TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 513 di Venerdì 21 maggio 2021

 
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INTERPELLANZE URGENTI

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per il sud e la coesione territoriale, per sapere – premesso che:

   la Strategia nazionale per le aree interne (Snai) è un progetto nazionale, presentato nel 2012, che ha come obiettivo il rilancio socio-economico del Paese, ed in particolare di quelle aree interne caratterizzate da una forte diminuzione della popolazione, un tasso crescente di disoccupazione (specialmente quella giovanile), una carente offerta di servizi di base per la popolazione;

   sono 72 le aree selezionate nell'ambito della Strategia nazionale per le aree interne, pari a 1.060 comuni (il 13,4 per cento del totale nazionale), con una popolazione complessiva al di sotto dei 2 milioni di abitanti (3,3 per cento del totale nazionale) e una superficie che rappresenta il 17 per cento del suolo del Paese. Luoghi caratterizzati dalla distanza dai servizi essenziali e da un alto tasso di spopolamento. È pari a 1,142 miliardi di euro il valore complessivo delle strategie approvate, di cui 261 milioni di euro sono risorse statali, 693 milioni di euro provengono da Programmi finanziati dai fondi europei, mentre ulteriori 189 milioni di euro sono costituiti da altre risorse pubbliche e private;

   gli ambiti di intervento delle 71 aree approvate sono molteplici: mobilità, salute, scuola, efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, natura, cultura e turismo, agricoltura e zootecnia, bosco, energia, imprese, infrastrutture e servizi digitali, lavoro e formazione e sicurezza del territorio. Moltissimi i progetti già in fase di attuazione;

   nel corso del 2020 sono stati stanziati ulteriori 310 milioni di risorse nazionali alla Snai che, oltre a garantire una premialità all'area pilota che hanno fatto registrare le performance migliori e più coerenti con lo sviluppo della Strategia, consentiranno nei primi mesi del 2021 di attivare almeno 2 nuove aree per Regione;

   il 16 marzo 2021, durante l'audizione alla Camera dei deputati, la Ministra interpellata ha annunciato l'intenzione di ridurre da 1,5 miliardi a 900 milioni di euro i fondi destinati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza alla Strategia nazionale per le aree interne;

   la Federazione nazionale aree interne nel ribadire la necessità di rafforzare la Strategia nazionale per le aree interne attraverso interventi di riforma legislativa e con adeguati investimenti ha inoltrato alla Ministra una lettera nella quale ha riassunto l'esperienza della Snai nei territori e avanzato proposte di riforma in un'ottica di semplificazione procedurale –:

   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per avviare un confronto sulla nuova Strategia nazionale per le aree interne nell'ambito della programmazione dei fondi europei.
(2-01190) «Incerti, Gribaudo, Fiano».

(27 aprile 2021)

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:

   tra i settori economico-produttivi che ancora oggi risentono della grave crisi iniziata nel 2007-2008, si trova il settore delle costruzioni, ancora alle prese con una situazione di grande difficoltà, fortemente acuita dalla terribile emergenza pandemica iniziata quasi un anno e mezzo fa;

   ad aggravare la situazione, come denunciato dall'Ance si assiste a rincari record dei materiali, che rischiano di mettere ancora più in difficoltà il settore delle costruzioni;

   l'attuale elevato aumento dei prezzi di materiali per il settore delle costruzioni sta mettendo a rischio i cantieri in corso e sta riducendo ulteriormente i margini delle imprese di appalti pubblici e privati, che già vivono, come e più di altri comparti produttivi, una forte crisi, e che, nel caso del settore delle costruzioni, è ormai decennale;

   un aumento di prezzi cominciato a fine 2020 e che riguarda soprattutto metalli, materie plastiche derivate dal petrolio, calcestruzzo e bitumi. Per fare solo alcuni esempi e proprio con riguardo all'acciaio e al ferro, il tondo per cemento armato fa segnare un incremento del 117 per cento tra novembre 2020 e aprile 2021. Una dinamica che l'ultimo rapporto Ocse del dicembre 2020 ha attribuito all'improvviso incremento della domanda del settore delle costruzioni in Cina. Questo rimbalzo ha innescato un effetto al rialzo sul prezzo di tutta la filiera dell'acciaio, a livello mondiale;

   a ciò si aggiungono gli effetti della pandemia, che ha comportato scarsità di offerta per le continue chiusure industriali e commerciali nel mondo, e quelli della ripresa, che ha generato un forte aumento della domanda. Gli effetti si sono avvertiti soprattutto in Europa;

   ulteriori forti incrementi si sono registrati anche in altri materiali di primaria importanza per l'edilizia, come, ad esempio, i polietileni (+40 per cento tra novembre 2020 e febbraio 2021), il rame (+17 per cento), il petrolio (+34 per cento) e i suoi derivati, e altro;

   come sottolineato dall'Ance, «tutti questi rincari eccezionali rischiano di frenare gli interventi già in corso e di mettere a rischio quelli previsti dal Recovery Plan, qualora non si intervenga tempestivamente»;

   nelle sue analisi, l'Associazione nazionale dei costruttori, riconduce questi rincari alle turbolenze internazionali e contesta la tesi secondo cui a generare gli aumenti contribuisca il crescente utilizzo del Superbonus. «In primo luogo – argomenta Ance – questa agevolazione ha iniziato a produrre i primi effetti reali sul mercato solo a partire dal febbraio scorso, quando gli aumenti dei materiali erano già avvenuti. Inoltre, gli aumenti di prezzo sono denunciati anche da altri settori industriali come ad esempio l'automotive. Infine, i fenomeni di rialzo dei prezzi dei materiali coinvolgono anche i mercati internazionali, e non sono, quindi, collegati a dinamiche interne al mercato italiano»;

   l'allarme non è solo del nostro Paese, ma è europeo, e Thomas Bauer, presidente della Fiec, federazione europea dei costruttori, ha scritto alla Commissione europea per mettere in guardia dai rischi dei rincari e chiedere misure. Fra i rischi vi è la minaccia diretta ai piani di Recovery;

   i costruttori e il presidente dell'Ance, Gabriele Buia, hanno chiesto al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, di varare misure straordinarie capaci di fronteggiare lo straordinario aumento dei prezzi dei materiali ed evitare il sostanziale blocco di buona parte dei lavori pubblici in corso;

   si evidenzia che, in una situazione per certi versi analoga, nel 2008 furono emanate delle misure (articolo 1 del decreto-legge n. 162 del 2008) volte proprio a fronteggiare gli aumenti repentini dei prezzi di acquisto di alcuni materiali da costruzione verificatisi nel corso del 2008 –:

   quali iniziative di competenza si intendano adottare per dare soluzione alle forti criticità esposte in premessa e sostenere conseguentemente il settore delle costruzioni;

   se non ritenga necessario, per le suddette finalità, adottare le iniziative di competenza al fine di rilevare, su base trimestrale, le variazioni percentuali intervenute nel corso del 2021 rispetto ai prezzi medi del 2020, sia in aumento che in eventuale diminuzione, superiori ad una certa percentuale;

   se non si intendano adottare iniziative per introdurre un meccanismo di compensazione urgente e straordinario per i lavori eseguiti nel corso del 2021, attraverso il quale riconoscere alle imprese gli incrementi eccezionali intervenuti, da applicarsi, anche in deroga alle disposizioni vigenti, a tutti i lavori in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore della norma.
(2-01224) «Mazzetti, Cortelazzo, D'Attis, Labriola, Casino, Ferraioli, Baratto».

(18 maggio 2021)

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della transizione ecologica, per sapere – premesso che:

   dal Dipartimento delle politiche europee è pervenuto un nuovo aggiornamento sullo stato delle procedure di infrazione nel nostro Paese a seguito delle decisioni adottate dalla Commissione europea il 18 marzo 2021: le procedure di infrazione a carico del nostro Paese salgono a 82, di cui 63 per violazione del diritto dell'Unione e 19 per mancato recepimento di direttive. Delle 82 infrazioni aperte, 16 riguardano l'ambiente;

   la matrice «acque» è interessata in ben 4 casi. La direttiva 91/271/CEE relativa al trattamento delle acque reflue urbane è, infatti, oggetto di 4 procedure di infrazione, attualmente in essere a carico dell'Italia, la prima aperta nel 2004 e l'ultima nel 2017;

   nel 2004, la Commissione europea dà avvio alla procedura 2004/2034, che si concretizza nel 2012 con la prima sentenza di condanna da parte della Corte europea di giustizia (causa C-565/10) per il mancato rispetto da parte dell'Italia degli articoli 3 (reti fognarie per le acque reflue urbane) e 4 (trattamento depurativo dei reflui) per agglomerati maggiori di 15.000 AE (abitanti equivalenti) che scaricano in aree non sensibili e dell'articolo 10 (adeguatezza degli impianti). Nel 2018, la Corte di giustizia europea ritiene che l'Italia non abbia posto in essere tutte le azioni volte a dare esecuzione alla prima sentenza e per tale motivo (causa C-251/17), condanna l'Italia al pagamento di una somma forfettaria pari a 25 milioni di euro, oltre a una penalità giornaliera di 165.000 euro al giorno pari a 30.112.500 per ciascun semestre di ritardo nell'attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla prima sentenza. La Commissione ha constatato il mancato rispetto delle disposizioni in una serie di agglomerati situati nelle regioni Abruzzo, Campania, Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Puglia e Sicilia;

   sullo stesso tema, si aggiunge, nel 2009, un'altra infrazione (2009/2034) che si concretizza nel 2014 con una sentenza di condanna della Corte di giustizia europea (causa C-85/13) per il mancato rispetto degli articoli 3 e 4 sempre della direttiva 91/271/CEE per agglomerati maggiori di 10.000 AE che scaricano in aree sensibili e dell'articolo 10. La sentenza è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato dalla Commissione europea nell'ambito della procedura di infrazione 2009/2034. In particolare, la Commissione ha constatato il mancato rispetto delle disposizioni in una serie di agglomerati situati nelle regioni Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d'Aosta e Veneto. In relazione a tali disposizioni, la Corte di giustizia ha accertato l'incompletezza dei dati presentati dalle autorità italiane sul numero dei comuni i cui impianti di trattamento delle acque reflue non risultavano conformi a quanto disposto dalla normativa europea e l'esistenza di agglomerati in cui persistevano situazioni di non conformità alla direttiva;

   nel 2014, la Commissione dà avvio ad un'altra infrazione (2014/2059) che la porta a deferire l'Italia alla Corte di giustizia europea (causa 668/19), ex articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Tfue). La Commissione ha constatato il mancato rispetto da parte dell'Italia degli articoli 3, 4, 5 e 10 della citata direttiva in alcuni agglomerati situati nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Puglia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d'Aosta e Veneto. La Commissione ritiene che tale situazione sia estremamente preoccupante, considerando che, per alcuni di tali agglomerati, la violazione era già stata accertata dalle sopra citate sentenze della Corte di giusta europea, relative alle procedure di infrazione n. 2004/2034 e n. 2009/2034;

   infine, nel 2017, la Commissione apre l'ultima procedura di infrazione (2017/2181) in tema di acque reflue per violazioni della direttiva 91/271/CEE con riferimento agli articoli 3, 4, 5, 10, 15. Nel 2019, la Commissione invia alle autorità italiane un parere motivato per 237 agglomerati, con oltre 2.000 AE che non dispongono di adeguati sistemi di raccolta e trattamento delle acque di scarico urbane, distribuiti in 13 regioni italiane: Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana;

   nel 2017, è stato nominato un commissario straordinario unico per il coordinamento e la realizzazione degli interventi funzionali a garantire l'adeguamento, nel minor tempo possibile, alle sentenze di condanna della Corte europea. Il commissario ha competenza su 151 interventi distribuiti su 91 agglomerati: 123 interventi si riferiscono alla causa 565/10 e 28 interventi sono relativi alla causa 85/13 –:

   se il Governo sia in possesso di informazioni aggiornate relativamente a quali agglomerati italiani – con particolare riferimento agli agglomerati situati nelle regioni del Mezzogiorno che soffrono di un maggiore ritardo nel dare piena attuazione al servizio idrico integrato e ai relativi obblighi normativi – abbiano completato gli interventi necessari di adeguamento dei sistemi di collettamento, fognatura e depurazione risultati non conformi e oggetto di provvedimento di condanna della Corte di giustizia dell'Unione europea, in ordine all'applicazione della direttiva 91/271/CEE sul trattamento delle acque reflue urbane e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare al fine di garantire, nel minor tempo possibile, l'adeguamento degli agglomerati alle norme nazionali e comunitarie e l'uscita dalle suddette procedure di infrazione.
(2-01223) «Galizia, Berti, Bruno, Businarolo, Grillo, Ianaro, Papiro, Ricciardi, Scerra, Vignaroli, Daga, Deiana, Di Lauro, D'Ippolito, Traversi, Licatini, Maraia, Micillo, Terzoni, Varrica, Vianello, Zolezzi, Davide Aiello, Amitrano, Aresta, Barbuto, Bilotti, Cadeddu, Luciano Cantone, Carinelli, Cassese, Cillis, Ciprini, Cominardi, Cubeddu, De Lorenzis, Del Grosso, Del Monaco, Di Stasio, Dori, D'Uva, Emiliozzi, Fantinati, Faro, Ficara, Flati, Frusone, Gagnarli, Gallo, Grande, Grippa, Gubitosa, Invidia».

(18 maggio 2021)