TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 511 di Mercoledì 19 maggio 2021

 
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MOZIONI IN MATERIA DI INFRASTRUTTURE DIGITALI EFFICIENTI E SICURE PER LA CONSERVAZIONE E L'UTILIZZO DEI DATI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    l'Italia – allineata con il resto dei Paesi europei – ha avviato già da tempo un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, spesso però fornite da operatori terzi i quali, mettendo a disposizione le loro infrastrutture, diventano indirettamente detentori di dati e informazioni di esclusivo appannaggio delle amministrazioni interessate;

    la costruzione di un e-government «autosufficiente», che veda quale obiettivo principale l'accelerazione dei processi di informatizzazione della pubblica amministrazione, in linea con i principi previsti dall'Agenda digitale sia europea che italiana, dalle Comunicazioni della Commissione europea del 26 settembre 2003 e del 19 aprile 2016, nonché dal Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2020-2022, anche mediante la definizione di un sistema pubblico autonomo nello sviluppo e nell'impiego di tecnologie emergenti, rappresenta un passo fondamentale nella creazione di un più efficiente apparato amministrativo, volto a meglio coniugare l'acquisizione di nuove competenze digitali, con la messa a punto di processi di rafforzamento ed efficientamento dell'azione amministrativa;

    in tale contesto, uno degli aspetti più complessi della trasformazione digitale della pubblica amministrazione è dato certamente dalla gestione della vasta e articolata mole di dati che le pubbliche amministrazioni raccolgono e detengono, troppo spesso non ancora in formato digitale;

    questa può essere definita come un vero e proprio «patrimonio informativo pubblico», composto da diverse tipologie di informazioni che necessitano di essere collocate all'interno di una strategia complessiva mirata alla loro condivisione, valorizzazione e diffusione tra le amministrazioni pubbliche, siano esse centrali o periferiche;

    per realizzare i suddetti obiettivi è necessario che si ceda il passo nella pubblica amministrazione al progresso delle Information and communication technologies (Ict), mediante un approccio istituzionale connotato da modalità di gestione più flessibili ed efficaci rispetto al passato;

    il ricorso alle Ict nel settore pubblico può infatti agevolare e rendere più efficiente l'attività della pubblica amministrazione e l'interscambio di dati tra le sue articolazioni. Difatti, la diffusa mancanza di interoperabilità tra le varie banche dati della pubblica amministrazione, da intendersi come la capacità delle singole componenti del sistema pubblica amministrazione di fare rete tra loro e dialogare in forma automatica, scambiando informazioni e condividendo risorse, provoca un rallentamento notevole nella messa in atto dell'azione amministrativa, nonché un aggravio inutile dei costi che gravano sul bilancio pubblico, arrivando cioè a determinare inefficacia e inefficienza della stessa;

    allo scopo di evitare il protrarsi di questa situazione, è necessaria la creazione di un sistema di infrastrutture di in cloud computing per la raccolta e gestione centralizzata dei dati delle pubbliche amministrazioni, che consenta, mediante l'implementazione delle più moderne tecnologie nel settore pubblico – nel rispetto dei principi della trasparenza, efficienza e tutela dei dati personali, così come richiamati dalla normativa europea e nazionale –, di raccogliere, archiviare, elaborare e trasmettere i dati in possesso delle amministrazioni attraverso un cambio di paradigma basato sullo sviluppo di innovative procedure che le tecnologie digitali consentono;

    il cloud computing, infatti, rappresenta il prerequisito per l'erogazione e la fruizione efficiente di processi e attività come l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati, mediante la presenza di servizi diversificati e integrati tra loro, quali i cosiddetti IaaS (Infrastructure as a Service), PaaS (Platform as a Service) e SaaS (Service as a Service), ove la disponibilità dei dati è fornita on demand attraverso la rete telematica internet, a partire da un insieme di risorse preesistenti e configurabili;

    sul mercato, esistono numerosi operatori che già permettono ad amministrazioni e aziende, a costi contenuti, di accedere a simili infrastrutture It, prescindendo dal possesso delle strutture a cui vengono materialmente trasferiti i dati. Ciononostante, non può tralasciarsi la necessità, per la pubblica amministrazione, sia di acquisire maggiori competenze in termini di capacità di gestione diretta di siffatte infrastrutture, che di relazione con i principali player attivi nell'offerta di tale categoria tecnologica. Tali circostanze, inoltre, si sommano a dubbi legati alla sicurezza, alla compliance, alla localizzazione e alla proprietà dei dati, oltre a non lasciare indenne l'amministrazione che si volesse avvalere di tali servizi da eventuali ulteriori rischi quali il «vendor lock-in» – ossia la creazione di un rapporto di dipendenza col fornitore del servizio – o il pericolo che fornitori e/o operatori terzi acquisiscano e usino impropriamente dati pubblici. Infine, a fronte dei citati rischi, perdura l'assenza di una reale garanzia in termini di incremento dell'affidabilità dei sistemi, qualità dei servizi erogati e risparmio di spesa;

    pertanto, solo mediante la creazione di un sistema infrastrutturale cloud di proprietà totalmente pubblica, la cui gestione venga affidata ad un ente pubblico dedicato e/o ad un'azienda pubblica dotata di personale altamente qualificato, sarà possibile far sì che le amministrazioni pubbliche non siano costrette ad avvalersi di fornitori privati per la fruizione di servizi di cloud storaging. Ciò, inoltre, permetterà di innescare sinergie virtuose capaci di coniugare, al contempo, una maggiore efficienza dell'azione pubblica con elevati standard di sicurezza e protezione, così come richiesti dal regolamento generale per la protezione dei dati personali n. 2016/679;

    il «Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione 2019-2021» ha previsto il censimento del patrimonio Ict delle pubbliche amministrazioni e la procedura di qualificazione dei poli strategici nazionali (Psn). Secondo la circolare n. 1 del 14 giugno 2019 dell'Agenzia per l'Italia digitale per polo strategico nazionale si intende un soggetto titolare dell'insieme di infrastrutture It (centralizzate o distribuite), ad alta disponibilità, di proprietà pubblica, eletto a polo strategico nazionale dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e qualificato da Agid ad entrare ad altre amministrazioni, in maniera continuativa e sistematica, servizi infrastrutturali on-demand, servizi di disaster recovery e business continuity, servizi di gestione della sicurezza It ed assistenza ai fruitori dei servizi erogati. Sulla base dei risultati ottenuti a seguito del censimento dei data center italiani, è emerso che su 1.252 data center censiti, appartenenti a pubbliche amministrazioni centrali e locali, ad aziende sanitarie locali e a università sono solo 35 le strutture candidabili a polo strategico nazionale, 27 sono i data center classificati nel gruppo A ovvero con carenze strutturali o organizzative considerate minori e i restanti 1.190 sono stati classificati nel gruppo B, ossia come infrastrutture che non garantiscono requisiti minimi di affidabilità e sicurezza dal punto di vista infrastrutturale e/o organizzativo o non garantiscono la continuità dei servizi o non rispettano i requisiti per essere classificati nelle due precedenti categorie;

    il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale. In particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei centri per l'elaborazione delle informazioni (ced) destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    con riferimento al rafforzamento della digitalizzazione della pubblica amministrazione, il Recovery Plan propone l'obiettivo di razionalizzare e consolidare le infrastrutture digitali esistenti della pubblica amministrazione, promuovendo la diffusione del cloud computing e rafforzando la cybersicurezza, con particolare attenzione all'armonizzazione e all'interoperabilità delle piattaforme e dei servizi di dati. Nello specifico al fine di dotare la pubblica amministrazione di infrastrutture affidabili e di accompagnare le amministrazioni centrali verso una nuova logica di conservazione e utilizzo dei dati e di fornitura di servizi, si prevede l'attuazione di un sistema cloud efficiente e sicuro. L'obiettivo dell'investimento è, dunque, lo sviluppo sul territorio nazionale di un'infrastruttura affidabile, sicura, efficiente sotto il profilo energetico ed economicamente sostenibile per ospitare i sistemi e i dati della pubblica amministrazione,

impegna il Governo

1) compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, ad adoperarsi affinché venga creato un sistema di raccolta, conservazione e scambio dei dati della pubblica amministrazione, in precedenza classificati meticolosamente in base alla rilevanza e al livello di sicurezza, mediante lo sviluppo di infrastrutture e sistemi di cloud computing di unica proprietà dello Stato, valutando di affidarne la gestione ad un ente pubblico e/o ad un'azienda pubblica, che ne garantisca la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza.
(1-00424) (Nuova formulazione) «Giarrizzo, Elisa Tripodi, Alaimo, Luciano Cantone, Casa, Scerra, Sodano, Sut, Scanu, D'Orso, Saitta, Rizzo, Penna, Berti, Aresta, Brescia, Maurizio Cattoi, Masi, Alemanno».

(24 febbraio 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la sovranità digitale è uno dei temi chiave per affrontare le sfide della contemporaneità ed assicurare tutela e protezione ai dati dei cittadini;

    ovunque si è affermata una compiuta consapevolezza sul ruolo e sul valore dei dati personali prodotti dalle pubbliche amministrazioni e fondati sui dati dei cittadini;

    l'Europa, in considerazione dell'assenza di grandi operatori di cloud continentali, ha adottato politiche di sviluppo e di rafforzamento del cloud europeo;

    in Stati come Francia e Germania le politiche del cloud relativamente ai dati dei cittadini sono non a caso nelle mani dei rispettivi Ministri dell'economia e delle finanze, Bruno La Maire e Peter Altmaier, a conferma della considerazione che nei due Paesi riscuote il settore dei dati personali dei cittadini come patrimonio della nazione;

    le legislazioni di alcuni Paesi prevedono l'obbligo per le loro società nazionali operanti in giro per il mondo di garantire l'accesso alle amministrazioni nazionali per ragioni di sicurezza o di interesse nazionale, come nel caso del «Cloud Act» approvato dal Congresso americano nel febbraio 2018;

    in considerazione di tali legislazioni invasive, alcuni Paesi hanno immediatamente aggiornato le proprie normative sul cloud, come nel caso della Francia, che nel maggio del 2018 ha appositamente modificato la propria legge nazionale sul cloud;

    l'Italia ha un enorme ritardo rispetto agli altri Paesi europei e ad altri Paesi avanzati esterni all'Unione europea, disponendo in modo limitato di infrastrutture cloud nazionali dedicate alla raccolta, custodia e trattamento dei dati;

    appaiono a tutt'oggi deboli le politiche pubbliche nazionali di supporto alla creazione di asset nazionali di cloud sin qui adottate dai precedenti Governi;

    le azioni promosse dall'Agenzia per l'Italia digitale in ambito di sviluppo del cloud non hanno risposto alle originarie aspettative, dal momento che hanno tradito gli stessi obiettivi previsti dal primo piano triennale 2017-2019 della stessa Agenzia per l'Italia digitale e, in particolare, non sono riuscite a rendere operativi i poli strategici nazionali ideati per soddisfare la domanda pubblica di cloud da parte di strutture centrali e periferiche della pubblica amministrazione, purtroppo invece oggi obbligate, in conseguenza di tale grave manchevolezza, a rivolgersi necessariamente ai grandi player privati multinazionali che operano sul mercato;

    lo sviluppo di società italiane nel settore del cloud non è solo un fattore di sovranità e tutela dei dati, ma stimola e sostiene la crescita e la diffusione di competenze digitali nel Paese;

    i dati dei cittadini italiani, raccolti e custoditi da pubbliche amministrazioni centrali e locali, a differenza dei dati dei consumatori, devono poter essere affidati a strutture pubbliche e, in caso di insufficienza di queste, a strutture private di nazionalità italiana e con database su territorio italiano;

    la Costituzione stabilisce, all'articolo 117, che «la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (...)» e, alla lettera r) del secondo comma, specifica che lo Stato ha legislazione esclusiva sul «(...) coordinamento informativo e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale (...)»;

    l'articolo 117, secondo comma, lettera r), indica il contesto per la realizzazione di un cloud nelle mani dello Stato che tuteli e protegga i dati prodotti dai cittadini, ma che li usi in modo intelligente come supporto alle decisioni assunte nell'interesse pubblico, con l'obiettivo di migliorare la qualità dei servizi e di istituirne di nuovi;

    per adottare tutte le misure, le procedure e le metodologie di uso dei dati come supporto intelligente all'assunzione di decisioni sui servizi destinati ai cittadini, che possono pertanto essere di maggior qualità e di minor costo, occorrono organismi centrali competenti e lungimiranti, attenti alle evoluzioni delle tecnologie e rispettosi delle prerogative di tutela e protezione dei dati personali;

    con l'avvio dei nuovi servizi di 5G e in seguito di 6G, al cloud si affiancherà sempre più l'edge computing, che sarà necessario sviluppare in modo decentrato e dislocato territorialmente in linea con l'architettura di rete del 5G e 6G;

    devono essere adottate con tempestività tutte le misure normative necessarie per assicurare una inversione di tendenza;

    nell'ultima Relazione annuale presentata al Parlamento, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza ha rilevato come l'anno della pandemia da COVID-19 sia stato caratterizzato da una minaccia cibernetica sempre più crescente e sofisticata;

    in merito, il Rapporto Clusit sulla sicurezza Ict in Italia e nel mondo ha rilevato come il 2020 abbia registrato il record negativo degli attacchi informatici: a livello globale: sono stati infatti 1.871 gli attacchi gravi di dominio pubblico rilevati nel corso del 2020, ovvero con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell'economia e della geopolitica;

    i dati evidenziano, quindi, un'intensificazione degli attacchi sia in termini qualitativi che quantitativi, complice il contesto della pandemia che ha spinto organizzazioni e professionisti a un rapido ricorso alla digitalizzazione,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per istituire un organismo di vigilanza, controllo e gestione delle politiche pubbliche sul cloud e sulla custodia, tutela e protezione dei dati personali raccolti dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali;

2) ad adottare iniziative volte a porre tale organismo in condizione di operare e cooperare in sintonia con il Garante per la protezione dei dati personali e con le università italiane che svolgono attività di ricerca in ambito di raccolta e trattamento dei dati in ambito tecnologico e giuridico;

3) a qualificare, nel più breve tempo possibile, la lista dei poli strategici nazionali, da affiancare a Sogei, impartendo precise direttive all'Agenzia per l'Italia digitale, al fine di recuperare le manchevolezze dell'Agenzia sin qui registrate;

4) ad adottare iniziative, per quanto di competenza, volte a valorizzare le strutture pubbliche di cloud oggi gestite dalle locali società in-house pubbliche di molte regioni italiane, perché hanno grandi competenze e perché rappresentano l'interlocuzione naturale per le strutture di pubblica amministrazione che cercano fornitori di cloud nella stessa regione;

5) ad adottare iniziative di competenza volte a far sì che le aziende private italiane fornitrici di cloud e oggi qualificate come cloud service provider dalle direttive dell'Agenzia per l'Italia digitale operino nelle loro regioni come riferimenti privilegiati di offerta cloud per le strutture di pubblica amministrazione territoriale, affiancando i poli strategici nazionali;

6) nell'ottica di evitare la concentrazione dell'intero patrimonio informativo pubblico in un'unica infrastruttura, con i conseguenti rischi in termini di sicurezza dei dati e dell'infrastruttura stessa, ad assicurare che i dati oggetto di migrazione verso l'infrastruttura unica siano esclusivamente quelli che vengono classificati come critici e strategici, predisponendo a tal fine un'adeguata politica di catalogazione delle informazioni, che consenta di effettuare valutazioni di impatto, di introdurre un'adeguata etichettatura dei dati in possesso delle pubbliche amministrazioni, di operare decisioni sulla dislocazione dei dati sul territorio nazionale e di predisporre un monitoraggio continuo dei dati delle pubbliche amministrazioni;

7) ad adottare iniziative, anche di carattere normativo, volte a tutelare la sovranità digitale e la sicurezza cibernetica, anche attraverso l'istituzione di un'apposita Agenzia, e a migliorare la qualità dell'architettura di sicurezza della nazione, nonché a costituire un'Agenzia per la competitività, al fine di garantire la sicurezza nazionale e incentivare la promozione di tecnologia nazionale, che possa sostenere l'industria nazionale nei processi di produzione di tecnologia avanzata, evitando la dipendenza tecnologica da nazioni ostili;

8) ad adottare tutte le iniziative di competenza nelle sedi europee affinché sia dato seguito agli intendimenti di cui alla dichiarazione congiunta «Building the next generation cloud for businesses and the public sector in the EU», firmata il 15 ottobre 2020 dal Governo italiano e dai Governi di altri 26 Stati europei, assicurando che il progetto per la creazione di un cloud federato europeo (Gaia-X) non sia vanificato attraverso il coinvolgimento di soggetti extra-europei, quali Huawei e Alibaba.
(1-00466) (Nuova formulazione) «Lollobrigida, Meloni, Butti, Mollicone, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, Deidda, Delmastro Delle Vedove, De Toma, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Vinci, Zucconi».

(19 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    l'Agenzia per l'Italia digitale definisce il cloud come «un modello di infrastrutture informatiche che consente di disporre, tramite internet, di un insieme di risorse di calcolo (ad esempio reti, server, storage, applicazioni e servizi) che possono essere rapidamente erogate come un servizio. Questo modello consente di semplificare drasticamente la gestione dei sistemi informativi, trasformando le infrastrutture fisiche in servizi virtuali fruibili in base al consumo di risorse»;

    in Italia i servizi cloud si sono diffusi in tempi abbastanza recenti. La diffusione, all'inizio, è stata condizionata da vari fattori, quali, ad esempio, la dimensione delle aziende e le loro caratteristiche di crescita, la necessità o meno di disporre di dati distribuiti sul territorio, nonché la disponibilità di capacità informatiche interne. Il mercato è però ora in forte crescita, in parte anche in virtù della formidabile spinta venuta, nel 2020, dalla situazione di emergenza scaturita dalla pandemia da COVID-19, che ha richiesto ad aziende e collettività di riorganizzare in modalità «agile» attività e processi. Alla fine del 2020, il 59 per cento delle imprese italiane faceva uso di servizi di cloud computing;

    secondo le stime dell'osservatorio cloud del Politecnico di Milano, nel 2020 il mercato cloud italiano ha raggiunto i 3,34 miliardi di euro, in crescita del 21 per cento rispetto al consuntivo del 2019, pari a 2,77 miliardi di euro. In termini di spesa assoluta i primi tre settori merceologici per rilevanza sono il manifatturiero (24 per cento), il settore bancario (21 per cento) ed il telco/media (15 per cento);

    secondo dati del Ministero per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale, il 60 per cento del mercato italiano del cloud è fornito da operatori non europei;

    attualmente, il mercato mondiale dei principali fornitori di infrastrutture cloud è dominato da cinque gruppi societari, quattro dei quali (Amazon, Microsoft, Google, Ibm) hanno la sede principale negli Stati Uniti, il quinto, Alibaba, in Cina;

    la spesa aziendale per le infrastrutture cloud sta crescendo rapidamente e gli esperti si attendono che supererà quella per le infrastrutture di information technology tradizionali entro il 2022;

    il potenziamento del cloud computing occupa quindi il ruolo di tematica strategica per l'immediato futuro. L'obiettivo è quello di realizzare un affrancamento dalle soluzioni che oggi poggiano quasi integralmente su infrastrutture messe a disposizione da fornitori internazionali;

    in un'epoca di costante dematerializzazione dei beni e dei servizi, i dati rivestono un valore fondamentale per individui ed imprese, un valore che può essere economico o semplicemente intrinseco, sia che siano personali o non personali (ad esempio: quelli aziendali);

    affidare questi dati ad un cloud provider significa affidare il proprio universo, sia personale che professionale, ad un soggetto terzo;

    occorre anche considerare la nazionalità del cloud provider, poiché questa può comportare la giurisdizione di Paesi terzi e non europei che possono ritenersi autorizzati ad intervenire sulle proprie aziende, anche con riferimento a dati di cittadini europei da esse custoditi in server localizzati in Europa; pertanto, la collocazione fisica dei server non attenua le cogenze derivanti dalla nazionalità del cloud provider. La fattispecie maggiormente diffusa, quella cioè del cloud provider di nazionalità statunitense, richiede di valutare l'applicabilità della legislazione americana e, in particolare, il cosiddetto «Cloud Act», che può variare a seconda degli accordi assunti con i vari Stati europei. Con altre nazionalità e con Paesi la cui normativa appare molto distante da quella europea, ad esempio la Cina, come altri Paesi dell'Asia, il caso appare ancora più complesso e delicato, per cui la raggiungibilità dei dati affidati in cloud deve essere attentamente valutata;

    la preliminare valutazione della normativa e della giurisdizione applicabili costituisce dunque un passaggio necessario ed irrinunciabile, accanto alle considerazioni economiche e tecnologiche. Le incertezze e i rischi risultanti da tale valutazione possono peraltro essere compensati dalla predisposizione di modelli contrattuali e politiche che disciplinino in anticipo ed in dettaglio il comportamento che il cloud provider deve tenere nel caso di provvedimenti di autorità di Paesi terzi, con riferimento all'accessibilità e alla conservazione dei dati;

    la strategia per la riorganizzazione delle infrastrutture digitali del Dipartimento per la trasformazione digitale, in accordo con la strategia europea, rappresenta il fondamento per razionalizzare le risorse, rendere più moderni i servizi pubblici e mettere in sicurezza i dati;

    la strategia opera una distinzione fondamentale tra: infrastrutture che gestiscono servizi strategici, ovvero un ridotto numero di asset tecnologici (server, connettività, reti e altro) che abilitano funzioni essenziali del Paese, come ad esempio la mobilità, l'energia, le telecomunicazioni; tutte le altre infrastrutture gestite dalle pubbliche amministrazioni centrali e locali che gestiscono la stragrande maggioranza dei servizi, erogati al cittadino o interni agli enti che permettono il funzionamento di servizi comuni;

    il piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, adottato nell'ambito della «strategia per la crescita digitale del Paese», ha previsto una strategia per l'adozione del cloud computing nella pubblica amministrazione che si articola attraverso tre elementi principali:

     a) il principio cloud first secondo il quale le pubbliche amministrazioni devono, in via prioritaria, adottare il paradigma cloud (in particolare i servizi SaaS) prima di qualsiasi altra opzione tecnologica tradizionale, normalmente basata su housing o hosting;

     b) il modello cloud della pubblica amministrazione, cioè il modello strategico che si compone di infrastrutture e servizi qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale sulla base di un insieme di requisiti volti a garantire elevati standard di qualità e sicurezza per la pubblica amministrazione. In funzione di questo modello è stata creata un'apposita piattaforma, il Cloud marketplace dell'Agenzia per l'Italia digitale, che consente di visualizzare la scheda di ogni servizio mettendo in evidenza le caratteristiche, il costo e i livelli di servizio dichiarati dal fornitore. Le pubbliche amministrazioni possono così confrontare servizi analoghi e decidere, in base alle loro esigenze, le soluzioni più adatte;

    il programma di abilitazione al cloud (cloud enablement program), vale a dire l'insieme di attività, risorse, metodologie da mettere in campo per rendere le pubbliche amministrazioni capaci di migrare e mantenere in efficienza i propri servizi informatici (infrastrutture e applicazioni) all'interno del modello cloud della pubblica amministrazione;

    a decorrere dal 1° aprile 2019, le amministrazioni pubbliche possono acquisire esclusivamente servizi IaaS, PaaS e SaaS qualificati dall'Agenzia per l'Italia digitale e pubblicati nel catalogo dei servizi cloud per la pubblica amministrazione qualificati;

    grazie al censimento dei centri di elaborazione dati, trentacinque sono stati individuati come eleggibili a poli strategici nazionali; sarebbe quindi sufficiente federarli e convogliare gli investimenti sull'interoperabilità per ottenere i migliori risultati e salvaguardare gli investimenti che i territori hanno fatto sulle proprie società in house;

    è ormai indifferibile la necessità di provvedere alla creazione di una piattaforma nazionale di cloud storaging, nella quale far confluire tutti i dati e le informazioni disponibili e quotidianamente impiegati dalle amministrazioni pubbliche;

    il fine è duplice: da una parte, evitare che le medesime amministrazioni si rivolgano a fornitori privati di servizi di cloud storaging, evitando così il rischio che gli stessi soggetti privati possano detenere ed eventualmente utilizzare per fini diversi una grande mole di dati (sensibili e no) e, dall'altra, garantire la massima interoperabilità tra le amministrazioni pubbliche nell'accesso e nell'impiego dei dati riconducibili ai cittadini italiani per fini espressamente connessi alle loro attività istituzionali,

impegna il Governo:

1) ad adottare ogni opportuna iniziativa volta all'istituzione di un sistema telematico nazionale ad architettura distribuita per l'archiviazione, l'elaborazione e la trasmissione di dati disponibili in remoto a utenti predeterminati e riconoscibili attraverso specifiche caratteristiche, quale una piattaforma basata su più server reali tra loro collegati in cluster, fisicamente collocati presso uno o più data center;

2) ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad ampliare le competenze attribuite all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni includendovi: il controllo del corretto funzionamento del sistema cloud e la legittima fruizione dei dati archiviati da parte dei soggetti ad essa titolati; la vigilanza sul rispetto dei protocolli di sicurezza da parte delle amministrazioni pubbliche; la segnalazione alle autorità competenti di eventuali illeciti civili, penali o amministrativi commessi dalle amministrazioni pubbliche, dai privati cittadini e dagli enti commerciali e non commerciali nell'accesso e nell'utilizzo del sistema cloud;

3) ad adottare ogni opportuna iniziativa per rafforzare il ruolo dell'Italia sul fronte dell'intelligenza artificiale per quanto riguarda l'offerta formativa delle università italiane e le attività di ricerca, anche in sinergia con attori privati;

4) ad adottare ogni opportuna iniziativa per promuovere attività di formazione, ricerca e sviluppo nelle scuole, nelle università e nei centri di ricerca italiani relativamente a tali tecnologie e a sostenerne le applicazioni rispetto alla produzione industriale e ai servizi civili in imprese consolidate e start up innovative per creare nuovi posti di lavoro per le nuove generazioni.
(1-00467) «Capitanio, Donina, Fogliani, Furgiuele, Giacometti, Maccanti, Rixi, Tombolato, Zanella, Zordan».

(21 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    la trasformazione digitale è uno dei driver strategici per lo sviluppo delle moderne economie ed è pertanto essenziale investire nell'evoluzione dei servizi in ottica cloud e di data management;

    per concretizzare l'evoluzione digitale delle attività e dei servizi della pubblica amministrazione italiana è necessario definire un modello operativo di riferimento che assicuri rapidamente l'efficientamento e la messa in sicurezza dei data center della pubblica amministrazione, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio di dati della pubblica amministrazione, la razionalizzazione di costi per lo sviluppo e la manutenzione dei sistemi Ict delle pubbliche amministrazioni;

    secondo il censimento dei data center nazionali curato dall'Agenzia per l'Italia digitale, la stragrande maggioranza dei centri elaborazione dati della pubblica amministrazione non forniscono idonee garanzie di sicurezza, efficienza ed affidabilità;

    l'Italia ha avviato un processo di trasformazione e innovazione dei servizi della pubblica amministrazione attraverso l'utilizzo di tecnologie digitali, anche alla luce delle recenti modifiche al codice dell'amministrazione digitale operate dal decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, che ha previsto disposizioni dirette a promuovere la realizzazione di un cloud nazionale;

    in particolare, l'articolo 35 stabilisce che, al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni, garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali, la Presidenza del Consiglio dei ministri promuove lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni destinata a tutte le pubbliche amministrazioni;

    nell'ambito della missione 1, componente 1, «Digitalizzazione, innovazione e sicurezza nella PA», del Piano nazionale di ripresa e resilienza del 12 gennaio 2021 sono descritti interventi finalizzati a favorire l'adozione e lo sviluppo delle tecnologie cloud nel settore pubblico e, al contempo, a rimuovere gli ostacoli all'utilizzo del cloud da parte della pubblica amministrazione;

    in questo ambito, si prevede lo sviluppo di un cloud nazionale e l'effettiva interoperabilità delle banche dati delle pubbliche amministrazioni, in parallelo e in sinergia con il progetto europeo Gaia-X, dove l'Italia intende avere un ruolo di primo piano. L'investimento mira a favorire l'adozione dei servizi cloud secondo quanto previsto nella strategia cloud first del piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione, attraverso lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei data center di tipo B della pubblica amministrazione centrale e il rafforzamento in chiave green dei data center di tipo A candidabili a poli strategici nazionali in base al censimento dell'Agenzia per l'Italia digitale. Si prevede inoltre la realizzazione di un cloud enablement program per favorire l'aggregazione e la migrazione delle pubbliche amministrazioni centrali e locali verso soluzioni cloud e fornire alle stesse pubbliche amministrazioni procedure, metodologie e strumenti di supporto utili a questa transizione;

    come affermato dal Ministro per l'innovazione tecnologica e la transizione digitale nel corso di un'audizione davanti alla Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, l'obiettivo del Governo è di assicurare che le amministrazioni vengano aiutate a migrare in cloud diversi a seconda del diverso livello di sensibilità dei dati dei quali dispongono e questo implicherà classificare innanzitutto le tipologie di dati in ultrasensibili, sensibili e ordinari, per garantire scelte che tutelino in maniera appropriata cittadini e amministrazioni, come già fatto da molti altri Paesi. In tal senso, per i dati più sensibili si intende creare un polo strategico nazionale a controllo pubblico, localizzato sul suolo italiano e con garanzie, anche giurisdizionali, elevate. Il polo strategico permetterà di razionalizzare e consolidare molti di quei centri che ad oggi non riescono a garantire standard di sicurezza adeguati, mentre per le tipologie di dati e applicazioni meno sensibili si prevede la possibilità per le amministrazioni di usufruire di efficienti cloud messi a disposizione da operatori di mercato,

impegna il Governo:

1) ad adottare iniziative per definire e attuare un modello di infrastrutture digitali di cloud per le pubbliche amministrazioni centrali e locali basato sulla complementarietà, in funzione della tipologia di dati e della loro rilevanza, tra un sistema di fornitori di servizi di mercato qualificati certificati e un polo strategico nazionale a controllo pubblico;

2) ad adoperarsi affinché la gestione del polo strategico nazionale sia affidata a uno o più soggetti pubblici che ne garantiscano la sicurezza, la consistenza, l'affidabilità e l'efficienza e, in tal modo, a favorire l'interoperabilità tra le banche dati delle pubbliche amministrazioni fruitrici dei servizi del suddetto polo strategico nazionale.
(1-00468) «Bruno Bossio, Serracchiani, Gariglio, Cantini, Delrio, Del Basso De Caro, De Luca, Gualtieri, Madia, Morassut, Pizzetti, Andrea Romano».

(21 aprile 2021)

   La Camera,

   premesso che:

    il codice dell'amministrazione digitale (Cad), istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni ha stabilito i principi e le finalità che lo Stato, le regioni, gli enti locali, le società pubbliche e i gestori di servizi pubblici devono perseguire nel percorso di trasformazione digitale della pubblica amministrazione, per assicurare ai cittadini «la disponibilità, la gestione, l'accesso, la trasmissione, la conservazione e la fruibilità dell'informazione in modalità digitale» (articolo 2);

    a tale scopo è stato istituito un ente ad hoc, l'AgID, che «promuove l'innovazione digitale nel Paese e l'utilizzo delle tecnologie digitali nell'organizzazione della pubblica amministrazione e nel rapporto tra questa, i cittadini e le imprese» (articolo 14-bis);

    il Piano triennale per l'informatica nella pubblica amministrazione è il documento di indirizzo strategico, redatto da AgID in collaborazione con il dipartimento per la trasformazione digitale, per guidare la transizione digitale del Paese, finalizzata a favorire lo sviluppo di una società digitale attraverso la digitalizzazione della pubblica amministrazione;

    i principi guida del Piano triennale 2020-2022 stabiliscono che il patrimonio informativo della pubblica amministrazione è un bene fondamentale per lo sviluppo del Paese e deve essere valorizzato e reso disponibile ai cittadini e alle imprese, in forma aperta e interoperabile; le pubbliche amministrazioni devono realizzare servizi primariamente digitali;

    l'infrastruttura digitale rappresenta un bene strategico per il Paese e necessita di un serio processo di implementazione e rafforzamento nell'ottica di costruire una rete unica, gestita e controllata totalmente dallo Stato;

    attualmente il processo di trasformazione digitale dei servizi della pubblica amministrazione vede ancora l'utilizzo di tecnologie e infrastrutture digitali fornite da operatori terzi, che sono detentori di dati e informazioni di esclusiva proprietà delle pubbliche amministrazioni. È necessario dunque che lo Stato costruisca e gestisca direttamente la propria infrastruttura digitale pubblica, unico modo per eliminare i rischi in termini di sicurezza, affidabilità, autonomia e proprietà dei dati. Al riguardo, il Cad sancisce che «al fine di favorire la digitalizzazione della pubblica amministrazione e garantire il necessario coordinamento sul piano tecnico delle varie iniziative di innovazione tecnologica, [...] progettano, realizzano e sviluppano i propri sistemi informatici e servizi digitali» (articolo 13-bis) e prevede «l'adozione di infrastrutture e standard che riducano i costi sostenuti dalle amministrazioni e migliorino i servizi erogati assicurando un adeguato livello di sicurezza informatica» (articolo 14);

    nella transizione digitale della pubblica amministrazione, l'aspetto forse più delicato e complesso è la gestione e condivisione dei dati. In questo contesto, le information communication technology possono svolgere un ruolo importante, snellendo le procedure e aiutando lo scambio di dati. Il problema è cruciale, perché la mancata interconnessione tra le diverse banche dati della pubblica amministrazione rende più lento e farraginoso l'iter burocratico delle pratiche amministrative, senza considerare il costo economico delle inefficienze e i disagi per i cittadini che devono presentare più volte documenti già consegnati ad una pubblica amministrazione;

    il Cad parla di database «di interesse nazionale» (articolo 60), cioè «l'insieme delle informazioni raccolte e gestite digitalmente dalle pubbliche amministrazioni, omogenee per tipologia e contenuto e la cui conoscenza è rilevante per lo svolgimento delle funzioni istituzionali delle altre pubbliche amministrazioni», che deve possedere «le caratteristiche minime di sicurezza, accessibilità e interoperabilità»;

    l'obiettivo del Piano triennale 2020-2022 è favorire la condivisione e il riutilizzo dei dati tra le pubbliche amministrazioni e il riutilizzo da parte di cittadini e imprese, aumentare la qualità dei dati e dei metadati e aumentare la consapevolezza sulle politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico e su una moderna economia dei dati;

    l'importanza strategica del patrimonio informativo pubblico era già stata ribadita nell'articolo 50-quater, che ne prevede la promozione e la valorizzazione, sempre nell'ottica della disponibilità e accessibilità ma anche della massima protezione e sicurezza dei dati, dei sistemi e delle infrastrutture delle pubbliche amministrazioni (articolo 51);

    per accelerare questo processo, è fondamentale avere un sistema di infrastrutture cloud computing al fine di una raccolta, elaborazione e gestione centralizzata dei dati e di una efficiente trasmissione e fruizione dei dati. Soltanto un sistema di infrastrutture cloud pubblico, a gestione totalmente pubblica e con personale qualificato, può emancipare il Paese dalla dipendenza nei confronti degli operatori di mercato e garantire la sicurezza e tutela dei dati personali dei cittadini, come previsto dal regolamento (UE) 679/2016 per la protezione dei dati;

    i principi guida del Piano triennale 2020-2022 stabiliscono che le pubbliche amministrazioni adottano primariamente il paradigma cloud per i loro servizi (cloud first) e devono prediligere l'utilizzo di software con codice sorgente aperto; nel caso di software sviluppato per loro conto, deve essere reso disponibile il codice sorgente (open source);

    un altro aspetto cruciale è la competenza digitale del personale della pubblica amministrazione. Per il colmare il gap digitale, l'articolo 13 del Cad prevede la formazione informatica dei dipendenti pubblici, stabilendo che le pubbliche amministrazioni attuino «politiche di reclutamento e formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione [...] per la transizione alla modalità operativa digitale»;

    il decreto-legge 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, ha apportato modifiche al Cad, stabilendo la realizzazione di un cloud pubblico nazionale. Nello specifico il Titolo III reca misure per il sostegno e la diffusione dell'amministrazione digitale: l'articolo 31 prevede di «semplificare e favorire l'offerta dei servizi in rete della pubblica amministrazione, il lavoro agile e l'uso delle tecnologie digitali»; l'articolo 34 prevede la realizzare della piattaforma digitale nazionale dati (Pdnd) per rendere possibile «l'interoperabilità dei sistemi informativi e delle basi di dati delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di servizi pubblici»; l'articolo 35 prevede che «al fine di tutelare l'autonomia tecnologica del Paese, consolidare e mettere in sicurezza le infrastrutture digitali delle pubbliche amministrazioni [...] garantendo, al contempo, la qualità, la sicurezza, la scalabilità, l'efficienza energetica, la sostenibilità economica e la continuità operativa dei sistemi e dei servizi digitali», il Governo promuove «lo sviluppo di un'infrastruttura ad alta affidabilità localizzata sul territorio nazionale per la razionalizzazione e il consolidamento dei Centri per l'elaborazione delle informazioni (CED)»,

impegna il Governo:

1) ad adoperarsi per lo sviluppo di un cloud completamente pubblico, che preveda la proprietà degli impianti e la gestione degli stessi in mano a soggetti pubblici o a totale partecipazione pubblica;

2) a promuovere la massima fruibilità e condivisione del dato tra le varie pubbliche amministrazioni nell'ottica di erogare i migliori servizi al cittadino, sempre nel rispetto della trasparenza e della privacy e sulla base del principio di accessibilità e semplificazione burocratica;

3) ad investire nella formazione del personale delle pubbliche amministrazioni e ad assumere personale con competenze specifiche in ambito digitale.
(1-00479) «Giuliodori, Colletti, Massimo Enrico Baroni, Cabras, Corda, Forciniti, Maniero, Paxia, Paolo Nicolò Romano, Sapia, Spessotto, Testamento, Trano, Costanzo».

(4 maggio 2021)

MOZIONE CONCERNENTE INIZIATIVE NORMATIVE A TUTELA DEL PLURALISMO DELLE FONTI DI INFORMAZIONE

   La Camera,

   premesso che:

    Vivendi S.A. è una società francese attiva nel campo dei media e delle comunicazioni. In Italia è il primo azionista di Telecom Italia Mobile (TIM) (23,94 per cento), settimo gruppo economico operante in Italia per fatturato, e detiene una partecipazione rilevante in Mediaset (28,8 per cento), principale operatore radiotelevisivo privato italiano;

    l'articolo 43, comma 11, del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, stabilisce che «le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi del settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai sensi dell'articolo 18 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, sono superiori al 40 per cento dei ricavi complessivi di quel settore, non possono conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10 per cento del sistema medesimo»;

    la delibera 178/17/CONS dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni del 18 aprile 2017 ha stabilito che la «posizione della società Vivendi S.A., in ragione delle partecipazioni azionarie detenute nella società Telecom Italia S.p.A. e nella società Mediaset S.p.A., integra una violazione del comma 11 dell'articolo 43», imponendo a Vivendi «di rimuovere la posizione accertata (...) entro il termine di 12 mesi»;

    l'11 aprile 2018 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha preso atto che Vivendi, in ottemperanza alla delibera, ha trasferito alla società indipendente Simon Fiduciaria la titolarità di circa il 19,19 per cento delle azioni di Mediaset;

    la sentenza del 3 settembre 2020 C-719/18 della Corte di giustizia dell'Unione europea si è pronunciata su una serie di questioni pregiudiziali sollevate dal Tar del Lazio nell'ambito del giudizio proposto da Vivendi contro la citata delibera 178/17/CONS, dichiarando che l'articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che disciplina la libertà di stabilimento nel mercato interno, osta a una normativa nazionale, quale quella sottesa alla citata decisione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

    con la sentenza n. 13958/2020 del 16 dicembre 2020, il Tar del Lazio ha conseguentemente annullato la delibera 178/17/CONS perché basata sull'articolo 43, comma 11, del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 – Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici (Tusmar), ritenuto dalla citata sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea parzialmente incompatibile con il diritto comunitario;

    con la sua sentenza, la Corte di giustizia dell'Unione europea ha potenzialmente smantellato l'intero impianto normativo nazionale a tutela del pluralismo informativo, così come concepito dal legislatore italiano e disciplinato dall'articolo 43 del citato Testo unico;

    gli effetti della pronuncia del giudice europeo possono avere impatti sull'intero sistema delle comunicazioni, prestandosi a possibili interventi strumentali da parte dei più importanti operatori, anche internazionali, sia nel settore delle telecomunicazioni, sia in quello dei servizi media audiovisivi, esponendo l'informazione e l'intera economia italiana a possibili scorrerie che potrebbero ricomprendere anche il settore dei giornali disciplinato per la tutela del pluralismo informativo dallo stesso articolo 43 del Testo unico; un'alterazione delle strutture e del funzionamento dei diversi comparti della comunicazione che finirebbe per non essere sottoposta al sistema dei controlli e dei divieti previsti dalla vigente normativa a tutela di valori e di principi fondamentali per il nostro ordinamento;

    la stessa sentenza non ha però escluso la possibilità di una normativa nazionale a tutela del pluralismo a condizione che detta influenza sia determinata in concreto, evidenziando che comunque possono realizzarsi situazioni suscettibili di dar luogo a «un'influenza tale da pregiudicare il pluralismo dei media»;

    a tal fine, in attesa di una riforma organica del Tusmar in sede di recepimento della direttiva (UE 2018/1808) sui servizi media audiovisivi, il legislatore ha approvato l'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 7 ottobre 2020 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 novembre 2020 n. 159, in cui è prevista una norma transitoria della durata di sei mesi in cui è stabilito che «nel caso in cui un soggetto operi contemporaneamente nei mercati delle comunicazioni elettroniche e in un mercato diverso, ricadente nel sistema integrato delle comunicazioni (SIC), anche attraverso partecipazioni in grado di determinare un'influenza notevole ai sensi dell'articolo 2359 del Codice Civile, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è tenuta ad avviare un'istruttoria, da concludere entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento, volta a verificare la sussistenza di effetti distorsivi o di posizioni comunque lesive del pluralismo, sulla base dei criteri previamente individuati, tenendo conto, fra l'altro, dei ricavi, delle barriere all'ingresso, nonché del livello di concorrenza nei mercati coinvolti, adottando eventualmente, i provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, per inibire l'operazione o rimuovere gli effetti»;

    si tratta di un primo intervento normativo urgente – di portata però transitoria e limitata nel tempo a soli sei mesi – volto a ripristinare lo status di certezza giuridica legato alla tutela del pluralismo informativo, assicurato, sino alla pronuncia in esame, dall'articolo 43 del Tusmar, tenendo altresì conto che in Italia vi è costante giurisprudenza costituzionale che ritiene necessario porre limiti a tutela del pluralismo, considerato un valore fondamentale e primario del nostro ordinamento;

    con la delibera 662/20/CONS del 15 dicembre 2020, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in ragione delle partecipazioni azionarie detenute dalla società Vivendi S.A. nella società Telecom Italia S.p.A. e nelle società Mediaset S.p.A., ha avviato un procedimento finalizzato alle verifiche di cui al citato articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 ipotizzando anche un'eventuale adozione di provvedimenti di cui all'articolo 43, comma 5, del Tusmar. Oltre a tale procedimento l'Autorità ha avviato istruttorie anche per valutare le situazioni relative a Sky Italian Holding (delibera 663/20 del 15 dicembre 2020), Fininvest S.p.A./Mediaset S.p.A. (delibera 107/21/CONS del 31 marzo 2021) e Telecom Italia S.p.A. (delibera 108/21/CONS del 31 marzo 2021). Dette istruttorie risultano essere in corso;

    la norma transitoria prevista dall'articolo 4-bis, comma 1, del decreto-legge n. 125 del 2020 è ormai prossima alla scadenza e, considerata la tempistica per il recepimento della direttiva Avms, (aggiornata dalla direttiva UE 2018/1808 e recepita dalla legge di delegazione europea approvata in via definitiva dal Senato il 21 aprile 2021) non ci sono i tempi per un intervento legislativo in tale ambito. È quindi improcrastinabile un intervento urgente del legislatore, considerato che in un futuro prossimo i principali soggetti regolati (TLC e Media) avranno l'occasione di concorrere per prendere parte a importanti scelte strategiche aventi un sicuro impatto sull'evoluzione tecnologica del Paese (su tutte, l'infrastruttura della rete unica in fibra ottica attualmente in discussione). Senza tralasciare il tema del peso dei grandi Ott multinazionali sui contenuti di informazione con le conseguenti ricadute sul pluralismo dei media anche in termini di colonizzazione culturale e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale ed europea;

    va peraltro considerato che con il recente decreto-legge 23 aprile 2020, n. 23, convertito dalla legge 5 giugno 2020, n. 40, è stata estesa l'operatività dei poteri speciali del Governo a tutti i settori strategici individuati dall'articolo 4 del regolamento n. 2019/452/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, che istituisce un quadro per il controllo degli investimenti esteri diretti nell'Unione europea, ricomprendendovi anche il settore indicato in detto regolamento alla lettera «e) libertà e pluralismo dei media»,

impegna il Governo:

1) ad adottare con urgenza le iniziative legislative necessarie per evitare un vuoto normativo su un principio cardine della democrazia che è quello del pluralismo delle fonti di informazione, costituzionalmente garantito;

2) a considerare in dette iniziative legislative le mutate condizioni di mercato con la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali;

3) a porre in essere tutte le iniziative legislative volte a scongiurare il rischio di colonizzazione culturale straniera e di marginalizzazione della produzione identitaria nazionale;

4) ad accelerare, come da delega al Governo, il riordino del Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici attraverso l'emanazione di un nuovo Testo unico dei servizi di media digitali, da adottare, come già previsto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.
(1-00391) (Nuova formulazione) «Meloni, Lollobrigida, Butti, Albano, Bellucci, Bignami, Bucalo, Caiata, Caretta, Ciaburro, Cirielli, De Toma, Deidda, Delmastro Delle Vedove, Donzelli, Ferro, Foti, Frassinetti, Galantino, Gemmato, Lucaselli, Mantovani, Maschio, Mollicone, Montaruli, Osnato, Prisco, Rampelli, Rizzetto, Rotelli, Rachele Silvestri, Silvestroni, Trancassini, Varchi, Zucconi».

(20 ottobre 2020)

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

   PROVENZA, D'ARRANDO, FEDERICO, IANARO, LOREFICE, MAMMÌ, NAPPI, MISITI, PENNA, RUGGIERO, SPORTIELLO e VILLANI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:

   la Pfizer ha annunciato di aver presentato all'Agenzia europea del farmaco (Ema) la richiesta di una modifica dell'autorizzazione all'immissione in commercio condizionata rilasciata per il vaccino anti-Covid Comirnaty, così da poterne estendere l'impiego anche ai 12-15enni; qualora l'Ema approvasse la richiesta, la modifica sarà valida in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea;

   Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico, ha dichiarato che si stanno facendo «gli studi clinici anche nei giovani, nei ragazzi e nei bambini ed entro giugno 2021 ci dovrebbero essere i primi dati su queste fasce di età»;

   in Italia circa il 17 per cento degli abitanti ha meno di 18 anni e, per l'emergenza pandemica da SARS-CoV-2, questo dato potrebbe anche comportare una difficoltà a raggiungere l'immunità auspicata;

   l'estensione degli studi clinici per i vari vaccini alla popolazione pediatrica è stata sollecitata da molti ricercatori e la scarsità di studi clinici è riconducibile sia al timore di effetti avversi sia alla ritenuta minore urgenza dinanzi al coinvolgimento meno grave in questo gruppo di popolazione; se l'obiettivo dichiarato della vaccinazione di adulti e anziani è stato il contenimento della malattia COVID-19, quello della vaccinazione pediatrica dovrebbe essere la riduzione della trasmissione del virus;

   vaccinare i minori richiede inevitabilmente tempi più lunghi e complessi di quelli per gli adulti, a causa della diversa risposta immunitaria e della necessità che la vaccinazione sia autorizzata dai genitori;

   bisognerà farsi carico dei timori dei genitori e del consenso alla vaccinazione pediatrica e bisognerà programmare un piano vaccinale adeguatamente informato, assicurando una comunicazione efficace e rassicurante nei confronti dei minori e dei loro genitori;

   parimenti dovrà essere organizzata una vaccinazione che tenga conto, da un lato, dei soggetti più fragili, tra gli stessi minori, e, dall'altro, dell'ordinato avvio dell'anno scolastico –:

   in vista dell'eventuale autorizzazione dell'Ema alla vaccinazione dei minori, quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per assicurare un piano vaccinale adeguato alla complessità derivante dal coinvolgimento dei minori, dalla fragilità di alcuni di essi, dalla necessità di garantire un consenso consapevole e informato da parte dei genitori, nonché dall'esigenza di garantire un ordinato avvio del nuovo anno scolastico.
(3-02278)

(18 maggio 2021)

   CALABRIA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:

   ad avviso dell'interrogante il testo del Piano nazionale di ripresa e resilienza approvato dal Governo riserva a Roma un'attenzione inadeguata rispetto al ruolo strategico che essa riveste per il Paese;

   le risorse messe a disposizione sono distribuite in una serie di interventi settoriali privi di una visione organica, senza stanziare fondi per la realizzazione di progetti destinati alle emergenze infrastrutturali del suo territorio, l'adeguamento dei servizi, dei trasporti, della viabilità e la gestione dei rifiuti;

   l'insufficiente attenzione alle peculiari esigenze di Roma emerge anche rispetto ai progetti approvati nell'ambito del fondo complementare, rispetto al quale la capitale non riceve, ad oggi, alcuna menzione o risorsa;

   è evidente come l'assenza di Roma dall'orizzonte del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei progetti cui sono destinate le risorse del fondo, se non corretta, escluderebbe la città dalla più grande opportunità di rilancio mai conosciuta dal nostro Paese dal secondo dopoguerra –:

   quali iniziative intenda adottare affinché, in sede di attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza e dei progetti relativi al fondo complementare, siano destinate a Roma capitale risorse adeguate alla sua popolazione ed estensione territoriale, nonché al rafforzamento delle infrastrutture e dei servizi, anche tramite l'istituzione di un tavolo tecnico presso la Conferenza Stato-regioni, per garantire il coinvolgimento della città nella fase di attuazione del piano.
(3-02279)

(18 maggio 2021)

   MORRONE, MOLINARI, ANDREUZZA, BADOLE, BASINI, BAZZARO, BELLACHIOMA, BELOTTI, BENVENUTO, BIANCHI, BILLI, BINELLI, BISA, BITONCI, BOLDI, BONIARDI, BORDONALI, CLAUDIO BORGHI, BUBISUTTI, CAFFARATTO, CANTALAMESSA, CAPARVI, CAPITANIO, CARRARA, CASTIELLO, VANESSA CATTOI, CAVANDOLI, CECCHETTI, CENTEMERO, CESTARI, COIN, COLLA, COLMELLERE, COMAROLI, COMENCINI, COVOLO, ANDREA CRIPPA, DARA, DE ANGELIS, DE MARTINI, D'ERAMO, DI MURO, DI SAN MARTINO LORENZATO DI IVREA, DONINA, FANTUZ, FERRARI, FIORINI, FOGLIANI, LORENZO FONTANA, FORMENTINI, FOSCOLO, FRASSINI, FURGIUELE, GALLI, GASTALDI, GERARDI, GERMANÀ, GIACCONE, GIACOMETTI, GIGLIO VIGNA, GOBBATO, GOLINELLI, GRIMOLDI, GUSMEROLI, IEZZI, INVERNIZZI, LAZZARINI, LEGNAIOLI, LIUNI, LOLINI, EVA LORENZONI, LOSS, LUCCHINI, LUCENTINI, MACCANTI, MAGGIONI, MANZATO, MARCHETTI, MARIANI, MATURI, MICHELI, MINARDO, MOSCHIONI, MURELLI, ALESSANDRO PAGANO, PANIZZUT, PAOLIN, PAOLINI, PAROLO, PATASSINI, PATELLI, PATERNOSTER, PETTAZZI, PIASTRA, PICCHI, PICCOLO, POTENTI, PRETTO, RACCHELLA, RAFFAELLI, RAVETTO, RIBOLLA, RIXI, SALTAMARTINI, SNIDER, STEFANI, SUTTO, TARANTINO, TATEO, TIRAMANI, TOCCALINI, TOMASI, TOMBOLATO, TONELLI, TURRI, VALBUSA, VALLOTTO, VIVIANI, RAFFAELE VOLPI, ZANELLA, ZENNARO, ZICCHIERI, ZIELLO, ZOFFILI e ZORDAN. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   è opinione condivisa l'urgenza di predisporre una riforma della magistratura onoraria con un testo che sviluppi e ridefinisca alcune giustificate e legittime richieste della categoria, che ha mosso critiche condivisibili alla cosiddetta «riforma Orlando» (decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116), ritenuta inadeguata e insufficiente, che entrerà in vigore nel mese di agosto 2021;

   il Ministro interrogato ha istituito una commissione, guidata dal presidente della corte di appello di Brescia Claudio Castelli, con il compito di definire, entro fine giugno 2021, proposte che modifichino l'attuale normativa;

   nonostante il riconosciuto e oggettivo apporto dei magistrati onorari all'amministrazione della giustizia, con particolare riguardo al contrasto dell'arretrato giudiziario, si è rimandata per troppo tempo una revisione condivisa dell'inquadramento di questa categoria, con la conseguenza di aggravarne la situazione di precarietà nella totale assenza delle tutele giuslavoristiche, economiche, previdenziali e assistenziali previste dalla Costituzione;

   i magistrati onorari hanno dato corso, in questi ultimi anni, a manifestazioni di protesta per sensibilizzare i Governi che si sono succeduti circa i diritti e le tutele loro negati;

   la sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea il 16 luglio 2020 (causa C-658/18) stabilisce alcuni ineludibili principi a tutela dell'attività della magistratura onoraria;

   a ciò si aggiunge il rischio di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea nei confronti del Governo italiano per non aver ancora proceduto ad una riforma della materia che superi la disparità di trattamento riservata ai magistrati onorari, nonostante svolgano più del 50 per cento del carico di lavoro a supporto della magistratura ordinaria;

   la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea ha aperto una breccia, in cui si è inserita la sezione lavoro del tribunale di Napoli, il 26 novembre 2020, che ha stabilito che ai giudici di pace ricorrenti spetta un trattamento economico e normativo equivalente a quello dei «lavoratori comparabili che svolgono funzioni analoghe», dipendenti del Ministero della giustizia, condannando il dicastero a pagare le differenze retributive;

   sarebbe auspicabile che la riforma contemplasse un «regime transitorio», a fronte di ultraventennali funzioni giurisdizionali svolte dalla magistratura onoraria ante «riforma Orlando», tutele giuslavoristiche, adeguato trattamento economico, previdenziale, assistenziale e assicurativo, valorizzandone la professionalità e superando le attuali disparità di trattamento –:

   quali siano i tempi previsti per l'adozione delle iniziative normative relative alla predetta riforma e se e quali indicazioni il Ministro interrogato abbia impartito alla sopra menzionata commissione, inclusa l'ipotesi del regime transitorio.
(3-02280)

(18 maggio 2021)

   VERINI, BAZOLI, BORDO, MICELI, MORANI, VAZIO, ZAN, LATTANZIO, PELLICANI, BERLINGHIERI, LORENZIN e FIANO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:

   con la legge n. 125 del 2018 è stata autorizzata la ratifica del Trattato di estradizione e quello di cooperazione giudiziaria in materia penale con gli Emirati arabi uniti;

   il Trattato impegna le parti a consegnare reciprocamente persone ricercate che si trovino nei rispettivi territori, per dare corso a un procedimento penale (estradizione processuale) o per consentire l'esecuzione di una condanna definitiva (estradizione esecutiva) e con la possibilità di estradare latitanti e ricercati con mandato d'arresto per gravi reati legati al traffico di droga e alla criminalità organizzata che trovano negli Emirati un tranquillo rifugio di impunità;

   l'autorizzazione del Parlamento alla ratifica del Trattato rappresenta un passo fondamentale per permettere il rientro in Italia di alcuni latitanti, tra cui alcuni già condannati in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa oppure alcuni per i quali in Italia è stato già chiesto il rinvio a giudizio per corruzione o per altri reati gravissimi;

   a distanza di più di due anni dall'approvazione della legge, risulta agli interroganti che il Trattato sia valido, essendosi perfezionato l'iter durante lo scorso Governo;

   il grande impegno del Governo italiano nei confronti della Francia, per ottenere l'arresto e l'avvio della procedura di estradizione dei terroristi italiani condannati per i delitti commessi nei cosiddetti «anni di piombo», ha rappresentato un fondamentale passo nella direzione di una cooperazione giudiziaria evoluta, che fa confidare anche nella soluzione di questa grave vicenda che vede coinvolti gli Emirati dove, a dispetto degli eccellenti rapporti esistenti tra i due Paesi, vivono alla luce del sole condannati e ricercati dalla giustizia italiana, anche in considerazione del fatto che, almeno per alcuni di questi, sta per intervenire l'impossibilità di esecuzione della pena ex articolo 172 del codice penale;

   in un contesto di lotta globale alla criminalità organizzata è necessario impegnarsi per la concretizzazione della «risoluzione Falcone» adottata da 190 Paesi nella Conferenza di Vienna, dove si è rilanciato a livello globale un importante complesso di strumenti, predisposto in particolare in Italia, di contrasto al crimine transnazionale –:

   quali siano le iniziative che il Governo ha predisposto per dare completa attuazione al Trattato e di quali elementi disponga in merito ai tempi necessari ad assicurare l'estradizione di latitanti condannati per gravissimi reati, che vanno dal concorso esterno in associazione mafiosa al traffico internazionale di stupefacenti, alla frode in danno di lavoratori e famiglie.
(3-02281)

(18 maggio 2021)

   EMANUELA ROSSINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la legge 1° aprile 2021, n. 46, reca una disciplina di delega per il riordino e il potenziamento delle misure a sostegno dei figli a carico attraverso l'istituzione dell'assegno unico e universale;

   si tratta di un beneficio economico attribuito a tutti i nuclei familiari con figli a carico, al fine di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità e di promuovere l'occupazione, in particolare femminile;

   nei princìpi e criteri direttivi di delega contenuti nella legge, sulla base dei quali verranno elaborati i decreti legislativi che riordineranno le misure, non vengono espressamente citati tra i destinatari i figli dati in affidamento;

   la mancanza di questo esplicito riferimento ha già suscitato molti timori e quesiti in merito;

   al riguardo preme ricordare che i figli dati in affidamento sono equiparati ai figli nati nel matrimonio e adottati nella definizione di nucleo familiare e in tutta la normativa Inps, comprese le istruzioni del 730;

   i minori affidati sono espressamente ricompresi nel nucleo familiare come risulta dall'articolo 2, comma 6, del decreto-legge n. 69 del 1988: «Il nucleo familiare è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, e dai figli ed equiparati, ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 818 del 1957 (...)»;

   il citato articolo 38 del decreto Presidente della Repubblica n. 818 del 1957 dispone che per il diritto alle prestazioni delle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti ed altro sono equiparati ai figli nati nel matrimonio i figli adottivi e gli affiliati, quelli nati fuori dal matrimonio legalmente riconosciuti o giudizialmente dichiarati, quelli nati da precedente matrimonio dell'altro coniuge, nonché i minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norma di legge;

   anche la circolare Inps n. 12 del 1990 menziona, tra i soggetti che concorrono alla formazione del nucleo familiare, i figli ed equiparati ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 818 del 1957;

   pertanto, si ritiene che in sede di elaborazione del decreto legislativo attuativo siano da inserire esplicitamente, come destinatari dell'assegno unico, anche i figli dati in affidamento a norma di legge –:

   se non ritenga il Ministro interrogato di adottare iniziative al fine di assicurare che venga chiarito espressamente l'inserimento tra i soggetti destinatari dell'assegno unico anche dei figli dati in affidamento, ormai equiparati, nella definizione di nucleo familiare e in tutta la normativa vigente.
(3-02282)

(18 maggio 2021)

   EPIFANI e FORNARO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   la disciplina della rappresentatività sindacale è contenuta nel Testo unico sulla rappresentanza, sottoscritto da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil del 10 gennaio 2014 (che ha recepito i contenuti dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011, del Protocollo d'intesa del 31 maggio 2013 ed aggiornato i contenuti dell'accordo sulle rappresentanze sindacali unitarie del 20 dicembre 1993). In particolare, ai fini del riconoscimento dei diritti sindacali previsti dallo Statuto dei lavoratori, il Testo unico definisce «partecipanti alle trattative» le organizzazioni sindacali che abbiano raggiunto il 5 per cento di rappresentanza, che abbiano partecipato alla negoziazione in quanto hanno contribuito alla definizione della piattaforma e che hanno fatto parte della delegazione trattante l'ultimo rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro;

   durante la XVIII legislatura, in particolare con il Governo Conte II, si è posta l'attenzione sui meccanismi per l'individuazione della giusta retribuzione richiamata all'articolo 36 della Costituzione. Pure rispetto all'individuazione del salario minimo, esigenza che nasce anche su proposta di direttiva dell'Unione europea, è necessario dare un'efficacia erga omnes ai contratti collettivi che si stipulano. Per fare questo bisogna riconoscere la rappresentatività dei sindacati, attraverso una legge di sostegno. Una volta fatto questo, ogni contratto ha un minimo salariale e quel minimo diventa il riferimento obbligatorio per tutti i lavoratori di quel settore;

   ad oggi, infatti, l'articolo 39 della Costituzione resta inattuato, generando una difformità in tema di contrattazione. Negli anni si è vista una crescita esponenziale, ad esempio, dei contratti cosiddetti pirata, che prevedono trattamenti retributivi inferiori rispetto a quelli siglati dalle sigle sindacali maggiori. Dunque, si ritiene opportuno un intervento normativo che preveda l'efficacia erga omnes dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative;

   il dibattito parlamentare ha dunque sottolineato il bisogno di definire i compiti e i ruoli nel processo di accertamento del peso delle forze sindacali, anche nei comparti che vedono nuove forme di lavoro ad oggi senza inquadramento e senza tutele, fissandone il livello di rappresentanza nazionale, e di definire le soglie e i criteri di attuazione in base agli accordi pregressi tra le parti, come quello del 2014, e all'ampio dibattito parlamentare che ha generato numerose proposte regolatorie –:

   a che punto sia l'interlocuzione con le organizzazioni sindacali, anche rispetto agli strumenti normativi che intende mettere in campo il Governo per dare seguito al percorso descritto in premessa, al fine di varare una disciplina sulla rappresentatività sindacale.
(3-02283)

(18 maggio 2021)

   LOLLOBRIGIDA, MELONI, ALBANO, BELLUCCI, BIGNAMI, BUCALO, BUTTI, CAIATA, CARETTA, CIABURRO, CIRIELLI, DE TOMA, DEIDDA, DELMASTRO DELLE VEDOVE, DONZELLI, FERRO, FOTI, FRASSINETTI, GALANTINO, GEMMATO, LUCASELLI, MANTOVANI, MASCHIO, MOLLICONE, MONTARULI, OSNATO, PRISCO, RAMPELLI, RIZZETTO, ROTELLI, RACHELE SILVESTRI, SILVESTRONI, TRANCASSINI, VARCHI, VINCI e ZUCCONI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:

   il 31 dicembre 2021 scade il meccanismo di pensionamento anticipato noto come «quota 100», istituito dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4;

   la misura, introdotta in via sperimentale per un triennio a decorrere dal 1° gennaio 2019, permette agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria, alle forme esclusive e sostitutive della medesima gestite dall'Inps e alla gestione separata, di conseguire il diritto alla pensione anticipata al raggiungimento di un'età anagrafica di almeno 62 anni e di un'anzianità contributiva minima di 38 anni;

   il documento di economia e finanza da ultimo approvato ha esaminato l'evoluzione della spesa pensionistica italiana in considerazione del suo significativo impatto sull'andamento del debito pubblico nel breve e medio-lungo periodo, rilevando che «negli anni 2019-2022 la spesa pensionistica in rapporto al prodotto interno lordo aumenta con un picco in corrispondenza del 2020», dovuto non solo alla «forte contrazione dell'attività economica» dovuto alla pandemia, ma anche «significativamente condizionato dall'applicazione delle misure in ambito previdenziale contenute nel decreto-legge n. 4 del 2019 (cosiddetta “quota 100”)», misure che «determinano un incremento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati»;

   in realtà, allo stato attuale risultano spesi poco meno della metà dei fondi destinati alla misura, un dato che sembra confermare che la misura non ha ottenuto il favore che ci si aspettava;

   in previsione della scadenza di «quota 100», in una bozza del Piano nazionale di ripresa e resilienza si prevedeva il ritorno tout court all'applicazione della «legge Fornero», riportando, quindi, l'età pensionabile a 67 anni;

   il presidente dell'Inps Tridico, invece, ha ipotizzato di corrispondere la pensione in due tranche, a 62 anni la quota contributiva e a 67 quella retributiva, soluzione alla quale però sono nettamente contrarie le organizzazioni sindacali;

   in tema di pensioni rimane, inoltre, irrisolta la questione delle generazioni più giovani, i cui versamenti sono interamente soggetti al sistema contributivo, ma che molto spesso non versano i propri contributi con continuità a causa dei cambi di impiego –:

   quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle iniziative in materia di accesso alla pensione allo scadere della misura di «quota 100».
(3-02284)

(18 maggio 2021)

   UNGARO, MIGLIORE, MARCO DI MAIO, FREGOLENT, OCCHIONERO e VITIELLO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:

   nelle settimane scorse Marta Lomartire, 24enne pugliese partita per intraprendere un lavoro da ragazza alla pari a Londra, regolarmente ospite di suo cugino, medico, residente nel Regno Unito da quasi 15 anni, è stata inspiegabilmente trattenuta per 12 ore in un centro di detenzione;

   al suo arrivo all'aeroporto di Heathrow, Lomartire, in possesso di tutti i documenti necessari, ma sprovvista del visto lavorativo di cui ancora non si conoscono con chiarezza le regole per il rilascio, veniva bloccata dalla polizia di frontiera;

   dopo il sequestro del bagaglio, degli effetti personali e del cellulare, Marta Lomartire veniva condotta presso l'Immigration removal centre di Colnbrook, dove è rimasta per 12 ore prima di essere espulsa con un volo per Milano;

   Colnbrook è un centro di detenzione, con sbarre alle finestre, impossibilità di mettersi in contatto con l'esterno e dove qualsiasi movimento viene monitorato dagli agenti di polizia. Un vero e proprio stato di detenzione, dunque;

   Marta Lomartire ha riferito di non aver potuto avvisare i familiari per ore, incluso il cugino da anni residente a Londra;

   si apprende che nelle ultime settimane il Governo del Regno Unito ha detenuto, in centri di raccolta e reclusione per migranti, decine di cittadini europei, fermati all'arrivo nel Regno Unito poiché presumibilmente sprovvisti del visto di lavoro divenuto necessario dopo la Brexit;

   le misure di detenzione, estese anche fino a 7 giorni, che comportano perquisizioni nonché sequestro di tutti gli effetti personali, appaiono assolutamente sproporzionate rispetto alle violazioni contestate e, al momento, non sono arrivate a Marta Lomartire spiegazioni, né tanto meno scuse da parte delle autorità del Regno Unito per il trattamento subito;

   le misure applicate non sembrano conformi all'Accordo di recesso e in linea con le relazioni di buon vicinato invocate nell'Accordo sugli scambi commerciali e sulla cooperazione;

   solo a seguito di forti pressioni mediatiche, il Governo britannico ha proceduto, nelle ultime ore, ad aggiornare le proprie linee guida, assicurando maggiore flessibilità nel trattare i rimpatri –:

   se corrispondano al vero le informazioni riportate in premessa, quali iniziative intenda adottare nei confronti del Governo del Regno Unito affinché vengano rispettati i diritti dei cittadini italiani ed appartenenti ai Paesi dell'Unione europea e se, in tale contesto, non sia il caso di prevedere campagne informative adeguate, al fine di informare i cittadini italiani ed europei sulle nuove regole in tema di visti di accesso.
(3-02285)

(18 maggio 2021)