TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 585 di Venerdì 29 ottobre 2021

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:

   il tema dei contratti nazionali sottoscritti da sigle di rappresentanza minori, fittizie o di comodo, che puntano a ridurre i costi per le aziende abbassando le retribuzioni e sottraendo benefit, riguarda oramai la stragrande maggioranza dei settori lavorativi: dal commercio alla logistica, dalla metalmeccanica al tessile, alla vigilanza;

   secondo l'ultimo report del Cnel, a giugno 2021 si contavano in Italia addirittura 985 contratti nazionali vigenti (compresi quelli del settore pubblico), di cui più della metà scaduti da anni;

   come riportato da Il Giorno il 22 agosto 2021, una ricerca dell'Ordine dei commercialisti, stima due terzi di contratti pirata sul totale, che «generano fenomeni di dumping» con condizioni al ribasso per «minimi retributivi, giorni di ferie, orari di lavoro e tutele»;

   secondo i dati della Cgia di Mestre, su 935 contratti registrati al Cnel nei settori più disparati, 351 sono firmati da sigle che sono «scatole vuote», non riconosciute dallo stesso organismo: 4 su 10, il 37,5 per cento del totale. Un numero triplicato negli ultimi 10 anni;

   «La pandemia ha peggiorato la situazione – ha detto al Giorno Ivana Di Tanno, della Uil Trasporti Lombardia – perché le persone in stato di necessità sono costrette ad accettare di tutto»;

   come evidenziato da Andrea Gianni su Il Giorno il 18 agosto 2021, confrontando un contratto «pirata» con il Ccnl «leader», frutto della contrattazione fra associazioni di categoria e Cgil, Cisl e Uil, spiccano le differenze: anzianità più basse, solo due giorni di permesso in caso di lutto, zero ore di astensione retribuita, una scure sulla maggiorazione legata ai turni di notte;

   nell'edilizia, su 74 contratti depositati al Cnel «il 50 per cento è sottoscritto da associazioni che non rappresentano nessuno»;

   nel commercio su 257 contratti nazionali ben 121 sono firmati da sigle fittizie;

   come riportato da Ilfattoquotidiano.it il 13 ottobre 2021, nel tessile il contratto Cisal per i cosiddetti «faconisti» (la subfornitura) prevede «un trattamento da 1.290 euro per un aiuto modellista che per fare lo stesso mestiere in un'azienda che applica il Ccnl siglato da Sistema moda Italia e confederali prenderebbe invece 1.794 euro». All'ottavo livello, quello degli inservienti o addetti a mansioni di manovalanza, la paga base è 816 euro. Il caso più recente: a fine settembre una nuova associazione datoriale del settore della concia delle pelli e un sindacato autonomo hanno partorito un contratto nazionale che presenta «forti differenze salariali» al ribasso rispetto a quello di Unic – concerie italiane e settoriali di Cgil, Cisl e Uil, rinnovato a gennaio;

   come evidenzia Chiara Brusini su Il Fatto Quotidiano il 13 ottobre 2021, nella logistica e trasporto il Ccnl principale, rinnovato a maggio dopo due anni di attesa e lo sciopero di marzo, prevede ora per i profili più bassi un minimo di 1.328 euro per il personale non viaggiante e poco più di 1.700 per i conducenti, cifre che saliranno di 90 euro a regime nel 2024. Ma di contratti ce ne sono altri 76, tra cui quello firmato da Confederazione esercenti agricoltura artigianato commercio con minimi contrattuali da 958 euro e il Ccnl di Italia Impresa, Associazione imprese italiane, Aiva e Fitral che, come attestano le tabelle Cnel, per il primo livello d'inquadramento prevede 1.084 euro per i soci e 1.130 per i non soci. Per non parlare del contratto collettivo sottoscritto l'anno scorso da Assodelivery con Ugl Rider, che garantiva 10 euro all'ora ma solo «proporzionalmente ai minuti stimati per le consegne effettuate» e inquadrava i ciclofattorini come lavoratori autonomi senza diritto a malattia, maternità e tredicesima: dichiarato illegittimo dal tribunale di Bologna;

   tra i settori più colpiti dai contratti «pirata» figura la vigilanza: in base al Ccnl Vigilanza privata firmato da Filcams-Cgil e Fisascat-Cisl è prevista una retribuzione di 930 euro lordi al mese, dichiarata inadeguata dai tribunali poiché al di sotto della soglia di povertà assoluta;

   come riportato dal sito vigilanzaprivataonline.com, in una lettera scritta da una guardia giurata e pubblicata dagli organi di stampa viene denunciata la situazione della vigilanza privata, ed in particolare dei servizi fiduciari, caratterizzati da salari spesso inferiori ai minimi costituzionali. Nella lettera si legge «Il nostro CCNL (peraltro scaduto dal 31 dicembre 2015) prevede ahimè delle retribuzioni nette che si aggirano mediamente sui 4 euro orari, che per un lavoratore full time si traducono in circa 700 euro al mese»;

   nonostante svariati tentativi delle parti sociali e dei Governi ancora non esiste un meccanismo di misurazione della rappresentatività delle sigle sindacali che permetta di realizzare quanto disposto dall'articolo 39 della Costituzione, che prevede che i sindacati possano essere «(...) rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce»;

   l'unica tutela possibile per i lavoratori risiede – in assenza di una qualunque previsione normativa di salario minimo e di misurazione della rappresentanza sindacali – nelle sentenze dei giudici del lavoro, che come evidenzia il giuslavorista Fausto Raffone a Ilfattoquotidiano.it «non si traducono in un azzeramento del contratto e l'esito della causa vale solo per chi la fa»;

   in risposta all'interrogazione n. 5-06884, a firma Segneri, concernente iniziative in ordine alla introduzione nell'ordinamento italiano di un salario minimo, la sottosegretaria per il lavoro e le politiche sociali delegata ha specificato il 21 ottobre che «l'introduzione del salario minimo va legata ad una legge sulla rappresentanza, al fine di potenziare la contrattazione collettiva attraverso un intervento legislativo in materia di rappresentatività sindacale, necessario a salvaguardare il salario minimo da fenomeni distorsivi e tutelare il più possibile i lavoratori» –:

   quali urgenti iniziative normative intenda assumere per porre un freno definitivo al proliferare dei «contratti pirata», garantendo a tutti i lavoratori una retribuzione equa e dignitosa, unitamente a condizioni di lavoro tollerabili;

   quale sia l'orientamento politico del Ministro interpellato in merito all'adozione di un salario minimo orario che renda inapplicabili per legge i «contratti pirata» sottoscritti da sigle sindacali non rappresentative dei lavoratori e quali iniziative di competenza intenda adottare per coniugare tale istanza con un intervento in materia di rappresentatività sindacale che garantisca una contrattazione collettiva virtuosa e aderente ai requisiti costituzionali.
(2-01352) «Costanzo, Schullian».

(26 ottobre 2021)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 26 ottobre 1972, in conformità con la direttiva europea n. 2006/ 112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 (articolo 371), ha da sempre agevolato ai fini dell'Iva il trasporto acqueo di persone, qualificandolo come esente fino al 2016 (ai sensi dell'articolo 10, n. 14, del citato decreto del Presidente della Repubblica, in vigore fino al 31 dicembre 2016) e come imponibile con aliquota agevolata al 5 per cento dal 2017 in avanti (ai sensi del n. 1-ter della Tabella A, Parte II-bis allegata al citato decreto del Presidente della Repubblica);

   la menzionata disciplina si applica pacificamente anche a tutte le imprese operanti nel settore del cabotaggio a corto raggio, tra le quali sono incluse quelle che effettuano trasporto di persone via mare sulle piccole isole italiane;

   con riferimento all'applicazione di tali regimi agevolativi, diversi uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate hanno assunto posizioni discordanti nei confronti di imprese operanti nel settore del cabotaggio a corto raggio che effettuano trasporti pubblici a finalità turistica sulle piccole isole. Si tratta in particolare di quelle imprese la cui gestione caratteristica si sostanzia sia nel trasporto da e per la località di interesse turistico, sia nella circumnavigazione delle piccole isole per scopo di visita turistica, ferma restando, in entrambi i casi, la prestazione di un servizio di mero trasporto e l'assenza di servizi accessori a bordo;

   in particolare, in relazione a servizi di trasporto identici tra loro, quanto a modalità esecutive che contenuto delle prestazioni, alcuni uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate, come per esempio quelli campani, hanno considerato illegittima l'applicazione del regime agevolato (esenzione da Iva fino al 2016), ritenendo che tale regime non possa applicarsi ai trasporti effettuati con finalità turistica; di contro, altri uffici territoriali, come quelli liguri, hanno assunto una posizione diametralmente opposta, considerando invece illegittima l'omessa l'applicazione del regime di esenzione, in capo ad alcune imprese operanti in detto settore;

   in questo assai disordinato contesto, l'associazione di categoria, Associazione italiana armatori trasporto passeggeri – Aiatp, ha lamentato la grave situazione di incertezza normativa in cui versa il settore del trasporto turistico su tutto il territorio nazionale e ha presentato una richiesta di consulenza giuridica alla direzione centrale dell'Agenzia delle entrate, al fine di chiarire definitivamente il corretto trattamento Iva da applicare alle attività di trasporto turistico e garantirne conseguentemente una applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale;

   la direzione centrale, con la risoluzione n. 8/E del 2 febbraio 2021, ha confermato che il trasporto via mare deve beneficiare del regime Iva agevolato anche quando è prestato per finalità turistiche, così fornendo un'interpretazione unitaria della norma valevole per tutto il territorio nazionale e quindi per tutti gli uffici territoriali;

   tale posizione è stata decisamente ribadita nella successiva risposta ad interpello n. 530 del 2021 resa sul medesimo tema, con la quale la direzione centrale ha confermato la natura di trasporto agevolato per le imprese che prestano un servizio di trasporto a scopo turistico via mare;

   allo stato sussiste un contrasto evidente tra la posizione assunta a livello centrale dall'Agenzia delle entrate e le contestazioni sollevate alle imprese operanti nel settore del trasporto turistico da alcuni uffici territoriali, mirate a disconoscere l'applicazione del regime Iva agevolato al trasporto con finalità turistiche, quale è quello effettuato sulle piccole isole (circumnavigazione dell'isola e trasporto andata e ritorno verso i punti di interesse turistico);

   da ciò emerge che, nonostante i tentativi di chiarimento della direzione centrale, sussiste ancora una situazione di perdurante incertezza applicativa, sulla reale portata delle disposizioni su richiamate;

   le contestazioni sollevate sul territorio e la presa di posizione con esse manifestata si risolvono in un notevole aggravio di costi: (i) per le imprese del settore del trasporto pubblico turistico che, operando esclusivamente nei confronti di consumatori finali (B2C), non possono esercitare il diritto di rivalersi sui propri clienti della maggiore Iva accertata (diritto invero accordato solo in relazione ad operazioni B2B ex articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972) e devono quindi sopportare in via definitiva l'esorbitante onere della maggiore Iva accertata, che li espone con certezza al fallimento; (ii) per gli utenti del servizio di trasporto turistico che, se si accetta a regime l'impostazione avallata nei detti accertamenti, subiranno, per effetto della rivalsa dell'Iva, un maggior aggravio dei costi per la sua fruizione;

   la situazione di grave incertezza sopra descritta si pone altresì in diametrale contrasto con le intenzioni del Governo che, anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ha riconosciuto il settore turistico come uno dei più fortemente colpiti dalla pandemia ed intende ora porre in essere una strategia per il suo rilancio, nel dichiarato intento di sostenere – tra l'altro – «la ripresa dello sviluppo e delle attività turistico-culturali nelle isole minori in quanto aree particolarmente fragili e distribuite in ampia parte del territorio nazionale» (così il Pnrr, misura M1C3, Turismo e Cultura 4.0);

   in tale contesto, appare evidente la necessità ed urgenza di intervenire al più presto per definire se il trasporto effettuato per scopi turistici, ivi inclusa la circumnavigazione delle isole, rientri a pieno titolo nella disciplina Iva del trasporto via mare –:

   quali iniziative di competenza i Ministri interpellati intendano assumere, al fine di fugare ogni dubbio, in merito alla corretta interpretazione dell'articolo 10, n. 14, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972 (in vigore fino al 31 dicembre 2016) e del n. 1-ter della tabella A, parte II-bis, allegata al medesimo decreto del Presidente della Repubblica (in vigore dal 1° gennaio 2017), nel senso di chiarire che il trasporto via mare prestato per finalità esclusivamente turistiche, ivi incluso il trasporto prestato per la circumnavigazione delle piccole isole finalizzato a mostrare ai turisti i punti di interesse presenti lungo il percorso e/o ad accompagnarvi i turisti, deve considerarsi esente da Iva fino al 2016 ed imponibile con aliquota agevolata (5 per cento) a partire dal 2017.
(2-01349) «Lupi, Schullian».

(22 ottobre 2021)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:

   il cosiddetto «bonus facciate» è stato introdotto dalla legge di bilancio 2020 ed è stato prorogato per tutto il 2021 dalla legge di bilancio 2021. Ad oggi, quindi, la detrazione interessa le spese sostenute dal 1° gennaio 2020 al 31 dicembre 2021;

   i soggetti beneficiari del «bonus facciate» possono portare in detrazione il 90 per cento delle spese sostenute per interventi, finalizzati al recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti ubicati nelle zone A o B come individuate dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 o in quelle assimilabili in base alla normativa regionale o ai regolamenti comunali;

   il «bonus facciate», diversamente dalle altre agevolazioni, non prevede un limite di spesa agevolata; va, inoltre, segnalato che la legge n. 77 del 2020 di conversione del decreto-legge n. 34 del 2020 cosiddetto «Decreto Rilancio» ha esteso anche ai beneficiari del «bonus facciate» la possibilità di optare, oltre che per la fruizione diretta della detrazione, anche per la cessione del credito ad essa corrispondente o, in alternativa, per il cosiddetto «sconto in fattura» anticipato dal fornitore e da questi recuperato sotto forma di credito d'imposta da utilizzare in compensazione con F24, o da cedere a soggetti terzi compresi gli istituti di credito e gli intermediari finanziari. Tale possibilità sussiste per le spese sostenute nel 2020 e nel 2021;

   nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) – che delinea la struttura della legge di bilancio 2022 – approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri il 19 ottobre 2021, accanto alla proroga degli altri bonus edilizi non si rintraccia quella relativa al «bonus facciate»;

   se così fosse, sarebbero numerose le pratiche per la richiesta dell'agevolazione in parola che finirebbero nell'oblio, poiché la normativa vigente prevede tempistiche precise e di certo non brevi (tra interruzione decorrenza termini e proroghe) nell'iter di autorizzazione;

   questo accade in particolare per gli edifici di valore storico: in presenza di vincoli di natura culturale o paesaggistico, infatti, è necessario acquisire, prima dell'inizio dei lavori di edilizia pubblica o privata – tra le altre – l'autorizzazione della Soprintendenza ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

   al riguardo, sono giunte agli interpellanti numerose segnalazioni relative all'allungamento dei tempi (tra sospensioni della decorrenza termini e proroghe) di risposta delle Soprintendenze;

   la scadenza al 31 dicembre 2021 del cosiddetto «bonus facciate» arreca in questo contesto un grave pregiudizio al diritto di coloro che hanno già iniziato le pratiche per usufruire della misura agevolativa, alla quale si può ascrivere senza dubbio anche il merito di aver contribuito, insieme agli altri bonus edilizi, alla ripresa del settore delle costruzioni;

   sembra ci sia la volontà di prorogare la misura agevolativa in parola con una percentuale di detrazione inferiore rispetto a quella attualmente prevista –:

   quali tempestive iniziative di carattere normativo intenda intraprendere per la soluzione delle criticità sopra evidenziate, anche attraverso l'inserimento nel disegno di legge di bilancio 2022 – ovvero nel primo provvedimento utile – della proroga del cosiddetto «bonus facciate» che preveda anche la salvaguardia del diritto, per coloro la cui pratica per la richiesta della misura agevolativa sia in itinere, di fruire delle detrazione del 90 per cento delle spese sostenute per il recupero o restauro della facciata esterna degli edifici esistenti.
(2-01353) «Alemanno, Martinciglio».

(26 ottobre 2021)