dove indirizzare diverse centinaia di miliardi di euro alle attività produttive che ottengono l'etichetta «sostenibile» per tutte o parte delle loro attività. Pertanto, un'attività economica è definita sostenibile dal punto di vista ambientale se: contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più dei sei obiettivi ambientali; non arreca un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali (Do No Significant Harm – Dnsh); è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia;

    la Commissione europea in data 20 aprile 2021 ha presentato una prima serie di regole di attuazione nell'ambito della tassonomia della finanza sostenibile dell'Unione europea, specificando i criteri tecnici dettagliati che le aziende devono rispettare per avere un marchio di investimento «verde» in Europa;

    l'ambito di applicazione dell'atto delegato relativo agli aspetti climatici della tassonomia dell'Unione europea include già circa il 40 per cento delle imprese quotate in borsa, appartenenti a settori che sono responsabili di quasi l'80 per cento delle emissioni dirette di gas serra in Europa; altre attività saranno aggiunte in futuro. Grazie a tale ambito di applicazione la tassonomia dell'Unione europea può aumentare in modo significativo il potenziale offerto dal finanziamento verde per sostenere la transizione, in particolare per i settori ad alta intensità di carbonio, che richiedono cambiamenti urgenti. Per il momento non sono inclusi due punti controversi, ossia gas e nucleare;

    sul sito del quotidiano on line dell'A.g.i. è stato pubblicato in data 23 ottobre 2021 un articolo dal titolo «L'Ue fa i conti con la crisi energetica. Von der Leyen: Il nucleare ci serve», contenente l'allarme lanciato dalla Presidente della Commissione Europea (Sig.ra Ursula Von Der Leyen) circa il fatto che l'Unione europea sarebbe «chiamata a fare i conti con la crisi energetica immediata, con i prezzi alle stelle, ma anche con l'imponente sfida della transizione ecologica. E su questo dovrà scegliere quali fonti valorizzare, quali salvare e quali abbandonare nella prossima fase di transizione. E lo farà entro dicembre»;

    sempre l'articolo in menzione evidenzia che il Presidente del Consiglio Mario Draghi avrebbe ammesso che «alcuni Paesi chiedono di inserirlo tra le fonti di energia non inquinanti», senza (però) assumere una posizione definita e dimostrando (al contrario) ambiguità (attestata dalla seguente dichiarazione: «La Commissione procederà a una proposta a dicembre. Ci sono posizioni molto divisive in Consiglio. Vedremo quale nucleare e poi in ogni caso ci vuole moltissimo tempo»);

    in data 29 marzo 2021 è stata diffusa la relazione del Joint Research Council (JRC), organismo scientifico consultivo della Commissione europea, che ha concluso che, non vi è evidenza scientifica alcuna che il nucleare possa recare maggior danno rispetto alle altre fonti già definite sostenibili;

    in data 12 ottobre 2021, a seguito della relazione JRC, la Francia, la Bulgaria, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Finlandia, l'Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, la Slovenia e la Romania hanno manifestato il proprio orientamento con una lettera con cui è stato chiesto alla Commissione europea di riconoscere l'energia nucleare come fonte di energia a basse emissioni;

    in data 2 luglio 2021 la Commissione europea ha reso nota la Scheer Review, ossia un rapporto del Comitato scientifico su Salute Ambiente e rischi emergenti che contesta fortemente il rapporto del JRC. Lo Scheer Report è categorico: il rapporto JRC è incompleto, come sui rifiuti (le scorie radioattive) o le emissioni radioattive, ricorda che il 55 per cento dei gas radioattivi del ciclo di vita dell'uranio vengono emessi nella fase estrattiva, oppure sui rischi, dove mancano le quantificazioni. Il Comitato fa inoltre notare che il Joint Research Center della Commissione europea usa l'espressione, far meno danni, e non far danni significativi, (do not significant harm). Si lascia intendere che la differenza linguistica consentirebbe nel rapporto JRC di collocare il nucleare in una classifica tra oggetti disomogenei, e in questo senso secondo JRC il nucleare, poiché emetterebbe meno CO2, provocherebbe meno danni rispetto agli impianti a carbone;

    nel luglio 2021 è stata resa nota la lettera inviata da 5 Paesi europei, Germania, Austria, Spagna, Danimarca, Lussemburgo, alla Commissione europea proponendo di escludere il nucleare dalla classificazione verde della tassonomia, al fine di non favorirlo in aiuti e corsie preferenziali nel Green Deal europeo, di transizione e contrasto ai cambiamenti climatici;

    la lettera dei Ministri dei 5 Paesi afferma che il nucleare non è neutrale rispetto alla protezione dell'ambiente e della biodiversità (ossia è in contrasto con il sesto obiettivo della tassonomia) perché, per esempio, finora nel pianeta non c'è un solo deposito permanente e definitivo delle scorie, i rischi di incidente sono elevati, e si citano Fukushima e Chernobyl. Anche se non produce direttamente CO2, il nucleare non rispetterebbe il principio di innocuità, cioè non far danni significativi (do not significant harm), mentre si naviga verso la strategia a zero emissioni;

    da fonti stampa del Fatto Quotidiano del 11 novembre 2021 dal titolo Cop26, Germania Spagna e altri 5 Paesi dicono no al nucleare nella tassonomia Ue. L'Italia resta alla finestra e non partecipa, si apprende che ai 5 Paesi contrari all'inserimento del nucleare in tassonomia verde – Germania, Austria, Spagna, Danimarca, Lussemburgo – si sono aggiunti altri Paesi – Spagna e Irlanda – e lo hanno manifestato in occasione di una conferenza stampa in ambito Cop26 durante la quale i suddetti Paesi hanno preso una posizione netta, sottoscrivendo una dichiarazione contro inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. L'Italia non ha partecipato e non ha aderito a tale iniziativa. Inoltre, l'articolo sopra indicato contiene dichiarazioni in cui si afferma che l'astensione dell'Italia dipenderebbe dall'esistenza di un accordo tra Francia ed Italia teso «a consentire al nucleare di essere considerato un investimento sostenibile, in cambio dell'inserimento del gas»;

    qualora l'esistenza di tale accordo fosse confermata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si potrebbe non condividere la considerazione dello stesso come scellerato, in quanto si produrrebbe la conseguenza del dirottamento dei «finanziamenti destinati alla transizione ecologica verso l'industria nucleare dei francesi e al mantenimento dell'industria del gas italiana», favorendo quindi il proliferare di quelle che il Ministro dell'ambiente tedesco Svenja Schulze definisce «tecnologie troppo rischiose, lente e non sostenibili» che distoglierebbero «fondi dalle energie rinnovabili, come eolico e solare»;

    la Francia ha nuovamente annunciato la costruzione di nuovi reattori nucleari Epr. Giova ricordare come, sistematicamente, in relazione agli annunci e ai presunti costi legati agli investimenti in energia atomica dichiarati dai proponenti, i risultati sono stati sempre disattesi: ad esempio nel 2008 c'erano due soli Epr in costruzione, uno in Finlandia a Olkiluoto e uno in Francia a Flamanville. In Finlandia l'azienda proprietaria della tecnologia e impegnata nella costruzione, Areva, è fallita mentre il costo stimato è lievitato circa 4 volte rispetto al costo di progetto e la nuova previsione di terminare la realizzazione non potrà essere prima del 2024. In Francia a Flamanville, cantiere gestito da Edf, i costi di costruzione sono lievitati fino a 19 miliardi di euro, tenendo conto anche dei costi finanziari come valutati dalla Corte Des Compts nel 2020, e anche questa è ancora in costruzione. Negli Usa a distanza di vent'anni dal «rinascimento nucleare» lanciato da George W. Bush nel 2001, nessun reattore di generazione III+ è entrato in funzione e dei quattro reattori AP1000 in costruzione, due sono stati cancellati e due proseguono a costi esorbitanti: dai circa 9 miliardi di dollari iniziali si è già passati a una stima di 27 miliardi di dollari. L'azienda proprietaria della tecnologia, la nippo-americana Toshiba-Westinghouse, è fallita nel 2017;

    in Italia la produzione di energia nucleare è stata oggetto di ben due referendum abrogativi. A tale scopo, si evidenzia che il referendum abrogativo è considerato un «atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria» (Corte costituzionale 3 febbraio 1987 n. 29) e il suo esito è rinforzato dal divieto (ricavato dall'articolo 75 della Costituzione) di ripristino delle norme abrogate a seguito di un'iniziativa referendaria (Corte costituzionale 17 luglio 2012 n. 199). Ciò vale anche per i referendum del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare in Italia mentre permangono gli studi e le procedure sul decommissioning e sulla ricerca in tale settore;

    nonostante i risultati referendari, il Ministro della transizione ecologica Cingolani ha concesso il patrocinio del proprio Ministero all'evento «Stand Up for Nuclear» (programmato in nove città italiane dal 24 settembre 2021 al 9 ottobre 2021), consistente in una serie di incontri finalizzati a sostenere e promuovere il ricorso al nucleare come fonte energetica;

    sul decommissioning vale la pena ricordare che dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale. I sopra citati 19 siti non hanno le caratteristiche tecniche per stoccare definitivamente in sicurezza rifiuti radioattivi;

    occorre mettere in evidenza che sul territorio nazionale ci sono anche elementi di combustibile radioattivo di fattura extranazionale. In particolare, nell'impianto Itrec (Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) che si trova all'interno del Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella (Matera) tra il 1968 e il 1970 sono stati trasferiti 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota). L'obiettivo era condurre ricerche sui processi di ritrattamento e rifabbricazione del ciclo uranio-torio per verificare l'eventuale convenienza tecnico-economica rispetto al ciclo del combustibile uranio-plutonio normalmente impiegato. Tale sperimentazioni si sono rivelate un insuccesso ed inoltre toccherà all'Italia smaltire definitivamente tali rifiuti radioattivi – stoccandoli provvisoriamente nel Csa-Complesso stoccaggio ad alta attività del deposito nazionale – sempre che non ritornino, previo accordo tra le parti, negli Usa;

    pertanto, si è in attesa della costruzione del deposito nazionale per stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa attività e, temporaneamente, quelli a media e alta attività. Tuttavia, il sito non è stato ancora individuato ed attualmente è in corso il Seminario per la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi);

    i rifiuti radioattivi a media e alta attività che verranno stoccati temporaneamente in una zona all'interno del deposito nazionale (unità CSA- Complesso stoccaggio ad alta attività) verranno poi trasferiti in un deposito geologico. In considerazione degli elevati costi di realizzazione di un deposito di quest'ultimo tipo, alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, con quantità limitate di rifiuti a media e alta attività stanno valutando l'opportunità di costruire uno o più depositi di profondità condivisi, possibilità contemplata dalla direttiva 2011/70/EURATOM. L'attività di sviluppo di accordi internazionali per la realizzazione di un deposito geologico condiviso è in capo al Governo, supportato da Enea, che partecipa ad un gruppo di lavoro internazionale ad hoc denominato Erdo. In merito vale la pena evidenziare che il deposito geologico condiviso è solo una possibilità, ma attualmente manca una reale pianificazione e gli sforzi in tal senso ad oggi sono insufficienti, in quanto si basano sull'adesione ad un programma non vincolante e attualmente rimasto solo teorico; pertanto, per l'Italia non vi è ancora soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività che sono a tutt'oggi un problema irrisolto per il nostro Paese;

    confrontando i costi di gestione dei rifiuti pericolosi e quelli dei rifiuti radioattivi si può notare che mentre i primi hanno un costo di gestione di massimo alcune centinaia di euro a tonnellata (ad esempio per rifiuti contenenti amianto il costo è intorno ai 250 euro a tonnellata), i secondi hanno un costo complessivo di gestione di alcune decine di migliaia di euro a tonnellata, tipicamente nel range tra 25 mila euro per i rifiuti a bassa attività e i 50 mila euro a tonnellata per rifiuti di media attività. Per il deposito nazionale italiano si stima un costo di conferimento pari a circa 16 mila euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti nel deposito di superficie. Va evidenziato che a livello internazionale i costi di smaltimento in depositi geologici, intermedi o profondi, sono in un range tra 12 e 15 volte maggiori del costo di smaltimento in un deposito di superficie. I costi del decommissioning italiano sono attualmente scaricati sulle bollette elettriche alla voce A2RIM e rappresentano il 6 per cento degli «oneri di sistema» che incidono circa il 23 per cento della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo;

    per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo per l'energia, secondo i dati del «Rapporto annuale per l'energia elettrica» del Ministero della transizione ecologica, nel 2018 la spesa per ricerca nell'efficienza energetica è diminuita al 57 per cento, mentre nel 2016 era al 58 per cento, ma è quadruplicata rispetto al 2007. L'efficienza energetica assieme alle fonti rinnovabili e alle tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia elettrica rappresentano il 76 per cento della ricerca energetica italiana, mentre il peso della ricerca sulle fonti fossili è circa del 12 per cento, mentre sul nucleare è circa del 7 per cento. Quindi, contrariamente a quanto si possa pensare, l'Italia non ha mai abbandonato la ricerca sul nucleare;

    in riferimento alla ricerca si segnala le numerose attività di Enea e Leonardo sul campo. Ad esempio, Leonardo attraverso la sua controllata Vitrociset, si è aggiudicata la gara indetta da Iter «Organizzazione per lo sviluppo delle infrastrutture diagnostiche del reattore e i relativi servizi di ingegneria». «ENEA-Fusione» partecipa alla realizzazione di Iter attraverso l'Agenzia europea Fusion For Energy (F4E). Iter è un progetto che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale di 500 Megawatt di potenza. Unione europea, Giappone, Federazione Russa, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e India hanno siglato ufficialmente l'accordo per la realizzazione di Iter il 28 giugno 2005 a Mosca. La costruzione è cominciata nel 2007 nel sito europeo di Cadarache nel sud della Francia e sarebbe dovuto terminare nel 2016, ma ad oggi le stime sono state riviste e l'avvio delle prime attività del reattore sperimentale Iter è stimato, secondo i proponenti, non prima del 2025 e il raggiungimento della piena capacità si pensa, nella più ottimistica delle ipotesi, sia ottenibile dopo il 2035, sempre che non vi siano ulteriori complicazioni o ritardi. Il costo per la ricerca e costruzione di questo impianto prototipo – che ancora non è stato realizzato – era originariamente stimato per 11 miliardi di dollari, ma già nel 2017 aveva superato i 20 miliardi di dollari;

    nel 2002 è stato costituito il Gif (Generation IV International Forum) su iniziativa degli Usa e con la partecipazione di diversi Paesi, dal 2007 anche dell'Italia, per lo sviluppo di sei sistemi nucleari di IV generazione che potessero essere progettati, sperimentati e realizzati a livello di prototipo entro il 2030. Tuttavia, anche in questo caso, le date e i costi stimati sono stati abbondantemente superati e per alcune di queste tecnologie non è stata ancora fornita alcuna scadenza realizzativa. Inoltre, nulla è dato sapere sugli impatti ambientali e sul ciclo di vita di questi impianti che sembrano non avere mai una fine per essere realizzati bensì di sicuro un esorbitante costo a carico degli Stati;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. Secondo il dossier «Renewable power generation costs 2020» – che prende in esame solo fonti rinnovabili – il costo per kWh dell'elettricità prodotta dal fotovoltaico è di 5,7 centesimi di dollaro, mentre per quella prodotta dall'energia eolica è di 3,9 centesimi di dollaro; quindi studi recenti, anche se diversi, hanno stime simili. Tuttavia, occorrono delle precisazioni: gli studi in merito al costo per chilowattora sono molteplici e in quelli più recenti sono più favorevoli alle rinnovabili, mentre in quelli più datati (dal 2002 ai 2014) i costi sono difformi rispetto ai recenti, probabilmente perché con l'andar del tempo le rinnovabili hanno ottenuto maggior diffusione e incentivi, mentre i costi stimati per fossili e nucleare erano completamente esenti da esternalità legate all'intero ciclo di vita delle centrali o alla tassazione. Inoltre, se sulle rinnovabili il costo a chilowattora dipende dalla disponibilità del vento e dell'irraggiamento del sole – caratteristiche di cui l'Italia ha in abbondanza in molte zone del Paese e per cui potrebbe persino essere più contenuto – i costi sul nucleare non tengono in considerazione i corretti costi di smaltimento delle scorie radioattive che, come visto in precedenza, hanno un impatto economico estremamente significativo mentre per il gas, carbone e il nucleare non sono sempre stimati in modo corretto i «costi esterni», ossia gli impatti ambientali e sulla salute che queste produzioni energetiche creano in modo da quantificare il «costo sociale» che quindi presumibilmente potrebbe essere più elevato;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi (come quelli relativi agli investimenti necessari a sviluppare la capacità produttiva delle energie rinnovabili) ed evitare stress eccessivi del nostro sistema industriale e tensioni sociali insostenibili (cfr. l'articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata (con la riduzione degli investimenti nelle energie fossili in funzione della decarbonizzazione, accompagnata però da un'evidente timidezza verso le rinnovabili che crea un'eccessiva dipendenza dalle fonti di energia intermedie come il gas ed il nucleare), ma (al contrario) accelerata con politiche di stimolo degli investimenti (pubblici e privati) di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita (cfr. il già citato articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    il nucleare (come anche il gas) non è, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, suggerendo (pertanto) tale assunto alla Commissione europea ed ai Governi nazionali l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie pulite;

    sul sito change.org è stata lanciata una petizione promossa da Osservatorio per la transizione ecologica-Pnrr e firmata da diverse migliaia di cittadini che, rivolgendosi al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, al Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, al Ministro degli esteri Luigi Di Maio, chiede al Governo italiano di impegnarsi a bloccare il tentativo in sede europea di equiparare il nucleare alle energie rinnovabili, se necessario ricorrendo al veto dell'Italia;

    in conclusione, appare politicamente inappropriato che il Governo (impersonato dalle componenti apicali sopra individuate) possa manifestare interesse o propugnare la possibilità che possa sia reintrodotto un qualcosa che (come lo sfruttamento dell'energia nucleare) il nostro ordinamento ha bandito ovvero che si faccia promotore di inserire il gas, una fonte fossile fortemente climalterante, nella tassonomia,

impegna il Governo:

1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare in Italia, in ossequio alla volontà popolare espressa all'esito dei referendum del 1987 e del 2011;

2) a manifestare il proprio convinto dissenso nei confronti dell'inserimento dell'energia nucleare e del gas nella tassonomia verde dell'Unione europea;

3) ad adottare iniziative concrete affinché in ambito europeo vi sia una pianificazione certa per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito geologico necessario per stoccare i rifiuti radioattivi ad alta attività non oltre il 2027 o comunque prima della realizzazione del deposito nazionale;

4) ad adottare iniziative per incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, facendo in modo che (entro il 2023) il 95 per cento dei fondi disponibili destinati alla ricerca in ambito energetico sia destinato alla ricerca nei campi sopra elencati, che siano azzerati inoltre i fondi per la ricerca sulle fonti fossili e in fine che ogni conseguente onere destinato alla ricerca e finanziato dalle bollette elettriche sia riversato sulla fiscalità generale e non pesi sul costo delle bollette elettriche;

5) ad aprire un confronto con gli Usa affinché si stabilisca che gli 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dalla centrale nucleare americana di Elk River, presenti presso l'Itrec di Rotondella, tornino negli Usa.
(1-00545) (Nuova formulazione) «Vianello, Piera Aiello, Ehm, Menga, Raduzzi, Sarli, Siragusa, Sodano, Suriano, Villarosa, Muroni, Fioramonti, Lombardo, Trizzino, Romaniello, Vallascas, De Giorgi, Termini, Cecconi, Testamento, Leda Volpi, Costanzo».

(15 novembre 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    in linea con gli obiettivi del Green Deal e con l'impegno ad affrontare i problemi legati al clima e all'ambiente, puntando alla riduzione entro il 2030 delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, a luglio 2021 è stato presentato il cosiddetto pacchetto Fit for 55 che, in base a nuovi e più ambiziosi obiettivi di riduzione, vincola il sistema energetico del nostro Paese al raggiungimento al 2030 di almeno il 72 per cento della generazione elettrica da fonti rinnovabili, fino a livelli prossimi al 95-100 per cento nel 2050;

    al fine di favorire gli investimenti sostenibili, il 12 luglio 2020 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2020/852, che ha introdotto nel sistema normativo europeo la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, all'interno del quale la Commissione europea ha previsto condizioni molto rigide per gli investimenti privati nel settore del nucleare, ammettendo unicamente soluzioni progettuali che dimostrino di avere adeguate risorse finanziare per il decommissioning ed essere dotati di impianti di smaltimento dei rifiuti a bassa attività già operativi e di un piano dettagliato per rendere operativa, entro il 2050, una soluzione per le scorie ad alta radioattività;

    il problema dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decommissioning è di grande attualità nel nostro Paese e ancora non si è pervenuti ad una soluzione concreta per il loro smaltimento;

    rifiuti e scorie degli impianti nucleari (chiusi definitivamente dal 1990) sono in parte dislocati sul territorio nazionale, in 19 siti temporanei, e in parte collocati all'estero, prossimi a tornare in Italia una volta riprocessati;

    l'iter per arrivare all'individuazione del sito idoneo a ospitare il deposito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, come richiesto dalla direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo, è ancora in corso e al momento nella fase più delicata di localizzazione, a seguito della trasmissione al Ministero della transizione ecologica, il 15 marzo 2022, della proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), come previsto all'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo n. 31 del 2010. Ad oggi non risultano emerse autocandidature da parte delle località indicate come idonee nella Carta;

    il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di conservare in assoluta sicurezza i materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività;

    i reattori attualmente esistenti, di seconda e terza generazione, sono stati costruiti in prevalenza negli anni '80 e '90, come l'impianto di Montalto di Castro e il noto reattore di Fukushima in Giappone. A partire dal 2000 sono stati progettati soprattutto reattori di terza generazione, come gli Ap1000 negli Stati Uniti, Vver-1200 in Russia, gli Epr francesi;

    nel 2001 il Generation IV international forum (Gif), a cui hanno aderito Australia, Canada, Cina, Euratom, Francia, Giappone, Russia, Sud Africa, Corea del Sud, Svizzera, Regno Unito, ha coniato il concetto di «nucleare di 4° generazione», tecnologia che sfrutta l'energia ricavabile dalla scissione di atomi, a tutt'oggi non abbastanza matura per consentire un utilizzo industriale e per garantire condizioni di sicurezza, soprattutto nel caso dei reattori di tipo «fast-breeder». Va infatti rilevato che l'unico impianto dimostrativo di 4° generazione al mondo su scala industriale si trova a Shidaowan, nella provincia di Shandong, collegato alla rete e messo in funzione solo a dicembre 2021;

    quanto alle tecnologie a fusione, attualmente il reattore più avanzato è Iter, in fase di costruzione a Cadarache, nel sud della Francia, sostenuto e finanziato da Unione europea, Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, India, Giappone e Russia, sospeso il 1° marzo 2022 dall'Autorità francese per la sicurezza nucleare (Asn), che ha mosso rilievi sull'affidabilità del modello e sul rischio di esposizione alle radiazioni per il personale. Nelle previsioni più ottimistiche i risultati delle attuali sperimentazioni vedranno la luce non prima di 30 anni;

    proprio i rischi relativi al ricorso alle tecnologie nucleari continuano a destare forte preoccupazione anche in presenza di avanzati sistemi di sicurezza. Ad oggi, infatti, non si dispone di dati sufficienti per valutarne con previsione attendibile gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute;

    il conflitto tra Russia e Ucraina e le notizie degli attacchi russi agli impianti di Chernobyl e Zaporizhzhia hanno indotto il Governo ad accelerare sulla stesura del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, proposto alla Conferenza unificata e teso ad individuare e disciplinare le misure necessarie per fronteggiare gli incidenti che avvengono in impianti nucleari collocati in Paesi esteri e che potrebbero richiedere azioni di intervento coordinate a livello nazionale;

    secondo quanto emerso dallo studio curato dal «World nuclear industry status report 2020» (Wnisr) produrre 1 chilowattora di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro;

    anche le stime di Lazard, autorevole istituzione finanziaria, confermano che la nuova capacità nucleare richiede investimenti, soprattutto nella fase iniziale, molto più alti e tempi lunghi per la messa in funzione rispetto a quelli richiesti per le fonti rinnovabili, pari ad almeno quattro volte tanto, a parità di energia generata. Inoltre, i costi del nucleare seguono una tendenza all'aumento, mentre quelli delle rinnovabili sono in continua diminuzione, soprattutto in una prospettiva di ulteriore crescita del settore tracciata dagli impegni assunti nell'ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (Cop 26);

    a tale riguardo, rileva menzionare che il reattore nucleare OL3 della centrale finlandese di Olkiluoto, costruito dal gruppo francese Areva e dalla tedesca Siemens Ag, ha accumulato dodici anni di ritardo dalla data prevista per la sua entrata in funzione, con un costo triplicato rispetto ai 3 miliardi di euro originari stimati nel 2005. Analoga sorte ha avuto il reattore Epr di Flamanville, in Normandia, atteso per la fine del 2022, dopo rallentamenti che, anche in questo caso, hanno fatto registrare un ritardo di dieci anni e un costo più che triplicato;

    un ritorno dell'Italia al nucleare distrarrebbe le risorse economiche destinate allo sviluppo delle fonti rinnovabili e al miglioramento dell'efficienza energetica, tecnologie che hanno già dimostrato di innovare in modo significativo il sistema energetico nazionale e dar vita ad una struttura imprenditoriale capace di creare nuove competenze e nuovi posti di lavoro richiesti da tutta la filiera e l'indotto legato al settore. Va poi ricordato che la produzione di energia nucleare è stata oggetto di due referendum abrogativi, rispettivamente del 1987 e del 2011, con i quali è stata decretata la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare nel nostro Paese;

    occorre inoltre osservare che i costi connessi al decommissioning delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti, affidate dal 1999 alla Sogin, sono inclusi tra le voci di costo che compongono gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ai sensi del decreto ministeriale del 26 gennaio 2000 e della legge n. 83 del 2003, e sono posti a carico delle utenze. Tuttavia, a più di vent'anni dall'istituzione della citata società, solo il 30 per cento dei lavori di smantellamento nucleare risulta concluso;

    risulta, quindi, di tutta evidenza che tornare ad investire nella tecnologia nucleare comporti un costo economico per i cittadini che si allontana dai meccanismi di partecipazione alla produzione di energia su base democratica, riconosciuti a livello europeo con l'adozione del Clean energy package, e pertanto significa ridimensionare il ruolo, riconosciuto ai consumatori, di protagonisti del processo di transizione energetica e quindi di prosumer, ossia di coloro che autoproducono e autoconsumano energia, nell'ottica di ottenere i vantaggi economici legati alla riduzione dei costi delle componenti variabili della propria bolletta (quota energia, oneri di rete e relative imposte), della quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera nonché della dipendenza dalle forniture dei Paesi esteri,

impegna il Governo:

1) a proseguire nella ricerca tecnologica per lo sviluppo dell'energia da fusione, in particolare sul confinamento magnetico, nell'ambito dei programmi di collaborazione con istituti e università a livello internazionale, senza tuttavia distrarre le risorse pubbliche destinate al miglioramento dell'efficienza energetica nonché allo sviluppo e all'incentivazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050;

2) ad adottare iniziative per assicurare il rispetto dell'iter procedurale per l'individuazione del deposito unico nazionale al fine di garantire il rispetto dei parametri finalizzati alla messa in sicurezza, alla completa bonifica e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale dove sono attualmente collocati i rifiuti radioattivi;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad imprimere un maggior impulso nell'individuazione e nella perimetrazione di aree idonee destinate alle installazioni di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di cui agli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 199 del 2021, nonché a sostenere la ricerca verso soluzioni tecnologiche innovative che consentano di ottimizzare lo sfruttamento delle medesime fonti e dei sistemi di accumulo, anche al fine di calmierare i prezzi dell'energia nel lungo periodo;

4) ad adoperarsi affinché, al fine di pervenire in tempi certi al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti rinnovabili per l'intera potenza attualmente disponibile, siano adottate misure volte al rapido superamento degli eventuali conflitti tra gli enti pubblici che intervengono nelle procedure di valutazione ambientali e, parallelamente, a proseguire nel percorso di semplificazione delle procedure autorizzatorie, attraverso l'indicazione di regole chiare per gli enti locali e per gli operatori, in linea con i principi e i criteri eventualmente individuati dalle regioni per la loro corretta installazione sulle superfici e sulle aree ritenute idonee, per una migliore integrazione nel territorio.
(1-00614) «Masi, Federico, Sut, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Orrico, Palmisano, Perconti, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Maraia, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Zolezzi».

(28 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    l'odierna crisi derivante dal conflitto Russia-Ucraina ha posto di fronte all'evidenza della necessità di una indipendenza energetica nazionale;

    la Russia è il primo fornitore dell'Italia di petrolio greggio e gas naturale, con una quota del 20,1 per cento davanti ad Azerbaigian con 15,2 per cento, Libia con 14,2 per cento, Algeria con 13,0 per cento. La Russia, inoltre, è il primo Paese fornitore di gas sia dell'Unione europea che dell'Italia: per il nostro Paese, la quota del valore delle importazioni di gas russo nei primi 10 mesi del 2021 sale al 43,0 per cento, in aumento di 1,5 punti rispetto al 41,5 per cento dello stesso periodo del 2020;

    questo fattore va posto in correlazione con gli obiettivi di lunga durata dell'Unione europea, con il green new deal e con gli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e 2050;

    nell'ottica di una riduzione delle emissioni l'Europa ha deciso di intraprendere un percorso economico e progettuale verso fonti rinnovabili e a basso impatto ecologico. Perché l'Unione europea possa raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 servono ingenti investimenti privati. La tassonomia dell'Unione europea è intesa a guidare gli investimenti privati verso le attività necessarie a tal fine;

    tra le opzioni della decarbonizzazione è prevista l'elettrificazione spinta dei consumi finali dall'attuale quota del 22 per cento al 55 per cento entro il 2050;

    l'Unione europea chiede una rapida e ambiziosa attuazione di piani di investimento per l'idrogeno elaborati dagli Stati membri come elemento fondamentale per la transizione energetica della Unione europea;

    atteso che tali obiettivi non potranno essere raggiunti facendo affidamento alle sole fonti rinnovabili, anche a causa della non programmabilità del fotovoltaico e dell'eolico, la Commissione europea, ha inserito nella tassonomia verde anche determinate attività del settore del gas e del nucleare, alla luce degli obiettivi di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici;

    la posizione della Commissione mostra una soluzione di forte pragmatismo, considerato che allo stato attuale le fonti rinnovabili non sono completate ed implementate ovunque e non sono in grado autonomamente di sopperire al fabbisogno energetico delle diverse nazioni;

    è necessario poi compiere alcune importanti considerazioni:

    l'energia elettrica importata dall'Italia da Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, pari a circa il 13 per cento dei consumi nazionali, è in prevalenza prodotta da tecnologia nucleare;

    l'Agenzia internazionale per l'energia (Iea) ha messo in risalto che per raggiungere le emissioni nette di gas serra pari a zero entro il 2050 sarà necessario incrementare la quota di energia nucleare a livello globale, dato confermato anche da uno studio prodotto dall'Ufficio parlamentare francese per la valutazione scientifica e tecnologica;

    secondo l'Intergovernmental panel on climate change, l'organismo scientifico intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, le emissioni da produzione elettronucleare sono pari a 12 grammi di anidride carbonica per chilowattora di elettricità, simile ai valori registrati per l'energia eolica, mentre i pannelli solari per produzione fotovoltaica arrivano a un valore di 41 grammi per chilowattora per installazioni domestiche e 48 grammi per chilowattora per i parchi solari;

    nel mondo esistono attualmente 437 reattori in operazione, una sessantina in costruzione e molti altri in progettazione avanzata;

    nell'Unione europea sono attualmente in funzione 103 reattori nucleari, 4 in costruzione e 7 in progetto e nel mix energetico europeo la generazione nucleare rappresenta circa il 26 per cento del totale con circa 732 terawattora all'anno;

    l'energia nucleare rappresenta un'alternativa low carbon agli altri combustibili fossili ed è un componente critico dei mix energetici di tutti gli Stati europei;

    la Francia che possiede il maggior numero di reattori nucleari (56) è la nazione in Europa che presenta, insieme ai Paesi scandinavi, la minore intensità di carbonio nella produzione elettrica (misurata in grammi equivalenti di anidride carbonica per chilowatt all'ora);

    l'Italia ha abbandonato definitivamente il nucleare dopo i referendum che hanno fatto seguito agli incidenti nucleari di Chernobyl del 1986 e di Fukushima del 2011 senza però riflettere sulla sicurezza relativa delle diverse fonti di energia; secondo uno studio dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica e di «Forbes» che ha calcolato il numero di morti per miliardo di chilowattora di energia prodotta: il nucleare risulta infatti la fonte di energia più sicura a fronte del carbone, di gran lunga il meno sicuro, seguito da petrolio, biomasse, gas naturale, idroelettrico, solare ed eolico;

    la crisi energetica che l'Italia sta vivendo è un fenomeno strutturale e non transitorio, esacerbato da due anni di pandemia e dalla recente crisi in Ucraina, che potrà essere affrontato solo ricorrendo all'utilizzo di un insieme di risorse che possano garantire una transizione energetica sostenibile anche da un punto di vista sociale ed economico;

    è necessario contenere il costo dell'energia per assicurare la tenuta del comparto industriale e sociale del Paese;

    bisogna rendere sostenibile la transizione ecologica, tenendo presente il forte costo per l'approvvigionamento di gas dall'estero e contestualmente tenendo a mente che i componenti per la produzione di rinnovabili provengono quasi in toto dalla Cina. La transizione ecologica deve, quindi, essere sostenuta e accompagnata dalla fruizione e sviluppo dei sistemi energetici conosciuti e attualmente in funzione. Tra i vari, il nucleare si dimostra la fonte energetica con maggiore potenziale di crescita e con un impatto climatico sempre minore;

    il nucleare si dimostra una fonte energetica su cui puntare potenziando la ricerca nell'ottica di sviluppo del nucleare di IV generazione;

    il nucleare di quarta generazione prende il nome dal Generation IV International Forum (Gif), un'iniziativa di cooperazione internazionale avviata nel 2001 dal Dipartimento dell'energia degli Stati Uniti con l'obiettivo di «sviluppare le ricerche necessarie per testare la fattibilità e la performance di reattori nucleari di quarta generazione», rendendoli poi disponibili per l'uso industriale a partire almeno dal 2030;

    gli obiettivi primari sono quelli di migliorare la sicurezza nucleare, ridurre la produzione di scorie nucleari, minimizzare gli sprechi e l'utilizzo di risorse naturali e diminuire i costi di costruzione e di esercizio di tali impianti;

    nel mondo della ricerca sul nucleare, inoltre, si discute ormai da anni degli Small modular reactors, piccoli reattori modulari che avrebbero il vantaggio di essere realizzati in gran parte in fabbrica, aumentando la certificazione sulla sicurezza. Se una centrale tradizionale ha la taglia di mille megawatt, un piccolo reattore modulare si fermerebbe a 100, un decimo; si tratta di nuovi reattori nucleari di piccola taglia basati sulla tecnologia light water reactor di III generazione provata, nota e a maggiore sicurezza intrinseca, che in virtù delle loro ridotte dimensioni e modularità garantiscono una migliore e più agevole localizzazione rispetto ai tradizionali impianti nucleari. Consentono, inoltre, la riduzione dei tempi di costruzione, la capacità di abbattere drasticamente la quantità del rifiuto finale e la possibilità di essere utilizzati in modo flessibile come integrazione delle reti con impianti rinnovabili per correggere l'intermittenza che oggi ne pregiudica il pieno e continuo utilizzo e quindi essere un supporto alla stabilità della rete elettrica;

    a ciò si aggiunga l'alacre studio per passare dalla fissione alla fusione nucleare. Una materia sempre in maggiore crescita e che, secondo tutti gli esperti del settore, innoverà e stravolgerà le conoscenze in campo energetico, anche in tema di approvvigionamento e costi;

    tra fissione e fusione vi sono notevoli differenze. Infatti, nella fissione, i nuclei di elementi pesanti vengono bombardati da neutroni aventi un'energia relativamente bassa e si spezzano in due nuclei più leggeri. I neutroni, rallentati da un «moderatore», colpiscono altri nuclei di uranio creando la famosa «reazione a catena». Il calore prodotto dalla reazione nucleare viene convertito in energia elettrica da un «ciclo termodinamico» e infine da un alternatore, come in qualsiasi centrale termica. Nella fusione, due nuclei di elementi leggeri (in particolare due isotopi dell'idrogeno, il deuterio e il trizio), portati ad altissima temperatura, circa 10 volte la temperatura al centro del Sole, fondono dando origine come «prodotto della fusione» ad un nucleo più pesante (in particolare l'elio) e un neutrone dotato di moltissima energia. Un'altra differenza fondamentale tra i due processi risiede nel fatto che i prodotti della fissione sono fortemente radioattivi, mentre il prodotto della fusione è un gas, l'elio, non solo assolutamente innocuo per le persone e l'ambiente ma anche utilissimo in tante applicazioni. C'è, inoltre, da sottolineare che entrambi i processi non producono né anidride carbonica né inquinanti e perciò vanno considerate a basso impatto ambientale;

    la fusione, quindi, è CO2-free. Una produzione di energia elettrica senza immissione in atmosfera né di elementi inquinanti come ossidi di azoto od ossidi di zolfo né di anidride carbonica, il principale gas ad effetto serra. L'aspetto è centrale perché potrebbe, in futuro, garantire il giusto connubio tra transizione ecologica e potenza energetica. Sviluppando le suddette tecnologie e sostenendo la ricerca nel settore, anche mediante convenzioni con le Università e i centri di ricerca italiani, si potrebbe giungere ad un'energia green, in grado di sopperire al fabbisogno energetico nazionale ed europeo;

    importanti aziende italiane, come Exor che nel 2021 ha ottenuto uno dei maggiori contributi positivi investendo in due società canadesi attive nel ciclo dell'uranio, investono nell'energia nucleare fuori dai confini nazionali portando all'estero capitali che potrebbero creare ricchezza e lavoro in Italia,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative a sostegno della ricerca nel campo nucleare al fine di proseguire nello sviluppo del settore e nel raggiungimento di risultati applicabili al contesto industriale in materia di fissione e fusione nucleare, favorendo, altresì il dibattito sull'energia dell'atomo, in particolare per quello di ultima generazione, basato su rigore scientifico;

2) a favorire una campagna di informazione oggettiva al fine di evitare opposizioni preconcette con la consapevolezza che il problema dell'accettazione sociale rappresenta una tappa essenziale per la realizzazione di qualsivoglia impianto energetico;

3) ad aderire a progetti internazionali di realizzazione di impianti di nuova generazione, anche mediante collaborazione diretta con quelle Nazioni che hanno già in essere o stipuleranno trattati bilaterali, con il nostro Paese;

4) ad adottare iniziative per istituire idonei percorsi di ricerca e sviluppo al fine di recuperare il ruolo dell'Italia nel campo dello studio e dello sviluppo tecnico in materia, anche attraverso convenzioni con atenei e centri di ricerca per la creazione di appositi corsi universitari;

5) a definire una nuova strategia nazionale sul nucleare ed un piano nazionale che contempli un mix bilanciato fra tutte le fonti energetiche, al fine di ridurre la vulnerabilità e dipendenza dell'Italia dall'import di energia, emerse ormai con evidenza e con crescente preoccupazione agli occhi di tutti i cittadini italiani;

6) ad individuare luoghi da adibire quali depositi unici nazionali dei rifiuti nucleari;

7) ad adottare iniziative per prevedere, ove venissero realizzate sul suolo nazionale centrali nucleari di nuova generazione, misure di compensazione ambientale per enti e territori.
(1-00628) «Binelli, Molinari, Andreuzza, Carrara, Colla, Fiorini, Galli, Micheli, Pettazzi, Piastra, Saltamartini».

(19 aprile 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE A SOSTEGNO DEL SETTORE AGROALIMENTARE IN RELAZIONE ALLA CRISI UCRAINA

   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi anni, l'evolversi di un'economia sempre più interconnessa ha stimolato la crescita esponenziale di un mercato globalizzato, contribuendo a rendere l'Italia un Paese principalmente trasformatore, con la necessità di importare – soprattutto dall'Oriente – le materie prime da lavorare e che costituiscono una risorsa imprescindibile per le fabbriche e le aziende operanti nel Paese;

    a seguito dell'avvento della pandemia COVID-19 e dell'arresto subito dall'intero pianeta, l'approvvigionamento di materie prime è divenuto sempre più complesso, e soprattutto oneroso, e la conseguenza è quella evidente dell'aumento dei prezzi dei prodotti finiti;

    ciò interessa tutti i settori merceologici, ma in maniera ancora più diretta il settore agroalimentare, poiché le conseguenze di tale rincaro colpiscono direttamente, oltre alle imprese, i cittadini italiani, trattandosi il più delle volte di prodotti di prima necessità;

    nelle ultime settimane, a questa già complessa situazione si è affiancato il dramma dello scoppio della guerra tra Ucraina e Russia che, oltre all'indicibile tragedia umanitaria, sta avendo strascichi commerciali ed economici, sia diretti che indiretti, per la difficoltà di reperimento di alcune materie prime agricole provenienti da quei territori (per l'Italia, soprattutto, mais e grano tenero) o per l'incancrenirsi delle difficoltà di importazione da altri Paesi (si veda la situazione del grano duro importato dal Canada, il cui blocco commerciale ha già portato ad un rialzo massimo del prezzo del grano nel dicembre del 2021);

    in relazione all'approvvigionamento di grano duro, secondo Ismea l'instabilità del mercato deriva soprattutto dal vuoto d'offerta determinato dal calo della produzione mondiale, nel 2021, del 9,1 per cento rispetto al 2020 e dall'assottigliamento delle scorte globali (-24,5 per cento). All'origine della riduzione produttiva è stato il crollo del 59,6 per cento dei raccolti in Canada, principale esportatore mondiale, a causa dell'eccezionale siccità che ha colpito una vasta area del Paese;

    relativamente al mais, ad esempio, i listini hanno registrato una decisa tendenza al rialzo a partire da ottobre 2020, raggiungendo il picco nelle prime tre settimane di febbraio 2022, con valori mai rilevati nelle fasi più acute delle crisi dei prezzi tra il 2007 e il 2008; si tratta di una situazione che suscita qualche preoccupazione, vista la consistente riduzione della produzione interna di mais (-30 per cento negli ultimi 10 anni) e l'ormai strutturale dipendenza delle imprese zootecniche dal prodotto di provenienza estera (tasso di autoapprovvigionamento italiano pari al 53 per cento contro il 79 per cento nel 2011);

    tra gli effetti indiretti del conflitto russo-ucraino si segnala che dal 5 marzo 2022 l'Ungheria aveva deciso di bloccare le esportazioni dei cereali, proprio per il timore del Governo locale che il conflitto tra Russia e Ucraina potesse causare carenze significative nell'approvvigionamento nazionale e una conseguente impennata dei prezzi a livello mondiale; ciò sarebbe gravissimo per il nostro Paese in quanto è un grande importatore di grano tenero, mais e semi di girasole proprio dall'Ungheria;

    nel dettaglio tra i nostri fornitori, l'Ucraina, nel 2021, ha fornito il 3 per cento delle importazioni di frumento tenero e il 13 per cento di mais, mentre la quota dell'Ungheria è, rispettivamente, del 23 per cento e del 32 per cento;

    a questa situazione si aggiunge, ad esempio, l'aumento del costo medio di produzione del latte, fra energia e spese fisse, che ha raggiunto i 46 centesimi al litro, un costo molto superiore rispetto al prezzo di 38 centesimi riconosciuto a una larga fascia di allevatori;

    ad aumentare sono anche i costi dei mezzi agricoli, dei fitosanitari e dei fertilizzanti che arrivano anche a triplicare; a tal proposito, l'Ucraina ha bloccato le esportazioni di concimi e, dopo il blocco della Russia e della Bielorussia, il nostro Paese ha perso il 15 per cento delle importazioni totali di fertilizzante;

    a ciò si somma una crisi energetica importante, che, aggravata dalla pandemia prima e dalle conseguenze del conflitto oggi, sta evidenziando quanto sia necessario un maggiore e più importarne progresso dal punto di vista energetico, sia per ciò che concerne la vera e propria produzione (si vedano la necessità di diversificazione degli approvvigionamenti e la rimozione degli ostacoli per la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili), sia per ciò che attiene all'acquisto dei componenti degli impianti, per i quali l'Italia è completamente dipendente dall'estero (Russia, Cina e altri Paesi);

    tale «pandemia energetica» si sta riverberando su tutto il settore agroalimentare, paralizzando la spinta verso il futuro, bloccando lo sviluppo e spesso paralizzando la produzione, in un'ottica in cui le spese sostenute da imprese e aziende sono necessarie quasi esclusivamente per poter fronteggiare la normale produzione e non certo per implementarla;

    le imprese italiane si trovano, quindi, ad affrontare esborsi cospicui per l'acquisto delle materie prime necessarie, aggravati dall'aumento del loro prezzo, del costo di produzione e dell'onerosità del loro trasporto (si veda anche il caro carburante, anche esso inasprito dal recente cambiamento della situazione geopolitica europea) e inoltre dai costi connessi alla transizione green, energetica e digitale attualmente in atto nel sistema produttivo italiano;

    un tale contesto sta portando ad un rialzo, anche importante, dei prezzi dei prodotti finiti, spesso prodotti di prima necessità, e ad un lento ma inesorabile rallentamento dei consumi che, in questa fase di ripresa economica post pandemica, il nostro Paese non può permettersi;

    in una fase particolare come quella che si sta vivendo si corre, inoltre, il rischio di speculazione sui prezzi e tutto ciò è sufficiente a delineare un quadro generale molto complesso che rende ancora più evidente – più di quanto già valutato nel pieno della pandemia da COVID-19 – quanto sia importante per il nostro Paese raggiungere una maggiore autonomia produttiva da un punto di vista agricolo ed agroalimentare;

    in questo momento essere autonomi nella produzione agricola e agroalimentare è fondamentale per garantire la sopravvivenza di un settore che si è rivelato fondamentale nel nostro Paese nei giorni più bui della pandemia, non facendo mai mancare, nonostante le difficoltà, i beni di prima necessità alle famiglie;

    per avviare questo percorso di resilienza è necessario intervenire su molti aspetti dell'attuale politica agricola nazionale e delle restrizioni, spesso burocratiche, al fine di garantire nuovi orizzonti agli agricoltori;

    alla luce di tutto quanto sopra esposto, è necessario garantire una sempre maggiore autonomia al sistema produttivo agricolo e alimentare italiano, sia in funzione dell'attuale emergenza sia in modo strutturale,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative di competenza per avviare un percorso concreto di rivalutazione dell'impostazione della politica agricola comune, tenendo conto dell'esigenza di orientare in maniera diversa e più efficace gli strumenti a disposizione per sostenere le produzioni più strategiche, in particolare:

  a) posticipare l'entrata in vigore delle misure introdotte nella politica agricola comune volte a limitare la produzione e rivedere alcuni adempimenti previsti, quali gli obblighi di semina, di rotazione delle colture e altro, nonché consentire l'utilizzo, a fini produttivi, delle aree ecologiche oggi non coltivabili, delle superfici lasciate a riposo e di tutti i pascoli, anche se parzialmente occupati da vegetazione arbustiva spontanea;

  b) incrementare la percentuale dei pagamenti accoppiati per le produzioni più strategiche e per le quali l'Unione europea non è autosufficiente (proteine vegetali, cereali e altro);

  c) introdurre un contributo per tutte le superfici agricole utilizzate, per ammortizzare l'incremento dei costi di produzione;

  d) rimuovere il vincolo del non incremento della superficie irrigabile, per aumentare la produttività del settore agroalimentare;

2) ad adottare iniziative per prevedere misure di semplificazione dei pagamenti da parte di Agea, ad esempio permettendo la possibilità di ricevere l'erogazione di aiuti, benefici e contributi finanziari a carico delle risorse pubbliche, rinviando l'adempimento delle disposizioni di cui ai commi 1-quater e 1-quinquies dell'articolo 78 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27;

3) a promuovere la diversificazione dei mercati di approvvigionamento delle materie prime agricole, tra cui frumento tenero, mais, olio di girasole, ma anche dei concimi, sui quali il nostro Paese negli ultimi anni ha rafforzato la dipendenza dall'estero, ma anche, al contempo, ad adottare iniziative per prevedere la possibilità di uno stoccaggio agevolato per alcuni prodotti in relazione alle esportazioni, nonché a promuovere lo sviluppo di nuove infrastrutture per lo stoccaggio;

4) ad adottare iniziative per prevedere immediati interventi in ambito nazionale a sostegno del settore agroalimentare, quali il potenziamento degli strumenti di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, anche attraverso una deroga alle norme sugli aiuti di Stato, la garanzia di una moratoria alle scadenze dei termini relativi all'indebitamento in essere con istituti di credito o altri operatori, l'adozione di misure per sostenere la domanda all'interno del mercato agroalimentare e il finanziamento di specifiche misure di sostegno alle filiere più esposte alla crisi (zootecnia, florovivaismo e altro), anche attraverso la sospensione degli oneri previdenziali a carico dei datori di lavoro;

5) a promuovere la ricerca di nuovi mercati per l'approvvigionamento di prodotti fertilizzanti utili alla concimazione e alla lavorazione del terreno da preparare alle semine;

6) ad avviare un confronto in ambito europeo finalizzato ad affrontare la creazione di un Energy Recovery fund, finanziato dal debito pubblico europeo comune sul modello di quanto avvenuto per contrastare le drammatiche conseguenze di carattere economico e sociale derivanti dal diffondersi della pandemia da COVID-19;

7) a valutare la possibilità di adottare iniziative per calmierare ulteriormente il prezzo gasolio agricolo agevolato;

8) ad adottare iniziative per sviluppare, promuovere ed incentivare tecnologie di coltivazione fuori suolo, nonché nuove tecnologie applicabili in agricoltura per il miglioramento genetico basate, ad esempio, su cisgenesi e genome editing, consentendo la ricerca in pieno campo a sostegno dello sviluppo futuro del settore agricolo e agroalimentare;

9) ad adottare iniziative volte a programmare, attraverso un accordo con tutti i Ministeri di competenza, nonché con i soggetti che operano nel settore della cooperazione allo sviluppo, un'organica iniziativa di sostegno alla ripresa e allo sviluppo del settore agricolo in Ucraina, in conseguenza delle distruzioni subite dall'aggressione bellica della Russia, attivando tutte le iniziative possibili, anche nell'ambito del sistema della cooperazione italiana, e avviando misure di sostegno atte a consentire la ripresa e la continuità della piena capacità di produzione agricola dell'Ucraina.
(1-00609) (Nuova formulazione) «Cillis, Gagnarli, Gallinella, Cadeddu, Cassese, Bilotti, L'Abbate, Maglione, Marzana, Alberto Manca, Parentela, Pignatone».

(18 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    le conseguenze dirette e indirette della guerra tra Russia e Ucraina pongono al centro del dibattito la capacità del settore agroalimentare di affrontare efficacemente le dinamiche innestate dai rapidi e improvvisi mutamenti dei contesti economici e politici;

    i rincari record dei prezzi delle commodities agricole, in primis dei cereali, sono riconducibili, al pari di quanto è accaduto a tutte le materie prime, a un insieme di fattori di natura congiunturale, strutturale, geopolitica e anche speculativa. In questo scenario, l'Italia sconta una strutturale dipendenza delle forniture estere di frumento duro, tenero e mais, con un tasso di autoapprovvigionamento rispettivamente pari a circa il 60 per cento per il grano duro, il 35 per cento per il tenero e il 53 per cento per il mais, che espone particolarmente il nostro Paese alle turbolenze dei mercati internazionali;

    gli ultimi due anni, caratterizzati dai devastanti effetti sociali ed economici causati dalla pandemia da COVID-19, hanno rimesso al centro del dibattito politico la capacità di adattamento del nostro sistema agricolo e alimentare. Gli sforzi dei nostri produttori hanno costantemente assicurato cibo di qualità, a un prezzo equo, sulle tavole degli italiani, nonostante le enormi difficoltà legate all'emergenza sanitaria;

    l'invasione della Federazione russa ai danni dell'Ucraina ha bruscamente allontanato le previsioni di un graduale ritorno alla normalità e, sovrapponendosi al protrarsi degli effetti della pandemia, ha improvvisamente introdotto nuovi e ulteriori fattori di instabilità sociale ed economica. La crisi ha cancellato tutte le previsioni di un graduale ritorno alla normalità dopo la pandemia, introducendo nuovi elementi di instabilità economica e l'aumento generalizzato di tutte le materie prime e dell'energia. Oltre a mettere a rischio la sicurezza alimentare, sta progressivamente e rapidamente erodendo la redditività dell'attività economica su tutta la filiera produttiva ma, in particolare, dell'anello più debole minandone la sopravvivenza;

    le possibili limitazioni al commercio internazionale da parte di Paesi dell'area ex sovietica e di alcuni dei Paesi membri dell'Unione europea rischiano di compromettere il mercato degli approvvigionamenti europei provocando uno shock generalizzato di ampia portata. Per il settore agricolo, l'incertezza dello scenario geopolitico ha ulteriormente accresciuto la volatilità e anche la speculazione delle quotazioni internazionali dei cereali e dei semi oleosi. I prezzi di frumento e mais in Italia hanno raggiunto i livelli più elevati negli ultimi anni,

    il Crea ha stimato un impatto di oltre 15.700 euro di aumento medio dei costi delle imprese agricole; aumento dovuto al rincaro di fertilizzanti, mangimi, gasolio, sementi piantine, prodotti fitosanitari, antiparassitari e diserbanti, oltre ai maggiori costi per i noleggi passivi, conseguenza diretta dell'incremento dei costi dei carburanti;

    la Commissione europea ha attivato per la prima volta il suo fondo di riserva per la crisi, prevedendo un pacchetto da 500 milioni di euro, per sostenere direttamente gli agricoltori più colpiti dall'aumento dei costi di produzione e dalla chiusura dei mercati di esportazione;

    la bozza di atto delegato, resa disponibile dalla Commissione, prevede per l'Italia un'assegnazione di 48 milioni di euro che potranno essere integrati con un cofinanziamento fino a 96 milioni di euro, di cui il nostro Paese è chiamato a farsi carico con un ulteriore sforzo finanziario. Per l'Italia significherebbe disporre di uno stanziamento complessivo di 144 milioni di euro, che, secondo quanto riferito dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dovrebbe essere destinato ai settori maggiormente in difficoltà, zootecnico e lattiero-caseario;

    le proposte della Commissione europea rappresentano un primo passo positivo anche se risulta necessario, come ha anticipato il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Patuanelli il 29 marzo 2022 presso la Camera dei deputati durante l'informativa urgente, rivedere i Piani strategici nazionali previsti dalla nuova Pac alla luce delle mutate condizioni di mercato;

    il pacchetto di misure inserite nel decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, il cosiddetto «decreto crisi ucraina», costituisce una prima, concreta risposta, anche se non esaustiva, alle esigenze del settore;

    è necessario adottare misure immediate e urgenti lavorando ad un piano straordinario che consenta il miglior utilizzo degli strumenti a disposizione con la richiesta di risorse ulteriori per accrescere la nostra autonomia alimentare, diversificare i mercati di importazione, supportare il nostro export nell'individuazione di nuovi mercati, rafforzare i sistemi alimentari locali e di distretto. Occorre costruire un orizzonte strategico di medio periodo anche condizionando i principali strumenti che sostengono l'agricoltura e la pesca verso una maggiore buona produzione nazionale e verso il rafforzamento delle filiere, senza alcuna ambizione neo-protezionistica e autarchica ma anche senza smarrire gli obiettivi del Green Deal;

    la Fao ha allertato la comunità internazionale sulle conseguenze drammatiche che la guerra, con il conseguente blocco di grano destinato ai Paesi in via di sviluppo in aree come il Nord Africa, il Medioriente e l'Asia, può provocare in termini di sicurezza alimentare,

impegna il Governo:

1) con la dovuta attenzione ai temi ambientali, ad adottare iniziative di competenza per avviare una revisione e un aggiornamento della Pac 2022 e del Piano strategico nazionale 2023-2027 al fine di:

  a) incrementare la produttività agricole onde sopperire ai fabbisogni interni;

  b) prevedere forme di incentivo per le nuove messe a coltura;

  c) aumentare il plafond da destinare agli aiuti accoppiati da destinare alle colture proteiche, cereali e semi oleosi

  d) prevedere una deroga al 2023 di alcuni vincoli in modo da permettere di destinare tutte le superfici, a qualsiasi titolo ritirate dalla produzione, a colture proteiche, cereali o girasole.

2) ad adottare iniziative per assicurare una maggiore efficienza dei sistemi irrigui del nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di piccole strutture di accumulo necessarie al sostegno della capacità produttiva delle aziende agricole che operano in condizioni climatiche difficili;

3) a prevedere iniziative volte a favorire una sana gestione finanziaria delle imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura attraverso una rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui;

4) al fine di favorire il rilancio produttivo e occupazionale delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, ad adottare iniziative per prorogare le agevolazioni contributive;

5) ad adottare iniziative di competenza per rafforzare i meccanismi di monitoraggio e controllo dei prezzi agroalimentari ai fini della immediata salvaguardia del potere d'acquisto delle famiglie, soprattutto in ordine ai consumi alimentari delle fasce di popolazione più deboli sul piano sociale ed economico;

6) ad adottare iniziative per sostenere la filiera della pesca e dell'acquacoltura a seguito dell'aumento dei costi del carburante e delle materie prime;

7) ad adottare iniziative volte a incentivare interventi per favorire l'ammodernamento, attraverso la combinazione di incentivi a fondo perduto e agevolazioni di carattere fiscale, la sostituzione e il rinnovo delle imbarcazioni adibite alla pesca e all'acquacoltura, agevolando il passaggio a motori tecnologicamente più avanzati che garantiscano un minor impatto ambientale e minori emissioni in atmosfera;

8) ad adottare iniziative per prevedere aiuti alle famiglie con redditi bassi per affrontare l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari attraverso la creazione di un Fondo alimentare per le famiglie che favorisca l'acquisto di beni alimentari essenziali;

9) ad adottare iniziative per sostenere le aziende agricole nella ricerca e nello sviluppo di strategie di diversificazione colturale orientate verso principi agro- ecologici;

10) ad adottare le iniziative di competenza per mettere a disposizione delle organizzazioni internazionali le risorse necessarie per fronteggiare l'emergenza alimentare nei Paesi in via di sviluppo.
(1-00627) «Incerti, Cenni, Avossa, Critelli, Cappellani, Frailis, Berlinghieri, Pagani, Ciampi, Morgoni».

(19 aprile 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la globalizzazione economica, in particolar modo dal termine della guerra fredda in poi, ha portato ad una forte crescita dei livelli di interdipendenza dell'Italia dai mercati internazionali, in particolar modo per l'approvvigionamento di materie prime ad ogni livello, anche agricolo;

    una elevata dipendenza da fornitori stranieri per l'approvvigionamento di prodotti strategici come le materie prime solleva numerosi profili di rischio per la sicurezza nazionale nel momento in cui tali fornitori corrispondono a Paesi stranieri al di fuori dell'Unione europea e dunque dell'ambito applicativo delle garanzie di diritto dell'Unione;

    la pandemia da COVID-19 con le misure di restrizione e contenimento, in particolar modo in riferimento alla prima metà dell'anno 2020, nonché il conseguente arresto delle attività economiche e la successiva immediata ripresa hanno dato luogo ad una cosiddetta crisi di saturazione, con elevati livelli di inflazione, costanti rincari di materie prime ed energia, ed una perturbazione delle catene di rifornimento globali, con conseguente rincaro dei costi della logistica;

    come indicato già nella prima metà dell'anno 2021 dal FAO Food Price Index (FFPI), sono stati registrati incrementi dei prezzi delle principali materie prime in agricoltura per oltre dodici mesi consecutivi, anche in virtù dell'impatto che il mercato interno cinese, particolarmente attivo nell'acquisto di materie prime agricole, ha avuto sui mercati internazionali;

    il rincaro delle materie prime agricole e dei costi della logistica, congiuntamente alla recente spirale inflattiva ed all'erosione del potere di acquisto di cittadini ed imprese, ha riversato le sue conseguenze direttamente sui consumatori finali e sulle aziende della filiera, anche per quanto attiene all'acquisto di prodotti di prima necessità;

    lo scenario economico, già abbastanza preoccupante al termine del quarto trimestre del 2021, è stato successivamente aggravato dall'invasione dell'Ucraina ad opera della Federazione russa, che ha portato all'interruzione di tutti i canali di fornitura relativi all'area strategica del Mar Nero nonché al blocco temporaneo delle esportazioni di materie prime agricole da Russia e Ucraina verso i mercati occidentali, con conseguenti difficoltà nel reperimento di numerose materie prime che vanno dal mais al grano duro ai materiali chimici per la produzione di fertilizzanti, senza contare le ripercussioni sui costi dell'energia;

    sul punto, infatti, come riportato dal Centro di ricerca politiche e bioeconomia del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (Crea), la Russia produce il 23 per cento del gas naturale mondiale e circa il 40 per cento del gas naturale dell'Unione europea proviene dalla Russia, che è anche un importante esportatore di petrolio, il cui prezzo (brent) è salito di oltre il 60 per cento dall'inizio del 2022, portando, tra rincaro di gas e petrolio, ad aggravare l'inflazione dei prodotti alimentari;

    Russia e Ucraina rappresentano oltre il 30 per cento del commercio mondiale di frumento e orzo, il 17 per cento del mais e oltre il 50 per cento dell'olio di girasole, prodotti essenziali sia per la trasformazione alimentare che per la mangimistica che per la produzione di beni di prima necessità come pane o pasta;

    in tal senso, l'Italia importa, tra le altre, il 64 per cento del grano tenero per il pane e i biscotti, il 44 per cento di grano duro per la pasta ed il 47 per cento di mais, al punto che i rincari di tali materie incide di per sé sul 10 per cento del prezzo del prodotto finale sul consumatore, con ulteriori rincari dovuti al costo dell'energia (essenziale per alimentare i processi di trasformazione della materia prima agricola) ed al maggiore costo di trasporti, imballaggi e carburate;

    secondo le elaborazioni del Crea, la variazione percentuale dei costi legati a componenti come fertilizzanti e gasolio ha superato rispettivamente il 170 per cento ed il 129 per cento, ha portato complessivamente ad un rincaro annuale dei costi correnti per le aziende agricole stimato di oltre 15.700 euro, valore che arriva a sfiorare i 99.000 euro nelle aziende che allevano granivori;

    come indicato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea) pesa su questo scenario, relativamente all'approvvigionamento della materia grano duro, il crollo dei raccolti nel primo Paese mondiale per produzione di grano duro, il Canada, pari al 59,6 per cento dovuto, tra le altre alla forte siccità che ha colpito il Paese, portando ad un vuoto di offerta che ha impattato in modo rilevanti sia sui mercati internazionali (con un declino delle scorte globali di oltre il 24 per cento) che sulla tenuta dell'industria molitoria;

    in relazione al mais, di cui l'Ucraina è quarto esportatore mondiale, detenendo il 15 per cento delle forniture globali, nel febbraio 2022 Ismea ha registrato un valore di picco storico, con la quotazione di 283,10 euro per tonnellata (+27 per cento su febbraio 2021), sollevando numerose preoccupazioni sul fronte interno sia per il calo della produzione nazionale di mais di circa il 30 per cento negli ultimi 10 anni, sia perché la quota di autoproduzione nazionale è attualmente in grado di coprire il solo 53 per cento della domanda interna, lasciando il restante 47 per cento totalmente in mano alle importazioni straniere, con particolare sensibilità alle oscillazioni di mercato e conseguenti rincari a cascata per le aziende agricole, ed in modo particolare il comparto mangimistico;

    per il grano tenero, il mercato è fortemente influenzato dalle esportazioni di Russia e Ucraina che, insieme, esprimono oltre il 30 per cento delle esportazioni globali, portando a oscillazioni di mercato molto marcate, con il raggiungimento del picco di 325,63 euro a tonnellata nel dicembre 2021 (valore più, alto dal 1993) e, nel mese di febbraio, il valore di 312,98 euro a tonnellata, comunque estremamente elevato;

    per quanto attiene al grano tenero, l'Italia ne importa circa il 60 per cento per uso interno di prima e seconda trasformazione, esponendo l'industria molitoria ad una estrema vulnerabilità, nonostante le importazioni italiane provengano principalmente da Paesi dell'Unione europea;

    è in questo caso fondamentale il raggiungimento di strategie condivise in sede europea per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare a tutti i Paesi membri, considerando anche la forte attività di approvvigionamento di grano da parte della Repubblica popolare cinese;

    l'inflazione alimentare ha colpito anche il settore lattiero-caseario, con un incremento dei costi di produzione di almeno il 20 per cento e conseguente rincaro per i consumatori del 30 per cento anche per via del costo medio del latte pari a 48 centesimi al litro (secondo rilevazioni di aprile 2022) e per la riduzione del numero di capi utilizzati dai produttori, necessario per contenere i costi;

    i rincari, avendo colpito a tutto tondo, anche per ragioni esterne rispetto al conflitto tra Ucraina e Russia, anche le quotazioni delle terre rare e delle produzioni tecnologiche, hanno portato ad un rincaro dei mezzi agricoli e dei prodotti ad alto livello di tecnologia, sempre più necessari per le aziende agricole;

    la Russia è il primo esportatore al mondo di fertilizzanti, detenendo oltre il 13 per cento della loro produzione mondiale, con il costo del nitrato di ammonio passato da 250 euro a 675 euro a tonnellata, dell'urea da 350 euro a 875 euro a tonnellata (con picchi di oltre 1000 euro/t), il perfosfato minerale da 170 euro a 350 euro a tonnellata e concimi a contenuto di potassio da 450 a 850 euro a tonnellata, costringendo almeno il 30 per cento delle imprese agricole a ridurre i raccolti;

    il rincaro dei costi energetici ha portato alla riduzione degli output delle industrie produttrici di fertilizzanti in Europa, portando anche ad una prospettiva di effettiva scarsità dei fertilizzanti stessi;

    l'Italia è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari dell'Ucraina, con una quota rilevante di esportazioni di tabacco e prodotti ad alto valore aggiunto come vino, caffè, pasta;

    tale scenario, unito al rincaro dei costi dell'energia, porta ad un generale aggravio dei costi di produzione industriale a qualsiasi livello, con particolare incidenza per l'industria agroalimentare a qualsiasi livello, con costi di utenze energetiche superiori anche del 1.500 per cento rispetto a febbraio 2020;

    nonostante le prime avvisaglie della crisi corrente fossero state sollevate ed evidenziate a più riprese nel corso del 2021, la mancata adozione di misure sistemiche a livello italiano ed europeo ha portato il sistema-Paese Italia in una situazione di enorme vulnerabilità, sia per quanto riguarda la produzione agroalimentare che l'approvvigionamento di componentistica per i macchinari industriali che per il procacciamento di materie prime agricole;

    altri Paesi europei hanno adottato, sia in sede di piano di rilancio nazionale post-pandemico, che in risposta all'attuale contingenza internazionale, strategie di rilancio delle produzioni strategiche nazionali in agricoltura, con particolare attenzione alla creazione di catene di fornitura strategiche, diversificate e con una importante quota di autoapprovvigionamento;

    ciò rende improcrastinabile l'esigenza di raggiungere una piena sovranità alimentare con la creazione di filiere nazionali che riducano la vulnerabilità del sistema industriale agroalimentare italiano dalle oscillazioni e speculazioni di mercato, in modo da garantire anche una piena sicurezza alimentare in termini di approvvigionamento nazionale e fornitura di prodotti di qualità ai cittadini italiani, considerando anche il ruolo di presidio ricoperto dal comparto agricolo nel corso della pandemia da COVID-19;

    la crisi pandemica da COVID-19, il rincaro di energia e materie prime, la contrazione della domanda di prodotti e la riduzione del potere di acquisto hanno incrementato i costi sostenuti dalle imprese nel procacciarsi i materiali da trasformare, i costi sostenuti per alimentare i processi produttivi, nonché quelli di produzione finale e trasporto, con conseguenti rincari in capo ai consumatori ed un minore guadagno per tutti;

    le politiche di transizione energetica verde sostenute a livello nazionale ed europeo hanno reso Italia ed Unione europea particolarmente fragili di fronte all'attuale scenario internazionale, creando ulteriori costi in capo a imprese e cittadini, dando luogo ad un rischio di stagflazione per tutta l'economia europea, la quale porterebbe al tracollo del secondo blocco economico mondiale;

    in tal senso, il piano REPowerEU, presentato dalla Commissione europea per prevedere una maggiore indipendenza energetica europea da fornitori quali la Federazione russa, necessita di essere integrato, così come il Piano nazionale di ripresa e resilienza e, a livello europeo, il piano Next Generation EU, in quanto l'attuale contingenza economica è estremamente aggravata, a tutti i livelli, rispetto alle premesse iniziali di elaborazione dei piani;

    numerose iniziative del Pnrr, in tutti i livelli, rischiano di essere di fatto sterilizzate dal fenomeno dell'energy crunch;

    come indicato anche nel Documento di economia e finanza (Def 2022), la guerra tra Russia e Ucraina ha un fortissimo peso sulla crescita, rendendo incerti gli scenari per il 2022, con conseguenti ripercussioni anche sul 2023;

    a livello internazionale la Cina sta stoccando materia prima industriale ed agricola, arrivando oggi a detenere l'82 per cento delle scorte mondiali di rame, il 69 per cento di quelle di mais, il 49 per cento di quelle di frumento, il 45 per cento di quelle di fagioli di soia, il 26 per cento di quelle di petrolio;

    l'attuale crisi energetica e alimentare ha ripercussioni sistemiche anche sugli scenari internazionali di prossimità rispetto all'Italia, in quanto dalle esportazioni alimentari di Russia e Ucraina dipendono Paesi come Egitto, Nigeria, Tunisia, Mali ed in generale tutta l'area africana;

    in tal senso l'interruzione delle forniture di prodotti alimentari nonché il rincaro di materie prime agricole possono portare sia a nuove ondate migratorie dovute alla mancanza di derrate alimentari nel continente africano sia ad una maggiore influenza nell'area da parte della Cina, che già sta imponendosi come sostituto di Russia e Ucraina per il rifornimento di materie prime in agricoltura, come da ultimo attestato da un accordo stipulato con l'Algeria per la produzione di fertilizzanti;

    la crisi dell'approvvigionamento alimentare interviene quindi in ottica interna nazionale, europea, ma anche internazionale e strategica, aprendo nuovi spiragli di rischio ed opportunità per l'Italia e l'Unione europea;

    l'aumento dei prezzi, ad ogni livello, ha un impatto particolarmente marcato sui ceti meno abbienti, in particolar modo famiglie e cosiddetto working poor, anche alla luce della dinamica di mancata crescita dei salari italiani a parità dei principali competitor europei, come Francia e Germania;

    il rilancio della produzione agricola nazionale può partire unicamente dall'adozione di una strategia di politica agricola di ampio respiro e lungo periodo, anche operando sullo stravolgimento dei paradigmi finora adottati,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per sostenere le filiere nazionali aumentando l'autoapprovvigionamento, attraverso una strategia di tutela del reddito degli agricoltori italiani, e per diversificare le fonti di approvvigionamento di materie prime agricole, con riferimento a grano duro, tenero, mais, fertilizzanti e a tutte le materie prime dove sia presente una sostanziale quota di importazioni, operando altresì per incrementare lo stoccaggio di materie prime;

2) ad adottare le necessarie iniziative di competenza presso i competenti tavoli europei per riorganizzare gli obiettivi programmatici della Politica agricola comune (Pac) sulla base del nuovo scenario internazionale, con la finalità di sostenere la creazione di filiere agricole strategiche nazionali e garantire approvvigionamento e sovranità alimentare a livello italiano ed europeo;

3) ad arrestare l'entrata in vigore delle misure contenute nella Pac con effetti riduttivi e distorsivi nei confronti delle produzioni agricole nazionali, con riferimento anche agli obblighi di semina, rotazione delle colture o messa a riposo dei terreni;

4) ad adottare iniziative per consentire l'utilizzo delle aree ecologiche ad oggi non coltivate, nonché delle superfici coltivabili lasciate a riposo o ad altra destinazione agroalimentare, ove compatibile, con la finalità di rilanciare le produzioni agroalimentari nazionali;

5) ad adottare iniziative per riformare gli strumenti di finanza agevolata a sostegno del settore agroalimentare, in riferimento sia alla ristrutturazione e rinegoziazione delle esposizioni bancarie delle imprese agricole, sia in riferimento alla concessione di credito, anche con garanzie statali e lunghi periodi di ammortamento, necessari per il lancio di nuove attività agricole ed il risanamento di stazioni di particolare esposizione ed insolvenza di attività agricole già esistenti, nonché per il sostegno dei costi legati all'approvvigionamento energetico, di macchinari e di materie prime per l'attività delle aziende agroalimentari;

6) ad adottare iniziative per calmierare, nel breve periodo, il costo dei carburanti utilizzati dalle imprese agricole e dalle filiere agroalimentari per tutti i processi di lavorazione agricola almeno per l'anno 2022 o anche successivamente qualora perdurino gli aumenti del costo del gasolio agricolo, valutando anche la revisione del regime di sussidi ambientalmente dannosi (Sad) per ridurre ulteriormente gli oneri sui carburanti usati dalle filiere;

7) ad adottare iniziative per rimuovere i vincoli di origine normativa e burocratica che rallentino la produttività delle aziende agroalimentari, erogando contributi per stimolare le produzioni agricole più strategiche e da cui si registra una maggiore dipendenza dalle importazioni straniere;

8) ad adottare iniziative per riformare in ottica di semplificazione, le modalità di erogazione dei pagamenti da parte dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (Agea) anche prevedendo deroghe e rinvii rispetto ad oneri di controllo propedeutici alle erogazioni stesse;

9) a promuovere in sede comunitaria una strategia finalizzata alla creazione, ove possibile, di una filiera di lavorazione, produzione e distribuzione dei fertilizzanti nell'Unione europea e nei Paesi membri, nonché ad adottare iniziative per diversificare le fonti di approvvigionamento di prodotti fertilizzanti in modo tale da ridurre l'esposizione nazionale italiana da fornitori extra-europei;

10) a promuovere l'apertura dei necessari tavoli europei per rimodulare in modo organico le iniziative quali Next Generation EU, Green New Deal, REPowerEU e la Politica agricola Comune e, ove applicabile e necessario, la Politica comune della pesca, nell'ottica dell'incentivo alla produzione nazionale di prodotti alimentari e dell'abbandono di strategie energetiche eccessivamente dannose per i comparti industriali europei del settore agroalimentare, fronteggiando le gravi ripercussioni sulle fasce di popolazione meno abbienti conseguenti alla crisi internazionale di energia e materie prime;

11) a programmare, per quanto di competenza, in sede nazionale ed europea, iniziative di politica estera tali da scongiurare l'estensione dell'influenza cinese nel continente africano in conseguenza della sopravvenuta crisi alimentare e operare, anche con accordi di natura economico-politica, per sostituire, ove possibile, il ruolo della Federazione russa nelle catene di approvvigionamento alimentare nelle aree di interesse strategico nazionale.
(1-00629) «Meloni, Lollobrigida, Caretta, Ciaburro, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Butti, Caiata, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Giovanni Russo, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(19 aprile 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    negli ultimi mesi la situazione dell'agricoltura italiana, impegnata in una fase di delicata ripresa dopo la crisi dovuta alla pandemia, si è ulteriormente aggravata a causa dell'impennata dei prezzi dell'energia e per il conflitto Russia-Ucraina, che stanno comportando il rincaro delle materie prime essenziali per i processi produttivi della filiera agroalimentare;

    il conflitto si è inserito in un momento in cui il mercato delle commodities era già turbolento e sta rendendo l'Italia vulnerabile sotto il profilo della dipendenza dall'estero per gli approvvigionamenti, in particolare, dei principali cereali quali mais, grano, soia e girasole;

    l'Ucraina è il quarto produttore al mondo di cereali e importante fornitore per il nostro Paese di mais, soia e grano, materie prime fondamentali soprattutto per il settore della zootecnia, in quanto il mais è presente nell'alimentazione di bovini da latte, da carni, suini e pollame da carne e ovaiole; un blocco delle importazioni di queste commodities ha un impatto dannoso per le produzioni agroalimentari, quali pasta, salumi, formaggi, carne e latte;

    la crisi ucraina e i suoi contraccolpi globali hanno messo in evidenza quanto l'Italia non sia autosufficiente su alcuni fronti; il nostro Paese produce appena il 36 per cento del grano tenero che le serve, il 53 per cento del mais, il 51 per cento della carne bovina, il 56 per cento del grano duro per la pasta, il 73 per cento dell'orzo, il 63 per cento della carne di maiale e i salumi, il 49 per cento della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all'84 per cento di autoapprovvigionamento;

    l'Ucraina, insieme alla Russia, controlla circa il 28 per cento degli scambi di grano con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, per il 16 per cento sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l'alimentazione degli animali negli allevamenti e per il 65 per cento sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate) per la produzione di conserve, salse, maionese, condimenti spalmabili da parte dell'industria alimentare;

    il mais è la componente principale dell'alimentazione degli animali negli allevamenti e l'Italia è costretta a importare oltre la metà del fabbisogno (53 per cento) a seguito della riduzione di quasi 1/3 della produzione interna negli ultimi 10 anni a causa delle speculazioni a danno degli agricoltori e dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, portando alla scomparsa di 1 campo di grano su 5 con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati;

    secondo le regole della Pac le aziende agricole di dimensioni superiori a 10 ettari dovrebbero lasciare obbligatoriamente a riposo, ogni anno, una quota pari al 5 per cento della superficie aziendale;

    la Commissione europea, per fronteggiare all'allarme forniture dovuto alla crisi per la guerra in Ucraina, ha previsto una deroga temporanea al tasso minimo di terreni a riposo – misura che rientra in un piano anti-crisi per l'agricoltura – per la messa in coltivazione di 4 milioni di ettari di terreni inutilizzati nella Unione europea per consentirne la coltivazione e aumentare la produzione di cereali e colture proteiche per scopi alimentari e mangimi, al fine di ridurre la dipendenza dalle importazioni, che stanno mettendo in difficoltà la capacità di approvvigionamento in Italia e nell'Unione europea;

    questa deroga permetterà all'Italia di sbloccare circa 200 mila ettari di terreni incolti necessari per ridurre la dipendenza dall'estero; tra le regioni più interessate ci sono la Campania con 10.500 ettari, la Lombardia con 11 mila, il Veneto con 12.300 ettari, il Piemonte con 17.544 e l'Emilia-Romagna con 20.200;

    relativamente alla questione dei terreni incolti, che potrebbero essere utilizzati per aumentare l'autosufficienza del nostro Paese, esiste il problema della ricomposizione fondiaria che riveste una particolare rilevanza, specialmente nelle zone montane, a causa dei gravi limiti strutturali presenti nel comparto agricolo dovuti ai fenomeni di polverizzazione accompagnati da quelli di frammentazione e dispersione fondiaria delle aziende agricole, organizzate in genere su più corpi fondiari, spesso distanti fra di loro, riferibili ad un unico proprietario e intervallati da terreni appartenenti ad altri;

    la frammentazione fondiaria, inoltre, porta ad avere delle zone rurali abbandonate, perché la coltivazione o il mantenimento dei fondi risulta difficile e non redditizio ed anche a causa delle ridotte dimensioni dei lotti che si configurano spesso come delle strisce di terreno lunghe e strette, caratteristiche dell'assetto montano e che mal si prestano alle lavorazioni agrarie; la frammentazione della proprietà fondiaria è un fattore negativo che incide fortemente sui costi di produzione delle colture ed è una grossa limitazione alla manutenzione dei terreni montani;

    alle conseguenze del conflitto Russia-Ucraina si è andata a sommare la situazione derivata dall'aumento dei costi energetici, che introduce nuovi e ulteriori fattori di instabilità sociale ed economica per l'agricoltura italiana;

    le aziende agricole segnalano quotidianamente una crescita esponenziale dei costi legati all'energia elettrica e al gas, ma anche un aumento dei prezzi di carburanti, fertilizzanti, mangimi, prodotti fitosanitari, antiparassitari, diserbanti, macchinari e sementi;

    l'innalzamento dei costi energetici si riflette, con rincari a catena, anche sui prezzi degli imballaggi, sulla plastica, sul vetro, sulla carta per le etichette dei prodotti, sulle confezioni di latte, sulle bottiglie per l'olio, sui succhi e passate ed anche sui trasporti;

    l'aumento dei costi di produzione ricade inevitabilmente sui prezzi al consumo dei prodotti primari, che vanno a gravare sui consumatori finali; l'aumento del prezzo finale non arriva al produttore iniziale, ma viene assorbito dalla grande distribuzione e dalla trasformazione; il settore agricolo, infatti, è quello che più di ogni altro non riesce nemmeno ad avere un vantaggio da un eventuale rialzo dei prezzi al consumo, perché l'aumento può causare, tra l'altro, una contrazione del consumo del prodotto stesso, con un conseguente effetto nullo lungo la filiera produttiva;

    il primo problema dell'agricoltura italiana, quindi, è il reddito delle aziende agricole; i rincari stanno colpendo la redditività delle imprese dell'intera filiera agroalimentare. Si stima un aumento medio di 1/3 dei costi di produzione dell'agricoltura a livello nazionale per un esborso di circa 8 miliardi di euro su base annua rispetto al precedente anno;

    se un'azienda agricola ha un reddito adeguato, ha le risorse necessarie per sostituire le trattrici, investire in stalle più moderne, investire nell'agricoltura di precisione, e, quindi, in maggiore sostenibilità ambientale allo stesso tempo e riduzione degli input, che sono un costo produttivo;

    i costi aziendali, oramai, sono fuori controllo, riducono fortemente il profitto degli agricoltori portandolo a livelli al di sotto della sostenibilità economica, considerato che il 30 per cento delle aziende agricole ha un bilancio in negativo. Il Crea ha stimato che un'impresa agricola su dieci non riesce a far fronte alle spese, con un impatto di 15.700 euro di aumento medio dei costi annui;

    il prezzo del gasolio ad uso agricolo e per la pesca, sta toccando sempre più livelli preoccupanti andando ad appesantire ulteriormente il bilancio delle aziende agricole e ittiche che rischiano di uscire dal mercato; essendo il gasolio agricolo imprescindibile per le attività agricole, silvicolturali, di allevamento e ittiche, questo rincaro sta mettendo in ginocchio le attività che utilizzano macchinari e mezzi;

    il caro carburanti contribuisce a ridurre la competitività delle imprese made in Italy sul mercato interno e sulle esportazioni con il rischio di perdere quote di mercato, soprattutto nell'ambito della competizione internazionale;

    il settore ittico, già provato duramente dagli effetti della pandemia, si trova oggi a dover fare i conti con questo nuovo ostacolo, l'aumento del gasolio agricolo; la voce «carburante», che prima incideva per il 40 per cento, ora supera il 70 per cento; in media, un pieno di gasolio di un peschereccio è passato da circa 700 euro a oltre 1.300, a fronte di entrate economiche sempre più esigue; con i costi superiori ai ricavi si va incontro ad un danno irrecuperabile per il settore ittico, con 8 imprese su 10 che rischiano la chiusura della loro attività;

    per le operazioni colturali gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare rincari dei prezzi fino al 50 per cento per il gasolio necessario per le attività che comprendono l'estirpatura, la rullatura, la semina e la concimazione; l'impennata del costo del gas, utilizzato nel processo di produzione dei fertilizzanti, ha rialzato anche i prezzi dei concimi (+143 per cento);

    i rincari energetici e la guerra in Ucraina stanno colpendo anche le coltivazioni in serra di frutta, verdura, ortaggi e fiori e hanno fatto aumentare del 51 per cento il costo della produzione di frutta in Italia, che arriva addirittura al 67 per cento per la produzione ortofloricola; si tratta di una situazione preoccupante per il settore ortofrutticolo nazionale, che garantisce 440.000 posti di lavoro, pari al 40 per cento del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all'anno, pari al 25 per cento della produzione agricola totale;

    gli agricoltori si trovano costretti a cambiare le abitudini consolidate nelle produzioni, come quella di tornare, temporaneamente, a dedicarsi a semine diverse, pur di spegnere le serre e tamponare così le cifre mostruose degli aumenti;

    nel settore del florovivaismo quest'anno produrre fiori costa agli agricoltori italiani il 30 per cento in più, con i vivai che sono oggi costretti a produrre praticamente in perdita; il settore del florovivaismo è un settore cardine per l'economia agricola nazionale che vale oltre 2,57 miliardi di euro, generati da 27.000 aziende florovivaistiche attive in Italia, con un indotto complessivo di 200.000 occupati;

    l'emergenza energetica si riversa non solo sui costi di riscaldamento delle serre ma anche su carburanti per la movimentazione dei macchinari, sui costi delle materie prime, fertilizzanti, vasi e cartoni. Nelle serre si spende dal 50 per cento in più, per il gasolio e l'elettricità, al 400 per cento in più per concimi e metano, mentre i prezzi degli imballaggi in plastica sono triplicati;

    i rincari non hanno risparmiato neanche chi da anni ha convertito i propri sistemi di riscaldamento da gasolio a fonti green, ovvero a biomassa, dovuto ai costi di approvvigionamento qualora le materie prime non siano locali;

    nonostante molte delle nostre aziende agricole stiano avviando un percorso «green» di sviluppo sostenibile, investendo nella produzione di energia da fonti rinnovabili, da sole però non riescono a soddisfare il fabbisogno energetico ed il ricorso al mercato è ancora indispensabile per garantire la continuità dell'attività agricola. L'agrovoltaico, sul quale c'è una destinazione nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) di 1,5 miliardi di euro, sarà un grande supporto alle aziende agricole per abbassare i costi dell'energia. Per le aziende agricole va anche valorizzato l'utilizzo di centrali a biomasse, soprattutto per quei tipi di aziende che hanno molti residui verdi di lavorazione, basti pensare al florovivaismo e non soltanto;

    si sta avviando il processo di transizione ecologica chiedendo alle nostre aziende agricole di fare degli sforzi, soprattutto economici, per affrontare questo passaggio, ma alla luce dei nuovi sviluppi internazionali, come il conflitto russo ucraino, serve a questo punto un'azione graduale che accompagni le nostre aziende agricole in questo passaggio e non scelte che adesso apparirebbero drastiche e che potrebbero causare loro un ulteriore appesantimento grave;

    anche la filiera lattiero-casearia, una tra le filiere fondamentali dei nostri sistemi produttivi primari, è in forte preoccupazione per la tenuta delle sue aziende perché sconta una situazione macroeconomica relativa ad un aumento dei costi di produzione fuori controllo, causato dal continuo ed inarrestabile aumento delle materie prime per l'alimentazione degli animali, dell'energia elettrica, del gasolio agricolo, dovuti sia alla crisi ucraina che all'inadeguatezza del prezzo del latte alla stalla che, pur in presenza di un aumento intorno al 10 per cento, non riesce a compensare i crescenti costi di produzione;

    sommando l'aumento del costo alimentare a quello energetico oggi produrre 1 litro di latte vaccino costa quasi 8/10 centesimi in più rispetto ad un anno fa, arrivando a 48/50 centesimi il litro, con grandi differenze su base regionale, mentre il prezzo conferito agli allevatori è di 41 centesimi;

    alla fine dello scorso anno è stato avviato un tavolo di filiera, esteso a tutti gli attori della filiera, con lo scopo di avere un'ampia condivisione delle tematiche di filiera e per una migliore remunerazione del prezzo del latte. I risultati raggiunti dal tavolo, però, di fatto, sono stati azzerati dall'aumento dei costi di produzione (mangimi e costi energetici);

    il decreto-legge n. 21 del 2022, cosiddetto «decreto crisi ucraina», ha adottato alcune misure volte a sostenere gli agricoltori e pescatori italiani, tra le quali la previsione di un credito d'imposta del 20 per cento della spesa per l'acquisto di gasolio sostenuta dalle imprese agricole e della pesca e dell'acquacoltura per l'acquisto del carburante effettivamente utilizzato nel primo trimestre solare dell'anno 2022, e la rinegoziazione e ristrutturazione dei mutui agrari che prevede che le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura potranno rinegoziare e ristrutturare i finanziamenti in essere e allungare fino a 25 anni il relativo periodo residuo di rimborso;

    queste misure sono importanti e sono di sostegno al settore dell'agricoltura e della pesca, ma per risollevarne le sorti sono necessarie, non solo misure emergenziali, ma misure strutturali di medio e soprattutto lungo periodo che permettano un rilancio duraturo dell'agricoltura e della pesca e che possano metterlo in condizione di affrontare le sfide future che si porranno davanti a fronte di un panorama europeo e internazionale che sta inevitabilmente mutando;

    la Politica agricola comune (Pac) 2021-2027, che già prima sembrava difficile da attuare, e che secondo diversi studi metteva a rischio l'approvvigionamento di cibo nell'Unione europea, alla luce dell'attuale nuovo quadro appare deficitaria e incapace di dare le risposte necessarie all'agricoltura ad affrontare le nuove esigenze sopravvenute;

    la Commissione europea ha inviato all'Italia le sue osservazioni, di carattere generale e puntuale, sul Piano strategico nazionale (Psn) ritenendolo insufficiente, con elementi mancanti, incompleti o incoerenti chiedendo dibatto al nostro Paese una drastica correzione di rotta per l'attuazione della Pac post 2022; il Psn aveva previsto come utilizzare i 35,7 miliardi di euro messi a disposizioni del nostro Paese per i prossimi 5 anni in merito al nuovo regime dei pagamenti diretti, agli interventi settoriali e per le politiche di sviluppo rurale,

impegna il Governo:

1) ad adottare ulteriori iniziative urgenti e di medio e lungo periodo, di sostegno al reddito per gli operatori dei settori agricolo, forestale, della pesca e dell'acquacoltura, al fine di compensare l'aumento dei costi fissi, sostenuti dalle imprese, causato dall'aumento dei costi energetici e da quelli derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, che sta minando la competitività del made in Italy mettendo a rischio la tenuta di uno dei comparti strategici per l'economia italiana, che va dai campi all'industria di trasformazione, fino alla conservazione e alla distribuzione;

2) ad assumere iniziative per attuare un incisivo intervento che favorisca la ricomposizione dei fondi agricoli e il riordino delle proprietà polverizzate, al fine di superare l'annosa questione della frammentazione e della polverizzazione fondiaria, prevedendo una revisione dell'attuale normativa che preveda, tra le altre cose, una procedura semplificata in caso di eventuali comproprietari non più rintracciabili, residenti in altri Stati o impossibilitati a partecipare all'atto di compravendita di fondi agricoli ubicati in territori agroforestali montani, in modo da sostenere gli interventi volti a integrare, ove possibile, le superfici e a contribuire alla rettificazione dei confini dei fondi agricoli;

3) a predisporre una strategia per monitorare l'andamento dei prezzi delle materie prime e di quelli energetici e per garantire la trasparenza del mercato, al fine di arginare fenomeni speculativi che destabilizzano il mercato e generano un disequilibrio nella remunerazione dei fattori produttivi a danno della competitività delle filiere agricole, della pesca e dell'acquacoltura, e a monitorare la composizione e l'andamento dei prezzi dei prodotti agroalimentari, affinché i rincari non ricadano sui consumatori finali;

4) ad adottare iniziative volte ad evitare che i rincari del gasolio agricolo blocchino i settori agricolo, della pesca e dell'acquacoltura, fondamentali per l'economia nazionale;

5) ad adottare nel medio e lungo periodo iniziative volte a tutelare la redditività delle aziende agricole, in particolare per il comparto lattiero-caseario, partendo dall'attuazione completa degli accordi conclusi al Tavolo nazionale sulla filiera;

6) ad adottare iniziative per prevedere un Piano che permetta, alla luce della deroga da parte della Commissione europea sui terreni a riposo, un aumento della produzione nazionale di mais e grano che porterebbe ad una drastica riduzione della dipendenza del nostro Paese dalle importazioni, nonché per stimolare la stipula di contratti di filiera per la coltivazione del grano e del mais che riconoscano un prezzo equo di acquisto basato sugli effettivi costi sostenuti dalle imprese agricole;

7) ad adottare iniziative per favorire l'utilizzo delle biomasse come fonte energetica rinnovabile utilizzando a tale fine gli scarti delle lavorazioni della filiera agricola, forestale e del legno, consentendo l'installazione di nuovi impianti a biomasse al servizio delle aziende agricole e forestali, anche al fine di garantire la resilienza e lo sviluppo delle aree rurali e di montagna;

8) ad avviare un dialogo, in vista della revisione del Piano strategico nazionale, e alla luce delle osservazioni della Commissione europea, con tutti i soggetti interessati per un confronto costruttivo per far sì che la nuova versione del suddetto Piano strategico nazionale della Pac recepisca al meglio le osservazioni della Commissione europea e risponda anche alle esigenze attuali del mondo agricolo, in difficoltà per il rincaro energetico e delle materie prime.
(1-00630) «Viviani, Molinari, Bubisutti, Gastaldi, Germanà, Golinelli, Liuni, Lolini, Loss, Manzato».

(19 aprile 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il settore agricolo e quello agroalimentare stanno vivendo un periodo di crisi senza precedenti. Dopo la pandemia e le restrizioni che hanno rallentato la produzione e gli scambi commerciali, è arrivata la drammatica guerra in Ucraina che, oltre alle perdite umane, ha portato all'aumento esponenziale dei costi energetici e delle materie prime, come sementi e mangimi. Secondo i primi dati, la situazione attuale, vede bilanci in rosso per oltre il 30 per cento delle aziende, con ripercussioni sui prezzi che hanno interessato sia la produzione che l'intera filiera, trasferendosi dai terreni agli scaffali dei punti vendita;

    la guerra produrrà effetti a catena che avranno un impatto significativo anche sull'agricoltura italiana. Russia e Ucraina rappresentano insieme oltre il 30 per cento del commercio mondiale di frumento e orzo, il 17 per cento del mais e il 50 per cento dell'olio di girasole. Anche un'importante quota di soia non ogm, fondamentale per la produzione di mangimi, proviene dai due Paesi. Il commercio di questi prodotti è stato sostanzialmente congelato a causa del conflitto che, inoltre, impedisce agli agricoltori ucraini di procedere con le semine primaverili di queste coltivazioni, con evidenti conseguenze negative anche a medio e lungo termine per le imprese agricole dell'Unione europea, ed italiane in particolare;

    l'industria molitoria italiana è fortemente dipendente dalle importazioni per l'approvvigionamento del grano, in particolare quello tenero, pari al 60 per cento del fabbisogno interno. Esso viene importato in quota minoritaria da Ucraina e Russia, ma in abbondanza dall'Ungheria, i cui tentativi di sospendere le esportazioni sono stati fermati dalla Commissione europea. Per realizzare l'obiettivo è stato molto importante il dialogo del Presidente del Consiglio italiano con quello ungherese, che ha sbloccato la situazione e ripristinato il libero commercio tra i Paesi dell'Unione europea;

    in particolare per il grano duro, sin dal 2021 si è determinata una riduzione della disponibilità e un aumento dei prezzi. Ciò è accaduto perché fra giugno e luglio dello scorso anno il Canada è stato colpito da un'ondata di caldo eccezionale e la siccità conseguente ha causato la drastica riduzione della produzione, quindi delle esportazioni, facendo aumentare i prezzi di vendita in tutto il mondo;

    si consideri che da alcuni anni si assiste a livello globale, ed in particolare in Italia, ad alte temperature fuori stagione e alla riduzione delle precipitazioni. Fatti che alimentano la siccità e rendono complessa l'attività agricola. Per questo bisogna essere consapevoli che i fenomeni di siccità saranno sempre più frequenti nel nostro Paese, adottando di conseguenza tutte le soluzioni utili a preservare l'acqua, in particolare migliorando la gestione delle risorse idriche per aumentarne l'efficienza d'uso in agricoltura, limitarne gli sprechi e razionalizzare il funzionamento dei comprensori irrigui;

    la guerra sta incidendo ulteriormente sull'aumento dei costi sostenuti dalle aziende agricole italiane per la produzione alimentare. In Italia si utilizzano annualmente 2,5 milioni di tonnellate di fertilizzanti, molti dei quali erano importati da Ucraina e Russia, il principale produttore mondiale;

    uno studio del Crea dal titolo «Guerra in Ucraina: gli effetti sui costi e sui risultati economici delle aziende agricole italiane» – ha stimato che il comparto dei seminativi, in particolare la cerealicoltura, ha subito gli aumenti maggiori, compresi tra il 65 per cento e il 70 per cento, seguono poi le imprese di bovini da latte che hanno registrato incrementi dei costi pari al 57 per cento. Aumenti importanti hanno interessato anche le colture arboree agrarie e la zootecnia estensiva;

    settori fortemente danneggiati sono quelli dell'alimentazione zootecnica e quelli basati sull'utilizzo di frumento tenero. I prezzi dei prodotti agricoli hanno registrato aumenti insostenibili per le filiere produttive, pari al 32,9 per cento per il grano tenero, del 41 per cento per il mais, del 39,8 per cento per sorgo e orzo e dell'11,3 per cento per la soia. La carenza di mais rischia di mandare in rovina gli allevatori italiani, prova ne sia che le macellazioni stanno aumentando in modo drammatico. Quindi appare indispensabile dare aiuti alle aziende per sostenere gli aumenti dei prezzi dei mangimi;

    si stima che ogni agenda agricola perderà in media 15.700 euro e dovrà fare i conti con aumenti dei costi pari al 54 per cento. Gli effetti potrebbero essere molto gravi e portare al fallimento alcune di esse. Rischiano in particolare, come detto, quelle di allevamento di animali che si nutrono di mais o altri cereali;

    per il futuro appare necessario attuare anche politiche tendenti alla diversificazione dei mercati di approvvigionamento, cercando ulteriori sinergie con i sistemi produttivi agricoli dei Paesi dell'Unione europea per raggiungere l'autosufficienza alimentare;

    per affrontare la situazione di crisi, con la decisione di esecuzione (UE) 2022/484 della Commissione del 23 marzo 2022, l'Unione europea ha temporaneamente superato gli obblighi di «inverdimento» posti in capo alle aziende agricole. In Italia, con il decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali dell'8 aprile 2022, n. 163483, sono state recepite le deroghe in materia di gestione dei terreni a riposo che interessano sia quelli dichiarati per soddisfare il requisito della diversificazione colturale, sia quelli utilizzati come aree di interesse ecologico, consentendo la messa a coltura anche dei terreni attualmente non coltivati;

    ciò significa che sarà possibile aumentare le superfici coltivabili. In Italia si potranno aggiungere circa 200.000 ettari. Questi terreni potranno quindi essere utilizzati per il pascolo, la fienagione o la coltivazione, distogliendoli dal riposo obbligatorio e dalla rotazione delle colture, aumentando la disponibilità dei principali prodotti utilizzati nell'alimentazione degli animali. Data l'importanza della misura assunta, se ne propone la proroga sino alla fine del 2023;

    appare inoltre necessario adeguare i Piani strategici nazionali alle nuove condizioni di mercato venutasi a creare, chiedendo la sospensione dell'entrata in vigore dei nuovi regolamenti Pac alla fine del 2023;

    ulteriori garanzie strutturali per un incremento della capacità produttiva si dovrebbero proporre in sede di Unione europea, dove sono stati già stanziati 500 milioni di euro di fondi prendendoli dalle riserve di crisi della Pac e prevedendo la possibilità di cofinanziamento degli Stati membri fino ad un massimo del 200 per cento. Per l'Italia si tratta di un'assegnazione pari a 48 milioni di euro, che potranno essere integrati con un cofinanziamento statale di 96 milioni di euro;

    delle proroghe appaiono utili per superare la fase recessiva, come quelle riguardanti il regime di aiuti di Stato per la crisi da COVID-19, in scadenza a fine giugno;

    in particolare, per frumento e mais si dovrebbe prevedere lo sviluppo delle tecniche di agricoltura conservativa, necessarie per la promozione e lo sviluppo di tecniche sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Questa tecnica tutela l'ambiente e la redditività dell'impresa agricola. Nel rispetto dell'ecosistema, incrementa la produzione mediante un uso ottimale delle risorse, riducendo il degrado del terreno attraverso la gestione integrata del suolo, dell'acqua e delle risorse biologiche. L'agricoltura conservativa si basa, infatti, sui principi di riduzione delle lavorazioni, di copertura costante del terreno e di diversificazione colturale;

    appare poi necessario ricorrere alle nuove tecnologie genetiche dedicate alle piante per aumentarne, in sicurezza, la produttività. Ci si riferisce, in particolare, alle Tea – tecnologie di evoluzione assistita – che riproducono i risultati dell'evoluzione biologica naturale per migliorare la resistenza delle piante alle malattie e i parassiti e ne aumentano la produttività velocizzando i processi che avvengono comunque in modo naturale. L'Unione europea le ha inserite tra gli strumenti per raggiungere gli obiettivi del Green deal entro il 2030, ma necessitano di un chiaro e certo quadro normativo di riferimento. Il loro sviluppo tuttavia è ostacolato dalla legislazione europea sugli organismi geneticamente modificati (direttiva 2001/18/CE sugli Ogm. Nell'aprile 2021 la Dg agricoltura della Commissione europea, ha pubblicato uno studio sulle new genomic techniques (che comprendono le Tea, nel quale si evidenzia che l'attuale legislazione deve essere adattata alle conoscenze scientifiche e tecnologiche sviluppate negli ultimi anni, prendendo una posizione netta sulla distinzione tra Ogm e nuove biotecnologie;

    la transizione energetica, destinata sia a contrastare il cambiamento climatico che ad affrancare dalla eccessiva dipendenza dalle fonti energetiche fossili, pone di fronte al bisogno di elettrificare i consumi utilizzando suolo agricolo anche per la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra. I provvedimenti sin qui adottati a livello nazionale, in attesa dell'individuazione delle aree idonee da parte delle regioni ai sensi dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, di fatto trasformano tutte le aree agricole, tranne quelle vincolate o quelle già dichiarate non idonee, in «aree idonee», per le quali il provvedimento in esame semplifica fortemente i procedimenti autorizzatori;

    per l'individuazione delle aree idonee all'installazione di impianti a fonte rinnovabile l'articolo 20, comma 3, del decreto legislativo n. 199 del 2021 cosiddetto Red II, prevede che occorre tener conto tra l'altro, delle «esigenze di tutela delle aree agricole, ... verificando l'idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili». Il successivo comma 5 prevede la «minimizzazione degli impatti sull'ambiente e sul territorio»;

    il fotovoltaico industriale deve affrontare seriamente il problema del consumo di suolo agricolo. A titolo di esempio, sulla base delle richieste di autorizzazione presentate ai rispettivi uffici regionali 70 chilometri quadrati della provincia di Viterbo e 166 chilometri quadrati della Puglia, due aree notoriamente ubertose, sono oggetto di richieste per l'installazione di impianti fotovoltaici a terra;

    per sostenere le imprese esercenti attività agricola e della pesca è necessario prevedere la proroga, almeno sino al secondo semestre del 2022, del contributo previsto sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto di gasolio e benzina necessari per la trazione dei mezzi utilizzati;

    per rilanciare gli investimenti nel settore agroalimentare al fine di realizzare programmi d'investimento integrati a carattere interprofessionale aventi rilevanza nazionale, è necessario incrementare il ricorso a contratti di filiera e di distretto;

    al fine di prevenire la scarsità di prodotti è necessario prevedere una maggiore diversificazione delle importazioni nonché promuovere l'incremento delle capacità di stoccaggio sia a livello nazionale che europeo;

    gli effetti della crisi agricola si riflettono a livello globale: il commercio bloccato e prezzi alimentari alle stelle colpiscono in particolare dal Medio Oriente all'Africa. Almeno 26 Stati dipendono per oltre il 50 per cento dalle importazioni di grano da Russia e Ucraina. Ci sono Paesi, quali Egitto e Tunisia, nelle aree urbane nell'Africa Subsahariana, dal Senegal all'Eritrea, dove si arriva a importare fino al 90 per cento del cibo che si consuma e dove i costi per l'alimentazione delle famiglie già superano il 50 per cento del reddito familiare. Oltre agli inevitabili riflessi sui flussi migratori, giova ricordare che la scintilla delle rivolte del 2011, note come «primavera araba», fu l'aumento del prezzo del pane,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative nelle competenti sedi dell'Unione europea per pervenire:

  a) all'incremento dell'ammontare dei fondi destinati all'agricoltura mediante l'adozione di un Recovery Plan alimentare per aumentare la produzione, ampliando gli aiuti concessi agli agricoltori;

  b) alla proroga delle regole che attualmente consentono l'uso di quote aggiuntive di terreno agricolo per far fronte alle carenze di produzione del Paese;

  c) all'adozione di un Piano strategico per l'autosufficienza alimentare;

  d) all'adeguamento del Piano strategico nazionale alle nuove condizioni di mercato venutesi a creare, chiedendo la sospensione dell'entrata in vigore dei nuovi regolamenti Pac alla fine del 2023 o comunque proponendo un aumento dei fondi destinati agli aiuti accoppiati necessari per garantire una maggiore produzione delle materie prime di cui siamo carenti;

  e) alla sollecita adozione di misure che consentano il pieno sviluppo delle Tea (tecnologie di evoluzione assistita), favorendone altresì lo sviluppo in ambito nazionale, anche con il coinvolgimento degli istituti di ricerca nazionali e delle istituzioni universitarie;

  f) a una riflessione approfondita per adottare le misure necessarie a limitare la volatilità dei prezzi, fenomeno particolarmente presente nei mercati agricoli, mediante l'adozione di forme di stoccaggio comune delle materie prime agricole, per disporre di adeguate riserve necessarie per fronteggiare casi di scarsità improvvisa di prodotti;

2) ad adottare iniziative per prevedere incentivi destinati a infrastrutture per lo stoccaggio di frumento a livello di azienda agricola, al fine di rendere maggiormente fluido e sicuro il mercato;

3) ad adottare iniziative per sostenere le filiere più strategiche, in particolare quelle cerealicole, proteiche e oleaginose, favorendo progetti che prevedano forme di maggiore integrazione tra agricoltura e industria di trasformazione;

4) ad adottare iniziative per garantire contributi per l'acquisto di fertilizzanti e di mangimi mediante un credito d'imposta;

5) ad adottare iniziative per prevedere la proroga oltre il primo trimestre 2022 del contributo previsto sotto forma di credito di imposta, pari al 20 per cento della spesa sostenuta per l'acquisto di gasolio e benzina necessari per la trazione dei mezzi utilizzati;

6) ad adottare iniziative per prevedere sostegni per lo sviluppo delle tecniche di agricoltura conservativa;

7) ad adottare iniziative per incentivare ulteriormente il ricorso a contratti di filiera e di distretto;

8) ad adottare idonee iniziative per ripristinare il credito d'imposta per beni strumentali «Transizione 4.0» nelle forme e nei modi adottati per l'anno 2021, pari al 50 per cento, destinato agli investimenti in ricerca e sviluppo, in transizione ecologica, in innovazione tecnologica 4.0 e in altre attività finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorativi per il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica o di innovazione digitale 4.0 nel settore primario, poiché si è dimostrato lo strumento più efficace per l'utilizzo immediato degli incentivi rispetto a forme alternative di sostegni e sovvenzioni pubbliche;

9) ad adottare iniziative volte a garantire il rispetto dei contenuti dell'articolo 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, nonché dei contenuti dell'allegato 3 annesso al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 settembre 2010, in materia di individuazione delle «aree idonee» all'installazione di impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, al fine di preservare i terreni agricoli migliori, anche con riferimento ai requisiti di fertilità, irrigabilità, attualità di coltura, destinando alla produzione energetica i terreni agricoli marginali o inutilizzati in quanto non idonei all'attività agricola;

10) ad adottare iniziative di competenza finalizzate al miglioramento della gestione delle risorse idriche, utilizzando sistemi per aumentare l'efficienza d'uso dell'acqua in agricoltura, limitare gli sprechi e razionalizzarne l'impiego, mediante un programma organico destinato ai comprensori irrigui per la migliore irrigazione delle campagne, lo sviluppo dell'agricoltura, la tutela dell'ambiente e del paesaggio;

11) ad adottare le iniziative di competenza finalizzate a garantire una maggiore formazione destinata ai giovani agricoltori e l'aggiornamento costante dei lavoratori attivi, relativamente all'utilizzo dei mezzi strumentali necessari all'agricoltura 4.0, per garantire l'impiego ottimale dei moderni mezzi agromeccanici, tecnologicamente avanzati, necessari per lo sviluppo dell'agricoltura e il contenimento del consumo di suolo, nel rispetto degli ecosistemi, incrementando la produttività agricola.
(1-00631) «Spena, Nevi, Anna Lisa Baroni, Caon, D'Attis, Bond, Sandra Savino, Paolo Russo».

(19 aprile 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE NORMATIVE VOLTE AL RIPRISTINO DELLA FESTIVITÀ NAZIONALE DEL 4 NOVEMBRE PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA DELL'UNITÀ NAZIONALE E DELLE FORZE ARMATE

   La Camera,

   premesso che:

    il 4 novembre è la giornata dedicata all'Unità nazionale e alle Forze armate, istituita per commemorare la fine della prima guerra mondiale nel nostro Paese e per celebrare il principio dell'Unità della Repubblica, sancito dalla Costituzione;

    il 4 novembre del 1918 entrò in vigore l'armistizio di Villa Giusti, che consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste e di portare a compimento il processo di unificazione nazionale avviato in epoca risorgimentale; nella medesima giornata del 1921, per onorare i sacrifici dei soldati caduti in difesa della patria, ebbe luogo la tumulazione del Milite Ignoto nel Sacello dell'Altare della Patria a Roma – giornate che hanno forgiato il percorso democratico dell'umanità, crinali cronologici tra passato e futuro del nostro Paese;

    l'epica vittoria nel primo conflitto mondiale ha cementato una nazione che per secoli era stata divisa e frammentata al suo interno, con diverse realtà territoriali e spesso lacerata da interessi locali. Quelli del 1915-1918 furono gli anni in cui gli italiani scoprirono finalmente cosa fosse l'identità di un popolo, la Patria, anni durante i quali per la prima volta ci trovammo uniti, da Nord a Sud, a combattere per una nazione, finalmente unita e coesa intorno a un unico ideale;

    per conseguire quella vittoria, la nostra Patria ha versato un enorme tributo, con 650 mila morti tra i militari, oltre ai mutilati e ai civili, migliaia di giovani, morti sul campo di battaglia, che non ebbero la fortuna, in quanto non riconosciuti, di avere una tomba sulla quale poterli piangere. Cento anni fa veniva tumulata la salma del Milite Ignoto a Roma, rappresentante di tutti quei giovani: il feretro partì da Aquileia il 28 ottobre del 1921, arrivò a Roma il 4 novembre, attraversando cinque regioni, decine di stazioni a passo lento, per dare modo a tutta la popolazione di rendere omaggio, non solo a quel milite ignoto, ma a tutti coloro che sacrificarono la propria vita combattendo per la libertà;

    tra i nostri valorosi soldati che morirono sul Carso e sul Monte Grappa, figurano personaggi eroici, come Enrico Toti, che morì lanciando contro il nemico la stampella su cui si reggeva, o l'ufficiale della Marina militare Nazario Sauro, ucciso perché si rifiutò di essere suddito dell'allora impero austro-ungarico, o ancora Cesare Battisti, mandato a morte dagli austriaci;

    per molti decenni la ricorrenza del 4 novembre – istituita all'indomani della vittoria di Vittorio Veneto del 1918 – è stata celebrata come Festa nazionale, una giornata che univa tutto il popolo italiano, che, in quella precisa circostanza, ricordava e celebrava la vittoria nella prima guerra mondiale e il raggiungimento dell'Unità nazionale del nostro Paese, attraverso la quale l'Italia ha preso coscienza del proprio «io nazionale» e gli italiani, ben oltre cinquant'anni dopo l'Unità d'Italia, sono diventati un corpo unico, quello che normalmente si traduce nel concetto di nazione e che in America, non a caso, si consolida nel motto latino «e pluribus unum»;

    ci sono date nella storia del mondo che hanno segnato per sempre l'umanità, ricordarle e celebrarle solennemente è un obbligo innanzitutto morale, in quanto testimoniano l'evoluzione dell'uomo, la ricerca costante di un miglioramento, l'anelito insopprimibile alla libertà, per un futuro libero dall'oppressore straniero, la tensione verso ideali e valori superiori, che travalicano l'esistenza degli individui e la vita stessa;

    la ricorrenza del 4 novembre non richiama alla memoria, dunque, soltanto rilevanti fatti storici; ricordare e celebrare – coinvolgendo l'intero popolo italiano e non solo le istituzioni – comporta anche la necessità di riconnettere quelle imprese epiche, che riuscirono per la prima volta a unire il nostro Paese dopo la prima guerra mondiale, ai valori fondanti del nostro Paese e ancora attuali: il valore dell'Unità nazionale e il contributo imprescindibile della difesa per riaffermare pace, stabilità e sicurezza; nel ricordare tutte le vittime che hanno combattuto per conquistare la libertà e la pace, si celebrano anche le nostre Forze armate, impegnate a garantire soprattutto la pace nei tanti teatri nel mondo, nell'ambito delle numerose missioni all'estero, per ricostruire le condizioni di vita di milioni di persone in aree contrassegnate da guerre e conflitti;

    in tale direzione rileverebbe anche accorpare nella festa del 4 novembre la ricorrenza del 12 novembre, Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, intestato al più grave degli attentati contro le Forze armate italiane impegnate nella missione militare denominata «Operazione Antica Babilonia», con la strage del 12 novembre 2003, che provocò 28 morti (di cui 19 italiani) nella città di Nassiriya durante la guerra in Iraq. L'Italia, con la partecipazione a tale missione, che ha avuto inizio il 15 luglio 2003, ha fornito proprie unità militari sotto la guida inglese; un'operazione che aveva importanti finalità di peacekeeping, per il mantenimento della pace, per contribuire alla rinascita dell'Iraq e favorire la sicurezza del popolo iracheno e lo sviluppo della nazione;

    la Festa nazionale del 4 novembre è stata soppressa, semplicemente per recuperare una giornata lavorativa – ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 marzo 1997, n. 54 – scelta che appare inappropriata e non condivisibile. Al pari delle altre ex festività soppresse (San Giuseppe, Ascensione, Corpus Domini), anche per il 4 novembre, lo Stato, gli enti pubblici e i privati datori di lavoro sono tenuti a corrispondere ai lavoratori dipendenti la normale retribuzione globale giornaliera, compreso ogni elemento accessorio, con il mantenimento dei diritti sia per quanto riguarda la retribuzione che per congedi e permessi;

    in un momento storico come quello che si sta vivendo, non solo in Italia, ma nel continente europeo e a livello globale, contrassegnato da una crisi pandemica che impatta pesantemente sia a livello sanitario che a livello socio-economico, i cittadini chiedono riferimenti forti, radici, reintegro di valori culturali universali, capaci di difendere le conquiste di libertà e democrazia e quindi ridare un senso di appartenenza comune; in tale direzione non si può non farsi carico del forte significato simbolico che gli eventi del 4 novembre rappresentano, con la necessità, dunque, di restituire a tale ricorrenza la valenza di giorno solenne di Festa nazionale che veda la partecipazione e la presa di coscienza dei cittadini italiani,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare la festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate, al fine di riconoscere in modo solenne il principio dell'Unità della Repubblica e la memoria dei nostri connazionali sacrificatisi per la Patria, portando a compimento i valori del nostro Risorgimento, e di rendere, nella medesima giornata, un ringraziamento solenne ai caduti delle nostre Forze armate, in particolare durante la strage di Nassiriya del 2003, durante operazioni militari atte a garantire il mantenimento della stabilità e della pace a livello internazionale.
(1-00557) «Biancofiore, Marin, Baldini, Baratto, Berardini, Bologna, Carelli, Dall'Osso, De Girolamo, Della Frera, D'Ettore, Gagliardi, Mugnai, Napoli, Parisse, Pedrazzini, Ripani, Pettarin, Rizzone, Rospi, Ruffino, Sibilia, Silli, Vietina».

(26 novembre 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il 4 novembre 1918 entrò in vigore l'Armistizio di Villa Giusti sottoscritto a Padova il giorno precedente, dall'Italia e dall'Impero austro-ungarico. Tale accordo è l'atto che determinò la cessazione dello stato di belligeranza e consentì agli italiani di rientrare nei territori di Trento e Trieste, portando a compimento il processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale;

    la celebrazione dell'evento avvenne per la prima volta il 4 novembre 1921 presso il Sacello dell'Altare della Patria, a Roma, per onorare il sacrificio dei soldati caduti in difesa della patria e il 23 ottobre dell'anno successivo, con il regio decreto n. 1354, il medesimo giorno divenne festa nazionale;

    fino al 1976 il 4 novembre, Giorno dell'Unità nazionale e Giornata delle Forze armate, era un giorno festivo a tutti gli effetti. L'anno successivo, in pieno clima di austerity, la legge 5 marzo 1977, n. 54, stabilì che cessavano di essere considerate festive agli effetti civili diverse festività religiose e che la celebrazione della Festa nazionale della Repubblica e quella della Festa dell'Unità nazionale avrebbero avuto luogo, rispettivamente, nella prima domenica di giugno e nella prima domenica di novembre. Cessavano pertanto di essere considerati festivi i giorni 2 giugno e 4 novembre;

    il decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 792, per quanto riguarda le festività religiose, ha ripristinato le festività dell'Epifania, il 6 gennaio, e quella dei Santi Pietro e Paolo, il 29 giugno, soltanto per il comune di Roma in quanto festa del Patrono della città, dando attuazione all'intesa tra la Repubblica italiana e la Santa Sede ai sensi dell'art. 6 dell'accordo, con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984 e ratificato con legge 25 marzo 1985, n. 121;

    la legge 20 novembre 2000, n. 336, invece, ha stabilito che «a decorrere dal 2001 la celebrazione della Festa nazionale della Repubblica ha nuovamente luogo il 2 giugno di ciascun anno, che pertanto viene ripristinato come giorno festivo»;

    la reintrodurre della Festa della Repubblica fu frutto anche dell'impegno dell'allora Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, volto a sensibilizzare l'opinione pubblica sul valore delle ricorrenze e ricucire quel distacco verso quell'idea di patria che unisce anche attraverso simboli e occasioni;

    il 4 novembre 2021 si sono tenute le celebrazioni del centenario della traslazione del Milite Ignoto all'Altare della Patria, che hanno visto il culmine il 29 ottobre 2021 con la partenza dalla stazione di Cervignano Aquileia di un treno storico, il «Treno della memoria», che ha ripercorso le tappe che, nel 1919, portarono il feretro scelto da Maria Bergamas di Gradisca d'Isonzo, una madre che aveva perso il figlio in guerra, a Roma, prima presso la Basilica di Santa Maria degli Angeli in piazza dell'Esedra e poi, il 4 novembre, alla definitiva sistemazione all'Altare della Patria, ad imperitura memoria dell'eroismo e dell'abnegazione del soldato italiano;

    la traslazione del Milite Ignoto rappresentò una delle poche manifestazioni collettive a cui gli italiani presero parte sotto la stessa bandiera, sentendosi un popolo unico e unito nel dolore provato per la ferita ancora aperta causata della perdita di migliaia di uomini morti al fronte durante la Grande Guerra;

    la legge di bilancio per il 2022, al fine di favorire la conoscenza degli eventi che portarono la salma del Milite ignoto a Roma e di preservarne la memoria in favore delle future generazioni, ha autorizzato, con un apposito stanziamento, la prosecuzione, per quest'anno, del viaggio del «Treno della memoria» attraverso un itinerario che raggiunga almeno tutti i capoluoghi di regione e le maggiori città italiane non coinvolte nel percorso storico del 1921 e che simboleggi l'Unità nazionale;

    le mutate circostanze odierne spingono a riconsiderare la scelta fatta nel 1977, ripristinando la festa nazionale del 4 novembre, al fine di commemorare i nostri caduti di tutte le guerre. Si tratta di una scelta volta a ricostituire il valore storico, politico e sociale di uno dei momenti più importanti della storia del nostro Paese e a riconoscere rispetto e gratitudine ai nostri caduti e sostenere le donne e gli uomini che hanno combattuto al servizio dell'Italia;

    ripristinare la festa del 4 novembre significa onorare degnamente tutti i nostri militari impegnati in Italia e nell'ambito delle missioni internazionali a salvaguardia della pace e a difesa dei diritti umani e a sostegno dei più deboli; significa anche valorizzare la professionalità, l'abnegazione, il senso di solidarietà e di umanità con cui donne uomini delle nostre Forze Armate assolvono ai loro doveri nel rispetto del giuramento di fedeltà alla Repubblica e ai valori della Costituzione,

impegna il Governo:

1) ad adottare tutte le iniziative di competenza per dare concreta attuazione a quanto previsto dal comma 908 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2021, n. 234;

2) ad adottare iniziative normative volte a ripristinare la festività nazionale del 4 novembre per la celebrazione della Giornata dell'Unità nazionale e delle Forze armate.
(1-00626) «Maria Tripodi, Perego Di Cremnago, D'Attis, Pittalis».

(19 aprile 2022)