TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 668 di Mercoledì 30 marzo 2022

 
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DISEGNO DI LEGGE DI CUI SI PROPONE
L'ASSEGNAZIONE A COMMISSIONE IN SEDE LEGISLATIVA

alla VIII Commissione (Ambiente):

S. 1571. – «Disposizioni per il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per la promozione dell'economia circolare (“legge SalvaMare”)» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato). (1939-B)

(La Commissione ha elaborato un nuovo testo).

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI DISCIPLINA DI BILANCIO E GOVERNANCE ECONOMICA DELL'UNIONE EUROPEA

   La Camera,

   premesso che:

    il sistema di governance economica dell'Unione europea è costituito da un complesso di misure, di natura legislativa e non legislativa, modificato a più riprese, il cui insieme principale di regole si basa sul Patto di stabilità e crescita (Psc), approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del giugno 1997;

    con il Patto di stabilità e crescita la governance europea si struttura maggiormente, costituendo il principale fondamento giuridico della regolamentazione delle politiche di bilancio, ai sensi dell'articolo 121 (sorveglianza multilaterale) e dell'articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (procedura per i disavanzi eccessivi);

    il Patto, così come modificato, si articola in un cosiddetto braccio preventivo («preventive arm», che mira a garantire politiche di bilancio sostenibili nell'arco del ciclo economico attraverso il raggiungimento dell'obiettivo di bilancio a medio termine, che è individuale per ogni Stato membro) e in un cosiddetto braccio correttivo («corrective arm», che mira a garantire che i Paesi dell'Unione europea prendano misure correttive se il disavanzo del bilancio nazionale o il debito pubblico nazionale supera i valori di riferimento previsti nel trattato, rispettivamente il 3 per cento e il 60 per cento del prodotto interno lordo) ed era principalmente finalizzato a rendere più cogente la disciplina di bilancio degli Stati membri dell'Unione europea imponendo, in particolare, il rispetto delle soglie del 3 per cento per l'indebitamento netto e del 60 per cento del prodotto interno lordo per il debito delle pubbliche amministrazioni, regole originariamente previste dal protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht;

    il Patto è stato oggetto di un primo intervento di modifica nel 2005 ad opera dei due regolamenti (CE) n. 1055 e n. 1056, con i quali, fermi restando i due parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, attraverso la previsione di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria delle finanze pubbliche degli Stati medesimi;

    in particolare, si è previsto che gli Stati membri, nell'ambito dell'aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentino un obiettivo di medio termine (omt), concordato in sede europea e definito sulla base del potenziale di crescita dell'economia e del rapporto debito/prodotto interno lordo. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità delle finanze pubbliche;

    a seguito della grave crisi finanziaria e della recessione economica che hanno investito l'economia mondiale a partire dal 2009, e che hanno determinato un forte deterioramento delle finanze pubbliche in tutti i Paesi europei, è stato avviato un ciclo di modifiche della governance economica dell'Unione europea attraverso l'approvazione, nel corso del 2011, di un pacchetto di sei proposte legislative (cosiddetto Six pack), consistenti in due regolamenti (n. 1174 e n. 1176 del 2011) volti alla creazione di una sorveglianza macroeconomica per la prevenzione e correzione degli squilibri, tre regolamenti (n. 1173, n. 1175 e n. 1177 del 2011) finalizzati ad una più rigorosa applicazione del Patto di stabilità e crescita e in una direttiva (2011/85/UE) relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri; hanno concorso a rafforzare il Patto di stabilità, nel senso di una più rigorosa applicazione, due ulteriori regolamenti del maggio 2013 (cosiddetti Two pack), volti a dettare regole più stringenti in materia di sorveglianza economica e di bilancio e di monitoraggio dei progetti di bilancio degli Stati membri (regolamento n. 472/2013 sulla sorveglianza rafforzata agli Stati in difficoltà e regolamento n. 473/2013 sul monitoraggio rafforzato delle politiche di bilancio degli Stati);

    le azioni intraprese in questo ambito hanno contribuito a delineare un'architettura delle politiche di bilancio dell'Unione europea in generale più vincolante per gli Stati membri, istituendo un quadro più rigido per il coordinamento e il controllo delle politiche di bilancio;

    a tale quadro si è aggiunta, in occasione del Consiglio europeo dell'1-2 marzo 2012, la firma del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'Unione economica e monetaria (Trattato cosiddetto Fiscal Compact, frutto di un accordo intergovernativo e concordato al di fuori della cornice giuridica dei Trattati dell'Unione europea), entrato poi in vigore il 1° gennaio 2013, che ha richiamato la riforma della governance economica dell'Unione europea già adottata nel novembre 2011;

    il Fiscal Compact ha infatti incorporato ed integrato in una cornice unitaria alcune delle regole di finanza pubblica e delle procedure per il coordinamento delle politiche economiche in gran parte già introdotte o in via di introduzione in via legislativa nel quadro della nuova governance economica europea;

    la nuova regola numerica, adottata con il Six pack e richiamata nel Fiscal compact, specifica il ritmo di avvicinamento del debito al valore soglia del 60 per cento del prodotto interno lordo. In particolare, la regola si considera rispettata se la quota del rapporto debito/prodotto interno lordo in eccesso rispetto al valore del 60 per cento si è ridotta in media di 1/20 all'anno nei tre anni precedenti quello di riferimento (criterio retrospettivo o backward-looking della regola sul debito), ovvero se la riduzione del differenziale di debito rispetto al 60 per cento si verificherà, in base alle stime elaborate dalla Commissione europea, nei tre anni successivi all'ultimo anno per il quale si disponga di dati (criterio prospettico o forward-looking della regola sul debito);

    nel valutare il rispetto dei due criteri precedenti, la regola del debito prevede che si tenga conto dell'influenza del ciclo economico, depurando il rapporto debito/prodotto interno lordo dell'effetto prodotto dal ciclo sia sul numeratore sia sul denominatore. Se anche in questo caso la regola non risulta rispettata, possono essere valutati i cosiddetti fattori rilevanti. In particolare, la Commissione sarà chiamata in questo caso a redigere un rapporto ex articolo 126, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue) nel quale esprimere valutazioni «qualitative» in merito agli sviluppi delle condizioni economiche e della finanza pubblica nel medio periodo, oltre che su ogni altro fattore che, nell'opinione dello Stato membro, sia rilevante nel valutare complessivamente il rispetto delle regole di bilancio europee;

    solo se nessuna di queste condizioni (inclusa la mancata attribuibilità al ciclo) viene soddisfatta, la regola del debito è considerata non rispettata, portando alla redazione, da parte della Commissione europea, di un rapporto ai sensi dell'articolo 127(3) del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue);

    dalla sua entrata a regime nel 2015, la regola del debito, che è stata recepita nell'ordinamento italiano con la legge n. 243 del 2012 di attuazione del principio dell'equilibrio di bilancio, non è mai stata rispettata dall'Italia in nessuna delle sue configurazioni. Grazie alla considerazione dei fattori rilevanti, la Commissione europea e il Consiglio hanno nel corso degli anni considerato valide le ragioni addotte dal Governo italiano per posticipare la riduzione del debito pubblico, e non si è mai arrivati quindi all'avvio della procedura di infrazione per disavanzi eccessivi basata sul criterio del debito;

    da ultimo, anche il Def 2021 ha confermato la difficoltà per l'Italia di soddisfare la regola del debito nelle sue varie configurazioni e il nostro Paese ha più volte contestato l'eccessiva restrizione di bilancio implicata dal pieno rispetto della regola in un contesto spesso di condizioni cicliche molto deboli rese ancora più proibitive – per il perseguimento dell'obiettivo relativo al debito pubblico – dalle conseguenze economiche della crisi pandemica;

    all'inizio del 2020, a fronte di alcuni elementi di debolezza già dimostrati dall'impianto complessivo che avevano causato difficoltà agli Stati membri, in particolare nel determinare un percorso virtuoso favorevole alla crescita di lungo periodo, la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica sul riesame dell'efficacia del quadro della governance economica. Il dibattito pubblico, inizialmente sospeso poco dopo la sua apertura per via della crisi pandemica, è stato quindi rilanciato dalla Commissione europea alla fine del 2021 (COM(2021)662final), per riavviare un confronto attorno ai cardini delle regole fiscali come modificate dalle successive integrazioni al Patto di stabilità e crescita e sulla loro efficacia per il conseguimento degli obiettivi originari;

    è stata infatti la stessa Commissione europea ad affermare che, se da una parte, le regole avevano favorito una convergenza duratura dei risultati economici degli Stati membri e un coordinamento più stretto delle politiche di bilancio nella zona euro, dall'altra il debito pubblico rimaneva elevato in alcuni Stati membri e l'orientamento della politica di bilancio a livello nazionale era stato spesso pro-ciclico;

    nonostante abbia promosso la convergenza dei saldi di bilancio verso livelli più sostenibili, l'attuale quadro di governance ha infatti rivelato notevoli debolezze, tra cui la sua elevata complessità, uno scarso livello di attuazione, la carenza di titolarità e di incentivi a perseguire politiche anticicliche, così come la mancanza di una capacità di stabilizzazione centrale per gestire gli shock idiosincratici. Inoltre, esso non è riuscito a ridurre le divergenze tra i livelli di debito nell'Unione, né a proteggere o promuovere gli investimenti che stimolano la crescita;

    il diffondersi della pandemia da COVID-19 ha innescato una crisi senza precedenti, che ha provocato gravi ripercussioni asimmetriche e causato perturbazioni in ambito sanitario, economico e sociale, che hanno determinato la necessità di adottare misure straordinarie; con l'arrivo della crisi pandemica da COVID-19, la Commissione europea ha quindi disposto l'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (general escape clause), al fine di assicurare agli Stati membri il necessario spazio di manovra di bilancio – nel quadro del patto – per contrastare le conseguenze sanitarie ed economiche della crisi;

    alla crisi sanitaria e a quella economica, conseguita all'emergenza epidemiologica da COVID-19, si è quindi aggiunta, già dal 2021, la cosiddetta pandemia energetica, un'impennata dei prezzi dell'energia e del gas, con pesanti ripercussioni sulle famiglie e sulle imprese, già gravate dagli effetti negativi della pandemia e in forte difficoltà nel mantenere la propria capacità produttiva e nel far fronte al pagamento delle spese relative alle utenze;

    l'aggressione russa in Ucraina – in violazione della sovranità di uno Stato libero e democratico, dei trattati internazionali e dei più fondamentali valori europei – e l'adozione delle conseguenti sanzioni da parte dell'Unione europea – hanno impresso una fortissima accelerazione alla pandemia energetica con conseguenti impatti negativi sulle economie degli Stati membri; la maggiore preoccupazione, per quanto concerne l'andamento economico dell'Italia, riguarda proprio il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari degli ultimi mesi;

    la clausola di salvaguardia, introdotta con la revisione della disciplina fiscale operata dal Six-Pack nel 2011 ma mai applicata prima, consente agli Stati membri di deviare temporaneamente dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine, discostandosi dalle esigenze di bilancio che sarebbero normalmente applicabili, a condizione che non venga compromessa la sostenibilità fiscale nel medio periodo, senza sospendere, pertanto, l'applicazione del Patto di stabilità e crescita né le procedure del Semestre europeo in materia di sorveglianza fiscale;

    l'attivazione della clausola di salvaguardia generale ha quindi consentito agli Stati membri di adottare misure molto significative sul fronte delle spese e delle entrate per ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della pandemia. Nella comunicazione del 2 giugno 2021 (COM(2021) 500 final) la Commissione ha quindi confermato l'opportunità che la clausola di salvaguardia venga mantenuta nel 2022 e, presumibilmente, disattivata a partire dal 2023, quando si prevede che l'economia dell'Unione europea torni ai livelli pre-crisi;

    la Commissione ha inoltre affermato che la composizione delle finanze pubbliche non è diventata più favorevole alla crescita, con gli Stati membri che scelgono sistematicamente di aumentare la spesa corrente anziché proteggere gli investimenti. Dal riesame è risultato anche che il quadro di bilancio è diventato eccessivamente complesso a causa della necessità di tener conto di un'ampia gamma di circostanze in continua evoluzione nel perseguimento di molteplici obiettivi;

    in questo complesso quadro è intervenuta una risposta di bilancio europea comune che si è rivelata fondamentale per la ripresa, in un'ottica di sostenibilità ed inclusività economica e attraverso il rafforzamento della produttività e degli investimenti in tutta l'Unione europea per i meccanismi introdotti per la valutazione della qualità della spesa pubblica e per le sue modalità di finanziamento, il nuovo programma europeo Next Generation EU (Ngeu) ha infatti profondamente modificato la concezione del bilancio europeo, prevedendo, per la prima volta, l'emissione di strumenti di debito comune dell'Unione europea sui mercati globali e una impostazione solidaristica – fondata sui grants – che era del tutto mancata in occasione delle crisi finanziarie 2008/09 e 2010/12;

    l'emissione di obbligazioni dell'Unione europea è stata accolta come un chiaro segnale dell'impegno a favore di un'efficace ripresa congiunta ed offre un utile modello anche per le future sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri saranno chiamati ad affrontare;

    l'8 luglio 2021, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla «revisione del quadro legislativo macroeconomico per un impatto più incisivo sull'economia reale europea e una maggiore trasparenza del processo decisionale e della responsabilità democratica», con cui ha invitato la Commissione a rilanciare il dibattito pubblico sulla revisione del quadro di governance economica europea e a presentare proposte legislative complete e lungimiranti a seguito della revisione;

    fra le sue osservazioni, il Parlamento ha sottolineato l'importanza di politiche favorevoli alla crescita e di investimenti pubblici e privati sostenibili, volti ad aumentare il potenziate di crescita e raggiungere gli obiettivi dell'Unione europea incentrati sulle transizioni verdi e digitali e ad aumentare il potenziale di crescita, la competitività e la produttività e a dare impulso al mercato unico ed ha ribadito che investimenti e spese orientati al futuro hanno effetti positivi sulla sostenibilità del debito a medio-lungo termine;

    il 9 maggio 2021 è stata lanciata la Conferenza sul futuro dell'Europa, intesa come spazio pubblico di dibattito sull'Unione del futuro e sulle sue priorità che coinvolga direttamente i cittadini europei, in cui l'Italia deve avere l'ambizione e l'impulso necessari per poter svolgere un ruolo da protagonista, sostenendo le opportune riforme del quadro normativo e regolamentare attuale e le eventuali modifiche del Trattato necessarie;

    oggi, anche a seguito del conflitto in Ucraina, l'Italia e l'Unione europea sono chiamate ad affrontare una vera e propria emergenza energetica che rende improrogabile l'adozione, da parte dell'Unione europea, di tutte le misure necessarie per poter gestire al meglio e in maniera condivisa, anche nel futuro, una possibile crisi, così come l'avvio di una riflessione comune sui rischi geopolitici che condizionano duramente la politica energetica dell'Unione europea e la vulnerabilità delle sue forniture, al fine di proseguire nel percorso di mitigazione degli effetti negativi della crisi;

    in conclusione, il tema dell'aggiornamento e della revisione del quadro della governance economica europea rappresenta pertanto una questione centrale nel dibattito europeo non più rinviabile a fronte della nuova realtà economica – pesantemente influenzata dalle crescenti tensioni e dai mutati scenari geo-politici internazionali – e da rilanciare il prima possibile per sostenere una crescita inclusiva e la sostenibilità di bilancio a lungo termine,

impegna il Governo:

1) ad intraprendere ogni iniziativa utile, in sede europea, finalizzata a:

   a) valutare il mantenimento dell'attivazione della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita (Psc) anche nel corso del 2023, per consentire agli Stati membri di continuare ad adottare le necessarie misure di flessibilità di bilancio finalizzate a ridurre al minimo l'impatto economico e sociale della grave crisi economica, in particolare quella energetica dovuta anche alle crescenti tensioni e ai mutati scenari geo-politici internazionali, con dirette conseguenze sulla sicurezza e sulla sostenibilità energetica dell'Unione europea, preservando gli investimenti pubblici e utilizzando al meglio i finanziamenti del dispositivo per la ripresa e la resilienza per dare impulso alla crescita;

   b) prevenire il ripristino dell'attuale quadro di governance macroeconomica europea – segnatamente del Patto di stabilità e crescita (Psc) – che deve essere ripensato alla luce del rinnovato contesto economico, per adattare le norme di bilancio alle nuove sfide che l'Unione europea e i suoi Stati membri sono chiamati ad affrontare, e perseguire politiche di bilancio sostenibili, prevedendo percorsi di rientro dal debito realistici che tengano conto delle specificità degli Stati membri e del loro quadro macroeconomico complessivo e, inoltre, superando l'utilizzo prevalente di indicatori non osservabili come il saldo strutturale, al fine di ancorare la sorveglianza macroeconomica a indicatori direttamente osservabili e misurabili;

   c) in particolare, rivedere gli irrealistici parametri quantitativi del 3 per cento e del 60 per cento privi di una reale giustificazione economica e spesso oggetto di critiche, con il conseguente superamento della fase preventiva e quella correttiva del Patto di stabilità e crescita, la cui applicazione si è dimostrata a più riprese incoerente, e garantire un'applicazione omogenea della procedura per gli squilibri macroeconomici, al fine di affrontare adeguatamente il fenomeno della pianificazione fiscale aggressiva e gli eccessivi surplus di specifici Stati membri;

   d) trasformare il programma Next Generation EU in uno strumento permanente, da finanziare attraverso il bilancio europeo con la conseguente istituzione di nuove fonti di entrate nella forma di risorse proprie dell'Unione europea e l'inclusione dell'emissione di debito comune europeo come strumento stabile, finalizzati a sostenere l'impegno comune per il rafforzamento degli investimenti nella produzione di «beni pubblici» che consentano di rispondere al meglio alle esigenze concordate a livello europeo, come ricerca, innovazione, sicurezza e transizione energetica, al fine di assicurare all'Unione europea un proprio spazio fiscale autonomo, capace di avviare una politica economica anti-ciclica, che la sottragga a quelli che i firmatari del presente atto di indirizzo giudicano «ricatti» dei contributi nazionali;

   e) a fronte dell'evoluzione dell'attuale scenario energetico, avviare con urgenza un confronto costruttivo per l'istituzione di un Fondo energetico europeo straordinario, quale strumento, a disposizione dell'Unione europea e dei suoi Stati membri a supporto della lotta al caro energia, per garantire una maggiore autonomia sul fronte energetico, attraverso l'attivazione di strategie di diversificazione degli approvvigionamenti energetici, di investimento sulle energie rinnovabili e di rafforzamento di meccanismi di stoccaggio comune, per evitare, nella direzione dell'Unione dell'energia, il rischio di crisi future, e per sostenere i cittadini europei e le categorie produttive gravemente colpite dalla cosiddetta pandemia energetica;

   f) sostenere ogni iniziativa diretta a mobilitare ulteriori investimenti finalizzati ad accelerare la realizzazione di nuovi impianti a fonti rinnovabili;

   g) modificare altresì le regole vigenti in materia di disciplina di bilancio, prevedendo lo scorporo dal calcolo del deficit di determinate categorie di investimenti pubblici nazionali produttivi, che sono ostacolati dall'attuale quadro di bilancio – tra cui quelli green, quelli destinati alle energie rinnovabili e ai beni pubblici europei – nonché esentare, dalla regola di spesa, gli investimenti finanziati dai prestiti del programma Next Generation EU che promuovono gli obiettivi a lungo termine dell'Unione europea, per rendere l'economia e il sistema energetico dell'Unione europea più competitivi, sicuri, omogenei e sostenibili;

   h) valutare altresì la possibilità di scorporare il debito anomalo e non strutturale accumulato a causa dell'emergenza legata al COVID-19, prevedendo la sua cancellazione, la sua perennizzazione attraverso i reinvestimenti del programma di acquisto di titoli Pepp, o in ogni caso tramite l'individuazione di un percorso di rientro ad hoc;

   i) tenere conto, nel quadro di una rinnovata governance economica dell'Unione europea, dell'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali e degli obiettivi ambientali del Green Deal, conformemente agli impegni dell'Unione europea in materia di ambiente e sviluppo sostenibile, anche attraverso la definizione di indicatori di base nel semestre europeo per misurare adeguatamente la disuguaglianza e la povertà e le conseguenze socio-economiche dei cambiamenti climatici, al fine di mettere l'economia al servizio dei cittadini e promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto.
(1-00586) (Nuova formulazione) «Scerra, Davide Crippa, Berti, Bruno, Businarolo, Galizia, Grillo, Ianaro, Papiro, Ricciardi, Vignaroli, Lovecchio, Buompane, Torto, Misiti, Donno, Manzo, Flati».

(14 febbraio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    la crisi ucraina, con i suoi già drammatici risvolti civili e i rischi di destabilizzazione dell'ordine mondiale, chiama l'Europa a una responsabilità decisiva a difesa della pace e della libertà dei popoli, e rende indifferibile e urgente un'accelerazione nel processo di costruzione compiuta del progetto federale, di cui un'autentica politica economica unitaria, una difesa comune e una politica energetica coordinata sono pilastri fondamentali;

    il 10 e 11 marzo 2022 i leader dell'Unione europea, in occasione del Consiglio europeo straordinario di Versailles, hanno adottato una dichiarazione riguardante l'aggressione russa nei confronti dell'Ucraina, il rafforzamento delle capacità di difesa, la riduzione delle dipendenze energetiche e la costruzione di una base economica più solida;

    per affrontare la crisi pandemica da Covid-19, dal 2020 in poi, l'Unione europea ha messo in campo strumenti eccezionali a sostegno delle economie europee quali: I) la sospensione delle regole di bilancio europee, per effetto della clausola di salvaguardia generale del Patto di stabilità e crescita, sospensione che, sulla base dell'andamento attuale dell'economia, dovrebbe cessare il 31 dicembre 2022; II) il Quadro temporaneo sugli aiuti di Stato adottato nell'aprile 2020, poi esteso e integrato più volte, alla sua sesta modifica del 18 novembre 2021, che ha prorogato il regime di deroghe alla normativa dell'Unione europea fino al 30 giugno 2022, definendo, al contempo, un percorso per la graduale eliminazione degli aiuti alla luce della ripresa dell'economia europea; III) lo strumento del Next Generation EU (NGEU) deliberato dal Consiglio europeo del 17-21 luglio 2020, un fondo europeo per la ripresa con una dotazione complessiva di 750 miliardi di euro da impiegare nel periodo 2021-2026, sulla base di Piani nazionali di ripresa e resilienza (Pnrr) che comprendono riforme e progetti di investimento pubblici;

    è in corso, in seno alla Commissione europea, una revisione ulteriore del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato sulla scorta di quanto fatto con il Temporary Framework per il Covid-19;

    in seno alle istituzioni dell'Unione europea è in corso un dibattito sulla riforma della governance economica, che nei prossimi mesi si dovrà tradurre in proposte concrete su temi pregnanti per il futuro dell'Unione quali la riforma delle regole di bilancio dell'Unione europea il completamento dell'Unione bancaria e dell'Unione dei mercati dei capitali, la creazione di una capacità di bilancio dell'Unione e l'individuazione di una strategia di crescita che tenga conto delle transizioni digitali e ambientali, oltreché delle prossime sfide che l'Unione dovrà affrontare;

    durante le negoziazioni del trattato di Maastricht, l'allora Ministro del tesoro italiano Guido Carli propose l'adozione di un approccio tendenziale alla riduzione del debito pubblico, come alternativa all'introduzione di soglie numeriche su deficit e debito pubblico nei trattati;

    secondo un orientamento prevalente delle principali istituzioni finanziarie internazionali, il mantenimento di finanze pubbliche solide e sostenibili rappresenta una condizione favorevole al miglioramento della crescita delle economie degli Stati;

    il presidente del Consiglio italiano e il Presidente della Repubblica francese, in un recente editoriale pubblicato dal Financial Times, hanno tracciato una direttrice politica con lo scopo di rafforzare la strategia comune europea sulla crescita e gli investimenti necessari ad affrontare le sfide future dell'Unione;

    la Commissione europea stima che il fabbisogno aggiuntivo di investimenti privati e pubblici relativi alle transizioni verde e digitale sarà di circa 650 miliardi di euro all'anno fino al 2030;

    l'ammontare del debito pubblico europeo è oggi in media di venti punti superiore al livello pre-pandemico, e vicino al 100 per cento del prodotto interno lordo;

    l'orientamento di politica monetaria della Banca centrale europea (Bce) sta cambiando in senso più restrittivo, con un probabile prossimo aumento dei tassi di interesse nell'eurozona, oltre alla già prevista cessazione, da marzo 2022, del programma di acquisto straordinario di titoli di Stato e di obbligazioni societarie dell'eurozona, noto come Pandemic emergency purchase programme (Pepp), del valore complessivo di 1.850 miliardi di euro;

    le recenti tensioni inflazionistiche, superiori alle attese degli analisti, accoppiate all'escalation della crisi ucraina stanno provocando un rapido deterioramento degli scenari economici globali, con impatti negativi sulle strategie europee di crescita;

    lo shock da offerta sui prezzi energetici determina un rischio di stagflazione che non può essere affrontato soltanto attraverso politiche monetarie espansive da parte della Banca centrale europea ma anche da mirate politiche di bilancio di livello comunitario, che prevedano un adeguato coordinamento in capo alla Commissione europea, di concerto con gli Stati membri,

impegna il Governo:

1) a farsi promotore, a tutti i livelli istituzionali dell'Unione europea, di iniziative volte a promuovere una riforma della governance economica che tenga in considerazione un approccio olistico e unitario e che preveda una riforma delle regole di bilancio europee in chiave evolutiva rispetto al quadro normativo precedente;

2) a farsi promotore, a tutti i livelli istituzionali dell'Unione europea, di un secondo Next Generation Ue, orientato al finanziamento degli investimenti collegati all'hard power e all'autonomia strategica dell'Unione europea (difesa, cybersicurezza, immigrazione, indipendenza energetica e tecnologica nei settori strategici), applicando il principio del «borrow to spend» per cui la Commissione reperisce risorse mediante indebitamento comune (eurobond) per poi cederle agli Stati a fondo perduto;

3) ad attivare iniziative concrete per una riforma delle regole sul deficit che crei adeguati spazi di bilancio necessari al finanziamento degli investimenti per la transizione digitale e ambientale, rendendo permanente uno strumento di finanziamento degli investimenti in beni pubblici europei sul modello Ngeu a partire dal 2027, finanziato attraverso nuove risorse proprie di bilancio dell'Unione e l'emissione di debito comune;

4) a promuovere una riforma delle regole che consenta agli Stati membri percorsi di rientro dal debito pubblico più sostenibili e legati alla dinamica tendenziale di riduzione del rapporto debito/prodotto interno lordo;

5) ad adottare iniziative per istituire, con gli altri Stati membri, un tavolo di riforma complessiva della politica di bilancio dell'area euro, da realizzarsi anche attraverso modifiche ai Trattati che portino alla istituzione di un Ministro delle finanze europeo, recependo i suggerimenti che verranno espressi dalla Conferenza sul futuro dell'Europa;

6) a promuovere una revisione dei Trattati e, in particolare, del meccanismi di voto riducendo il ricorso al potere di veto e allargando le materie per le quali è previsto un meccanismo decisionale a maggioranza.
(1-00610) «Valentini, Rossello, Battilocchio, Fitzgerald Nissoli, Marrocco, Orsini, Perego Di Cremnago, Elvira Savino».

(21 marzo 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE
IN MATERIA DI SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale svolge un ruolo significativo nel servizio di difesa, non armata e non violenta, della Patria nella promozione dei valori fondativi della Repubblica italiana assicurando lo sviluppo della cittadinanza attiva, della solidarietà nonché dell'inclusione e della coesione sociale, anche attraverso la salvaguardia del patrimonio della Nazione con particolare riferimento all'ambiente;

    si pone altresì l'obiettivo di contribuire alla educazione e formazione civica, sociale, culturale e professionale dei giovani di età tra i 18 e i 28 anni che vi partecipano, attraverso l'opportunità di sperimentare fattivamente la bellezza e il valore del volontariato, donando il proprio tempo e le proprie potenzialità al servizio della comunità;

    la riforma del Servizio civile, approvata nella XVII legislatura, ha rappresentato un punto di svolta storico sul fronte normativo e soprattutto dal punto di vista culturale, grazie alla transizione verso un modello di tipo universalistico, e assegna a tale istituto una dimensione europea in termini di integrazione con gli indirizzi comunitari e sul piano fattuale, promuovendo anche esperienze e progettualità per i ragazzi nei diversi Paesi dell'Unione;

    la recente pubblicazione della «Relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile nell'anno 2018» predisposta per la relazione al Parlamento, ai sensi dell'articolo 20 della legge 8 luglio 1998, n. 230, evidenzia lo stato del Servizio civile universale in Italia nell'anno di avvio della riforma del servizio; come mostra il rapporto, tra i settori maggiormente interessati si notano l'assistenza, l'educazione e la promozione culturale e dello sport e una netta prevalenza di donne, rappresentando esse il 60,82 per cento dei giovani coinvolti;

    la riforma del Terzo settore approvata nella medesima legislatura e che sta entrando nella sua piena fase operativa con l'avvio del Registro unico nazionale valorizza il ruolo degli enti del terzo settore e dell'economia sociale nella comunità in una ottica di co-programmazione e co-programmazione con enti locali ed istituzioni; con il decreto legislativo n. 40 del 2017 ha altresì posto le basi per definire una prospettiva moderna e strutturale dell'istituto di Servizio civile universale con l'obiettivo di farlo diventare uno dei pilastri su cui poggiare la crescita dei ragazzi, rendendoli cittadini più consapevoli e capaci di affrontare le sfide sociali e culturali in atto proprio grazie all'impegno all'interno della comunità presso enti del terzo settore o istituzioni;

    la Consulta nazionale per il Servizio civile universale, istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 40 del 2017, è un importante organismo permanente di consultazione composto da enti selezionati iscritti all'albo del Servizio civile universale, dai rappresentanti delle regioni e dei comuni e da una rappresentanza degli operatori volontari e del coordinamento tra enti; la piena operatività della Consulta rappresenta un valido supporto proprio nella fase di uscita dal regime transitorio della riforma nella direzione di un sistema strutturale di servizio civile;

    il Servizio civile universale consente di avvicinare i giovani all'articolato e capillare mondo del terzo settore, che quotidianamente è impegnato in molteplici attività di interesse generale soprattutto a sostegno delle persone più fragili – essendo composto da organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative e imprese sociali, fondazioni – oltre a rinsaldare il loro legame con le istituzioni, anche attraverso progetti promossi da enti pubblici. Il Servizio civile universale è concretamente, infatti, palestra di solidarietà, e consente ai giovani di confrontarsi con realtà spesso ignorate e li aiuta a sperimentare, all'interno di progetti predisposti con queste finalità, la costruzione di una società più inclusiva e aperta;

    nonostante l'emergenza epidemiologica da Covid-19 abbia messo a dura prova l'intero sistema Paese, il Servizio civile universale ha saputo reinventarsi, assicurando, nel rispetto delle misure di sicurezza introdotte per il contenimento della diffusione del virus, la continuità delle attività di supporto e assistenza alla comunità attraverso l'introduzione di nuove e alternative modalità di gestione dei progetti;

    la procedura di selezione dei ragazzi volontari mediante colloquio è un passaggio importante del percorso, che consente anche agli enti coinvolti di valorizzare le motivazioni dei giovani ed inserirli nei percorsi più opportuni; lo scorso anno, per valutare le oltre 100 mila richieste pervenute, furono impiegati 97 giorni; risulta fondamentale, pertanto, che i tempi a disposizione degli enti per esperire la procedura di selezione dei volontari siano adeguati a garantire qualità e attenzione ai ragazzi, anche alla luce delle migliaia di richieste da valutare;

    proprio per la sua importanza, il Servizio civile universale è stato inserito in due missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), la missione uno, su «Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura», e la missione cinque, relativa agli obiettivi e traguardi di «Inclusione e Coesione»;

    in entrambi i casi, grazie alla presenza di un quadro normativo ormai stabile e strutturato in materia, si ambisce a un potenziamento del Servizio civile universale da realizzare attraverso l'incremento del numero di giovani che possano esservi coinvolti e l'innalzamento della qualità dei programmi e dei progetti, il tutto finalizzato alla realizzazione di un percorso di formazione volto ad accrescere le loro conoscenze e competenze, nonché a favorire lo sviluppo della loro personalità in ambito relazionale, professionale e sociale;

    in linea con gli obiettivi di digitalizzazione prefissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato istituito un programma quadro sperimentale di Servizio civile digitale, il quale prevede il coinvolgimento nel triennio 2021-2023 di circa 9.700 operatori volontari e almeno 100 enti, con l'obiettivo di contribuire a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità di alfabetizzazione digitale superando il divario attualmente esistente, nonché di sviluppare un nuovo quadro di relazioni fra il cittadino e le istituzioni;

    le politiche per il lavoro delineate nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), inoltre, mirano a potenziare il Servizio civile universale anche in un'ottica di valorizzazione degli operatori volontari, promuovendo lo sviluppo di competenze e garantendo maggiori opportunità in termini occupazionali per le nuove generazioni, favorendo così l'incontro tra il sistema di istruzione ed il mercato del lavoro;

    ai sensi dell'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, contenente disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, la programmazione del Servizio civile universale, necessaria alla individuazione dei fabbisogni del territorio attraverso una puntuale analisi del contesto nazionale e pianificazione degli interventi necessari a soddisfarli, spetta allo Stato in virtù della finalità primaria della difesa della Patria propria dell'istituto e deve essere realizzata, in sinergia con le regioni, per piani triennali e non più annuali. A tale mutato orizzonte di programmazione triennale, e per dare piena attuazione alla caratteristica di universalità definita dalla riforma, dovrebbe corrispondere una maggiore stabilità di risorse in grado di garantire agli enti una migliore capacità di definizione dei progetti;

    per la realizzazione di 2.818 progetti sul territorio nazionale e all'estero, nel corso del 2021 è stato pubblicato un bando per la selezione di circa 56.000 operatori volontari, i quali rappresentano soltanto il 40 per cento dell'effettiva disponibilità manifestata dai giovani. Tale bando purtroppo offre una disponibilità inferiore di circa 20 mila unità, rispetto alle 76 mila posizioni che il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale aveva vidimato come finanziabili; la definizione di servizio civile nella sua dimensione di universalità dovrebbe risultare un obiettivo prioritario nella fase di attuazione della riforma, proprio alla luce delle decine di migliaia di giovani che annualmente vengono escluse da questa opportunità pur vedendosi la domanda approvata dal Dipartimento;

    è fondamentale, dunque, come avvenuto per il bando 2020, l'integrazione nel più breve tempo possibile dell'attuale bando con i fondi residui dell'annualità precedente, con il conseguente scorrimento della graduatoria e il finanziamento di ulteriori posizioni;

    le opportunità offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) impongono un intervento organico sulla disciplina del Servizio civile universale, la quale non può che ambire alla sua promozione e valorizzazione, nonché a una sua più capillare strutturazione e capacità di co-programmazione con terzo settore ed enti locali che dia forza, completezza e compiutezza al progetto di trasformazione sociale di cui esso è innervato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere lo stanziamento di risorse strutturali per il Fondo nazionale per il Servizio civile universale istituito dall'articolo 19 della legge 8 luglio 1998, n. 230, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, tali da assicurare l'effettiva universalità degli accessi al servizio;

2) ad adottare iniziative per definire lo status giuridico dell'operatore volontario durante il servizio all'estero nonché le condizioni di tutela della sicurezza degli operatori volontari in zone a rischio;

3) ad adottare iniziative per prevedere forme di didattica on-line in modalità sincrona e asincrona per la formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati, promuovendone la formazione e garantendone l'aggiornamento continuo anche attraverso il costituendo Centro nazionale del servizio civile;

4) ad adottare le iniziative necessarie ad assicurare, in linea con quanto previsto dall'articolo 55 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore nella definizione della programmazione e organizzazione a livello territoriale mediante forme di co-programmazione e co-progettazione;

5) a rafforzare il ruolo di consultazione, riferimento e confronto svolto dalla Consulta nazionale, istituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40;

6) ad adottare iniziative per garantire agli enti, sentita la Consulta nazionale, tempi adeguati per esperire la procedura di selezione dei volontari;

7) ad adottare iniziative per coordinare con le regioni eventuali modalità di certificazione delle competenze e stanziare risorse aggiuntive qualora tale servizio qualificato fosse richiesto direttamente agli enti;

8) ad assicurare, secondo quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 40 del 2017, la stipula di un protocollo nazionale quadro e successivi accordi bilaterali fra il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale, e le regioni e le province autonome;

9) a relazionare al Parlamento con maggiore puntualità circa l'organizzazione, la gestione e lo svolgimento del servizio civile, ai sensi di quanto previsto all'articolo 20 della legge 8 luglio 1998, n. 230;

10) a nominare con urgenza il direttore dell'ufficio per il Servizio civile universale considerando l'importanza di tale ruolo per il buon funzionamento del dipartimento e tenuto conto che la posizione è vacante dal 16 giugno 2021.
(1-00573) «Gadda, Boschi, Rosato, Marco Di Maio, Fregolent, Ungaro, Occhionero, Vitiello, Moretto, Noja, Annibali, Ferri, D'Alessandro, Migliore, Paita, Frate, Baldini, Toccafondi, Librandi, Nobili, Colaninno».

(17 gennaio 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale, istituito con il decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, è finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica, anche con riferimento agli articoli 2 e 4, secondo comma, della Costituzione;

    gli ambiti di attività in cui si estrinsecano le finalità del Servizio civile universale concernono: l'assistenza, la protezione civile, il patrimonio ambientale e riqualificazione urbana, l'educazione e promozione paesaggistica, ambientale, del turismo sostenibile e sociale, il patrimonio storico, artistico e culturale, l'educazione e promozione culturale e dello sport, l'agricoltura in zona di montagna, l'agricoltura sociale e la biodiversità, la promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata, la promozione e tutela dei diritti umani, la cooperazione allo sviluppo, la promozione della cultura italiana all'estero e il sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    il Servizio civile universale, riconosciuto dalla legislazione italiana come strumento di apprendimento non formale dei giovani di età compresa tra i 18 e i 28 anni, rappresenta una «palestra di cittadinanza attiva» ed un'importante occasione di formazione civica per gli operatori volontari che maturano conoscenze e competenze;

    il 14 dicembre 2021 è stato pubblicato il bando rivolto agli operatori volontari per la partecipazione ai progetti degli enti di Servizio civile universale, iscritti all'albo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 40 del 2017, ammessi in esito al precedente avviso del 31 dicembre 2020. Tale bando, relativo a 56.205 operatori volontari, è stato integrato di ulteriori 8.126 posizioni aggiuntive grazie al reperimento di risorse rinvenienti da economie di gestione, pari ad oltre 43,4 milioni di euro; in tal modo, sono stati finanziati ulteriori 102 programmi (92 in Italia e 10 all'estero) e i posti effettivamente disponibili per gli operatori volontari sono divenuti 64.331, il più alto numero previsto da un bando nella storia del Servizio civile;

    di questi, oltre 1.000 posti riguardano giovani volontari destinati ad operare nell'ambito dei programmi di «Servizio civile digitale» ammessi al finanziamento dal Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale e dal Dipartimento per la trasformazione digitale;

    nel 2021, infatti, è stata avviata la sperimentazione del Servizio civile digitale e del Servizio civile ambientale, condivisa con gli enti in sede di Consulta nazionale. Il Servizio civile digitale è nato dall'accordo tra i due Ministri, per le politiche giovanili e per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, sottoscritto il 14 dicembre 2021 – che prevede un investimento pari a 55 milioni di euro per il triennio 2022-2024; il Servizio civile ambientale, come da protocollo d'intesa, sottoscritto il 6 agosto 2021, tra i Ministri per le politiche giovanili e della transizione ecologica, prevede uno stanziamento pari a 10 milioni di euro per la prima annualità;

    uno studio dell'Inapp (Istituto per l'analisi delle politiche pubbliche), svolto in collaborazione con il Forum nazionale del terzo settore e Arci Servizio civile, presentato nel maggio 2021, ha evidenziato che il Servizio civile innalza i livelli di occupazione e occupabilità, riduce il tasso di inattività e aiuta a riorientare le scelte professionali dei giovani che vi partecipano. Tra i dati emersi, vi è quello relativo al fatto che, a due anni dall'esperienza di servizio civile, risultano occupati 6 operatori volontari su 10;

    in ragione della sua strategicità, il Servizio civile universale è stato inserito in due missioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza: la missione 1 su «digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura» e la missione 5 relativa agli obiettivi e traguardi di «inclusione e coesione»;

    in tale contesto, il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale è responsabile dell'attuazione degli interventi a cui sono ascritti complessivi 650 milioni di euro per il periodo 2021-2023, dei quali 400 milioni relativi a risorse per progetti in corso e 250 milioni relativi a nuovi progetti da realizzare; il Dipartimento, in qualità di amministrazione centrale, titolare di interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è chiamato al rispetto di precisi obiettivi e tempistiche in termini di attuazione, monitoraggio e rendicontazione;

    nel corso dell'emergenza pandemica, il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale ha comunque assicurato lo svolgimento delle procedure e la regolare conclusione dei procedimenti amministrativi, grazie anche alla piena collaborazione di tutti i soggetti coinvolti;

    in coerenza e continuità con le finalità e gli obiettivi assegnati al Servizio civile universale dal decreto legislativo n. 40 del 2017 e al fine di sostenere compiutamente il progetto di potenziamento del servizio medesimo, come previsto dalla missione 5, componente C1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza, è stata definita una strategia di sviluppo che ha previsto l'attivazione di un progetto di collaborazione con l'Ocse e l'istituzione del «Centro nazionale di formazione per il Servizio civile universale», con sede nel comune de L'Aquila;

    l'istituzione del Centro ha lo scopo di garantire omogeneità, consolidamento e qualità dei processi organizzativi e formativi del Servizio civile, al fine di armonizzare e consolidare i processi di formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati e, al contempo, di rafforzare il percorso di crescita e sviluppo dei territori e delle comunità abruzzesi colpiti dal sisma del 2009;

    nel 2021 il Servizio civile ha compiuto 20 anni, tanti ne sono passati da quel 6 marzo 2001 in cui, con la legge n. 64, è nato il Servizio civile nazionale. Nel 2017, sempre il 6 marzo, il Servizio civile, con il decreto legislativo n. 40, si è evoluto in universale. Il primo bando, emanato nel 2001, prevedeva la selezione di 396 volontari; l'ultimo vedrà in servizio, nel corso del 2022, oltre 64 mila giovani operatori volontari,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative, anche normative, ove necessario, finalizzate alla razionalizzazione e alla semplificazione dei procedimenti amministrativi del Servizio civile;

2) ad adottare iniziative per garantire la partecipazione di tutti i giovani, agevolando, in particolare, quelli con minori opportunità affinché il Servizio civile diventi una leva di inclusione sociale effettiva, nonché ad agganciare chi abbandona il percorso scolastico e non riesce ad inserirsi nel mondo del lavoro;

3) ad adottare iniziative per estendere a nuovi settori di intervento e a nuovi ambiti i progetti offerti dal Servizio civile universale, al pari di quanto è stato compiuto di recente con il Servizio civile digitale ed ambientale;

4) ad incentivare una più stretta collaborazione con le regioni e, parimenti, ad assumere a sistema le best practice territoriali;

5) a dare impulso alla valorizzazione e al riconoscimento delle competenze degli operatori volontari e, più in generale, a tutti quegli strumenti che possono produrre un beneficio per i giovani;

6) ad adottare iniziative per definire, con le regioni e le province autonome, le modalità di certificazione delle competenze, prevedendo adeguate risorse;

7) ad intensificare la mobilità dei giovani operatori volontari e a rafforzare le opportunità di svolgimento del Servizio civile nei Paesi esteri, in particolare di ambito europeo;

8) a definire una misura di analisi di impatto in merito agli interventi svolti dagli enti del Servizio civile universale e realizzati nei territori di ciascuna regione o provincia autonoma o città metropolitana;

9) ad adottare iniziative per prevedere l'utilizzo di piattaforme istituzionali digitali al fine di promuovere l'informazione e l'attivazione delle misure a favore dei giovani, anche con funzioni di banca dati delle competenze formali e non formali acquisite e del curriculum vitae digitale individuale.
(1-00611) «Baldino, Alaimo, Azzolina, Brescia, Maurizio Cattoi, Corneli, D'Orso, De Carlo, Dieni, Giordano, Francesco Silvestri, Elisa Tripodi».

(21 marzo 2022)

   La Camera,

   premesso che:

    il Servizio civile universale è finalizzato alla difesa non armata e non violenta della Patria, all'educazione alla pace tra i popoli, nonché alla promozione dei valori fondativi della Repubblica. Valori che, come dimostra l'attuale scenario di guerra in Ucraina, non si possono mai dare per scontati ma vanno di giorno in giorno costruiti, soprattutto con le nuove generazioni, non solo a livello nazionale, ma anche nel contesto europeo. Il rischio di una sorta di «assuefazione» alla democrazia contribuisce a ingenerare fenomeni di disaffezione, insoddisfazione e distacco nei confronti delle istituzioni politiche;

    la formazione dello spirito civico e la promozione dell'impegno nei confronti della comunità sono il presupposto per una vigorosa società civile e, più precisamente, di un ricco e multiforme tessuto associativo. La partecipazione associativa, specialmente ad associazioni in grado di produrre fiducia intersoggettiva, capacità di cooperazione e interesse per le sorti della società, rappresenta un antidoto nei confronti del ripiegamento privatistico e una risorsa per lo sviluppo del «capitale sociale», quale requisito ineludibile per una sana democrazia;

    sono almeno una sessantina, nel mondo, i Paesi che attribuiscono una qualche forma di riconoscimento istituzionale a esperienze e attività definibili come «Servizio civile»;

    nel nostro Paese, il primo a parlare di Servizio civile fu il filosofo italiano della non violenza Aldo Capitini, quale forma alternativa al servizio militare e come addestramento della popolazione alle tecniche della non violenza, in modo da lasciare maturare nei cittadini la scelta democratica per uscire definitivamente dall'ideologia totalitaria, e strumento di democratizzazione della società;

    come noto, con la recente riforma della legge 6 giugno 2016, n. 106, e il successivo decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, a seguito di un ampio confronto con gli enti, le organizzazioni di rappresentanza dei giovani e le diverse amministrazioni interessate, gli ambiti in cui è possibile svolgere il Servizio civile universale sono: a) assistenza; b) protezione civile; c) patrimonio ambientale e riqualificazione urbana; d) patrimonio storico, artistico e culturale; e) educazione e promozione culturale e dello sport; f) agricoltura in zona di montagna, agricoltura sociale e biodiversità; g) promozione della pace tra i popoli, della non violenza e della difesa non armata; promozione e tutela dei diritti umani; cooperazione allo sviluppo; promozione della cultura italiana all'estero e sostegno alle comunità di italiani all'estero;

    si stima che dal 2001 siano stati coinvolti in progetti di Servizio civile oltre 700 mila giovani, dei quali circa il 65 per cento ragazze e tutti su base volontaria;

    come recita il capo III del decreto legislativo n. 4 del 2017, significativamente intitolato «I soggetti del Servizio civile universale», serve una collaborazione paritaria tra lo Stato, le regioni e le province autonome, gli enti di Servizio civile universale e i rappresentanti dei volontari attraverso la Consulta, fatta salva la responsabilità di sintesi finale del Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale;

    fondamentale per il conseguimento delle finalità del Servizio civile è lo strumento della programmazione degli interventi e delle iniziative portate avanti dagli enti iscritti all'albo e del confronto nella sede di rappresentanza della Consulta nazionale del Servizio civile universale, nel rispetto dei principi della partecipazione, della concertazione, della coprogrammazione e della coprogettazione;

    va registrato positivamente lo stanziamento, per il 2022, di risorse finanziarie per l'attuazione dei programmi di intervento pari a oltre 311 milioni di euro, di cui il 40 per cento è destinato alle regioni del Mezzogiorno, così come lo specifico rimborso per le misure aggiuntive, previsto dall'articolo 12, comma 2, del decreto legislativo n. 40 del 2017, quali, ad esempio, l'attività di tutoraggio e l'inclusione di giovani con minori opportunità;

    parimenti, è un risultato importante l'incremento di ulteriori 8.481 posizioni (8.307 in Italia e 174 all'estero), per 102 programmi (92 in Italia e 10 all'estero), portando a 64.686 i posti disponibili per i giovani tra i 18 e 28 anni che intendono diventare operatori volontari di Servizio civile, la cifra più alta di sempre da quando è stato istituito, nel 2001, il nuovo Servizio civile su base volontaria, anche se tale cifra è ancora lontana dall'obiettivo delle 76.000 posizioni stimate finanziabili nel 2021 dal Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio civile universale;

    a riprova della sua strategicità, il Servizio civile universale ha trovato puntuale riconoscimento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia nella missione «digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura» sia nella missione «inclusione e coesione»; in linea con gli obiettivi di digitalizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato istituito un programma quadro sperimentale di Servizio civile digitale, con l'obiettivo di contribuire a garantire a tutti i cittadini le stesse opportunità di alfabetizzazione digitale e il coinvolgimento nel triennio 2021-2023 di circa 9.700 operatori volontari;

    tali importanti scenari devono essere accompagnati da un costante e collaborativo confronto con la rappresentanza degli enti iscritti all'albo di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 40 del 2017 e dei giovani volontari, a cominciare dalle scelte relative alle modalità operative e alle tempistiche per l'accesso ai bandi, per le procedure di selezione dei volontari, nonché per ogni altro profilo che possa incidere sulla programmazione dell'attività degli enti e sulle aspettative dei giovani;

    al contempo, anche sul piano ordinamentale, il settore ha visto, recentemente, l'affermarsi di un nuovo quadro normativo di cui si sta sperimentando il primo impatto e del quale non risultano ancora sufficientemente verificati gli effetti, basti pensare che le Relazioni sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del Servizio civile, predisposta ai sensi dell'articolo 23 del citato decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, sono riferite agli anni 2018 e 2019, ovvero ai primi anni di entrata in vigore della riforma del 2017;

    al riguardo, ha destato non poca sorpresa tra le rappresentanze dei soggetti interessati l'ipotesi di un ulteriore intervento di revisione ordinamentale, che rischierebbe di rendere nuovamente indeterminato il contesto normativo in cui saranno chiamati ad operare gli enti, che recentemente hanno già dovuto adeguarsi alla soppressione della programmazione dei piani annuali, operata dall'articolo 40 del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233;

    a tale riguardo è prioritario che, nell'ambito di un costante e collaborativo confronto, inizi subito l'attività del gruppo della Consulta nazionale del Servizio civile per la costruzione della proposta di piano triennale 2023-2025, sul quale fra l'altro è richiesta l'intesa Governo-regioni e pubblica amministrazione;

    l'adeguatezza e la costanza delle risorse al finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile universale, così come la stabilità nel medio-lungo termine del quadro ordinamentale, rappresentano il presupposto per un'efficace programmazione dell'attività degli enti iscritti all'albo, nel pieno rispetto dello spirito collaborativo che ha ispirato la riforma del 2017,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per prevedere, sin dal prossimo disegno di legge di bilancio, stanziamenti strutturali ordinari per il Fondo nazionale per il Servizio civile di cui all'articolo 24 del decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, in misura tale da assicurare l'effettiva fruizione del diritto di tutti i volontari richiedenti all'accesso al servizio e con una base minima annua di almeno 60.000 posizioni, per arrivare progressivamente al conseguimento dell'obiettivo di almeno 100.000 volontari ammessi ogni anno;

2) prendendo spunto dalla positiva iniziativa della nascita del Servizio civile italo-francese, con l'accordo del 15 febbraio 2022, volto a promuovere la mobilità e lo scambio tra i giovani volontari italiani e francesi per progetti dei due Paesi, ad adoperarsi per l'allargamento di tale esperimento anche con gli altri partner europei;

3) ad adottare iniziative per valorizzare percorsi di pace attraverso la sperimentazione prevista per i corpi civili di pace, con la pubblicazione dell'avviso per i progetti della terza annualità, che avrebbe già dovuto essere in corso;

4) ad adottare, per quanto di competenza, iniziative normative volte a delineare lo status giuridico dell'operatore volontario durante il servizio all'estero, con particolare riguardo al sistema di tutele e di sicurezza che deve accompagnare i nostri giovani volontari all'estero, soprattutto operanti in zone a rischio;

5) ad adoperarsi, anche nell'ambito della Conferenza Stato-regioni e d'intesa con le rappresentanze degli enti del terzo settore, per la graduale definizione di un sistema di attestazione delle competenze tipiche del Servizio civile, tra le quali quelle di cittadinanza e soft skyll oppure trasversali oppure strategiche, acquisite dai volontari nel corso dell'esperienza del Servizio civile, volto a valorizzare la formazione acquisita anche ai fini di un possibile successivo utilizzo delle evidenze delle competenze acquisite nel mondo del lavoro, pur confermando la netta distinzione tra le finalità del Servizio civile universale e le politiche attive per il lavoro;

6) ad adottare iniziative per assicurare il massimo coinvolgimento preventivo, nel pieno rispetto del principio di coprogrammazione e coprogettazione sancito dalla riforma del 2017, degli enti del terzo settore e della Consulta nazionale non solo nella programmazione e organizzazione a livello territoriale dei progetti, ma anche ai fini della definizione di scelte relative alle modalità operative e alle tempistiche per l'accesso ai bandi, per le procedure di selezione dei volontari, nonché per ogni altro aspetto che possa incidere sull'organizzazione e sull'efficacia dell'azione degli enti;

7) ad adottare iniziative per semplificare le procedure dei bandi per i progetti degli enti, rafforzando i meccanismi di verifica ex post di cui all'articolo 20 del decreto legislativo n. 40 del 2017;

8) ad assicurare la puntuale attuazione della disposizione di cui all'articolo 23 del citato decreto legislativo 6 marzo 2017, n. 40, che prevede che «Il Presidente del Consiglio dei ministri presenta ogni anno al Parlamento, entro il 30 giugno, una relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del Servizio civile universale»;

9) ad adottare indirizzi per favorire la sperimentazione e l'adozione di nuove metodologie di formazione in presenza, a distanza e mista, relativamente alla formazione degli operatori volontari e del personale degli enti accreditati, alla formazione in capo agli enti iscritti all'albo del Servizio civile universale, promuovendone la formazione e garantendone l'aggiornamento continuo anche attraverso il costituendo Centro nazionale di formazione.
(1-00612) «Bonomo, Gribaudo, Lepri, Ceccanti, Carnevali, Boldrini, Bruno Bossio, Zardini, D'Elia, Fiano, Berlinghieri, De Filippo, Quartapelle Procopio».

(23 marzo 2022)

MOZIONI CONCERNENTI INIZIATIVE
IN MATERIA DI ENERGIA NUCLEARE DI NUOVA GENERAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    gli ambiziosi progetti dell'Unione europea per uno sviluppo sostenibile e gli impegni di Cop 26 prevedono in tempi brevi un forte abbattimento delle emissioni di anidride carbonica, difficilmente raggiungibile nei tempi previsti con il solo utilizzo di energie da fonti rinnovabili;

    con riferimento all'energia da fissione nucleare, molti Paesi proseguono l'investimento in energia atomica, tra cui Gran Bretagna, Russia, India, Cina e Francia, che ha annunciato la costruzione di sei nuovi reattori nucleari EPR (ad acqua pressurizzata), oltre all'entrata in servizio del reattore di Flamanville, prevista per il 2024, e all'impegno di un miliardo di euro per la realizzazione di reattori di piccole dimensioni;

    i Ministri dell'economia e dell'industria di 10 Paesi dell'Unione europea – Bulgaria, Croazia, Finlandia, Francia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Ungheria – hanno pubblicato un documento, il 10 ottobre 2021, per chiedere che l'energia nucleare sia compresa nelle fonti di energia pulita all'interno della «Tassonomia degli investimenti verdi» della Commissione europea, cioè l'insieme di regole di classificazione che si applicano alle attività economiche per poterle definire «sostenibili»;

    anche il Giappone, a 10 anni dall'incidente di Fukushima, per raggiungere l'obiettivo di zero emissioni nel 2050, prosegue nel suo intento di riavviare gli impianti già localizzati sul proprio territorio e di costruirne di nuovi;

    lo sviluppo di reattori nucleari di nuova generazione coinvolge i maggiori Paesi del mondo e numerosi partner industriali europei e vedrà l'avvio della produzione di energia da parte dei primi impianti già dal 2024;

    d'altro canto, con riferimento all'energia nucleare da fusione a confinamento magnetico, mai applicata a livello industriale, la società Commonwealth Fusion Systems (CFS), nata dal Mit di Boston, e che ha come maggiore azionista privato il gruppo italiano Eni, ha condotto con successo il primo test di un supermagnete, fondamentale per la gestione del plasma, composto da isotopi di idrogeno: un passo importante verso la produzione di energia nucleare pulita, con l'impegno a costruire il primo impianto sperimentale entro il 2025,

impegna il Governo

1) nel confermare l'obiettivo di zero emissioni al 2050, a riconsiderare, previa effettuazione delle dovute verifiche di sicurezza e con il coinvolgimento della popolazione, lo sviluppo di tecnologie di fissione nucleare di nuova generazione, a supportare lo sviluppo delle tecnologie di fusione a confinamento magnetico e ad adottare iniziative per comprendere la produzione di energia atomica di nuova generazione all'interno della propria politica energetica, e far sì che la stessa venga classificata tra le fonti energetiche sostenibili.
(1-00540) (Nuova formulazione) «Lupi, Schullian».

(4 novembre 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la Commissione europea ha definito uno specifico sistema di classificazione volto a identificare le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, quale importante fattore abilitante per supportare gli investimenti sostenibili e per adottare le indicazioni del Green Deal europeo;

    il regolamento (UE) 2020/852 relativo all'istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili (il «regolamento tassonomia dell'Unione europea») è entrato in vigore il 12 luglio 2020. A norma di tale regolamento il Parlamento europeo e il Consiglio hanno conferito alla Commissione europea il mandato di fornire, mediante atti delegati, i criteri di vaglio tecnico per determinare se un'attività economica contribuisce in modo sostanziale agli obiettivi ambientali. Tali criteri aiuteranno le imprese, gli investitori e i partecipanti ai mercati finanziari a stabilire adeguatamente quali attività possono essere considerate ecosostenibili. La tassonomia europea definisce sei obiettivi ambientali per identificare le attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale:

     1) mitigazione dei cambiamenti climatici;

     2) adattamento ai cambiamenti climatici;

     3) uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine;

     4) transizione verso un'economia circolare;

     5) prevenzione e riduzione dell'inquinamento;

     6) protezione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi;

    il regolamento della tassonomia introduce un sistema di etichettatura per gli investimenti che indicherà dove indirizzare diverse centinaia di miliardi di euro alle attività produttive che ottengono l'etichetta «sostenibile» per tutte o parte delle loro attività. Pertanto, un'attività economica è definita sostenibile dal punto di vista ambientale se: contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di uno o più dei sei obiettivi ambientali; non arreca un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali (Do No Significant Harm – Dnsh); è svolta nel rispetto delle garanzie minime di salvaguardia;

    la Commissione europea in data 20 aprile 2021 ha presentato una prima serie di regole di attuazione nell'ambito della tassonomia della finanza sostenibile dell'Unione europea, specificando i criteri tecnici dettagliati che le aziende devono rispettare per avere un marchio di investimento «verde» in Europa;

    l'ambito di applicazione dell'atto delegato relativo agli aspetti climatici della tassonomia dell'Unione europea include già circa il 40 per cento delle imprese quotate in borsa, appartenenti a settori che sono responsabili di quasi l'80 per cento delle emissioni dirette di gas serra in Europa; altre attività saranno aggiunte in futuro. Grazie a tale ambito di applicazione la tassonomia dell'Unione europea può aumentare in modo significativo il potenziale offerto dal finanziamento verde per sostenere la transizione, in particolare per i settori ad alta intensità di carbonio, che richiedono cambiamenti urgenti. Per il momento non sono inclusi due punti controversi, ossia gas e nucleare;

    sul sito del quotidiano on line dell'A.g.i. è stato pubblicato in data 23 ottobre 2021 un articolo dal titolo «L'Ue fa i conti con la crisi energetica. Von der Leyen: Il nucleare ci serve», contenente l'allarme lanciato dalla Presidente della Commissione Europea (Sig.ra Ursula Von Der Leyen) circa il fatto che l'Unione europea sarebbe «chiamata a fare i conti con la crisi energetica immediata, con i prezzi alle stelle, ma anche con l'imponente sfida della transizione ecologica. E su questo dovrà scegliere quali fonti valorizzare, quali salvare e quali abbandonare nella prossima fase di transizione. E lo farà entro dicembre»;

    sempre l'articolo in menzione evidenzia che il Presidente del Consiglio Mario Draghi avrebbe ammesso che «alcuni Paesi chiedono di inserirlo tra le fonti di energia non inquinanti», senza (però) assumere una posizione definita e dimostrando (al contrario) ambiguità (attestata dalla seguente dichiarazione: «La Commissione procederà a una proposta a dicembre. Ci sono posizioni molto divisive in Consiglio. Vedremo quale nucleare e poi in ogni caso ci vuole moltissimo tempo»);

    in data 29 marzo 2021 è stata diffusa la relazione del Joint Research Council (JRC), organismo scientifico consultivo della Commissione europea, che ha concluso che, non vi è evidenza scientifica alcuna che il nucleare possa recare maggior danno rispetto alle altre fonti già definite sostenibili;

    in data 12 ottobre 2021, a seguito della relazione JRC, la Francia, la Bulgaria, la Croazia, la Repubblica Ceca, la Finlandia, l'Ungheria, la Polonia, la Slovacchia, la Slovenia e la Romania hanno manifestato il proprio orientamento con una lettera con cui è stato chiesto alla Commissione europea di riconoscere l'energia nucleare come fonte di energia a basse emissioni;

    in data 2 luglio 2021 la Commissione europea ha reso nota la Scheer Review, ossia un rapporto del Comitato scientifico su Salute Ambiente e rischi emergenti che contesta fortemente il rapporto del JRC. Lo Scheer Report è categorico: il rapporto JRC è incompleto, come sui rifiuti (le scorie radioattive) o le emissioni radioattive, ricorda che il 55 per cento dei gas radioattivi del ciclo di vita dell'uranio vengono emessi nella fase estrattiva, oppure sui rischi, dove mancano le quantificazioni. Il Comitato fa inoltre notare che il Joint Research Center della Commissione europea usa l'espressione, far meno danni, e non far danni significativi, (do not significant harm). Si lascia intendere che la differenza linguistica consentirebbe nel rapporto JRC di collocare il nucleare in una classifica tra oggetti disomogenei, e in questo senso secondo JRC il nucleare, poiché emetterebbe meno CO2, provocherebbe meno danni rispetto agli impianti a carbone;

    nel luglio 2021 è stata resa nota la lettera inviata da 5 Paesi europei, Germania, Austria, Spagna, Danimarca, Lussemburgo, alla Commissione europea proponendo di escludere il nucleare dalla classificazione verde della tassonomia, al fine di non favorirlo in aiuti e corsie preferenziali nel Green Deal europeo, di transizione e contrasto ai cambiamenti climatici;

    la lettera dei Ministri dei 5 Paesi afferma che il nucleare non è neutrale rispetto alla protezione dell'ambiente e della biodiversità (ossia è in contrasto con il sesto obiettivo della tassonomia) perché, per esempio, finora nel pianeta non c'è un solo deposito permanente e definitivo delle scorie, i rischi di incidente sono elevati, e si citano Fukushima e Chernobyl. Anche se non produce direttamente CO2, il nucleare non rispetterebbe il principio di innocuità, cioè non far danni significativi (do not significant harm), mentre si naviga verso la strategia a zero emissioni;

    da fonti stampa del Fatto Quotidiano del 11 novembre 2021 dal titolo Cop26, Germania Spagna e altri 5 Paesi dicono no al nucleare nella tassonomia Ue. L'Italia resta alla finestra e non partecipa, si apprende che ai 5 Paesi contrari all'inserimento del nucleare in tassonomia verde – Germania, Austria, Spagna, Danimarca, Lussemburgo – si sono aggiunti altri Paesi – Spagna e Irlanda – e lo hanno manifestato in occasione di una conferenza stampa in ambito Cop26 durante la quale i suddetti Paesi hanno preso una posizione netta, sottoscrivendo una dichiarazione contro inserimento del nucleare nella tassonomia Ue. L'Italia non ha partecipato e non ha aderito a tale iniziativa. Inoltre, l'articolo sopra indicato contiene dichiarazioni in cui si afferma che l'astensione dell'Italia dipenderebbe dall'esistenza di un accordo tra Francia ed Italia teso «a consentire al nucleare di essere considerato un investimento sostenibile, in cambio dell'inserimento del gas»;

    qualora l'esistenza di tale accordo fosse confermata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non si potrebbe non condividere la considerazione dello stesso come scellerato, in quanto si produrrebbe la conseguenza del dirottamento dei «finanziamenti destinati alla transizione ecologica verso l'industria nucleare dei francesi e al mantenimento dell'industria del gas italiana», favorendo quindi il proliferare di quelle che il Ministro dell'ambiente tedesco Svenja Schulze definisce «tecnologie troppo rischiose, lente e non sostenibili» che distoglierebbero «fondi dalle energie rinnovabili, come eolico e solare»;

    la Francia ha nuovamente annunciato la costruzione di nuovi reattori nucleari Epr. Giova ricordare come, sistematicamente, in relazione agli annunci e ai presunti costi legati agli investimenti in energia atomica dichiarati dai proponenti, i risultati sono stati sempre disattesi: ad esempio nel 2008 c'erano due soli Epr in costruzione, uno in Finlandia a Olkiluoto e uno in Francia a Flamanville. In Finlandia l'azienda proprietaria della tecnologia e impegnata nella costruzione, Areva, è fallita mentre il costo stimato è lievitato circa 4 volte rispetto al costo di progetto e la nuova previsione di terminare la realizzazione non potrà essere prima del 2024. In Francia a Flamanville, cantiere gestito da Edf, i costi di costruzione sono lievitati fino a 19 miliardi di euro, tenendo conto anche dei costi finanziari come valutati dalla Corte Des Compts nel 2020, e anche questa è ancora in costruzione. Negli Usa a distanza di vent'anni dal «rinascimento nucleare» lanciato da George W. Bush nel 2001, nessun reattore di generazione III+ è entrato in funzione e dei quattro reattori AP1000 in costruzione, due sono stati cancellati e due proseguono a costi esorbitanti: dai circa 9 miliardi di dollari iniziali si è già passati a una stima di 27 miliardi di dollari. L'azienda proprietaria della tecnologia, la nippo-americana Toshiba-Westinghouse, è fallita nel 2017;

    in Italia la produzione di energia nucleare è stata oggetto di ben due referendum abrogativi. A tale scopo, si evidenzia che il referendum abrogativo è considerato un «atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria» (Corte costituzionale 3 febbraio 1987 n. 29) e il suo esito è rinforzato dal divieto (ricavato dall'articolo 75 della Costituzione) di ripristino delle norme abrogate a seguito di un'iniziativa referendaria (Corte costituzionale 17 luglio 2012 n. 199). Ciò vale anche per i referendum del 1987 e del 2011 che hanno decretato (con forza di legge rinforzata) la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare in Italia mentre permangono gli studi e le procedure sul decommissioning e sulla ricerca in tale settore;

    nonostante i risultati referendari, il Ministro della transizione ecologica Cingolani ha concesso il patrocinio del proprio Ministero all'evento «Stand Up for Nuclear» (programmato in nove città italiane dal 24 settembre 2021 al 9 ottobre 2021), consistente in una serie di incontri finalizzati a sostenere e promuovere il ricorso al nucleare come fonte energetica;

    sul decommissioning vale la pena ricordare che dopo 34 anni dallo spegnimento dei reattori italiani il problema dei rifiuti radioattivi prodotti dalle centrali nucleari e dagli altri siti nucleari ad esse correlate non sono stati ancora risolti e attualmente i rifiuti radioattivi sono in parte all'estero per essere riprocessati per poi tornare in Italia e in parte sono dislocati in 19 siti temporanei sul territorio nazionale. I sopra citati 19 siti non hanno le caratteristiche tecniche per stoccare definitivamente in sicurezza rifiuti radioattivi;

    occorre mettere in evidenza che sul territorio nazionale ci sono anche elementi di combustibile radioattivo di fattura extranazionale. In particolare, nell'impianto Itrec (Impianto di trattamento e rifabbricazione elementi di combustibile) che si trova all'interno del Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella (Matera) tra il 1968 e il 1970 sono stati trasferiti 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dal reattore sperimentale Elk River (Minnesota). L'obiettivo era condurre ricerche sui processi di ritrattamento e rifabbricazione del ciclo uranio-torio per verificare l'eventuale convenienza tecnico-economica rispetto al ciclo del combustibile uranio-plutonio normalmente impiegato. Tale sperimentazioni si sono rivelate un insuccesso ed inoltre toccherà all'Italia smaltire definitivamente tali rifiuti radioattivi – stoccandoli provvisoriamente nel Csa-Complesso stoccaggio ad alta attività del deposito nazionale – sempre che non ritornino, previo accordo tra le parti, negli Usa;

    pertanto, si è in attesa della costruzione del deposito nazionale per stoccare definitivamente i rifiuti radioattivi a bassa attività e, temporaneamente, quelli a media e alta attività. Tuttavia, il sito non è stato ancora individuato ed attualmente è in corso il Seminario per la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee (Cnapi);

    i rifiuti radioattivi a media e alta attività che verranno stoccati temporaneamente in una zona all'interno del deposito nazionale (unità CSA- Complesso stoccaggio ad alta attività) verranno poi trasferiti in un deposito geologico. In considerazione degli elevati costi di realizzazione di un deposito di quest'ultimo tipo, alcuni Paesi europei, tra cui l'Italia, con quantità limitate di rifiuti a media e alta attività stanno valutando l'opportunità di costruire uno o più depositi di profondità condivisi, possibilità contemplata dalla direttiva 2011/70/EURATOM. L'attività di sviluppo di accordi internazionali per la realizzazione di un deposito geologico condiviso è in capo al Governo, supportato da Enea, che partecipa ad un gruppo di lavoro internazionale ad hoc denominato Erdo. In merito vale la pena evidenziare che il deposito geologico condiviso è solo una possibilità, ma attualmente manca una reale pianificazione e gli sforzi in tal senso ad oggi sono insufficienti, in quanto si basano sull'adesione ad un programma non vincolante e attualmente rimasto solo teorico; pertanto, per l'Italia non vi è ancora soluzione per lo stoccaggio dei rifiuti a media e alta attività che sono a tutt'oggi un problema irrisolto per il nostro Paese;

    confrontando i costi di gestione dei rifiuti pericolosi e quelli dei rifiuti radioattivi si può notare che mentre i primi hanno un costo di gestione di massimo alcune centinaia di euro a tonnellata (ad esempio per rifiuti contenenti amianto il costo è intorno ai 250 euro a tonnellata), i secondi hanno un costo complessivo di gestione di alcune decine di migliaia di euro a tonnellata, tipicamente nel range tra 25 mila euro per i rifiuti a bassa attività e i 50 mila euro a tonnellata per rifiuti di media attività. Per il deposito nazionale italiano si stima un costo di conferimento pari a circa 16 mila euro a tonnellata per lo smaltimento dei rifiuti nel deposito di superficie. Va evidenziato che a livello internazionale i costi di smaltimento in depositi geologici, intermedi o profondi, sono in un range tra 12 e 15 volte maggiori del costo di smaltimento in un deposito di superficie. I costi del decommissioning italiano sono attualmente scaricati sulle bollette elettriche alla voce A2RIM e rappresentano il 6 per cento degli «oneri di sistema» che incidono circa il 23 per cento della spesa di energia elettrica di una famiglia tipo;

    per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo per l'energia, secondo i dati del «Rapporto annuale per l'energia elettrica» del Ministero della transizione ecologica, nel 2018 la spesa per ricerca nell'efficienza energetica è diminuita al 57 per cento, mentre nel 2016 era al 58 per cento, ma è quadruplicata rispetto al 2007. L'efficienza energetica assieme alle fonti rinnovabili e alle tecnologie per la conversione, la trasmissione, la distribuzione e lo stoccaggio di energia elettrica rappresentano il 76 per cento della ricerca energetica italiana, mentre il peso della ricerca sulle fonti fossili è circa del 12 per cento, mentre sul nucleare è circa del 7 per cento. Quindi, contrariamente a quanto si possa pensare, l'Italia non ha mai abbandonato la ricerca sul nucleare;

    in riferimento alla ricerca si segnala le numerose attività di Enea e Leonardo sul campo. Ad esempio, Leonardo attraverso la sua controllata Vitrociset, si è aggiudicata la gara indetta da Iter «Organizzazione per lo sviluppo delle infrastrutture diagnostiche del reattore e i relativi servizi di ingegneria». «ENEA-Fusione» partecipa alla realizzazione di Iter attraverso l'Agenzia europea Fusion For Energy (F4E). Iter è un progetto che si propone di realizzare un reattore a fusione nucleare di tipo sperimentale di 500 Megawatt di potenza. Unione europea, Giappone, Federazione Russa, Stati Uniti, Cina, Corea del Sud e India hanno siglato ufficialmente l'accordo per la realizzazione di Iter il 28 giugno 2005 a Mosca. La costruzione è cominciata nel 2007 nel sito europeo di Cadarache nel sud della Francia e sarebbe dovuto terminare nel 2016, ma ad oggi le stime sono state riviste e l'avvio delle prime attività del reattore sperimentale Iter è stimato, secondo i proponenti, non prima del 2025 e il raggiungimento della piena capacità si pensa, nella più ottimistica delle ipotesi, sia ottenibile dopo il 2035, sempre che non vi siano ulteriori complicazioni o ritardi. Il costo per la ricerca e costruzione di questo impianto prototipo – che ancora non è stato realizzato – era originariamente stimato per 11 miliardi di dollari, ma già nel 2017 aveva superato i 20 miliardi di dollari;

    nel 2002 è stato costituito il Gif (Generation IV International Forum) su iniziativa degli Usa e con la partecipazione di diversi Paesi, dal 2007 anche dell'Italia, per lo sviluppo di sei sistemi nucleari di IV generazione che potessero essere progettati, sperimentati e realizzati a livello di prototipo entro il 2030. Tuttavia, anche in questo caso, le date e i costi stimati sono stati abbondantemente superati e per alcune di queste tecnologie non è stata ancora fornita alcuna scadenza realizzativa. Inoltre, nulla è dato sapere sugli impatti ambientali e sul ciclo di vita di questi impianti che sembrano non avere mai una fine per essere realizzati bensì di sicuro un esorbitante costo a carico degli Stati;

    in merito ai costi per la produzione di energia elettrica, secondo lo studio «World Nuclear Industry Status Report 2020» (Wnisr) – un rapporto annuale prodotto da un gruppo di esperti internazionali indipendenti – produrre 1 chilowattora (kWh) di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro, con il gas è costato 5,9 centesimi di dollaro, con il carbone 11,2 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro. Secondo il dossier «Renewable power generation costs 2020» – che prende in esame solo fonti rinnovabili – il costo per kWh dell'elettricità prodotta dal fotovoltaico è di 5,7 centesimi di dollaro, mentre per quella prodotta dall'energia eolica è di 3,9 centesimi di dollaro; quindi studi recenti, anche se diversi, hanno stime simili. Tuttavia, occorrono delle precisazioni: gli studi in merito al costo per chilowattora sono molteplici e in quelli più recenti sono più favorevoli alle rinnovabili, mentre in quelli più datati (dal 2002 ai 2014) i costi sono difformi rispetto ai recenti, probabilmente perché con l'andar del tempo le rinnovabili hanno ottenuto maggior diffusione e incentivi, mentre i costi stimati per fossili e nucleare erano completamente esenti da esternalità legate all'intero ciclo di vita delle centrali o alla tassazione. Inoltre, se sulle rinnovabili il costo a chilowattora dipende dalla disponibilità del vento e dell'irraggiamento del sole – caratteristiche di cui l'Italia ha in abbondanza in molte zone del Paese e per cui potrebbe persino essere più contenuto – i costi sul nucleare non tengono in considerazione i corretti costi di smaltimento delle scorie radioattive che, come visto in precedenza, hanno un impatto economico estremamente significativo mentre per il gas, carbone e il nucleare non sono sempre stimati in modo corretto i «costi esterni», ossia gli impatti ambientali e sulla salute che queste produzioni energetiche creano in modo da quantificare il «costo sociale» che quindi presumibilmente potrebbe essere più elevato;

    la valorizzazione di fonti energetiche, come il nucleare ed il gas, costituisce il fondamento della tesi ritardista che propugna la necessità di rallentare la transizione ecologica, al fine di spalmare nel tempo gli enormi costi ad essa connessi (come quelli relativi agli investimenti necessari a sviluppare la capacità produttiva delle energie rinnovabili) ed evitare stress eccessivi del nostro sistema industriale e tensioni sociali insostenibili (cfr. l'articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    sennonché è convinzione molto radicata e difficilmente contestabile che la transizione ecologica non debba essere rallentata (con la riduzione degli investimenti nelle energie fossili in funzione della decarbonizzazione, accompagnata però da un'evidente timidezza verso le rinnovabili che crea un'eccessiva dipendenza dalle fonti di energia intermedie come il gas ed il nucleare), ma (al contrario) accelerata con politiche di stimolo degli investimenti (pubblici e privati) di lungo periodo necessari ad aumentare l'offerta di energia pulita (cfr. il già citato articolo su Diario europeo del 24 ottobre 2021 dal titolo «Altro che bagno di sangue. Per stabilizzare i mercati serve la transizione ecologica»);

    il nucleare (come anche il gas) non è, quindi, la soluzione al problema della crisi energetica, suggerendo (pertanto) tale assunto alla Commissione europea ed ai Governi nazionali l'opportunità (se non la necessità) di rivolgere i propri sforzi e la propria attenzione verso l'accelerazione di una transizione ecologica fondata sullo sfruttamento delle energie pulite;

    sul sito change.org è stata lanciata una petizione promossa da Osservatorio per la transizione ecologica-Pnrr e firmata da diverse migliaia di cittadini che, rivolgendosi al Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, al Ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, al Ministro degli esteri Luigi Di Maio, chiede al Governo italiano di impegnarsi a bloccare il tentativo in sede europea di equiparare il nucleare alle energie rinnovabili, se necessario ricorrendo al veto dell'Italia;

    in conclusione, appare politicamente inappropriato che il Governo (impersonato dalle componenti apicali sopra individuate) possa manifestare interesse o propugnare la possibilità che possa sia reintrodotto un qualcosa che (come lo sfruttamento dell'energia nucleare) il nostro ordinamento ha bandito ovvero che si faccia promotore di inserire il gas, una fonte fossile fortemente climalterante, nella tassonomia,

impegna il Governo:

1) a non intraprendere iniziative tese a consentire nuovamente lo sfruttamento e l'impiego dell'energia nucleare in Italia, in ossequio alla volontà popolare espressa all'esito dei referendum del 1987 e del 2011;

2) a manifestare il proprio convinto dissenso nei confronti dell'inserimento dell'energia nucleare e del gas nella tassonomia verde dell'Unione europea;

3) ad adottare iniziative concrete affinché in ambito europeo vi sia una pianificazione certa per l'individuazione del sito che ospiterà il deposito geologico necessario per stoccare i rifiuti radioattivi ad alta attività non oltre il 2027 o comunque prima della realizzazione del deposito nazionale;

4) ad adottare iniziative per incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica in materia di efficienza energetica, di fonti rinnovabili, di trasmissione, distribuzione e stoccaggio dell'energia elettrica, facendo in modo che (entro il 2023) il 95 per cento dei fondi disponibili destinati alla ricerca in ambito energetico sia destinato alla ricerca nei campi sopra elencati, che siano azzerati inoltre i fondi per la ricerca sulle fonti fossili e in fine che ogni conseguente onere destinato alla ricerca e finanziato dalle bollette elettriche sia riversato sulla fiscalità generale e non pesi sul costo delle bollette elettriche;

5) ad aprire un confronto con gli Usa affinché si stabilisca che gli 84 elementi di combustibile irraggiato uranio-torio, 20 dei quali sono stati ritrattati, provenienti dalla centrale nucleare americana di Elk River, presenti presso l'Itrec di Rotondella, tornino negli Usa.
(1-00545) (Nuova formulazione) «Vianello, Piera Aiello, Ehm, Menga, Raduzzi, Sarli, Siragusa, Sodano, Suriano, Villarosa, Muroni, Fioramonti, Lombardo, Trizzino, Romaniello, Vallascas, De Giorgi, Termini, Cecconi, Testamento, Leda Volpi, Costanzo».

(15 novembre 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    in linea con gli obiettivi del Green Deal e con l'impegno ad affrontare i problemi legati al clima e all'ambiente, puntando alla riduzione entro il 2030 delle emissioni di almeno il 55 per cento rispetto ai livelli del 1990, a luglio 2021 è stato presentato il cosiddetto pacchetto Fit for 55 che, in base a nuovi e più ambiziosi obiettivi di riduzione, vincola il sistema energetico del nostro Paese al raggiungimento al 2030 di almeno il 72 per cento della generazione elettrica da fonti rinnovabili, fino a livelli prossimi al 95-100 per cento nel 2050;

    al fine di favorire gli investimenti sostenibili, il 12 luglio 2020 è entrato in vigore il regolamento (UE) 2020/852, che ha introdotto nel sistema normativo europeo la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, all'interno del quale la Commissione europea ha previsto condizioni molto rigide per gli investimenti privati nel settore del nucleare, ammettendo unicamente soluzioni progettuali che dimostrino di avere adeguate risorse finanziare per il decommissioning ed essere dotati di impianti di smaltimento dei rifiuti a bassa attività già operativi e di un piano dettagliato per rendere operativa, entro il 2050, una soluzione per le scorie ad alta radioattività;

    il problema dei rifiuti radioattivi derivanti dall'attività delle centrali o dal loro decomissioning è di grande attualità nel nostro Paese e ancora non si è pervenuti ad una soluzione concreta per il loro smaltimento;

    rifiuti e scorie degli impianti nucleari (chiusi definitivamente dal 1990) sono in parte dislocati sul territorio nazionale, in 19 siti temporanei, e in parte collocati all'estero, prossimi a tornare in Italia una volta riprocessati;

    l'iter per arrivare all'individuazione del sito idoneo a ospitare il deposito nazionale di stoccaggio dei rifiuti radioattivi, come richiesto dalla direttiva 2011/70/Euratom del Consiglio europeo, è ancora in corso e al momento nella fase più delicata di localizzazione, a seguito della trasmissione al Ministero della transizione ecologica, il 15 marzo 2022, della proposta di Carta nazionale delle aree idonee (Cnai), come previsto all'articolo 27, comma 5, del decreto legislativo n. 31 del 2010. Ad oggi non risultano emerse autocandidature da parte delle località indicate come idonee nella Carta;

    il deposito dovrà essere costruito nel rispetto dei più elevati standard di sicurezza radiologica e salvaguardia ambientale, anche al fine di conservare in assoluta sicurezza i materiali irraggiati, in attesa che gradualmente perdano il loro grado di radioattività;

    i reattori attualmente esistenti, di seconda e terza generazione, sono stati costruiti in prevalenza negli anni '80 e '90, come l'impianto di Montalto di Castro e il noto reattore di Fukushima in Giappone. A partire dal 2000 sono stati progettati soprattutto reattori di terza generazione, come gli Ap1000 negli Stati Uniti, Vver-1200 in Russia, gli Epr francesi;

    nel 2001 il Generation IV international forum (Gif), a cui hanno aderito Australia, Canada, Cina, Euratom, Francia, Giappone, Russia, Sud Africa, Corea del Sud, Svizzera, Regno Unito, ha coniato il concetto di «nucleare di 4° generazione», tecnologia che sfrutta l'energia ricavabile dalla scissione di atomi, a tutt'oggi non abbastanza matura per consentire un utilizzo industriale e per garantire condizioni di sicurezza, soprattutto nel caso dei reattori di tipo «fast-breeder». Va infatti rilevato che l'unico impianto dimostrativo di 4° generazione al mondo su scala industriale si trova a Shidaowan, nella provincia di Shandong, collegato alla rete e messo in funzione solo a dicembre 2021;

    quanto alle tecnologie a fusione, attualmente il reattore più avanzato è Iter, in fase di costruzione a Cadarache, nel sud della Francia, sostenuto e finanziato da Unione europea, Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, India, Giappone e Russia, sospeso il 1° marzo 2022 dall'Autorità francese per la sicurezza nucleare (Asn), che ha mosso rilievi sull'affidabilità del modello e sul rischio di esposizione alle radiazioni per il personale. Nelle previsioni più ottimistiche i risultati delle attuali sperimentazioni vedranno la luce non prima di 30 anni;

    proprio i rischi relativi al ricorso alle tecnologie nucleari continuano a destare forte preoccupazione anche in presenza di avanzati sistemi di sicurezza. Ad oggi, infatti, non si dispone di dati sufficienti per valutarne con previsione attendibile gli impatti ambientali e gli effetti sulla salute;

    il conflitto tra Russia e Ucraina e le notizie degli attacchi russi agli impianti di Chernobyl e Zaporizhzhia hanno indotto il Governo ad accelerare sulla stesura del Piano nazionale per la gestione delle emergenze radiologiche e nucleari, previsto dal decreto legislativo 31 luglio 2020, n. 101, proposto alla Conferenza unificata e teso ad individuare e disciplinare le misure necessarie per fronteggiare gli incidenti che avvengono in impianti nucleari collocati in Paesi esteri e che potrebbero richiedere azioni di intervento coordinate a livello nazionale;

    secondo quanto emerso dallo studio curato dal «World nuclear industry status report 2020» (Wnisr) produrre 1 chilowattora di elettricità con il fotovoltaico nel 2020 è costato in media nel mondo 3,7 centesimi di dollaro, con l'eolico 4,0 centesimi di dollaro e con il nucleare 16,3 centesimi di dollaro;

    anche le stime di Lazard, autorevole istituzione finanziaria, confermano che la nuova capacità nucleare richiede investimenti, soprattutto nella fase iniziale, molto più alti e tempi lunghi per la messa in funzione rispetto a quelli richiesti per le fonti rinnovabili, pari ad almeno quattro volte tanto, a parità di energia generata. Inoltre, i costi del nucleare seguono una tendenza all'aumento, mentre quelli delle rinnovabili sono in continua diminuzione, soprattutto in una prospettiva di ulteriore crescita del settore tracciata dagli impegni assunti nell'ambito della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021 (Cop 26);

    a tale riguardo, rileva menzionare che il reattore nucleare OL3 della centrale finlandese di Olkiluoto, costruito dal gruppo francese Areva e dalla tedesca Siemens Ag, ha accumulato dodici anni di ritardo dalla data prevista per la sua entrata in funzione, con un costo triplicato rispetto ai 3 miliardi di euro originari stimati nel 2005. Analoga sorte ha avuto il reattore Epr di Flamanville, in Normandia, atteso per la fine del 2022, dopo rallentamenti che, anche in questo caso, hanno fatto registrare un ritardo di dieci anni e un costo più che triplicato;

    un ritorno dell'Italia al nucleare distrarrebbe le risorse economiche destinate allo sviluppo delle fonti rinnovabili e al miglioramento dell'efficienza energetica, tecnologie che hanno già dimostrato di innovare in modo significativo il sistema energetico nazionale e dar vita ad una struttura imprenditoriale capace di creare nuove competenze e nuovi posti di lavoro richiesti da tutta la filiera e l'indotto legato al settore. Va poi ricordato che la produzione di energia nucleare è stata oggetto di due referendum abrogativi, rispettivamente del 1987 e del 2011, con i quali è stata decretata la fine della produzione e dello sfruttamento dell'energia nucleare nel nostro Paese;

    occorre inoltre osservare che i costi connessi al decommissioning delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile e alle attività connesse e conseguenti, affidate dal 1999 alla Sogin, sono inclusi tra le voci di costo che compongono gli oneri generali afferenti al sistema elettrico, ai sensi del decreto ministeriale del 26 gennaio 2000 e della legge n. 83 del 2003, e sono posti a carico delle utenze. Tuttavia, a più di vent'anni dall'istituzione della citata società, solo il 30 per cento dei lavori di smantellamento nucleare risulta concluso;

    risulta, quindi, di tutta evidenza che tornare ad investire nella tecnologia nucleare comporti un costo economico per i cittadini che si allontana dai meccanismi di partecipazione alla produzione di energia su base democratica, riconosciuti a livello europeo con l'adozione del Clean energy package, e pertanto significa ridimensionare il ruolo, riconosciuto ai consumatori, di protagonisti del processo di transizione energetica e quindi di prosumer, ossia di coloro che autoproducono e autoconsumano energia, nell'ottica di ottenere i vantaggi economici legati alla riduzione dei costi delle componenti variabili della propria bolletta (quota energia, oneri di rete e relative imposte), della quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera nonché della dipendenza dalle forniture dei Paesi esteri,

impegna il Governo:

1) a proseguire nella ricerca tecnologica per lo sviluppo dell'energia da fusione, in particolare sul confinamento magnetico, nell'ambito dei programmi di collaborazione con istituti e università a livello internazionale, senza tuttavia distrarre le risorse pubbliche destinate al miglioramento dell'efficienza energetica nonché allo sviluppo e all'incentivazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, da considerare predominanti e con vantaggi maggiori su scala temporale, per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 e 2050;

2) ad adottare iniziative per assicurare il rispetto dell'iter procedurale per l'individuazione del deposito unico nazionale al fine di garantire il rispetto dei parametri finalizzati alla messa in sicurezza, alla completa bonifica e al ripristino ambientale di tutti i siti temporanei e delle strutture del territorio nazionale dove sono attualmente collocati i rifiuti radioattivi;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta ad imprimere un maggior impulso nell'individuazione e nella perimetrazione di aree idonee destinate alle installazioni di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal Piano nazionale integrato per l'energia e il clima per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo di cui agli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 199 del 2021, nonché a sostenere la ricerca verso soluzioni tecnologiche innovative che consentano di ottimizzare lo sfruttamento delle medesime fonti e dei sistemi di accumulo, anche al fine di calmierare i prezzi dell'energia nel lungo periodo;

4) ad adoperarsi affinché, al fine di pervenire in tempi certi al rilascio delle autorizzazioni per la realizzazione degli impianti rinnovabili per l'intera potenza attualmente disponibile, siano adottate misure volte al rapido superamento degli eventuali conflitti tra gli enti pubblici che intervengono nelle procedure di valutazione ambientali e, parallelamente, a proseguire nel percorso di semplificazione delle procedure autorizzatorie, attraverso l'indicazione di regole chiare per gli enti locali e per gli operatori, in linea con i principi e i criteri eventualmente individuati dalle regioni per la loro corretta installazione sulle superfici e sulle aree ritenute idonee, per una migliore integrazione nel territorio.
(1-00614) «Masi, Federico, Sut, Alemanno, Carabetta, Chiazzese, Fraccaro, Giarrizzo, Orrico, Palmisano, Perconti, Daga, Deiana, D'Ippolito, Di Lauro, Maraia, Micillo, Terzoni, Traversi, Varrica, Zolezzi».

(28 marzo 2022)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, GIOVANNI RUSSO, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:

   sono in forte aumento nelle principali città italiane i fenomeni di violenza a danno dei cittadini, sia nelle zone centrali che nelle zone periferiche, sia di giorno che di notte, segno di una vera e propria emergenza sicurezza che il Governo sembra non percepire;

   inoltre, ai fenomeni di violenza «tradizionali» si stanno vieppiù aggiungendo le azioni criminali messe in atto dalle cosiddette baby gang, bande di ragazzi minorenni, che hanno portato nel 2021 a un aumento del 10 per cento dei minori denunciati o arrestati, arrivati a 25.000, e del 20 per cento dei reati commessi da minorenni, un fenomeno allarmante quanto pericoloso e segno di un preoccupante disagio sociale;

   in questo quadro ha destato grande scalpore, appena un paio di settimane fa, l'aggressione da parte di due minorenni tunisini a un giovane e a sua madre nella zona romana di Centocelle; ma nella capitale, come anche a Milano e in numerose altre città, è emergenza anche nelle zone della cosiddetta movida, con frequenti aggressioni, e non sembrano più esistere zone nelle quali i cittadini non corrono alcun rischio;

   gli abitanti delle città italiane sono costretti, ormai da tempo, a convivere con la paura e il pericolo per la propria incolumità e quella dei propri cari, sintomi di una situazione di emergenza e di degrado, a parere degli interroganti figlia di un Governo incapace di adottare interventi e misure utili a salvaguardare la sicurezza dei residenti e l'ordine pubblico;

   l'impegno messo in campo quotidianamente dalle forze di polizia nonostante la destinazione di quote importanti delle stesse ad altro tipo di interventi, non ultimo il controllo del rispetto delle previsioni in materia di green pass, necessita del giusto supporto sia in termini di uomini e mezzi che in termini di equipaggiamenti, al fine di poter garantire un efficace controllo del territorio e, con esso, la sicurezza dei cittadini e il rispetto della legalità –:

   quali urgenti iniziative abbia assunto per garantire la sicurezza dei cittadini.
(3-02851)

(29 marzo 2022)

   PETTARIN. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   secondo dati del Ministero dell'interno al 28 marzo 2022 sono 71.940 le persone di cittadinanza ucraina giunte finora in Italia, tra cui oltre 28.000 minori; gran parte dell'accoglienza in questa fase è stata realizzata, in prevalenza, mediante la rete di parenti e amici ucraini già residenti in Italia (più di 230 mila) e dalla generosa iniziativa delle famiglie italiane che offrono ospitalità nelle proprie case;

   per l'attivazione delle misure previste dai decreti varati dal Governo, è necessario tempo ma anche nuovi strumenti e strategie innovative; in particolare, si prevede, la realizzazione di 5 mila nuovi posti nei circuiti di assistenza straordinaria gestiti dalle prefetture e 3 mila posti nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), in capo agli enti locali che potrebbero offrire non solo vitto e alloggio, ma anche corsi di lingua, assistenza legale, inserimento lavorativo e abitativo; ma per organizzare questi servizi sono necessari tempi più lunghi;

   l'innovazione tecnologica e gli strumenti digitali sono uno strumento straordinario per garantire l'inclusione e la coesione territoriale e migliorare le opportunità di lavoro e di convivenza civile di tutte le comunità presenti sul territorio nazionale, contribuendo a colmare distanze e ad abbattere barriere non più solo fisiche, ma anche culturali e linguistiche;

   la tragedia della guerra in Ucraina è un'occasione per ripensare politiche e strategie di accoglienza, di convivenza e di inclusione sociale di tutti i profughi che arrivano nel nostro Paese, con lingue, culture e consuetudini di vita molto diverse;

   nel nostro Paese l'impulso a una maggiore digitalizzazione della pubblica amministrazione e di tutti i servizi – inclusi quelli di formazione e istruzione – oltre a migliorare il benessere e la partecipazione alla vita pubblica di tutti i cittadini italiani, può dare dignità e diritti a chi ha perso tutto, consentendo di imparare innanzitutto la lingua, l'organizzazione civile e le consuetudini di vita della società italiana, ma anche di apprendere modi nuovi di lavorare, di fare impresa, di vivere e di partecipare alla vita della comunità italiana e di mantenere rapporti e scambi con quella di origine –:

   quali iniziative di competenza intenda assumere per contribuire – mediante l'innovazione tecnologica e gli strumenti digitali – all'inclusione sociale delle comunità di profughi, in particolare nelle scuole, nei servizi offerti dalla pubblica amministrazione, nella sanità, nella giustizia, in opportuno coordinamento con le altre amministrazioni dello Stato.
(3-02852)

(29 marzo 2022)

   ACUNZO. — Al Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale. — Per sapere – premesso che:

   la crisi derivante dai lunghi mesi di pandemia sta interessando tutti i settori produttivi del nostro Paese;

   molte realtà industriali sono presenti nel nostro Paese, con prodotti di eccellenza;

   tra le eccellenze produttive che producono questa tecnologia spicca quella della Fibre ottiche Sud (F.o.s. s.r.l.), che opera nella città di Battipaglia, appartenente al Prysmian group, società leader mondiale del settore;

   l'Italia ha destinato 3,6 miliardi di euro per il 2026 per lo sviluppo della banda ultra larga;

   in altri Paesi dell'Unione europea, come la Francia, l'ente che si occupa di telecomunicazioni ha stabilito dei requisiti precisi sulla fibra ottica da utilizzare nella rete nazionale: nello specifico, ha scelto la qualità A2, che non si piega ed è quindi più sicura dai tentativi di incursione. La stessa prodotta dallo stabilimento Fos/Prysmian di Battipaglia;

   tale prodotto d'eccellenza, realizzato in Italia anche da altre pregevoli società, sarebbe garanzia di qualità nella digitalizzazione del nostro Paese;

   il sottoscritto ha già segnalato la questione e chiesto chiarimenti con l'interrogazione a risposta orale n. 3-01975 del 22 dicembre 2020 al Ministro dello sviluppo economico –:

   quali sia la linea strategica che intende seguire per sostenere il settore della produzione italiana delle fibre ottiche di qualità e il loro utilizzo nella digitalizzazione del territorio nazionale, alla luce delle forme di tutela della produzione di qualità e della sicurezza già adottata da altri Paesi europei.
(3-02853)

(29 marzo 2022)

   TIMBRO e FORNARO. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   a causa della cosiddetta crisi energetica manifestatasi già dalla fine del 2021 e accentuatasi a causa del tragico conflitto in Ucraina, si è registrato un aumento vorticoso dei prezzi dell'energia, con conseguenti aumenti non solo dei costi per le utenze di fornitura elettrica e di gas, ma anche sui prezzi al consumo, compresi i beni di prima necessità come quelli alimentari;

   la crisi energetica e le sue conseguenze stanno colpendo le fasce socialmente più deboli e tra queste, in particolare, quelle nelle quali sono presenti persone disabili, rischiando di incidere ulteriormente sulle condizioni economiche e sociali delle persone con disabilità e sulle loro famiglie già messe a dura prova da due anni di emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19;

   è notorio come la povertà e la disabilità siano spesso collegate, creando un circolo vizioso tra causa ed effetto cui non è facile sottrarsi; ad oggi, dunque, l'attuale impennata dei prezzi rischia di determinare un ulteriore isolamento delle persone con disabilità e delle loro famiglie, innescando un processo di emarginazione delle stesse dalla società;

   in particolare, esistono situazioni che necessitano di un ulteriore sostegno; si tratta di famiglie con persone affette da gravi patologie degenerative, le quali necessitano quotidianamente del sostegno di apparecchiature elettromedicali salvavita a forte consumo energetico e che oggi sono pesantemente penalizzate dagli aumenti relativi all'energia elettrica;

   seppur siano già stati adottati provvedimenti che prevedono agevolazioni sulle forniture elettriche e del gas per i clienti domestici in gravi condizioni di salute, così come definiti dal decreto ministeriale del 28 dicembre 2007, la particolare situazione di emergenza attuale richiede con urgenza di prendere in considerazione ulteriori interventi da porre a regime;

   è necessario, quindi, garantire alle famiglie con persone con gravi disabilità, oggi in gravi difficoltà, la sostenibilità dei costi per il funzionamento dei macchinari elettromedicali salvavita, garantendo il principio della solidarietà sociale, posta dalla Costituzione a fondamento della società –:

   se non intenda assumere iniziative, d'intesa con i Ministri competenti, prevedendo l'ulteriore incremento e la messa a regime delle risorse fino ad oggi stanziate e relative alle agevolazioni richiamate in premessa da destinare a persone disabili gravi e, in particolare, a coloro che utilizzano quotidianamente apparecchiature elettromedicali salvavita.
(3-02854)

(29 marzo 2022)

   D'ARRANDO, RUGGIERO, LOREFICE, MAMMÌ, MISITI, NAPPI, PENNA, PROVENZA, SPORTIELLO e VILLANI. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   il decreto legislativo 21 dicembre del 2021, n. 230, ha dato attuazione alla legge 1^ aprile 2021, n. 46, recante delega al Governo per riordinare, semplificare e potenziare le misure a sostegno dei figli a carico, attraverso l'assegno unico e universale, che dunque sostituisce le detrazioni fiscali per carichi di famiglia e l'assegno per il nucleo familiare;

   l'assegno è assicurato a ogni figlio a carico dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età, mentre non vi sono limiti di età nel caso di figli con disabilità;

   in caso di figlio con disabilità, per ciascun figlio minorenne l'assegno corrisponde ad euro 175 mensili in presenza di un Isee del nucleo familiare pari o inferiore a 15 mila euro, importo destinato ad essere ridotto all'aumentare dell'Isee, secondo la tabella 1 allegata al decreto legislativo, sino ad euro 50 mensili per coloro che hanno un Isee pari o superiore a 40 mila euro; per ciascun figlio maggiorenne, invece, l'assegno corrisponde ad euro 85 mensili in presenza di un Isee pari o inferiore a 15 mila euro, importo ridotto in base alla citata tabella 1 sino ad euro 25 per chi ha un Isee pari o superiore a 40 mila euro;

   inoltre, in presenza di un figlio con disabilità, se il minore è affetto da una disabilità «media», sarà previsto un incremento della misura di 85 euro mensili che passa a 95 se «grave», per poi arrivare a 105 euro nel caso in cui il figlio minore sia «non autosufficiente»;

   già l'Ufficio parlamentare di bilancio aveva segnalato distorsioni in fase applicativa dell'assegno unico e universale in sostituzione delle detrazioni e assegni familiari, tanto che si è intervenuto con una «clausola di salvaguardia» per 3 anni;

   dall'applicazione pratica emerge che il nuovo sistema, tuttavia, rischia di penalizzare maggiormente i nuclei familiari sia con figli a carico che con persone con disabilità, che vedranno un importo dell'assegno unico inferiore rispetto a quanto percepivano con l'assegno per nucleo familiare –:

   se il Ministro interrogato intenda intervenire per fare chiarezza, affinché gli elementi di debolezza della riforma, emersi in fase di applicazione, non penalizzino di fatto un gran numero di nuclei familiari con persone con disabilità, che rischiano di vedersi diminuire le agevolazioni che percepivano prima dell'entrata in vigore dell'assegno unico universale.
(3-02855)

(29 marzo 2022)

   PANIZZUT, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, DURIGON, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MORRONE, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SCOMA, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro per le disabilità. — Per sapere – premesso che:

   chiunque ha il diritto di accedere ai servizi, anche on line, offerti dalle pubbliche amministrazioni;

   nei riguardi di molte persone in condizione di fragilità e, tra queste, in particolare delle persone con disabilità, l'applicazione del suddetto principio è ancora oggi ostacolata da problemi di natura tecnica;

   la direttiva (UE) 2019/882, cosiddetto European accessibility act, ha lo scopo di armonizzare, a livello comunitario, i requisiti di accessibilità di determinati prodotti e servizi che vengono utilizzati nella vita di tutti i giorni e che risultano ormai indispensabili per l'interazione sociale, quali, ad esempio, computer, smartphone, tablet, servizi di comunicazione elettronica, servizi bancari per consumatori, applicazioni funzionali al trasporto passeggeri, nonché altri prodotti e servizi elencati dalla direttiva medesima;

   l'approvazione da parte del Consiglio dei ministri dello schema di decreto legislativo attuativo della direttiva «European accessibility act», attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari, conferma l'impegno del Ministro interrogato verso le persone con disabilità e la loro inclusione nel tessuto sociale, consolidando il cambio di passo che già si è avvertito in questo primo anno con le iniziative che hanno riguardato, tra l'altro, l'implementazione della disability card, il riconoscimento della Lis e della Lis tattile, le iniziative sul turismo accessibile, l'istituzione del fondo di cui all'articolo 34 del «decreto sostegni», poi rinnovato con la legge di bilancio per il 2022, nonché – da ultimo – l'approvazione della legge delega sulla disabilità (legge 22 dicembre 2021, n. 227) che ha segnato un momento fondamentale per le politiche in materia di disabilità e per avvicinare ancora di più il nostro Paese al rispetto dei principi della Convenzione Onu –:

   se il Ministro interrogato possa fornire maggiori dettagli in merito alla strategia intrapresa dal Governo al fine di dare concreta attuazione alla direttiva (UE) 2019/882 e garantire la piena accessibilità ai prodotti e ai servizi da parte delle persone con disabilità.
(3-02856)

(29 marzo 2022)

   DI GIORGI, PICCOLI NARDELLI, PRESTIPINO, LATTANZIO, NITTI, ROSSI, ORFINI, CIAMPI, LORENZIN, BERLINGHIERI e FIANO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere premesso che:

   l'obiettivo degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza è quello di dare ai giovani gli strumenti necessari per una partecipazione attiva alla vita sociale, culturale ed economica del Paese, consentendo ai capaci e ai meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi e facilitando il loro ingresso nel mondo del lavoro. In tale contesto, si punta anche all'integrazione delle tecnologie digitali nel sistema educativo;

   la maggior parte delle risorse destinate all'istruzione finanziano investimenti e riforme presenti nella missione 4 («Istruzione e ricerca»), nell'ambito della componente 1 («Potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione: dagli asili nido alle università»);

   in particolare, riguardano sei riforme, da adottare entro il 2022, che contribuiranno a mettere il sistema scolastico al centro della crescita del Paese, integrandolo pienamente alla dimensione europea. Le misure interverranno sulla riorganizzazione del sistema scolastico, sulla formazione del personale, sulle procedure di reclutamento, sul sistema di orientam ento, sul riordino degli istituti tecnici e professionali e degli istituti tecnici superiori;

   da quanto anticipato, la riforma sul sistema di orientamento introdurrà moduli di non meno di 30 ore per le studentesse e gli studenti del IV e V anno della scuola secondaria di secondo grado e verrà, inoltre, realizzata una piattaforma digitale di orientamento relativa all'offerta formativa terziaria degli atenei e degli istituti tecnici superiori;

   nel corso dell'ultima audizione, presso la Commissione lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui canali di ingresso nel mondo del lavoro e sulla formazione professionale dei giovani, si apprende dal Ministro interrogato la possibilità di estendere i moduli di orientamento alle scuole secondarie di primo grado, anche al fine di favorire una scelta consapevole di prosecuzione del percorso di studi e contrastare la dispersione scolastica;

   le risorse stanziate sono valutate per l'introduzione dei moduli di orientamento per le studentesse e gli studenti frequentanti il IV e V anno delle scuole secondarie di secondo grado;

   si apprezza e condivide l'introduzione dei moduli di orientamento anche per gli studenti delle scuole secondarie di primo grado –:

   quali siano i principi guida che il Ministro interrogato intenda seguire nella condivisione e attuazione della riforma del Piano nazionale di ripresa e resilienza in oggetto e, in particolare, quali metodologie e obiettivi, nonché risorse aggiuntive, intenda attivare al fine di introdurre il sistema di orientamento a partire dagli studenti delle scuole secondarie di primo grado.
(3-02857)

(29 marzo 2022)

   TOCCAFONDI, ANZALDI, NOJA, BALDINI, FREGOLENT, UNGARO, MARCO DI MAIO, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro dell'istruzione. — Per sapere – premesso che:

   il decreto-legge n. 172 del 2021 ha introdotto dal 15 dicembre 2021 l'obbligo vaccinale per il personale della scuola e ha disposto che l'accertamento dell'inadempimento determina l'immediata sospensione dall'attività lavorativa, seppur senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro;

   il medesimo provvedimento ha previsto che per il periodo di sospensione non sia dovuta la retribuzione e che il Ministero dell'istruzione debba comunicare mensilmente al Ministero dell'economia e delle finanze le unità di personale scolastico privo di vaccinazione e sospeso dal servizio;

   con il decreto-legge n. 24 del 2022 si è ribadito l'obbligo vaccinale per il personale docente fino al 15 giugno 2022, nonché stabilito che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni, ma ha perso efficacia la disposizione che prevedeva la sospensione dall'attività lavorativa e dallo stipendio, adibendo detto personale a non meglio specificate attività di supporto all'istituzione scolastica;

   per il personale non docente e i dirigenti scolastici è invece intervenuta una successiva nota, datata 28 marzo 2022, che interpreta il dispositivo precisando che questi possono essere riammessi in servizio e adibiti allo svolgimento di tutte le ordinarie attività, come se la classe fosse l'unico luogo della scuola frequentato dagli studenti e dai colleghi;

   la scelta appare quindi ad avviso degli interroganti contraddittoria con quanto fin qui sostenuto sulla necessità di vaccinarsi, peraltro in un momento nel quale i contagi tornano a crescere, ma soprattutto foriera di un messaggio fortemente diseducativo nei riguardi della popolazione studentesca, alla quale viene mostrato come chi viola la legge viene tutelato più dei colleghi che scelgono, anche non a cuor leggero, di rispettarla;

   i maggiori costi sono stimati in 30 milioni di euro e circa la metà di questi sono coperti ricorrendo al fondo destinato alla valorizzazione della professionalità docente e al contratto, togliendo quindi risorse ai docenti vaccinati –:

   se, alla luce delle criticità evidenziate, non ritenga opportuno adottare iniziative per rivedere la scelta di consentire di riprendere il servizio al personale non vaccinato e comunque quali iniziative intenda intraprendere per evitare che il loro rientro a scuola metta a rischio la salute di studenti e dell'altro personale e provochi conseguenze negative anche in merito all'utilizzo delle risorse destinate al merito e al contratto, anche alla luce del fatto che ad oggi non è stato reso noto il numero di persone oggetto di sospensione dall'attività lavorativa e quanti di questi siano stati effettivamente sospesi anche dallo stipendio.
(3-02858)

(29 marzo 2022)

   MAZZETTI, BARELLI, D'ATTIS, CATTANEO, SOZZANI, RUGGIERI, NOVELLI, PORCHIETTO, ROSPI, GENTILE, ANNA LISA BARONI, ROTONDI, SESSA, ROSSO, GIACOMETTO, CORTELAZZO e BAGNASCO. — Al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili. — Per sapere – premesso che:

   l'articolo 25 del decreto-legge n. 17 del 2022 ha introdotto una speciale disciplina compensativa per i contratti in corso di esecuzione, finalizzata a fronteggiare gli incrementi eccezionali dei prezzi del primo semestre 2022;

   sebbene ciò testimoni l'attenzione del Governo al grave problema in atto e il tentativo di trovare una soluzione per i contratti in corso, le misure adottate non sono ancora sufficienti;

   il sistema compensativo proposto è datato, poiché pensato per operare in contesti economici stabili diversi da quello attuale, contraddistinto da aumenti (spesso a tripla cifra) della stragrande maggioranza dei fattori della produzione, materiali da costruzione inclusi;

   la procedura prevista per il riconoscimento degli extracosti si conferma lenta e farraginosa, richiedendo mesi e mesi per giungere alla conclusione; peraltro, le misure varate arrivano solo sino al 30 giugno 2022;

   anche i prezziari sulla base dei quali sono stimate e saranno bandite le opere di prossimo affidamento sono inadeguati, da cui deriva la necessità di un intervento urgente che, in via cogente, e non facoltativa come ipotizzato nel cosiddetto decreto sostegni-ter, obblighi le committenti ad adeguare i propri prezziari, riportandoli in linea con i correnti prezzi di mercato;

   si rischia un generalizzato blocco dei lavori in corso e il fallimento del programma infrastrutturale del Piano nazionale di ripresa e resilienza; le aziende serie non sono messe in condizione di effettuare una corretta programmazione dei lavori, spesso di durata pluriennale, né di pensare alle giuste strategie aziendali e all'organizzazione dei fattori della produzione;

   occorre mettere in sicurezza i contratti in corso di esecuzione, le cui offerte siano state fatte nel 2020 o prima, ossia in un momento in cui questa «tempesta» non era minimamente ipotizzabile, ristabilendo l'equilibrio contrattuale;

   è indispensabile introdurre, sia per lavori pubblici che privati, il principio secondo cui, ove il forte aumento dei prezzi dei materiali abbia causato o possa causare un rallentamento dei lavori, lo stesso venga riconosciuto come causa di forza maggiore, idonea a sollevare dalla responsabilità l'appaltatore, anche in relazione all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardi o omessi adempimenti. Ciò, al pari di quanto previsto per l'emergenza pandemica con il decreto-legge n. 6 del 2020 –:

   quali iniziative di competenza intenda adottare nell'immediato per intervenire sulla grave crisi che stanno affrontando le imprese di costruzioni, al fine di evitare il loro fallimento e la conseguente paralisi dei lavori pubblici, con conseguenze devastanti sia per l'intera filiera che per il sistema Paese nel suo complesso, alla luce delle sfide del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
(3-02859)

(29 marzo 2022)